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    LA FILOSOFIA GRECA

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    GUIDO DE RUGGIERO

    STORIA DELLA FILOSOFIAPARTE PRIMA

    LA FILOSOFIA GRECASECONDA EDIZIONE CORRETTA E AMPLIATA

    Volume I

    BARIGIUS. LATERZA & FIGLI

    TIPOGRAFI-EDITORI-LJHKM1921

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    PROPRIET LETTERARIA

    APRILE MCMXXI - 57902

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    A MIA MADRE

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    AVVERTENZA ALLA 2a EDIZIONE

    Questa Storia della Filosofia Greca esce, nella2a edizione, completamente rielaborata. stata miacura riparare ad alcune gravi deficienze della l a ,trattando ex novo alcuni problemi ai quali non avevodato un adeguato rilievo e dovunque correggendo,trasformando, migliorando, come il riesame dei te-sti e uno studio molto pi accurato della letteraturamoderna richiedevano ( 1 ). Certo, non m'illudo, anchestavolta, d'avere appagato il lettore pi esigente me stesso in prima linea ; ma siffatti lavori sonosuscettibili di un continuo e graduale miglioramento.Almeno, ho fiducia di offrire agli studiosi un librovivo, dove i problemi del pensiero sono rivissuti daun uomo di pensiero e non da un raccoglitore e ripetitore di fonti e di arguzie erudite. I filologivorranno rimproverare, come al solito, tanto ardi-mento ; ma dovranno pur riconoscere con sopporta-zione che in cinquantanni di studi filologici nonhanno saputo trarre dal loro bagaglio un libro leggi-bile, una di quelle sintesi , che pur si compiacciono

    (1) P. es., il capitolo su Aristotile stato interamente rifatto.

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    8 AVVERTENZA ALLA 2. EDIZIONEdi vagheggiare nei loro programmi. Era pur neces-sario che si decidesse infine all' impresa qualcunoche, pur non avendo speso gran parte della sua vitasui vecchi testi, sopperisse a questo svantaggio dellasua preparazione, con una salda coscienza dei va-lori vivi del pensiero. Tale la modestia, tale l'or-goglio di questo ardimento.

    Ai due volumi della filosofia greca hanno gitenuto dietro i tre volumi della Filosofia del Cristia-nesimo ; un volume in preparazione sul Rinasci-mento e la Kiforma; con altri due volumi finalmentesulla filosofia moderna l'intera opera sar compiuta.

    G. d. R.

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    INTRODUZIONEALLA STORIA DELLA FILOSOFIA

    Gli storici della filosofia, Dell'accingersi a esporrelo svolgimento del pensiero d'un vasto periodo, so-gliono tutti indugiarsi a lungo in una specie di ve-stibolo della storia, dove si trattano svariate questionipreliminari, che, come si crede, giovano a spianareil faticoso cammino da compiere.Ma in verit, cos facendo, essi non si agevolanoper nulla il proprio compito, e tradiscono soltantoun intimo disagio, e come uno smarrimento, sentendosopra di s gravare il peso di una storia secolare omillenaria, che la fantasia prospetta loro in un com-plesso unico, prima che il pensiero concepisca in ungraduale sviluppo.

    Questo senso di smarrimento il sintomo di un an-tistoricismo latente in ogni storico, e che, dominanteall'inizio di una ricerca, quando non ancora il pen-siero s' immedesimato col suo oggetto, si eliminapoi gradatamente, quando il calore dell'esposizionecancella ogni traccia di dualismo tra lo storico e lastoria ch'egli tratta e fonde entrambi in una pi riccapersonalit.

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    10 1NTRODUZIONHSe noi guardiamo dall'esterno la storia della filo-

    sofia, presa nella sua totalit, e l' immaginiamo comesolidificata in blocco in una pi ampia storia gene-rale, allora ci si presenta, come unico criterio perdiscriminare quella da questa, la necessit di una de-finizione della filosofia, intorno a cui si aggruppi emediante cui si delimiti l'oggetto particolare in qui-stione. Sorge cos il primo dei problemi che tutte lestorie sogliono affrontare: quello di conoscere l'og-getto di cui si occupa la filosofia, e quindi anche icriterii e il valore delle dottrine filosofiche; di guisache l'intero svolgimento storico, che si fa seguire allapremessa definizione, ne diviene una semplice provao conferma.

    questo un modo d' iniziarsi alla storia con unpreconcetto antistorico, perch, se la filosofia real-mente fosse qualcosa di rigido e immobile, come ladefinizione data una volta per tutte lascerebbepresupporre, sarebbe gi eliminato il problema d'unastoria della filosofia, il quale infatti, per sussistere,richiede un oggetto in via di formazione e di orga-nizzazione.

    Noi dunque ci risparmieremo d'anteporre alla no-stra storia una definizione della filosofia e lasceremoalla storia stessa il determinare l'oggetto di questascienza, o per meglio dire, le varie espressioni cheesso ha avuto, a seconda del vario atteggiamentopreso dal pensiero nel corso del suo sviluppo.E se ci si obbietta che, nel trasformarsi dell'og-getto della filosofia, pur necessario che qualcosa siarestata identica, facile rispondere che l'identit nelmutamento non pu essere espressa da quella defi-nizione che noi ripudiamo la quale, anzi, mira aimmobilizzare quel che concepito nel mutamento

    ,

    ma da un fattore del tutto opposto, e cio dall'atteg-

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    ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA 11giamento soggettivo del pensiero di fronte ad alcuniproblemi. L'attivit del filosofare quella che per-siste identica nello svolgersi e nel tramontare dellefilosofie; o, pi. ancora, essa l'anima di ogni svi-luppo e la ragione di ogni tramonto, il quale a suavolta forma il momento negativo di un nuovo svi-luppo. E appunto il filosofare, non come un atteggia-mento meramente psicologico, nel senso vagheggiatoda una pigra psicologia, ma come quello che includele stesse filosofie nella ricchezza del loro contenuto in quanto il lievito del loro svolgimento l'at-tivit che forma insieme il soggetto e l'oggetto dellastoria. Lo studio di tale attivit, nelle sue millenarieesplicazioni, ci mostrer fuso in un sol getto ci chenoi siamo soliti di designare come la psicologia deipensatori e ci che forma l'oggetto eterno del loropensiero.

    Un'altra delle quistioni preliminari, che costitui-scono impedimento anzich sussidio alla storia, quella della suddivisione in periodi, Certo, il motivodi ogni periodizzamento legittimo, perch il pen-siero non procede mai livellando ci che tocca, masempre accentuando alcuni punti a preferenza di altri,in modo che in ogni sua opera le pause e gli accenticostituiscono come una suddivisione naturale e spon-tanea di periodi ('). Per la legittimit del motivo condizionata dal fatto, che l'accentuazione sia na-turale e non artificiale.

    Ora, le suddivisioni in periodi che si sogliono pre-mettere alle storie d'una intera epoca, avulse dal

    (1) V. a questo proposito ci che dice il Croce in: Questioni sto-iografiche, Laterza, Bari, 1913.

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    12 INTRODUZIONEcontesto della narrazione, sono segni mentali a cuinon risponde pi un contenuto mentale, sono vuotischemi classificatorii, da cui ha esulato ogni vita dipensiero. Ma anche qui, come nel caso precedente,si rivela la stessa preoccupazione di volere anticiparetutta in una volta la scienza nella sua compiutezza,invece di aspettare che si svolga gradatamente dallapropria storia. Ond' che si rende innaturale edartificioso un ritmo che, nella concretezza dello svi-luppo storico, sarebbe intimamente connaturato alpensiero.

    In una forma a prima vista paradossale, questoerrore potrebbe formularsi col dire che lo storico sidimostra all'inizio del suo lavoro uomo di troppadottrina, e non sa ridursi a quella condizione mediatra il sapiente e l'ignorante, che Platone non esitavaa dare come definizione del filosofo. Tale condizionegli tuttavia indispensabile, perch essa soltantogli permette di non anticipare il proprio saperesull'attualit dello sviluppo storico. L'ignoranza elici che trascende quel processo per lui dottrina.

    Noi dunque tralasceremo di affaticare vanamenteil lettore col problema di una suddivisione scientificadel nostro lavoro. In realt, quando siffatta classi-ficazione non un semplice schema mnemonico (ecome tale superfluo, perch a questo fine basta lostesso titolo del libro), essa un riassunto inoppor-tuno, perch prematuro, di ci che viene pi ampia-mente svolto nelle pagine seguenti; e va quindianche pi energicamente proscritta. Quanto pi sem-plice invece lasciare che il periodizzamento, an-zich una classificazione, sia l'accentuazione naturaledel pensiero storico, ed abbia luogo perci nella suavera sede nella storia e non gi nel vestibolodella storia!

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    ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA 13Liberati da questi due fastidiosi problemi, noi

    potremmo senz'altro iniziare il nostro compito, diesporre la storia della filosofia in tutto il suo svol-gimento, se un'ultima difficolt non ci venisse of-ferta dall' incertezza nella scelta del punto da cuicominciare la narrazione. Moveremo dalla filosofiagreen, dalla indiana, dalla cinese? Le questioni em-briogenetiche, nel campo filosofico, non danno maialcuna speranza di riposo al pensiero, il quale, nelsuo faticoso regresso attraverso il passato, non riescea far presa in qualche punto ben fisso, ma so-spinto perpetuamente pi indietro.

    Ora, se il punto di vista embriogenetico fosse daaccettarsi necessariamente in filosofia, non vi sarebbealtro mezzo per risolvere la questione, che quellodi decidere con un atto di arbitrio da qual puntos' intende iniziare la propria esposizione. E cos fannodi solito gli storici, cercando per di lenire il dispia-cere della rinunzia con qualche argomentazione chenon del resto capace di scalzare il punto di vistasu cui quella si fondava. Ma rimane nell'animo deilettori un senso di scontento e di delusione, perchlo sconfinato campo storico, a cui si rinunzia con unatto di arbitrio, tuttavia presente nell'immagina-zione, e grava con la sua presenza, determinando unacerta sfiducia in una narrazione che pretende, senzaalcun motivo logico, di fare a meno di una lungaserie di anelli nella ben connessa catena degli effetti.La sfiducia poi si aggrava quando, com' naturale,alla questione dell'origine si fonde quella del valore.Chi ci assicura infatti, se prendiamo arbitrariamentele mosse da un certo movimento di pensiero, cheesso sia veramente spontaneo ed originale, o nonsia piuttosto la ripetizione di un tema precedente?Tale questione stata assai vivacemente dibattuta

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    14 INTRODUZIONEin un caso particolare che c'interessa da vicino, eche concerne l'originalit della filosofia greca : dovead alcuni sembrato che quella filosofia si svolgaunicamente dalla mentalit ellenica, perch, quantolontano spingano il loro sguardo, non riescono atrovar tracce sicure di un remoto contatto conmentalit diverse; ad altri invece sembrata indi-scutibile la derivazione del pensiero greco dall'orien-tale e specialmente dall'indiano, perch lo studiodella filosofia di questi popoli ha mostrato loro alcunielementi molto peculiari, che sono stati riprodottidalla speculazione greca.Ma i problemi del pensiero non si risolvono colmicroscopio. Lasciamo perci agli archeologi il deter-minare se nei riguardi delle loro scienze abbiano ono valore le sottili ed erudite dispute degli orien-talisti; in filosofia, o meglio, rispetto al problemache attualmente c'interessa, non ne hanno alcuno,perch quali che siano i loro risultati, non potrannomai decidere dell'originalit di un movimento dipensiero, n per conseguenza della necessit d'ini-ziare da un punto anzich da un altro l'esposizionestorica. Esse infatti presuppongono un concetto del-l'originalit assai diverso da quello che pu valereoggi nel campo della filosofia, e che si connette avedute tramontate da lungo tempo.

