26
5.3.1 Introduzione Definizioni La generazione distribuita può essere definita come la generazione di energia elettrica in impianti di pic- cola taglia, posti a ridosso delle utenze. In caso di loca- lità molto lontane dalle reti elettriche questi impianti possono alimentare singole utenze o microreti isolate, ma la soluzione più comune prevede l’interfacciamento con le reti elettriche di distribuzione, a media o bassa tensione (fig. 1). Gli impianti per la generazione distribuita possono essere suddivisi in due grandi categorie: gli impianti che utilizzano fonti di energia rinnovabili con processi che generalmente non prevedono l’utilizzazione di cicli ter- modinamici (per esempio, i sistemi fotovoltaici alimen- tati da energia solare, gli aeromotori alimentati da ener- gia eolica, le piccole turbine idroelettriche) e quelli, assai 435 VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ 5.3 Generazione distribuita centrali a energia rinnovabile linee di trasporto primario o AT stazioni di trasformazione AT/MT stazioni di trasformazione MT/BT centrale di generazione di punta cabina di ricezione centrale di generazione con funzione di riserva primaria e di riserva secondaria utenze residenziali utenze industriali utenze terziario celle a combustibile micro- cogenerazione fotovoltaico turbina a gas motore a combustione interna linee di distribuzione MT fig. 1. Generazione distribuita e interfacciamento con la rete. AT, Alta Tensione; MT, Media Tensione; BT, Bassa Tensione.

5.3 Generazione distribuita - Treccani

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Page 1: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

5.3.1 Introduzione

DefinizioniLa generazione distribuita può essere definita come

la generazione di energia elettrica in impianti di pic-cola taglia, posti a ridosso delle utenze. In caso di loca-lità molto lontane dalle reti elettriche questi impiantipossono alimentare singole utenze o microreti isolate,ma la soluzione più comune prevede l’interfacciamento

con le reti elettriche di distribuzione, a media o bassatensione (fig. 1).

Gli impianti per la generazione distribuita possonoessere suddivisi in due grandi categorie: gli impianti cheutilizzano fonti di energia rinnovabili con processi chegeneralmente non prevedono l’utilizzazione di cicli ter-modinamici (per esempio, i sistemi fotovoltaici alimen-tati da energia solare, gli aeromotori alimentati da ener-gia eolica, le piccole turbine idroelettriche) e quelli, assai

435VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

5.3

Generazione distribuita

centralia energia

rinnovabile

linee di trasportoprimario o AT

stazioni ditrasformazione

AT/MT

stazioni ditrasformazione

MT/BT

centrale digenerazione

di punta

cabina diricezione

centrale di generazionecon funzione di riserva primaria

e di riserva secondaria

utenze residenziali utenze industriali utenze terziario

celle acombustibile

micro-cogenerazione

fotovoltaico

turbinaa gas

motore acombustione

interna

linee di distribuzione MT

fig. 1. Generazione distribuita e interfacciamento con la rete. AT, Alta Tensione; MT, Media Tensione; BT, Bassa Tensione.

Page 2: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

più comuni e strategicamente significativi, che si basa-no sull’utilizzazione di combustibili (di origine fossile,o rifiuti, o biomasse) e coinvolgono processi termodi-namici, che portano a generare oltre all’energia elettri-ca anche energia termica a bassa temperatura.

Per questa seconda tipologia, è razionale utilizzare,oltre all’energia elettrica, anche il calore a bassa tempe-ratura, traendo vantaggio dalla vicinanza fisica fra ilpunto in cui il calore è cogenerato e l’utenza termica. Inquesto caso, si parla di microcogenerazione o cogenera-zione distribuita. Nel seguito, per questi impianti, si par-lerà di rendimento elettrico (he) con riferimento al rap-porto tra potenza elettrica utile e potenza termica forni-ta, di rendimento termico (ht) con riferimento al rapportotra potenza termica utile e potenza termica fornita, direndimento totale (htot) con riferimento al rapporto trapotenza totale utile e potenza termica fornita; ciò signi-fica che htot�he�ht. In altre parole il rendimento elet-trico rappresenta la percentuale di calore fornito dal com-bustibile che viene convertito in energia elettrica, men-tre il rendimento termico rappresenta la percentuale dicalore altrimenti utilizzato (il termine rendimento senzaulteriori specificazioni verrà invece usato, in particola-re nel caso di motori termici, con riferimento al tradi-zionale rapporto lavoro meccanico/calore fornito).

Quando alla generazione di energia elettrica e calo-re si aggiunge la produzione di freddo, il termine più cor-retto diviene microtrigenerazione.

Vengono di seguito descritte le tecnologie, sia dispo-nibili commercialmente, sia oggetto di ricerca e sviluppodi microcogenerazione e microtrigenerazione, alimenta-te da combustibili fossili (principalmente gas naturale).

Campi di applicazioneI settori applicativi in cui oggi è più diffusa la micro-

cogenerazione sono il terziario, la piccola e media indu-stria e il residenziale. In un’ottica di più lungo termine,spazi di mercato interessanti per le applicazioni di micro-cogenerazione potrebbero venire anche, su scala più ridot-ta, dalle applicazioni domestiche, dove l’esistenza di unnumero molto elevato di potenziali clienti potrebbe darluogo a potenze installabili di gran lunga superiori a quel-le previste per il settore terziario. Se prendiamo l’esem-pio limite di microgenerazione, cioè l’applicazione mono-familiare domestica, la prospettiva affascinante è quelladi sostituire gradualmente il mercato delle ‘caldaiette’domestiche a gas naturale (un mercato che in molte nazio-ni vede ritmi annui di unità installate di svariati milionidi pezzi) con oggetti che abbiano le stesse caratteristichedi sicurezza, semplicità di uso e installazione, ma chesiano in grado di coprodurre energia elettrica e calore,in modo ‘intelligente’, vale a dire recuperando sempreintegralmente il calore e concentrando la produzione dienergia elettrica nei periodi in cui è più pregiata. Que-sto consentirebbe di immettere in rete grandi quantità

di energia, che verrebbe generata con un rendimento tota-le all’incirca unitario (imbattibile, dal momento che anchele centrali di grande potenza per sola generazione di ener-gia elettrica non arrivano al 60%), per di più concentra-ta in ore pregiate ed esente dalle perdite di rete.

La fonte energetica più promettente per la microco-generazione, sia per la sua capillarità di diffusione, siaper le sue caratteristiche di pulizia, sia infine per la suacompatibilità con le tecnologie più avanzate, è il gas natu-rale. È opinione diffusa che, soprattutto nella fase didecollo di queste tecnologie, serva un quadro normati-vo-tariffario agevolante, che dovrà trarre motivazionedai potenziali benefici energetici e ambientali: la micro-cogenerazione, se correttamente gestita, può infatti con-sentire importanti vantaggi in termini di risparmio dienergia primaria, che si traducono in minori emissionidi gas inquinanti, rispetto alla generazione separata dienergia elettrica, che è generalmente basata su un mixdi combustibili (oltre al gas, olio combustibile e carbo-ne) che hanno, anche a pari consumo di energia prima-ria, una maggiore emissione specifica di CO2. Inoltre,le emissioni specifiche di sostanze nocive, in particola-re NOx, SOx, PTS (Particolato Totale Sottile) di un micro-cogeneratore a gas possono essere sensibilmente infe-riori (quando non sostanzialmente nulle, come nel casodi SOx e PTS per alimentazione a gas naturale e di NOx

per le celle a combustibile) rispetto a quelle delle cen-trali termoelettriche che immettono energia elettrica sullarete. Una preoccupazione ricorrente, quando si parla digenerazione distribuita, è il possibile aumento locale diinquinanti nelle aree metropolitane, causato dalla mag-giore utilizzazione di combustibile rispetto alle caldaietradizionali. Per evitare queste critiche, solo in parte fon-date, visti i tempi di permanenza e le distanze di per-correnza degli inquinanti gassosi nell’atmosfera, è fon-damentale – e la tecnologia oggi lo permette – che lamicrocogenerazione punti a motori caratterizzati da emis-sioni specifiche minori rispetto a quelle delle caldaie tra-dizionali (Macchi et al., 2005).

Tecnologie energetiche e rendimentiEsiste una vasta tipologia di sistemi di generazione

di energia elettrica da combustibili fossili. In generale,all’aumentare della taglia si assiste a un incremento deirendimenti elettrici ottenibili, ma la situazione è in realtàassai complessa. In fig. 2 sono rappresentate, insiemealle tecnologie di generazione elettrica adottate nellegrandi centrali, le varie tecnologie che sono di seguitodescritte; le diverse tecnologie sono infatti a diversi stadidi evoluzione tecnologica: alcune sono disponibili com-mercialmente, altre a livello di impianti dimostrativi,altre infine a livello di prototipi da laboratorio. Si va darendimenti elettrici di bassa percentuale dei sistemi ter-mofotovoltaici (TPV, ThermoPhotoVoltaic), a rendimentisuperiori al 70% dei sistemi ibridi.

436 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

Page 3: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

I rendimenti elettrici elevati sono certamente impor-tanti, ma la pratica cogenerativa dà spazio, in termini dirisparmi energetici, anche a tecnologie con rendimentielettrici moderati, quando operano con recupero di calo-re totale (meglio se recuperano anche il calore di con-densazione), come mostrato nella fig. 3, in cui le duerette identificano le prestazioni energetiche di un siste-ma basato sulla generazione ‘separata’ di energia elet-trica e calore: la retta verde identifica i sistemi di gene-razione elettrica e termica attualmente presenti nellemaggiori nazioni industrializzate, quella rossa lo ‘statodell’arte’ delle tecnologie; si nota come tutte le tecno-logie di microcogenerazione si collochino in posizione

migliore rispetto alle due rette e abbiano quindi più ampimargini di risparmio energetico.

5.3.2 Tecnologie di microgenerazione

Motori alternativi a combustione interna

Principio di funzionamento, prospettivee applicazioni cogenerative

I Motori a Combustione Interna (MCI) sono stati stu-diati e utilizzati a partire dalla seconda metà del 19° secolo

437VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

rend

imen

to e

lett

rico

(%

)

0

10

20

30

40

50

60

70

80

taglia impianto (kW)

cicli ibridi con FC�turbina a gascicli

combinati

celle a combustibile

motoriStirling

TPV

TVTGAD

TGHD

USC eIGCC

microturbine a gasmotori a combustione interna

SOFC

PEMPAFC

MCFC

10�1 1 10 102 103 104 105 106

fig. 2. Rendimento elettricoin funzione della potenza, neisistemi di produzione di energia elettrica.SOFC, Solide Oxide FuelCell; PEM, PolymerElectrolytic Membrane;PAFC, Phosphoric AcidFuel Cell; MCFC, MoltenCarbonate Fuel Cell;USC, Ultra Super Critical;IGCC, IntegratedGasification CombinedCycle; TGHD, Turbina a Gas Heavy Duty (per applicazioni industriali);TGAD, Turbina a GasAeroDerivative (di derivazione aeronautica);TV, Turbina a Vapore.

rend

imen

to e

lett

rico

(%

)

0

20

10

30

40

50

60

70

80

90

100

rendimento termico (%)0 20 40 60 8010 30 50 70 90 100

cicli ibridi con cellea combustibile �turbina a gas

celle a combustibileMCFC e SOFC

celle a combustibile PAFC e PEM

motori Stirling

sistemi TPV

IRE�0scenario avanzato

IRE�0scenario convenzionale

microturbine a gas

motori a combustione interna

fig. 3. Prestazionienergetiche di sistemi di microcogenerazione a recupero integrale del calore nel pianorendimento elettrico in funzione del rendimentotermico. IRE, Indice di Risparmio Energetico.

Page 4: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

e hanno conosciuto uno sviluppo industriale grandissi-mo grazie alla loro diffusione nelle applicazioni di tra-zione (su autoveicoli e in campo ferroviario), di propul-sione (su aerei e in ambito navale) e in molteplici appli-cazioni stazionarie (motopompe, gruppi elettrogeni,compressori aria, ecc.). Nell’ambito della generazionedistribuita, si impiegano motori con taglia variabile dapochi kWe (usi residenziali) fino a circa 10 MWe. Tra levarie tecnologie disponibili per la microgenerazione, iMCI hanno l’indubbio vantaggio di costituire una tec-nologia matura e ampiamente diffusa, caratterizzata daun’elevata affidabilità, con rendimenti elevati e costi rela-tivamente contenuti. Elementi svantaggiosi sono inveceil costo di manutenzione piuttosto elevato, una certarumorosità di funzionamento, la presenza di vibrazionie la necessità di impiegare sistemi di abbattimento degliinquinanti per raggiungere livelli di emissioni (NOx, CO)confrontabili con quelli delle tecnologie concorrenti,quali le turbine a gas. Da considerare con attenzioneanche il tema della vita utile che, nel caso delle appli-cazioni cogenerazione, deve essere ben superiore a quel-la dei motori automobilistici.

Si ricorda che i motori alternativi a combustione inter-na (v. cap. 8.1) vengono classificati, in base al ciclo ter-modinamico, in motori a ciclo Otto (motori ad accen-sione comandata) e motori a ciclo Diesel (motori adaccensione spontanea); in funzione della modalità concui è realizzato il ciclo di lavoro, possono essere a dueo quattro tempi. Nel seguito si farà riferimento ai solimotori a quattro tempi, di gran lunga i più diffusi nelcampo della cogenerazione.

