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K. Marx e F. Engels IL MANIFESTO DEL PARTITO COMUNISTA (1847) Fondazione Giangiacomo Feltrinelli IL TESTO RITROVATO

1 traduzione manifesto del partito comunista 1891

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K. Marx e F. EngelsIL MANIFESTO DEL PARTITO

COMUNISTA (1847)

Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

IL TESTO RITROVATO

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Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

IL TESTO RITROVATO

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K. Marx e F. EngelsIL MANIFESTO DEL PARTITO

COMUNISTA (1847)

© Fondazione Giangiacomo Feltrinelliin copertina: Autografo di Karl Marx

Pubblicato originariamente daFlaminio Fantuzzi, Milano 1891

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Ai lettori

In questa epoca, si tempestosa – tra l’accrescersidel disagio economico e morale nelle classi proleta-rie, e il dibattito, sì vivace, dei più ardui ed impo-nenti problemi umani e sociali nelle sfere degli:studiosi e nel popolo stesso – non sarà certo, sebbe-ne ardita, inopportuna ed inutile affatto, la seriedelle pubblicazioni, che a cominciare dal presenteopuscolo, vedranno la luce.

Già da tempo, per attuare questa nostra idea, avarii altri da cui speravamo e che ci avevano pro-messo il loro appoggio, morale ed intellettuale, cieravamo rivolti.

Non fu certo colpa nostra, se l’attuazione di que-sto nostro pensiero dovette essere dilazionata.

Oggi abbiamo trovato altri egregi giovani volon-terosi ed intelligenti di cose sociali pronti a coa-diuvarci in quest’opera di studio e di propaganda;sotto la guida di essi, noi verremo mano a manopubblicando scritti editi ed inediti – di autori ita-

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liani e stranieri – sulle questioni più urgenti deitempi nostri.

Scriveremo per gli studiosi, e per il popolo – so-prattutto. Raccoglieremo ed accoglieremo quantoci sembrerà utile e buono per l’opera nostra – è ri-cerca paziente e serena della verità – senza esclusi-vismi di scuola, od intolleranze settarie.

Nel modesto ed onesto lavoro, appena iniziato,potremo avvederci, se allo esame ed alla critica diistituzioni sociali da ormai discusse e non certoperfette, è concessa, realmente e nei fatti concreti,quella libertà, che pure la legge dello Stato consentee promette.

Ai lettori – noi ci auguriamo – saremo più che al-tro, raccomandati dalla prova dei fatti, e dallo stu-dio, che porremo nel rendere, la nostra raccoltasvariata, in un tempo, e completa.

L’editore

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E conoscerete la verità, e laverità vi farà liberi.

San Giovanni

Quello che, qui sotto, si riproduce è un documen-to storico dei più interessanti. In esso è riassuntoserenamente, e con freddo raziocinio logico, ilpensiero demolitore dei veri e proprj precursoridel socialismo moderno.

Tale scritto è conosciuto sotto il nome di mani-festo dei comunisti, e fu compilato nel 1847 daK. Marx e da F. Engels, i due grandi agitatori Ale-manni.

Se bene la idea abbia fatto, dall’epoca in cui ilmanifesto fu redatto, passi addirittura gigante-schi, se bene la critica demolitrice degli attualiordinamenti economico-politici abbia raggiuntoin estensione ed intensità il periodo acuto – oltreil quale la teoria non può che incamminarsiall’azione – malgrado le energie vivaci aggiunteper via alla corrente largamente novatrice, e gliaspetti nuovi del già vecchio problema, che appe-na ora si offrono alla indagine dello studioso; ol-

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tretutto, e dopo tutto questo – il manifesto del1847 è uno dei prodotti sinteticamente più genia-li, e rigorosamente logici del movimento sociali-stico dei tempi moderni.

Come tale è bene riprodurlo per il popolo. Aquesto lavoro una prefazione è – per lo meno –inopportuna.

Altri, meglio di noi senza dubbio, riprodurrà inItaliano, (a quanto si annunzia – e tra breve) ilmanifesto del 1847. Tanto meglio per il progressodegli studii sociali – in Italia troppo trascurati – eper la propaganda delle idee emancipatrici fra lemasse popolari, cui solo – per ora almeno –confortano alla lotta il presentimento vago di for-me sociali, più elevate delle presenti, e l’imperati-vo categorico di un disagio infinito, che su loromassimamente si ripercuote.

Si tratta – innanzi tutto – di rendere coscientiqueste masse, che si agitano confusamente, sottol’impulso di prepotenti bisogni, innanzi all’alboredell’idealità nuove. Si tratta – dopo tutto – di farconvergere le forze molteplici e le energie latentidi questa folla anonima al fine umano, a cui s’in-spirano quanti, lanciati nella corrente varia e vi-vace dei sentimenti e dei principii demolitori, in-tendono e comprendono i caratteri di universa-lità assunti dal movimento più spiccato del socia-lismo moderno.

Senza fare riserve – esplicite o mentali – sulle

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idee esposte nel geniale documento, che riprodu-ciamo, non sarà inopportuno adombrare – allasfuggita – un nostro pensiero. Il socialismo mo-derno, preannunziatesi come lotta di, classe, af-fermatosi da prima come aspirazione del quartostato al potere sociale ed alla conquista dei suoidiritti di casta, sinora sfruttata, si avvia ormaiper vie più vaste a fini più larghi ed umani.

Questo nuovo carattere assunto dalla poderosacorrente delle idee diroccatrici, e dal sentimento,che ognora più prevale nelle masse rivoluziona-rie, al conspetto del mesto problema, rappresen-ta un tipo elevato, e nuovissimo nella storia degliuomini – offre una fisonomia solenne di batta-glia, ormai non più voluta in nome degl’interessidi una classe più o meno sofferente, o con le miredi una chiesuola e di una conventicola settaria,ma vagheggiata nell’irraggiamento d’idealità piùbalde e serene, ma combattuta in nome di riven-dicazioni a larga base, e di interessi universali.

Per rivoluzione sociale non può, ai dì nostri,umanamente concepirsi che il rinnovamento so-stanziale della società nei suoi rapporti economi-ci, intellettuali, e morali a vantaggio della mona-de uomo, e dell’ente collettivo umanità.

In questo senso, ed a questi scopi la dinamicarivoluzionaria non può avere un obiettivo, che sirestringa nella orbita angusta delle antiche fron-tiere politiche; non può limitarsi alla demolizio-

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ne pura e semplice dei vecchi ceppi economici epolitici, onde la borghesia avvince, da oltre un se-colo, il proletariato. Non può, in una parola, si-gnificare, avvento al potere del quarto stato.

Questa rivoluzione dovrà essere trasfigurazio-ne immensa e profonda di tutti i rapporti sociali,o non sarà. Se non vorrà arrestarsi ad un’altraforma di tirannide, forse peggior dell’antica, allasignorìa demagogica, dovrà – nel rimescolìo infi-nito dei vecchi atomi sociali in movimento per lacostruzione nuova – trovare la resultante di con-ciliazione fra gli interessi dell’individuo e quelli,supremi, della specie; dovrà cementare la sponta-nea e naturale armonia del benessere e della li-bertà.

Pietro Gori

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I. Borghesi e proletari

L’istoria dell’umanità non è stata che l’istoria del-la lotta di classe.

Uomini liberi e schiavi, patrizi e plebei, baronie servi, oppressori ed oppressi, in opposizionecostante, condussero una guerra, ora aperta, oradissimulata; una guerra che sempre finì con unatrasformazione rivoluzionaria dell’intera società,o con la distruzione delle due classi in lotta.

Nelle prime epoche istoriche noi incontriamoquasi dappertutto una divisione gerarchica dellasocietà, una scala graduata di posizioni sociali.Nella Roma antica, noi vediamo patrizii, cavalie-ri, plebei e schiavi; nel medio evo, signori, vassal-li, padroni e servi, ed in ciascuna di queste classidelle gradazioni speciali.

La moderna società borghese, elevata sulle ro-vine della feudalità, non abolì gli antagonismi diclasse. Essa non fece che sostituire delle nuoveclassi, delle nuove condizioni d’oppressione, del-le nuove forme di lotta.

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Tuttavia il carattere distintivo dell’epoca no-stra, dell’èra della Borghesia, è di avere semplifi-cato gli antagonismi di classe.

Ogni dì più la società si divide in due grandicampi opposti, in due classi nemiche: la Borghe-sia ed il Proletariato.

Dai servi del medio evo nacquero gli elementidelle prime comunità; da questa popolazionemunicipale scaturirono gli elementi costitutividella Borghesia.

La scoperta dell’America, la navigazione intor-no all’Africa offersero alla Borghesia nascentenuovi campi d’azione. I mercati, dell’India e dellaChina, la colonizzazione dell’America, il com-mercio coloniale, l’accrescimento dei mezzi discambio e delle merci, comunicarono un impul-so? straordinario al commercio, alla navigazioneall’industria, e conseguentemente uno svilupporapido all’elemento rivoluzionario della feudalitàin dissoluzione.

L’antico sistema di produzione non poteva piùsoddisfare i bisogni che crescevano coll’aperturadei nuovi mercati. Il mestiere attorniato di privi-legi feudali fu sostituito dalla manifattura. Lapiccola borghesia industriale sostituisce i padro-ni dell’arte; la divisione del lavoro tra le differenticorporazioni sparisce, innanzi alla divisione dellavoro nel laboratorio stesso.

Ma i mercati s’ingrandivano costantemente e

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con essi la domanda. La manifattura a sua voltadivenne insufficiente: allora la macchina ed il va-pore rivoluzionarono la produzione industriale.La grande industria moderna sostituisce la mani-fattura; la piccola borghesia manifatturiera cedeil posto agli industriali milionari, capi d’armatadei lavoratori, cioè ai borghesi moderni.