    Secondo la vecchia idea, sarebbe originale, peresempio, il pensiero greco, se non avesse addentellati,o se avesse scarsi addentellati, col pensiero prece-dente; e in ogni caso, tale valutazione richiederebbeun regresso agli antecedenti storici, alle fonti, perdeterminare il grado di autonomia. Questo punto divista, che ho chiamato embriogenetico, totalmentecompendiato nel verso dantesco:Ogni erba si conosce per lo seme.

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    ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA 15Ma di fronte ad esso, la filosofia moderna fa valere

    un punto di vista completamente opposto, e che,parafrasando il verso citato, si potrebbe formularenel seguente modo: il seme si conosce dall'erba.E nel dominio del pensiero ha verit solo il secondoprincipio: la spiegazione compiuta delle origini diun movimento d' idee data dal maggiore sviluppodi quelle idee stesse. Infatti, all'inizio, un movimento sempre troppo incerto e confuso perch si possagiudicare con sicurezza della sua energia e vitalit,e solo quando lo si segue per lungo tratto nelle sueesplicazioni sempre pi ricche, reso possibile com-prenderne la portata. Cos, la quistione dell'origina-lit si converte in quella della fecondit.

    Se noi ora guardiamo da questo nuovo punto divista la filosofia greca, e ci chiediamo se essa siastata originale, vediamo capovolgersi il nostro modosolito di considerare tale problema, perch, invecedi essere costretti a riandare nel passato, in unapenosa e sterile ricerca di fonti, noi prospettiamotutta la nostra indagine in avanti, assistiamo allosvolgersi del pensiero greco, al suo affermarsi nelmondo, e possiamo senza pi incertezze e perples-sit di meri eruditi asserire che quel pensiero originalissimo, perch s' dimostrato nella storiaoltremodo fecondo.

    Sono sterili quelle idee soltanto che ripetono senzaaccento nuovo temi vecchi o che non hanno risonanzainteriore in quegli animi stessi che le formulano, oche vengono accettate con un consenso del tuttopassivo. Siffatte idee non si propagano, ma restanoavviticchiate al loro esile stelo, fino al tempo incui inaridiscono. Mentre al contrario, delle idee chehanno fatto lungo cammino e si sono esplicate inuna ricchezza esuberante di forme, si pu dire con

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    16 INTRODUZIONEcertezza che abbiano in s qualcosa di vitale, unafonte interiore di energia e una ragione autonomae originale.

    Certo, i fautori del punto di vista erabriogeneticonon si arrenderanno troppo facilmente a questa con-siderazione. E in realt essi, addentrandosi semprepi nella notte del passato, e riducendo le pi ricchefioriture di pensiero alle loro espressioni pi sem-plici ed embrionali, possono facilmente illudersi discoprire somiglianze, analogie, uniformit, con altrepi remote nel tempo e nello spazio. Ma non sa-rebbe qui il caso di ripetere il vecchio adagio, chenella notte tutte le vacche sono nere?

    Io chiederei perci ai fautori della tesi orien-talista in filosofia ed ai loro avversari]', se quelleanalogie ed uniformit, che essi riscontrano o neganosullo stesso terreno tra il pensiero greco e l' indiano,non siano che fenomeni di penombra, e somiglianzecreate anzich esistenti! La risposta non mi pardubbia, tanto pi se si pensi che i problemi dellafilosofia, ridotti alle loro pi semplici espressioni, sirassomigliano tutti, e anzi si fondono l'uno nel-l'altro.Ma qualunque risposta si dia all'interessante que-stione, certo assai meschina idea quella di volereabbassare e immiserire due organismi vivi e fiorenti,come son le due filosofie di cui parlavamo, fino alpunto in cui si tocchino per qualche carattere em-brionale. E chi si dedica a tali raffronti non dimostradi avere pi cervello di quello scienziato che volevastudiare positivamente il sentimento dell'amicizia inalcune modificazioni fisiologiche ereditarie, anzichnella stima reciproca di due uomini che si pongonocon piena coscienza in rapporto.

    NeiJ problemi del pensiero, la questione dell'ori-

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    ALLA STORIA DELLA FILOSOFIA 17gine, presa per s sola, non ha alcun interesse, e neacquista soltanto col fondersi con la questione delvai ire. A questa profonda esigenza soddisfa piena-mente il criterio da noi formulato, che converte ilregresso apparente della ricerca genetica col realeprogresso della ricerca filosofica.

    Il problema degli orientalisti resta in tal modocompletamente assorbito, e quello dell'originalit delpensiero greco perde per una opposta ragione ognivalore autonomo, perch si confonde col problemastesso dello sviluppo delia filosofia givca.Ma tuttavia, per accennare in qualche modo ilnostro parere sulle questioni dibattute dagli orienta-listi, prescindendo da ogni loro influenza su quellache test c'interessava, noi crediamo che assai pifruttuosi possano riuscire i confronti tra la filosofiagreca e le filosofie orientali, prese nel pieno sviluppodella loro vita, anzich nelle loro espressioni embrio-nali. In quest'ultimo caso, l'apparente identit nonvale a suggerirci alcuna conclusione decisiva; inquello al contrario le stesse differenze rivelano unapi profonda identit, che si esplica nelle forme pecu-liari di ciascuna mentalit, secondo il genio creativodi ciascun popolo.

    Questa parentela elettiva di due filosofie assaipi importante e spiccata che non sia quella presuntaparentela naturale, la quale assai spesso si dimostrain atto artificiosa e posticcia. Posto anche che unafilosofia abbia tolto a un'altra alcuni elementi sem-plici e primordiali, con ci non si pu stabilire nes-suna derivazione e neppur una lontana parenteladell'una e dell'altra, perch a stabilire tali rapportinon basta una certa continuit della trama materialesu cui lavora il pensiero, ma necessario che qualchetratto spirituale, l'intonazione e l'accento, si tra-

    ci, de Ruggiero, La filosofia greca. 2

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    18 INTRODUZIONEmandi. E nessuno vorr affermare che il rigorosospirito scientifico dei greci derivi in qualunque mododall'avventuroso spirito dell'Oriente.

    Ponendo termine a questa lunga, ma necessariadiscussione, noi possiamo, con piena fiducia di nonaver commesso alcun atto di arbitrio, iniziare lanostra storia della filosofia (che intende abbracciaretutto lo svolgimento del pensiero europeo) dalla filo-sofia greca. Questa fiducia non ancora certezza,ma diverr tale, quando nelle pagine seguenti ilpensiero greco ci si mostrer in tutta la pienezzadella propria vita, e dar un accento suo particolarea tutta la speculazione filosofica posteriore.In un certo senso si pu affermare che la filosofiagreca riempie di s tutta la storia della filosofia, per-ch ancora oggi noi ci moviamo nell'ambito di queiproblemi e di quelle premesse, che furon posti conmente sicura dai greci, pi di duemila anni or sono.Ma in un senso pi circoscritto, bisogna designarcome greca la sola filosofia antica, che precede ilcristianesimo, perch, se anche attraverso di questosi tramandano e si perpetuano gli antichi dati edelementi di pensiero, essi son tuttavia fusi e incor-porati in un organismo nuovo, che si svolge conforze proprie ed in maniera autonoma e originale.

    Questa precedenza della filosofia antica rispettoal cristianesimo non va per altro intesa in un sensopuramente cronologico, ma in un senso principal-mente ideale, che subordina a s il cronologico.Filosofia antica quella che vive nell'antico spirito,anche se cronologicamente si esplica nell'era cri-stiana. Cos noi impareremo a conoscere un vastomovimento di pensiero il neo-platonismo che

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    ALLA STORIA DKU,A FILOSOFIA 19si esplica fino al VI secolo d. C, e tuttavia vedremoche esso appartiene alla filosofia antica, di cui co-stituisce l'ultimo momento. E per converso, include-remo nel periodo storico del cristianesimo alcunemanifestazioni coeve al neo-platonismo, (la Patristica)che per appartengono allo spirito cristiano.

    La storia non procede per misure geometriche, maper categorie. E la filosofia antica non un nomeche aggruppi dall'esterno talune manifestazioni dipensiero, ma per l'appunto una categoria che segnadella sua impronta indelebile tutte quelle manife-stazioni. Noi vedremo, che pur nella variet delleconcezioni e dei sistemi in cui si svolge il pensieroantico, v' un identico spirito e una medesima in-tonazione in tutti, per cui si dimostrano come diversirami moventi da uno stesso ceppo.E in tal riguardo, per accentuare il significatoideale della designazione scelta, possiamo specifi-carla anche pi, col dire che la filosofia antica essenzialmente filosofia greca, non gi nel senso chegli abitanti del piccolo territorio circoscritto dal-l'Egeo abbiano essi soltanto avuto una filosofia, manel senso che tutta la vita speculativa del mondoantico riceve dal pensiero greco il proprio indirizzo.

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    I

    I PRIMORDI

    Le prime manifestazioni del pensiero greco, chepresentano un interesse per lo- svolgimento posterioredella filosofa, appartengono tutte al secolo VI a. C.In questo periodo si formano nei centri maggioridella civilt ellenica, come l'Asia Minore, le isoledell'Egeo, l'Italia Meridionale, le prime scuole filo-sofiche, ciascuna con una fisonomia tutta propria eindividuata, che esprime l'aspetto differenziale dellamentalit che l'ha prodotta.

    11 secolo VI per la storia dei greci ricco di ri-volgimenti e di lotte. Vi si svolge quel potente moto,che s'era iniziato fin dalla seconda met del VII se-colo, e che si suol designare come democratico, per-ch si chiude con l'avvento del popolo al potere,gi prima posseduto dall'aristocrazia. Interminabililotte dei nobili e del popolo insanguinano le ricchecitt, sorte da una vita industre e attiva, e nel sangueristagnano le energie e tramontano rapidamente leglorie conquistate in breve tempo dalle piccole re-pubbliche. Noi vediamo infatti alcune citt distrug-

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    22 LA FILOSOFIA GRECAgersi, come Mileto, in lotte intestine, fino a scompa-rire quasi dalla storia, altre indebolirsi a tal puntoda cedere all'urto degli stranieri, altre invece per-dere la loro autonomia e fondersi con stati pi potenti.Cos il numero dei centri liberi e autonomi, che eraprima assai grande, si assottiglia a poco a poco,finch nel V secolo l'interesse politico graviter tutlointorno a pochissimi centri, e infine intorno a unpunto solo, Sparta o Atene, vicendevolmente, chesar come il fulcro e la convergenza unica di tuttele forze.

