Abecassis Eliette - Qumran (Ita Libro)

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Qumran

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  • ELIETTE ABCASSIS QUMRAN

    (Qumran, 1996)

    A Rose Lallier, questo libro nato da una sua visione.

    Chiunque abbia osato indagare Su queste quattro cose: Cosa c' al di sopra? Cosa c' al di sotto? Cosa c'era prima del mondo? Cosa ci sar dopo di esso? Sarebbe stato meglio per lui non essere mai nato. Talmud di Babilonia, Haghigah, 11b.

    PROLOGO

    1

    Il giorno in cui il Messia rese lo spirito, il cielo non era n pi n meno

    scuro di ogni altro giorno; nessuna luce, come un segno miracoloso, lo rischiarava. Il sole era nascosto da spesse nebbie, ma i suoi raggi riusciva-no a trafiggerne il fondo opaco. Le nubi annunciavano una pioggia sottile o foriera di grandine, di quelle mai venute a rinfrescare il terreo paesaggio. Le tenebre non erano profonde sopra la regione, mentre il cielo emetteva ancora un fievole lucore.

    Era un giorno come gli altri insomma, n triste n allegro, n buio n chiaro, non straordinario, ma nemmeno del tutto comune. Forse la norma-lit era un presagio di questa assenza di presagi: non so.

    Fu un'agonia lenta, difficile. Il suo respiro pass all'eternit dopo un lun-go gemito, di una disperazione immensa. I suoi capelli e la sua barba sco-lorita non espressero pi l'ardore della saggezza, dispensata ovunque come una cura o una guarigione. Il suo sguardo perse quella fiamma che l'aveva sempre ravvivato quando, con passione, aveva recato a tutti le sue buone parole e le profezie, predicendo l'avverarsi di un mondo nuovo. Il suo cor-po strizzato come un panno lavato, devastato, era soltanto sofferenza, con-

  • tusioni e piaghe aperte. Le ossa risaltavano sotto la carne, come macabre strie. La sua pelle avvizzita, come un abito lacerato, a brandelli, simile a un sudario a pezzi, era un rotolo prima spiegato poi profanato, una pergamena vetusta le cui lettere di sangue erravano intorno alle linee scarificate, fra cancellature e pentimenti, formando uno scarabocchio. Le sue membra distese, trafitte dai chiodi, macchiate di chiazze violacee, sembrarono cur-varsi. Dalle sue mani forate, raggrinzite per il dolore, col il sangue; una lava tiepida, scaturita dal cuore, risal fino alla bocca inaridita, priva di quelle parole d'amore che il Messia amava tanto pronunciare, prostrata in un'espressione muta di paura e di sorpresa, l'ultima prima della crisi. Il suo petto, come un agnello intrappolato dal lupo, si sollev di colpo, e sembr che il suo cuore stesse per balzarne fuori cos com'era: nudo, splendente, sacrificato.

    Poi s'irrigid, inebriato del proprio sangue come di un vino sprizzato dal torchio. L'orrore e ogni altra espressione abbandonarono i tratti tirati del suo pallido volto, tranne l'innocenza che si dipinse negli occhi in deliquio e sulla bocca socchiusa. Il Messia stava per unirsi con lo Spirito? Ma lo Spi-rito lo abbandonava, proprio mentre, con l'estrema speranza, lui sembrava invocarlo e chiamarlo per nome. Non vi fu nessun segno per lui, il rabbi, il maestro dei miracoli, il redentore, consolatore dei poveri, guaritore dei malati, dei folli, dei paralizzati. Nessuno poteva salvarlo, nessuno, nem-meno lui stesso.

    Gli diedero un po' d'acqua. Lenirono le sue sofferenze con un colpo di spugna. Alcuni sostennero che un lampo tracci all'orizzonte una riga lu-minosa, ad altri parve di averlo sentito invocare suo padre con una voce potente che risuon a lungo, quasi discendesse dai cieli. Inevitabilmente, il Messia soccombette.

    Era gi anziano, ma non malato. I membri della comunit pensavano che

    forse era immortale ed erano divisi tra l'attesa di un avvenimento - la sua morte, la sua riapparizione, la sua resurrezione - e quella del non avveni-mento che la sua longevit implicava: l'eternit. Cos, morisse o vivesse, si sarebbe trattato di un miracolo.

    Era un pomeriggio d'aprile. Secondo i numerosi medici che lo seguiva-no, il coma sopravvenuto con un giorno d'anticipo si doveva a collasso cardiaco. Fra le tre e le tre e mezzo del pomeriggio, cessarono le trasfusio-ni. Il corpo venne trasferito in ambulanza dall'ospedale, luogo dell'agonia, al suo domicilio. Qui fu posato a terra e ricoperto da un drappo, secondo la

  • tradizione. Poi venne aperta la stanza dove il rabbi pregava, studiava e leggeva, e i fedeli recitarono i testi sacri. I tanti che lo amavano vennero a rendere l'estremo omaggio al loro maestro, molto onorato presso le mi-gliaia dei suoi discepoli che avevano fede in lui credendolo il Re Messia, l'apostolo dei tempi nuovi, il precursore di un altro regno, colui che atten-devano da cos tanto, dalla notte dei tempi.

    Le visite si prolungarono fino a sera. Poi il corpo venne adagiato dentro una bara fabbricata col legno della fatica e della preghiera, quello della grande scrivania di quercia sulla quale il rabbi aveva passato tante ore di studio. Intorno alla casa della morte, il servizio d'ordine della polizia riu-sciva a stento a contenere tutta la folla. In citt il traffico era bloccato; nes-suna automobile riusciva ad aprirsi un passaggio in mezzo a quella massa compatta di uomini vestiti di nero, di donne in lacrime e di bambini in te-nera et che, a centinaia di migliaia, si erano radunati per piangere il rabbi. Alcuni si tenevano la testa fra le mani, accasciati. Altri urlavano il loro dolore in mezzo alla strada. Altri ancora, qui e l, danzavano al ritmo di melodie chassidiche lamentose o vivaci cantando su arie conosciute: Vi-vr il nostro maestro, il nostro rabbi, il Re Messia. Non sembrava andas-sero a una sepoltura; aspettavano la Resurrezione, il tempo della fine del-l'Esodo seguito da quello della Liberazione. Allora avrebbero finalmente potuto riconoscere di essere nella terra d'Israele e chiamare loro quel pae-se. Non lo aveva forse detto attraverso parabole e allusioni? Lo avevano compreso. Tanta sofferenza, tanta dispersione. Troppi soprusi ed esecuzio-ni. Pi tardi sarebbe finito tutto questo? Pi tardi era troppo lontano. Era lui, qui e ora, che attendevano: lui, dopo tanto tempo.

    I funerali furono rimandati all'indomani della morte, per consentire a tut-

    ti di essere presenti. L'aeroporto Ben Gurion era gremito di chassidim di tutti i paesi, che avevano precipitosamente preso l'aereo da New York, Parigi o Londra.

    Appena i discepoli uscirono dalla casa, vennero assaliti da quelli che vo-levano avvicinarsi al rabbi per l'ultima volta. Poi, diedero l'avvio alla pro-cessione verso il cimitero, seguiti da una folla nera e raccolta, simile a u-n'immensa vedova incappellata e velata, scossa dai singhiozzi. Poi il corteo cominci la salita verso il cimitero di Gerusalemme, appollaiato sul Monte degli Ulivi.

    Lentamente, in silenzio, lo portarono fino alla pietra che segnalava il luogo dove riposavano da trecento anni i precedenti rabbini della medesi-

  • ma discendenza. I tre segretari del rabbi pronunciarono il kaddish. Venne-ro recitate le preghiere in uso.

    Poi il discepolo preferito del rabbi, quello che egli amava fra tutti, prese la parola e cos si espresse: Fratelli e sorelle! Gerusalemme, la porta dei popoli, stata scardinata quest'oggi, le sue mura distrutte, le sue torri de-molite; e la sua polvere rastrellata: e ora, ecco, somiglia a una pietra arida. Il rabbi, nostro maestro, non pi con noi come prima. Siamo rimasti or-fani in questa terra, le nostre dimore sono desolate, il nostro animo pro-strato, mangiamo le nostre lacrime al posto del pane, mentre gli occhi ci si consumano e la gola diventa secca. Ma il popolo che cammina nelle tene-bre vedr ben presto una grande luce. Guardatevi intorno! L'esercito di Dio pu contare su ventimila uomini, e su molti di pi ancora. Dappertutto, ci si prepara: ciascuno secondo i suoi ritmi e le sue credenze, tutti si armano e si uniscono nel grande formicaio dei tempi nuovi.

