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Stagione 2018 - 2019 Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino OSNrai orchestrasinfonicarai orchestraRai osn.rai.it 16 11-12/4 giovedì 11 aprile 2019 ore 20.30 venerdì 12 aprile 2019 ore 20.00 Nikolaj Szeps-Znaider direttore Seong-Jin Cho pianoforte Janáček Ravel Dvořák

16 11-12/4 - Rai Cultura · 2019-04-11 · e Taras Bulba rimase per tre anni nel cassetto di Janáček, che lo rimaneggiò fino al 29 maggio 1918. In questa versione fu eseguito per

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Stagione 2018 - 2019Auditorium Rai “Arturo Toscanini”, Torino

OSNrai

orchestrasinfonicarai

orchestraRai

osn.rai.it

16 11-12/4giovedì 11 aprile 2019 ore 20.30venerdì 12 aprile 2019 ore 20.00

Nikolaj Szeps-Znaider direttoreSeong-Jin Cho pianoforte

Janáček RavelDvořák

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GIOVEDÌ 11 APRILE 2019 ore 20.30

VENERDÌ 12 APRILE 2019 ore 20.00

Nikolaj Szeps-Znaider direttoreSeong-Jin Cho pianoforte

Leoš Janáček (1854-1928)Taras Bulba, rapsodia per orchestra (1910)

La morte di Andrij. Moderato quasi recitativo - AndanteLa morte di Ostap. Moderato - AllegroLa profezia e la morte di Taras Bulba. Con moto - Maestoso

Durata: 23’ ca.

Maurice Ravel (1875-1937)Concerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra (1929-1931)

Allegramente - Meno vivo - Tempo I - Andante - Cadenza - Tempo I

Adagio assai Presto

Durata: 23’ ca.

Antonín Dvořák (1841-1904)Sinfonia n. 9 in mi minore op. 95 Dal Nuovo Mondo (1892-1893)

Adagio - Allegro moltoLargo - Un poco più mosso - Meno mosso. Tempo IScherzo. Molto vivace - Poco sostenuto -

Molto vivace - CodaAllegro con fuoco - Un poco sostenuto - Tempo I

Durata: 40’ ca.

16°

Il concerto di giovedì 11 aprile è trasmesso in diretta su Radio3 per Il Cartellone di Radio3 Suite.

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Leoš JanáčekTaras Bulba, rapsodia per orchestra

Leoš Janáček era un acceso nazionalista, e prese parte direttamente anche agli incidenti scoppiati a Brno nel 1905 in occasione dell’apertura dell’Università in lingua ceca. Negli scontri con la minoranza di lingua tedesca, spalleggiata e protetta dall’esercito austro-ungarico, rimase ucciso un giovane, a cui Janáček rese onore con una sonata per pianoforte che reca nel titolo la data del suo sacrificio, 1.X.1905. Per gli irredentisti cechi, che si sentivano slavi, la grande madre Russia rappresentava una speranza di riscatto. Janáček amava la lingua e la letteratura russa, soprattutto Gogol’, al punto di mandare i figli a studiare a San Pietroburgo. L’eroismo di quelle giornate di ottobre accesero nel pugnace musicista il desiderio di scrivere un lavoro orchestrale ispirato a uno dei più famosi romanzi di Gogol’, Taras Bulba, un progetto covato a lungo prima di iniziare concretamente a comporre la partitura, che fu terminata il 2 luglio 1915, il giorno precedente al sessantunesimo compleanno. Non era una data neutra, per salutare il suo primo, significativo lavoro per orchestra. La guerra tra Austria e Russia era scoppiata nell’agosto precedente, e per tutto l’anno la situazione sul fronte orientale rimase estremamente caotica, con continui spostamenti di truppe e rovesci subiti da entrambi gli eserciti. Janáček, segretamente, come la maggior parte dei nazionalisti cechi, avevano salutato con gioia l’avanzata delle truppe russe. In una situazione politica così tesa e incerta, rendere pubblico un lavoro ispirato a un eroe del popolo russo era impensabile, e Taras Bulba rimase per tre anni nel cassetto di Janáček, che lo rimaneggiò fino al 29 maggio 1918. In questa versione fu eseguito per la prima volta a Brno nel 1921, ma la partitura dovette attendere fino al 1927 per vedere la luce, con ulteriori cambiamenti apportati fino all’ultimo dall’anziano maestro. La storia violenta e sanguinaria di Taras Bulba, evidentemente, colpì la fantasia di Janáček per l’abbondanza di colore locale e di folklore romantico, la stessa ragione per cui, viceversa, Vladimir Nobokov, grande ammiratore del Gogol’ maturo, rimaneva del tutto indifferente davanti alle storie di Mirgorod: «Quando voglio un buon incubo, immagino Gogol’ che riempie nel dialetto della Piccola Russia volumi su volumi di roba tipo Dikan’ka e Mirgorod, con fantasmi che infestano le rive del Dniepr, buffoni ebrei e affascinanti cosacchi». La scena è ambientata nell’Ucraina del XVI secolo, allora sotto il dominio della Polonia. Il fiero cosacco Taras Bulba non solo si getta nella lotta per l’indipendenza, ma spinge i due figli appena adolescenti, Andrij e Ostap, a immolarsi sul campo di battaglia. La rapsodia di Janáček intende dipingere il sacrificio