Si ricorda ancora che il ciclo Otto ideale si compo-ne di quattro trasformazioni (due isocore e due adiaba-tiche isoentropiche): compressione adiabatica dal PMI(Punto Morto Inferiore) al PMS (Punto Morto Superio-re), combustione istantanea isocora, espansione adiaba-tica dal PMS al PMI, scarico naturale isocoro. Il rendi-mento del ciclo Otto ideale è dato da:

T1�T4 1h �1�1121�1��23�

g�1

T3�T2 r

ove g è il rapporto tra il calore specifico a pressione e avolume costante e r è il rapporto di compressione volu-metrico (z�V1/V2), cioè il rapporto tra i volumi dispo-nibili al PMI e al PMS.

Per realizzare il ciclo Otto reale si devono conside-rare le seguenti quattro fasi:• aspirazione o ammissione, necessaria per introdurre

nel cilindro, in rapporto generalmente vicino al valo-re stechiometrico, la miscela aria-combustibile (ben-zina o gas naturale), attraverso l’apertura della val-vola di aspirazione (dal PMS al PMI);

• compressione della miscela (dal PMI al PMS), cuisegue la combustione; la miscela è accesa medianteuna scintilla provocata da una candela; è importante

che la miscela non si accenda spontaneamente pereffetto delle elevate temperature che si instauranodurante la compressione (detonazione), e pertanto irapporti di compressione volumetrici sono limitatida questa esigenza (all’incirca 10:1);

• espansione dei gas combusti realizzando la fase utile(dal PMS al PMI);

• scarico forzato, successivamente allo scarico natu-rale (dal PMI al PMS), con espulsione dei gas com-busti residui attraverso la valvola di scarico aperta.Si ricorda infine che il ciclo Diesel si differenzia in

modo sostanziale dal ciclo Otto, in quanto:• durante la fase di compressione viene compressa sola-

mente aria, il che rende possibile realizzare rappor-ti di compressione volumetrici elevati (indicativa-mente intorno a 20:1) senza le problematiche di deto-nazione presenti nei motori Otto. Questa differenzasi traduce in un importante vantaggio termodinami-co, in quanto il rendimento del ciclo Diesel idealerisulterebbe inferiore a quello del ciclo Otto, a paritàdi rapporto di compressione; tuttavia nel caso realei motori Diesel possono impiegare rapporti di com-pressione maggiori e quindi raggiungono rendimen-ti più elevati;

• il combustibile è iniettato nel cilindro alla fine dellacompressione tramite un sofisticato sistema di inie-zione ad alta pressione e la combustione inizia spon-taneamente a causa dell’alta temperatura dell’aria.Al contrario di quanto avviene nei motori a ciclo Otto,il combustibile impiegato nei motori Diesel deveaccendersi spontaneamente alle temperature di finecompressione e la combustione avviene in modo piùgraduale, idealmente a pressione costante;

• il rapporto aria/combustibile è maggiore di quellostechiometrico nel funzionamento a piena potenza;ai carichi parziali viene ridotta la quantità di com-bustibile a parità di aria aspirata nel cilindro, dunqueil rapporto aria/combustibile cresce ulteriormente;nei MCI a ciclo Otto invece il rapporto aria/combu-stibile rimane generalmente pressoché costante, men-tre viene variata la quantità di miscela elaborata nelcilindro agendo su un’apposita valvola a farfalla checrea una perdita di carico nei condotti di aspirazio-ne. Per questo motivo i motori Diesel hanno rendi-menti ai carichi parziali superiori a quelli dei moto-ri a ciclo Otto.Dal punto di vista degli sviluppi della tecnologia degli

MCI, è da notare che le sperimentazioni e le ricerchestanno conducendo verso soluzioni termodinamiche inno-vative che tendono ad avvicinare sempre di più il cicloOtto al ciclo Diesel, prospettando l’adozione di motoriche coniughino i vantaggi termodinamici e ambientalidei due differenti tipi di ciclo: si pensa a motori a cari-ca magra che raggiungono elevati rapporti di compres-sione (alti rendimenti), intermedi tra gli attuali motori

438 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

Page 5: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

Otto e i Diesel, con presenza contemporanea di candeladi accensione e di iniezione diretta di combustibile incamera di combustione.

I motori a combustione interna sono caratterizzati daun’ampia flessibilità di utilizzazione. In particolare, pos-sono funzionare a differenti regimi di rotazione e a fra-zioni del carico molto diverse, passando rapidamente dauna condizione di funzionamento all’altra. Inoltre richie-dono tempi relativamente brevi di avviamento e sonoadatti a lavorare in condizioni ambientali molto variabi-li. A differenza di quanto accade nell’impiego automo-bilistico, nelle applicazioni cogenerative il motore è fattofunzionare a giri costanti, con una velocità di rotazionescelta in relazione alla frequenza di rete richiesta e allecaratteristiche dell’alternatore. La fig. 4 mostra le pre-stazioni in termini di rendimento elettrico per tre valoridel carico richiesto (100%, 75% e 50%) per alcuni moto-ri cogenerativi funzionanti a gas naturale, a pari condi-zioni ambientali.

CombustibiliI motori a combustione interna possono utilizzare

una grande varietà di combustibili. I motori Diesel perapplicazioni stazionarie impiegano gasolio o per lo piùgas naturale in miscela con il gasolio (motori dual fuel)e in casi sporadici, certamente non compatibili con gliobiettivi ecologici alla base della cogenerazione, posso-no anche utilizzare olio pesante (diesel lenti a due tempi).I motori a ciclo Otto utilizzano benzina, gas naturale,propano oppure anche gas con basso potere calorificocome il gas da discarica o il biogas. Nel caso di motoriper cogenerazione, il combustibile di gran lunga più uti-lizzato è il gas naturale, per le sue caratteristiche di com-patibilità ambientale, la disponibilità assicurata dalla retedi distribuzione e il vantaggio di assenza di serbatoi peril combustibile e dei necessari rifornimenti periodici. Ilsuo utilizzo riduce inoltre gli oneri di manutenzione e ingenerale prolunga la vita utile dei motori.

Caratteristiche tecnologicheNei motori a gas naturale a ciclo Otto per cogene-

razione, il combustibile è iniettato nei condotti di aspi-razione e forma una miscela solitamente vicina al valo-re stechiometrico; il rapporto di compressione non supe-ra normalmente valori compresi tra 9:1 e 12:1, per evitarela detonazione della carica, anche se nel caso del gasnaturale ci si avvantaggia di un potere antidetonantemaggiore rispetto alle benzine normalmente impiegatenei motori per autotrazione (numero di ottano prossi-mo a 120 contro 95-100 delle benzine). In alcuni casi,in cui si usano miscele magre (con rapporto aria/com-bustibile superiore al valore stechiometrico) per averebasse emissioni di NOx e alti rendimenti, si parla dimotori di tipo lean burning. Tali motori vengono costrui-ti predisponendo una precamera posta in comunicazio-ne con la camera di combustione nella quale avvienel’accensione di una miscela ricca, che poi entra nel cilin-dro e consente la combustione della rimanente caricache presenta invece un eccesso d’aria. Lo stesso effet-to può essere ottenuto realizzando una ‘carica stratifi-cata’, ossia facendo in modo che la miscela a contattocon la candela presenti bassi valori del rapporto aria/com-bustibile (vicini al valore stechiometrico), mentre il restodella carica è costituito da una miscela magra. Il rendi-mento elettrico dei motori a gas ad accensione coman-data va dal 27% delle piccole unità (50 kWe) fino al 38%circa di quelli da 500 kWe, per raggiungere il 45% neigrandi motori che mettono a disposizione potenze elet-triche dell’ordine dei MWe. Per le applicazioni di tagliapiù piccola (1-5 kWe), destinate a usi domestici, si impie-gano generalmente motori a ciclo Otto monocilindricia quattro tempi, funzionanti a gas naturale, dotati dicatalizzatore a tre vie od ossidante (per i MCI a caricamagra). Il rendimento elettrico dei MCI di questo tipooscilla tra il 20 e il 25%, con rendimenti totali prossi-mi all’85-90%. Molti motori a gas ad accensione coman-data per cogenerazione derivano costruttivamente damotori Diesel realizzati per altri scopi. La trasforma-zione a gas impone ovviamente l’aggiunta di una can-dela per l’accensione e la diminuzione della potenzanominale del motore (al 60-80%) per evitare il feno-meno della detonazione; come conseguenza, il costounitario al kWe installato tende a crescere rispetto aiDiesel da cui derivano.

I motori a gas naturale a ciclo Diesel (dual fuel ) percogenerazione sono invece motori Diesel funzionantiprevalentemente a gas naturale, con l’aggiunta di unapiccola percentuale di gasolio (1-10%) che ha la fun-zione di provocare l’autoaccensione della carica e di favo-rire la lubrificazione di alcuni componenti del motore.Il gas naturale può essere iniettato in due modalità sostan-zialmente differenti: a bassa pressione nel collettore diaspirazione (mentre il gasolio è iniettato nel cilindro) oad alta pressione direttamente in camera di combustione

439VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

125 kWe100%

75%

50%

250 kWe

500 kWe

rend

imen

to e

lett

rico

(%

)

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40

39

38

37

36

35

34

33

32

31

potenza elettrica (kWe)10 100 1.000

fig. 4. Prestazioni di motori a combustione interna a gas naturale per tre valori del carico richiesto (100%, 75%, 50%).

Page 6: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

insieme all’iniezione di gasolio. Nel primo caso la poten-za nominale deve esser ridotta all’80-95% per i motivigià esposti; nel secondo caso non si ha in pratica unariduzione della potenza sviluppata dal motore.

I motori a combustione interna sono spesso dotati disovralimentazione mediante turbocompressore, in par-ticolare per le taglie superiori a qualche decina di kWe.Il sistema è solitamente abbinato a uno scambiatore dicalore (intercooler) che effettua l’inter-refrigerazionedell’aria uscente dal compressore, al duplice scopo diaumentarne ulteriormente la densità e ridurre il lavorodi compressione del motore. La sovralimentazione coninter-refrigerazione aumenta la potenza del motore dimi-nuendone i costi specifici; inoltre, nella maggior partedei casi, migliora il rendimento e riduce le emissioniinquinanti (in particolar modo NOx). Il rapporto di com-pressione realizzato dal turbocompressore è normalmentedell’ordine di 1,5-2,5:1, ma esistono realizzazioni in cuisi arriva a un rapporto 4:1.

Parametri energetici, economici e ambientaliIl rendimento elettrico e il costo specifico dei MCI

risentono di effetti di scala, come si può osservare daidiagrammi di fig. 5, in cui le potenze dei motori in ascis-sa sono riportate in scala logaritmica.

Il motore a combustione interna si presta all’utiliz-zo in cogenerazione in quanto rende disponibile caloredi scarto recuperabile da diverse fonti e il recupero ter-mico è possibile senza modifiche al ciclo termodinami-co. In tab. 1 è rappresentato il bilancio energetico in untipico MCI di taglia media (500 kWe). È da notare che ilcalore è disponibile a diversi livelli termici: l’intercoo-ler rende disponibile calore a 50-60 °C, l’olio del sistemadi lubrificazione a temperature comprese tra 75-85 °C,mentre il circuito di raffreddamento è invece general-mente a una temperatura media di 90-95 °C. Comples-sivamente, il calore recuperabile da questi circuiti ammon-ta al 25% circa rispetto all’energia termica entrante conil combustibile. I gas combusti in uscita dal motore sitrovano invece a una temperatura che oscilla tra 400 e500 °C; il calore disponibile a questo livello di tempe-ratura (idoneo, per esempio, per produrre vapore) è cir-ca il 30% rispetto all’energia termica entrante con ilcombustibile.

I MCI sono adatti a utilizzazioni cogenerative, soprat-tutto quando è richiesto calore a bassa temperatura (peresempio, per la produzione di acqua calda per riscal-damento), eventualmente affiancato da una moderatarichiesta di calore a temperatura intermedia (per esem-pio, per la produzione di vapore per un processo indu-striale). In fig. 6 è rappresentato uno schema tipico direcupero termico per produzione di acqua calda, in cuiil recupero dalle varie sorgenti termiche avviene dispo-nendo le sorgenti stesse in serie, nel senso delle tem-perature crescenti.

Per quanto riguarda le emissioni inquinanti, nel casodi motori a ciclo Otto per cogenerazione a gas naturale,i livelli di emissione si avvantaggiano delle ottime carat-teristiche del combustibile, che essendo più pulito digasoli e benzine offre anche il vantaggio di contenere i

440 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

tab. 1. Bilancio energetico in un MCI di taglia media(500 kWe)

Energia elettrica 37%

Intercooler 7,5%

Olio di lubrificazione 6,4%

Acqua di raffreddamento 10,6%

Calore recuperato dai fumi 24,6%

Perdite elettriche e ausiliari 1,5%

Perdite termiche 6%

Calore di scarto 6,4%

Energia chimica associata al combustibile (PCI, Potere Calorifico Inferiore) �100

A

B

rend

imen

to e

lett

rico

(%

)

26

42

40

38

36

34

32

30

28

potenza elettrica (kWe)10 100 1.000

cost

o (e

uro/

kWe)

potenza elettrica (kWe)1 10 100 1.000

0

4.500

4.000

3.500

3.000

2.500

2.000

1.500

1.000

500

fig. 5. Rendimento elettrico (A) e costo (B) in funzione della taglia (potenza elettrica installata) per alcuni motori a combustione interna.