La grande industria crea il mercato mondiale,di già preparato dalla scoperta dell’America. Ilmercato universale accelera prodigiosamente losviluppo del commercio, della navigazione e deimezzi di comunicazione. Questo sviluppo reagi-sce a sua volta sul mercato dell’industria ed a mi-sura che l’industria, il commercio, la navigazio-ne, le ferrovie si sviluppavano, la borghesia in-grandiva, decuplando i suoi capitali e respingen-do all’indietro le classi trasmesse dal medio evo.

Noi vediamo dunque che la Borghesia o essastessa, il prodotto di una lunga evoluzione, d’unaserie di rivoluzioni nei sistemi di produzione e dicomunicazione.

Ogni fase di sviluppo percorso dalla borghesiafu accompagnata da un progresso politico corri-spondente.

Stato oppresso dal despotismo feudale, asso-ciazione armata che si governa da sé nella Comu-ne; qui repubblica municipale, là terzo stato tas-sabile della monarchia; poi, durante il periodomanifatturiero, contrapeso della nobiltà nelle

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monarchie limitate o assolute; base principaledelle grandi monarchie, la borghesia, dopo l’im-pianto della grande industria e del mercato mon-diale, si è infine impadronita del potere politico,ad esclusione delle altre classi, nello stato rappre-sentativo moderno. Il governo moderno non èche un comitato amministrativo degli affari dellaclasse borghese.

La borghesia ha percorso, nella storia, un ruoloessenzialmente rivoluzionario.

Dovunque conquistò il potere, essa calpestò lerelazioni feudali e patriarcali. Tutti i vincoli mul-ticolori che univano l’uomo feudale ai suoi supe-riori naturali essa li schiacciò senza pietà, pernon lasciare sostituire, tra uomo, e uomo, altrivincoli che il freddo interesse, che la dura monetacontante. Essa annegò l’estasi religiosa, l’entusia-smo cavalleresco, il sentimentalismo del piccoloborghese, nelle acque ghiacciate del calcolo egoi-sta. Essa fece della dignità personale un semplicevalore di scambio; essa sostituì alle numerose li-bertà sì caramente conquistate, l’unica ed insen-sibile libertà del commercio. In una parola, al po-sto della spogliazione coperta da illusioni religio-se e politiche, essa pose una spogliazione aperta,diretta e brutale.

La borghesia spogliò della loro aureola, conpaura, tutte le professioni considerate sino alloravenerabili e venerate. Essa fece del medico, del

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giurista, del prete, del poeta, dello scienziato, al-trettanti operai salariati.

La borghesia strappò il velo della poesia soave,che ricopriva le relazioni di famiglia e le ha ridottea non essere che dei semplici rapporti di denaro.

La borghesia dimostrò che la brutale manife-stazione della forza del medio evo, si ammiratadalla reazione, si completava naturalmente dellapiù bassa poltroneria. Essa, per la prima, provòciò che può compiere l’attività umana: creò benaltre meraviglie che le piramidi d’Egitto, gli ac-quedotti romani e le cattedrali gotiche; essa con-dusse ben altre spedizioni che le antiche emigra-zioni di popoli e le crociate.

La borghesia non esiste che alla condizione dirivoluzionare incessantemente gl’istrumenti dilavoro, per conseguenza il sistema di produzione,per conseguenza tutti i rapporti sociali. La con-servazione del vecchio sistema di produzione era,al contrario, la prima condizione di tutte le classiindustriali precedenti. Questa rivoluzione conti-nua dei sistemi di produzione, questo movimen-to costante di tutto il sistema sociale, questa agi-tazione, questa poca sicurezza eterne, distinguo-no l’epoca borghese da tutte le precedenti. Tutti irapporti sociali tradizionali e profondamente ra-dicati, con il loro corteggio di credenze e d’ideeammesse da secoli, si dissolvono; le idee ed i rap-porti nuovi spirano avanti di cristalizzarsi. Tutto

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ciò che era stabile è scosso, tutto ciò che era sa-cro è profanato, e gli uomini sono costretti infinead intravedere le loro condizioni d’esistenza e leloro mutue relazioni con occhi delusi.

Spinta dal bisogno d’uno smercio sempre piùesteso, la borghesia invade il globo intero. Biso-gna che dappertutto essa s’impianti, che dap-pertutto stabilisca e crei dei mezzi di comunica-zione.

Per mezzo dello sfruttamento del mercatomondiale, la borghesia imprime un carattere co-smopolita alla produzione ed alla consumazionedi tutti i paesi. A disperazione dei reazionarii es-sa tolse all’industria la sua base nazionale. Levecchie industrie nazionali sono distrutte o sulpunto di esserlo. Esse vengono sostituite da nuo-ve industrie la cui introduzione di- viene unaquestione vitale per tutte le nazioni incivilite; in-dustrie che non adoperano più materie prime in-digene, bensì materie prime venute dalle regionipiù lontane, ed i cui prodotti non si consumanosoltanto nel paese stesso, ma in tutti i punti delglobo. In luogo dell’antico isolamento locale enazionale, si sviluppa un traffico universale, unadipendenza mutua delle nazioni. Ciò che avvienenella produzione materiale si riproduce nellaproduzione intellettuale. Le produzioni intellet-tuali di una nazione divengono proprietà comu-ne di tutte. L’esclusivismo ed i pregiudizii nazio-

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nali divengono ognora più impossibili; e delle di-verse letterature nazionali e locali si forma unaletteratura universale.

Per il rapido perfezionamento di tutti gli stru-menti di produzione e dei mezzi di comunicazio-ne, la borghesia trascina nella corrente dell’inci-vilimento perfino le nazioni più barbare. Il buonmercato dei suoi prodotti è la sua grossa artiglie-ria per battere in breccia le mura della Cina e farcapitolare i barbari più ostili agli stranieri. Essacostringe tutte le nazioni, sotto pena di morte, adadottare il sistema di produzione borghese; essale costringe ad introdurre presso di loro la sedi-cente civiltà, cioè a divenire borghesi. In una pa-rola, essa modella un mondo a sua immagine.

La borghesia sottomise la campagna alla città.Essa costruì città immense; essa aumentò prodi-giosamente la popolazione delle città a spese diquella delle campagne; ed in tal modo essa pre-servò una grande parte della popolazionedall’idiotismo della vita dei campi. Essa subor-dinò la campagna alla città, le nazioni barbare al-le nazioni civili, i paesi agricoli ai paesi industria-li, l’Oriente all’Occidente.

La borghesia sopprime ogni dì più lo sparpa-gliamento dei mezzi di produzione, della pro-prietà e della popolazione. Essa aggruppa le po-polazioni, accentra i mezzi di produzione e con-centra la proprietà nelle mani di qualche indivi-

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duo. La conseguenza fatale di questi cambiamen-ti fu lo accentramento politico. Provincie riunitetra loro solo dai legami federali, aventi interessi,leggi, governi, tariffe doganali differenti, furonoriunite in una sola nazione, un solo governo, unasola tariffa doganale, un solo interesse nazionaledi classe.

La borghesia, dal suo avvenimento appena se-colare, creò delle forze produttive, più svariate epiù colossali che tutte le generazioni passate pre-se insieme. La sommissione delle forze della na-tura, le macchine, l’applicazione della chimica,all’industria ed all’agricoltura, la navigazione avapore, le ferrovie, l’incanalamento dei fiumi,delle popolazioni intiere che sorgono come perincanto, qual secolo precedente avrebbe mai so-gnato che simili forze produttrici dormivano nellavoro sociale?

Ecco dunque il riassunto di ciò, che noi abbia-mo visto: i mezzi di produzione e di scambio, cheservono di base alla evoluzione borghese, sonocreati nel seno della società feudale; ad un certogrado di sviluppo di questi mezzi di produzione edi scambio, le condizioni nelle quali la societàfeudale produce e scambia i suoi prodotti, l’orga-nizzazione feudale dell’industria e della manifat-tura, in una parola i rapporti della proprietà feu-dale cessano di corrispondere alle nuove forzeproduttrici. Essi mettevano ostacolo alla produ-

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zione, anziché svilupparla. Si mutavano in tantecatene. Bisognava spezzarli e si sono spezzati.

Al loro posto s’innalza la libera concorrenza,con una costituzione sociale e politica corrispon-dente, colla dominazione economica e politicadella classe borghese.

Sotto i nostri occhi si produce un fenomenoanalogo. La società borghese moderna che misein movimento così potenti mezzi di produzione edi scambio, rassomiglia a quei maghi, che nonsapevano più dominare le potenze infernali, eh’essi aveano evocato. Da trenta anni almeno,l’istoria dell’industria e del commercio non è chel’istoria della rivolta delle forze produttrici con-tro i rapporti di produzione moderna, contro irapporti di proprietà, che sono le condizionid’esistenza della borghesia e della sua suprema-zia. Basta menzionare le crisi commerciali che,per il ritmo periodico, mettono ognor più in que-stione l’esistenza della società borghese. Ogni cri-si distrugge regolarmente, non soltanto una mas-sa di prodotti già creati, ma ancora una grandeparte delle stesse forze produttrici. Una epidemiacolpisce l’umanità, che nelle epoche precedentisarebbe sembrata un paradosso: è l’epidemia del-la sopra-produzione. La società si trova subita-mente rigettata in uno stato di momentanea bar-barie: si direbbe che una guerra d’esterminio leporta via tutti i mezzi di vita: l’industria ed il

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commercio sembrano paralizzati. – E perché? –perché la società ha troppa civiltà, troppi mezzidi sussistenza, troppa industria, troppo commer-cio. Le forze produttrici di cui essa dispone nonassicurano più le condizioni della proprietà bor-ghese; al contrario, esse divennero troppo potentiper queste condizioni, che mutansi in ostacoli; etutte le volte che le forze produttrici sociali spez-zano gli ostacoli, esse precipitano nel disordinela società intera, e minacciano l’esistenza dellaproprietà borghese. Il sistema borghese divennetroppo angusto per contenere le ricchezze createnel suo seno. Come fa la borghesia per superarequeste crisi? Da una parte con la distruzione for-zata d’una massa di forze produttrici, dall’altracon la conquista dei nuovi mercati e lo sfrutta-mento più perfetto degli antichi. Cioè essa prepa-ra delle crisi più generali e più terribili, e riduce imezzi per prevenirle.

