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Lisa Ferri 32 anni, operaia Fiat, Termoli (Campobasso) “Tutti quei macchinari, la ripetizione, quei robot. Appena entrata in fabbrica mi sono chiesta: ‘Dove mi trovo?’. Questo lavoro ti costringe ai turni e alle levatacce, ma alla fine del mese hai uno stipendio e puoi fare progetti. Ho conosciuto molti ragazzi interinali, della mia stessa età, che non possono permettersi neanche una macchina. È destabilizzante. Trenta anni fa le persone sapevano che un giorno sarebbero arrivati alla pensione, noi oggi abbiamo un po’ paura”. Irma Siroci 86 anni, pensionata, Lugo (Ravenna) “Durante la Resistenza ho combattuto accanto ai partigiani. Noi ragazze facevamo le vedette e controllavamo che non arrivassero i tedeschi. L’entusiasmo e la voglia di libertà erano più forti della paura. Purtroppo oggi siamo diventati borghesucci con piccole aspirazioni”. Ida Cavallini 80 anni, pensionata, Lugo (Ravenna) “Le donne sono state fondamentali per la rinascita civile del nostro Paese. Abbiamo lottato per la scuola e per la parità tra i sessi, senza mai vergognarci se non sapevamo fare bene la nostra firma”. Arturo Manes 37 anni, operaio Fiat, Termoli (Campobasso) “Con Lisa ci siamo conosciuti al tornello, dove si struscia il tesserino. Molti si sono conosciuti lì. E ci siamo sposati. Non abbiamo gli stessi turni. Alcune settimane ci ritroviamo, per poi perderci di nuovo”.

Ritratti, Feltrinelli Ed. 03

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Page 1: Ritratti, Feltrinelli Ed. 03

Lisa Ferri 32 anni, operaia Fiat, Termoli (Campobasso)

“Tutti quei macchinari, la ripetizione, quei robot. Appena entratain fabbrica mi sono chiesta: ‘Dove mi trovo?’. Questo lavoroti costringe ai turni e alle levatacce, ma alla fine del mese haiuno stipendio e puoi fare progetti. Ho conosciuto molti ragazziinterinali, della mia stessa età, che non possono permettersineanche una macchina. È destabilizzante. Trenta anni fa lepersone sapevano che un giorno sarebbero arrivati alla pensione,noi oggi abbiamo un po’ paura”.

Irma Siroci 86 anni, pensionata, Lugo (Ravenna)

“Durante la Resistenza ho combattuto accanto ai partigiani.Noi ragazze facevamo le vedette e controllavamo che nonarrivassero i tedeschi. L’entusiasmo e la voglia di libertà eranopiù forti della paura. Purtroppo oggi siamo diventati borghesuccicon piccole aspirazioni”.

Ida Cavallini 80 anni, pensionata, Lugo (Ravenna)

“Le donne sono state fondamentali per la rinascita civile delnostro Paese. Abbiamo lottato per la scuola e per la parità tra i sessi, senza mai vergognarci se non sapevamo fare benela nostra firma”.

Arturo Manes 37 anni, operaio Fiat, Termoli (Campobasso)

“Con Lisa ci siamo conosciuti al tornello, dove si struscia il tesserino. Molti si sono conosciuti lì. E ci siamo sposati. Non abbiamo gli stessi turni. Alcune settimane ci ritroviamo,per poi perderci di nuovo”.

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“Siamo tornati indietro rispetto al passato,per il lavoro precario, per la sicurezza,per l’arroganza”.

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Marco Saveri35 anni, maniscalco del Corpo forestale dello Stato,Palazzo Radicondoli (Siena)

“Ferrare il cavallo, specie quando è puledro, ti dà la sensazionedi aiutarlo a camminare bene, è come prendersi cura di luinel suo habitat. Ti gratifica dentro. La voglia di fare il maniscalcomi è venuta per gioco. Dopo tanti anni e tanti lavori per trovarela mia strada ero infelice. Con i cavalli instauro un rapportodiverso che con le persone, più puro e più intenso”.

Marco Morosini33 anni, designer e fotografo, Pesaro

“Tutte le mattine mi alzo e ho voglia di fare questo mestiere.Spesso di notte quando dormo il cervello continua a pensare,pensare. E quando mi sveglio, scrivo le idee su un bloccodegli appunti: basta un segno, uno scarabocchio e mi ricordosubito tutto. Forse quello che mi spinge è la voglia di crearequalcosa di bello, di piacevole e armonioso. Ora ho uno studiomio, una clientela internazionale, porto avanti progetti artistici,mi ritengo molto fortunato. Quando ho dovuto ricominciare da capo, da solo, sono ripartito dall’arte, che mi ha aiutatotanto perché è un mezzo di espressione e quindi anche di sfogo. Ma in Italia nessuno ti aiuta, lo Stato non ti dà alcuna agevolazione, chessò, uno sconto sulle tasse”.