A

B

Page 7: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

costi di manutenzione del motore e di allungarne la vitautile. Anche nel caso dei motori Diesel si riducono quin-di praticamente a zero le emissioni di particolato. Tutta-via, in un MCI i livelli di emissioni inquinanti sono comun-que elevati se paragonati con altri impianti in cui la com-bustione è esterna o con le turbine a gas, che sonomacchine a flusso continuo in cui il processo di combu-stione è regolare e più facilmente controllabile. Il moti-vo è da ricercare nella natura stessa dei motori, nei qualile reazioni di combustione avvengono all’interno del cilin-dro in tempi ridotti e con temperature molto variabili; aciò si aggiunga che i gas sono messi in contatto con lepareti relativamente fredde del motore, per cui lo stratolimite vicino alle pareti è sede di una cattiva combustio-ne. Le principali emissioni inquinanti di un MCI sono:• monossido di carbonio (CO), che si forma ad alta

temperatura per bassi valori del rapporto a aria/com-bustibile (miscele ricche);

• idrocarburi incombusti (HC) che si formano nellezone a bassa temperatura e per bassi valori del rap-porto a;

• ossidi di azoto (NOx) la cui formazione è favoritadalle alte temperature di combustione.Per rispettare le normative vigenti è sempre necessa-

rio prevedere interventi specifici per ridurre le emissioni,durante e/o a valle della combustione. Tra i rimedi duran-te il processo di combustione, è diffuso l’utilizzo, nel casodei motori a ciclo Otto, dei motori a miscela magra (leanburning), che consentono di limitare le emissioni di COe di contenere le temperature di fiamma e quindi la for-mazione di NOx e permettono rapporti di compressionepiù alti, con benefici in termini di rendimento. Un altrorimedio in sede di combustione, utilizzato prevalentementenel caso dei motori Diesel, è l’utilizzo di una valvolache consente il ricircolo di una parte dei gas combustiall’interno della carica fresca aspirata dal motore (EGR,Exhaust Gas Recirculation). In questo modo si diluisce lacarica fresca contenendo le temperature in fase di com-bustione (i fumi inoltre hanno un contenuto d’acqua cheaumenta la capacità termica della carica) e ottenendo una

riduzione di NOx formati. Anche l’inter-refrigerazioneapporta benefici sulle emissioni di NOx, in quanto limitale temperature al termine della fase di compressione equindi anche quelle durante la combustione.

Per quanto riguarda invece i rimedi a valle della com-bustione è possibile intervenire inserendo nel condottodi scarico dei catalizzatori. Per i motori a ciclo Otto sipuò utilizzare un catalizzatore a tre vie, in grado con-temporaneamente di ossidare CO e HC e di ridurre gliNOx presenti nei gas di scarico, a condizione che il fun-zionamento avvenga con miscele aria/combustibile pros-sime al valore stechiometrico. Pertanto sono necessariuna misura del tenore di ossigeno nei gas di scarico (sondalambda, indice del rapporto di miscela) e un controllo inretroazione che agisce sul dosaggio del combustibile.Nel caso dei motori Diesel e per i motori a ciclo Ottofunzionanti con miscela magra si utilizza invece un cata-lizzatore solo ossidante, attivo in particolare nei con-fronti di CO e HC. Pertanto in questi motori occorre con-temporaneamente adottare altri accorgimenti per la ridu-zione degli NOx (EGR, camere di combustione ad altaturbolenza o a carica stratificata). Altri catalizzatori, usatisolo in applicazioni di taglia medio-grande, sono quellidi tipo SCR (Selective Catalytic Reduction), che pre-vedono l’utilizzo di ammoniaca o di urea da iniettare amonte del catalizzatore per la riduzione degli NOx. Daultimo, per il controllo del particolato nei motori Diesel,si possono adottare filtri antiparticolato (DPF, DieselParticulate Filter), che trattengono le particelle e sonoperiodicamente rigenerati per autocombustione causatadall’adozione temporanea di miscele ricche nel motoreo dall’iniezione di piccole quantità di combustibile amonte del filtro stesso.

Motori a ciclo Stirling

Principio di funzionamentoIl motore a ciclo Stirling, la cui invenzione risale alla

prima metà del 19° secolo, si basa su un ciclo chiuso cheimpiega un gas come fluido di lavoro. Essendo un sistema

441VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

T

utenza termica

scambiatoredi caloreausiliario

caldaia arecupero

raffreddamento olio

motore

riduttore

fumi

acqua circuitoraffreddamento motore

fig. 6. Schema di impianto a recupero per produzione di acqua calda.

Page 8: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

a ciclo chiuso, il gas può essere qualsivoglia, in partico-lare azoto, aria, elio (quest’ultimo è il più usato per lesue migliori caratteristiche di scambio termico). Il gassi trova all’interno di un cilindro alle estremità del qualesi trovano due stantuffi (pistoni), uno di compressione(stantuffo freddo) e uno di espansione (stantuffo caldo);all’interno del cilindro si hanno due zone (zona freddae zona calda), separate da un rigeneratore, cioè da unamatrice metallica (fili o nastri) in grado di immagazzi-nare o cedere calore; il rigeneratore può essere attraver-sato dal gas da cui riceve o a cui cede calore. I due stan-tuffi si muovono fra un punto morto esterno e un puntomorto interno a contatto con il rigeneratore rispettiva-mente comprimendo il gas e facendolo espandere; duescambiatori di calore raffreddano il gas nella zona fred-da e lo riscaldano nella zona calda (fig. 7 A).

Il ciclo Stirling ideale è costituito da due isoterme eda due isocore (fig. 7 B); più in dettaglio si hanno le seguen-ti fasi:• la prima fase (tratto 1-2) consiste nella compressio-

ne del fluido, che avviene in condizioni idealmenteisoterme, sottraendo al gas una quantità di caloreQout, equivalente al lavoro di compressione, e man-tenendo il gas stesso alla temperatura minima Tmin;

• la seconda fase (tratto 2-3) consiste in un riscalda-mento isocoro: prima che lo stantuffo freddo arrivinel punto morto interno, inizia a muoversi il pistonedi espansione; i due stantuffi si muovono simulta-neamente e alla stessa velocità, realizzando così lospostamento del fluido senza variare il volume com-plessivo interposto tra i due stantuffi; passando attra-verso il rigeneratore, il gas subisce quindi il riscal-damento isocoro e la sua temperatura cresce fino araggiungere il valore massimo Tmax della camera diespansione; l’incremento di temperatura a volumecostante dovuto all’assorbimento del calore rigene-rato Q

Rda parte del gas ne causa un aumento di pres-

sione;• la terza fase (tratto 3-4) consiste nell’espansione del

fluido; mentre lo stantuffo di compressione rimaneal punto morto interno, l’altro pistone continua la suacorsa verso il punto morto esterno, dando appunto lapossibilità al fluido di espandersi e compiere lavoro;anche questa trasformazione è supposta isoterma,poiché il fluido attraverso le pareti assorbe una quan-tità di calore Qin equivalente al lavoro di espansionecompiuto;

• la quarta e ultima fase (tratto 4-1) consiste in un raf-freddamento isocoro: entrambi i pistoni si muovonoancora simultaneamente, quello della camera di espan-sione verso il punto morto interno e quello di com-pressione verso quello esterno; il fluido di lavorotorna alle sue condizioni iniziali di temperatura epressione minime del ciclo, cedendo al rigeneratoreil calore Q

Rassorbito nella fase 2-3.

In sintesi, il fluido di lavoro viene trasferito avanti eindietro tra le due zone calda e fredda mediante il movi-mento dei pistoni del motore; il sistema scambia calorecon l’esterno solo lungo le due isoterme, raccordate dalledue isocore rigenerative; il lavoro utile del ciclo è datodalla differenza tra il lavoro durante la fase di espansio-ne e quello durante la fase di compressione (entrambele fasi sono isoterme). In tali condizioni ideali si puòaffermare che il sistema realizza il massimo rendimentopossibile, ossia lo stesso che avrebbe un ciclo di Carnotoperante tra le medesime temperature.

Nel caso del ciclo reale, il rendimento si riduce acausa di varie perdite: a) trasformazioni non perfetta-mente isoterme; b) limitata conducibilità e capacità ter-mica del rigeneratore (con tempi di residenza del flui-do limitati); c) attrito tra componenti solidi in moto

442 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

1-2

2-3

2-3

4-1

4-1

3-4

A

B

3 4

21

rigeneratore

Qout

Qout

Q rigenerato

Qin

Qin

isocora (v�cost)

isocora (v�cost)

compressione isoterma

espansione isotermap�p3

p�p4

p�p1p�p2

T

S

pistone

zona dicompressione

zona diespansione

fig. 7. Schema di funzionamento di un motore Stirling (A) e diagramma termodinamico ideale nel piano T, S (B).

A

B

Page 9: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

relativo; d) attriti fluidodinamici (perdite di carico, feno-meni dissipativi legati alle inversioni del moto); e) scam-bi termici verso l’esterno (non adiabaticità); f ) scambitermici tra i componenti della macchina; g) fughe di flui-do e trafilamenti; h) presenza di un volume morto.

Caratteristiche tecnologicheUna caratteristica fondamentale dei motori Stirling è

l’introduzione di calore dall’esterno tramite uno scam-biatore di calore, alimentato per esempio da un sistemadi combustione esterna: ciò consente di adattarne il fun-zionamento a qualsiasi tipo di combustibile (compresebiomasse e gas a ridotto potere calorifico), senza neces-sità di processi di gas clean up particolari, in quanto iprodotti di combustione non entrano a contatto con leparti meccaniche della macchina, o di sfruttare come fontetermica esterna una qualsivoglia sorgente di calore discarto, purché a temperatura sufficientemente elevata.Ciò costituisce la differenza principale e vantaggiosarispetto al motore a ciclo Otto a combustione interna.

Il processo di combustione continua che deriva daquesta caratteristica permette al motore di funzionare inmodo estremamente regolare e silenzioso, esente da vibra-zioni, producendo emissioni inferiori rispetto ai motoritradizionali e richiedendo interventi di manutenzioneassai ridotti. Anche la vita utile è elevata, con valori carat-teristici compresi tra 40.000 e 60.000 ore secondo ilmodello e il costruttore. Tutte queste caratteristiche ren-dono il motore Stirling un candidato promettente per ilsettore della generazione distribuita, soprattutto nel casodi applicazioni cogenerative di piccola scala.

Il rendimento dei motori Stirling ha una variabilitàassai ampia, dipendente dalla taglia e dal tipo di costru-zione, con valori compresi fra circa l’8 e il 40%.

Le ricadute applicative più importanti spaziano damodelli da pochi kWe, sviluppati per uso specificata-mente domestico, a unità da qualche decina o centinaio

di kWe, per usi industriali. Nel caso delle macchine piùpiccole sono in fase di sviluppo soluzioni originali permodelli da circa 1 kWe che sfruttano cinematismi parti-colari quali la guida meccanica con piatti oscillanti (wob-ble yoke) per la conversione del moto alternato in rota-tivo o la tecnologia free-piston e l’accoppiamento delpistone con un alternatore lineare, che genera diretta-mente energia elettrica a corrente alternata (Lane e Beale,1997).

Parametri energetici, economici e ambientaliLa fig. 8 mostra un esempio di andamento della curva

di rendimento elettrico e di rendimento totale per un’u-nità di ciclo Stirling da 9 kWe. Il bilancio presentato nellatab. 2 fa invece riferimento a un livello di rendimentoelettrico del 20%, che si può ritenere rappresentativo permacchine da pochi kWe quali i modelli più interessan-ti per applicazioni di microcogenerazione residenziale(Harrison e Redford, 2001). Il più elevato rendimentototale si ottiene sfruttando la possibilità di recuperare il

443VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

pote

nza

elet

tric

a (k

We)

rend

imen

to e

lett

rico

e to

tale

(%

)

0

1

2

3

4

5

6

7

8

9

10

0

10

20

30

40

50

60

70

80

90

100

potenza (% di nominale)

rendimento totale

rendimento elettrico

temperatura acqua 50 °C

temperatura acqua 65 °C

0 20 40 60 8010 30 50 70 90 100

fig. 8. Potenza elettrica,rendimento elettrico e rendimento totale di un motore Stirlingcogenerativo da 9 kWeal variare del carico e delle temperature di mandata dell’acqua.

tab. 2. Bilancio energetico di un motore Stirling con rendimento elettrico del 20% con riferimento

al PCI (circa il 18% con riferimento PCS)

Energia elettrica 18%

Calore recuperato 70%

Perdite DC/AC 1,8%

Ausiliari 1,5%

Perdite termiche 1,5%

Calore di scarto 7,2%

Energia chimica associata al combustibile (PCS, Potere Calorifico Superiore) = 100

Page 10: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

calore di condensazione dell’acqua contenuta nei fumi,adottando temperature di ritorno dell’acqua non supe-riori a 50-60 °C; la combustione avviene infatti esterna-mente al ciclo in un bruciatore con ridotto eccesso d’a-ria, consentendo di realizzare il recupero di parte delcalore di condensazione.