    Intorno a noi si consuma il mondo in rovina. Le nostre case sono come armature che ci proteggono contro le innumerevoli turpitudini delle citt tentacolari, Sodoma e Gomorra dai volti di acciaio e plexiglas. Noi chiu-diamo gli occhi davanti alla depravazione, allo stupro e alla lussuria; le stirpi maledette di umani sconvolti, bestie scheletrite che urlano al chiaro di luna, vagano nelle strade deserte e, con gli occhi fuori dalle orbite e la lunga capigliatura incollata alla debole nuca, uccidono senza scopo la faci-le preda, il bambino indifeso e la donna sola. Fuori dalle nostre case la malattia si propaga e imperversa in tutti i continenti. Come una nuova leb-bra, separa gli uomini gli uni dagli altri e ammassa gli infermi negli ospe-dali, ultimi templi di morte in cui ci si adopera pi che per la guarigione, contro la Redenzione, sempre pi lontano dalla Resurrezione, dall'attesa della fine, annunciata profeticamente, irrevocabilmente, dai preti vestiti di panni bianchi. All'intorno, la terra maledetta, pattumiera nauseabonda, devastata dalla tecnica e dal suo cascame, prosciugata, bruciata dal sole, invasa dal deserto, disertata dalle acque; la terra vomita e sputa in malsane convulsioni, con le ossa sotterrate alla rinfusa e il sangue ancora fresco dell'ultima guerra, massacro o genocidio. Non vedete? Il fumo sale, il fiore cade, l'erba inaridisce. Questa terra sar presto il territorio del gufo e del riccio, della civetta e del corvo. Fratelli miei, noi siamo in un altro tempo, alla fine del tempo.

    Il giorno parla all'altro giorno, la notte lo sussurra all'alba che nasce, le gocce di rugiada palpitano sotto il vento nuovo e recano la notizia: ecco il rabbi, ecco il Messia che si risveglia dal suo sonno di secoli, che si alza e

  • risuscita i morti per salvare il mondo. E gi si manifesta come colui che affina e purifica l'oro. E gi si avvicina a noi per giudicarci. Ecco che viene il giorno, incandescente come una fornace, e tutti gli orgogliosi e coloro che commettono azioni malvagie saranno come stoppia, e il giorno che viene li far bruciare con il suo fuoco inestinguibile. E su coloro che temo-no il suo nome, si lever il sole della giustizia, e i loro occhi lo vedranno e diranno: l'Eterno magnifico. E quelli che non vedono saranno distrutti dall'immensa vendetta dell'Eterno: e cos il suo nome verr glorificato.

    Allora i pi intimi del rabbi uscirono dal cimitero per lasciare posto alle

    miriadi di fedeli che attendevano alla porta e che entrarono a loro volta fino a ora tarda in quella notte senza ombra, oscura come tutte le altre not-ti. Forse era necessario che uscisse dalla tomba per ascendere ai cieli, ma nessuno lo vide. O forse, quelli che erano l non ne parlarono. O meglio, la notte della sua sepoltura era semplicemente come era stato il giorno: il cielo non era n pi chiaro n pi scuro; nessuna luce lo rischiarava come un segno miracoloso. La luna, nascosta da una spessa nebbia, non era n piena n rossa. Nuvole grigiastre, appena sbiancate dal fondo nero, annun-ciavano una pioggia fine o foriera di grandine, che non venne mai a rinfre-scare quel paesaggio terreo e pesante. I cieli non svanirono come fumo e non si arrotolarono come una pergamena. La terra non si frantum disper-dendosi in polvere, non vacill come un ubriacone, non venne scossa come una fragile capanna. Il mare non si agit, e le sue onde tranquille non emi-sero n fango n spuma. Le montagne non colarono, e non si fusero al fuo-co. Il Saron non era desolato come l'Arava; il Bashan e il Carmelo non si erano spogliati della loro bellezza. N cieli nuovi, n terra nuova e nessun regno mai visto prima: la terra, laggi, era sempre la stessa. Chi si era rin-chiuso come un prigioniero dentro le grotte, chi vi si era rintanato quaranta giorni di seguito per leggervi il documento sigillato? La giara del vasaio non si era frantumata in mille piccoli pezzi, e nessun coccio poteva servire per prendere il fuoco dal focolare o per attingere acqua dalla pozza. La giara del vasaio era piena. Conteneva mille tesori divini e gli scavi erano ricchi di cocci.

    Il vino nuovo non era amaro, la vigna non era deperita, e gli agnelli ap-pena nati non gemevano pi del consueto. Non era cessato il ritmo gioioso dei tamburelli, e il delizioso suono dell'arpa riecheggiava ancora nelle ca-se. La citt non era stata frantoiata come le olive, n racimolata come l'uva quando finita la vendemmia. Gerusalemme, la porta dei popoli, non era

  • affatto la citt della pace, dalle pietre fuse di zaffiri, le merlature di rubini e le tele gonfiate dal vento. Il Tempio nel suo seno non si era per nulla rico-struito in cipresso, olmo, o bosso. Tutto era calmo, silenzioso, non si udiva il rumore concitato della vita, n quello proveniente dal Tempio, n quello dell'Eterno, venuto a rendere la pariglia ai suoi nemici, a mettere contro di loro il soffio della sua collera, a esercitare su di loro terribili rappresaglie e furiose punizioni.

    Tuttavia, avrebbe potuto esserci un segno, un infimo indizio che manife-stasse che tutto non era poi cos normale. Qualcuno avrebbe potuto farlo rilevare, all'occorrenza. Infatti, i medici si erano ingannati. Era cos vec-chio, ma tuttavia cos robusto e vigoroso quando teneva i suoi sermoni attraverso il mondo, con le persone che riceveva senza fine, con i consigli che prodigava al telefono o a casa sua, privatamente o in pubblico, per scritto o a voce, di persona o con la mediazione dei suoi discepoli. Era l'ultimo della discendenza e non aveva figli; ed era come se si aggrappasse alla vita affinch questa durasse il pi possibile. Era cos vecchio da non essersi accorto di nulla. Da molto tempo i suoi discepoli avevano previsto questo momento, con apprensione o con paura; lo avevano predetto, e ave-vano adattato la realt alle loro dichiarazioni, alla loro scienza profetica. Ma chi avrebbe potuto sapere, quando lui stesso annunciava la sua prossi-ma fine e la sua futura resurrezione?

    Tuttavia non era morto per un cedimento sopravvenuto all'improvviso; era stato ucciso da uno choc violento, da un brutale colpo alla testa, che lo aveva immerso nel torpore. Ma questo non lo sapeva nessuno. Nessuno tranne me, che non possiedo l'onniscienza.

    Poich il rabbi non era morto di morte naturale. La sua ora era suonata per mano dell'uomo che lo aveva richiamato a Dio. Poich il rabbi, in veri-t, non era morto di morte naturale: lo avevano ucciso. Io, l'ho assassinato.

    Poich ecco, un giorno viene, infocato come una fornace, e tutti gli

    orgogliosi, e tutti coloro che commettono l'iniquit diventeranno come stoppia; e quel giorno che viene li incendia, ha detto l'Eterno degli E-serciti, e non lascia loro n radice n ramo.

    2 Sono nato nell'anno 1967 dell'era cristiana, ma la mia memoria ha cin-

    quemila anni. Mi ricordo i secoli trascorsi come se li avessi abitati, poich

  • la mia tradizione li ha vissuti attraverso tutte le parole, gli scritti e le ese-gesi pronunciati nel corso del tempo, accumulati e aggiunti pezzo per pez-zo o perduti definitivamente; ma ci che resta oggi dentro di me, forma una traccia il cui contorno lineare si disegna attraverso le gesta delle fami-glie e delle generazioni, prolungandosi cos, progressivamente, verso la discendenza. Non sto parlando della storia, questa sfilata di figure immobi-lizzate nella cera e nella pietra tombale dei musei che, in una morta eterni-t, fanno voltare le pagine impavide e inamidate dei libri. Sto parlando della memoria che si sfoga nei ricordi che continuano a vivere e nei pen-sieri che non si sottomettono all'ordine cronologico, dal momento che il trascorrere del tempo non conosce n il metodo n l'avvenimento, tenaci pregiudizi della scienza, ma solo il senso intimo delle cose, cio dell'esi-stenza. La memoria trova il suo elemento nel presente, con l'introspezione e la scomposizione minuziose: vi scopre l'assenza e l'irrealt del suo esse-re, non essendo che l'enunciazione diretta di ci che passa e, passando, gi passata e dunque appartiene gi al passato.

    Nella lingua che io parlo, il verbo essere non ha un tempo presente; per dire "io sono" occorre usare il futuro o il passato e, per iniziare la mia nar-razione nella vostra lingua, vorrei poter tradurre un passato assoluto, non un passato prossimo che, nella sua perfidia, rende presente il passato me-scolando i due tempi. Preferisco il passato remoto che semplicemente trascorso tanto nella sua unicit e nella sua bella totalit che nelle sue chiu-se sonorit. il vero passato del tempo passato. Il presente che viene ana-lizzato, cos come quello che si enuncia con il passato, vengono messi da parte in suo favore, come se il passato stesso trovasse in essi la sua propria condizione, essendo la vera condizione di ogni cosa. Nella Bibbia che io leggo non c' presente, e il futuro e il passato sono pressoch identici. In un certo senso, il passato si esprime attraverso il futuro. Per esempio, si dice che per formare un tempo passato si aggiunge una lettera, vav, al futu-ro. Lo si chiama il "vav conversivo". Ma questa lettera significa pure "e". Cos, per leggere un verbo coniugato, si pu scegliere, ad esempio, tra "fe-ce" o "far". Ho sempre adottato la seconda soluzione. Credo che la Bibbia si esprima soltanto al futuro, e che non faccia altro che annunciare avve-nimenti che si produrranno nei tempi a venire, non quelli che si sono gi verificati. Dato che non esiste presente, e il passato il futuro.