    In questo annullamento dell'antico particolarismodella vita greca non bisogna per vedere il sempliceepisodio contingente d'una lotta maggiore, ma ap-punto l'espressione di quella lotta di principii, chesi combatteva tra il popolo e l'aristocrazia. Lo spo-polamento e l' indebolimento delle citt, come causadella perdita d'autonomia di molte tra loro, stavaegualmente contro i due partiti combattenti; ep-pure serv di mezzo e strumento a uno solo di essi,che rappresentava alcune esigenze pi alte di ci-vilt.

    Il particolarismo di vita nei piccoli centri dellaGrecia e dell'Asia Minore era esponente d'uno stadioancora giovanile dello sviluppo politico, che dovevanecessariamente essere sorpassato, quando si fosserofatte sentire pi vive le esigenze nuove dell'accre-sciuta popolazione, della progredita economia, di unapolitica pi unitaria, capace di l'esistere alle grandimonarchie dei vicini continenti, di una intensificatacultura, e di un sentimento nazionale, che i fre-quenti rapporti favorivano.

    Ora quell'antico particolarismo si impersonavatutto nel regime aristocratico, fondato sopra ceti ri-stretti ed esclusivi, che riponendo unicamente in se

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    1. 1 PRIMORDI 23stessi il proprio potere, erano spinti a circoscriverlonei limiti della citt, che segnavano in pari tempogli estremi contini delle loro influenze e aderenze.

    Al regime castale dell'aristocrazia succede con lademocrazia un regime di classe, che per- sua na-tura libero dalle ristrettezze del primo. Quando auna politica puramente personale subentra una po-litica di partito o di classe, non pi necessariauna sfera d'influenza immediata e diretta, che cometale sempre assai limitata, ma basta quell'influenzaindiretta e mediata, che data dai principii diret-tivi della classe o del partito. Nell'aristocrazia, omeglio, nelle forme primitive di essa che conside-riamo, il potere dato dal prestigio dei pochi; nellademocrazia, invece, i molti che son governati sen-tono nei pochi che governano una parte di se stessi,e come la personificazione dei propri principii. Diqui la possibilit di una vasta azione politica, al dil dei confini della citt, anzi sulle rovine di essi.Quest'azione sar, come vedremo, subita dal popologreco, pi che liberamente voluta. Nel pieno svi-luppo del regime democratico, esso imposter an-cora le lotte politiche nei termini di un intransi-gente particolarismo cittadino; ma non far cos cheaccellerare la caduta dei contini della citt e il li-vellamento generale della vita.

    C' qualcosa di vitale in questo attaccamento deigreci alla nokiq, che ha la sua pi elevata espres-sione nei grandi sistemi politici dell'et classica. Lastoria ha mostrato che l'avvento della democrazia stato anche la loro rovina e che il periodo della mas-sima creativit e individualit spirituale si chiudequando essi hanno perduto ogni forza per affermareil loro particolarismo e per contrastarne gl'impulsidissolventi. Con Aristotile e con Alessandro Magno

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    24 LA FILOSOFIA GRECAsi suole concludere rispettivamente la storia intellet-tuale e politica del popolo greco propriamente detto.

    Ma c' nondimeno nell'avvento della democraziaun valore positivo di grande momento per la civilt.Esso rende possibile la rapida propagazione dellavira greca al di l dei suoi originari confini e fache le sue particolari conquiste diventino un comunepatrimonio del mondo antico. La classica grecit con-fluisce nel pi vasto ellenismo; essa vien salvata al-l'avvenire nell'atto stesso in cui sembra disperdersie annullarsi.

    La lotta contro l'aristocrazia, che nel VII secolos'inizia in tutte le citt greche, creatrice e insiemecreatura di nuove forme di vita, rispondenti allepi complesse esigenze dello spirito, che si presen-tano in quel dato momento storico. Essa ha perconseguenza la scomparsa dei piccoli centri auto-nomi, il livellamento di popoli, che prima eranovissuti chiusi in se stessi, e la formazione di cen-tri maggiori, non pi sedi naturali di vita indigena,ma punti di accentramento di tutta la vita greca,ormai bisognosa di una pi rapida circolazione,e quindi esponenti dell' indirizzo e dell'azione demo-cratica.

    Le prime scuole filosofiche, le quali vengono de-signate col termine unico di presocratiche, ebberoorigine durante le fasi intermedie di questa grandelotta,, e talune anzi vi parteciparono con ardore ene furono travolte. Il periodo delle tirannidi, checostituisce una fase transitoria tra il dominio del-l'aristocrazia e della democrazia, e propriamentel'accentrarsi delle forze popolari nelle mani d'untiranno, per combattere la classe compatta degli ari-stocratici, il periodo pi propizio alla formazionedei vari centri di cultura, a causa della tendenza

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    I. I PRIMORDI 25degl'improvvisati signori a circondarsi d'ingegnieletti per conferire prestigio al loro potere.Una determinazione precisa dell'efficacia eserci-tata dalle prime scuole sulla vita pubblica del tempo,non possibile, troppo oscura e dispersa la sto-ria di quel periodo, e insufficienti sono i ragguagliche ci forniscono le fonti. Noi sappiamo che moltescuole, di tendenze conservatrici, parteggiarono peril dominio dell'aristocrazia nelle citt; tuttavia pos-siamo affermare con sicurezza che il significato el'indirizzo pi profondo dell'opera loro, come ditutte le scuole in generale, in antitesi completacoi principii dell'antico regime.Come le maggiori opere storiche del nostro tempohanno dimostrato, il regime particolaristico dei primitempi ha una costituzione intimamente teocratica.Lo sviluppo dei vari poteri in seno alla xIiq muovedal ceppo comune della religione della citt, e questaa sua volta ha un carattere pienamente differenziatoe distinto da quello di ogni altra, in quanto sorgedal culto che i cittadini professano pei loro morti,divinizzati nella memoria. Pertanto ogni citt ha uncomplesso di divinit affatto municipali, che espri-mono e simboleggiano la sua individualit e la suaautonomia di fronte alle altre.Come avente una base teocratica, tutta la vitadella rro/.ig ha per sua legge l'autorit e la tradi-zione, che annullano ogni libert dell'individuo rne costringono l'azione col loro formalismo inflessi-bile. N la vita dei singoli soltanto, ma anche quelladella collettivit concepita in un tale formalismo:nessuna azione pubblica, nessuna deliberazione olinea di condotta ha un significato autonomo, nritrae la sua validit dalla ragione o dall'arbitriodegli uomini, ma ogni cosa riporta alla legge e al-

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    21 > LA FILOSOFIA GRECAl'autorit, come a propria fonte e principio, la legit-timazione della sua esistenza. Donde una visione tra-scendente della vita, che ha fuori di s la sua ragione,e realizza un fine imposto da un potere sopraordi-nato, tanto pi rigido e inflessibile, quanto pi in-comprensibile nella sua azione.

    Ora, contro i due principi! cardinali del regimeparticolaristico, la religione municipale e l'autorit,reagiscono fin dall'inizio le scuole filosofiche. Laloro critica violenta del politeismo volgare e la con-cezione di un Dio unico, sia pure in una forma in-genua e panteistica, sono gi un gran passo versola demolizione dei confini che dividono le citt,come organismi separati ed eterogenei, e svelanouna pi profonda identit nazionale e umana, chesi esplica sotto una sola legge divina. D'altra parte,l'atteggiamento razionalistico dei pensatori, cio illoro sforzo costante di spiegare secondo ragione lecose umane e naturali, allontanandosi coscientementedalle tradizioni ed opinioni accolte dal volgo, costi-tuisce il secondo aspetto culminante della loro operademolitrice e insieme novatrice, nei riguardi delprincipio di autorit. La filosofia inizia la sua operan4 mondo occidentale con uno spirito attivo di ri-cerca e di critica, che ripudia i dati della tradi-zione e dell'autorit, dovunque indagando le ragioniintrinseche delle cose, e instaurando un concetto im-manente della vita.Ci, come vedremo, patente fin dagl'inizi dellaspeculazione; ma l'efficacia maggiore di quest'operanon si riveler che pi tardi, quando la crisi stessadella vita greca avr suscitato in una forma riflessae cosciente il problema religioso e morale, e, ci chenei primi pensatori un irriflesso atteggiamento, sfsar convertito in un vero compito del pensiero.

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    I. I PRIMORDI -21Se ora vogliamo acquistare una conoscenza pi

    particolareggiata delle prime scuole, ciascuna dellequali contribuisce per la sua parte ben delimitata allaformazione dei problemi filosofici, dobbiamo in primoluogo indagare il posto che esse occupano nella vitadel tempo e la forma della loro organizzazione.

    Le fonti ci danno molte e minute notizie dellavita dei singoli filosofi e delle svariate esplicazionidella loro attivit. La parola filosofo, come noioggi intendiamo, esprime una figura troppo, circo-scritta e specializzata, che non corrisponde pi al-l'antica, tranne che per un rispetto tutto soggettivo,di atteggiamento e di seriet mentale. Ma i cpooo,~oio ooqpoi erano per i greci i dotti in senso largo, lacui attivit, non ancora specializzata, si svolgeva incampi svariatissimi.

    I primi filosofi ci sono infatti tramandati comelegislatori, uomini di stato, artisti, scienziati, e cosvia. Una tale molteplicit d'indirizzi si poteva solonella leggenda comporre in poche personalit supe-riori (p. es., i sette saggi), depositarie di tutta lascienza del tempo; ma in realt essa denotava unacultura alquanto bassa e superficiale, come siamosoliti di osservare in tutti coloro che non hanno spe-cializzato (e per veramente esercitato) la propriaattivit mentale. Doveva cos generarsi quella poli-storia (jtoku.uaGia) che assolutamente contraria alvero abito scientifico e contro cui si rivolge la filo-sofia posteriore, non appena, con l'approfondirsi,comincia a delimitare i propri confini. Gi in Era-clito, che uno dei primi e pi fieri critici dellascienza antecedente, noi troviamo qualche mordaceepigramma contro la polistoria ( x); e tale opposizione,

    (1) Fr. 60, in Diels. Dit '. Berlin , 1906'-.

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    28 LA FILOSOFIA GRKCAcontinuata da molti, culmina in Democrito ( l ), che tra i dotti dell'antichit quello che pi si avvicinaal tipo dello scienziato moderno.