Il costo specifico di investimento dei motori Stir-ling presenta rilevanti variazioni con la scala. Per unitàcomplete di recupero termico da qualche kWe di poten-za (usi residenziali) si aggira intorno a 2.500-3.000euro/kWe medi, un valore che viene indicato come ridu-cibile al di sotto di 500 euro/kWe per produzioni di gran-de serie. Per unità da qualche decina di kWe il costoattuale parte da livelli prossimi a 1.200 euro/kWe (Kolin,2001; Wood, 2003).

Per quanto riguarda le emissioni, la possibilità di uti-lizzare processi di combustione esterna stazionari, conle modalità di controllo più moderne, rende i motori Stir-ling capaci di emissioni notevolmente inferiori rispettoai motori a ciclo Otto con catalizzatore.

Microturbine a gas

Principio di funzionamentoIl termine microturbina a gas (MTG, MicroTurbine

Generator), anche se non formalmente definito da para-metri standardizzati, indica un sistema di generazione dipotenza di piccola taglia (�500 kWe), basato su di unciclo rigenerativo o recuperativo a gas che comprendeun compressore, una turbina, un recuperatore di caloreche preriscalda l’aria uscente dal compressore con il calo-re dei gas di scarico della turbina e un turboalternatoreinterfacciato alla rete elettrica.

Le prime applicazioni di un generatore di potenzacostituito da una microturbina a gas risalgono agli anniSessanta del 20° secolo, quando negli Stati Uniti ven-gono sviluppati alcuni modelli per uso in campo mili-tare e automobilistico. Successivamente, la tecnologiadelle microturbine si evolve, in particolare nell’ambitodei turbocompressori per autovetture, delle unità dipotenza ausiliarie per aeromobili e per applicazioni mili-tari e dei piccoli motori a reazione per propulsione aero-nautica. L’impiego delle turbine a gas per la generazio-ne di potenza elettrica su piccola scala è invece una realtàpiù recente e innovativa. Infatti, se le turbine a gas dapochi MWe non sono che uno scale-down delle unità piùgrandi (operando sempre in ciclo semplice e con com-pressore e turbina assiali), le microturbine si basanosull’impiego di un ciclo recuperativo e di turbomacchi-ne radiali, assai più economiche e operanti a numero digiri elevatissimo.

Il ciclo recuperativo (fig. 9) prevede pertanto che l’a-ria compressa (punto 2) venga preriscaldata nel recupe-ratore (fino al punto 3) prima di essere utilizzata nel com-bustore per raggiungere le massime temperature del ciclo

(punto 4) e generare i gas poi espansi in turbina (punto 5)e sfruttati per il recupero di calore (punto 6).

L’adozione di turbomacchine radiali monostadio com-porta, ai fini del ciclo termodinamico, rapporti di com-pressione sensibilmente inferiori rispetto a quelli comu-nemente usati nei cicli di turbina a gas (per esempio, 3-4contro 10-15 per turbine industriali). Nel caso di un ciclosemplice, un basso rapporto di compressione comporte-rebbe una temperatura di scarico dei gas molto elevata euna temperatura di ingresso nel combustore assai ridotta,due condizioni incompatibili con un buon rendimento;sarebbero pertanto necessari rapporti di compressione di

444 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

B

A

3

4

5

62

1

T

S

T

S

6

2

1

4

3

5

gas al camino

raddrizzatore

invertitore

recuperotermico

recuperatoregas discarico

combustibile

combustore

compressore

turbina

p6�patm

p1�patm

albero

generatoread alta

frequenza

50 Hz AC

ACDC

filtroaria

Qin

Q recuperato

compressione

espansioneintroduzione calore

fig. 9. Schema di funzionamento di una microturbina a gas (A) e ciclo termodinamico nel piano T, S (B).

A

B

Page 11: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

almeno 12-15 per ottenere rendimenti ragionevoli ma anco-ra limitati (per esempio, circa il 20% alle temperature diingresso in turbina tipiche delle MTG), che comunquerichiederebbero l’adozione di turbomacchine multistadio.

L’adozione di un ciclo recuperativo, con uno scam-biatore che sfrutta il calore disponibile nei gas uscentidalla turbina per riscaldare l’aria comburente, consentedi ovviare a tali inconvenienti e rende possibile un nettomiglioramento dell’efficienza termodinamica del ciclo.La fig. 10 (Campanari e Macchi, 2002) dimostra peral-tro come l’adozione del recuperatore di calore rendasvantaggioso il ricorso a rapporti di compressione piùelevati: per ogni valore della temperatura di ingresso inturbina (TIT, Turbine Input Temperature), esiste un rap-porto di compressione che consente di ottenere il massi-mo rendimento (per esempio, circa 4 a 900 °C). Tale valo-re è quindi caratteristico dei cicli recuperativi e consen-te l’adozione di macchine monostadio. È evidente l’effettobenefico di un aumento della TIT: il rendimento ottimocresce di circa il 10% passando da 800 a 1.200 °C. Lafigura indica comunque come, con una TIT relativamentecontenuta (per esempio, 900 °C), sia possibile, grazieall’adozione del ciclo recuperativo, arrivare a un rendi-mento attorno al 30%, valore tipico delle macchine indu-striali (a ciclo semplice) di alcuni MWe di potenza.

Caratteristiche tecnologicheLe microturbine presentano vantaggi in termini di

semplicità impiantistica e di affidabilità. Alcuni model-li sfruttano cuscinetti ad aria e sono totalmente privi disistemi ausiliari quali circuiti di raffreddamento, pompe,circuiti di lubrificazione. Possono impiegare diversi com-bustibili (per esempio, gas a ridotto potere calorifico,quali gas da discariche e depuratori) con adattamentiminimi e presentano masse e ingombri bassi, facilità diinstallazione, rumore e vibrazioni ridotti.

Gli elementi costruttivi fondamentali delle micro-turbine a gas sono:• il turbocompressore, costituito da un compressore

centrifugo e da una turbina radiale centripeta (fig. 11),calettati su di un albero operante a velocità dell’ordi-ne di 50.000-120.000 giri/min, sostenuto da cusci-netti in alcuni casi privi di lubrificante (cuscinettimagnetici o ad aria);

• il recuperatore, necessario per conseguire rendimen-ti di ciclo accettabili con i limitati rapporti di com-pressione (valori intorno a 4) consentiti dalla tipolo-gia delle turbomacchine impiegate; tale scambiatoresfrutta superfici compatte, con geometrie di scambiotermico adatte a favorire la convezione forzata, capa-ci di elevata durata nel tempo, con efficacia di scam-bio termico elevata (per esempio, 85-90%) e perditedi carico contenute (per esempio, Dp/p�3-5%); siricorda che l’efficacia di scambio termico è il rap-porto tra la quantità reale di calore scambiato e quel-la massima trasferibile nell’ipotesi di una superficiedi scambio infinita; il conseguimento di valori di effi-cacia superiori all’80% è fondamentale per raggiun-gere rendimenti totali della MTG soddisfacenti;

• la camera di combustione (combustore), che sfrut-ta generalmente la tecnologia della combustione pre-miscelata ottenendo per ampi intervalli di caricoemissioni molto basse (per esempio, NOx inferiori

445VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

rend

imen

to (

%)

20

24

22

26

28

30

32

34

36

38

40

rapporto di compressione

TIT�1.200 °CTIT�1.000 °CTIT�900 °CTIT�800 °C

2 4 6 81 3 5 7 9 10 11 12

fig. 10. Rendimento di cicli di turbina a gas con recuperatore di calore al variare del rapporto di compressione.

fig. 11. Rotore turbina per unità da 200 kWe (in alto) e complesso generatore, compressore e turbina (in basso).

Page 12: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

a 10 ppmvd – parts per million volumetric dry –, al15% O2);

• il sistema di recupero termico, spesso integrato nel-l’assemblaggio ( package) della MTG e costituito dauno scambiatore di calore che recupera energia ter-mica dai gas di scarico, producendo, per esempio,acqua calda o vapore a bassa pressione; i gas caldiallo scarico della microturbina si trovano infatti atemperature generalmente superiori a 250 °C, e pos-sono essere utilmente sfruttati in una caldaia a recu-pero per la produzione di calore utile per applicazionicogenerative;

• il sistema di conversione (power conditioning); nellamaggior parte dei modelli, per evitare l’impiego diriduttori, un generatore a magneti permanenti (gene-ralmente a due o quattro poli, con magneti trattenu-ti da una matrice in fibra di carbonio) ruota solidaleall’albero della turbina, generando energia elettricaad alta frequenza; in fase di avviamento il genera-tore funge anche da motore di lancio, trascinandol’albero del turbocompressore fino al raggiungimen-to del regime di rotazione necessario per l’accensio-ne del combustore; il sistema di power conditioningè composto poi da un sistema a raddrizzatore einverter per passare dall’alta frequenza (per esempio,3.000 Hz in alternata, nel caso di un generatoremagnetico a 4 poli e 90.000 giri/min) a 500-600 Vin corrente continua e infine a 480 V trifase in alter-nata alla frequenza di rete (50 o 60 Hz).Grazie all’adozione del sistema di conversione della

frequenza, il turbogeneratore può funzionare a qualsia-si velocità angolare, variando la velocità ai carichi par-ziali. Il grado di libertà consentito dalla velocità di rota-zione variabile può permettere di limitare notevolmen-te il marcato decadimento delle prestazioni ai carichiparziali tipico delle turbine a gas; tale possibilità rivestenotevole importanza, visto che nel funzionamento coge-nerativo può essere necessario un adeguamento ai cari-chi imposti dall’utenza.

Le microturbine sono caratterizzate da potenza elet-trica compresa tra qualche decina e alcune centinaia dikWe e da prestazioni significativamente influenzatedalla taglia. La tab. 3 mostra alcuni parametri caratte-ristici di modelli commerciali, di potenza compresa tra30 e 250 kWe.

Con la tecnologia più consolidata, i rendimenti elet-trici attualmente ottenibili sono dell’ordine del 30%,valori sostanzialmente concorrenziali con quelli offertidai motori alternativi a gas naturale della stessa classedi potenza. L’evoluzione in atto dei modelli prevede l’in-troduzione di nuove macchine con potenze maggiori,collocabili nella fascia 200-400 kWe, e rendimento pros-simo al 33% (Day, 2002; Haught, 2005; Willis, 2005).

Tutti i modelli sopra indicati fanno uso di materialimetallici (non ceramici). I valori di temperatura massima

di ciclo considerati sono infatti prossimi a 900-950 °C,sostenibili in assenza di raffreddamento della turbina conmateriali metallici appartenenti alle leghe a base nichel(per esempio, Inconel 713). Per la realizzazione del ri-generatore sono invece usati acciai inossidabili conelevata resistenza alle alte temperature (per esempio,AISI 347), caratterizzati da temperature massime ammis-sibili di 650-700 °C (Maziasz et al., 2003, 2005). Ren-dimenti più elevati potrebbero essere perseguiti innal-zando ulteriormente le temperature massime del ciclo;valori di molto superiori, dell’ordine di 1.100 °C e oltre,cui conseguirebbero rendimenti nella fascia 35-40%,sarebbero in particolare ottenibili con l’impiego di mate-riali ceramici per la costruzione della girante della tur-bina (per esempio, a base di nitruro di silicio, Si3N4),mantenendo invece la struttura metallica per il rigene-ratore, il cui utilizzo è in fase di sperimentazione nel-l’ambito di vari programmi di ricerca ma non ha ancoraraggiunto livelli di affidabilità adeguati a un’effetti-va disponibilità commerciale (Kobayashi et al.,1998;Kesseli, 2002; Kesseli et al., 2003; Watts, 2005).

Parametri energetici, economici e ambientaliCome già ricordato, i rendimenti elettrici delle MTG

sono attualmente prossimi al 30% per potenze vicine ai100 kWe, con prospettiva di aumentare con l’avanza-mento tecnologico. L’ampia disponibilità di calore discarto sotto forma di gas di scarico a temperature piut-tosto elevate rende interessante l’impiego delle micro-turbine, quando esiste la possibilità di recuperare unaparte di questo calore per fini cogenerativi, ottenendobilanci energetici quali quelli indicati in tab. 4.

I costi delle MTG risentono di richieste di mercatoancora piuttosto ridotte; la stima del costo di un packagecogenerativo con microturbina a gas (completo di micro-turbina, sistema di power conditioning e sistema di con-trollo, compressore del gas, unità di recupero termico,ecc.) si colloca intorno a 1.100-1.200 euro/kWe. In unaprospettiva di medio periodo, nell’ipotesi di creazione

446 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

tab. 3. Prestazioni e caratteristiche di microturbinea gas al variare della potenza

Potenza(kW)

Rendimentoelettrico

netto(% PCI)

Portata gasdi scarico

(kg/s)

Velocitàdi rotazione

(giri/min)

30 25 0,31 96.000

60 28 0,49 96.000

100 30 0,81 70.000

200 33 1,28 n.d.

250 30 2,0 45.000

Page 13: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

di un mercato consistente, si può invece pensare che leMTG possano conseguire significative riduzioni di costo,fino al livello di 600 euro/kWe fissato come obiettivo daimaggiori costruttori.