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Antonio Tombolini45 anni, imprenditore, Loreto (Ancona)

“Il Web è un posto nuovo che prima non c’era. È un postodove puoi fare conversazioni che prima non potevi fare, dovepuoi incontrare persone che prima non avresti mai incontrato. Una risorsa straordinaria, insomma, da tutti i punti di vista. Nella rete devi essere autentico: se non lo sei, se ne accorgonosubito. I rapporti sono paritari: non ci sono filtri, le relazionisono a tu per tu. E poi è un posto inesplorato, di cui conosciamoancora pochissimo, di cui ogni giorno disegniamo un pezzettodi mappa in più. Io di Internet mi sono letteralmente innamorato,come ci si innamora di un posto. Capita sai, quando viaggi,di trovare un luogo dove vorresti rimanere per il resto dei tuoigiorni. Ecco, io ho visto la rete e ho deciso di rimanerci per il resto dei miei giorni. Questo non significa che mi alieno:vivo con la mia famiglia e amo stare con i miei figli. Ma daotto anni vivo anche nel Web e voglio continuare a viverciperché la qualità umana che mi è stata regalata dalle relazioniè straordinaria e non ci voglio rinunciare. Anzi. Voglio starciancora di più e più consapevolmente, per focalizzarmi sullarete come punto di contatto tra le marginalità”.

Serena Mancini33 anni, ufficio stampa del sito Yoox.com, Milano

“Contaminazione: è questo lo stimolo che mi spinge a lavorare.Inizialmente volevo restaurare mobili, poi mi sono ritrovata a studiare architettura, il mio primo lavoro è stato fare la giornalista.Ora lavoro per una società di e-commerce. Domani? Non loso, vedremo”.

Franco Ciappa56 anni, ex operaio, giornalista di Radio Popolare, Milano

“Andavo in fabbrica nascondendo in tasca un registratore.Ero pronto a rubare le voci dei lavoratori e delle contestazioni.Poi, alla fine del turno correvo in radio per trasmetterle. Oggi sono un giornalista di Radio Popolare, ma dopo 33 annimi sento ancora un operaio. Non voglio fare l’editorialista,voglio raccontare le persone con la sensibilità di chi ha lottatoper i diritti e per migliorare la propria condizione”.

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Marco Cesta43 anni, insegnante, Roma

“Tempo fa a una conferenza si parlava dei bambini soldatoin Africa. Un ragazzo si alzò e chiese: ‘Ma noi che possiamofare?’. Il relatore, che era un missionario comboniano,disse molto semplicemente: ‘Voi dovreste consumare di meno’.Calò il gelo. Erano tutte terze medie, ragazzi di 13 annicon le facce perplesse. In classe abbiamo approfondito il tema, cosa significa consumare di meno, come il consumoè legato al resto. Dei bambini costretti a uccidere, dei bambini schiavizzati non si parla in tv se non a mezzanotte,quando i ragazzi sono a letto. Ma la scuola può dare delle sollecitazioni che a casa non ci sono. La scuola è unodegli ultimi baluardi rimasti”.

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Patrizio Di Nicola49 anni, docente universitario, Roma

“Ci sono due sindacati dentro il sindacato. C’è quello pubblico,la grande organizzazione di Trentin, di Epifani e dei grandileader che vedi in televisione. E c’è il sindacato del delegatodi fabbrica, quel signore di 50 anni che sta in fabbrica da quando ne aveva 15, che è stato cacciato via ed è statoriassunto. I lavoratori non si iscrivono al sindacato dei grandileader, si iscrivono al sindacato del loro delegato di fabbrica.È questa la vera base. Il sindacato lontano fa le politiche deiredditi, un lavoro indispensabile. Ma le persone si iscrivono al sindacato vicino, si fidano del loro sindacalista, di quelsignore tanto amato: quando se ne va lui il sindacato in quellafabbrica ha un tracollo”.

Luca Smeriglio38 anni, corniciaio, Torino

“Quando vengono da me i clienti sono rilassati, vivono ilmomento della scelta della cornice, della tipologia, del colore,come un’occasione di svago. I tempi di consegna sono lunghi,perché non c’è mai l’urgenza di avere a tutti i costi un quadroincorniciato per il giorno dopo. Questo mi consente di lavorarecon estrema tranquillità. Magari sotto Natale capita che venganoil 23 e vogliano il lavoro pronto per il 24 dicembre. E allora sì che bisogna correre”.

Giovanni Duranti50 anni, pony express, Roma

“Faccio il pony express da 16 anni. Si può dire che vivo lastrada, ho un buon punto di osservazione per vedere e valutarela società. Che cosa è cambiato in tutto questo tempo? Comedice il conte Salina del Gattopardo: ‘Bisogna che tutto cambiperché tutto rimanga com’è’”.