Le armi di cui la borghesia si servì per abbatte-re la feudalità si ritorcono oggi contro la borghe-sia stessa.

Ma la borghesia non ha soltanto fabbricato learmi che devono darle la morte; essa produssepure gli uomini che devono manipolarle – glioperai moderni, i Proletarii.

Con lo sviluppo della borghesia, cioè del capita-le, si sviluppa il Proletariato, la classe degli ope-rai moderni, i quali non vivono, che a condizione

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di trovare lavoro, e che non ne trovano più appe-na che il loro lavoro cessa di aumentare il capita-le. Gli operai, costretti a vendersi di giorno ingiorno, sono della mercé come tutti gli altri arti-coli di commercio; essi subiscono per conseguen-za tutte le fluttuazioni del mercato.

L’introduzione delle macchine e la divisione dellavoro spogliarono il lavoro dell’operaio del suocarattere individuale, e per conseguenza dellasua attrattiva.

Il produttore diviene una semplice ruota dellamacchina, e non si esige da lui che un’operazionesemplice, monotona e presto appresa. Avvieneche le spese di produzione dell’operaio si riduco-no alle spese della sua sussistenza e della propa-gazione della sua razza. Il prezzo del lavoro, co-me quello di ogni altra mercé è uguale al costodella sua produzione. Dunque più il lavoro divie-ne ripugnante, più i salarii ribassano.

Più ancora; la somma del lavoro s’accresce conlo sviluppo della macchina e della divisione dellavoro, sia per l’aumento della giornata di lavoro,sia per l’accrescimento dell’intensità del lavoro,sia per l’accelerazione del movimento delle mac-chine.

L’industria moderna trasformò il piccolo labo-ratorio dell’antico padrone patriarcale in grandefabbrica di borghese capitalista. Delle massed’operai, stivati nelle fabbriche, sono organizzati

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militarmente. Trattati come dei soldati industria-li; sono posti sotto la sorveglianza d’una gerar-chia completa di ufficiali e sott’ufficiali.

Essi non sono soltanto gli schiavi della classeborghese, del governo borghese, ma pure giornal-mente ed a tutte le ore, gli schiavi delle macchi-ne, del direttore, e del padrone della fabbrica.Questo despotismo è tanto più meschino, piùodioso, e più ripugnante, in quanto esso prendeapertamente il guadagno per unico scopo.

Meno il lavoro esige abilità e forza; cioè, piùl’industria moderna progredisce, più il lavorodelle donne è sostituito a quello degli uomini. Ledistinzioni di età e di sesso, non hanno più alcunsignificato sociale per la classe operaia. Non visono più che degli istrumenti di lavoro, il prezzovaria secondo l’età ed il sesso.

Quando l’operaio ha subito lo sfruttamento delfabbricante, e ch’egli riceve il suo salario in mo-neta contante, allora diviene la preda degli altrimembri della borghesia, del piccolo proprietario,del piccolo bottegaio, e dell’usuraio.

La piccola borghesia, composta di modesti in-dustriali, di mercanti, di piccoli possidenti di ar-tigiani o di contadini proprietarii, cade nel Prole-tariato; da un lato, perché i suoi meschini capita-li non permettendo d’impiegare i procedimentidella grande industria, essa soccombe nella con-correnza con i grandi capitalisti; d’altro canto

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perché la sua abilità speciale è disprezzata dainuovi sistemi di produzione. In questo modo ilProletariato si recluta in tutte le classi della po-polazione.

Il Proletariato passa per differenti fasi d’evolu-zione. La sua lotta contro la borghesia incomin-cia dalla sua nascita.

Prima la lotta è impegnata da operai isolati, poida operai di una medesima fabbrica, in seguitoda operai del medesimo mestiere, in una località,contro la borghesia che li sfrutta direttamente.Essi non si contentano di dirigere i loro attacchicontro, il sistema borghese di produzione; essi lidirigono contro gl’istrumenti di produzione: essidistruggono le merci straniere, che lor fannoconcorrenza, spezzano le macchine, bruciano lefabbriche, e si sforzano di riconquistare le condi-zioni perdute d’artigiani del medio evo.

A questo punto di sviluppo, il Proletariato for-ma una massa disseminata per tutti i paesi e di-sunita dalla concorrenza. Se talvolta gli operaiagiscono in massa più o meno compatta, questoinsieme non è ancora il risultato della loro unio-ne, ma di quella della borghesia che per arrivareai suoi fini politici, è costretta di mettere in movi-mento il Proletariato intero, e che per il momen-to possiede ancora il potere. Quello che caratte-rizza questa fase del loro sviluppo isterico, si èche i proletarii non combattono ancora i loro ne-

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mici diretti, ma, i nemici dei loro nemici, cioè iresti della monarchia assoluta, i proprietarii diterreni, i borghesi non proprietarii ed i piccoliborghesi. Tutto il movimento storico è direttodalla borghesia, tutta la vittoria riportata in que-ste condizioni è una vittoria borghese.

Ma lo sviluppo dell’industria ingrossa soltantoil numero dei proletarii, e li concentra in massepiù considerevoli: essi acquistano delle forze econ queste la coscienza della loro potenza. Gl’in-teressi, le condizioni di esistenza dei proletarii siuguagliano sempre più, a misura che la macchi-na cancella tutta la differenza nel lavoro, riducequasi dappertutto il salario ad un livello egual-mente basso. La crescente concorrenza dei bor-ghesi tra di loro, e le crisi commerciali, che ne ri-sultano, rendono i salarii sempre più incerti; l’in-cessante perfezionamento delle macchine rendela posizione dell’operaio vieppiù precaria; le col-lisioni individuali tra l’operaio ed il borghese as-sumono ognora più il carattere di collisioni didue classi. Gli operai incominciano a coalizzarsicontro i borghesi per il mantenimento dei lorosalarii. Essi formano pure delle associazioni per-manenti allo scopo di essere pronti alle lotteeventuali; qua e là la resistenza diviene ammuti-namento.

Qualche volta gli operai trionfano; ma il lorotrionfo non è che momentaneo.

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Il vero risultato delle loro lotte è meno [...] ilsuccesso immediato che la solidarietà crescentedegli operai

Questa solidarietà è facilitata dall’accrescimen-to dei mezzi di comunicazione i quali permetto-no agli operai delle differenti località di entrarein relazione. Non resta più che unirli per trasfor-mare queste lotte, le quali rivestono ovunque ilmedesimo carattere, in una lotta nazionale, inuna lotta di classe. Ma ogni lotta di classe è unalotta politica. E le comunicazioni che i borghesidel Medio-Evo impiegavano da secoli a stabilirecon le loro strade vicinali, i proletarii le stabili-scono in qualche anno colle ferrovie.

L’organamento del proletariato in classe e perconseguenza in partito politico è incessantemen-te distrutta dalla concorrenza che gli operai sifanno tra loro.

Ma essa, rinasce sempre, e sempre più forte,più salda, più potente. Profittando delle divisioniintestine dei borghesi, essa li costringe a garanti-re legalmente certi interessi della classe operaia:per esempio, la legge delle dieci ore di lavoro inInghilterra.

Le divisioni della società favoriscono in modidifferenti lo sviluppo del Proletariato.

La borghesia vive in uno stato di guerra perpe-tua; prima contro l’aristocrazia, poi contro que-sta categoria della borghesia i cui interessi entra-

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no in contraddizione col progresso dell’industria,ed infine contro la borghesia dei paesi stranieri.In tutte queste lotte essa è costretta di fare appel-lo al Proletariato, d’usare del suo concorso e ditrascinarlo in tal modo nel movimento politico.Per conseguenza la borghesia fornisce al Proleta-riato gli elementi del suo progresso, cioè delle ar-mi contro la borghesia.

Inoltre, come abbiam visto, alcune parti costi-tuenti la classe dominante sono rigettate intera-mente nelle file del Proletariato dal progresso in-dustriale, o sono minacciate nelle loro condizionidi esistenza. Esse forniscono al Proletariato deinumerosi elementi di progresso.

Infine, nel momento in cui la lotta di classes’avvicina alla sua crisi, il movimento di dissolu-zione della classe dirigente e della Società interaprende un carattere sì acuto e sì violento, che unafrazione della classe dirigente se ne distacca, perallearsi alla classe rivoluzionaria, alla classe cherappresenta l’avvenire. Un tempo, una parte dellanobiltà si schierava colla borghesia; ai nostrigiorni una parte della borghesia fa causa comunecol proletariato, e principalmente quella partedella borghesia pensante che pervenne a com-prendere il cammino del movimento storico.

Di tutte le classi, attualmente avversarie dellaborghesia, il proletariato solo è veramente rivolu-zionario. Le altre classi si dislocano e scompaio-

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no in causa della grande industria: il proletariato,al contrario, è il suo prodotto particolare.

La classe media, i piccoli fabbricanti, i botte-gai, gli artigiani, i contadini lottano contro laborghesia perch’essa compromette la loro esi-stenza in qualità di classe media. Per conseguen-za essi non sono rivoluzionarii, ma conservatori.Anzi sono reazionari, poiché si sforzano di far re-trocedere il cammino alla storia. Se essi agisconorivoluzionariamente è per la paura sempre pre-sente di cadere nel Proletariato. Essi difendonoin questo caso i loro interessi futuri, e non i lorointeressi attuali; essi rinunciano al loro propriopunto di vista per mettersi in quello del Proleta-riato.

La marmaglia delle grandi città, questa fecciaputrefatta delle ultime secrezioni della società, èqua e là trascinata nel movimento da una rivolu-zione proletaria, ma le sue condizioni di vita lapredispongono, al contrario, a vendersi alla rea-zione.