    Duemila anni fa ebbe inizio una storia che cambi la faccia del mondo

    una prima volta. Il secondo mutamento operato nella stessa storia si verifi-

  • c cinquant'anni fa grazie a una sorprendente scoperta archeologica. Quando dico "sorprendente", non parlo per i miei che gi sapevano dal principio, cio dai primi tempi dell'era cristiana, ma per tutti gli altri; ed sempre per loro che parlo di "archeologia", dato che, per me, non c' niente di meno storico n di pi vivo che questa scienza. In un certo senso posso dire che siamo io e i miei a farla e che ne siamo l'oggetto, ma mi spiegher meglio pi avanti.

    Questa storia di cui vi parlo, che fa parte della Storia ma che non la mia storia, il cristianesimo. Non sono cristiano; appartengo a una comu-nit di ebrei religiosi che vivono ai margini, controcorrente rispetto alla societ attuale, e che si chiamano chassidim. In quanto ebrei, per tradizio-ne millenaria, siamo consacrati al compito di trascrivere le parole e i fatti importanti per conservarne la memoria. Ecco perch sto compiendo il mio dovere: scrivere questa storia nella sua verit ed esattezza il mio unico scopo.

    Devo dire innanzitutto che i chassidim non cercano n di convincere n di convertire i popoli. Cos, non scrivo per essere letto; ho appreso dai miei padri e dai padri dei loro padri che le cose e i pensieri vanno riposti e con-servati segretamente in un piccolo angolo di mondo: non in vista dell'attua-lit e dei lettori presenti, dal momento che avendo una vocazione monasti-ca noi viviamo in disparte da tutti, ma per i lettori futuri, le generazioni a venire che sapranno scoprire e comprendere: scoprire i nostri segreti e comprendere la nostra lingua. Non scrivo per me stesso, poich la scrittura non n uno sfogo n un'effusione empia e pagana. Per me e per i miei la scrittura sacra, un rito a cui mi presto quasi controvoglia, con il gusto del dovere. il mio modo di pregare, di domandare perdono, di compiere un sacrificio.

    Ma devo confessare che non sono uno scriba scrupoloso. Non ho l'amore del particolare. Mi dirigo a grandi passi verso il senso, come un corridore o un saltatore di corsa a ostacoli. La bellezza non il mio forte, come tutte le cose riguardanti la vista. La scrittura non la mia estasi. Vi metto davvero poco entusiasmo, anche se molta devozione. Vorrei badare soltanto ai mo-vimenti poich sono gesti e verbi: movimenti e nessuna descrizione. Avrei voluto comunicare direttamente il senso all'interiorit. Ma pu esistere un'interiorit senza forma? Questa, comunque, non sar il velo ingannatore e opaco della bellezza che non rivela mai niente se non se stessa: uno splendore vuoto. Il Talmud insegna che non bisogna ammirare i paesaggi, le belle piante o gli alberi graziosi che si incontrano sul proprio cammino

  • mentre si sta studiando: Chiunque studi camminando lungo una strada, e interrompa lo studio per dire "com' bello quest'albero, com' grazioso questo cespuglio", merita la morte. Credo che la mia interiorit abbia man-tenuto sempre questa piega. Sono miope: per scrivere tolgo gli occhiali. Quando rialzo gli occhi, ho davanti a me soltanto un mondo evanescente, da cui si staccano appena certe immagini e certi gesti; altri, pi tenui, ri-mangono impercepiti. Quello che ho davanti cos vago che, pi che ve-derlo, lo indovino. Forse mi sono ingannato. Sar riuscito a non dire altro che quella parola che mia e soltanto mia? Voglio tuttavia mettere in mo-vimento le lettere e, attraverso la luminosit delle parole, dire, non ci che fui, ma ci che sto per essere, ci che sar. Chi sapr leggermi, decifrer il futuro per mezzo del passato, la sintesi per mezzo dell'analisi, l'abbozzo per mezzo dell'esegesi. Poich io m'invento con le mie interpretazioni, e mi comprendo attraverso il mio testo. Ogni lettera un mondo, ogni paro-la un universo. Ciascuno responsabile delle parole che scrive e di quel-le che legge, essendo libero di fronte alla sua lettura.

    Come i miei avi, scrivo su una finissima pelle d'animale, su cui, prima di cominciare, ho tracciato linee con uno strumento acuminato per impedire alla mia penna di allontanarsi dal suo cammino e di errare, fra le lettere, verso l'alto o verso il basso, al di fuori delle righe segnate su cui, bisogno-sa, deve proseguire la sua strada. Questa linea retta, non la traccio con lo stesso inchiostro nero che utilizzo per comporre il mio testo: un'incisione praticata proprio sulla pelle, che deve essere abbastanza profonda affinch la scarificazione sia visibile, senza arrivare al punto di bucare la pelle stes-sa. una ferita delicata, dato che certe pergamene sono pi fragili di altre, e non tutte le pelli vengono conciate allo stesso modo. Cos, per stare at-tenti a non forarle, occorre saper riconoscere quelle di un colore simile all'avorio, pi friabili di altre che si avvicinano al limone o all'avorio nero.

    Proseguo con lentezza la mia fatica. Arrivato all'estremit di un rotolo, lo cucio senza danneggiare la pelle, e attacco il seguente. Scrivo di getto, dato che non posso cancellare il mio testo n ricominciarlo all'infinito. Comincio, per prima cosa, chiamando a raccolta i miei pensieri e i miei ricordi, poich non ho il diritto di sbagliare. Se, talvolta, la penna mi tradi-sce, la mano scivola e la memoria mi fa difetto, posso correggere il mio errore senza farlo scomparire, tracciando una piccola lettera al di sopra o al di sotto di quella che non avrei dovuto scrivere. Oppure, posso inserire la lettera giusta o mancante nello spazio bianco proprio al di sopra della linea di scrittura. Cos, per leggere il mio testo nel suo giusto senso, non bisogna

  • dimenticare di leggere fra le righe. La storia che scriver non bella da raccontare. Parla tanto di crudelt

    quanto di amore. Ma se la metto per iscritto, perch non posso derogare alla legge che impone di conservare i fatti importanti; e quello che sto per descrivere talmente inaudito che verrebbe dimenticato o negato se non lo stendessi sulla carta. Per me, lo scriba, un modo per celebrare l'Eterno, la mia preghiera. E per me il chassid, non vi nulla di pi importante della liturgia, che ci rende fedeli alle prescrizioni della Legge divina. Avrei vo-luto trasmettere a questa terra il gusto per la vita degli angeli che circonda-no il trono di Dio per cantarne le lodi, ma posso narrarne soltanto le sven-ture. Da millenni, siamo in attesa che la perfezione del nostro culto venga realizzata nella nuova Gerusalemme, e in questa penosa aspettativa, senza Tempio n Citt Santa, viviamo nell'oscurit, e sostituiamo i sacrifici con le lodi delle nostre labbra e l'offerta della nostra vita.

    E cos scorre, secondo il nostro preciso calendario, con i suoi giorni e le sue feste, la vita rituale e monastica della nostra comunit, in disparte da tutti, durante questi millenni in cui abbiamo protetto la nostra esistenza in dimore nascoste. Ma avevamo conoscenza del tempo che passava, e sape-vamo che al di fuori di noi i nostri fratelli ebrei si perdevano tra le nazioni, mentre noi restavamo i guardiani del Rotolo. Vivemmo cos, fino al mo-mento in cui sopraggiunse un fatto che sconvolse la nostra esistenza: nel 1948 gli ebrei ebbero un paese, una parte della nostra comunit ottenne la terra dei suoi antenati, l'altra rest nella diaspora per meglio attendere il Messia.

    Ma mi sto spingendo un po' troppo avanti, dal momento che qui comin-cia il primo rotolo della mia storia: e pure il mio lavoro di scriba.

    Per amore di Sion non tacer, e per amore di Gerusalemme non mi

    conceder riposo, fino a che la Sua giustizia non sorga nello splendo-re, e la Sua liberazione non s'accenda come una lucerna.

    PRIMO ROTOLO Il rotolo dei manoscritti

    Annuncio della nascita di Isacco Dopo questi avvenimenti, Dio apparve ad Abramo e gli disse: Ecco che

    sono passati dieci anni dal giorno che sei uscito da Haran: ne hai passati

  • due qui, sette in Egitto e uno da quando sei tornato dall'Egitto. Ebbene, esamina e conta tutti i beni in tuo possesso, e guarda come si sono accre-sciuti; sono il doppio di quelli che avevi portato con te il giorno della tua uscita da Haran. Ora, non temere: sono con te, e sar per te un appoggio e una forza. Sar come uno scudo su di te, e la mia protezione sar per te un saldo rifugio. Le tue ricchezze aumenteranno enormemente. E Abramo disse: Signore mio Dio, immense sono le mie ricchezze e i miei beni. Ma a che mi serve tutto questo, se quando morir me ne andr tutto nudo e senza figli, e uno dei miei servi sar il mio erede? Eliezer, figlio di [...] sar il mio erede. E Dio gli rispose: Non sar costui il tuo erede, ma qualcuno che uscir da [i tuoi lombi...].

    Rotoli di Qumran

    Apocrifo della Genesi.