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Saverio Cardini38 anni, controllore del traffico aereo, Linate (Milano)

“Siamo sempre con la valigia pronta, viviamo una sorta di incertezza anche nella quotidianità. Non ho ancora capitose mia moglie ha accettato questo stato di cose o se mi sopporta”.

Floriano Rotini51 anni, operaio, Terni

“La tecnologia non era quella di oggi. Quando sono entratoin fabbrica io si lavorava veramente, e il lavoro era manuale.Al termine delle otto ore si era stanchi, non mentalmente mafisicamente. Uno dei grossi problemi del reparto era la temperatura:d’estate si superavano i 40 gradi, d’inverno si scendeva sottoai cinque. Con il passare degli anni sono state messe dellestufette elettriche attaccate al soffitto del capannone.Immaginatevi come poteva essere l’ambiente”.

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Angelo Baj46 anni, direttore di produzione di concerti e spettacoli,Roma

“Ho vissuto il periodo del ‘sex, drug e rock and roll’ e non mi vergogno a confessarlo. Chi dichiara di aver lavorato in questo ambiente senza aver avuto una vita disordinata è semplicemente un bugiardo. Poi però sono maturato e mi sono accorto che il mondo della produzione non ha garanzie sindacali né sociali. Adesso conduco la vita che fanno tutti. Ma è l’adrenalina che mi spinge a continuare. Quella che sale quando dalla cassa esce la prima nota e capisci che tutto è andato bene”.

Pepi Morgia55 anni, organizzatore di concerti e manager di artisti, Roma

“Alcune volte mi sento un pacco postale: viaggio in tutto il mondo senza mai vedere le città dove mi trovo. Nelle trasferte l’unica cosa che vedo sono albergo, location e palco. Guadagno molto? Più che altro non ho molte occasioni per spendere”.

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Vincenzo Borgo62 anni, disoccupato, Napoli

“Vivo in strada da 15 anni. Avete qualche spicciolo per un piatto di maccheroni?”.

Renato Migotti58 anni, architetto, fondatore dell’Associazione superstiti del Vajont, Longarone (Belluno)

“Nei quaderni delle elementari avevo messo le fotografie e i disegni della diga del Vajont, all’epoca in costruzione.Dovevamo essere orgogliosi, perché nel nostro paese avrebberocostruito la diga più grande del mondo: così ci dicevano i maestri, e noi ci credevamo. Poi è arrivato il disastro. Si è spento l’interruttore. La storia si è fermata. La memoriaparalizzata. Per anni la gente ha preferito ricostruire anzichéricordare. Ora con la nostra associazione cerchiamo di non far dimenticare. Per fortuna ci sono persone come MarcoPaolini che con le loro opere continuano a tenere alti il ricordo e l’attenzione”.

Federico Marchetti36 anni, imprenditore fondatore di Yoox.com, Milano

“Il 21 marzo 2000, mentre viaggiavo in Eurostar, con unmilione e mezzo di euro in banca, la prima parte del finanziamento per la mia nuova società, conobbi MissVenezuela. Mi invitò a seguirla a Roma... A Bologna, però,mi aspettava il notaio per firmare la costituzione della società.Che cosa ho fatto? Ho rinunciato a Miss Venezuela e sonosceso a Bologna. Ero convinto che il mio progetto più forte di così non poteva essere”.

Luigi Russo48 anni, direttore organizzativo del Ferrara Buskers Festival,Ferrara

“La cosa che amo di più è far iniziare le cose. Quando lesituazioni sono nuove, rischiose, improbabili, io mi ci butto.Credo che sia la malattia di chi fa l’organizzatore. Diciottoanni fa pensare di vivere con l’arte di strada a Ferrara erauna pazzia. Quindi bisogna essere matti per inventare unacosa come il Ferrara Buskers Festival. Una volta gli artisti distrada erano considerati alla stregua dei barboni e mendicanti:ma l’artista non fa leva sulla pietà, offre solo divertimento ed emozioni in cambio di un obolo”.

Alberto Hesse87 anni, imprenditore del caffè, ex pilota di caccia, Trieste

“Quando chiesi a mio padre i soldi per il brevetto da pilotami disse: ‘Aeronautica? Ma lo sai che la sceglie chi non hapiù niente da sperare nella vita?’. Invece gli anni in cui sonostato pilota di caccia, dal ’40 al ’46, li considero i più bellidella mia vita. Ogni giorno atterravo in un posto diverso, dormivo in un letto sempre diverso. Durante il combattimentosuccedevano cose che non riuscivi più a seguire: aerei che ti passavano davanti, che sparivano, che andavano su e giù.Era come un’ubriacatura”.