Le condizioni di esistenza della vecchia societàsono già distrutte nelle condizioni di esistenza delProletariato. Il Proletario è senza proprietà, le suerelazioni di famiglia non hanno nulla;di comunecon quelle della famiglia borghese. Il lavoro indu-striale moderno, che implica l’asservimentodell’operaio da parte del capitale, in Francia co-me in Inghilterra, m America come in Germania,

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ha spogliato il Proletario d’ogni carattere nazio-nale. Le leggi, la morale, la religione, sono per luialtrettanti pregiudizi borghesi, dietro i quali sinascondono altrettanti interessi borghesi.

Tutte le classi, che conquistarono anteriormen-te il potere, cercarono di consolidare la loro situa-zione acquistata sommettendo la società intieraal loro modo d’appropriazione. I proletarii nonpossono impadronirsi delle forze produttrici so-ciali che abolendo il loro speciale modo di appro-priazione e in conseguenza il modo d’appropria-zione in vigore sino ai nostri giorni. I proletariinon devono preoccuparsi di garanzie per una pro-prietà che a loro manca; essi devono, al contrario,distruggere ogni garanzia privata esistente.

Tutti i movimenti storici sono stati, sino ad ora,dei movimenti di minoranze a profitto di mino-ranze. Il movimento del proletariato è il movi-mento spontaneo della immensa maggioranza aprofitto della immensa maggioranza. Il Proleta-riato, ultimo parto della società ufficiale, nonpuò elevarsi senza sconvolgere tutti i prodotti su-periori di questa società.

La lotta del proletariato contro la borghesia,benché in fondo non sia una lotta nazionale, neriveste tuttavia la forma. Il proletariato di ognipaese deve incominciare la lotta per finirla collasua propria borghesia.

Analizzando le fasi dello sviluppo del proleta-

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riato, noi abbiamo seguito passo passo la storiadella guerra civile più o meno occulta che smem-bra la società, sino al momento in cui esplode inuna rivoluzione ed in cui il proletariato imponela sua dominazione colla distruzione della bor-ghesia.

Come abbiamo visto, tutte le società anterioripoggiarono sull’antagonismo della classe oppri-mente e della classe oppressa. Ma per poter op-primere una classe, bisogna almeno garantirle lecondizioni d’esistenza che le permettano di vive-re in schiavitù. Il servo in piena feudalità perve-niva a farsi membro del Comune; il borghese em-brionale del medio-evo acquistava la posizione diborghese, sotto il giogo dell’assolutismo feudale.L’operaio moderno, al contrario, anziché elevarsicol progresso dell’industria, discende sempre piùin basso, al di sotto pure del livello delle condi-zioni vitali della stessa sua classe. Il lavoratoretorna a carico della società, ed il pauperismos’accresce più rapidamente ancora che la popola-zione e le ricchezze. È adunque dimostrato, chela borghesia è incapace di sostenere la parte diclasse dominante e d’imporre alla società, comelegge suprema, le condizioni d’esistenza dellapropria classe. Essa non può più regnare, perchénon può più assicurare l’esistenza al suo schiavo,neppure nelle condizioni della sua schiavitù, poi-ché essa è costretta di lasciarlo cadere in una si-

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tuazione così precaria da doverlo nutrire invecedi esser nutrita. La società non può più esisteresotto la sua dominazione, ciò che vorrebbe direche la sua esistenza è incompatibile con quelladella società.

La condizione essenziale d’esistenza e di i su-premazia per la classe borghese è l’accumula-mento della ricchezza in mani private, la forma-zione e l’accrescimento del capitale è il salariato;il salariato riposa esclusivamente sulla concor-renza che si fanno gli operai tra loro. Il progressoindustriale, del quale la borghesia è l’istrumentopassivo ed incosciente, sostituisce l’isolamentodegli operai con la loro unione rivoluzionaria amezzo dell’associazione. Lo sviluppo della gran-de industria scava sotto i piedi della borghesia ilterreno stesso sul quale essa stabilì il suo sistemadi appropriazione e di produzione.

La borghesia produce innanzi tutto i suoi sep-pellitori. La sua caduta ed il trionfo del proleta-riato sono del paro inevitabili.

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II.Proletarii e Comunisti

Qual’è l’attitudine dei comunisti in faccia ai pro-letarii presi in massa?

I comunisti non formano un partito distinto inopposizione agli altri partiti operai.

Essi non hanno interessi distinti da quelli ditutto il Proletariato.

Essi non proclamano principii per poi imporlial movimento operaio.

I comunisti non si distinguono dagli altri parti-ti del Proletariato che su due punti: nelle diffe-renti lotte nazionali dei proletarii essi mettonoinnanzi, e fanno valere gl’interessi comuni delProletariato intero, senza distinzione di naziona-lità; e nelle differenti fasi evolutive della lotta traproletarii e borghesi, pure non accettando alcunadi queste fasi come definitiva, essi difendonosempre la causa del movimento generale.

Praticamente dunque i comunisti sono la partepiù risoluta e più avanzata dei partiti operai di

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tutti i paesi; teoricamente si distinguono con van-taggio dal resto del proletariato per la loro cono-scenza netta delle condizioni, del cammino, edello scopo del movimento proletario.

Lo scopo immediato dei comunisti è il medesi-mo di tutte le frazioni del proletariato: organizza-zione dei proletarii in partito di classe, distruzio-ne della supremazia borghese, conquista del po-tere politico per parte del Proletariato.

Le proposte teoriche dei comunisti non riposa-no in alcun modo su principii inventati o scopertida tale o tale altro riformatore.

Esse non sono che l’espressione generale dellecondizioni reali di un movimento isterico in evo-luzione sotto i nostri occhi L’abolizione di unadata forma della proprietà non è il carattere di-stintivo del comunismo.

La forma della proprietà subì dei costanti cam-biamenti, delle continue trasformazioni storielle.La Rivoluzione francese abolisce la proprietàfeudale in favore della proprietà borghese.

Il carattere distintivo del comunismo non èl’abolizione della proprietà in generale, ma l’abo-lizione della proprietà borghese.

Ora, la proprietà privata borghese è l’ultima ela più perfetta espressione della produzione edell’appropriazione dei prodotti sulla base degliantagonismi di classe, dello sfruttamento degliuni sugli altri.

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In questo senso i comunisti possono riassume-re le loro teorie in questa proposta: abolizionedella proprietà privata.

Rimproverano, a noi comunisti, di volere aboli-re la proprietà personale acquistata col lavoro, laproprietà che è garanzia di tutte le libertà, dell’at-tività e dell’indipendenza.

Per proprietà acquistata col lavoro intendonola proprietà del contadino, del piccolo borghese,anteriore alla proprietà borghese? questa noi nonabbiamo ad abolirla; il progresso dell’industrial’ha di già abolita, o è dietro ad abolirla.

Oppure vogliono parlare della proprietà priva-ta, della proprietà borghese moderna?

Ma come il proletario col suo lavoro gode dellaproprietà? In nessun modo; esso crea il capitale,cioè la proprietà, che sfrutta il lavoro salariato, eche non può accrescersi, che a condizione dicreare del nuovo lavoro salariato, affine di sfrut-tarlo ancora.

Nella sua forma presente, la proprietà si muovetra i due termini in antinomia tra loro: capitale elavoro salariato. Esaminiamo le due parti di que-sto antagonismo.

Essere capitalista significa non soltanto occu-pare una posizione personale, ma ancora una po-sizione sociale nel sistema della produzione. Ilcapitale è un prodotto collettivo; esso non può es-sere messo in movimento che con gli sforzi com-

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binati di una massa d’individui: in ultimo luogoesso esige per il suo funzionamento gli sforzicombinati di tutti gl’individui della società.

Il capitale non è dunque una forza personale,ma una forza sociale.

Risulta dunque, che quando il capitale è tra-sformato in proprietà comune, appartenente atutti gli individui della società, non è una pro-prietà personale, che è trasformata in proprietàsociale; non vi è che il carattere sociale della pro-prietà che è trasformato: esso perde il suo carat-tere di proprietà di classe.

Arriviamo al lavoro salariato.Il prezzo medio del lavoro salariato è il minimo

del salario, cioè la somma dei mezzi d’esistenza,di cui l’operaio ha bisogno per vivere da operaio.Per conseguenza ciò che l’operaio salariato s’ap-propria colla sua attività, è giusto ciò che gli è ne-cessario a mantenere la sua esistenza. Noi non vo-gliamo in alcun, modo, abolire quest’appropria-zione personale dei prodotti del lavoro indispen-sabile al mantenimento dell’esistenza quest’ap-propriazione non lascia dietro di sé alcun profittonetto, che dia del potere sul lavoro degli altri. Ciòche noi vogliamo è, sopprimere le miserie di que-st’appropriazione, che fanno sì che l’operaio nonvive, che per accrescere il capitale, e nei limiti vo-luti dagl’interessi della classe dominante.

Nella società borghese, il lavoro vivente non è

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che un mezzo d’accrescere il lavoro accumulato.Nella società comunista, il lavoro accumulatonon sarà che un mezzo di allargare e di abbellirel’esistenza dei lavoratori.

Nella società borghese, il passato domina ilpresente; nella società comunista, è il presenteche dominerà il passato. Nella società borghese,il capitale è indipendente e personale, mentrel’individuo, che agisce, è dipendente e privo dipersonalità.

Ed è l’abolizione di un simile stato di cose chela borghesia chiama abolizione della personalitàe della libertà. In questo essa non ha torto. Poi-ché si tratta effettivamente dell’abolizione dell’in-dividualità, dell’indipendenza, e della libertà bor-ghese

Per libertà, nelle condizioni attuali della produ-zione borghese, s’intende la libertà del commer-cio, il libero scambio.

Ma abolite il traffico, e voi abolirete nel mede-simo tempo il traffico libero.

Del resto, tutte le belle frasi sul libero scambio,come pure tutte le furfanterie liberali dei nostriborghesi, non hanno un senso che per opposizio-ne al commercio impedito, al borghese asservitodel medio evo; esse non ne hanno alcuno, allor-ché si tratta dell’abolizione del traffico, dell’aboli-zione dei rapporti della produzione borghese edella borghesia stessa.