    1 All'origine, vi fu un mattino dell'aprile 1947. In principio, se cos si pu

    dire. Effettivamente, tutto ha avuto inizio moltissimo tempo fa, pi di duemila

    anni or sono. Nel secondo secolo avanti Cristo, fu fondata una setta di pii ebrei che davano una loro propria interpretazione dei Cinque Libri di Mo-s, delle sue leggi, dei suoi comandamenti. Essi criticavano violentemente le autorit religiose e giudee di Gerusalemme e accusavano i sacerdoti del Tempio di lassismo e corruzione. Volevano tenersi lontani dagli altri; per questo si insediarono in un luogo deserto dove la loro comunit potesse risiedere isolata, a Qumran, sulle rive del Mar Morto. Ogni ricchezza veni-va messa in comune, affinch ciascuno potesse vivere senza preoccuparsi dei beni materiali. Il piccolo monastero aveva i suoi sacerdoti e i suoi sa-cramenti, poich stimavano che quelli di Gerusalemme non fossero legit-timi e che il Tempio non fosse stato costruito secondo la stretta osservanza delle regole di purezza e impurit. Essi vissero a Qumran fino al momento in cui i romani distrussero il luogo, nel terzo secolo della guerra giudaica. Venivano chiamati "esseni".

    O forse la genesi di tutto questo risale a circa cinquemila anni fa, quando Dio cre il mondo, separando il cielo e la terra, affinch vi abitassero il primo uomo e la prima donna, Adamo ed Eva. In seguito ci furono il dilu-vio, il tempo dei patriarchi, l'esilio in Egitto, la liberazione dalla schiavit

  • grazie a Mos, e il ritorno di Israele alla terra di Canaan. A meno che tutto non sia sorto dal Caos anteriore a ogni cosa e condi-

    zione perch tutto si ordinasse, quando la terra era deserta e vuota, ricoper-ta dall'abisso delle acque, al di sopra del quale fluttuava il soffio supremo, e tutto era immerso nell'oscurit. Fu allora che Dio ebbe per la prima volta l'idea di creare il mondo, idea folle senza dubbio, dato che noi ignoriamo tuttora perch l'abbia fatto.

    Una generazione passa, e subentra un'altra generazione. Ma il mondo rimane sempre uguale. Pure il sole si leva, e il sole tramonta, e va verso il luogo da cui risorger di nuovo.

    Ma diciamo semplicemente che tutto comincia un mattino di aprile del 1947 dopo Cristo, che tutto inizia e tutto riprende, poich non vi nulla di compiuto prima della venuta del Messia, nulla di nuovo finch il suo astro non briller di luce eterna.

    Quel giorno, i manoscritti degli esseni furono scoperti, cos come erano stati conservati da secoli, avvolti nel lino e sigillati dentro alte giare. Quei rotoli erano stati scritti all'epoca in cui la setta occupava ancora gli inse-diamenti di Qumran. Quando si resero conto che la disfatta di fronte ai romani era inevitabile, e che sarebbero stati presto annientati, gli esseni nascosero i loro libri sacri nelle inaccessibili grotte delle attigue coste roc-ciose, per salvarli dalle mani dei conquistatori infedeli. Essi li nascosero talmente bene, dentro i tessuti e le giare, che i manoscritti rimasero intatti fino a quel drammatico giorno del 1947 in cui vennero riesumati. Gli uo-mini portarono pure alla luce le rovine del sito in cui gli esseni avevano vissuto; dissotterrarono i resti delle loro costruzioni, delle loro abitazioni, e degli edifici riservati alla vita comunitaria.

    Penetrarono dentro altre grotte che celavano altri manoscritti, di cui si appropriarono per farne commercio.

    Ora c'era in Israele un uomo, un ebreo di nome David Cohen. Era figlio

    di Noam, che era figlio di Havilio, che era figlio di Misha, che era figlio di Aaron, che era figlio di Eilon, che era figlio di Hagai, che era figlio di Tal, che era figlio di Rony, che era figlio di Janai, che era figlio di Amram, che era figlio di Tsafi, che era figlio di Samuel, che era figlio di Raphael, che era figlio di Schiomo, che era figlio di Gad, che era figlio di Joram, che era figlio di Johanam, che era figlio di Noam, figlio di Barak, figlio di Tohu, che era figlio di Saul, che era figlio di Adriel, che era figlio di Barzillai, che era figlio di Uriel, che era figlio di Emmanuel, che era figlio di Asher,

  • che era figlio di Ruben, che era figlio di Er, che era figlio di Issacar, che era figlio di Nemuel, che era figlio di Simeon, che era figlio di Eliav, che era figlio di Eliezer, che era figlio di Jamin, che era figlio di Loth, che era figlio di Elihu, che era figlio di lesse, che era figlio di Jthro, che era figlio di Zimri, che era figlio di Ephraim, che era figlio di Mickael, che era figlio di Uriel, che era figlio di Joseph, che era figlio di Amram, che era figlio di Manasse, che era figlio di Ozias, che era figlio di Jonathan, che era figlio di Reuven, che era figlio di Nathan, che era figlio di Osea, che era figlio di Isaac, che era figlio di Zimri, che era figlio di Josias, che era figlio di Bo-az, che era figlio di Joram, che era figlio di Gamliel, che era figlio di Nata-nael, che era figlio di Eliakim, che era figlio di David, che era figlio di Achaz, che era figlio di Aaron, che era figlio di Jehudah, che era figlio di Jacob, che era figlio di Yossef, che era figlio di Joseph, che era figlio di Jacob, che era figlio di Mathan, che era figlio di Eliezer, che era figlio di Eliud, che era figlio di Akhim, che era figlio di Sadok, che era figlio di Eliakim, che era figlio di Abiud, che era figlio di Zorobabel, che era figlio di Salathiel, che era figlio di Jechonias, che era figlio di Josias, che era figlio di Amon, che era figlio di Manasse, che era figlio di Ezehias, che era figlio di Achaz, che era figlio di Jonathan, che era figlio di Ozias, che era figlio di Yoram, che era figlio di Josaphat, che era figlio di Asa, che era figlio di Abia, che era figlio di Roboam, che era figlio di David, che era figlio di lesse, che era figlio di Joped, che era figlio di Booz, figlio di Sa-lomon, figlio di Naasson, figlio di Aminabab, figlio di Aram, figlio di E-srom, figlio di Fares, figlio di Juda, figlio di Jacob, figlio di Isaac, figlio di Abraham.

    E quell'uomo era mio padre, ed era uno studioso di grande fama in tutta la regione, poich conosceva tutta la storia di Israele dalle origini. E pi in particolare le origini: dirigeva in Israele lavori e scavi che avevano lo sco-po di far rivivere l'antico passato. La sua passione, il suo impegno e la sua occupazione di tutti i giorni erano l'archeologia. Egli aveva una grande conoscenza e una grande memoria dei tempi antichi, di cui voleva ritrovare tutte le vestigia. Aveva scritto numerosi libri sulle sue scoperte che, come le sue conferenze, erano apprezzati da tutti, poich erano vivi; dato che raccontava la storia come se l'avesse vissuta. E quando mio padre parlava del passato, tutti i suoi ascoltatori avevano l'impressione di riviverlo. Quel-l'uomo non rievocava la storia come un'epoca trascorsa, e non si seppelliva mai nel rimpianto dei tempi andati. Fecondava il presente attraverso il pas-sato, e vivificava il passato con il presente. Rammentava senza posa i fatti

  • memorabili. Ricorda mi diceva cominciando le sue narrazioni, come se io potessi richiamare alla mente avvenimenti accaduti duemila o centoven-timila anni fa. Ma lui sembrava tener presente ogni cosa nella mente, come se avesse vissuto tutto senza aver studiato niente.

    Aveva cinquantacinque anni. La sua chioma era abbondante come quella di Assalonne; sul suo corpo erano disegnati muscoli da guerriero, poich era forte e combattivo come re David. I suoi occhi neri, sul suo volto rag-giante di sole, erano vivi e mobili. Ma per me, egli non aveva et. Non avevo mai temuto di vederlo invecchiare, e quando lo guardavo, pensavo alla sentenza che amava ripetere il mio rabbi: proibito essere vecchi. Per lo spirito divino che sembrava soffiare in lui e per la memoria che rivi-veva attraverso di lui, sembrava trascendere le et e il tempo, e tutti i segni della decadenza umana. Con il suo spirito, attraversava gli ostacoli e le vicissitudini del presente, poich era investito di un proposito pi ampio e pi potente.

    Devo precisare che, all'epoca in cui abitavo con mio padre, non mi ero

    ancora unito ai chassidim. Vagavo fra la gente, poich non avevo ancora trovato la traccia dei miei simili. Ignoravo me stesso, prima di questa se-conda nascita che fu per me incontrarli. Vivevo dunque nel mondo moder-no, come ogni altro israeliano. Dopo il periodo trascorso nell'esercito, mi sono dedicato allo studio. stato alla yeshivah che ho imparato la Torah e il Talmud. Vi avevo gi soggiornato, per la durata di tre anni, prima di fare il servizio militare, e sentivo che quella vita reclusa e contemplativa mi piaceva pi di ogni altra cosa, senza sapere realmente perch.