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di questa famiglia di cosacchi, per mettere in luce come nessun tallone repressivo è in grado di schiacciare la vitalità della nazione russa, e per analogia della nazione ceca. I tre quadri della rapsodia raccontano ciascuno la morte dei tre personaggi. Andrij è ucciso dal padre stesso, che punisce la diserzione del figlio per amore di una nobile fanciulla polacca. La tragedia vissuta da Taras Bulba si traduce in una musica grigia e dolorosa (“dolce, con dolore” è l’indicazione espressiva sul tema iniziale del corno inglese), frammentata ed epigrammatica, nello stile armonico e ritmico pungente tipico dell’autore. In Taras Bulba, Janáček applica per la prima volta a un lavoro orchestrale quel linguaggio idiomatico frutto delle ricerche sulla musica popolare morava, che aveva già reso originale e potente il suo teatro musicale a cominciare da Jenůfa. Qui, senza l’aiuto di un testo, la musica esplora i contrastanti stati d’animo e il turbine delle passioni senza ricorrere alle forme e alla grammatica della musica romantica ottocentesca. Il secondo figlio, Ostap, è catturato dai Polacchi, che lo giustiziano in piazza a Varsavia dopo averlo crudelmente torturato. Il padre assiste allo scempio, nascosto in mezzo alla folla, e nell’ultimo pannello guida i cosacchi nel cuore della Polonia per vendicare la morte del figlio. Fatto prigioniero a sua volta, Taras Bulba è condannato a bruciare sul rogo. Qui Gogol’ scrive le parole che Janáček non poteva dimenticare: «Ma c’è nel mondo un fuoco, una tortura, un potere in grado di sopraffare la forza russa?». La risposta di Janáček è inequivocabile, nella solenne epigrafe scolpita sulla partitura dal suono dell’organo e delle campane nell’ampia coda, che suggella il martirio del protagonista con la visione profetica della resurrezione dell’indomabile spirito del popolo russo. Il sapore del racconto si sprigiona da una partitura di grande vivacità descrittiva, nel solco dei lavori di Smetana e di Strauss, anche se l’autore l’ha definita rapsodia e non poema sinfonico, con l’aggiunta di una fantasia e di un’immaginazione coloristica di sconcertante modernità, in grado di restituire agli strumenti una verginità sonora con combinazioni timbriche sorprendenti e una tinta di volta in volta ruvida e fiabesca, asciutta e visionaria. Valga come esempio il guizzo sarcastico del clarinetto in mi bemolle, nella morte di Ostap, per definire la grottesca mazurka che simboleggia l’osceno trionfo dei perfidi Polacchi sull’inerme ragazzo. La scrittura di Janáček si distingue per la libertà espressiva e per il carattere indipendente dell’invenzione, che non è legata al tematismo narrativo di origine wagneriana. Il senso della forma nasce dal puro istinto, e dal primato del suono. Janáček prende il poema sinfonico di Strauss, e lo sciacqua nel mondo sonoro di Stravinskij, con esiti di forza espressiva pienamente novecentesca.