    Le prime scuole filosofiche, non altrimenti dailoro membri, non sono specializzate, n hanno con-fini precisi. E mancato al pensiero filosofico dei grecil'urto d'interessi religiosi e politici, agenti come forzeestranee ed ostili; anzi, essi sono stati inclusi, findall'inizio, nella sua corrente.La religione gli ostile nel suo principio, ma,come forza politicamente effettiva, non ha una saldacostituzione e organizzazione da opporgli; inoltre leesigenze spirituali, che essa rappresenta, possonovenire in parte soddisfatte nell'ambito stesso dellescuole filosofiche. L'assenza di una casta religiosa,con prerogative e attribuzioni proprie, fa s che ognicorporazione laica disimpegni le funzioni che sareb-bero pertinenza di quella. E se osserviamo che ifilosofi si pongono tutti, pi o meno recisamente,contro i riti della religione popolare, non dobbiamovedere in ci la prova di una loro irreligiosit, mapiuttosto di una religiosit diversa, che pu ancheaffermarsi nel dispregio verso altri culti, perch none' tra quella e questi il legame di una chiesa unica,che simboleggi l'unit delle aspirazioni umane inquel campo. Per questa sua libert sul terreno re-ligioso, il pensiero greco si esplica senza troppi im-pedimenti, non perdendo mai la propria serenit eil proprio equilibrio.

    Esso attinge tuttavia alle tradizioni religiose,come a un comune patrimonio, con piena libert,non inceppata da nessuna irrigidita struttura didomini. La religiosit greca, per questa sua scarsa

    1,1/ //'. 64, 65 (DlELS).

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    I. I PRIMORDI 29compagine ecclesiastica, ha potuto svolgersi armo-nicamente col genio del popolo ed esercitare cosi,sulla stessa vita speculativa, una pluralit d'impulsiappropriati al grado dello sviluppo storico, e quindialtamente benefici. Dalla religione naturalistica delperiodo omerico e di quello esiodeo, si passa perlente gradazioni alla religione antropologica dei mi-steri di Apollo e di Dioniso, che si diffonde su va-sta scala nel VI e nel V secolo, cio proprio quandol'interesse antropologico assume un'importanza cen-trale nella vita scientifica e sociale. E la filosofia,che si svolge anch'essa nella stessa linea, riceveegualmente influssi dalle primitive cosmogonie eteogonie e dalle pi recenti dottrine dell'anima umanae del suo peculiare destino.L'influenza del culto dei misteri, come recentistudi hanno mostrato, non va circoscritta in un sin-golo periodo storico. Da ricerche moderne sull'or-fismo risulta che vi sono state varie redazioni delleleggende orfiche, alcune delle quali hanno lasciatotracce notevoli nei pi antichi monumenti del pen-siero filosofico. Ma l' interesse psicologico e moralesi manifestato prevalente nell'ambito di questi mi-steri, sviluppando in un indirizzo del tutto peculiarele loro leggende cosmogoniche. Cos accaduto peril mito di Dioniso-Zagreo. La leggendaria gesta deiTitani che uccidono e divorano Zagreo e vengonoperci fulminati da Zeus ; Zagreo che risuscita sottoil nome di Dioniso; la stirpe umana che nasce dalleceneri dei Titani: tutto questo intreccio fantasticod leggende assume nelT orfismo un caratteristicorilievo psicologico e morale. La lotta di Dioniso edei Titani diviene lotta del bene contro il male;l'umanit che nasce dalle ceneri dei Titani divora-tori di Zagreo viene a compendiare in s le due na-

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    30 LA FILOSOFIA ORECAture e porta seco, nel suo nascere, il vizio origina-rio della colpa titanica.

    Di qui quell'elemento drammatico e passionaledella vita morale e religiosa, in cui si manifesta perla prima volta l'autonomia dell'individuo contro unpassato di servaggio e di schiavit. Nell'immagina-zione dei popoli che cominciano ad apprezzare ivantaggi della vita civile e libera, le et pi antichedella loro storia vengono comprese in una visionetetra e tragica, perch solo tardi gli uomini acqui-stano coscienza che il progredire avvenga tra unbene e un meglio; mentre al principio credono chegli estremi di esso siano il male e il bene. L'ideadi una caduta iniziale dell'umanit, per cui questa,perdendo una felicit che le era destinata senzamerito, fu concepita tutta nel peccato; tale idea il frutto delle prime riflessioni di un pensiero cheintende gi il bene che la vita umana si va procac-ciando, ma non intende che ci che lo fa un bene l'atto del procacciarselo col proprio lavoro; e per-ci sopprime questo lavoro e immagina il bene comeun dono prezioso.

    Contemporaneamente all' idea della caduta, sorgel'idea della espiazione e della redenzione, che nelpensiero di alcuni popoli, fortemente preoccupatidal problema religioso, assume un interesse centralee dominante. La forma dell'espiazione di solito ilsacrificio rituale, con tutte le complicazioni del sim-bolismo che vi connesso, e che sono tanto pigrandi quanto meno viva la coscienza che il malepossa risolversi con la sola forza dell'individuo, epi necessaria si dimostra un'azione emanante dauna potenza superiore.

    Questo processo spirituale, presso i greci, limi-tato alla cerchia degl'iniziati ai misteri. Nell'orti-

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    1. 1 PRIMORDI 31sino noi osserviamo il l'ormarsi di tutto un compli-cato ritualismo, sulla trama leggera dei miti originari,ma dietro l'impulso di forti esigenze religiose e mi-stiche. La sorte di Zagreo che, inseguito dai Titani,subisce numerose trasformazioni : e, divorato allafine, risorge per volere di Zeus, diviene il simbolotrascendente della vita umana. Anche l'uomo infatti,come partecipe della natura del bene e del male,diviene il teatro della lotta divina e ne realizza ins il mitico epilogo, con un processo di epurazionee di espiazione. La macchia originaria ch'egli develavare, la colpa dei suoi protoparenti, i Titani.Ma un peccato cos trascendente l'imputabilit de-gl'individui, richiede un soggetto del pari trascen-dente, che formi l'unica e continua trama dell'uma-nit, in tutto il corso delle sue generazioni. Sorgecos l'idea dell'anima, come un individuo in schiuso e compiuto, che si estende oltre i limiti dellavita individuale, e, caduta una prima volta nel car-cere del corpo, per effetto della colpa, s'incarnasuccessivamente in nuovi corpi, fino a che la reden-zione non compiuta.

    Della novit, anzi della stranezza di questa rap-presentazione dell'anima, noi possiamo renderci contosolo col confronto delle intuizioni religiose dell'etomerica: quando, all'ingenuo naturalismo l'animae il corpo non appaiono ancora dissociati n per na-tura, n per destino; e, anche dopo la morte del-l'individuo non sopravvive che una vaga ombra,proiezione immaginaria nel tempo, come gi, durantela vita, nello spazio, di un'entit tutta corporea.L'importanza dei misteri sullo sviluppo- filosoficoconsister principalmente, come vedremo, nell' in-serire in esso il nuovo e strano concetto dell'anima.

    La psicologia orfica s'integra poi con una pi

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    32 LA FILOSOFIA GRECAcomplessa intuizione etica e sociale. La colpa origi-naria dev'essere lavata perch l'anima riassorganella sua purezza e si liberi dal carcere corporeo:quindi la necessiti! di una pratica e di un rito dipurificazioni; e insieme di una -mistica e trascen-dente azione teandrica, che ponga l'uomo in gradodi rinnovarsi, rinnovando il fato del dio, facendosidio a sua volta. D'altra parte poi, l'impossibilitche una sola e breve incarnazione esaurisca il pro-cesso espiatorio, pone l'esigenza di incarna zioni suc-cessive, concepite, per via della metempsicosi, in unacontinuit ininterrotta. L'orfismo percorre cos tuttala gamma del misticismo religioso, dallo scoramentodella caduta, all'espiazione, all'estasi e all' india-mente, delle cui manifestazioni frenetiche ci rima-sta l'eco nel ricordo delle rappresentazioni dioni-siache.

    L'influenza dell'orfismo sul pensiero filosofico stata negli ultimi tempi posta in rilievo ed anchenotevolmente esagerata. Si voluto spesso trasfor-mare in prove di una diretta filiazione ci che inrealt non era se non un complesso di suggestionimentali, pur alcune volte vive e profonde. In lineadi massima, si pu affermare che l'accentuazionespirituale, nei misteri e nella filosofia, nettamentedivergente, perch quelli tendono verso il mistici-smo e il simbolismo, e questa invece tende versouna sistemazione razionalistica del proprio conte-nuto, quand'anche le venga offerto in forma miticae simbolica.

    Questa diversit di accento ci suggerisce ancheil limite della differenza: dove la tendenza raziona-listica pi spiccala, ivi l' influsso della misterioso-fia si rarifica, e viceversa. Durante tutto il periodoclassico della filosofia quell'influsso quasi sempre

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    I. I PRIMORDI 33sporadico e non intacca la compagine razionalisticadelle dottrine. In fondo, le nebulosit dei riti e delleformule erano aliene dal temperamento filosoficoschiettamente greco, dominato da tendenze astrat-tive e scientifiche. Inoltre l'antitesi del bene e delmale, il dualismo dell'anima e del corpo, l'asceti-smo e il misticismo, discordavano con quel sensomisurato ed equilibrato della vita, con quella com-prensione armonica dei rapporti psicologici e morali,che formano il pregio della mentalit greca. Eccoperch, nel periodo classico, l'oscuro simbolismo eil misticismo appaiono nello sfondo remoto e neb-'.bioso di un pensiero che, nella sua prossimit, fatutto trasparente e chiaro; e dov'anche intaccanoin parte la visione, non riescono mai completamentead annebbiarla. Ma, latenti e remoti, essi hannotuttavia sempre una qualche presenza, e finisconopoi, col rivelarla pi imminente, quando la schiettagrecit va a confondersi nel pi vasto ellenismodell'et alessandrina. Allora, quel tanto di esotericoe di mistico, che non aveva mai esulato dal pensierogreco, sar posto in piena evidenza, e far da tra-mite ed interprete tra il mondo greco e l'oriente,giovando nel tempo stesso a rallentare, trasforman-dola per quanto possibile, l'ondata dello spiritoorientale.

    Ma nella filosofia greca, fin dai suoi primordi,le esigenze morali e religiose, quando ancora nonraggiungono la formulazione ben definita di sistemidi etica, prendono di solito una forma sentenziosa eprecettistica, che rivela gi uno spirito di serenaosservazione, capace di risolvere, senza il sussidiod'un trascendente simbolismo, ogni idea di schiavite di caduta. E, per quanto i frammenti morali non

    G. de Ruggiero, La filosofia greca. 3

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    34 LA FILOSOFIA GRECAcostituiscano la parte pi profonda dei primi si-stemi, pure v' in essi una ricchezza di esperienzae una fiducia nelle forze umane, die contrastanocon le idee che nello stesso tempo erano prevalentinella coscienza popolare, e che hanno ricevuto laloro ultima espressione nella letteratura.

