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Difetti reticolari nei metalli e loro conseguenze nelle applicazioni
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2. I difetti reticolari Fino ad ora abbiamo parlato dell’organizzazione dei cristalli come se essi fossero perfetti e come se ogni atomo occupasse un’esatta posizione reticolare e nessun altro atomo (diverso da quello del reticolo di base) potesse entrare nel reticolo. Pensando, ad esempio, ai metalli puri in cui si indica sempre il grado di purezza (chi non ha sentito parlare dell’ora puro al 99%? Questo vuol dire che l’anello che portiamo al dito contiene il 99% di oro e per il resto impurezze), o al processo di produzione e di solidificazione dei metalli (si veda ad esempio http://www.youtube.com/watch?v=9l7JqonyoKA), si deve necessariamente ammettere che qualche difetto nei metalli deve essere presente. Non solo, pensando al numero di atomi contenuti in un grano cristallino, qualche imperfezione nel reticolo, statisticamente, può essere presente. I difetti, comunque, in metallurgia non hanno necessariamente un accezione negativa (quindi eliminati o tenuti sotto controllo): sono difetti in quanto sono imperfezioni in uno schema regolare, ma la loro presenza può portare a una serie di conseguenze positive. È importante dire che le proprietà di un materiale metallico sono intrinsecamente correlate ai difetti presenti. I difetti dei reticoli cristallini possono essere classificati come:
§ difetti di punto § difetti di linea § difetti di superficie § difetti di volume
I difetti di punto I difetti di punto interessano una/due posizioni atomiche e sono suddivisi in:
§ vacanze e autointerstiziali § soluzioni solide
§ Vacanze e autointerstiziali Le vacanze sono delle vere e proprie mancanze. Una posizione reticolare che dovrebbe essere occupata da un atomo invece risulta vuota (Figura 1). Questo genera una deformazione del reticolo cristallino che deve compensare questa mancanza. Gli atomi nell'intorno della vacanza risentiranno di uno stato di trazione e si avrà un aumento dell’energia del sistema.
Figura 1 – Vacanza reticolare
Il numero di vacanze (Nv) reticolari è funzione della temperatura e varia da zero, se ci si trova allo zero assoluto, a circa 103 se ci si trova in prossimità della temperatura di fusione del metallo secondo l'equazione: 𝑁! = 𝑁𝑒𝑥𝑝 −
𝑄!𝑘𝑇
E1
Dove N è il numero di siti reticolari, Qv è l'energia per formare vacanze, k la costante di Boltzman e T la temperatura.
Le vacanze influenzano alcune proprietà dei materiali come la densità e la conducibilità elettrica che decrescono al crescere delle vacanze. Inoltre, la presenza di vacanze è fondamentale per i fenomeni di diffusione. Altro tipo di difetto di punto è l’atomo autointersiziale. Tali atomi sono della stessa natura di quelli del reticolo ma occupano una posizione interstiziale (Figura 2). Anche in questo caso l’atomo è in una posizione in cui genera una distorsione del reticolo, in questo caso, nell'intorno dell'autointerstiziale ci sarà uno stato di compressione del reticolo.
Figura 2 -‐ Atomo autointerstiziale
Questo tipo di difetti è poco probabile in quanto richiede una elevata energia di formazione. Ne sono particolarmente interessati i metalli alcalini in quanto hanno distanze interatomiche tali da ospitare facilmente un autointerstiziale. Solitamente vacanze e autointerstiziali si presentano simultaneamente generando il difetto di Frenkel (Figura 3a). Un atomo abbandona la sua posizione reticolare formando una vacanza e posizionandosi in una posizione interstiziale. Siccome gli autointerstiziali non sono favoriti, è più probabile la formazione di un difetto di Schottky (Figura 3b): l'atomo che genera una vacanza migra all'esterno del reticolo stesso.
Figura 3 -‐ Difetto di Frenkel (a) e difetto di Schottky (b) § Soluzioni solide Atomi diversi da quelli che compongono il reticolo possono essere presenti nel reticolo stesso senza modificarne la struttura cristallina. Tali atomi sono atomi di soluto possono essere presenti nel reticolo del solvente come impurità o aggiunti intenzionalmente per formare le leghe metalliche (vedi capitoli seguenti). Questi atomi possono essere presenti sia in posizioni interstiziali sia in posizioni sostituzionali (Figura 4).