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Claudio Bacci49 anni, maestro soffiatore, Murano (Venezia)

“Anche Murano soffre per la concorrenza della Cina. La crisici ha costretto a cambiare alcuni prodotti, che lì non riesconoa copiare, almeno per ora. I calici, per esempio, li facciamocon il manico di un colore e il gambo di un altro. Tanti pezzidei servizi da tavola li abbiamo eliminati perché non vanno.Come sono i prodotti di importazione? Non male, a dire laverità, anche se per fortuna i cinesi non riescono a eguagliarela qualità del vetro di Murano. Il nostro cristallo è inarrivabile:è più bello e senza troppi difetti”.

Francesco Dominici27 anni, dirigente d’azienda, Poggibonsi (Siena)

“In questa azienda nessuno ha un suo ruolo preciso, ognunosi adatta a fare un po’ di tutto, io, mio padre, l’ultimo dipendente.Quando è possibile, ci consultiamo. Per esempio, chi lavora a una macchina può dare la sua opinione su come organizzarel’isola nella quale è impegnato, chi sta nel reparto tecnico fornirà il suo parere su come sviluppare un prodotto, lo stessopotrà fare chi sta in ufficio. Quindi il rapporto è amichevole e collaborativo”.

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Fabio Calabrò45 anni, artista di strada, Ferrara

“La strada è il tuo palco: ci sei tu che racconti sciocchezze e speri che qualcuno le ascolti. La sensazione? È come buttarsinel vuoto, sperando che qualcuno ti venga a raccogliere.La gente spesso è disposta a raccoglierti ma se cadi e fai un bel tonfo, almeno ride”.

Beppe Boron45 anni, artista di strada, Ferrara

“Lavoravo in un ufficio. In una giornata grigia e fredda sonostramazzato a terra. Diagnosi: esaurimento nervoso. Forse il lavoro d’ufficio non faceva per me. Poiché suonavo il sassofono da 4-5 anni mi sono detto: ‘Vabbé, proviamoci’.Ed eccomi qua. Non esiste emozione più forte”.

Stefano Bottoni56 anni, direttore artistico del Ferrara Buskers Festival, Ferrara

“Sono un artigiano da sempre, lavoro il ferro battuto. Quando mi chiedono che c’entra un fabbro con la direzioneartistica del festival, rispondo che porto a casa mia, a Ferrara,un mondo artigianale e fantastico. Io traghetto nella mia partepigra dell’universo i musicisti di Cuba, del Brasile, dell’Europa.Come un piccolo Caronte”.

Monica Forti46 anni, giornalista, organizzatrice e ufficio stampa del Ferrara Buskers Festival, Ferrara

“Organizzare un festival di artisti di strada è faticosissimo. Nel momento clou il fisico fa acqua da tutte le parti, la stanchezzaha il sopravvento, i neuroni rimangono in mutande. E alla finesei così stremato che desideri solo silenzio. Ma quando il silenzio arriva, entri in uno stato di depressione. Per noi è la normale fase del post-festival. Lavorando a contattocon gli artisti di strada, ho imparato a smitizzare la loro filosofiadi vita: sono persone molto normali, solo che viaggiano un po’ più di noi. Hanno i nostri stessi problemi economici e la stessa stanchezza. E, alle spalle, molto studio”.

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Laura Audi37 anni, operatrice turistica, Torino

“Amo Torino, città magica e città sotterranea. Questo amore,insieme a una certa preparazione, una discreta cultura umanisticae una buona conoscenza del settore, ha spinto me e la miasocia a inventare itinerari turistici alternativi a tema.Nessun’altra città, credo, ha un’immagine così caratterizzata,così fortemente condizionata dalla presenza di un’azienda.Eppure, noi abbiamo scoperto e facciamo scoprire ai turistiuna città insolita e inaspettata. Dalle nostre ricerche sui libri e sul campo è nato il percorso della Torino ebraica: basta leggere nelle pieghe della storia ufficiale per trovare la quotidianità del passato, dettagli che raccontano la vita di tutti i giorni”.

Mauro Forbicini31 anni, animatore, Riccione (Rimini)

“Da piccolo pensavo che avrei seguito le orme di mio padre,che sarei diventato assicuratore. Poi ho iniziato a fare il dee-jaye sono finito animatore di villaggi. Se mi dicessero che percampare fra dieci anni devo lavorare nelle assicurazionisarebbe durissima. Ormai sono abituato all’idea di stare in calzoncini e maglietta, con il sorriso sulla bocca, in mezzoalla gente”.