    Se noi per esempio riflettiamo sul contenuto divita di cui materiata la tragedia greca del periodoclassico (V secolo), astraendo da ogni considerazionepuramente formale ed estetica intorno ad essa, noivediamo che ivi predomina l' idea di un meccanismoe fatalismo di rapporti umani e naturali,' in cui l'in-dividuo si trova preso e costretto suo malgrado, econtro cui invano egli cerca di ribellarsi. L'uomoincolpevole espia le colpe dei suoi antenati, o spintoa peccare per una fatale condanna alla perdizioneche grava sulla sua famiglia: v' qui un'idea soli-dale della colpa, che una negazione vera e propriadel concetto di colpa, e si riporta piuttosto a quellodella caduta, pur con l'accenno d'una coscienzanuova, che non vuol subire una sorte imposta arbi-trariamente, e si ribella e lotta contro un fato in-degno.

    Queste idee dovevano esser generalmente diffusenel popolo; e se l'artista, col saperle oggettivareinnanzi alla propria fantasia per ritrarle nel loroaspetto pi drammatico, mostrava di essere liberodalla schiavit che esse implicavano, tale liberazionetuttavia non era il frutto di una pi alta moralit,ma solo di una potente forza di visione artistica.Anche nella filosofia primitiva, noi troviamo cer-tamente lo stesso corredo di concetti astratti e tra-scendenti. La necessit, il fato, che nelle rappre-sentazioni religiose erano anteposti e sovrappostiperfino agli di, vengono inseriti nelle nuove cosmo-

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    I. I PRIMORDI 35logie e formano cos i principii direttivi per la si-stemazione e coordinazione dei fenomeni. Ma gi inquesta funzione teoretica, la loro rigida trascendenzasi tempera e si piega ai bisogni del pensiero umano:quei concetti, in fondo, anticipano le leggi costantidella pi matura riflessione scientifica; essi dannoaffidamento al pensiero sulla regolarit e costanzadella successione dei fenomeni, assai pi che nonlo sgomentino con una schiavit incombente dal-l'alto

    Sotto l'aspetto etico, poi, le frammentarie rifles-sioni dei filosofi di questo tempo sono rivelatrici diuna coscienza morale che emerge quasi libera dal-l'antica schiavit del destino, e comincia a deter-minare le condizioni di una vita autonoma da rea-lizzare. Da questo punto di vista, l'umile precettisticamorale di quei frammenti acquista un significatoassai profondo, e la stessa serenit e l'equilibriodelle riflessioni valgono a denotare un pensiero cheriesce gi a possedersi nella propria opera. Il focoa cui convergono le varie e minute norme si com-pendia tutto nell'espressione: x cpgovev che non hacorrispondente in nessuna lingua moderna, perch appropriata unicamente alla concezione anticadella vita, e cio all'unit ancora indifferenziata,eppure armonica, di tutte le forze e attivit spirituali,in cui quela si compendia.

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    36 LA FILOSOFIA GRECArealt in cui vive e nelle stesse vicende della suavita. Per conseguenza, essa si esplica, tanto nelporre in guardia gli uomini dal credere alle illu-sioni dei sensi, nella ricerca della verit; quantodal cedere alla violenza delle passioni, nella praticadella vita.

    Tuttavia, se una distinzione del teoretico e delpratico non v' nelle dottrine dei presocratici, essaesiste nell'atteggiamento loro, come pensatori, inquanto danno un maggior rilievo alla trattazione diproblemi, che noi oggi siamo abituati a chiamareteoretici. Ed in questo senso noi diciamo che lafilosofia greca non sia sorta da potenti preoccupazionimorali, e non abbia creato nei primi due secolinessun sistema di morale. Non dunque che questadistinzione rientri nella loro filosofia, ma al contra-rio, la loro filosofia rientra in questa distinzione.

    L'atteggiamento del pensiero filosofico greco difronte ai suoi problemi ritratto assai bene da Ari-stotile, quando ci dice che la meraviglia la madredella filosofia. Questa osservazione, enunciata astrat-tamente, falsa, perch l'interesse filosofico nonmuove da un punto fisso, determinato una volta pertutte, ma da qualunque motivo spirituale, che nellosvolgimento della vita si presenti, a un istante dato,come dominante e centrale. Quindi la filosofia si ge-nera dalla meraviglia, come dal dubbio, o dalla fede,o dall'entusiasmo: la storia soltanto pu dirci qualesia stata l'origine di un dato movimento filosofico.Da un punto di vista storico, invece, l'osser-vazione d'Aristotile si rivela come profondamentevera, perch la filosofia greca sorge per l'appuntodalla meraviglia, se per questa s'intende il germed'ogni vita intellettuale e teoretica. Dalla meraviglia

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    I. I PRIMORDI 37che suscitano i fenomeni del mondo naturale, si sve-glia nei greci lo spirito scientifico d'osservazione,e da questo poi si svolge la tendenza ad astrarre ea teorizzare i risultati delle ricerche.-

    Ci che in questo processo sommamente carat-teristico, che esso si compie in un tempo assaibreve, senza che quasi il pensiero si sia fermato nelletappe intermedie. Infatti, fin dall'inizio, la specu-lazione greca mira alla conquista della scienza(.Tiati'inT), nella imponente compiutezza della suaorganizzazione formale, come profondamente distintadall'opinione (8xa), come avente un metodo proprioe una propria luce intrinseca di verit. La coscienzadell'autonomia dell'edificio scientifico per essi in-finitamente pi viva che per noi moderni. Noi in-fatti portiamo tutti latente nell'animo un empirismoche ci fa apparire la scienza come il semplice perfe-zionamento di un lavoro mentale prescienti fico; e unnaturalismo, che ci fa considerare la scienza comeil semplice riflesso di una realt naturale, in s com-piuta e organizzata. Perci noi siamo spinti, per duevie opposte, a togliere autonomia ed originalit allascienza. Per i greci al contrario 'mazr\ar] qualcosadi totalmente diverso dalla vita sensibile e dal pen-siero comune; e neppur di fronte alla realt natu-rale perde la propria autonomia; anzi, quando tuttee due non fanno un sol corpo, stanno l'una accantoall'altra come due edificii di eguale solidit. Lascienza qualcosa di reale; un ente: concetto pro-fondo, a cui per i moderni si sono affatto disusati.

    Questo esempio, di traduzione metafisica di unconcetto scientifico, non del resto isolato, ma ri-sponde a una intima tendenza della mentalit greca.Dovunque essa mira ad epurare il contenuto sensi-bile delle rappresentazioni e a rintracciare i prin-

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    38 LA FILOSOFIA GRHCAcipii elementari e generali che sono in gioco nellarealt. Per tal modo riesce assai di buon'ora a con-cepire le antinomie primordiali che dominano le forzedella natura, come quella del pieno e del vuoto,del finito e dell'infinito, e dell'uno e del pi, ecc., esa rendersi presente, nella sua drammatica evidenza,l'unit primordiale che si esplica attraverso queiconflitti.

    La ricerca filosofica assume un andamento assairigido e schematico, mossa com' da semplici fattoriintellettuali e astratti, senza quasi nessun coloritodi dati sensibili. Ad esempio, l'antitesi del pieno edel vuoto non viene svolta sul terreno delle osser-vazioni empiriche, come nella scienza moderna, masul terreno metafisico dell'essere e del non-essere.Il pensatore greco discute la tesi atomistica, secondola quale le particelle della materia sono circondatedal vuoto, affermando o negando la realt del non-es-sere. Da questo atteggiamento di pensiero si svolge-ranno la dialettica e la metafisica, non gi le scienzeparticolari della natura, come noi moderni inten-diamo. E se pure indubbiamente gli storici di que-ste scienze possono trovare e trovano un'abbondanzadi dati e di addentellati nelle antiche fonti, non c'd*a equivocare sul valore di tali reperti: si tratta dispunti, di anticipazioni suggestive, ma non dell'or-ganismo neppur embrionale della scienza dellanatura ('). Altrimenti ci sarebbe da meravigliarsi diuna cos lunga infecondit dei primi germi. Le scienzeparticolari della natura bene ricordarlo nonsono il coronamento dell'antica fisica; sorgeranno

    (1 Uno spunto muntale isolato e quasi nulla; per lo sviluppo scien-tifico tutto dipende da un costante atteggiamento, da un indirizzo or-ganico del pensiero.

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    I. I PRIMORDI 39invece, molti secoli pi tardi, dalla dissoluzione ditutta la concezione del mondo degli antichi. Demo-crito non il precursore di Galilei o di Newton, madi Platone, di Aristotile, degli Stoici e degli Epicurei.La tendenza puramente speculativa d al natu-ralismo delle filosofie presocratiche un carattere tuttorazionalistico e astratto. Qvoi^ non per esse la na-tura nella ricchezza delle sue forme e specificazioni;ma l'ordine primordiale, semplice, immutabile dellecose, che non accoglie in s il mutevole e contin-gente delle singole creature. Essa compendia in sci che diciamo propriamente naturale e ci che di-ciamo umano: una comune necessit presiede al-l'uno e all'altro. Lo sdoppiamento dell'uomo e dellarealt naturale non proceder che gradatamente, e,al principio, con un'apparente svalutazione del con-tributo dell'uno rispetto a quello dell'altra. Si for-mano cos le prime antitesi tra l'essere qpvaei e l'es-sere v[lco, tra la realt e la fittizia convenzionedegli uomini, degradata ad arbitrio di fronte allacostanza e alla regolarit della natura.

    Il capovolgimento delle due posizioni speculativeavverr poi nel corso di molti secoli, e l'arbitrarialegislazione degli uomini finir con l' imporsi anchealla natura. Ma il pensiero greco, dominato in tuttele sue fasi dall'idea che nel solo oggetto, nella solanatura stia la realt, non giunge alla fase risolutivadel conflitto, e solo talvolta s' illude di averlo com-posto, in una concezione che armonizza i due ter-mini, perdendo di vista il valore essenziale della lorolotta.

    In generale, la sfera del soggettivo, dove noi mo-derni riconosciamo il motivo creatore, libero e ori-ginale del nostro essere, svalutata e ridotta al gradodi mera apparenza. E il nome stesso di soggetto (x

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    40 LA FILOSOFIA GRECAtOTo-xeiuevov, sub-jectum) rivela nella sua etimologiaun alcunch di sottoposto e dipendente.