Figura 4 Atomi sostituzionali (a sinistra) e interstiziali (a sinistra) Nel caso della soluzione solida sostituzionale, gli atomi di soluto sostituiscono quelli del solvente tenendo conto delle seguenti caratteristiche:
§ i diametri degli atomi del soluto e del solvente non devono differire più del 15%; § le strutture cristalline dei due elementi devono essere le stesse; § non devono esserci differenze apprezzabili nelle elettronegatività (se no si formano
composti intermetallici); § i due elementi devono avere la stessa valenza.
Un classico esempio di questo tipo si soluzione solida è l'ottone (Cu-‐Zn). Per quanto riguarda le soluzioni solide interstiziali, avvengono se il soluto è nettamente più piccolo del solvente e si posizionerà nelle posizioni interstiziali del reticolo del solvente. Solitamente non è possibile avere più del 10% di atomi interstiziali e la loro presenza è favorita da bassi valori di fattore di compattazione atomica. Gli elementi interstiziali più famosi sono C, H, N, e B. Un classico esempio di questo tipo si soluzione solida è l'acciaio (Fe-‐C). La presenza di questi difetti modifica le proprietà fisiche dei metalli, ad esempio riduce la conducibilità elettrica e modifica anche le caratteristiche meccaniche: una lega ha una resistenza meccanica sempre maggiore di un metallo puro (si veda nei paragrafi successivi). I difetti di linea I difetti di linea sono monodimensionali e vengono detti dislocazioni. L’esistenza delle dislocazioni è stata ipotizzata agli inizi degli anni trenta, ma la dimostrazione della loro esistenza è stata data solo negli anni ’70 grazie all’avvento dei microscopi elettronici a trasmissione. Alcuni studiosi dell’epoca cercarono di calcolare lo sforzo necessario per deformare un metallo basandosi sull’energia di legame. Il risultato ottenuto era pari a due ordini di grandezza rispetto a quello misurato sperimentalmente. Da qui, E. Orowan, M. Polanyie G. I. Taylor, ipotizzò la presenza delle dislocazioni: con la presenza di tale difetto lo sforzo calcolato e misurato si uguagliano. (Figura 5).
Figura 5 Immagine al microscopio elettronico di una replica prelevata da un laminato di alluminio. Le linee nere sono le impronte lasciate dalle dislocazioni. Notare l’allineamento con i piani di scorrimento. Esistono due tipi di dislocazioni differenti: dislocazioni a spigolo e dislocazioni a vite. La dislocazione a spigolo si può considerare come una mancanza di una parte di un piano reticolare (Figura 6-‐a) o, alternativamente, come un extra semi-‐piano presente nel reticolo. Tale imperfezione genera una distorsione del reticolo attorno all'asse della dislocazione come indicato in figura 6-‐b.
Figura 6 – Rappresentazione di una dislocazione (a) e rappresentazione dei campi di trazione e compressione (b)
L'asse della dislocazione è centrato attorno alla linea di estremità del difetto ed è indicato con "T" se il semi-‐piano viene aggiunto nella parte inferiore del reticolo e con "T capovolto" se viene aggiunto nella parte superiore. La distorsione generata dal difetto diminuisce allontanandosi dall’apice della dislocazione in quanto gli atomi si riorganizzano per ristabilire l’ordine cristallino. Le dislocazioni a vite si possono immaginare come se gli atomi fossero disposti lungo una scala a chiocciola ovvero la parte superiore del cristallo è scivolata di una distanza interatomica rispetto alla parte inferiore (Figura 7-‐a). Nella realtà le dislocazioni presenti nei metalli sono miste (ovvero l'unione di quelle a spigolo e di quelle a vite) ma per semplicità nella trattazione ci occuperemo solo di dislocazioni a spigolo (Figura 7-‐b).