Fabrizio Cuniberti34 anni, ex prete, operatore del settore equo e solidale,Torino

“Sono entrato in seminario dopo la maturità classica. Avevo sempre desiderato fare qualcosa per gli altri. Dopo seianni vissuti in comunità mi sono fatto prete. A un certo puntoho scoperto la distinzione tra l’essere prete e fare il prete. E mi sono reso conto che stavo facendo il prete. Stavo vivendouna condizione interessante, forte dal punto di vista missionario,ma la mia dimensione personale ed esistenziale richiedevacose sulle quali ero in conflitto. Non mi sentivo sereno.Lasciare il ministero sacerdotale è stata una decisione lunga,che ha richiesto alcuni mesi, un percorso graduale che da un punto di vista burocratico è ancora in evoluzione. La possibilità di restare prete senza essere felice c’era, tuttosommato. Bastava che io fossi in grado di gestire e nasconderealcuni miei bisogni”.

Alessia Luperi29 anni, pittrice e cameriera, Bolgheri (Livorno)

“Ho un’attrazione spasmodica per i colori. Da piccola passavoore a fissare un vaso di fiori. Poi ho capito che la pittura è il mio linguaggio. Non ci campo e neanche ci voglio campare.L’arte non è commerciabile, i sentimenti non sono commerciabili,non puoi dire quanto vale la frase ‘ti amo’. Per vivere lavoronella bottega di mia sorella: faccio panini, servo bicchieri di vino. Non mi dispiace perché credo che arte, cibo e vinosiano un tutt’uno”.

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Ermanno Labianca44 anni, autore televisivo e giornalista, Roma

“Lavorare al concerto del Primo maggio è frenetico ma haimodo di assistere a scambi e sguardi tra artisti che non sapevano di assomigliarsi. Il divertimento sta in questo: vederliinsieme e creare uno spettacolo che unisce e rallegra”.

Antonio “Toni” Soddu48 anni, direttore di palco di concerti e spettacoli, Roma

“Questo è un mondo fatto da battitori liberi. Anche se i rapportiumani sono sempre buoni, è un ambiente decisamenteindividualista. Non ci sono scuole, per imparare devi usare gli occhi e rubare quello che puoi”.

Max Benedetti35 anni, responsabile vendite e marketing di Yoox.com,Bologna

“Come si diventa imprenditori? Dipende. In passato ci volevala grana, con la new economy sono indispensabili le idee”.

Maurizio “Ciccio” De Lazzari49 anni, direttore di produzione di concerti e spettacoli, Roma

“Nel mondo dello spettacolo c’è chi guadagna tanto e chiveramente poco. Dipende dalla logica del mercato, come in ogni tipo di lavoro. Se le economie fossero gestite in mododiverso, ci sarebbe una vera crescita del sistema”.

Jessica Guastella32 anni, assistente di produzione di concerti e spettacoli, Roma

“Per una donna non è facile emergere in questo settoreperché è un ambiente molto maschile. Alcune volte mi mancala normalità, ma quando provo a staccare mi rendo contoche questo mondo mi attrae come una calamita, con i suoipersonaggi pittoreschi e l’adrenalina”.

Gilberto Floriano57 anni, bibliotecario, Vibo Valentia

“La società calabrese è basata sui centri di potere: la famiglia,la politica, l’amministrazione pubblica. Per non rimanere soffocate molto spesso le persone scappano. Ma per combatterequeste gerarchie esiste un’arma: l’istruzione. Con il mio lavorocerco di offrire a tutti strumenti per conoscere e informarsi.Come mi considerano gli altri? Un grande rompicoglioni”.

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Giuseppe Piferi60 anni, tostatore di caffè, Roma

“A chi mi dice: ‘Quando bevo caffé non dormo’, io rispondo:‘Quando dormo non bevo caffè’. Il profumo del caffé mentretosta è la mia droga. Non riesco proprio a stare lontano dalla macchina per tostare. Credo che non avrò mai voglia di andare in pensione, neanche tra vent’anni”.

Sabina Giuliano48 anni, modista del teatro Alla Scala, Milano

“Quando finisco di realizzare i costumi di uno spettacolo sonoansiosa di vedere il risultato in scena. E se lo spettacolova bene, sono felice perché anche il mio lavoro fa parte di quel successo. La cosa peggiore, invece, è lavorare su rappresentazioni che poi non funzionano e che non vedranno mai la luce. Ma fa parte del gioco”.

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“Lo dice anche la Costituzione: tutti hanno diritto a un posto di lavoro,ciascuno secondo le proprie possibilità,e, aggiungo io, secondo le proprie funzionalità che possono cambiare in relazione a ciò che ti capita nella vita”.