    Tale svalutazione del soggetto, nella pi anticafilosofa greca si traduce, sia in un sentimento disfiducia verso la percezione sensibile e l'opinioneche ne deriva, le quali rientrano nella sfera dellasoggettivit; sia, nel campo dei rapporti pratici, inun abbassamento dell'arbitrio individuale, di frontealle esigenze, sopraordinate della realt naturale.La stessa tendenza oggettivistica del pensiero,unita alla sfiducia che il soggetto ha per le proprieforze, vale a spiegarci il tono a volte pessimisticoe scettico dei presocratici: scetticismo e pessimismo,che hanno un valore tutto dialettico e costruttivo,quando quei filosofi alla luce del pensiero assalgonole opinioni e i sensi; ma che talvolta assumono unsignificato meramente negativo, quando il pensiero(che in ultima istanza attinge la sua forza alla sog-gettivit) finisce col perdere la fiducia in se mede-simo e col considerare il proprio oggetto come impe-netrabile. nota la sentenza di Eraclito, che ipensieri siano giochi di fanciulli (*); accenti pessi-mistici si trovano anche in Senofane e in Empedocle;e lo stesso Democrito ha enunciato la massima: chein realt (tef}t,) niente sappiamo, perch la realt nel profondo (v $vQ>) ( 2).Ma il significato pi intimo di questo incipientescetticismo non potr chiarirsi che in seguito, quandosaremo entrati nello spirito della filosofa greca.

    (1) Fr. 70 (Diels).(2i Fr. ili (Diki.s*.

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    II

    I PRESOCRATICI

    1. Caratteri generali. L'immagine dei piantichi pensatori della Grecia ci pervenuta quasistilizzata e compresa in una cornice mentale eluvi stata adattata quasi dall'esterno. Noi infatti nonpossediamo le opere originali di quegli scrittori, masolo un certo numero di frammenti, incastonati nelleopere di filosoft posteriori, che, appartenendo a unaet storica dominata da forti interessi scientifici e ra-zionalistici, hanno inconsapevolmente impresso que-sta propria maniera nei lontani predecessori, dandomaggior risalto alla parte pi. propriamente scienti-fica dei loro scritti. Ma da qualche accenno lumi-noso, da qualche frammento superstite di tutt'altranatura, e anche dalla stessa intonazione fantasticadi molti passaggi, che pure hanno un interesse perla scienza, possiamo facilmente intuire che quelleopere avessero una differente struttura. E^se eranoopere di poesia non meno che di scienza (ed in formadi poemi erano in gran parte composte), intreccia-vano l'analisi fisica con i miti della cosmogonia, ed

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    42 LA FILOSOFIA GRECAerano racconti della creazione nel tempo stesso chericerche dei principii costitutivi delle cose.

    Per la storia del pensiero, non troppo da rim-piangere che la parte scientifica e la parte miticadi quegli scritti ci siano pervenute con una diversaprospettiva, l'una pi al centro, l'altra ricacciatanello sfondo. L'originalit vera del pensiero grecodoveva consistere come il posteriore sviluppo cidimostra nella scienza, nell'organizzazione logicadel contenuto mentale; perci quello che dell'anticafilosofia ha pi durevolmente sopravvissuto per l'ap-punto quello che era pi fecondo di avvenire. Mala rimanente parte ha, pur nella sua prospettiva ap-propriata, un'importanza notevole: non soltanto essaci mostra gli addentellati nel passato nella mito-logia e nella cosmogonia della scienza greca, ma,pi ancora, ci fa vedere come e quanto quel passatosia tuttora presente nella nuova scienza; quindi ci ri-vela il carattere, l' intonazione di essa.

    La scienza degli antichi filosofi infatti una ra-zionalizzazione dei miti; i suoi principii direttivi mi-rano all'epurazione intellettuale degli elementi e delleforze divinizzate delle antiche cosmogonie; e lo stessocarattere genetico della ricerca che vuol riper-correre tutta la storia del mondo non che l'ela-borazione concettuale dei vecchi racconti della ge-nesi. I punti di contatto tra i dati delle leggendecosmogoniche e i primi concetti filosofici sono evi-denti: Talete che pone nell'acqua l'origine delle cosenon fa che prolungare il mito cosmogonico di Oceano;l'infinito di Anassimandro rassomiglia al Caos ori-ginario della leggenda, e cos via. Anche le forzecon le quali i filosofi spiegano il differenziamentodella primitiva realt elementare, la necessit e ilcaso, l'amore e l'odio, ricordano le personificazioni

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    II. I PRESOCRATICI 43divine dei miti cosmogonici, che improntano la loroazione di un'epica grandiosit.

    Questi rapporti con la leggenda ci spiegano l'ap-parente stranezza delle prime filosofe: che alternanoal pi rozzo e spesso infantile naturalismo il pi ar-dito e luminoso idealismo. Noi saremmo facilmentesviati sul senso di alcune affermazioni e intuizioni in cui potremmo esser tentati a trasferire concettidel nostro spiritualismo se non ci soccorresse op-portunamente quel criterio storico, e non ci facesseravvisare in esse il pi delle volte delle personifica-zioni mitiche e fantastiche. La loro idealit un'ele-vazione poetica pi che concettuale, e si convertespesso, in ultima istanza, in una materialit ingenuae indifferenziata. Siffatto indirizzo stato ben defi-nito come ilozoistico: ivi la materia, la vita e il pen-siero stesso si alternano e si scambiano le parti, for-mando una unit neutra e indifferente.

    Con questo preliminare accorgimento noi dob-biamo rivolgerci alla lettura dei presocratici; e sepure le esigenze storiche e sistematiche ci costrin-gono, nella nostra esposizione, ad accentuare il si-gnificato scientifico delle loro indagini, necessariotener presente che questa scienza ancora invilup-pata in un certo alone mitico, e quindi esser cautinel trarre conclusioni troppo recise da qualche spuntovivamente suggestivo.

    Tuttavia, anche in un'atmosfera leggendaria, sempre una scienza che si va svolgendo e che, colrigore della sua organizzazione formale, trascendeil suo contenuto provvisorio e inadeguato e ne po-stula e ne prepara uno migliore, merc una pro-gressiva epurazione del mito, fino al punto in cui essosar risoluto nella piena consapevolezza del pensiero.La novit, l'originalit dei presocratici sta per-

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    44 LA FILOSOFIA GRECAtanto nell'avviamento alla scienza, non gi nellasopravvivenza del mito; ed quindi del tutto natu-rale che, nella considerazione degli storici antichi emoderni, l'aspetto scientifico dell'opera loro abbia unrilievo preponderante, pur con quei necessari tem-peramenti che la presenza del contenuto mitico esige.

    2. Gli Ionici. I filosofi greci anteriori a Socratevengono, da Aristotile in poi, designati col nome diqpuai.oYoi, o, in linguaggio moderno, naturalisti,perch all'indagine della natura diedero un postocentrale nelle loro ricerche, e riportarono a causee principii naturali la spiegazione del mondo. Il loronaturalismo, ingenuo e indifferenziato, comprendetanto quel che noi siamo soliti di considerare comescienza fisica, quanto ci che con termine post-ari-stotelico vien chiamato metafisica, o ricerca dei prin-cipii supremi che reggono il mondo fisico.

    Cos, colui che la tradizione ci d come il piantico filosofo, Talete di Mileto, fondatore dellascuola ionica, vien celebrato, tanto per aver pre-detto un'ecclissi solare e compiuto alcune scopertenel campo della geometria, quanto per aver tentatouna spiegazione di ci che forma il principio e ilfondamento del mondo fisico. Nato verso Ja 34a Olim-piade (624 a. C) in Mileto, la sua vita cade nel pe-riodo della lotta che si combatt tra i popoli dellaLidia e della Media, e che, com' noto, termin conla disfatta che Ciro inflisse a Creso, e con la disso-luzione del vasto impero lidico. Durante questa lotta,Talete esplic la propria attivit politica in pr' diMileto, sconsigliando i suoi concittadini a unirsi conCreso contro Ciro.

    La ragione per cui si d a Talete un posto cosimportante nella storia del pensiero, s da iniziare

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    II. I PRESOCRATICI 45con lui il corso della vita speculativa nel mondo oc-cidentale, sta tutta nell' intuizione ch'egli ebbe d'unproblema centrale della filosofia : la ricerca dell'p/ji,cio del principio primordiale delle cose. E se ancheil nome della ricerca non dovuto a lui, ma assaiprobabilmente al suo successore Anassimandro (*), alui tuttavia dovuto il merito sostanziale dell'inda-gine iniziata.

    Per renderci conto del significato della ricercanoi dobbiamo por mente a quella rappresentazioneingenua, prescientitica, che l'uomo primitivo si formadel mondo, e da cui prende necessariamente le mossela considerazione scientifica. Il mondo, com' datoall'esperienza immediata, una pluralit fuggevole,e sempre rinnovantesi, di elementi sensibili: ognisensazione, con la novit del suo apparire, unaspetto nuovo del mondo, anzi potremmo dire unnuovo mondo, perch nella sensazione per s presanon v' nessuna coordinazione con le altre che l'ac-compagnano e la seguono. Quindi la vita sensibile una vita dispersa, dove nulla si conserva, ma tuttosi dissipa, e muore e rinasce in una variet impre-vedibile di forme e di guise.Ma quest'universo meramente sensibile non cheuna finzione: un semplice mezzo di cui ci serviamoper indagare come si esercita l'opera riflessa e coor-dinatrice del pensiero umano, sui dati primordialidella vita sensibile. Cos gi la fantasia del grecoprimitivo disciplinava il mondo che veniva offertodai sensi, con l'escogitare forze e principii direttivi,destinati a reggere, come una trama tenace e benconnessa, la pluralit incomposta dei dati sensibili.Si formavano in tal modo le prime rudimentali con-

    ti) Simpl., Fhys., 32 b; Hippol., Ref., i, ti, 1-7, etc.

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    46 LA FILOSOFIA GRECAcezioni del mondo, dove la natura appariva gi comeun insieme di forze, che venivano elevate al gradodi divinit, quasi a consacrarne il carattere elettivo.Questa pluralit di forze deificate, nell'universo fan-tastico-religioso del greco antico, rappresenta, difronte alla pluralit incomposta dell'universo mera-mente sensibile, gi un principio pi elevato, di or-dine, di finitezza, di gerarchia. Gli di risentono an-cora del particolarismo e del pluralismo della vitasensibile immediata, ma gi cominciano a disporsisecondo una scala di dignit, avente il suo verticein Zeus; indizi di un primo orientamento, benchnebuloso e vago, del pensiero umano verso l'unifi-cazione del mondo, col riconoscere agli "elementi di-versi di cui consta un'identica natura, e alle varieforze che lo reggono un'identica legge.Ma l'aspirazione non diventa un vero possesso senon quando alle costruzioni fantastiche della teogoniasubentra uno spirito pi rigoroso di analisi, capacedi ricercare tra le forze effettualmente operanti quellada cui tutte le altre si originano ed a cui si riferi-scono, in ultima istanza, come alla loro espressionepi semplice ed elementare. Tale appunto la ri-cerca dell'appi intrapresa da Talete: un'analisi scien-tifica, intesa a scoprire il principio unitario del mondofisico, vincendo l'eterogeneit apparente dei dati cheoffre l'esperienza sensibile. E quale che possa essereil valore delle conclusioni a cui Talete pervennecon tale procedimento, il suo merito grandissimo stato d'aver sentito il bisogno di dare una saldaunit al mondo, cio di aver compreso che v'un'unit naturale di tutte le cose, esistente mal-grado la loro variet, e per cui si pu dire chetutti i fenomeni formano un sol mondo, una solaesperienza, e son quindi strettamente connessi tra

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    II. I PRESOCRATICI 47loro. Le scoperte posteriori della filosofia gravitanoin massima parte intorno a questo nucleo centrale.