    Avevo un compagno, Jehudah, con il quale studiavo la maggior parte del tempo. Era molto istruito: figlio di un grande rabbino chassid, conosceva tutto il Talmud a memoria. All'inizio ero molto in ritardo rispetto a lui, dato che non ero stato educato nella religione e nella conoscenza dei testi. Mia madre, ebrea russa, era di un ateismo militante e antireligioso, ultimo residuo del comunismo: la sola cosa che, insieme a un indelebile accento, aveva riportato dall'URSS. Non si osservava mai lo shabbath, a casa no-stra. Mio padre sembrava avere interesse solo per l'archeologia, che per lui in verit era il suo Talmud, il suo modo di rivivere la storia ebraica. Tra-scinato da mia madre, e dal temperamento razionalista degli scienziati suoi colleghi e amici, egli non pregava, e non leggeva i testi che sulle pergame-ne, le pietre o i papiri. La sua specialit era in effetti la paleografia; e, ri-flettendoci, credo che non fosse un caso il suo aver consacrato la vita allo

  • studio degli antichi documenti. La paleografia non una scienza esatta. Non pu avere la precisione del-

    la chimica n procedere per classificazioni rigorose come quelle della bo-tanica e della zoologia. Arriverei perfino a dire che la paleografia non affatto una scienza, anche se pu arrivare a stabilire delle date con un alto grado di esattezza. E non fu un caso neppure se, cos come Jehudah aveva ricevuto da suo padre gli insegnamenti dei patriarchi, le mie prime letture e le mie sole preghiere furono quelle che la sua mano seguiva, guidando la mia, sulle strie evanescenti dei preziosi manoscritti.

    Mi insegn a esaminare minuziosamente sia il materiale sul quale lo scriba ha tracciato le sue lettere, che la forma della scrittura adottata, poi-ch sono indizi che permettono di determinare l'origine geografica e quella storica del manoscritto. Quando le iscrizioni sono tracciate sulla pietra o sull'argilla, dove estremamente difficile incidere caratteri curvilinei, la loro forma si adatta naturalmente al materiale ed "quadrata". Tali sono gli antichi scritti della Persia, dell'Assiria, o ancora, durante una certa epo-ca, di Babilonia. Al contrario, quando lo scriba utilizza papiri o pergame-ne, i caratteri sono rotondi e costituiscono una forma di scrittura pi corsi-va, specifica di altre regioni del mondo. Mio padre mi insegn cos che il primo fatto preso in considerazione dalla paleografia il mutamento conti-nuo delle forme alfabetiche impiegate dalle Scritture. Egli mi insegn a riconoscere il passaggio da un alfabeto all'altro, impresa non facile e insi-diosa, poich gli inganni in cui si pu cadere nello studio della paleografia sono numerosi. Un alfabeto antiquato pu avere utilizzato a lungo dopo che stato adottato quello nuovo, sia per motivazioni contingenti che per la nostalgia dello scrivano. Le epoche, che crediamo sempre distinte, tanto la nostra visione della storia lineare, possono risultare ingarbugliate in modo inestricabile su una pergamena, e un testo che si credeva datato in modo definitivo, pu avere tratti di un secolo e dell'altro senza che si possa decidere quale, tanto i segni del tempo sono ribelli al tempo.

    Il paleografo dispone per fortuna di altre indicazioni: i legami e i punti che congiungono due lettere, o ancora la posizione delle medesime in rap-porto alle linee. Talvolta la scrittura mantiene una linea la cui base uni-forme; talvolta essa si impiglia dall'una all'altra linea, con le lettere che si distendono verso l'alto in variazioni considerevoli. Mio padre diceva che anche l'uomo formato dal suo ambiente, modellato come le vocali e le consonanti sulle pietre. Io credo che fosse anche lui come una pergamena, un rotolo di cuoio ricoperto di lettere rotonde e collegate. Non parlava mai,

  • n del suo passato n della sua famiglia: pensavo che essa fosse scomparsa nella Shoah. Malgrado la lontananza e il rigetto che manifestava per le sue origini, mi aveva trasmesso, quasi suo malgrado, una scrittura piccola, nera e fitta, difficile da interpretare. Inscritta dentro di me, scolpita nel mio cuo-re, avrei potuto decifrarla solo molto pi tardi, dopo che una serie di avve-nimenti drammatici me l'ebbero svelata.

    Come l'ebraico antico, cos era mio padre ai miei occhi, difficile e ri-schioso da interpretare. Poich l'ebraico non ha vocali, fatta eccezione per alcune consonanti talvolta utilizzate in loro vece. Sfortunatamente, per, queste non hanno sempre lo stesso valore, e il significato varia. Sia in loro presenza che in loro assenza, la parola in cui si trovano non mai del tutto chiara, a meno che il lettore non la conosca, in qualche modo, prima di leggerla, e in questo caso utilizzi il libro come un semplice promemoria. I testi sacri venivano sempre letti ad alta voce, e qualche volta trasmessi per tradizione orale. Cos, la funzione della scrittura era soprattutto quella di ricordare al lettore ci che gli era gi familiare. Per molti secoli non vi fu nessuna difficolt, dal momento che coloro che leggevano questi docu-menti ne conoscevano il senso. Ma questo cadde a poco a poco nell'oblio, e quando, circa duemila anni dopo, gli archeologi misero alla luce docu-menti antichissimi, i paleografi fecero grande fatica a comprendere le paro-le consonantiche. Come tradurre una parola come lm? Lama, lume, lima? Qualche volta, certamente, il contesto era chiaro, ma come regolarsi nel caso in cui non contenesse parole facilmente identificabili? Si apriva cos la strada ai doppi sensi, alle erranze e ai dubbi: ma anche all'interpretazio-ne e alla creazione. Come diceva un nostro rabbino, per attirare le vocali verso le consonanti occorrono molta attenzione e molto desiderio, come quando un uomo vuole fare una mitzwah. Cos come impossibile compie-re un atto senza desiderio, la parola in potenza si materializza attraverso le vocali, che sono frutto del desiderio stesso. Ma questo, non lo compresi veramente che pi tardi, quando mi dovetti confrontare con la terribile spinta dell'appetito carnale.

    Mio padre mi inizi alla lettura critica dei testi e alle regole severe dello

    studio. Mi insegn che la scrittura era apparsa nel Vicino Oriente verso l'inizio del terzo millennio, non sotto forma di preghiera e di scritti spiri-tuali, ma per necessit amministrative: fu soltanto intorno al 2000 prima della nostra era che si cominci a impiegare la scrittura per stilare sia le composizioni di retorica che i poemi epici o lirici.

  • Mi ricorder sempre dello choc che provai quando mi insegn che Mos non aveva mai scritto la Torah di suo proprio pugno. Avevo allora tredici anni, l'et della mia bar mitzwah, e per la prima volta decisi il mio ritorno alla tradizione, la mia teshuvah.

    Ma stato Mos a redigere questi libri sotto dettatura divina avevo detto. Secondo il Deuteronomio, essi sono stati scritti dallo stesso dito di Dio.

    Impossibile. La Torah annovera stili troppo differenti per essere opera di un solo autore. Si sono riscontrati tre scrittori principali: quello sacerdo-tale, l'helohista e lo jahvista.

    Ma se questi testi sono stati redatti dalla mano dell'uomo, non sono ri-velati.

    Sono opera di una mano umana, ma rivelati in quanto si fondano su un substrato di arte orale, di parole dette. All'origine la scrittura non era desti-nata all'uso proprio e autonomo della lettura; non serviva che da supporto, da prontuario per preservare l'integrit del messaggio orale. Fu soltanto parecchi secoli pi tardi, quando vennero costruite le grandi biblioteche dell'epoca ellenistica, che il testo scritto cominci ad affrancarsi dalla lin-gua parlata. Infine, quando fu inventata la stampa, si verificarono le condi-zioni ideali per conferire alla scrittura una completa autonomia. La tra-smissione dei testi ad opera dei primi scribi della Bibbia si avvicinava dunque molto alla lingua orale. Per sfortuna, noi non possediamo alcun rotolo dell'epoca di Mos, n di quella dell'uscita dall'Egitto, e neppure di Esdra al ritorno dall'esilio di Babilonia. I rotoli in nostro possesso sono vergati in generale in caratteri paleo-ebraici, impiegati dagli ebrei a partire dalla loro entrata in Canaan. Dopo la conquista di Alessandro Magno, nel 333 a.C, nacque la scrittura ebraica quadrata o assira, tuttora in vigore. Le due scritture, la paleoebraica e l'ebraica, l'antica e la nuova, furono in con-correnza fino all'era cristiana. L'antica, quella dei sacerdoti, simbolizzava l'indipendenza della nazione, e ne perpetuava la storia; la nuova fu quella dei farisei, che occupavano una posizione importante nella vita sociale e politica. Fino a quel momento, solo gli scribi e i sacerdoti avevano impara-to a leggere e a scrivere, e la legge divina veniva insegnata in questo mo-do: i sacerdoti ne facevano lettura al popolo e il padre di famiglia ripeteva ai suoi figli ci che aveva imparato a memoria. Un nuovo periodo comin-ci quando lo studio della legge venne impartito a tutta la comunit riunita. L'alfabetizzazione raccomandata dai farisei fu una vera rivoluzione: in poco tempo gli ebrei adottarono un nuovo alfabeto, e fu la fine della tradi-

  • zione orale. Vedi aggiunse i rotoli della Torah come tu li conosci non sono stati

    letti alla sinagoga che a partire dal II secolo prima di Cristo. Fu soltanto dopo la distruzione del Tempio e la fine dei sacrifici che il rotolo della Torah divenne il Libro immutabile che riuniva un testo, una scrittura e una lingua, di cui neppure uno iod doveva essere tolto.