Per quanto riguarda le emissioni, nel caso di micro-turbine alimentate a gas naturale, si hanno ridottissimeemissioni di CO (poche ppm) ed emissioni di ossidi diazoto. Questi ultimi, grazie alla tecnologia della com-bustione premiscelata, sono peraltro mantenuti entrolimiti molto contenuti (spesso inferiori a 10 ppmvd al15% O2), circa un ordine di grandezza in meno dei moto-ri alternativi a gas, con il vantaggio che non vi è la neces-sità di impiegare sistemi di abbattimento dedicati alloscarico. Queste basse emissioni specifiche, unite allepossibilità offerte dalle applicazioni cogenerative, ren-dono le microturbine a gas molto attraenti da un puntodi vista ambientale.

Celle a combustibileLa tecnologia delle celle a combustibile (Fuel Cell,

FC), o generatori chimico-elettrici a combustibile, le cuiorigini si collocano nel 19° secolo, negli ultimi anni hanotevolmente accelerato il suo sviluppo. Ricerche sem-pre più diffuse (basate sullo sviluppo di nuovi materia-li, nuove geometrie, nuovi tipi di cella, nuovi ambiti diimpiego) hanno determinato la sperimentazione di nume-rosi prototipi e impianti dimostrativi o precommerciali,destinati sia al settore dei trasporti (con l’applicazionealla trazione di autoveicoli e alla propulsione di imbar-cazioni), sia al settore della generazione di energia elet-trica, in particolare di tipo distribuito.

Principio di funzionamentoIl contenuto di energia chimica del combustibile viene

sfruttato nelle fuel cells in modo diverso da quanto acca-de nelle macchine tradizionali. In particolare, l’energia

chimica è direttamente trasformata in energia elettricatramite reazioni elettrochimiche, similmente a quantoaccade nelle comuni batterie, mediante reazioni ideal-mente isoterme e isobare. Il processo non necessita diuna combustione e quindi non richiede la trasformazio-ne dell’energia chimica in calore e del calore in lavoromeccanico.

Sebbene la trasformazione diretta chimico-elettricapresenti delle perdite, queste sono generalmente assaiinferiori a quelle della più complessa catena di trasfor-mazioni termodinamiche effettuate nei processi tradi-zionali. In particolare, la fuel cell non deve sottostare allelimitazioni imposte dal II principio della termodinami-ca alla trasformazione calore-lavoro; l’unico limite chele leggi della termodinamica impongono a priori allaconversione energia chimica-energia elettrica è rappre-sentato dalla quantità massima di lavoro estraibile dalcombustibile utilizzato (lavoro massimo o lavoro rever-sibile). Poiché inoltre le macchine e i processi utilizzatinon sono ideali, ma reali, il lavoro estraibile è decurta-to da vari tipi di perdite sia nelle macchine tradizionali(perdite per scambi termici con salti finiti di temperatu-ra, trasformazioni termofluidodinamiche non reversibi-li, perdite meccaniche ecc.) sia nelle fuel cells, dove tut-tavia la semplicità del processo gioca a favore della ridu-zione di tali fonti di dissipazione. Risultato di tutto questoè che i rendimenti elettrici ottenibili con impianti a fuelcells, anche di piccola o media taglia, avvicinano e inalcuni casi superano i rendimenti delle più efficienti epiù grandi centrali termoelettriche tradizionali.

In una tipica cella a combustibile, il combustibile gas-soso (generalmente ricco in idrogeno) è alimentato concontinuità al comparto anodico (elettrodo negativo, doveavvengono l’ossidazione del combustibile e la produ-zione di elettroni), mentre il comburente (per esempio,aria) può essere rifornito al catodo (elettrodo positivo,dove avviene la riduzione dell’ossigeno con gli elettro-ni provenienti dal circuito esterno collegato con l’ano-do): la reazione chimica avviene mediante scambio diioni attraverso l’elettrolita e dà luogo a passaggio di cor-rente elettrica, chiudendo il circuito tra gli elettrodi.

Una cella a combustibile differisce da una tipica bat-teria per diversi aspetti. La batteria è un sistema di accu-mulo di energia, ovvero la massima energia disponibile èdeterminata dall’ammontare dei reagenti chimici imma-gazzinati nella batteria stessa: per questo motivo la batte-ria cesserà di produrre energia elettrica, cioè si scaricherà,quando i reagenti chimici saranno consumati. In una bat-teria di accumulatori ricaricabile i reagenti possono esse-re rigenerati nella ricarica, che avviene a spese di una sor-gente esterna, per cui il funzionamento, anche se ripeti-bile, è discontinuo. La cella a combustibile, invece, è unsistema statico di conversione dell’energia che può, alme-no teoricamente, produrre energia elettrica finché glielettrodi sono alimentati da combustibile e comburente.

447VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

tab. 4. Bilancio energetico per una MTG da 100 kWe

e per una macchina di potenza maggiorein un’ipotesi di sviluppo di medio periodo

MTG di taglia100 kWe

(%)

MTG di taglia200-400 kWe

(%)

Energia elettrica 30 35

Calore recuperato 48 45

Perdite DC/AC 3 2,5

Ausiliari 4 3,5

Perdite termiche 6 6

Calore di scarto 9 8

Energia chimica associata al combustibile (PCI) = 100

Page 14: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

Solo una progressiva degradazione (o un malfunziona-mento) dei componenti pone un limite alla vita utile dellecelle a combustibile.

La struttura costruttiva delle fuel cells prevede ladeposizione degli strati attivi della cella (anodo, elettro-lita, catodo) secondo pareti a film sottili. Le singole cellepossono poi essere accatastate l’una sull’altra a forma-re una ‘pila’, separate da strati di interconnessione checomprendono le canalizzazioni dei gas (combustibile ecomburente) alimentati dall’esterno.

Alla luce delle considerazioni fin qui viste, si rias-sumono di seguito alcune delle più importanti caratteri-stiche delle FC:• il principale combustibile utilizzato dalle celle è l’i-

drogeno, che non è in generale direttamente disponi-bile; si rende allora necessario adottare un impianto ditrattamento del combustibile per convertire il combu-stibile in un gas con un contenuto elevato di idroge-no, mediante reazioni di reforming, e per ridurre laconcentrazione di impurità o di elementi dannosi alivelli accettabili per la cella (alcune sostanze, per esem-pio lo zolfo in tutti i suoi composti, possono avvele-nare i materiali di cui sono costituiti gli elettrodi degra-dandone le prestazioni anche in modo irreversibile);

• la densità di potenza non è molto elevata tranne cheper le tipologie a membrana polimerica; impianti acella a combustibile di grande potenza (ordine di variMWe) risultano piuttosto ingombranti, sia in terminidi volume (da 0,1 a 0,5 m3/kWe) e di superfice occu-pati, sia in termini di massa (da 100 a 500 kg/kWe);a titolo di confronto, tecnologie concorrenti quali lemicroturbine a gas o i motori a combustione interna,presentano ingombri e masse inferiori di oltre un ordi-ne di grandezza;

• viene prodotta energia elettrica in corrente continua;è quindi necessario, in generale, un sistema di con-versione DC/AC a inverter (power conditioner), perl’allacciamento alle reti elettriche di trasporto, conrendimenti di conversione non unitari (al massimo94-96%);

• è più elevato il rendimento ai carichi parziali; il ren-dimento si mantiene praticamente costante dal 30 al100% del carico nominale, con un massimo pocoaccentuato ai carichi intermedi;

• è possibile adeguarsi alle variazioni dei carichi conrapidità;

• viene prodotto calore utilizzabile per cogenerazioneo, nei tipi a più alta temperatura, in cicli termodina-mici per la produzione ulteriore di energia elettrica;

• la produzione di ossidi di azoto all’interno delle celleè nulla e, grazie ai sistemi di abbattimento dello zolfonel combustibile, è virtualmente nulla anche la pro-duzione di composti dello zolfo;

• il funzionamento è statico e quindi non soggetto arumore e vibrazioni;

• la costruzione è modulare, con conseguente realiz-zazione di impianti di taglia crescente riunendo ele-menti di piccola potenza (la singola cella può averepotenze variabili dal centinaio di W al kWe); i rendi-menti degli impianti a fuel cells non risultano per-tanto molto influenzati dalla taglia, se non per glieffetti di scala su tutti i componenti ausiliari (com-pressori e pompe dei circuiti di alimentazione e raf-freddamento, parti elettriche);

• la capacità di convertire l’energia chimica in elettri-ca con rendimenti molto elevati (40-60%) è larga-mente indipendente dalla taglia della cella e, comedetto, dal carico.

ClassificazioneLa classificazione più utilizzata per le celle a com-

bustibile si basa sul tipo di elettrolita utilizzato: le pro-prietà dell’elettrolita condizionano infatti le principalicaratteristiche delle celle, come le specie chimiche coin-volte nelle reazioni elettrochimiche, le temperature difunzionamento, la tolleranza a impurità e gas diversi.

Gli elettroliti possono in generale essere definiti con-duttori ionici in contrapposizione sia ai conduttori elet-tronici come i metalli (per esempio, Fe, Cu) e ai semi-conduttori, sia ai conduttori misti. Essi possono presen-tarsi: a) sotto forma di sostanze liquide a temperaturaambiente; b) sotto forma di soluzioni elettrolitiche (sostan-ze dissociate ionicamente in un solvente); c) sotto formadi sali fusi, puri o in miscela (cloruri e carbonati di Li,Ca, Na, K); d ) sotto forma di solidi ionici (alogenurid’argento, zirconia (ZrO2), alluminato di sodio), nei qualivariano lo ione trasportato (Ag�, O2�, Na�) e l’inter-vallo di temperatura nel quale si ha conduzione, che haluogo in questo caso a seguito di una struttura reticola-re capace di consentire (grazie a drogaggi e vacanze odifetti locali indotti nel reticolo) la mobilità di certi ioni.

La conducibilità di tutti i conduttori ionici conside-rati aumenta con la temperatura, a seguito di una mag-giore mobilità degli ioni, contrariamente a quello cheavviene nei conduttori elettronici come i metalli. Que-sta differenza influenza le caratteristiche dei diversi tipidi fuel cells, a seguito del ruolo prevalente dell’elettro-lita nel determinare le perdite resistive della cella. Il tipodi elettrolita determina il campo di temperature di fun-zionamento della FC e questo si riflette sul tipo di rea-zioni chimiche che possono avvenire, sulla loro cineti-ca e sui loro equilibri. Ciò comporta, per esempio, chenelle celle a bassa temperatura alcune reazioni possonosvolgersi in modo veloce ed efficace solo con l’ausiliodi costosi catalizzatori (Pt, Au, Ag), mentre a tempera-ture più elevate possono essere sufficienti materiali menonobili (per esempio, Ni) o addirittura non è richiesto alcuncatalizzatore poiché le reazioni possono attivarsi sponta-neamente. Inoltre, la presenza di alcune specie chimi-che come CO e CO2 nei gas combustibili o nell’aria può

448 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

Page 15: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

essere dannosa nelle celle a bassa temperatura, poichéquesti composti si legano con i materiali catalizzatoriavvelenandone le proprietà catalizzanti, oppure perchési legano con l’elettrolita stesso, bloccandone il funzio-namento. In generale pertanto il CO potrà essere accet-tato senza problemi solo dalle celle ad alta temperatura(ove anzi potrà essere efficacemente consumato), men-tre costituirà veleno per le tipologie più fredde. Simil-mente, la presenza di CO2 potrà essere problematica inalcuni casi e indifferente o addirittura necessaria in altri.

Poiché la reazione dominante nelle FC è l’ossida-zione di idrogeno, l’elettrolita in uso dovrà sempre tra-sportare una specie ionica contenente atomi di idrogenoo di ossigeno, funzionando a seconda dei tipi di FCmediante trasporto di ioni contenenti idrogeno dal latocombustibile al lato aria, o mediante trasporto di ionicontenenti ossigeno dal lato aria al lato combustibile.

In tab. 5 sono riportate la denominazione e le carat-teristiche fondamentali (elettrolita, ione trasportato ecampo di temperatura di funzionamento) delle principalicelle a combustibile.

Richiami teoriciDi seguito si considera il principio di funzionamen-

to delle celle a combustibile da un punto di vista teori-co. Le equazioni termodinamiche via via utilizzate sonogeneralmente estensibili a tutte le tipologie di FC secon-do i tipi di reazione che in esse intervengono.

Si parta dall’ipotesi di funzionamento reversibile(condizioni ideali). Il lavoro massimo unitario ottenibi-le in una cella a combustibile operante a temperatura epressione costanti è dato dalla variazione dell’energialibera di Gibbs per la reazione elettrochimica che avvie-ne nella cella:

We�DG ��nFErev

dove n è il numero di elettroni che partecipa alla reazio-ne (n�2 per l’ossidazione di idrogeno), F è la costantedi Faraday (96.485 C/mol di elettroni) ed Erev è il poten-ziale reversibile di cella (assunto qui con segno positivo).

Il legame tra DG e l’entalpia di reazione è: DGr��DHr�TDSr, dove come detto DGr è il massimo lavo-ro estraibile e DHr il massimo calore estraibile; il ter-mine TDSr è generalmente positivo e per una cella a com-bustibile operante reversibilmente rappresenta il caloreprodotto.