    Nell'etimologia stessa del termine de/ji espressoil carattere specifico della ricerca di Talete. 'Aq/.t)equivale a principio; ora, tanto nel termine anticoquanto in quello moderno, si possono rintracciaredue diversi significati, o che si ponga mente a qual-cosa da cui s'inizia temporalmente una data serie,o che si consideri logicamente qualcosa di sempliceche sottost a un certo complesso, di stabile a uncerto mutamento. I due significati appaiono confusiin Talete e nei naturalisti posteriori, cos come lafisica confusa con la cosmogonia. L'ispirazione deiracconti cosmogonici dava a\'Qyr\ un significato tem-porale, come di un punto d'inizio del divenire. Mail gi risvegliato interesse scientifico, naturalistico,doveva convertirlo in un significato logico, in unrisultato d'un processo analitico, con cui si riduceva,via via, ci che forma la variet e la mutevolezzadei fatti naturali, fino a scoprire la comune radice.E che questo secondo significato fosse prevalente,si argomenta da ci, che nella posteriore storia del-VQxq, il mero originario si epura sempre pi dallascorie sensibile, acquista un valore razionale, in-commensurabile con quello dei rozzi ed immaginaricominciamenti delle cosmogonie.

    Secondo Talete, il principio originario l'acqua:non certo questa o quell'acqua concreta, ma quel-l'acqua che esisteva in principio, e da cui si origi-narono cos le acque ora esistenti come le terre el'aria. Noi non conosciamo in particolare il proce-dimento seguito da Talete nella sua scoperta: forse,dice Aristotile ('), egli trasse la sua ipotesi dal fatto

    (1) Metaph., 1, 3, p. 983 b 7 segg. V. anche Teophr.. fr. i (Simpl.in Phys., 6 a).

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    48 I>A FILOSOFIA GRECAche il nutrimento degli esseri sempre umido, cheil calore stesso vien dall'umidit e che l'umidit favivere tutto ci ch'esiste. A questo primo motivo,Talete aggiunse l'altra osservazione che i germi ditutti gli esseri sono di natura umida, e che l'acqua il principio di tutto ci eh' umido. Il ragguaglio ,come si vede, assai scarso. A ogni modo, l'aspettopi saliente della filosofia ionica non sta in questadeterminazione specifica dell'elemento primordiale,che varia da un pensatore all'altro della scuola: perAnassimandro (n. nel 610) il principio non pil'acqua ma l'ujteioov, cio l'infinito: per Anassimeneil terzo grande Milesio, (n. intorno al 585), esso l'aria.

    Ci che invece contraddistingue assai meglio lascuola, ed di gran momento per lo sviluppo po-steriore della filosofia, il carattere della ricerca edel procedimento da essa seguito, l'aver cio inda-gato la sostanza unica, elementare e materiale dellecose {vht\), considerando, come dice Aristotile ('), ciche resta identico nel movimento e nella corruzione.Donde il titolo di monismo astratto dato a questafilosofia. Monistica essa , in quanto d un principiounico alle cose: astratta, in quanto questo principiorappresenta solo il dato pi semplice ed elementaredel mondo fisico, il mero residuo di un procedimentoastrattivo, per cui la realta stata spogliata di tuttoci che forma la variet e la ricchezza delle suespecificazioni concrete. Un tal principio, se validoa spiegare l'unit del mondo, ed quindi attuabilenel regresso del pensiero dalla realt concreta allesue condizioni elementari, non serve poi a spiegareil progresso da queste a quello, cio si palesa in-

    1

    (l).L,oc. cit.

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    II. I PRESOCRATICI 49capace a dimostrare come dall'unit semplice e ori-ginaria, che non contiene in s nessuna ragione delmutamento e della specificazione, si sia formata lapluralit delle cose esistenti. In altri termini: chel'acqua, l'infinito o l'aria, siano il principio a cuitutto si riduce, ben concepibile, ma non poiconcepibile come da esse tutto si produca, una voltache non v' nulla in questi elementi che contengala ragione del successivo differenziamento del reale.

    Questa difficolt dov certo essere intuita in senoalla scuola, tant' vero clic, come ci dicono le fonti,Anassimandro e Anassimene sentirono il bisognod'integrare il loro principio con nuovi dati per spie-gare come avvengono le specificazioni della natura.Il primo, in effetti, aggiunse all'ujieiQov il movimento,senza il quale, come nota Simplicio ( x ), non v' genesin corruzione. In Anassimene poi, accanto a questoprincipio complementare, se ne fa strada un altro,che trova anch'esso del resto il suo primo accennoin Anassimandro: ed il principio dei contrari comecausa del mutamento, secondo cui dal contrasto delfreddo e del caldo, e quindi da condensazioni e rare-fazioni, hanno origine le variazioni nella sostanzaprimordiale ().Ma il valore di questi accenni non di granderilievo: i nuovi principii non sono unitariamenteconcepiti con VQ%r\, e non rappresentano che unasemplice esigenza nuova del pensiero, la quale nontrover il suo vero appagamento se non quando sarsuperato il monismo ingenuo dell' .Q%r\, e sorger conEraclito una nuova dottrina della natura, dinami-camente concepita. Nel monismo della scuola ionica

    (1) Phys., i, 121, 5.(2) Hippol., Ref., I, 7.

    G. de Ruggiero, La filosofia greca.

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    50 LA FILOSOFIA GRECAprimitiva noi non troviamo che il semplice presen-timento dei nuovi problemi, i quali concernono nonpi l'vlt], la sostanza originaria, ma le cause delmutamento, e sono anzi in piena antitesi con le pre-messe del procedimento della scuola ionica, com'in antitesi la ricerca analitica dell'elemento origina-rio con la ricerca sintetica del differenziamento edella specificazione delle cose. Ma prima che il nuovoproblema, che esamineremo accuratamente in se-guito, possa instaurarsi al posto dell'antico, dovr ilprincipio dell' gxn svolgersi in tutta la sua pienezza:epurarsi e idealizzarsi dal primitivo materialismo conla scuola pitagorica; giungere al suo massimo svi-luppo con la scuola eleatica, negando addirittura,nella sua identit incorruttibile e immobile, l'ideastessa del divenire; e quindi determinare per con-traccolpo l'urgenza del nuovo problema la cuinegazione non doveva essere che la riduzione al-l'assurdo del vecchio principio, per opera sua me-desima.Ma nella scuola di Talete il principio deU'(>x* ancora alle sue prime espressioni pi rudimentali enon va oltre le premesse di un materialismo ilozoi-stico, che identifica la materia e la vita e immaginala materia vivente e generatrice. Per Talete anziessa divinizzata, s che Platone (*) e Aristotile ( 2 ) at-tribuiscono al Milesio la dottrina che tutte le cosesiano piene degli di. In Anassimandro, il concettodelPclTeiQov esprime l' infinit della materia e la suaidentit con se medesima: variano le sue parti, mail tutto immatevole (uetaPTiTov (3>). E, in forza di

    (1) Legg., x, 899 b.(2) De anima, A, 5, 41(:) Diog., ii, 1-2.

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    II. I PRESOCRATICI niquesta stessa identit, la generazione avviene non permutamento qualitativo, ma per separazione (xxQi-) :, l'aria; e la rappresentazioneimmaginosa del mondo diviene quella di una tavolaportata dall'aria (4).

    In questi tre pensatori, quasi contemporanei l'unoall'altro, e tutti conterranei, si compendia la primi-tiva scuola ionica di Mileto, ma non si esaurisce conessi. Ippone, vissuto al tempo di Pericle, si riattaccaal principio di Talete; Diogene d'Apollonia, con-temporaneo e forse pi giovane di Anassagora, adAnassimene: per in questi pensatori la purezzadell'antica dottrina appare corrotta dal miscugliodi elementi nuovi, dovuti alle scuole posteriori, equindi la loro voce non che quella di lontani etrascurabili epigoni.

    3. I Pitagorici. Intorno alla scuola di Pitagoracominci assai di buon'ora il lavorio della leggenda,s che riesce difficile determinare il valore storicodelle ricchissime fonti che ci sono state tramandateintorno ad essa. Della vita di Pitagora poco si sa concertezza. Egli visse nella prima met del VI secolo ;

    (1) Simpl., Phys., 6 a. b(2) Arist., Melap/i., xil, 2, p. 1069 b 20.(3) Simpl., Phys., 24, 1.(4) Arist., De coelo, n, 13, 294 b 13.

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    52 LA FILOSOFIA GRRCAda Samo, sua citt natale, dopo ipotetici viaggi inEgitto (dove si vuole che avesse appreso la dottrinasulla trasmigrazione delle anime), si trasfer a Crotonenella Magna Grecia e vi fond una setta d'indirizzoscientifico-politico-religioso. Esoterico era il carat-tere dell'insegnamento che s'impartiva in seno allascuola; e per giungere ad essa era necessario unlungo periodo d'iniziazione. Gl'iniziati, almeno quellidi grado superiore, vivevano insieme, secondo ilregime della comunione dei beni, praticavano ritideterminati e seguivano norme di vita assai rigo-rose. Tra gli scopi della setta era quello della ri-generazione morale della societ; tra le credenzereligiose, quella della trasmigrazione delle anime;tra le pratiche e i riti, le purificazioni e l'esame dicoscienza minuzioso e -giornaliero. In ci si rico-nosce una certa affinit con l'orfismo (M, che anzi,nelle dottrine psicologiche e morali raggiunge un pistretto grado di parentela : un rapporto di notevoleimportanza per la storia del pensiero, perch il pi-tagorismo, che non si ecclissa mai totalmente nelperiodo classico della filosofia greca, custodir ilricco contenuto dell'antica misteriosofia per la spe-culazione dell'et ellenistica.

    La partecipazione dei membri della scuola allavita pubblica fu molto attiva e ricca d'influenzesulla legislazione e sull'amministrazione della MagnaGrcia; ma l'indirizzo politico fu anche la rovinadei pitagorici, perch, come fautori del regime ari-stocratico, vennero travolti in seguito alle vittoriedella democrazia, sul principio del V secolo, e si ec-clissarono dalla vita politica dell'Italia meridionale,

    (l) Ma la religione dei pitagorici s'ispira pi direttamente al cultodi Apollo che a quello di Dioniso.

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    II. I PRESOCRATICI n3lino alla prima met del secolo seguente, in cui eb-bero una tardiva rifioritura.