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Lucia Silletti30 anni, commessa, Roma

“Dopo un anno come commessa al negozio Camper, quando ilmio contributo si era esaurito, sono stata relegata nell’angolo:forse non servivo più, c’era il timore che potessi fare le scarpea qualcuno. Ho cominciato a stare male, era un continuopiangere. Non sapevo che cosa fosse questo emarginareuna persona o sovraccaricarla di lavoro. Ho scoperto che si chiamava mobbing. Il mio disagio era anche fisico, perchél’ansia ti porta a non dormire la notte, a dover chiedere aiutoa qualcuno perché ti rendi conto che ti tremano le gambequando devi salire in macchina per andare al lavoro. Ti accorgi che non riesci ad affrontare nemmeno una piccoladiscussione con un collega, che non ti senti a tuo agio quandosei in pausa pranzo, si organizza l’uscita e tu non ci vuoiessere. Se non mi sono ammalata c’è mancato poco. Stavoper mollare. Per fortuna ho trovato il sostegno della Cgil chemi ha accolto a braccia aperte. Sono riuscita a riscattarmi:sono andata via ma a testa alta, ho perso il lavoro ma nonho perso la dignità”.

Enza Pallara46 anni, collaudatrice Ducati, Bologna

“Si dovrebbe sfatare il mito che donne e motori non vannod’accordo. La mia passione è stata più forte del pregiudizio e con orgoglio posso dire che per lavoro faccio ciò che piùmi piace: guidare le moto. Qual è il valore aggiunto che mettono le donne in questo mestiere? La voglia di fare le coseper bene, con la massima precisione”.

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Luigi Binetti67 anni, produttore di futon, Arezzo

“Ho 67 anni e se dicessi che lavoro sempre con passione,sarebbe una bugia. Spesso non ne ho proprio voglia, maci sono costretto. Ho avuto una vita lavorativa disordinata e così non ho i numeri per ottenere la pensione. Ho lavoratoin banca, ho venduto case, ho fatto il restauratore, sonostato funzionario del Pci, ho vissuto in diverse comunità spirituali. È lì che ho imparato a fare i futon. Noi usiamosolo cotone biologico, legno massello, vernici atossiche:l’intento è mantenere un livello di qualità elevato”.

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Bruna Cibrario48 anni, progettista all’Alenia Spazio, Caselle (Torino)

“Sono diventata ingegnere per sfida e ho avuto l’opportunitàdi lavorare in un’azienda che produce alta tecnologia. Ho partecipato alla missione del satellite Tethered: ero nellasala di controllo della Nasa a Houston, a sentire in cuffia il dialogo tra l’astronauta e il centro a terra. È stata un’esperienzanotevole, una di quelle che ti danno il senso di come impreseche sembrano pura fantascienza in realtà vengono dal lavorodegli uomini, dei singoli, ciascuno con il proprio contributo. Ho sempre creduto nel valore del lavoro come forma di realizzazione della persona. Io sono riuscita a realizzarmi, ma mi rendo conto di essere una privilegiata. Sono fermamenteconvinta che una società per dirsi avanzata debba offrirea tutti l’accesso alla cultura, alla formazione e al sapere”.

Annarita Pardi 47 anni, igienista dentale, Chieti

“Il terrore per il dentista ce l’abbiamo inciso nel Dna fin dallanascita: ogni volta che un paziente entra nel nostro studio,subisce un piccolo trauma. Quando si siedono sulla poltronale persone cercano sempre di allungare i tempi, come sevolessero rimandare la seduta. Ma soprattutto sentono il bisognodi parlare tanto e, neanche fossero dallo psicologo, buttanofuori fiumi e fiumi di racconti personali. Probabilmente sentonoil nostro calore e si rilassano. C’è un medico che appena si siede sulla poltrona si addormenta a bocca aperta. E unasignora di Pescara che prima di sdraiarsi si toglie sempre le scarpe”.

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Luca Zanardi36 anni, operaio, Correggio (Reggio Emilia)

“Con la paura non si va da nessuna parte. Io ho iniziatol’attività sindacale quando avevo un contratto a termine. Molti mi hanno preso per pazzo, avevano paura che potessiperdere il posto. Ma le persone che hanno dato vita al sindacato avevano ancora meno diritti dei nostri, e sono riuscitia rivendicare diritti universali. Perché i lavoratori di oggi non dovrebbero comportarsi allo stesso modo?”.

Fabienne Forlini49 anni, operaia Cirio, Podenzano (Piacenza)

“Amo la manualità, ma detesto la monotonia. Quando devofare sempre lo stesso gesto mi astraggo, penso ad altre cose,faccio progetti. Di che tipo? A breve termine, la gita del prossimo week-end, cosa farò a Natale... Questa è una fabbrica di trasformazione del pomodoro, d’estate lo trasformiamoin cubetti e concentrato, nel resto dell’anno facciamo i sughi pronti, le conserve, i legumi. I pomodori, a furia di vederli, mi hanno stufata. Certo, a volte aprire un sugopronto può essere molto comodo, specie quando hai fretta”.