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Voi siete spaventati perché vogliamo abolire laproprietà privata. Ma nella vostra società attuale,la proprietà privata è abolita per nove decimi deisuoi membri. Ed è precisamente perché essa nonesiste per nove decimi, che esiste per voi.

Voi ci rimproverate dunque, di volere abolireuna proprietà, che non può costituirsi senza pri-vare l’immensa maggioranza della società d’oggiproprietà.

In una parola, voi ci accusate di volere abolirela vostra proprietà. Diffatti è ben questa la nostraintenzione.

Dal momento che il lavoro non può più esseretrasformato in capitale, in moneta, in proprietàfondiaria, in potere sociale capace di essere mo-nopolizzato; cioè dal momento che la proprietàpuò più essere convertita in proprietà borghese,voi vi affrettate di dichiarare che l’individualità èsoppressa.

Voi confessate dunque, che allorché parlatedell’individuo, voi non intendete parlare che delborghese. E questo individuo, è vero, noi voglia-mo sopprimerlo.

Il comunismo non toglie a nessuno potere d’ap-propriarsi la sua parte dei prodotti sociali, essonon toglie che il potere di assoggettare coll’aiutodi quest’appropriazione, il lavoro degli altri.

Voi pretendete ancora che coll’abolizione dellaproprietà privata, cesserebbe ogni attività, che

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una poltroneria generale s’impadronirebbe delmondo. Se ciò fosse possibile sarebbe molto tem-po che la società borghese sarebbe morta di pi-grizia, poiché coloro che lavorano non guadagna-no, e coloro che guadagnano non lavorano. Tuttal’obbiezione si riduce a questa tautologia: chenon vi è lavoro salariato, dove non è capitale.

Le accuse mosse contro il sistema comunista diproduzione e d’appropriazione dei prodotti ma-teriali, sono state mosse egualmente contro laproduzione e l’appropriazione intellettuale. Co-me per il borghese, l’abolizione della proprietà diclasse è l’abolizione d’ogni proprietà, così l’aboli-zione della coltura intellettuale di classe è l’aboli-zione d’ogni coltura intellettuale.

La coltura di cui esso deplora la perdita, signi-fica per l’immensa maggioranza la maniera di di-venire macchina.

Ma cessate di criticarci, finché giudicheretel’abolizione della proprietà privata secondo le vo-stre nozioni borghesi di libertà, di coltura, di di-ritto, ecc. Le vostre idee sono esse stesse i prodot-ti dei rapporti della produzione e della proprietàborghese, come il vostro diritto non è che la vo-lontà della vostra classe eretta in legge, e comequesta volontà, è essa stessa creata dalle condi-zioni materiali della vita della classe vostra.

Il concetto interessato che vi fa vedere nei vo-stri rapporti di produzione e di proprietà non dei

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rapporti transitorii nel progresso della produzio-ne, ma delle leggi eterne di natura e di ragione,questo concetto illusorio, voi lo divideste con tut-te le classi un tempo regnanti, ed oggi scompar-se. Ciò che concepite per la proprietà antica, ciòche intendete per la proprietà feudale, non com-prendete per la proprietà borghese.

Abolire la famiglia! Sino i più radicali s’indigna-no a questa esecrabile intenzione dei comunisti.

Quale è la base della famiglia borghese dell’epo-ca nostra? Il capitale e il guadagno individuale.La famiglia non esiste allo stato completo che perla borghesia, ma essa si completa nella prostitu-zione pubblica, e nella soppressione delle relazio-ni di famiglia per il proletario.

La famiglia del borghese sparisce naturalmentecolla scomparsa del suo completamento necessa-rio, e l’uno e l’altro scompaiono coll’abolizionedel capitale.

Ci rimproverate di volere abolire la educazionedei fanciulli fatta dai loro parenti? Confessiamoil delitto.

Voi pretendete che sostituendo l’educazione so-ciale all’educazione domestica si spezzano i vin-coli più cari.

La vostra educazione non è forse essa pure de-terminata dalla società, dalle condizioni sociali,nelle quali voi allevate i vostri fanciulli, dall’inter-vento diretto od indiretto della società coll’aiuto

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delle scuole, ecc.? I comunisti non inventano l’in-fluenza della società sull’educazione, essi necambiano soltanto il carattere e strappano l’edu-cazione all’influenza della classe dominante.

Le declamazioni borghesi sulla famiglia e l’edu-cazione, sui teneri legami che uniscono i fanciulliai genitori, divengono tanto più strazianti, giac-ché a causa della grande industria tutte le rela-zioni famigliari sono per i proletarii sempre piùdistrutte, e che i fanciulli sono ognora più tra-sformati in semplici oggetti di commercio, insemplici istrumenti di lavoro.

Ma dalla borghesia intera si eleva un clamore:voi altri comunisti, essa grida, volete introdurrela comunanza delle donne!

Per il borghese, sua moglie non è che un istru-mento di produzione. Esso intende dire chegl’istrumenti di produzione verranno messi in co-mune e concludono naturalmente che vi sarà co-munanza di donne.

Esso non comprende che si tratta precisamentedi dare alla donna un’altra parte, che quella disemplice istrumento di produzione.

Del resto, niente di più comico che l’orrore ul-tramorale che ispira ai nostri borghesi la pretesacomunanza ufficiale delle donne presso i comu-nisti. I comunisti non hanno bisogno d’introdur-re la comunanza delle donne. Essa ha quasi sem-pre esìstito.

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I nostri borghesi non contenti di avere a lorodisposizione le mogli e le figlie dei loro proletarii,senza parlare della prostituzione ufficiale, trova-no il piacere singolare... d’incoronarsi tra loro.

Il matrimonio borghese è in realtà, la comu-nanza delle donne maritate. Tutt’al più, potrebbe-ro accusare i comunisti di volere mettere al postodi una comunanza di donne ipocrita e dissimula-ta, un’altra che sarebbe franca ed ufficiale. Delresto è evidente che, coll’abolizione dei rapportidi produzione attuali, la comunanza delle donneche ne deriva, cioè la prostituzione ufficiale enon ufficiale, scomparirà.

Si accusano i comunisti di volere abolire la pa-tria, la nazionalità.

Gli operai non hanno patria. Non si può levarloro quello che non hanno. Siccome il proletaria-to d’ogni paese deve, in primo luogo, costituirsiin classe nazionale nel proprio paese, nei suoiproprii limiti nazionali, per questo fatto egli è na-zionale, non però nel senso borghese.

Le demarcazioni e gli antagonismi nazionalidei popoli spariscono di già, ognora più, con losviluppo della borghesia, con la libertà del com-mercio ed il mercato mondiale; coll’uniformitàdella produzione industriale e le maniere di vive-re, che ne risultano. L’avvenimento del proleta-riato li farà scomparire più presto ancora. L’azio-ne comune dei differenti proletariati, almeno nei

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paesi inciviliti, è una delle prime condizioni dellaloro emancipazione.

Abolite lo sfruttamento dell’uomo su l’uomo, edavrete abolito lo sfruttamento di una nazione sudi un’altra nazione.

Allorché scomparirà l’antagonismo di classeall’interno delle nazioni, scompariranno pure leostilità fra nazione e nazione.

Riguardo alle accuse lanciate contro i comuni-sti, a nome della religione, della filosofia edell’ideologia, esse non meritano neppure un esa-me profondo.

Vi è bisogno di una grande intelligenza percomprendere che i concetti, le nozioni, i fini, inuna parola la coscienza degli uomini si modificaessa pure in un con le loro relazioni sociali, conla loro esistenza collettiva?

La storia del pensiero non ci prova che la pro-duzione intellettuale si trasforma contempora-neamente alla produzione materiale? Le idee do-minanti di un’epoca, non furono che le idee dellaclasse dominante.

Quando si parla d’idee che rivoluzionano unasocietà intera, si enuncia soltanto il fatto che, nelseno d’una vecchia società, si sono formati glielementi di una società nuova, e che le vecchieidee si dissolvono colla dissoluzione delle anticherelazioni sociali.

Quando il vecchio mondo declinava, le vecchie

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religioni furono vinte dalla religione cristiana:quando nel secolo decimottavo le idee cristianecedevano alle idee filosofiche – alla società feuda-le dava la sua giornata campale la borghesia allo-ra rivoluzionaria. Le idee di libertà, di coscienzae di religione proclamano soltanto il regno dellalibera concorrenza nel dominio del pensiero.

Ma, diranno, siamo intesi che le idee religiose,morali, filosofiche, politiche e giuridiche si modi-ficano nel corso dello sviluppo storico. La religio-ne, la morale, la filosofia, la politica, il diritto, simantennero a traverso queste perpetue trasfor-mazioni.

Ma hannovi varie verità eterne, come la libertà,la giustizia, ecc. che sono comuni a tutte le con-dizioni sociali. Ora il comunismo abolisce le ve-rità eterne ed in ciò esso è in contraddizione contutto lo sviluppo storico antecedente.

A che si riduce questa obiezione? La storia ditutte le società passate si muta; in mezzo agli an-tagonismi di classe, che rivestirono delle formedifferenti in differenti epoche.

Ma qualunque sia la forma presa dall’antagoni-smo, lo sfruttamento di una parte della società daparte dell’altra, è un fatto comune a tutti i secolipassati.

Dunque non è sorprendente che la coscienza ditutti i tempi a dispetto d’ogni divergenza e d’ognidiversità, si sia mutata in certe forme comuni, in

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alcune forme di coscienza, che non si dissolve-ranno completamente, che coll’intera scomparsadell’antagonismo di classe.

La rivoluzione comunista è la rottura più radi-cale coi rapporti di proprietà tradizionale; dun-que niente di sorprendente, che, nel corso del suosviluppo, essa la rompa, della maniera la più ra-dicale, con le vecchie idee tradizionali.

Ma non occupiamoci più delle obiezioni bor-ghesi contro il comunismo.