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Maurice RavelConcerto in sol maggiore per pianoforte e orchestra

Ravel, uno dei maestri dell’orchestra del Novecento, ha lasciato in realtà un numero abbastanza limitato di lavori concepiti fin dall’inizio per orchestra. Tra questi spicca il Concerto per pianoforte, la penultima partitura della sua produzione. L’idea di scrivere un concerto per il suo strumento risale all’estate del 1929, mentre Ravel stava lavorando al Concerto per la mano sinistra dedicato al pianista austriaco Paul Wittgenstein. Considerato il successo internazionale della sua musica, Ravel aveva immaginato di scrivere un lavoro da presentare lui stesso come solista nei “cinque continenti”, come diceva per scherzo agli amici. I sintomi della malattia neurologica degenerativa che lo porteranno a morire nel 1937, tuttavia, avevano già cominciato a manifestarsi, e la stesura del Concerto risultò molto più faticosa e sfibrante del previsto. Ravel, spossato, dovette rinunciare a interpretare il lavoro, scritto e tagliato su misura per sé stesso. Affidò a malincuore il delicato compito alla fedelissima Marguerite Long, limitandosi a dirigere l’orchestra dei Concert Lamoureux, il 14 gennaio 1932. A differenza del Concerto per la mano sinistra, scritto con il piacere intellettuale di affrontare problemi in apparenza insormontabili, il Concerto in sol maggiore rispecchia la padronanza di sé, l’equilibrio ironico e il senso dell’umorismo della personalità di Ravel, che prima di scrivere il Concerto aveva intrapreso un viaggio negli Stati Uniti. «Ravel non è né giovane né robusto – raccontava il critico Olin Downes al pubblico americano – Il suo modo di pensare, acuto e sviluppato in sommo grado, non è quello di un popolo esuberante e nel fiore della giovinezza, e neppure, forse, appartiene ad alcuna civiltà moderna. Così come la sua arte, egli è strutturato in modo raffinato e meticoloso. Vivere può non essere facile per lui. Eppure le sue qualità lo sostengono».La scrittura del Concerto riflette le impressioni della musica americana, che Ravel ebbe modo di conoscere di prima mano e nella sua forma autentica. Nel primo movimento, Allegramente, la scrittura abbonda di blue notes e di sfumature swing, inserite in un contesto formale di limpida architettura neoclassica. Ravel sembra esprimere in maniera ironica il disagio di sentirsi schiacciato tra le maschere metafisiche di Stravinskij (la vivace visione della foire di Petruska nell’esposizione) e le sirene del jazz, anche se le profonde radici francesi della sua musica lo proteggono dal pericolo di un vuoto eclettismo. Il suo stile, infatti, pur accogliendo influssi disparati, resta sempre l’espressione di una personalità incline alla chiarezza e alla forma razionale. Lo

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spirito elegante della sua scrittura si manifesta per esempio nella maniera fantasiosa ma perfettamente logica con la quale viene preparata la cadenza del pianoforte. Un corno solista riprende una delle frasi più espressive dell’esposizione in un registro acuto innaturale, in mezzo a un vortice di scale rapidissime dei legni.Mozart, invece, è il modello dichiarato dell’Adagio assai, che si apre con una semplice e incantevole melodia del pianoforte. La scrittura però è tutt’altro che ingenua. La mano sinistra infatti sembra seguire il canto con un ritmo diverso da quello indicato, 6/8 contro 3/4. Questa delicata poliritmia conferisce al movimento un lieve disequilibrio, che impedisce all’espressione cantabile di cadere nella retorica sentimentale. A differenza del contemporaneo Concerto per la mano sinistra, scritto in un unico torso, il Concerto in sol è articolato in sezioni ben proporzionate. La tonalità dell’Adagio, mi maggiore, rappresenta un’antitesi al campo armonico dei due movimenti esterni, sol maggiore. L’equilibrio interno ed esterno delle varie parti non ha mai un carattere drammatico, ma poggia sul ritmo e sul colore orchestrale. Il Presto finale mescola infine come in un circo le piroette degli acrobati e le buffonerie del clown, in uno spettacolo pianistico di volta in volta tenero e grottesco, sul quale calava il sipario, senza saperlo, anche del mondo di Ravel.