Adolfo Marletta56 anni, pizzaiolo, Napoli

“Amo la pizza come si amano le donne. Io non mi sono mai sposato perché non ho trovato la ragazza giusta. Però ho sposato la pizza, che è stata la mia vita”.

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Mirko Boschetto36 anni, rigger, Roma

“Questo è un mestiere vero, solo per professionisti. Sono felicedi farlo, anche se non dormo da tre giorni, anche se per la stanchezza ho avuto incidenti d’auto. È la passione che mi frega”.

Giovanni Cirri44 anni, operaio, Genova

“A dare il tempo e scandire i ritmi di lavoro è la merce: le navi arrivano, devono esser sbarcate il più presto possibile,perché devono ripartire il più presto possibile, per poi tornare.Tu ti ritrovi schiacciato in questo ingranaggio brutale, ti deviadeguare. Come quegli animali che quando cambia l’habitatper sopravvivere si devono adattare: l’operaio portuale hafatto lo stesso”.

Antonio Cicchetti55 anni, turnista idraulico alla diga del Pertusillo, Agri(Potenza)

“Credo proprio di essere un tipo solitario. Infatti, non mi pesaaffatto stare da solo, come spesso mi capita con questo lavoro.Sto immerso nella natura, parlo con me stesso e se sonoarrabbiato posso anche urlare: tanto nessuno mi sente, nessunomi vede. Poi c’è lo spettacolo dei colori dell’alba. Vivere questispazi è meraviglioso”.

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Filomena Mirabelli46 anni, casalinga, Pagliarelle (Crotone)

“Quando ti sposi il prete ti dice che quello che Dio unisce,nessuno può dividere. Ma non è vero! L’emigrazione ci riescebenissimo. Mio marito lavora in galleria per la costruzionedell’alta velocità e ci vediamo meno di una volta al mese. E nella mia situazione si trovano molte altre. Pagliarelle è il paese delle donne sole”.

Zahra Afshar 40 anni, medico degli immigrati, Jesi (Ancona)

“Capire le persone è la parte più importante del mio lavoro. I pazienti che curo non sono tutti uguali: ognuno ha il suo concetto di salute e malattia, la sua idea di servizio sanitario,diversa a seconda della nazionalità. Quello che mi preme è guadagnarmi la loro fiducia, ma non è affatto facile perchéspesso hanno paura anche dei medici”.

Alida Truppa25 anni, commessa Feltrinelli e fotografa, Roma

“Vivo ancora con i miei perché il mio stipendio da part-timenon mi permette di rendermi indipendente. Lavoro soprattuttoper pagare le spese della mia grande passione: la fotografia.Spero che un giorno potrà essere il mio mestiere al 100 percento”.

Bella Alejandrina Alonzo Gonzales40 anni, impiegata, Genova

“Mi sento un ibrido. Amo i vicoli di Genova, amo la pasta al pesto, ma allo stesso tempo amo il mio Paese, il mio mare,la mia famiglia d’origine. Quando sono arrivata quidall’Ecuador la prima preoccupazione è stata imparare la lingua e la cultura italiana, conoscenza che si è rivelatafondamentale per aiutare connazionali e immigrati. Oltre a lavorare, infatti, aiuto le donne extracomunitarie a riacquistare una dignità”.

Mariateresa Fantasia24 anni, lavoratrice precaria, Crotone

“Ho la valigia pronta: domani sarò a Milano, nuovo lavoro,nuova vita. Dopo diversi impieghi precari ho deciso di partire”.

Agatina Filice39 anni, casalinga, Pagliarelle (Crotone)

“Mi chiedo spesso se ho fatto bene a sposarmi. Mio maritolavora lontano da casa, torna da noi sì e no una volta almese. Quando erano piccoli i miei figli non lo riconoscevano,anch’io penso di non conoscerlo. Questa non era la vita familiare che sognavo da ragazza”.

Laura Cassandra Cosa26 anni, cameriera e studentessa, Torino

“Certe volte ho l’impressione che i miei genitori si vergogninodel mio lavoro di cameriera, ma per me è solo un modo per mettere da parte un po’ di soldi. Tra qualche mese saròlaureata, vedremo che succede”.

Stella De Vito47 anni, casalinga, Amaroni (Catanzaro)

“Alle porte del mio paese c’è un cimitero. Per noi è una lineadi confine: quando la oltrepassi vuol dire che te ne staiandando. Il giorno della partenza mi sono guardata indietro,ho visto i cipressi allontanarsi, ho pianto di nostalgia e felicità.Avevo 20 anni e tanta voglia di fare esperienza. Il mio paesemi stava stretto, e quando mio marito mi ha proposto di seguirlo a Roma, non ho esitato neppure per un momento”.