Come abbiamo visto testè, la prima fase nellarivoluzione operaia è la costituzione del proleta-riato in classe dominante, la dominazione del po-polo.

Il proletariato si servirà della sua supremaziapolitica per strappare gradualmente il capitale al-la borghesia, per accentrare tutti gl’istrumenti diproduzione nelle mani dello stato, cioè del prole-tariato organato in classe dominante, e per au-mentare il più presto possibile la massa delle for-ze produttrici disponibile.

E questo naturalmente non potrà essere effet-tuato, da principio, che per mezzo di un’azionedispotica verso i diritti di proprietà ed i rapportidi produzione borghese, cioè prendendo dellemisure, che dal punto di vista economico, sem-breranno insufficienti ed insostenibili, ma chesono indispensabili come mezzo di rivoluzionarel’intero sistema di produzione.

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Queste misure varieranno senza dubbio a se-conda dei differenti paesi.

Per i paesi più avanzati, le misure seguenti po-tranno generalmente essere applicabili.

1. Espropriazione della proprietà fondiaria econfisca della rendita a profitto

dello Stato.2. Imposta fortemente progressiva.3. Abolizione dell’eredità.4. Confisca della proprietà di tutti gli emi-

granti e di tutti i ribelli.5. Accentramento del credito nelle mani dello

Stato, per mezzo di una banca nazionale col mo-nopolio esclusivo.

6. Accentramento nelle mani dello Stato ditutti i mezzi di trasporto.

7. Aumento delle manifatture nazionali e de-gl’istrumenti di produzione nelle mani dello Sta-to, e dissodamento dei terreni incolti e migliora-mento delle terre coltivate secondo il sistema ge-nerale.

8. Lavoro obbligatorio per tutti, organamentod’armate industriali, particolarmente per l’agri-coltura.

9. Combinazione del lavoro agricolo e indu-striale, misure tendenti alla fusione graduale del-la città e della campagna.

10. Educazione pubblica e gratuita di tutti ifanciulli, abolizione del lavoro dei fanciulli nelle

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fabbriche qual’è praticato oggi. Combinazionedell’educazione con la produzione materiale, ecc.ecc.

Gli antagonismi di classe una volta scomparsinel corso dello sviluppo, tutta la produzione con-centrata nelle mani degli individui associati, ilpotere pubblico perde il suo carattere politico.

Il potere politico è l’organamento del potere diuna classe per l’oppressione di un’altra. Se il pro-letariato, nella sua lotta contro la borghesia, sicostituisce forzatamente in classe, se egli si erigecon una rivoluzione in classe dominante e, comeclasse dominante distrugge violentemente i vec-chi rapporti di produzione, egli distrugge, nellostesso tempo che questi rapporti di produzione,le condizioni di esistenza dell’antagonismo diclasse, egli distrugge le classi in generale, e quin-di la sua stessa dominazione come classe.

Al posto della vecchia società borghese, con lesue classi ed i suoi antagonismi di classe, sorgeun’associazione dove il libero sviluppo di ciascu-no è la condizione del libero sviluppo di tutti.

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III.Letteratura socialista e comunista

1. Il socialismo reazionario

a) Il Socialismo Feudale

Dalla loro posizione storica, le aristocrazie fran-cese ed inglese, furono chiamate a lanciare dei li-belli contro la società borghese. Nella rivoluzionefrancese del 1830, nel movimento riformista in-glese, esse soccombettero una volta di più sotto icolpi del sopravvenuto aborrito.

Per esse non poteva più ormai essere questionedi una lotta politica seria, non rimaneva più chela lotta letteraria. Ma nel dominio letterario, lavecchia fraseologia della restaurazione era dive-nuta impossibile. Per crearsi delle simpatie biso-gnava che l’aristocrazia facesse finta di perderedi vista i suoi propri interessi, e che redigesse ilsuo atto d’accusa contro la borghesia nel solo in-teresse della classe operaia sfruttata. Essa si pro-

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curava in tal modo la soddisfazione di potere ag-gravare di beffe e d’ingiurie i suoi nuovi padroni,e di canticchiare ai loro orecchi delle profezie digrandi sventure.

È così che nacque il socialismo feudale, mesco-lanza di lamentazioni e pasquinate, di echi delpassato e vagiti dell’avvenire. Se talvolta la suacritica mordente e spirituale toccava al cuore laborghesia, la sua impotenza assoluta a compren-dere il cammino della storia finiva sempre colrenderla ridicola.

Sotto forma di bandiera, questi signori inalbera-vano la bisaccia del mendicante allo scopo di atti-rare il popolo a loro; ma appena il popolo accorre-va, esso scorgeva le loro spalle ornate dell’anticoblasone feudale, e si disperdeva con degl’irriveren-ti scoppii di risa.

Una parte dei legittimisti francesi e la giovineInghilterra divertirono il mondo con questi spet-tacoli.

Quando i campioni della feudalità dimostranoche il loro sistema di sfruttamento differisce daquello della borghesia, dimenticano di aggiungerech’essi sfruttavano in condizioni e circostanzetutt’affatto differenti ed oggi scomparse. Quandoessi provano, che sotto la loro dominazione il pro-letariato moderno non esisteva, essi dimenticanodi dire che la borghesia moderna è precisamenteun rampollo fatale dell’ordine sociale feudalistico.

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Essi nascondono così poco, del resto, il caratte-re rivoluzionario della loro critica, che il loro pri-mo atto d’accusa contro la borghesia, è giusta-mente di avere creato sotto il suo regime una clas-se che farà saltare tutto il vecchio ordine sociale.

Non tanto di avere prodotto un proletariato es-si imputano come crimine alla borghesia, quantodi avere prodotto un proletariato rivoluzionario.

Nella pratica politica essi prendono dunqueuna parte attiva a tutte le misure violente controla classe operaia. E nella vita di tutti i giorni essisi affaccendano nonostante i loro discorsi ampol-losi, a raccogliere i frutti dorati, e per barattaretutte le virtù cavalleresche, l’onore, l’amore, e lafedeltà, con della lana, dello zucchero, e dell’ac-quavite.

A simiglianza del prete e del signore feudaleche camminavano un tempo a braccietto, tali ve-diamo oggi il socialismo clericale ed il socialismofeudale.

Niente è più facile che coprire di una vernice disocialismo l’ascetismo cristiano. Il cristianesimo,esso pure, non si è forse elevato contro la pro-prietà privata, il matrimonio, lo Stato? Ed al loroposto non ha esso predicato la carità e la povertà,il celibato e la mortificazione della carne, la vitamonastica e la Chiesa? Il socialismo cristianonon è che dell’acqua benedetta, con la quale ilprete consacra il corruccio dell’aristocrazia.

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b) Il Socialismo dei Piccoli Borghesi

L’aristocrazia feudale non è la sola classe sostitui-ta dalla borghesia – non è la sola classe che si siavista alterare e deperire nella società borghesemoderna, I piccoli borghesi ed i piccoli contadinidel medioevo, erano i precursori della borghesiamoderna. Riguardo al commercio ed all’industrianei paesi i più arretrati, questa classe continua avegetare a fianco della borghesia, che si dilata.

Nei paesi acquistati alla civiltà moderna si for-ma una nuova classe di piccoli borghesi. Questaclasse oscilla tra il proletariato e la borghesia, ecome elemento complementare della borghesia,essa si costituisce sempre di nuovo, ma gl’indivi-dui che la compongono si vedono incessante-mente precipitati nel proletariato, in causa dellaconcorrenza, ed inoltre per l’avanzamento pro-gressivo della grande industria, vedono arrivareil momento in cui spariranno interamente comeparte integrale della società moderna, e che sa-ranno sostituiti nelle manifatture, nel piccolocommercio e nell’agricoltura, da ispettori, giova-ni di negozio e giornalieri.

Nei paesi come la Francia, dove il contadinocostituisce ben più della metà della popolazione,era naturale che gli scrittori, prendendo a soste-nere la causa del proletariato contro la borghe-sia, criticassero il regime borghese e difendessero

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il partito operaio dal punto di vista del piccoloborghese e del contadino. È così che si formò ilsocialismo del piccolo borghese. Sismondi è il ca-po di questa letteratura tanto per l’Inghilterrache per la Francia.

Questo socialismo analizza con molta penetra-zione le contraddizioni, che scaturiscono dai rap-porti di produzione moderni. Esso svela le pana-cee ipocrite degli economisti. Stabilisce d’unamaniera irrefutabile gli effetti micidiali dellamacchina e della divisione del lavoro. Dimostral’accentramento dei capitali e della proprietà fon-diaria, la sopra-produzione, la crisi, la distruzio-ne fatale dei piccoli borghesi e dei contadini, lamiseria del proletariato, il disordine nella produ-zione, la sproporzione nella distribuzione dellericchezze, la guerra d’esterminio che le nazioni sifanno tra loro col mezzo della concorrenza, ladissoluzione dei vecchi costumi, delle vecchie re-lazioni famigliari e delle vecchie nazionalità. Tut-tavia, in fondo, questo socialismo dei piccoli bor-ghesi tende, sia a ristabilire i vecchi sistemi diproduzione e di scambio, e con essi, i rapporti diproprietà scaduti e tutta la società decaduta, sia arinchiudere i mezzi moderni di produzione e discambio nel quadro ristretto dei vecchi rapportidi proprietà, che erano stati spezzati, e fatalmen-te spezzati da essi.

Il sistema delle corporazioni di mestieri delle

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città e l’agricoltura patriarcale, per la campagna,ecco la sua ultima parola.

Arrivato all’estremo grado del suo sviluppo,questo socialismo non sa più che versare deglisterili pianti.

c) Il Socialismo tedesco o il “vero Socialismo”

La letteratura socialista e comunista della Fran-cia, nata sotto la pressione d’una borghesia do-minante, è l’espressione letteraria della rivoltacontro questo regno.

Essa fu introdotta in Germania nel momento incui la borghesia incominciava la sua lotta control’assolutismo feudale.