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Antonín DvořákSinfonia n. 9 in mi minore op. 95 Dal Nuovo Mondo

La fama della Sinfonia in mi minore è accompagnata da una cospicua mole di documenti (quaderni d’appunti, lettere, testimonianze, articoli di giornale eccetera), che consentono di ricostruire in dettaglio le varie fasi della sua genesi. Le lacune riguardano casomai il giudizio critico sul suo autore, che fino a non molti anni fa era ancora additato come un campione dello stile facile e del cattivo gusto. L’evento più noto della vita di Dvořák consiste nella breve ma cruciale avventura negli Stati Uniti, tra il 1892 e il 1895. Dvořák ricevette il 5 giugno 1891 un telegramma, con la proposta sbalorditiva di dirigere il Conservatorio Nazionale di Musica di New York. La firma recava il nome di Jeannette Thurber, moglie di un facoltoso uomo d’affari, e intraprendente mecenate delle arti e della musica. La scelta poteva sembrare sorprendente. Mrs. Thurber aveva studiato al Conservatorio di Parigi, dove manteneva eccellenti relazioni con l’ambiente musicale. Inoltre, tra i musicisti europei, parecchi nomi superavano quello di Dvořák nella stima del pubblico americano. La sua reputazione, infatti, si stava affermando solo da poco negli Stati Uniti, grazie all’attivismo e alle influenti relazioni del suo editore inglese Henry Littleton. Le ragioni che indussero Mrs. Thurber a insistere sul nome di Dvořák sono da cercare, forse, nel disegno culturale coltivato dai sostenitori del progetto del Conservatorio Nazionale. Nei più influenti circoli culturali di New York, a differenza dell’europeista Boston, si riteneva che una musica nazionale sarebbe nata solo se i giovani musicisti avessero imparato a esprimere uno stile nutrito di elementi autenticamente “americani”. Il consiglio d’amministrazione del Conservatorio, per esempio, non riponeva alcuna fiducia nei musicisti americani attivi all’epoca, formati per lo più in Europa e imbevuti d’ideali artistici del vecchio continente. Boston, che rappresentava invece le tendenze più accademiche, fu non a caso la città meno benevola verso la Sinfonia Dal nuovo mondo. Agli occhi degli sponsor newyorkesi Dvořák aveva il merito, rispetto alla maggior parte dei suoi colleghi più affermati, di essersi svincolato dall’egemonia della musica tedesca senza rinunciare al linguaggio del mondo classico. Il suo moderato nazionalismo, unito a uno stile essenzialmente conservatore, rappresentava per l’appunto la strada che Mrs. Thurber auspicava d’imboccare anche per la musica americana. Le prime dichiarazioni di Dvořák, una volta preso possesso del nuovo incarico, lasciavano intuire la piega degli eventi. Tra maggio e giugno del 1893, il giornalista James Creelman, una