    Quando mio padre mi insegn a leggere, non volle che mi servissi di let-

    tere scritte su un libro. Si augurava che sapessi tutto a memoria, senza aver bisogno di un supporto materiale. Diceva che valeva di pi tenere a mente i testi dentro la propria testa piuttosto che trasportare quaderni, e che, per comprendere, bisognava innanzi tutto conoscere. Non era questo il pensie-ro di un talmudista che si considerava un paleografo? Come Jehudah e suo padre, egli conosceva gli antichi rotoli a memoria. E fu proprio questo me-todo che mi permise di fare progressi folgoranti quando mi dedicai allo studio del Talmud e lavorai con Jehudah, il migliore allievo della yeshivah.

    2

    Ora avvenne che nell'anno 1999 dell'era corrente, vale a dire nel 5759

    della nostra, un delitto fu commesso in condizioni cos strane e abomine-voli che l'esercito fu coinvolto nel caso. In Israele non si era vista una cosa simile da pi di duemila anni. Il passato pareva sbucare come un diavolo dalla bottiglia, venendo a sfidare gli uomini con una risata livida e sinistra. Un uomo fu ritrovato morto dentro la chiesa ortodossa della citt vecchia di Gerusalemme, appeso a una grande croce di legno: crocifisso.

    E avvenne che mio padre ricevette un invito dal capo dell'esercito di I-

    sraele, Shimon Delam, che gli chiese di incontrarlo con urgenza. I due uomini avevano fatto la guerra insieme, e pure avendo seguito strade op-poste, uno quella dell'azione, politica e strategica, l'altro quella della rifles-sione e del sapere, erano vecchi compagni d'arme sempre pronti ad aiutar-si. Shimon era un vero combattente e una spia astuta. Quell'uomo traca-gnotto non aveva esitato, all'epoca di una missione in Libano, a travestirsi da donna con lo scopo di infiltrarsi in un gruppo di terroristi. Io stesso ero appartenuto alla stessa unit scelta di suo figlio, valoroso e impetuoso co-me il padre; e il combattimento e le avversit avevano legato anche noi in modo altrettanto saldo.

  • Quando si incontrarono al quartier generale dell'esercito, Shimon aveva un'aria preoccupata e imbarazzata che mio padre non gli aveva mai visto.

    Mi occorre il tuo aiuto disse per qualcosa di particolare di cui i nostri uomini non hanno esperienza. Un caso delicato, che concerne la religione. Ho bisogno di un saggio, di un uomo avveduto e sapiente; e anche di un amico di cui possa fidarmi.

    Di che si tratta? domand mio padre, incuriosito. Di una cosa pericolosa... pericolosa come il problema palestinese e la

    guerra contro il Libano e importante come le relazioni con l'Europa o con gli Stati Uniti. In un certo senso, questa faccenda ingloba in se stessa tutti questi problemi contemporaneamente. Ti voglio affidare una missione de-licata, che prevede tanto una cultura universitaria quanto un addestramento militare. Sono in gioco somme enormi, e certi tipi senza scrupoli che van-no solo in cerca del denaro... Ma lascia innanzitutto che ti mostri di che si tratta.

    Allora partirono in auto e si diressero verso il Mar Morto, percorrendo la

    strada da Tel Aviv a Gerico, che scende pi in basso rispetto al livello del mare e che, immergendosi come in una fornace ardente, serpeggia ancora per alcuni chilometri in un deserto abbacinante, tra le dune del Giordano e le rive del Mar Morto. Ne raggiunsero infine le rive spoglie e solitarie. In quel tardo pomeriggio al crepuscolo il vento cadde, e sulla pianura si sent odore di zolfo.

    Il vento soffia ora verso mezzogiorno, ora verso settentrione; gira di qua e di l, si volta e torna nuovamente. Tutti i fiumi corrono al mare, e il ma-re non ne mai pieno; continuano a scorrere dalle sorgenti per andare verso il mare.

    Il silenzio era appena turbato da onde sonore provenienti dalle estremit

    pi remote del deserto. Il sole che, senza tregua, come un fuoco acceso, brucia fra le sue braci ogni creatura animale o vegetale, non abdicava an-cora al suo spietato dominio.

    Sotto un cielo impassibile, costeggiarono le spiagge fangose, quindi de-viarono in direzione di un terrapieno che si stagliava sul fondo di una cate-na di scogliere rocciose. In lontananza il Mar Morto brillava oscuramente sotto il sole. Alla sua destra spiccava una macchia verde: l'oasi di Ain Fe-shka, la terra di Zabulon e di Neftali, che nobilita e fa risplendere l'imper-via strada del mare, Galilea delle Nazioni.

  • Qumran si estende dal Mar Morto alla sommit di una ripida scogliera composta di tre piani separati da pendii erti e frastagliati, e finisce sul ter-rapieno marnoso attraversato da un piccolo corso d'acqua. A destra, il Wa-di Qumran prosegue la sua discesa verso il mare di Sale. Sul terrapieno sorgono le rovine di Qumran e un recente piccolo kibbutz. Tra le rovine e la spiaggia che esse dominano, i pendii sono scoscesi e il duro calcare che sembra cadere dalla montagna lamina mollemente la tenera marna.

    Ai piedi della scogliera passano l'antica via e la nuova strada da Sodoma a Gerico. il livello pi accessibile, quello le cui piste sono pi praticabili, le strade meglio tracciate, le rocce meno dure da scalare, tanto sono rese molli dalle argille del vicino terreno pianeggiante. Alcuni viaggiatori, con le migliori intenzioni, non proseguono oltre, poich pensano di aver termi-nato il loro viaggio e non vogliono prolungare lo sforzo. Ivi, essi si ferma-no a contemplare la bassa terrazza appena inclinata, con i suoi semplici colori bronzo e oro, tangibile, sicura sotto i loro piedi di marmo.

    La seconda terrazza in pendenza contiene gi una parte di storia: testi-mone di un antico livello del Mar Morto, molto pi elevato di quello attua-le. Essa inclinata in modo uniforme, al punto da potercisi reggere sopra in equilibrio e spostare senza difficolt. Sostiene i ruderi di Qumran e le costruzioni del kibbutz i cui abitanti sorvegliano il luogo e coltivano il palmeto intorno alla sorgente. La strada scoscesa malagevole, ma d'aiu-to al viandante la mano dell'uomo che a suo tempo ha fortificato i sentieri e lastricato le fenditure delle rocce friabili, perch ciascuno possa interpreta-re i segni che lo aiuteranno a procedere, sempre pi in alto, verso le caver-ne.

    Cos i pi agili possono raggiungere il terzo livello, costituito da un ter-rapieno calcareo che domina il precedente con un ampio rilievo. Qui, la storia cede il passo alla preistoria. Numerose aperture digradanti costitui-scono la testimonianza della progressiva calata delle acque. Vi si pu ac-cedere solo a costo di grandi sforzi: occorre scalare la dura roccia, talvolta sotto un sole rovente, rischiare saltando al di sopra delle forre, arrampicarsi in alto a dispetto delle vertigini, accorgersi delle minime cavit, insinuarvi-si, senza avere paura di smarrirsi. Affrontato tutto ci, sullo strato affilato, ritagliato in blocchi massicci dalle pareti quasi verticali dove le pendenze degli smottamenti lasciano talvolta sgocciolare delle piogge rare e violen-te, si possono scorgere certe grotte, alcune delle quali cos trincerate, di cos difficile accesso, da non lasciarne neppure sospettare l'esistenza. Il sentiero pare proseguire ancora, sempre pi in alto, fino alla sommit della

  • grande scogliera. Al di l dell'ultimo livello non si pu proseguire, poich ci sarebbe il grande salto nell'ignoto e quelli che lo tentarono portarono con s il loro segreto.

    Qumran non certamente il giardino dell'Eden. In verit in pieno de-

    serto, nel pi profondo della desolazione. Ma sembra che il tempo sia pi mite e l'aria meno calda che nei dintorni del Mar Morto. L'acqua dolce, intermittente ma abbondante, permette di conservare un bacino permanente sul secondo terrapieno, riserva sufficiente per sopravvivere. Le sorgenti salmastre abbeverano i palmeti. I profondi burroni costituiscono un bastio-ne naturale che isola pressoch totalmente il promontorio in cui si situa l'insediamento. Per questo, a dispetto delle apparenze, la vita vi si rivela possibile.

    Gli esseni avevano scelto di stabilirsi in questo luogo prossimo alle ori-gini, come se riavvicinandosi al principio, pensassero di raggiungere pi presto la fine. Per questo avevano costruito il loro santuario non lontano da qui, a Khirbet Qumran, in una delle regioni pi desolate del pianeta, pi spoglie di vegetazione e pi inospitali per l'uomo, su queste scogliere di calcare, ripide e anfrattuose, frammezzate da burroni e traforate di grotte, su queste pietre bianche, cicatrici rugose e indelebili, stigmate delle con-vulsioni del sottosuolo, delle ardenti pressioni tettoniche, delle lente e do-lorose erosioni, in questo covo di ribelli, di briganti o di santi.