Per una qualsiasi reazione della forma aA�dB��cC��dD, la variazione di energia libera di Gibbs (negativa)può essere espressa dall’equazione:

[C ]c[D]d

DG �DG0�RT ln11331[A]a[B]b

dove tra parentesi quadre sono indicate le attività dellespecie chimiche coinvolte, che nel caso di una misceladi gas ideali coincidono con le concentrazioni in moli,ovvero con le pressioni parziali (esprimendo le pressio-ni parziali come rapporti pparz /prif con prif =1 bar e man-tenendo l’adimensionalità dell’argomento del logaritmo).

Sostituendo la relazione fra DG ed E si ha l’equa-zione di Nernst, dove E0 (da DG0) è una costante dipen-dente dalla temperatura, pari al valore di Erev (da DG) incondizioni standard:

RT P( pparz. reagenti)ni

Erev�E0�12 ln1111111nF P( pparz. prodotti)ni

dove si considera una miscela di gas ideali e sono indi-cati con ni i coefficienti stechiometrici della reazione.

Il rendimento di una FC in condizioni ideali è alloraespresso, con riferimento al PCI (Potere Calorifico Infe-riore) del combustibile, da:

We We/nF Eh �133442�11313�13332

PCI PCI/nF EPCI

ed è quindi proporzionale alla tensione di cella; il ter-mine EPCI è semplicemente un equivalente elettrico delpotere calorifico del combustibile. Le celle a combusti-bile producono energia elettrica in corrente continua; perun fissato flusso di reagenti e una data corrente di cella,anche la potenza prodotta dalla cella P�VI è propor-zionale alla tensione. Per questi motivi la tensione di una

449VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

tab. 5. Classificazione delle celle a combustibile

Nome Elettrolita Ione trasportatoTemperatura

di funzionamento(°C)

Campi applicativiprevalenti

AFC Soluzione alcalina di KOH (liquido) OH� 70-120 uso spaziale

PEM Membrana polimerica (solido) H� 60-80 trasporti, generazione

PAFC Acido fosforico H3PO4 (liquido) H� 200

generazione elettricae cogenerazione

MCFC Carbonati fusi di K o Na (liquido) CO32� 600-700

SOFC Ossido metallico solido O2� 600-1.000

Page 16: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

FC è il parametro di merito più comunemente usato perquantificarne le prestazioni.

Il punto di partenza, per il caso dell’idrogeno, è ilpotenziale reversibile standard E0�1,229 V a 25 °C conproduzione di acqua liquida, o E0�1,18 V con produ-zione di acqua allo stato gassoso (la differenza tra i duevalori è dovuta al contributo del calore latente di evapo-razione). Al variare della temperatura, il valore di E0 (equindi di Erev, poiché le variazioni del termine logarit-mico – generalmente di segno negativo – hanno pesoinferiore; per esempio, RT/nF�0,055 V a 1.273 K perl’ossidazione di idrogeno) subisce delle variazioni chedipendono dal tipo di reazione in gioco; per le reazionitipiche delle FC si ha l’andamento indicato in fig. 12.Dalla figura (SAIC/EG&G Technical Services, 2002),si nota che il potenziale reversibile per l’ossidazione diH2 e CO diminuisce velocemente con la temperatura,mentre resta all’incirca costante quello del CH4. Ciòsignifica che dal punto di vista delle prestazioni ideali,le celle ad alta temperatura sono sfavorite rispetto a quel-le a bassa temperatura. Il vantaggio teorico è dell’ordi-ne di 0,15 V per le celle tipo PAFC (Phosphoric AcidFuel Cell) rispetto a quelle tipo MCFC (Molten Carbo-nate Fuel Cell) e di ulteriori 0,1 V per le MCFC rispet-to alle SOFC (Solid Oxide Fuel Cells). Poiché però, comesi vedrà nel seguito, una serie di perdite rende la tensio-ne effettiva di cella minore del potenziale reversibile,queste differenze si ridimensionano sensibilmente.

Attraverso l’equazione di Nernst si può anche valu-tare l’effetto di variazioni della composizione dei rea-genti sul potenziale teorico di cella: gas combustibili piùricchi in idrogeno, o l’utilizzo di ossigeno puro comeossidante in luogo di aria, permettono di ottenere ten-sioni di cella più elevate. Lo stesso accade in generalenel caso di funzionamento pressurizzato, grazie all’au-mento delle pressioni parziali dei reagenti considerate(in relazione ai coefficienti stechiometrici).

La composizione dei reagenti in una FC varia tra l’in-gresso e l’uscita, al procedere del consumo da parte delle

reazioni elettrochimiche, e questo comporta una riduzio-ne del potenziale di cella: la tensione di cella si equilibraal più basso potenziale elettrodico dato dall’equazione diNernst per la composizione dei gas nei vari punti dei com-parti anodico e catodico. Poiché infatti gli elettrodi sonogeneralmente buoni conduttori elettronici e rappresentanodelle superfici isopotenziali, il potenziale di cella non puòsuperare il valore minimo locale del potenziale di Nernst.

Si consideri ora il funzionamento irreversibile (con-dizioni reali). Le condizioni di reversibilità si potrebbe-ro applicare solo se il sistema operasse a vuoto: una cellaa combustibile con reagenti e prodotti le cui velocità direazione su appropriate superfici catalitiche fossero suf-ficientemente alte da prevenire l’interferenza di qual-siasi processo elettrochimico competitore darebbe a cir-cuito aperto la tensione reversibile Erev sopra ricavata(Larminie e Dicks, 2000). In condizioni di corrente ero-gata diversa da zero si verificano perdite ohmiche, di dif-fusione e di tipo cinetico; in queste condizioni i valorimisurati del potenziale di cella sono sempre inferiori aquelli reversibili, ovvero una parte dell’energia libera diGibbs è convertita in calore TDS irreversibilmente.

Le perdite principali (originate per polarizzazioni)comprendono:• la polarizzazione ohmica; le perdite ohmiche sono

causate dalla resistenza al flusso degli ioni nell’elet-trolita e al flusso degli elettroni nei materiali che costi-tuiscono l’elettrodo;

• la polarizzazione per concentrazione; alla rapiditànel consumo dei reagenti nei siti attivi della cella daparte delle reazioni elettrochimiche corrisponde lostabilirsi di gradienti di concentrazione;

• la polarizzazione per attivazione; le reazioni elettro-chimiche avvengono nel momento in cui i reagentisuperano una barriera di attivazione (DVact), analo-gamente a quanto accade per le reazioni chimiche.Complessivamente, l’effetto delle perdite riduce quin-

di la tensione di cella (ovvero il rendimento della FC) diuna quantità crescente al crescere della corrente. Que-sto significa che le FC godono, rispetto ad altre tecno-logie di conversione dell’energia, di un importante bene-ficio: la FC aumenta il suo rendimento se il funziona-mento avviene a carichi parziali, cioè a correnti inferioria quelle del pieno carico.

La frazione di reagenti che viene impiegata nelle rea-zioni elettrochimiche rispetto alla totalità dei flussi entran-ti agli elettrodi di una FC non è ovviamente in generaleunitaria, né troppo vicina a uno, pena l’insorgere di per-dite per scarsa concentrazione dei reagenti. Si deve allo-ra innanzitutto definire il fattore di utilizzazione Uf delcombustibile: per le celle a bassa temperatura, l’idroge-no H2 è l’unico combustibile e si ha:

mH2, in�mH2, out

mH2, consumatoUf �111131442�114113mH2, inmH2, in

450 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

CH4�2O2 2H2O�CO2

H2�1/2O2 H2O

CO�1/2O2 CO2

pote

nzia

le r

ever

sibi

le (

V)

0,8

1,4

1,3

1,2

1,1

1,0

0,9

temperatura (K)300 500 700 900 1.100 1.300

fig. 12. Potenziale reversibile di diverse reazioni di ossidazione in funzione della temperatura.

Page 17: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

Uno dei vantaggi delle celle ad alta temperatura, comele MCFC e le SOFC, è la loro capacità di utilizzare ancheCH4 e CO come combustibili, tramite le reazioni di re-forming interno e di shift. Il fattore di utilizzazione peruna cella con reforming interno diventa allora:

mH2, consumatoUf �111111141113mH2, in

�mCOin�4 �mCH4, in

dove ogni molecola di metano dà luogo a 3 molecoledi idrogeno più una di CO a sua volta convertita in H2

dalla reazione di shift. Il funzionamento a tassi di uti-lizzo del combustibile Uf �1 non consente di ottenereuna tensione di cella pari al potenziale teorico neppu-re operando in condizioni di reversibilità. Poiché infat-ti una FC converte solo una parte del combustibile neiprodotti di reazione ossidati, il massimo lavoro estrai-bile dall’ossidazione risulta inferiore rispetto al casodi una conversione completa. Spingere la conversionedel combustibile oltre il 90-95% non è d’altronde ingenerale praticabile a causa, come è stato detto, del-l’intervento di perdite dovute alla scarsa concentra-zione dei reagenti.

Tenendo conto del fattore di utilizzazione del com-bustibile, il rendimento reale di una cella a combustibi-le risulta complessivamente:

Vcell Ufhreale, DC�1131

EPCI

facendo riferimento all’energia elettrica prodotta in cor-rente continua (DC) ai morsetti della fuel cell.

Oltre al fattore di utilizzazione del combustibile, sidefinisce analogamente un fattore di utilizzazione del-l’aria o dell’ossidante, secondo:

mO2, in�mO2, out

mO2, consumatoUa�111131442�114113mO2, inmO2, in

che risulta proporzionale alla quantità di ossigeno pre-levata dall’aria per ossidare il combustibile e general-mente non unitario (per esempio, pari a 0,2-0,5) per evi-tare l’insorgere di perdite elevate e per permettere unefficace raffreddamento della cella sfruttando il flussod’aria in eccesso.

Infine, il modulo cella a combustibile produce ener-gia elettrica in corrente continua che, per la maggiorparte delle applicazioni, va convertita in corrente alter-nata. Generalmente ciò avviene attraverso dispositivia inverter in un power conditioner, nel quale la formad’onda in uscita è ottimizzata con neutralizzazionedelle armoniche indesiderate. In conclusione, il ren-dimento complessivo di una Fuel Cell destinata allaproduzione di energia elettrica in corrente alternata èdato da:

Vcell Ufhreale, DC�1131 �hDC �ACEPCI

Celle a combustibile a matrice polimericaLe celle a combustibile di questa tipologia si basano

sull’utilizzazione di un elettrolita costituito da una mem-brana polimerica umidificata, conduttiva di ioni tipo H�.Le sigle che possono essere usate per contraddistingue-re questa tipologia sono PEM ovvero PEMFC o anchePEFC a seconda degli autori e delle fonti (Polymer Elec-trolyte Membrane, ovvero Proton Exchange MembraneFuel Cell, o anche Proton Exchange Fuel Cell).

Il rendimento elettrico delle celle tipo PEM, se ali-mentate direttamente a idrogeno, supera facilmente il50-55% netto. Di tale elevata efficienza potrebbero gio-varsi future applicazioni di generazione distribuita qua-lora l’idrogeno fosse distribuito su larga scala come avvie-ne oggi per il gas naturale.

Nell’ambito dell’impiego per applicazioni staziona-rie di produzione di potenza, prevalentemente su scalamedio-piccola, diversi costruttori propongono in parti-colare moduli di potenza variabile da qualche kWe a qual-che centinaio di kWe, inclusivi di un impianto di refor-ming e gas clean-up, alimentabili a gas naturale. Per talisistemi si raggiungono rendimenti elettrici variabili trail 30 e il 40% a seconda della taglia, con rendimenti tota-li prossimi all’80%. La tab. 6 riporta i bilanci energeti-ci di riferimento per un modulo PEM alimentato a gasnaturale di piccola taglia, in linea con le prestazioni atte-se per i primi impianti commerciali.

Presentando rendimenti elettrici elevati, i moduli PEMhanno la possibilità di recuperare calore utile in quantitàgeneralmente piccola rispetto al carico termico tipico diapplicazioni residenziali. Per questo motivo le unità PEMsono generalmente accoppiate a una caldaia di integra-zione per la copertura dei picchi di carico termico.

Celle a combustibile ad acido fosforicoQuesta tipologia, contraddistinta dalla sigla PAFC

(Phosphoric Acid Fuel Cell), è stata sviluppata a partiredagli anni Sessanta ed è l’unica che abbia già raggiuntoun certo grado di maturità tecnologica. L’elettrolita impie-gato è una soluzione concentrata di acido fosforico che

451VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

tab. 6. Celle a combustibile: bilancio energeticoper moduli PEM di piccola taglia (1-10 kWe)

alimentati a gas naturale

Energia elettrica 30%

Calore recuperato 50%

Perdite DC/AC 2,5%

Ausiliari 5%

Calore di scarto e perdite termiche 12,5%

Energia chimica associata al combustibile (PCI) �100

Page 18: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

agisce da conduttore ionico tramite ioni H� (provenientidalla dissociazione H�/OH� promossa dall’acido), pertemperature di funzionamento di 150-220 °C, permetten-do nel contempo una sufficiente stabilità termica.