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figura di spicco del cosiddetto Yellow Journalism, il giornalismo spregiudicato e leggendario dei Citizen Kane, scrisse una serie di articoli per il New York Herald per divulgare il credo artistico del nuovo direttore. Nel primo, intitolato Real Value of Negro Melodies, Dvořák parla dei canti gospel nati nelle piantagioni: «Queste sono le canzoni popolari dell’America, e voi compositori dovete ispirarvene. In queste melodie negre, scorgo tutto ciò che è necessario per una grande e nobile scuola musicale». Le opinioni di Dvořák, che suscitarono un vespaio di polemiche, in fondo rispecchiavano le idee delle molteplici scuole nazionali fiorite un po’ ovunque in Europa, spia di un malessere che stava minando la struttura politica dei due grandi imperi multietnici, quello asburgico e quello russo. Creelman, avido appassionato di musica, soffiava sul fuoco per sostenere la linea di Dvořák, e Mrs. Thurber annunciò proprio in quell’anno che il Conservatorio avrebbe accolto gratuitamente gli studenti di colore meritevoli. La voce autorevole di Dvořák rappresentava l’arma migliore per la loro battaglia, soprattutto se fosse stata accompagnata da efficaci riscontri anche sul piano artistico. Dvořák, infatti, aveva iniziato in gennaio una nuova Sinfonia, portata a termine il 24 maggio a New York. Gli spirituals conosciuti tramite il suo affezionato allievo di colore Harry Thacker Burleigh, e il mondo dei nativi americani evocato dalla poesia di Henry W. Longfellow ispirarono in maniera significativa l’ultimo lavoro sinfonico di Dvořák, specie nell’incantevole lirismo del Largo. Preparata abilmente dalla stampa amica, e salutata da un’eloquente recensione dello stesso Creelman, la prima esecuzione della Sinfonia in mi minore, alla Carnegie Hall con la New York Philharmonic Orchestra diretta da Anton Seidl, il 16 dicembre 1893, suscitò un trionfo “à la Mascagni”, come raccontò divertito Dvořák in una lettera all’editore Simrock. Mentre a New York la Sinfonia era salutata come un evento storico, il critico musicale del Boston Journal, Peter Hale, osservava invece con ironia che «i negri incontrati da Mr. Dvořák avevano la singolare abitudine di fischiettare motivi scozzesi e boemi». Il lavoro, infatti, è cosparso di melodie pentatoniche e di temi modali, che tuttavia sono largamente diffusi in tutte le tradizioni musicali, quindi l’insistenza sulle origini gospel della Sinfonia, specie per quanto riguarda la melodia del corno inglese del secondo movimento, Largo, sembra più un punto di vista ideologico che una fondata osservazione critica. Resta il fatto che l’elemento più caratteristico della Sinfonia è il vigoroso richiamo dei corni all’inizio dell’Allegro molto, dopo l’Adagio introduttivo, un motto che ritorna ciclicamente nel corso del lavoro. Dvořák, pur non abbandonando la logica razionale

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delle forme musicali astratte, è chiaramente tentato dal linguaggio narrativo, e inscena una sorta di racconto strumentale che si snoda nei quattro movimenti. Il motto, infatti, riaffiora in contesti musicali diversi, ora eroici, come nel primo movimento, ora lirici ed elegiaci come nel Largo successivo, ora drammatici come nello scherzo Molto vivace, legando assieme i vari episodi all’interno di un unico disegno narrativo. Cambia, e molto, il paesaggio armonico. Il Largo, per esempio, è immerso nella penombra della tonalità di re bemolle maggiore, che contrasta in maniera netta con l’assertivo finale in mi minore del movimento precedente. Per ammorbidire l’urto di questo passaggio, la melodia del corno inglese è preparato da una serie di sette accordi scuri e profondi, che evocano il respiro della foresta. L’idea narrativa è molto legata, invece, al movimento successivo, che prende spunto dal materiale abbozzato per un’opera tratta da The Song of Hiawatha di Longfellow. Il progetto non prese forma, ma qualche spunto fu riversato nella Sinfonia in mi minore, visto che la danza indiana di Pau-Puk-Keewis serve da tema per lo scherzo. L’impressione di una storia che giunge al termine è ancor più evidente nel focoso finale, dove i principali temi dei precedenti movimenti si ritrovano assieme come in una movimentata riunione di famiglia. Le loro fisionomie si accavallano nell’ampia sezione di sviluppo, fino a sfociare in un eccitante culmine espressivo. Le divergenze tra l’appassionato tema del finale, Allegro con fuoco, e il motto eroico dei corni si appianano alla fine con una coda che lascia spazio a entrambi, ma senza trionfalismi, come a suggerire che la stretta di mano e l’accordo di mi maggiore che suggella il loro patto, sono tutt’altro che un risultato definitivo.