Figura 7 Dislocazione a vite (a) e mista (b) Le dislocazioni si originano nella fase di solidificazione, quando gli atomi si organizzano in modo ordinato. Il numero di dislocazioni per cm2 in un metallo appena solidificato è circa 106-‐107. Questi difetti giocano un ruolo centrale nella deformabilità dei metalli. Il movimento delle dislocazioni è il meccanismo microscopico responsabile della deformazione plastica. Si immagini di sottoporre un reticolo cristallino, contenente una dislocazione, a uno sforzo di taglio (Figura 8). Lo sforzo tenderà a far scorrere il cristallo lungo il piano di scorrimento. A un certo punto la dislocazione C sentirà l’influenza del semipiano inferiore della fila D di atomi, e quindi il semipiano superiore D diventa la dislocazione, ripentendo questo processo fino alla fine del cristallo la dislocazione uscirà dal cristallo stesso formando un “gradino”.
Figura 8 – Moto di una dislocazione a spigolo (glide).
Esistono molti esempi che ben rappresentano il moto della dislocazione, quello del bruco è molto efficace: per spostarsi il bruco si solleva in una gobba attirando verso di se le sue zampe posteriori, spostando la gobba lungo il suo corpo riesce a spostarsi di una quantità discreta quando la gobba raggiunge la sua estremità anteriore. La gobba rappresenta la dislocazione in un metallo. Il meccanismo descritto sopra è detto glide, è un moto conservativo ed è in contrapposizione con il climb (non-‐conservativo). Questo avviene quando la dislocazione cambia il piano su cui si sta spostando ed è comune per le dislocazioni a vite. Il climb avviene per sforzi esterni assiali mentre
il glide per sforzi di taglio. Nella realtà, ovviamente, una dislocazione si sposterà contemporaneamente secondo entrambi i meccanismi.
Figura 9 -‐ Moto di una dislocazione a vite (climb). Il climb è schematizzato in figura 9. L'apice della dislocazione, in posizione a, sentirà l'influenza del difetto presente nel piano B a cui mancano una serie di atomi per completarsi in maniera ordinata. Gli sforzi esterni permettono alla fila a di rompere i legami che hanno con il piano A e, spostandosi di una distanza atomica, riformare il legame in posizione c eliminando il difetto del piano B. La presenza delle dislocazioni e il loro movimento spiega perché la resistenza reale di un materiale metallico è inferiore rispetto a quella teorica: nella pratica si rompe un singolo legame per volta comportando una forza richiesta inferiore di quella necessaria per romperli tutti simultaneamente. Durante il loro movimento le dislocazioni interagiscono tra di loro e con gli altri elementi del reticolo. Ricordando che le dislocazioni (per semplicità parliamo di quelle a spigolo) sono un semi-‐piano aggiuntivo nel reticolo, è facile notare che quando due dislocazioni orientate in maniera opposta si incontrano si annullano a vicenda andando a formare un piano completo eliminando così il difetto (Figura 10a).
Figura 10 -‐ Interazione di dislocazioni Se le dislocazioni sono di verso concorde, figura 10b, risentiranno di una mutua repulsione dovuta agli stress di compressione e trazione che hanno indotto nel reticolo stesso. A questo
punto, le dislocazioni si bloccheranno a vicenda impedendo un ulteriore movimento. Questo "aggrovigliamento", chiamata foresta di dislocazioni, diminuisce la capacità plastica del materiale aumentandone la resistenza meccanica. Il movimento delle dislocazioni, macroscopicamente, è evidenziato dalle deformazioni plastiche, e quindi permanenti del reticolo. I difetti di superficie I difetti di superfice sono le aree di confine che separano regioni con differente struttura o orientazione cristallina. I più importanti sono:
§ Superfici esterne § Bordi grano § Piano geminato
§ Superfici esterne Le superfici esterne sono quelle dove termina il termina il cristallo. Gli atomi superficiali non hanno il massimo numero di legami con gli atomi adiacenti mostrando quindi uno stato energetico più elevato rispetto agli atomi interni. A questo stato energetico è associata un'energia superficiale che i materiali tendono a ridurre l'area superficiale totale. § Bordi grano I materiali metallici sono, in generale, policristallini (nei metalli ogni cristallo si chiama grano) ovvero sono formati da più cristalli. Questa struttura deriva principalmente dal fatto che tutti i metalli vengono prodotti a partire dallo stato liquido e poi vengono fatti solidificare. Nello stato liquido non si riscontra un ordine a medio e lungo raggio a meno di zone che casualmente si trovino ad avere un certo tipo di organizzazione geometrica. Raffreddando il liquido al di sotto della temperatura di solidificazione queste zone fungono da nuclei per i futuri cristalli solidi. Infatti, a partire da questi embrioni (che funzionano come centri di attrazione di ordine per gli altri atomi) si vanno a formare i grani cristallini. Questi cristalli hanno un reticolo definito ma la sua orientazione è differente. A mano a mano che si estrae calore dal sistema gli questi grani cristallini si accrescono e ad un certo punto si toccheranno vicendevolmente (Figura 11). Essendo l’orientazione del reticolo diversa tra un grano e l’altro, la zona di contatto (il bordo grano) sarà fortemente disordinata (Figura 12). Questo è un difetto di superficie.