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Enrico Barbuti49 anni, impiegato Parmalat, Parma

“Ero il figlio del farmacista di un paesino di montagna: la miastrada era già tracciata. Frequentavo ancora il liceo quando ho deciso di interrompere gli studi per cercare lavoro. Dopoanni non mi pento della mia scelta perché la fabbrica è stata la migliore università. I primi tempi sono stati duri: il lavoro manualeè faticoso. Ho visto crescere l’azienda fino a diventare una multinazionale, il fiore all’occhiello dell’economia agro-alimentareitaliana. Con gli altri dipendenti Parmalat ci siamo sempre considerati dei privilegiati, un sogno che è durato per quasitrent’anni. Poi c’è stato il crack. E la mattina dopo ci siamo svegliati più poveri. Alla sera uscivamo dalla fabbrica e nonsapevamo se il giorno successivo l’avremmo trovata aperta. È stato un periodo di grande incertezza. Il sindacato, di cui faccio parte con orgoglio fin dal primo giorno, si è dimostratoresponsabile: tutti uniti per salvare l’azienda e i posti di lavoro”.

Giuseppe Fallacara55 anni, carpentiere Fantuzzi Reggiane, Reggio Emilia

“Sono entrato alle Reggiane sulla scia dei racconti delle gloriose lotte degli anni Cinquanta. Per me le Reggiane avevano un fascino irresistibile. Mi sono appassionato alla politica, misono iscritto al sindacato, ho iniziato a lavorare per migliorarele cose in fabbrica. Alle lotte degli anni Cinquanta è seguito unperiodo che si potrebbe definire di repressione: i lavoratorivenivano scelti accuratamente, non dovevano fare tanto rumore,dovevano solo lavorare, niente sindacato, niente politica. Poi le cose sono cambiate, alla fine degli anni Sessanta, inizianni Settanta. Siamo riusciti a ottenere, pensate… la mensa,l’abolizione del cottimo, il miglioramento delle condizioni di lavoro”.

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Roberto “Bob” Grassi50 anni, light designer, Roma

“I problemi nascono quando passi dalla carta all’acciaio, dal progetto alla concretezza. Se trovi un inconveniente ti devi arrangiare. Gli imprevisti sono da mettere sempre in conto, fanno parte del gioco. Il palco è la mia casa,tanto che spesso ho portato in tournée anche mia moglie e mio figlio”.

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Andrea Ricciardi24 anni, portuale, Livorno

“Con la prima busta paga ho chiesto un finanziamento percomprare la macchina, che non ho ancora finito di pagare.Per adesso voglio usare i miei soldi per divertirmi, fino a quando non metterò su famiglia”.

Giordano Mannocci25 anni, portuale, Livorno

“Con il primo stipendio sono corso a comprare un motorinonuovo, il vecchio era rotto. Quando parlo con i miei amici mi rendo conto che sono un privilegiato: mi invidiano perchéil lavoro al porto è piuttosto ambito”.

Maurizio Meloni35 anni, sicurezza e accompagnamento artisti, Roma

“Il concerto del Primo maggio a Roma sembra un piccolopaese costruito in una settimana, fatto di legno e ferro. Poi legno e ferro si mettono a parlare e a suonare”.

Marco Scolese26 anni, autista precario, Treviso

“I miei ricordi più belli sono legati all’infanzia a Vittoria, in Sicilia. Passavo le giornate a giocare nei campi con i miei cugini. È stato facile imparare a fare gli ingegneri perchécostruivamo giocattoli. Giocando abbiamo imparato moltilavori. A Treviso mi manca la solidarietà spontanea che si creacon la coscienza di vivere in una comunità. Qui al Nord la condivisione è così rara che si studia persino all’università”.

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Sergio Grange60 anni, manovratore della funivia in pensione, La Palud Courmayeur (Aosta)

“Da mio padre Silvio non ho ereditato solo un mestiere. Ho ereditato un sistema di valori come la solidarietà, fondamentale soprattutto in montagna, dove il pericolo è sempre in agguato”.

Silvio Grange 87 anni, manovratore della funivia in pensione, La Palud Courmayeur (Aosta)

“Neanche il mulo voleva arrivare in cima alla montagna. E noi eravamo costretti a portare i materiali e i viveri a spallafino al rifugio. Che fatica! Come si poteva vivere senza la funivia?”.

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Giuliano Montibeller45 anni, operaio cavatore, Albiano (Trento)

“Oggi l’alternativa è lavorare in proprio. Nelle cave nonvogliono più operai ma imprenditori del porfido. In pocheparole uno fa l’operaio con le regole dell’artigiano: ci vogliono due marche da bollo e una mattinata per andarea Trento a iscriversi all’ufficio Iva. In dieci anni 3-400 operai hanno dovuto trasformarsi in imprenditori e adessosi trovano in acque agitate, perché le coperture in bancasono irrisorie, la disponibilità finanziaria è nulla. Tutta la Valsugana è piena di pseudoimprenditori”.