Oreste Bossini

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Nikolaj Szeps-Znaider

La stagione 2017/18 ha visto Nikolaj Szeps-Znaider tenere acclamate esibizioni alla guida della Chicago Symphony, della New York Philharmonic, della London Symphony, della Detroit Symphony e della Cleveland Orchestra. Nel corso di questa stagione e nella prossima, Nikolaj Szeps-Znaider tornerà all’Orchestre National de Lyon, alla Detroit Symphony, alla Montreal Symphony, alla City of Birmingham Symphony, alla Chicago Symphony e alla Filarmonica del Lussemburgo, e amplierà la lista dei Teatri dell’Opera con cui collabora come direttore, debuttando con la Semperoper di Dresda e con l’Opera di Amburgo. Nikolaj Szeps-Znaider prosegue inoltre il suo “Progetto Nielsen” che prevede la direzione e registrazione delle Sinfonie complete del compositore, insieme all’Odense Symfoniorkester. Nikolaj Szeps-Znaider si esibisce come Artist in Residence con l’Orchestra Sinfonica di Vienna sia come violinista solista sia come direttore, con una serie di concerti che prevede anche il suo debutto come direttore al Musikverein e un tour europeo con Philippe Jordan.Nikolaj Szeps-Znaider ha una collaborazione particolarmente intensa con la London Symphony Orchestra, sia come direttore sia come solista, con la quale ha recentemente registrato due CD, per l’etichetta LSO Live, con l’integrale dei Concerti per violino di Mozart. La sua ampia discografia include anche il Concerto di Nielsen con Alan Gilbert e la New York Philharmonic, il Concerto in si minore di Elgar con il compianto Sir Colin Davis e la Staatskapelle di Dresda, registrazioni pluripremiate dei Concerti di Brahms e Korngold con Valerij Gergiev e la Filarmonica di Vienna, i Concerti di Beethoven e Mendelssohn con Zubin Mehta e la Filarmonica d’Israele, il Concerto n. 2 di Prokof’ev e il Concerto di Glazunov con Mariss Jansons e la Bayerischen Rundfunks, il Concerto di Mendelssohn con Riccardo Chailly e l’Orchestra della Gewandhaus di Lipsia (DVD); ha anche registrato le opere complete di Brahms per violino e pianoforte con Yefim Bronfman.Nikolaj Szeps-Znaider è un attivo sostenitore delle nuove generazioni di talenti musicali e ha trascorso dieci anni come fondatore e direttore artistico alla scuola estiva annuale della Nordic Music Academy. Attualmente è Presidente del Concorso “Nielsen”, che si tiene ogni tre anni a Odense, in Danimarca.