Dei filosofi, dei mezzi filosofi e dei belli spirititedeschi si gettarono avidamente su questa lettera-tura, ma dimenticarono che le relazioni socialidella Francia non erano state introdotte in Germa-nia nel medesimo tempo che la sua letteratura. Acausa delle condizioni germaniche, la letteraturafrancese perdette ogni significato pratico, e preseun carattere puramente letterario. Essa non dove-va più apparire che una speculazione inutile, sullarealizzazione dell’essere umano. Ed è così che per ifilosofi tedeschi del decimottavo secolo, le rivendi-cazioni della prima rivoluzione francese non ave-vano il senso di essere le rivendicazioni della ra-gione pratica in generale; che la manifestazione

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della volontà dei borghesi rivoluzionarii di Francianon era ai loro occhi, che la manifestazione delleleggi della volontà pura, della volontà qual’essadev’essere, della volontà umana per eccellenza.

Il lavoro dei letterati tedeschi si limitava a met-tere d’accordo le idee francesi con le loro vecchiecoscienze filosofiche, ovvero ad appropriarsi leidee francesi accomodandole al loro punto di vi-sta filosofico.

Questa appropriazione si fece nel medesimomodo che si assimila una lingua straniera per latraduzione.

Si sa in qual modo le monache sovrapponevanoai manoscritti degli autori classici del paganesi-mo, le assurde leggende dei santi cattolici. I lette-rati tedeschi agirono in senso inverso rimpetto allaletteratura francese. Per esempio al posto dellacritica francese della moneta, essi scrivevano: alie-nazione dell’essere umano, al posto della criticafrancese dello stato politico borghese, scrivevano,annichilamento del regno dell’universalità astratta.

Questa interpolazione della fraseologia filosofi-ca in mezzo alle teorie socialistiche francesi essila battezzavano: “Filosofia dell’azione. – Vero so-cialismo. – Scienza tedesca del socialismo. – Basefilosofica del socialismo, ecc.”

In tal modo si estrinseca completamente la let-teratura socialista e comunista francese.

E perché essa cessava, tra le mani degli Ale-

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manni, di essere l’espressione della lotta di unaclasse contro un’altra, il filosofo tedesco si felici-tava di essersi elevato al di sopra della strettezzafrancese, di avere rivendicato, non dei veri biso-gni, ma “il bisogno del vero,” di avere difeso, nonl’interesse del proletario, ma “gl’interessi dell’es-sere umano, dell’uomo in generale,” dell’uomoche non appartiene ad alcuna classe, ne ad alcu-na realtà, e che non esiste che nella confusionedella fantasia filosofica.

Questo socialismo tedesco, che prendeva sì so-lennemente sul serio i suoi goffi esercizi di scola-ro, e che si strombazzava così insolentemente,perdette tuttavia, poco a poco, la sua innocenzadi pedante.

La lotta della borghesia tedesca e principal-mente della borghesia prussiana contro la mo-narchia assoluta e feudale, in una parola il movi-mento liberale divenne più serio.

Di modo che il vero socialismo ebbe l’occasioned’opporre i reclami socialisti al movimento poli-tico. Esso poté lanciare gli anatemi tradizionalicontro il liberalismo, contro lo stato rappresenta-tivo, contro la concorrenza borghese, contro la li-bertà borghese della stampa, contro il diritto bor-ghese, contro la libertà e l’eguaglianza borghesi;esso poté predicare alle masse ch’esse non aveva-no nulla da guadagnare, ma al contrario tutto daperdere in questo movimento borghese.

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Il socialismo tedesco dimentica, ad un datomomento, che la critica francese, alla quale essofaceva scioccamente eco, presupponeva la so-cietà borghese moderna con le sue condizionimateriali di esistenza e una costituzione politicacorrispondente, presupponeva una serie di con-quiste, che per la Germania restano ancora dafarsi.

I governi assoluti della Germania con il lorocorteggio di preti, di pedagoghi, di gentiluomini,e di burocratici, si servirono di questo socialismocome di spauracchio per spaventare la borghesìache ingrandiva.

Esso formò l’insipienza, compimento dei terri-bili colpi di frusta e di piombo, con i quali questistessi governi repressero le sollevazioni deglioperai tedeschi.

Se il vero socialismo divenne in tal modo un’ar-ma nelle mani dei governi, esso, inoltre, rappre-senta direttamente un interesse reazionario, l’in-teresse dei piccoli borghesi. La classe dei piccoliborghesi, trasmessa dal decimosesto secolo, ed’allora in poi incessantemente rinascente, costi-tuisce, per la Germania, la vera base sociale dellecondizioni esistenti.

Il mantenerla è mantenere le condizioni tede-sche attuali con la dominazione industriale e po-litica della borghesia: questa classe di piccoli bor-ghesi intravede la sua distruzione, per una parte,

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dall’accentramento dei capitali, per un’altra par-te, dalla formazione d’un proletariato rivoluzio-nario. Il vero socialismo era una pietra, che am-mazzava questi due uccelli in una volta. Esso sipropagava come un’epidemia.

Il vestito, tessuto con i fili immateriali dellaspeculazione, ricamato dei fiori del bello spirito,e saturato d’una rugiada sentimentale; il vestitoiperfisico, nel quale i socialisti tedeschi involge-vano qualche magra loro verità eterna, fu unastrombazzatura che attivò la vendita della loromercé presso questo genere di avventori.

Dal canto suo il socialismo tedesco compresedi meglio in meglio, che la sua vocazione era direstare il rappresentante magniloquente di que-sta piccola borghesia.

Esso proclama la nazione tedesca, la nazionenomale, ed il filisteo tedesco l’uomo normale. Es-so diede a tutte le loro infamie un senso mistico,un senso socialista ed elevato che le facevano ap-parire il contrario di quello che erano. Esso tiròl’ultima conseguenza elevandosi contro la ten-denza “brutalmente distruggitrice” del comuni-smo, e dichiarandosi al disopra di tutti i partiti edi tutte le lotte di classe.

Fattavi qualche eccezione, tutte le pubblicazio-ni sedicenti socialiste e comuniste che circolanoin Germania, appartengono a questa indecente esnervata letteratura.

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2. Il socialismo conservatore borghese

Una parte della borghesia cerca di portare rime-dio ai mali sociali, allo scopo di assicurare l’esi-stenza della società borghese.

In questa categoria si classano gli economisti, ifilantropi, miglioratori della sorte della classeoperaia, gli organizzatori della beneficenza, iriformatori da gabinetto d’ogni categoria. E si èsino andati ad elaborare questo socialismo bor-ghese in sistemi completi.

Citiamo ad esempio, la filosofia della miseria diProudhon.

I socialisti borghesi vogliono conservare le con-dizioni di vita della società moderna, senza i pe-ricoli che ne derivano fatalmente. Essi voglionola società attuale, ma con la eliminazione deglielementi che la rivoluzionano e la dissolvono. Vo-gliono la borghesia senza il proletariato. La bor-ghesia, come di giusto, rappresenta il mondodov’essa domina, come il migliore dei mondi pos-sibili. Il socialismo borghese elabora un mezzo-sistema. Allorché esso invita il proletariato a rea-lizzare i suoi sistemi ed a fare la sua entrata nellanuova Gerusalemme, esso non fa altro, in fondo,che consigliarlo a stare attaccato alla società at-tuale, ma a sbarazzarsi degli odiosi concetti,ch’egli nutre a suo riguardo.

Una seconda forma di questo socialismo, meno

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sistematico, ma più pratico, cerca di disgustaregli operai d’ogni movimento rivoluzionario, di-mostrando loro, che non era tale o tal altro cam-biamento politico, ma soltanto una trasformazio-ne dei rapporti della vita materiale e delle condi-zioni economiche, che poteva profittar loro. No-tate, che per trasformazione dei rapporti mate-riali della società, questo socialismo non intendeparlare dell’abolizione dei rapporti di produzioneborghese, abolizione che non è possibile se noncon dei mezzi rivoluzionarii; ma semplicementedelle riforme amministrative che si compionosulla base stessa della produzione borghese, eche, per conseguenza, non toccano le relazionidel capitale e del salariato, ma che, nel migliorcaso, non fanno che diminuire le spese della suadominazione e semplificare l’amministrazionedello Stato per la borghesia.

Il socialismo borghese non raggiunge la suaespressione che là dove esso diviene una sempli-ce figura rettorica.

Libero scambio! nell’interesse della classe ope-raia; diritti prottetori! nell’interesse della classeoperaia: ecco la sua ultima parola, la sola parolaproferita seriamente dal socialismo borghese.

Poiché il socialismo borghese si riassumenell’affermazione, che i borghesi sono borghesinell’interesse della classe operaia.

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3. Socialismo e comunismo critico-utopista

Noi non trattiamo qui della letteratura che, mtutte le grandi rivoluzioni moderne, formola le ri-vendicazioni del proletariato (gli scritti di Ba-boeuf, ecc.)

I primi tentativi del proletariato eseguiti du-rante un periodo di effervescenza generale, du-rante il periodo del rovesciamento della societàfeudale, per fare immediatamente prevalere isuoi interessi di classe, dovevano necessaria-mente fallire prima, a causa dello stato embrio-nale del proletariato stesso, in seguito per l’as-senza delle condizioni materiali della sua eman-cipazione le quali non si sono prodotte che perl’èra borghese. La letteratura rivoluzionaria diquesti primi movimenti del proletariato, nascon-de necessariamente un fondo reazionario. Essapreconizza un ascetismo generale ed un grosso-lano egualitarismo.

I sistemi socialisti e comunisti propriamentedetti, i sistemi di Saint Simon, di Fourier, diOwen, ecc., fanno la loro comparsa nel primo pe-riodo della lotta tra proletariato e borghesia, pe-riodo descritto poco fa – (V. Borghesia e Proleta-riato.)

Gl’inventori di questi sistemi si rendono benconto dell’antagonismo di classe, come puredell’azione degli elementi dissolventi della so-

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cietà dominante stessa. Ma non vedono aucoradal lato del proletariato ne un’azione storicaspontanea, ne un movimento politico che gli siaproprio.