    Poco si sa di preciso intorno alla dottrina di Pita-gora e dei suoi primi seguaci (Petron, Brontinos, Hip-pasos, ecc.); la ricostruzione filosofica del pitagorismo fondata in gran parte sull'opera dei pitagorici po-steriori, vissuti fuori d'Italia, come Filolao, Archita,Liside, Timeo, ecc., che esercitarono, da Socrate inpoi, una notevole influenza sul pensiero greco. Ma,dato il carattere esoterico dell' insegnamento deipitagorici, lecito presumere che la primitiva dot-trina si sia conservata con sufficiente purezza nellepi tarde esposizioni, e che quindi le notizie da noipossedute valgano a ritrarre la fisonomia dell'interascuola. Al che contribuisce, oltre che il carattere dom-matico di talune proposizioni principali del pitago-rismo, anche la mancanza di forti personalit inseno alla scuola, donde risultata, nelle fonti, ladesignazione anonima dei pitagorici, in luogo deisingoli nomi dei suoi fautori.

    Per limitarci alla sola attivit filosofica dei pita-gorici, il concetto centrale della loro dottrina quellodell'usa come numero. Nell'idea del numero, assaimeglio che nella materia dei Milesii, si rispecchianoi caratteri fondamentali dell'Qxrp In effetti, nelregresso del pensiero dai dati dell'esperienza al loroprincipio, noi troviamo il numero, sotto forma diproporzione o di rapporto quantitativo, ad esprimerel'ordine dei fenomeni e la costanza e stabilit delleloro leggi. Cos il movimento dei corpi, causa diun' infinita molteplicit sensibile, si risolve, in ultimaistanza, in una serie di rapporti numerici, rigidi eimmutabili.La materia dei Milesii risentiva ancora della meraimmediatezza sensibile : come acqua e come aria,

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    54 LA FILOSOFIA GRECAessa era ancora un che di qualitativo e quindi sog-getto al mutamento e alla corruzione delle qualitsensibili. Essa pertanto non rispondeva ai caratteriessenziali del principio, che sono l'immutabilit el'incorruttibilit. Assai meglio invece, se non piena-mente, vi risponde il concetto del numero, che,secondo Aristotile (''), ha un posto intermedio tra ilsensibile e l'intellettuale, avendo di quello !a plura-lit e di questo l'eternit e l'immutabilit. Cos, tra lamateria della scuola ionica e l'essere della scuolaeleatica, che , come vedremo, il termine finale nellosvolgimento dell'o/jj, il numero dei pitagorici rap-presenta come un concetto intermedio, che si riportaall'uno e all'altro per le sue note differenziali.

    La difficolt maggiore per intendere, nella suastoricit, il significato del principio pitagorico, nonsta, come si pu immaginare comunemente, nella suasoverchia astrattezza, ma al contrario, nella sover-chia materialit in cui concepito. A noi moderni,vissuti dopo Kant, riesce facile spiegarci come ilnumero possa essere principio delle cose, perch gliattribuiamo un valore puramente formale, e ciolo concepiamo come una forma mentale, in cui vienpensata una molteplicit sensibile materia di quellaforma. Al contrario e qui sta il nodo della diffi-colt per i pitagorici non esiste ancora la distin-zione tra forma e materia, e il numero insiemeindifferentemente forma o legge deile cose e materiadi esse; non dunque distinto dalle cose, ma s'iden-tifica con loro (2 ).Tale identificazione ha un carattere in parte scien-tifico, in parte fantastico. Innanzi tutto, conforme

    (1) Metapli., i, 6, p. 987 b U.(2) Arist., Metaph., i, 5-6.

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    II. I PKBSOORATICI 55al concetto dell'px'n che le cose non abbiano realtper quel che appariscono ai sensi, ma per quel chesono sostanzialmente; epper, una volta assunto ilnumero come principio, ne deriva che conforme adesso debbono essere modellate le cose, e non sorgereche per imitazione o mimesi (*). Il numero non dunque un nostro modo soggettivo di disporre eaggruppare le cose, ma insito ad esse. Questo og-gettivismo chiaramente espresso nel principio enun-ciato da Filolao ( 2 ): che ci che noi possiamo cono-scere ha numero. Senza di esso, niente si pu com-prendere o conoscere >. Il che vuol dire che il numeronon condizionato dal nostro apprendimento, cionon , come oggi si dice, un principio gnoseologico,ma condizione oggettiva del nostro apprendimento,e come tale risiede nelle cose stesse.

    Ma, ci che meglio ancora pu fare intendere ilvalore sostanziale del numero, che esso non vieneinteso dai pitagorici come astratto rapporto quanti-tativo, bens come quantit concreta, estensiva ospaziale. Il numero infatti il pari e l'impari; comepari l'illimitato, come impari il limitato. Questaidentificazione della quantit numerica e della quan-tit estesa o spaziale un primo rudimentale abbozzodel principio cardinale della geometria analitica di gran momento per l' intelligenza del pitagorismo,perch una volta inteso che il numero la quantitestesa nella sua illimitatezza e nel suo limite, pos-sibile intendere la genesi delle cose dal numero, nelsenso che tutto nasce dal contrasto, dal contempe-ramento del limitato e dell'illimitato. La legge diquesto contrasto in effetti insita essenzialmente

    (1) mni'ioei x vxa tpaoiv elvai twv 6qi8)cv (Arist , loe. cit.).(2) Fr. 4 (Dikls).

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    56 LA FILOSOFIA GRBCAal numero, che, se nei singoli momenti della suaserie soltanto pari o soltanto impari, invece nel-l'unit iniziale che genera la serie, e aggiungendosial pari d l'impari e all'impari il pari, in questaunit esso concorso delle due opposte determina-zioni e legge della loro unione. L'uno (giovai;) ilparimpan ((/.qtio.tchttov), principio del pari e dell'im-pari, della serie numerica e della realt. Cos, nellasan denominazione estensiva, come unione dell'illi-mitato e del limitato, esso spiega la formazione delmondo naturale e la genesi delle cose (*).

    Qui, non altrimenti che nella scuola ionica, noivediamo sorgere il dialettismo, la spiegazione deldivenire del mondo, mediante il concorso degli oppo-sti. Le coppie fondamentali dei contrari, secondo ipitagorici, sono, oltre il pari e l'impari, e il limitato

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    II. I PRESOCRATICI 57Ma questa intelligenza piena del numero una sco-

    perta assai posteriore alla scuola pitagorica, la qualeii.in ne ha intuito che il principio, e non ne ha potutosvolgere le conseguenze, legata com'essa era allepremesse dell'adii cio a dire alla concezione delnumero non come attivit, ma come sostanza immo-bile e fissa. Di qui la contraddizione del pitagorismo,assai pi viva che non quella della scuola ionica: dauna parte, la concezione del principio, dall'altral'esigenza di spiegare il divenire del mondo, in con-trasto con quella concezione. Ond' che, malgradotutti i tentativi dei pitagorici, per spiegare dialetti-camente, merc il concorso di forze contrarie, i mu-tamenti che avvengono nel mondo, Aristotile potevamuover loro la critica che( 1 ): col porre a fondamentosolo il limite e l'illimitato, con ci i pitagorici nondicono come avviene il movimento, e come, senzail movimento, hanno luogo il sorgere e lo sparire,cio gli stati e le attivit delle cose celesti . Ancheper i pitagorici, dunque, come per i milesii, sebbenesopra un gradino pi alto, si presenta la stessa dif-ficolt, di spiegare il mutamento con l'immutabile,il variabile col fisso, e s' insinua, nella stessa rigidacompagine dell'ape, un principio dissolvitore, di cuisi gioveranno le successive filosofie.

    Fin qui abbiamo analizzato la parte pi propria-mente scientifica del principio quantitativo dei pita-gorici. Ma accanto ad essa ve n' un'altra di caratterefantastico e mitico, che giover a farci individuarepi compiutamente l'intera dottrina. Dal concettodella realt sostanziale e autonoma del numero, deri-vavano propriet e caratteri peculiari del numeroin quanto tale; e la fantasia creava tutta una scala

    (1) Metaph.

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    58 LA FILOSOFIA GRECAdi valori simbolici, a partire dall'uno, principio dellecose e primo nell'ordine dei beni, fino alla decade,massimo tra i valori, chiamata da Pilolao grande, on-nipotente, senza cui tutto firceigog, tutto oscuro ( 1).L'efficienza di questo simbolismo si dimostra special-mente nella cosmogonia pitagorica, che rappresental'universo come formato da dieci corpi, dispostiintorno al fuoco centrale, e moventisi con una divinaarmonia di suoni, che noi per non udiamo, datala loro continuit ininterrotta, mentre noi non siamoin grado di concepire i suoni se non col contrastodel silenzio.

    In questa intuizione c' un intreccio, nel suocomplesso potentemente suggestivo, di note fanta-stiche e razionali. Il numero dei dieci corpi celestiera stabilito in omaggio al simbolismo della decade,e poich, dalla terra al cielo delle stelle fisse nonvenivano contati che nove corpi od ordini di corpivisibili, i pitagorici ne immaginarono un decimo, in-visibile perch situato di contro alla terra, e lo chia-marono antiterra, raggiungendo cos il numero per-fetto secondo il loro sistema. Ma, nel tempo stesso,con l'idea di una rivoluzione generale dei pianeti,degli astri, quindi anche della terra, intorno al fuococentrale, veniva abbandonato il primitivo suppostogeocentrico, e l'astronomia passava dalla considera-zione dei meri moti apparenti a quella di moti reali,anche contrastanti con le apparenze. Certo, il car-dine del sistema cosmico il fuoco centrale eraancora fantastico; e d'altra parte il movimento tra-slativo dei pianeti non veniva integrato da quellorotativo di ciascuno di essi intorno al proprio asse;ina un nuovo fondamento era dato alla cosmologia,ed anche un suggestivo avviamento verso questa

    (1) Fr. 11.

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    II. I PHESOCRATICI 59ulteriore meta era implicito nella rappresentazionedella terra e degli astri come corpi sferici, e nonpi come dischi o sezioni cilindriche, secondo l' im-maginazione dei Milesii.Un altro punto notevole del sistema dato dal-l'idea dell'armonia dei corpi e delle sfere celesti.L'idea dell'armonia strettamente connessa, nellafilosofia pitagorica, a quella del numero, in quantoche l'armonia rapporto, cio proporzione, quindiha nel numero il suo fondamento. La stretta unit, equasi l'identit, dei due termini, si manifesta allascuola nella musica, da essa studiosamente colti-vata; e poi, analogicamente, nell'astronomia e nellascienza stessa dell'uomo. Cos Filolao e i suoi se-guaci (*) professano la dottrina che l'anima sia ar-monia; e come armonia viene anche definita la virtin seno alla scuola (2).Questo concetto dell'armonia integra e nello stessotempo corregge col suo implicito finalismo, la rigidanecessit, che era nella determinazione puramentequantitativa del principio. Tutto avviene insieme pernecessit ed armonia secondo Filolao 3); e, con questaidea finalistica, entra nella filosofia un'altra nuovaesigenza, che non era contenuta nell'p^Ti, perch ilfine guarda non pi all'origine delle c