Foto di Lars Gundersen

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Seong-Jin ChoSeong-Jin Cho si è contraddistinto nel panorama musicale internazionale nell’ottobre del 2015, quando ha vinto il primo premio al Concorso “Chopin” di Varsavia. Quattro anni prima, a soli diciassette anni, si era classificato terzo al Concorso “Čajkovskij” di Mosca. Collabora con rinomati direttori d’orchestra quali Simon Rattle, Valerij Gergiev, Esa-Pekka Salonen, Vladimir Aškenazi, Yurij Temirkanov, Krzysztof Urbanski, Fabien Gabel, Marek Janowski, Vasílij Petrénko, Jakub Hrůša, Leonard Slatkin e Mikhail Pletnëv. Si esibisce con orchestre del calibro dell’Orchestra Reale del Concertgebouw, l’Orchestre de Paris, la London Symphony Orchestra, l’Orchestra del Teatro Mariinskij, i Münchner Philharmoniker, la Rundfunk Sinfonieorchester di Berlino, l’Orchestre Philharmonique de Radio France, l’Orchestra Sinfonica della NHK, la Filarmonica di Seoul, la Filarmonica Ceca, l’Orchestra del Festival di Budapest, l’Orchestra Nazionale Russa, la Sinfonica di Detroit, la NDR Elbphilharmonie Orchester, l’Orchestra Sinfonica Nazionale della Rai e la Hessischer Rundfunk Sinfonieorchester. Seong-Jin Cho si esibisce nelle sale da concerto più prestigiose del mondo. Nella stagione 2018/19 torna sul palco della Carnegie Hall come parte della serie Keyboard Virtuoso e al Concertgebouw di Amsterdam nella serie Master Pianists; suona inoltre alla Berlin Philharmonie Kammermusiksaal (serie di concerti dei Berliner Philharmoniker), alla Francoforte Alte Oper, alla Los Angeles Walt Disney Hall, alla Tonhalle di Zurigo, al Konserthuset di Stoccolma, al Prinzregententheater di Monaco, al Festival de La Roque d’Anthéron, al Festival di Verbier, al Gstaad Menuhin Festival e al Festival di Rheingau.Durante le prossime due stagioni, suonerà con la London Symphony Orchestra e Gianandrea Noseda al Barbican Centre, con l’Orchestre Philharmonique de Radio France e Myung-Whun Chung, con la Philharmonie de Paris, con l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia e Antonio Pappano, con la Hong Kong Philharmonic e Jaap van Zweden, con la Pittsburgh Symphony Orchestra e Manfred Honeck, con l’Orchestra Sinfonica della Radio Finlandese e Hannu Lintu, con la Philadelphia Orchestra e Yannick-Nézet-Seguin, con l’Orchestra della Scala e Myung-Whun Chung e molte altre. Nel gennaio 2016, Seong-Jin Cho ha firmato un contratto di esclusiva con l’etichetta discografica Deutsche Grammophon. Il primo CD nato da questa collaborazione è stato pubblicato nel novembre del 2016 e comprende il Primo Concerto e le Quattro Ballate di Chopin eseguiti insieme alla London Symphony Orchestra e Gianandrea Noseda. Un CD con musiche per pianoforte solo di Debussy è stato pubblicato nel novembre 2017.  Nel 2018 ha pubblicato un CD con un programma di Mozart, tra cui il Concerto n. 20 in re minore K466, eseguito insieme alla Chamber Orchestra of Europe e Yannick-Nézet-Seguin.Nato nel 1994 a Seoul, Seong-Jin Cho ha iniziato a studiare pianoforte all’età di sei anni e si è esibito in pubblico per la prima volta cinque anni dopo. Attualmente vive a Berlino.

Foto di Harald Hoffmann

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Partecipano al concerto

Violini primi*Roberto Ranfaldi(di spalla)°Marco LambertiAntonio BassiConstantin BeschieruLorenzo BrufattoIrene CardoPatricia GreerMartina MazzonFulvia PetruzzelliFrancesco PunturoMatteo RuffoElisa SchackClaudia CurriDaniela GodioLorenzo Gugole

Violini secondi*Paolo GioloEnrichetta MartellonoValentina BussoPietro BernardinMichal ĎurišRodolfo GirelliPaolo LambardiCarola ZosiAlessia MeninElisa PapandreaEfix PuleoValentina RauseoCristiana Vianelli

Viole*Ula UlijonaMatilde ScarponiGiovanni Matteo BrascioluGiorgia CerviniFederico Maria FabbrisRiccardo FregugliaAlberto GioloAgostino MattioniDavide OrtalliClara Trullén-Sáez Greta XoxiMartina Anselmo

Violoncelli*Pierpaolo TosoMarco Dell’AcquaErmanno FrancoStefano BlancEduardo dell’OglioPietro Di SommaAmedeo FenoglioMichelangiolo MafucciCarlo PezzatiFabio Storino