Questo tipo di cella a combustibile è l’unico ad averraggiunto uno stadio di sviluppo commerciale: esistononel mondo circa 300 impianti di potenza elettrica del-l’ordine dei 100-200 kWe, per un totale di oltre 85 MWe,e diversi impianti dimostrativi nella taglia dei MWe. Lecaratteristiche di questa cella hanno condotto i costrut-tori presenti sul mercato a proporre unicamente unità dipotenza superiore a qualche centinaio di kWe, tali da con-sentire il migliore compromesso tra economicità, in ter-mini di costo specifico di impianto, e rendimento. I ren-dimenti elettrici ottenibili variano tra il 40 e il 45% delPCI, a seconda della pressurizzazione e della taglia, la-vorando con fattori di utilizzazione del combustibileprossimi all’85% e fattori di utilizzazione dell’aria del50-70%. I parametri di disponibilità (�95%) e vita utile(fino a oltre 40.000 h) hanno raggiunto livelli soddisfa-centi. Come indicato in tab. 7, un tipico modulo PAFCda 200 kWe può produrre energia elettrica con il 40% direndimento elettrico e, in aggiunta, vapore a 140 °C percogenerazione, con un rendimento totale che può rag-giungere l’85-90%.

Nonostante i risultati ottenuti, il decollo commercialedi questa tipologia è rallentato dalle aspettative di mag-giore riduzione dei costi e/o di maggiore efficienza ripo-ste sia nelle PEM sia nelle MCFC e nelle SOFC.

Celle a combustibile a carbonati fusiIn questa tipologia, contraddistinta dalla sigla MCFC

(Molten Carbonate Fuel Cell), l’elettrolita è usualmen-te una miscela di carbonati alcalini (Li, Na, K) tratte-nuta da una matrice ceramica di LiAlO2. La cella operaa 600-700 °C, temperatura alla quale i carbonati for-mano un sale fuso molto conduttivo, con ioni carbona-to CO3

2� che permettono la conduzione ionica. A tem-perature di questo livello non sono necessari metalli nobi-li per svolgere la funzione di elettrocatalizzatori; la

cinetica delle reazioni è favorita dalle condizioni termi-che e sono sufficienti elettrodi porosi a base nichel perpromuovere le reazioni. L’anodo è costituito da una legadi Ni al 10% di Cr o da leghe Ni-Al, mentre il catodoè realizzato da un ossido di Ni e Li, con spessori deglistrati prossimi a 1 mm.

Le alte temperature di esercizio permettono alleMCFC di raggiungere elevati rendimenti e maggiore fles-sibilità nell’utilizzo dei combustibili disponibili rispet-to alle PAFC. Sono state sviluppate configurazioni chepossono essere alimentate a gas naturale effettuando ilreforming del combustibile all’interno della cella (Faroo-que et al., 1998), con produzione di idrogeno, e confi-gurazioni che prevedono l’adozione di un reformer ester-no. Il punto più critico per lo sviluppo di questa tipolo-gia consiste nel raggiungimento di vite utili adeguatamentelunghe senza eccessive diminuzioni di prestazioni, inrelazione ai problemi di corrosione dei materiali dellacella in contatto con i sali fusi.

Contrariamente a quanto accade per altri tipi di FuelCell, non è prevedibile nel campo MCFC lo sviluppo diunità commerciali di potenza inferiore a qualche centi-naio di kWe. Dal punto di vista dei bilanci termici glo-bali, come mostrato in tab. 8, circa il 30% del calore entran-te con il combustibile può essere recuperato per cogene-razione a partire da temperature prossime a 300 °C.Prestazioni più elevate sono attese da impianti di tagliaprossima a 1-2 MWe.

Celle a combustibile a ossidi solidiIn questa tipologia di celle, contraddistinta dalla sigla

SOFC (Solid Oxide Fuel Cell), l’elettrolita è un ossidosolido metallico non poroso, generalmente un materia-le ceramico quale l’ossido di zirconio drogato con ittrioo calcio. La cella opera a temperature comprese tra 650e 1.000 °C, tra le quali ha luogo una sufficiente condu-zione ionica di ioni ossigeno O2– nel reticolo cristallinodell’elettrolita. Gli elettrodi sono costituiti da materiali

452 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

tab. 7. Celle a combustibile: bilancio energeticoper moduli PAFC di media taglia (100-300 kWe)

Energia elettrica 40%

Calore recuperato 47%

Perdite DC/AC 2,5%

Ausiliari 3,5%

Perdite termiche 1%

Calore di scarto 6%

Energia chimica associata al combustibile (PCI) �100

tab. 8. Celle a combustibile: bilancio energeticoper moduli MCFC della taglia

di qualche centinaio di kWe

(senza condensazione del vapor d’acqua nei fumi)

Energia elettrica 48%

Calore recuperato 32%

Perdite DC/AC 3%

Ausiliari 4%

Perdite termiche 6%

Calore di scarto 7%

Energia chimica associata al combustibile (PCI) �100

Page 19: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

quali ossidi di zirconio al cobalto o al nichel (anodo) ecomposti manganese-lantanio (catodo); elettrodo, elet-trolita e interconnessione sono depositati in strati suc-cessivi con particolari tecniche costruttive (per esempio,plasma spray), uno sull’altro, e sinterizzati a formare lastruttura della cella.

I principali vantaggi di questa tipologia, che ne sosten-gono lo sviluppo nonostante le notevoli difficoltà deri-vanti dalle alte temperature in gioco e dalle delicate tec-nologie di fabbricazione, sono:• l’elettrolita solido elimina tutti i problemi di gestio-

ne delle tre fasi gas-liquido-solido caratteristici dellealtre tipologie (equilibrio dell’elettrolita liquido, alla-gamento degli elettrodi, trafilamento di gas);

• l’elettrolita solido consente di realizzare le celle convari tipi di geometria; sono a tutt’oggi sviluppate celletubolari e planari, con varie forme realizzative;

• grazie alle elevate temperature di funzionamento, lacinetica delle reazioni è veloce e il CO è direttamenteutilizzabile come combustibile; nelle celle che lavo-rano a 1.000 °C è possibile utilizzare direttamente ilgas naturale senza bisogno di catalizzatori addizio-nali per il reforming, che può avvenire in buona parteall’interno della cella;

• rispetto alle MCFC non c’è esigenza di riciclare ofornire CO2 all’anodo e la tolleranza ad alcune impu-rezze tra cui lo zolfo è maggiore; il funzionamentopressurizzato non pone problematiche particolari;

• le temperature di funzionamento elevate consentonodi realizzare un consistente recupero termico, non-ché l’integrazione con cicli termodinamici gas-vapo-re avanzati; si prevede di poter raggiungere rendi-menti elettrici superiori al 60% in impianti ibridi basa-ti su cicli di turbina a gas rigenerativi, anche su taglieminime dell’ordine di qualche centinaio di kWe.Dal punto di vista dello stato di sviluppo, gli impian-

ti dimostrativi SOFC più grandi hanno una potenza di100-250 kWe. Il rendimento elettrico di queste celle variadal 30-35% delle unità da pochi kWe al 45-50% delleunità da qualche centinaio di kWe operanti a pressioneatmosferica, mentre si prevede di raggiungere il 58-60%per unità pressurizzate a ciclo ibrido da 500 kWe�1 MWe.Il rendimento totale è prossimo all’80-85% (tab. 9): aseconda delle diverse tecnologie costruttive, la tempe-ratura dei gas scaricati è compresa tra 400 e 500 °C epermette di recuperare circa il 30% del calore entrante.

Le SOFC si trovano in una fase di sviluppo prelimi-nare caratterizzata da sperimentazione di prototipi e fre-quenti aggiornamenti tecnologici; sulla base delle pre-visioni di costo disponibili e delle caratteristiche dei pro-totipi esistenti e tenendo conto degli obiettivi deicostruttori, nel medio termine si prevedono costi diimpianto inferiori a 1.000 euro/kWe (meno di un quintodegli attuali), uniti a vite utili dell’ordine di 60.000 orecon costi di manutenzione confrontabili con quelli delle

tecnologie concorrenti. I livelli di emissione previsti sonobassissimi, indicativamente inferiori a 2 ppm in volumedi CO e NOx con riferimento al 15% di O2.

Cicli ibridiSono denominati ibridi gli impianti che, per la pro-

duzione di energia elettrica, integrano le tecnologie dellecelle a combustibile (in particolare dei tipi ad alta tem-peratura come MCFC e SOFC), con cicli termodinami-ci a gas e/o a vapore. Il termine ciclo ibrido è di uso cor-rente, anche se sarebbero preferibili termini più appro-priati (per esempio, ciclo integrato).

La tecnologia dei cicli ibridi è considerata la più pro-mettente per ottenere i rendimenti massimi nella produ-zione di energia elettrica a partire da combustibili, inparticolare se applicata allo sfruttamento del gas natu-rale (Dennis et al., 2003). Negli ultimi anni, diversi studihanno infatti indicato come l’impiego delle celle a com-bustibile ad alta temperatura in cicli con turbine a gaspossa condurre a sistemi capaci di raggiungere rendi-menti elettrici elevatissimi, con valori netti, per un ipo-tetico impianto di grande taglia (�10-100 MWe), anchesuperiori al 65-70% contro il 55-60% delle più grandi eavanzate centrali a ciclo combinato. In questi impiantila cella a combustibile lavora generalmente in condizionipressurizzate e sostituisce la camera di combustione dellaturbina a gas nel ruolo di ossidatore del combustibile,generando energia elettrica e gas caldi che vengono avvia-ti all’espansione in turbina. I rendimenti più elevati siottengono senza utilizzare combustioni supplementari equindi con valori di temperature di ingresso in turbinarelativamente bassi, dell’ordine di 850-900 °C, con circatre quarti della potenza elettrica prodotta dalla FC.

Più recentemente è stato ipotizzato di ridurre drasti-camente la scala di tali impianti fino a taglie del centinaiodi kWe, integrando un modulo a celle a combustibile

453VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

tab. 9. Celle a combustibile: bilancio energeticoper moduli SOFC da pochi kWe o della taglia

di qualche centinaio di kWe

SOFC di taglia1-10 kWe

(%)

SOFC di taglia100-300 kWe

(%)

Energia elettrica 33 50

Calore recuperato 47 32

Perdite DC/AC 3 3

Ausiliari 5 4

Perdite termiche 4 4

Calore di scarto 8 7

Energia chimica associata al combustibile (PCI) �100

Page 20: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

di potenza dell’ordine di quella dei più efficienti proto-tipi, con un ciclo rigenerativo basato su una piccola tur-bina a gas: i primi impianti a ciclo ibrido nascono quin-di dall’integrazione delle celle a combustibile ad altatemperatura (tipo SOFC o MCFC) con le microturbinea gas. Per semplicità si considera di seguito il caso dicicli ibridi basati su celle tipo SOFC che per primi sonogiunti a una sperimentazione prototipica.

Nello schema di impianto di fig. 13 (Veyo et al.,2000), il più frequentemente preso in considerazione, ilciclo ibrido è un ciclo di turbina a gas con recuperato-re, con camera di combustione sostituita dalla fuel cell,alimentata con aria compressa dal compressore e preri-scaldata dal recuperatore, e con un combustibile qualegas naturale, a sua volta preriscaldato, desolforato e com-presso; dalla cella a combustibile escono gas di scaricocaldi e in pressione, che vengono fatti espandere nellaturbina.

La varietà delle tecnologie attualmente proposte e infase di sviluppo non consente di proporre una sintesi uni-voca dei vari schemi di impianto; in ogni caso è possi-bile notare come le varie proposte di ciclo ibrido pre-sentino, nella fascia di potenze inferiori a 500 kWe, obiet-tivi a medio termine di rendimento elettrico del 55-60%.L’elevato rendimento elettrico di questi impianti dà luogoinevitabilmente a un rapporto energia elettrica/calorecogenerato anche superiore a 2,5-3:1; nelle applicazio-ni cogenerative ciò comporterebbe la necessità di affian-care al sistema una caldaia integrativa o altre macchinequali pompe di calore che sfruttino una parte dell’ener-gia elettrica eventualmente eccedente. Le temperature deigas di scarico sui quali è possibile recuperare calore perusi cogenerativi sono limitate alla fascia 150-250 °C, coni valori più bassi negli impianti basati su MCFC. Per rea-lizzare un efficace recupero termico risulta quindi impor-tante poter utilizzare calore a temperature piuttostobasse. Il rendimento totale (energia elettrica � calore)

di un impianto ibrido può raggiungere infatti l’80-85%(tab. 10) solo nell’ipotesi di recuperare calore raffred-dando i gas di scarico fino a temperature abbastanzaridotte (70-80 °C).

Se dal punto di vista del rendimento e del conteni-mento delle emissioni (ridotte agli stessi livelli degliimpianti a sola MCFC o SOFC) nessuna tecnologia con-venzionale (motori alternativi, piccole turbine a gas)appare in grado di concorrere con i cicli ibridi, ben diver-sa è la prospettiva economica, che risulta strettamentedipendente dal costo di impianto del sistema. A questoproposito i risultati di un’analisi dettagliata portano aconcludere che un sistema ibrido per cogenerazionepotrebbe conseguire una maggiore economicità rispettoa un sistema concorrente convenzionale solo se il suocosto di installazione risultasse inferiore a circa 1.200-1.500 euro/kWe (Campanari e Macchi, 2002; Rastler eLeman, 2002).