    Fu l che Shimon condusse mio padre, davanti al monastero in rovina.

    Raccolse da terra un pezzetto di legno, che cominci tranquillamente a masticare. Nel giro di qualche minuto, si decise infine a parlare.

    Conosci questo posto. Sai che vi furono trovati, oltre cinquant'anni fa, dei manoscritti di un monastero esseno: i rotoli del Mar Morto. Sembra che risalgano all'epoca di Ges e che insegnino verit nascoste e difficili da ammettere sulle religioni. Sai pure che alcuni manoscritti sono andati perduti o, dovrei dire piuttosto, sono stati rubati. Quelli attualmente in no-stro possesso, li abbiamo conquistati con l'astuzia o con la forza.

    In effetti, mio padre conosceva bene quel luogo, in cui aveva effettuato

    numerosi scavi. Sapeva tutto, bene inteso, dell'epopea dei rotoli, da quel 23 novembre 1947, in cui una chiamata telefonica era pervenuta a Eliakim Ferenkz, professore di archeologia dell'Universit ebraica di Gerusalem-me. A chiamarlo era stato un amico armeno, un antiquario che viveva nella

  • citt vecchia di Gerusalemme: lo voleva vedere al pi presto possibile. Il caso era serio e troppo delicato per essere trattato al telefono.

    In quel tempo il paese era in guerra. L'Assemblea generale delle Nazioni Unite doveva pronunciarsi sulla spartizione. Gli arabi minacciavano di attaccare le citt e i villaggi ebrei. La regione era come un deserto nell'im-minenza di una tempesta di sabbia: tutto era calmo ma insieme stormiva sordamente sotto il soffio di un vento sottile che preannunciava l'uragano. Intorno a Gerusalemme assediata gli sbarramenti britannici sorvegliavano il nemico e i passaggi da un settore all'altro. Ora il professor Ferenkz, da un lato, e il suo amico armeno, dall'altro, non potevano ottenere dei lascia-passare. Convennero di ritrovarsi l'indomani, alla frontiera. Si intrattennero insieme, dunque, separati dal filo spinato.

    Allora, perch tanta precipitazione? domand il professore. Ecco disse l'armeno. Ho ricevuto la visita di un collega arabo di Bet-

    lemme, antiquario come me, che mi ha recato dei frammenti di cuoio co-perti da un'antica scrittura. Credo che siano documenti di grande valore.

    Quale collega arabo? chiese Ferenkz con diffidenza, poich, a parec-chie riprese, avevano cercato di vendergli oggetti antichi che erano soltan-to imitazioni.

    A dire la verit, lui li ha avuti dai beduini. Hanno detto che erano frammenti di rotoli di cuoio trovati in una grotta vicino al Mar Morto. Se-condo loro, ce ne sarebbero centinaia d'altri, dello stesso tipo. Per questo sono venuto a trovarti, per sentire il tuo parere.

    Mostrameli. Se questi frammenti valgono qualcosa, mi incaricher di acquistarli personalmente per l'Universit ebraica.

    Allora l'armeno estrasse di tasca un brano di pergamena che sollev e appoggi sulla rete affinch il professore potesse esaminarlo. Ferenkz si avvicin il pi possibile per tentare di identificare il testo scritto sul pezzo di pergamena ocra, friabile, straordinariamente fragile, e largamente eroso. Quello che vide gli sembr familiare come quel paese di cui le pergamene erano l'humus, come i rotoli trovati in certi sotterranei e certe segrete, e soprattutto come le iscrizioni tombali del I secolo che aveva lui stesso sco-perto intorno a Gerusalemme. Pertanto, era intrigato. Non aveva mai visto una simile iscrizione sopra il cuoio, supporto deperibile al contrario della dura pietra. Era antico? Era falso? Ferenkz era un archeologo. Aveva l'abi-tudine di analizzare vestigia di costruzioni, insediamenti, fortificazioni, installazioni idrauliche, templi o altari, e oggetti scoperti in questi luoghi:

  • armi, attrezzi, e utensili domestici. Ma non gli scritti, non le pergamene. Un'archeologia su pergamena un'assurdit.

    Eppure, senza veramente conoscerne il perch, Ferenkz ci credette. Quel giorno, quell'ora, davanti al filo spinato, seppe che il pezzo di cuoio non era un falso.

    Va' a Betlemme, e procurati altri campioni. Nel frattempo trover un lasciapassare per venire alla tua bottega, quando sar il momento propose all'armeno.

    La settimana seguente, l'armeno richiam: aveva ottenuto altri frammen-

    ti di cuoio. Allora il professor Ferenkz corse al negozio. Esamin attenta-mente i frammenti. Per un'ora, li tenne in mano, li scrut con l'aiuto di una lente d'ingrandimento, li decifr, e concluse che erano proprio autentici. Era pronto a recarsi a Betlemme per acquistare l'intero rotolo. Ma la guerra incombeva; la tensione nel paese era forte. Per un ebreo, il tragitto da Ge-rusalemme a Betlemme, su un pullman arabo, attraverso una terra araba, era molto rischioso. Per questo sua moglie gli disse che non doveva parti-re.

    Il giorno dopo, era ancora a casa sua, infinitamente triste pensando ai manoscritti che gli sfuggivano. Quella sera, la radio annunci che la deci-sione delle Nazioni Unite sulla spartizione sarebbe stata sottoposta al voto solo la notte seguente. Si ricord allora di ci che gli aveva detto suo fi-glio. Elia era il capo delle operazioni della Haganah, l'esercito clandestino degli ebrei. E Matti era il suo nome in codice, che egli fin per adottare definitivamente dopo la creazione dello stato di Israele. Ora, Matti aveva detto a suo padre che si sarebbero dovuti temere degli attacchi arabi appe-na le Nazioni Unite si fossero pronunciate. Il rinvio del voto, pens Fe-renkz, gli concedeva un'intera giornata per tentare di proteggere i mano-scritti. All'alba, usc di casa. Con il suo lasciapassare attravers lo sbarra-mento britannico, svegli l'amico armeno. Entrambi partirono in direzione di Betlemme, ivi incontrarono il mercante arabo che rivel loro ci che aveva saputo dai beduini.

    Sono beduini della trib di Taamireh disse quella che conduce di frequente le proprie capre lungo la riva nordovest del Mar Morto. Un gior-no, un animale del gregge si smarr. Essi si gettarono all'inseguimento, ma la capra scapp. Arrivarono alla grotta dove la bestia si era rifugiata e, quando lanciarono delle pietre contro una parete rocciosa, il rumore di ritorno sembr loro quello di ceramica colpita da un sasso. Allora entraro-

  • no nella grotta. Scoprirono delle giare di terra, che contenevano fasci di cuoio coperti da una piccola scrittura ebraica. Me li hanno portati perch io possa venderli.

    Il mercante mostr loro le due giare. Si trattava di vasellame antico, li-scio e duro come la roccia di Qumran, e vi si erano agglomerati, sul filo dei secoli o dei millenni, numerosi strati di polvere giallo arancio, marez-zati di grigio. Una giara, piccola e larga, aveva due anse per ciascun lato. La seconda, oblunga, era pi stretta. Entrambe avevano dei coperchi desti-nati a sigillarne il contenuto. Ferenkz le apr, e ne estrasse con precauzione dei cilindri estremamente vetusti e polverosi. Liberati alla luce del giorno dopo duemila anni di reclusione, si scossero la cenere color bistro del loro sepolcro e si levarono gravemente, fragilmente, per cominciare la marcia cadenzata dei risuscitati. Ferenkz li apr con delicatezza, poich erano ri-piegati, rivoltati su se stessi come boccioli di un fiore in primavera, come palpebre umane al mattino, incollate da una lunga notte di sonno profondo, come bozzoli vischiosi un istante prima del loro schiudersi. Riconobbe su quei cadaveri palpitanti la scrittura stessa della Bibbia, come se fosse stata vergata dagli ebrei di qualche millenio o qualche secolo prima, o forse il giorno precedente. Erano trascorsi pi di duemila anni da quando erano stati letti per l'ultima volta. Ferenkz rientr a Gerusalemme, il suo tesoro stretto al cuore, e attraverso la porta di Giaffa fece ritorno al focolare ebreo nella Citt d'oro. Quelle pergamene, riesumate di fresco, sarebbero state presto conosciute nel mondo intero sotto il nome di "rotoli del Mar Mor-to".

    Di ritorno a casa, egli si mise senza indugio allo studio del manoscritto, fino al momento in cui la sua famiglia lo interruppe per riferirgli quello che tutti avevano ascoltato alla radio: era stata adottata la risoluzione per la spartizione della Palestina. Lacrime di emozione e di felicit scivolarono lungo le sue guance. Ti rendi conto? gli disse sua moglie Ci sar uno stato ebraico!