Come lo sviluppo dell’antagonismo di classecammina a fianco dello sviluppo dell’industria,essi non trovano neppure le condizioni materialidell’emancipazione del proletariato, ma si metto-no in cerca di una scienza sociale, di leggi sociali,allo scopo di creare queste condizioni.

Al posto dunque dell’azione sociale, sono co-stretti di mettere la loro attività cerebrale e per-sonale; al posto delle condizioni storiche dellaemancipazione, delle condizioni fantastiche; alposto dell’organamento naturale e graduale delproletariato in classe, un organismo di societàfabbricato interamente da essi medesimi. La fu-tura storia del mondo si risolve per loro nellapropaganda e nell’attuazione pratica dei loro pia-ni di società.

Nei loro piani, tuttavia, essi hanno la coscienzadi difendere, innanzi tutto, gl’interessi della clas-se operaia, perché essa è la classe più sofferente.

La classe operaia non esiste per essi che sottol’aspetto di classe più sofferente.

Ma, come comportano la forma poco sviluppa-ta della lotta di classe e la loro posizione sociale,essi si considerano bene al disopra d’ogni antago-nismo di classe. Essi desiderano migliorare le

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condizioni materiali della vita per tutti i membridella società, anche dei più fortunati. Per conse-guenza essi fanno appello alla società intera, sen-za distinzione, o piuttosto s’indirizzano di prefe-renza alla classe dominante. Poiché si tratta sol-tanto di comprendere il loro sistema per ricono-scere subito, che è il migliore di tutti i piani pos-sibili della migliore società possibile.

Essi respingono dunque ogni azione politica esopratutto qualunque azione rivoluzionaria; essicercano di raggiungere il loro scopo con mezzipacifici, e procurano di agevolare il cammino alnuovo evangelo

sociale con la forza dell’esempio, con delleesperienze in piccolo, che necessariamente sonocondannate all’insuccesso.

La pittura fantastica della società futura, in unperiodo in cui il proletariato, poco sviluppato an-cora, intravede la sua posizione d’una manierafantastica, corrisponde alle prime aspirazioniprofetiche ed indefinite degli operai verso unacompleta trasformazione della società.

Ma gli scritti socialisti e comunisti racchiudo-no essi pure degli elementi di critica. Essi attac-cano la società esistente alle sue basi. Essi forni-rono per conseguenza, nei loro tempi, dei mate-riali di un grande valore per l’istruzione deglioperai. Le loro proposte relative alla società futu-ra, come la fusione della città e della campagna,

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l’abolizione della famiglia, del guadagno privatoe del lavoro salariato; la proclamazione dell’ar-monia sociale, della trasformazione dello Statoin una semplice amministrazione della produzio-ne; tutte queste proposte non fanno che esprime-re la scomparsa dell’antagonismo di classe, anta-gonismo che incomincia soltanto a disegnarsi, edi cui fattori di sistemi non conoscono ancora chela prima fase informe ed indeterminata. Cosìqueste proposte non hanno ancora che un sensopuramente utopistico.

L’importanza del socialismo e del comunismocritico-utopista è in ragione opposta dello svilup-po storico. A misura che la lotta di classe si ac-centua e prende una forma, questo fantastico di-sprezzo per la lotta, questa fanatica opposizionealla lotta, perdono qualunque valore pratico,qualunque giustificazione teorica. Ed è perciòche, se sotto diversi rapporti, i fondatori di questisistemi erano dei rivoluzionari, le sètte formatedai loro discepoli sono sempre reazionarie; poi-ché questi discepoli si ostinano ad opporre i vec-chi concetti dei padroni all’evoluzione storica delproletariato. Essi cercano dunque, in nome dellalogica, di rintuzzare la lotta di classe e di armo-nizzare gli antagonismi. Essi sognano sempre larealizzazione sperimentale delle loro utopie so-ciali, lo stabilimento di falansteri! isolati, la crea-zione di colonie all’interno, e la fondazione di

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piccole Icarie – edizione in dodicesimo della nuo-va Gerusalemme; – ma, per arrivare a costruiretutti questi castelli in aria, si vedono costretti difare appello alla filantropia delle saccoccie e deicuori borghesi.

Poco a poco essi cadono nella categoria deisocialisti reazionarii o conservatori dipinta po-co fa, e non si distinguono più che per una pe-danteria più sistematica, e per una fede super-stiziosa nell’efficacia miracolosa della loroscienza sociale.

Essi si oppongono dunque con furore ad ognimovimento politico della classe operaia, che nonpuò provenire che dalla sua perfetta mancanza difede nel nuovo evangelo.

Gli Owenisti in Inghilterra, i Fourieristi inFrancia reagiscono, là contro i Costituzionali,qui contro i Riformisti.

4. Posizione dei comunisti a petto dei differentipartiti dell’opposizione

Secondo ciò che abbiam detto sopra (vedi sezio-ne seconda), la posizione dei comunisti di controai partiti operai, di già costituiti, si spiega da sestessa, e quindi le loro relazioni con i costituzio-nali in Inghilterra, e con i riformatori agrarinell’America del Nord.

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I comunisti combattono per iscopi ed interessiimmediati della classe operaia, ma difendendo ilmovimento attuale, rappresentano, nello stessotempo il movimento dell’avvenire.

In Francia i comunisti si collegano col partitodemocratico-socialista, contro la borghesia con-servatrice e radicale, riservandosi il diritto di cri-ticare le frasi e le illusioni ereditate dalla tradi-zione rivoluzionaria.

In Svizzera essi appoggiano i radicali, senza di-sconoscere che questo partito si compone di ele-menti contradditorii, metà di democratici-socia-listi, nell’accezione francese della parola, metà diborghesi radicali.

In Polonia, i comunisti sostengono il partitoche scorge in una rivoluzione agraria le condizio-ni della liberazione nazionale, cioè il partito chefece la rivoluzione di Gracovia nel 1846.

In Alemagna, il partito combatté con la borghe-sia tutte le volte che la borghesia agì rivoluziona-riamente verso la proprietà fondiaria feudale, e lapiccola borghesia.

Ma giammai, in nessun momento, questo par-tito trascura di sviluppare negli operai una co-scienza chiara e netta dell’antagonismo profon-do, che esiste tra la borghesia ed il proletariato,affinché, giunta che sia l’ora, gli operai tedeschisappiano convertire le condizioni sociali e poli-tiche create dal regime borghese, in altrettante

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armi contro la borghesia, di modo che, appenale classi reazionarie della Germania siano di-strutte, la lotta possa impegnarsi tra la borghe-sia stessa.

È sulla Germania sopratutto, che i comunistidirigono la loro attenzione, perché la Germaniasi trova alla vigilia di una rivoluzione borghese, eperché essa effettuerà questa rivoluzione nellecondizioni più avanzate della civiltà europea, econ un proletariato infinitamente più sviluppatodi quello che possedevano l’Inghilterra e la Fran-cia nel XVII e XVIII secolo, e per conseguenza larivoluzione borghese tedesca non potrà essereche il breve preludio d’una rivoluzione proletaria.

Insomma, i comunisti appoggiano dappertuttoqualunque movimento rivoluzionario contro lostato di cose sociali e politiche esistenti.

In tutti questi movimenti essi mettono innanzila questione della proprietà, quale che sia la for-ma più o meno sviluppata ch’essa abbia rivestita,come la questione fondamentale del movimento.

Infine, i comunisti lavorano per l’unione e perl’accordo dei partiti popolari di tutti i paesi.

I comunisti non si abbassano a dissimulare leloro opinioni ed i loro fini. Essi proclamano alta-mente che questi fini non potranno essere rag-giunti senza il rovesciamento violento d’ogni or-dine di cose attuale.

Che le classi dominanti tremino pure all’idea

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d’una rivoluzione comunista. I proletarii nonhanno nulla a perdere, all’infuori delle loro cate-ne: essi hanno un mondo da guadagnare.

Proletari di tutti i paesi unitevi!

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Fondazione Giangiacomo Feltrinelli

La Fondazione Giangiacomo Feltrinelli è uno deimaggiori centri di documentazione e di ricercaattivi in Europa nell’ambito della ricerca storico-sociale contemporanea.

Costituita da Giangiacomo Feltrinelli allo scopodi raccogliere documentazione sul movimentooperaio e socialista a livello internazionale, la bi-blioteca si è accresciuta con ingenti acquisti difondi archivistici e librari sul mercato antiquario.

Dotata di una ricca biblioteca di collezioni diperiodici e di monografie, di rarità antiquarie edi manoscritti, di fondi archivistici e manoscritti,la Fondazione Feltrinelli è un centro di primariaimportanza per le scienze sociali, le disciplinestoriche, economiche, politiche e sociali e per lostudio delle società moderne.

Orari della sala di lettura Lunedi: chiusoMartedi-Giovedi: 10.30 – 17.30 (orario continuato)Venerdi: 09.00 – 13.00Sabato-Domenica: chiuso

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Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, via GianDomenico Romagnosi 3, 20121 MilanoTel.: 02-874175 – 02-8693911 Fax: +39-2-86461855e-mail: [email protected]/fondazione

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Il testo ritrovato

Dal ricchissimo archivio della Fondazione, la ri-proposta di testi ed estratti da volumi, soprattuttoprime edizioni o edizioni rare, assolutamente in-trovabili sul mercato o impossibili da sfogliare per-ché troppo fragili, scaricabili in formato e-book.

Lista titoli

Autori vari, No alla guerra! Le sinistre europee e laquestione della pace 1905-1935

Jean Baptiste D’Alembert, Essai sur la société desgens de lettres et des grands

Salvador Allende, Discorso alle donne per la de-mocrazia

Anna Kuliscioff, Il monopolio dell’uomoKarl Marx, Enquête ouvrièreAngelo Tasca, Interviste sul fascismoFilippo Turati, Le problème du fascisme