Sistemi termofotovoltaiciAlla base della tecnologia termofotovoltaica (TPV)

vi è la possibilità di trasformare direttamente in energia

454 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

gas naturale

caminorecuperatore

desolforatore

combustoreausiliario combustore

della turbinaa gas

sistema FC

ACDC

filtroaria

fig. 13. Ciclo ibrido con turbina a gas con recuperatore.

tab. 10. Bilancio energetico per un ciclo ibridocon rendimento elettrico del 60%

Energia elettrica 60%

Calore recuperato 20%

Perdite DC/AC 3%

Ausiliari 5%

Perdite termiche 5%

Calore di scarto 7%

Energia chimica associata al combustibile (PCI) �100

Page 21: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

elettrica, per mezzo di celle fotovoltaiche, l’energia irrag-giata (prevalentemente nel campo di frequenze dell’in-frarosso) da una superficie a elevata temperatura. La tec-nologia TPV richiede lo sviluppo di materiali semicon-duttori particolari quali l’antimoniuro di gallio (GaSb)e l’arseniuro d’indio e gallio (InGaAs), in grado di rea-lizzare la conversione fotovoltaica alle lunghezze d’on-da tipiche dell’infrarosso, nonché la disponibilità di mate-riali resistenti a elevate temperature, quali il carburo disilicio (SiC; Coutts et al., 1999; Rohr et al., 1999).

Nei sistemi TPV (fig. 14), l’energia chimica del com-bustibile è convertita in energia termica all’interno dellacamera di combustione; una parte di quest’energia ètrasformata in energia raggiante dall’emettitore, unaparte è utilizzata per preriscaldare l’aria comburente,un’altra parte è infine rilasciata come calore sensibiledei fumi uscenti. Parte dell’energia irraggiata è tra-sformata a sua volta in energia elettrica in corrente con-tinua dalle celle fotovoltaiche, mentre la restante parteè asportata tramite un sistema di raffreddamento (adaria o ad acqua).

Il principio di funzionamento della parte elettrica èquindi il medesimo delle celle fotovoltaiche a energiasolare, con fondamentali differenze nelle lunghezze d’on-da dell’energia elettromagnetica ricevuta e nelle tempe-rature di funzionamento richieste, oltre che nella densitàdi potenza specifica (potenza per unità di superficie dellecelle), circa 100 volte superiore a quella delle celle alsilicio per sfruttamento dell’energia solare. Il funziona-mento ottimale del sistema si ottiene interponendo traemettitore e cella un filtro capace di concentrare sullacella la quota di radiazione elettromagnetica compostadalle frequenze più adatte al suo funzionamento.

Il sistema TPV presenta caratteristiche attraenti perapplicazioni cogenerative residenziali, quali:• assenza di parti in movimento, salvo componenti ausi-

liari, che consente di contenere i livelli di rumorositàfavorendone l’impiego all’interno di abitazioni e areedi salvaguardia ambientale;

• possibilità di utilizzare sistemi di combustione conridotte emissioni inquinanti per unità di energia pro-dotta in assetto cogenerativo;

• semplicità di funzionamento e manutenzione, cherende la gestione di tali sistemi cogenerativi poten-zialmente assimilabile a quella delle attuali caldaiedomestiche.Il costo specifico dei sistemi TPV fa riferimento a

valori di prospettiva più che a valori reali degli attua-li prototipi. Il costo per produzioni di grande serie èindicato prossimo a 3.500 euro per un’unità completa da1,5 kWe con rendimento elettrico prossimo al 12% e pro-duzione di calore fino a circa 12 kWt. Per il solo gene-ratore elettrico TPV i costi di obiettivo sono prossimi a500 euro/kWe (Palfinger et al., 2003).

La tab. 11 mostra un esempio di bilancio energeticoper unità TPV per uso cogenerativo; la maggior parte delcalore proviene dall’acqua di raffreddamento delle celle,che può raggiungere in uscita temperature massime com-prese tra 30 e 50 °C, al di sopra delle quali si manifestanoun marcato decadimento del rendimento elettrico (che èmassimo per celle mantenute a temperatura ambiente) ed,eventualmente, il danneggiamento delle celle stesse; la

455VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

recuperatore

combustibile

bruciatore

gas discarico

emettitore P N

filtro

cellafotovoltaica

calore

distribuzionecombustibile/aria

ariacorrenteelettricacontinua

ariacalda

gas dicombustione

��

��

fig. 14. Schema di sistema termofotovoltaico.

tab. 11. Bilancio energetico di un sistema TPVcon rendimento elettrico del 10% con riferimento

al PCI (circa il 9,1% con riferimento al PCS)

Energia elettrica 9,1%

Calore recuperato 81,8%

Perdite DC/AC 1%

Ausiliari 1,5%

Perdite termiche 2%

Calore di scarto 4,6%

Energia chimica associata al combustibile (PCS) �100

Page 22: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

temperatura dell’acqua di ritorno dall’utenza non può quin-di superare i 30-40 °C per consentire il buon funziona-mento delle celle. All’uscita del sistema, la temperaturadell’acqua può essere ulteriormente elevata tramite unoscambiatore aria-acqua che sfrutta il calore recuperato daifumi che lasciano il sistema a temperature piuttosto ele-vate (per esempio, 450 °C). In configurazione cogenera-tiva, il rendimento totale (energia elettrica più calore) puòessere prossimo al 100% se le temperature dell’acqua diritorno dall’utenza consentono di sfruttare il calore di con-densazione dei fumi; la combustione avviene infatti conun eccesso di aria ridotto e il tenore di ossigeno nei fumiè prossimo a quello delle normali caldaie, consentendo direalizzare il recupero di parte del calore di condensazione.

Altre tecnologieLa microcogenerazione non si esaurisce nelle tecno-

logie sopra descritte. Tra le ulteriori proposte tecnologi-che (Butcher, 2003; Slowe, 2004; Wurtz, 2005), si ricor-dano la tecnologia dei sistemi termoelettrici a effettoPeltier-Seebeck e la tecnologia dei microcicli Rankine, ilcui sviluppo potrebbe rivelarsi promettente negli anni avenire. Nel primo caso si considerano unità basate sul-l’effetto termoelettrico (Peltier), per il quale un circuitobimetallico percorso da corrente continua dà luogo a unadifferenza di temperatura in corrispondenza dell’inter-faccia tra i due metalli stessi. Similmente i dispositivitermoelettrici possono essere utilizzati anche per con-vertire energia termica in energia elettrica, sfruttando unadifferenza di temperatura alle due estremità del circuito;in questo caso viene sfruttato l’effetto Seebeck e il dispo-sitivo termoelettrico si comporta come generatore elet-trico. I microcicli Rankine sono invece cicli termodina-mici basati sulla combustione esterna e sull’introduzio-ne del calore nel ciclo tramite uno scambiatore di calore;come fluido di lavoro vengono utilizzati vapor d’acqua ofluidi refrigeranti; l’espansione ha luogo in apparecchia-ture di tipo volumetrico o a tecnologia scroll. In entram-bi i casi il fluido di lavoro resta isolato rispetto ai prodottidi combustione, consentendo in prospettiva di ridurre alminimo le problematiche di manutenzione dell’impianto.

I sistemi di questi tipi vengono sviluppati su taglieda pochi kWe, con rendimenti elettrici limitati e rappor-ti (calore utile)/(energia elettrica) molto elevati. Il mer-cato di destinazione è quello delle utenze residenziali.

5.3.3 Trigenerazione

Un impianto di trigenerazione, cioè un impianto utiliz-zato per la produzione di energia elettrica, calore e fred-do, è generalmente composto dai seguenti elementi:• un motore primo (per esempio, un motore alterna-

tivo a combustione interna, una turbina a gas, unafuel cell);

• un sistema di recupero di calore dai gas di scaricoe/o dal circuito di raffreddamento del motore primo;

• un sistema di produzione di freddo, che può esserecostituito da un impianto frigorifero basato su mac-chine a ciclo inverso a compressione, eventualmen-te funzionanti anche come pompa di calore, oppureda un impianto frigorifero con macchine ad assorbi-mento, alimentate dal calore recuperato dal motore.I primi due elementi (motore primo e sistema di recu-

pero termico) sono presenti anche in un impianto di sem-plice cogenerazione, mentre l’aggiunta di una o più mac-chine frigorifere caratterizza il caso degli impianti tri-generativi. La trigenerazione trova pertanto applicazionequando devono essere soddisfatte utenze caratterizzatedalla presenza delle tre richieste energetiche (energiaelettrica, calore, freddo); tali richieste possono presen-tarsi sia separatamente, per esempio in relazione a ciclistagionali inverno/estate, con richiesta di energia elet-trica e calore in inverno e richiesta di energia elettrica efreddo in estate, sia contemporaneamente. Esempi diutenze di questo tipo spaziano dal settore civile e ter-ziario (utenze residenziali, palazzi per uffici, centri com-merciali, ospedali, aeroporti, centri sportivi), al settoreindustriale (settore alimentare, produzioni climatizzate).

In tali casi, la possibilità di aggiungere un effetto utilealla generazione di calore ed energia elettrica può con-sentire di migliorare considerevolmente la redditività e ilritorno economico dell’impianto (Campanari e Macchi,2004). In presenza di differenti andamenti stagionalidei singoli carichi, la copertura dei carichi frigoriferipuò consentire di sfruttare a fondo il sistema anche nella

456 ENCICLOPEDIA DEGLI IDROCARBURI

GENERAZIONE ELETTRICA DA FONTI FOSSILI

gas naturalea motore primo

gas naturale acaldaia integrativa

caloreall’ambiente

utenzatermica

utenza frigorifera

calorerecuperato

caloreal frigorifero adassorbimento

perdite elettriche,meccaniche,

termichee al camino

utenzaelettrica

fig. 15. Diagramma di Sankey esemplificativo di un impianto di trigenerazione con motore primo e frigorifero ad assorbimento.

Page 23: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

stagione estiva, quando i carichi termici legati al riscal-damento vengono meno. Può anche verificarsi una signi-ficativa contemporaneità delle tre richieste durante lemezze stagioni; il sistema trigenerativo aumenta in talcaso notevolmente il numero di ore equivalenti di funzio-namento annuale e migliora i risparmi energetici annuali.

Schemi di impiantoL’integrazione nell’impianto di un sistema frigorife-

ro può avvenire secondo schemi diversi, secondo il tipodi motore primo impiegato e secondo la presenza di unfrigorifero del tipo a compressione, ad assorbimento o,eventualmente, di entrambe le tipologie di impianto.

La logica di funzionamento del sistema dipende daltipo di macchine utilizzate: per esempio, nel caso moto-re e frigorifero ad assorbimento, il calore recuperato dalmotore primo può andare all’utenza o al frigorifero adassorbimento (AC, Absorption Chiller), nel quale è uti-lizzato per generare freddo e quindi coprire la richiestafrigorifera. Il bilancio termico complessivo del sistemaè presentato in questo caso nel diagramma di Sankeynella fig. 15; la configurazione trigenerativa rappresen-tata è la più semplice ed è stata sperimentata con suc-cesso in numerose applicazioni, per esempio nella com-binazione con microturbine a gas nel settore delle uten-ze di ambito terziario (Malrup, 2002; Rosfjord et al.,2004; Haught, 2005; Willis, 2005).

Nel caso di motore primo con recupero termico esistema frigorifero a compressione funzionante anchecome pompa di calore e caldaie integrative (fig. 16), l’e-nergia elettrica prodotta dal motore primo può andareall’utenza o all’impianto frigorifero, mentre il carico ter-mico è coperto dal sistema di recupero del calore inte-grato dalla pompa di calore o dalle caldaie. Si osservicome l’unità frigorifera possa generare calore o freddonella configurazione estiva o da mezza stagione, e solocalore nella configurazione invernale. Rispetto al casoprecedente, la presenza di un componente con dupliceruolo di generatore di freddo e di calore, quale l’impiantoa compressione, rende meno immediata la scelta dellapiù opportuna modalità di funzionamento; in alcune situa-zioni si dovrà stabilire, per esempio in base a un criteriodi convenienza economica o di risparmio energetico, seconvenga utilizzare l’energia elettrica prodotta dal moto-re per la sola utenza o, in parte, per il sistema a pompadi calore (in sostituzione della caldaia per l’integrazio-ne della produzione termica), eventualmente con con-temporaneità di richiesta frigorifera.

Un caso ancora più complesso, giustificato in pre-senza di utenze caratterizzate da significativa sovrappo-sizione e alternanza delle richieste termiche e frigorife-re, è rappresentato dalla combinazione dei due tipi dimacchine frigorifere (ad assorbimento e a compressione),integrate con il motore primo. In questo caso la logica

457VOLUME III / NUOVI SVILUPPI: ENERGIA, TRASPORTI, SOSTENIBILITÀ

GENERAZIONE DISTRIBUITA

caldaiaausiliaria

mandata acquacalda riscaldamento

pompa di calore/frigorifero

motore primo

utenza elettrica, rete

camino

12 °C 7 °C

recuperotermico

gas discarico

ritorno acqua

acqua caldaconfigurazioneinvernale

configurazioneestiva e mezzestagioni

motore primo e frigorifero/pompa di calore

aria ambiente

acqua calda

aria ambiente

acqua fredda perraffreddamento utenza

aria ambiente

fig. 16. Schema di impianto di trigenerazione con motore primo e gruppo pompa di calore/frigorifero a compressione.

Page 24: 5.3 Generazione distribuita - Treccani

di gestione diventa più complessa e richiede un’analisicaso per caso della più opportuna modalità operativa(Campanari e Macchi, 2004; Campanari et al., 2004).

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GENERAZIONE DISTRIBUITA

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