Figura 11 – Rappresentazione schematica della solidificazione: a sinistra, formazione degli
embrioni (con evidenziata l’orientazione del reticolo) e, a destra, loro crescita.
Figura 12 – Rappresentazione degli atomi del reticolo in prossimità del bordo grano: la diversa
orientazione dei grani porta ad avere una zona di elevato disordine.
I bordi grano possono essere osservati tramite microscopia elettronica (Figura 13a), ad esempio su una frattura intergranulare1, o tramite microscopia ottica (Figura 13b) eseguendo una sezione su un campione, lucidandolo a specchio ed eseguendo un attacco chimico (una corrosione tramite acido) su quella stessa superficie. Essendo il legame tra gli atomi al bordo grano meno forte rispetto a quello degli atomi delle altre zone del reticolo, queste zone subiranno una corrosione preferenziale e quindi i bordi grano stesso verranno evidenziati.
Figura 13 – Immagine ottenuta al microscopio elettronico di grani cristallini (a) e sezione
metallografica del ferro puro (b). § Piano geminato Il piano geminato è un particolare bordo grano in cui è presente una simmetria speculare del reticolo cristallino, ovvero gli atomi da una parte del bordo sono posizionati ad immagine speculare rispetto agli atomi dall'altra parte del bordo. La regione di materiali compresa è definita geminato (Figura 14a). La geminazione si verifica su piani cristallografici e su direzioni definite dalla struttura cristallina. I geminati possono essere generati da sforzi di taglio (geminati meccanici) tipicamente nelle strutture CCC. Nei CFC si incontrano geminati di ricottura generati da trattamenti termici a seguito di deformazioni plastiche (Figura 14b).
Figura 14 -‐ Schema di un geminato I difetti di volume Sono tutti quei difetti che occupano un volume del materiale e solitamente sono di matura micrometrica. Tali difetti sono tutti i materiali estranei alla matrice metallica e possono essere endogeni si generano nel materiale durante la fase solidificazione o esogeni se si introducono nel materiale durante le fasi di colata. I difetti di natura endogena possono essere porosità, coni di ritiro o inclusioni non-‐metalliche come gli ossidi o nitruri i quali sono particolarmente deleteri per le proprietà meccaniche in quanto estremamente duri e con geometrie angolose. A volte le inclusioni non-‐metalliche vengono aggiunte volontariamente nel metallo ad esempio per migliorarne la lavorabilità alle macchine utensili (come i solfuri di manganese negli acciai o il piombo negli ottoni). Alcuni esempi di inclusioni endogene sono riportate in figura 15.
1 Una rottura intergranulare è una rottura del materiale che avviene lungo il bordo dei grani cristalli per particolari meccanismi di infragilimento (descritti più avanti nel corso)
Figura 15 -‐ Immagini di inclusioni non-‐metalliche: ossido di allumino in microscopia ottica (a) e solfuri di manganese in microscopia elettronica a scansione (b) I difetti di natura esogena sono essenzialmente pezzi di refrattario che si staccano dal rivestimento ceramico del forno o dei canali di colata e che rimangono intrappolati nel metallo liquido. La presenza di questi difetti è intrinseca del processo di produttivo e vengono tollerati se di piccole dimensioni (al di sotto dei 15 µm), omogeneamente dispersi nella matrice e di geometrie non critiche ovvero se tondeggianti.