Contrabbassi*Gabriele CarpaniSilvio AlbesianoAntonello LabancaAlessandra AvicoAlessandro BelliFriedmar DellerPamela MassaVincenzo Antonio Venneri

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Flauti*Dante MilozziPaolo FratiniFiorella Andriani

OttaviniFiorella AndrianiPaolo Fratini

Oboi*Nicola PatrussiTeresa Vicentini

Corno ingleseFranco Tangari

Clarinetti*Enrico Maria BaroniSimone Cremona

Clarinetto piccoloSimone Cremona

Fagotti*Andrea AzziCristian Crevena

ControfagottoBruno Giudice

Corni*Gabriele FalcioniMarco PanellaMarco PeciaroloMarco Tosello

Trombe*Roberto RossiAlessandro CaruanaDaniele Greco D’Alceo

Tromboni*Joseph BurnamDevid Ceste

Trombone bassoAntonello Mazzucco

TubaMatteo Magli

Timpani*Biagio Zoli

PercussioniCarmelo Giuliano GullottoAlberto OcchienaEmiliano Rossi

Arpa*Margherita Bassani

Organo*Giuseppe Allione

*prime parti°concertini

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www.sistemamusica.it è il nuovo portale della musica classica a Torino nel quale troverete notizie, appuntamenti e approfondimenti su concerti, spettacoli ed eventi realizzati in città. Dal sito è inoltre possibile acquistare on line i biglietti delle principali stagioni torinesi.

CONVENZIONE OSN RAI – VITTORIO PARKTutti gli abbonati, i possessori di Carnet e gli acquirenti dei singoli Concerti per la Stagione Sinfonica OSN Rai 2018-2019 che utilizzeranno il VITTORIO PARK di PIAZZA VITTORIO VENETO nelle serate previste dal cartellone, ritirando il tagliando di sconto presso la biglietteria dell’Auditorium Rai “A. Toscanini”, avranno diritto alla riduzione del 25% sulla tariffa oraria ordinaria. Per informazioni rivolgersi al personale di sala o in biglietteria Le varie convenzioni sono consultabili sul sito www.osn.rai.it alla sezione “riduzioni”.

Info e prenotazioniBIGLIETTERIA CASA DEL TEATRO RAGAZZI E GIOVANI

tel. +39 011 19740280 [email protected] www.casateatroragazzi.it

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Il progetto, realizzato in collaborazione con la Fondazione Teatro Ragazzi e giovani, avvicina i bambini alla musica classica e alla conoscenza degli strumenti di cui si compone un’orchestra sinfonica.

Auditorium Rai “Arturo Toscanini”Sabato 13 aprile ore 16.00

Laboratorio - Favola Fiati e Percussioni

La Casa dei Suoni

Info e prenotazioniBIGLIETTERIA CASA DEL TEATRO RAGAZZI E GIOVANI

tel. +39 011 19740280 [email protected] www.casateatroragazzi.it

Page 16: 16 11-12/4 - Rai Cultura · 2019-04-11 · e Taras Bulba rimase per tre anni nel cassetto di Janáček, che lo rimaneggiò fino al 29 maggio 1918. In questa versione fu eseguito per

SINGOLO CONCERTO Poltrona numerata: 30.00 €, 28.00 €, 26.00€ 15.00€ (ridotto Under35)

INGRESSO Posto non assegnato:da 20,00 € a 9,00 €(ridotto Under35)

BIGLIETTERIA via Rossini, [email protected] www.osn.rai.it

18-19/417giovedì 18 aprile 2019 ore 20.30venerdì 19 aprile 2019 ore 20.00

James Conlon direttore

Richard WagnerParsifal

Preludio al I attoPreludio al III attoIncantesimo del Venerdì Santo,Marcia e Finale

Richard WagnerTannhäuser. Ouverture

Nikolaj Rimskij-KorsakovLa grande Pasqua russa, ouverture su temi liturgici op. 36