    L'indomani Ferenkz, malgrado gli attacchi degli arabi, comp nuovamen-

    te il medesimo periplo per acquistare gli altri rotoli. Un manoscritto si ri-vel essere Il libro del profeta Isaia. Quanto agli altri, che non conosceva, stimava ugualmente fossero di circa mille anni anteriori a tutti quelli che aveva visto fino ad allora. Ferenkz comprese che le implicazioni di questa scoperta sarebbero state considerevoli per gli studi biblici. Gli altri mano-scritti che studi si rivelarono altrettanto importanti: uno era una narrazio-

  • ne profetica, in ebraico biblico, di una guerra finale in cui il Bene trionfava sul Male. Questo rotolo fu denominato La Guerra dei figli della luce con-tro i figli delle tenebre. Un altro rotolo, una raccolta di poesie ebraiche che somigliava al Libro dei Salmi, fu conosciuto pi tardi sotto il nome di Ro-tolo degli inni.

    Poco dopo aver acquistato questi tre manoscritti, Ferenkz apprese che ne esisteva un quarto. Alla fine di gennaio del 1948, ricevette una lettera da un certo Kair Benyair che avrebbe desiderato vederlo a proposito di una pergamena. Quest'uomo, un ebreo convertito che apparteneva alla comuni-t siriana ortodossa, era un emissario del vescovo Osea, il maestro siriano del monastero di San Marco situato nella citt vecchia di Gerusalemme. Dopo complicati scambi epistolari, Ferenkz e Kair Benyair finirono per incontrarsi nel settore arabo della citt. L'emissario del vescovo Osea mo-str a Ferenkz un vecchio manoscritto, gli spieg di averlo acquistato pres-so la trib dei Taamireh, e gli domand se volesse acquistarlo. Il professor Ferenkz si accorse subito che il documento era simile agli altri e aveva pi di duemila anni. Il 6 febbraio 1948, Ferenkz e Kair Benyair avevano ap-puntamento per la transazione finale. Ma l'emissario di Osea, dopo aver ottenuto la promessa di una somma importante, sembr cambiare idea e finse di ripartire con il rotolo. Ferenkz tent di trattenerlo, mercanteggi, implor invano, e pot strappare soltanto un ipotetico appuntamento per la settimana seguente. Benyair, ovviamente, non si fece vedere, e Ferenkz non vide mai pi il manoscritto.

    In realt, l'emissario del vescovo era stato inviato non per vendere, ma

    per ottenere una valutazione sull'antichit e il valore dell'oggetto. Osea aveva acquistato il rotolo attraverso le stesse vie di Ferenkz e lo aveva mo-strato a numerosi studiosi. Un monaco, assistente bibliotecario al Museo archeologico di Palestina, dichiar che era falso dopo averlo rapidamente decifrato. Il vescovo interpell un sacerdote greco erudito che si trovava a Gerusalemme per un corso di studi e si recava spesso alla biblioteca San Marco; costui identific il rotolo come una copia del libro di Isaia, priva di particolare interesse. Un terzo ricercatore pens che si trattasse di una rac-colta di citazioni profetiche, ma non era sicuro che fossero antiche. Nel mese di agosto dello stesso anno, un esperto dell'Universit ebraica fece risalire il rotolo al Medioevo.

    Vale la pena di studiarlo aveva detto ma non niente di straordina-rio.

  • Tuttavia, Osea restava saldo nella sua intuizione che il manoscritto po-tesse essere molto pi antico. . Lei non crede che possa risalire all'antichi-t? aveva domandato.

    L'esperto aveva risposto negativamente, aggiungendo che l'ipotesi era assurda. Siccome il suo interlocutore insisteva spieg: Faccia l'esperi-mento. Riempia una scatola di documenti manoscritti, la dimentichi per duemila anni, la nasconda, la sotterri pure se lo desidera: le assicuro che non sar pi in grado di porsi la questione del valore dei manoscritti.

    Come ultima risorsa, Osea aveva portato il manoscritto al suo superiore ecclesiastico che gli consigli di non perseverare e di dimenticare tutta la storia. Ma il vescovo tenne duro. Intimamente convinto del valore del roto-lo, voleva averne la conferma da un esperto che lo autenticasse senza pos-sibilit di dubbi.

    Osea invi dunque una spedizione di uomini alle grotte, alla ricerca di altri rotoli. Gli riportarono parecchi manoscritti, alcuni molto sciupati e fradici, altri in miglior stato. Egli compr pure le due grandi giare dove erano stati nascosti i rotoli. Sperava di rivendere tutti gli oggetti acquistati a buon prezzo. A questo scopo, si era associato con un amico che sostene-va di poterne ottenere una somma molto pi alta negli Stati Uniti; l'amico gli aveva suggerito di far stimare la pergamena alla Scuola americana di Ricerche orientali a Gerusalemme, poi di lasciare il paese, dal momento che, scaduto il mandato britannico, probabilmente presto Israele sarebbe stato messo a ferro e fuoco.

    In quell'epoca, la Scuola di Ricerche orientali di Gerusalemme ospitava due seminaristi che pi tardi sarebbero diventati celebri tra i ricercatori per i loro lavori su Qumran. Il primo era Paul Johnson, un laureando della Ya-le University School venuto a fare delle ricerche in Terra Santa, un cattoli-co fervente che avrebbe preso gli ordini poco tempo dopo; l'altro era padre Pierre Michel, un francese specializzato in archeologia del Medio Oriente.

    Paul Johnson era un uomo di fragile corporatura, dal volto emaciato, il colorito chiaro e i capelli rossi come Esa e come David. Sebbene di carat-tere collerico, non era un animale selvaggio come Esa; e nonostante la sua ambizione non era bellicoso e appassionato come David. Era riservato e metodico come Giacobbe, cosa che ne faceva un buon archeologo, pio come Abramo, Isacco e Giacobbe, talora fervente come Isaia e talora pes-simista e deluso nella sua devozione come Geremia, ma soprattutto era autoritario e intransigente come il profeta Elia.

    Quanto a Pierre Michel, era un uomo piuttosto piccolo e rotondetto, di

  • una calvizie incipiente che gli disegnava un cerchio alla sommit del cra-nio. Per natura spontaneo, era troppo nervoso per nascondere le sue emo-zioni e i suoi segreti. Andava alla ricerca dell'equilibrio: fra giustizia e amore, fede e ragione, speranza e desolazione. Voleva risposte senza mai soddisfarsene, e questo lo rendeva debole e vulnerabile. Ma era ben lonta-no dall'essere sciocco e influenzabile come Sansone. Il suo animo assomi-gliava a un mare calmo in superficie, ma agitato in profondit da forze ardenti e devastanti, da correnti contrastanti che a volte cozzavano tra loro come lame affilate contro scogli taglienti.

    In assenza del professore di archeologia della Scuola, che era in viaggio, Paul Johnson era il solo che potesse ricevere Osea. Quest'ultimo fu infine ricompensato dei suoi sforzi. Infatti, dopo aver consultato numerosi testi di archeologia, il giovane studente in teologia riconobbe l'antichit del rotolo. Pierre Michel condivideva la sua opinione. Insieme si misero a studiare il documento; lo fotografarono con il permesso del gran sacerdote. Quindi, identificarono per la prima volta gli altri frammenti recuperati dalle grotte come il Rotolo di Isaia, il Manuale di disciplina, e il Commento ad Aba-cuc. Si accorsero allora di avere fra le mani, semplicemente, la pi grande scoperta archeologica dei tempi moderni.

    Subito dopo la proclamazione dell'indipendenza, gli arabi dichiararono

    guerra allo stato di Israele. Piovvero le pallottole su Gerusalemme, asse-diata da ogni parte, morente di fame e di sete. Nella citt vecchia il quartie-re ebraico fu distrutto dalle fiamme. Nemmeno il rispetto dovuto ai tre santuari protetti da bastioni, al Santo Sepolcro, al Muro occidentale e alla Cupola della roccia fece tacere le micidiali cannonate. Si sarebbe detto che quella guerra annunciasse l'Apocalisse. In tali condizioni, Paul Johnson e Pierre Michel credettero pi prudente partire per gli Stati Uniti. Prima del-la partenza, persuasero Osea a firmare una carta che garantisse loro l'esclu-sivit della pubblicazione; in cambio, promettevano di trovargli un acqui-rente in breve tempo. Il vescovo accett. L'11 aprile 1948, Osea part a sua volta per gli Stati Uniti, e fu cos che l'esistenza dei rotoli del Mar Morto venne rivelata al mondo intero.

    Quando il professor Ferenkz apprese la notizia, si infuri. Sospett gli

    americani di aver sabotato i suoi negoziati con Osea. Invi numerose lette-re per proclamare che i rotoli erano propriet del nuovo stato di Israele, ma tutto fu inutile. Era troppo tardi. Osea aveva lasciato Gerusalemme con i

  • manoscritti fra i bagagli, deciso a venderli al miglior offerente e a diffon-dere per il mondo la parola della chiesa ortodossa.

    A New York Paul Johnson e Pierre Michel ritrovarono il vescovo. Con-clusero un patto, e per due anni accompagnarono Osea durante la promo-zione dei rotoli, alla biblioteca del Congresso, all'universit di Chicago, e perfino nelle gallerie d'arte delle grandi citt. Nel 1950 apparve la prima pubblicazione, corredata da foto, del Rotolo di Isaia. L'anno seguente, il Manuale di disciplina e il Commento ad Abacuc furono pubblicati inte-gralmente.

    Ferenkz, dal canto suo, intraprese l'edizione dei tre rotoli che aveva ac-quistato. Lavor pure sulle trascrizioni del rotolo di Osea che aveva ese-guito in fretta quando lo aveva esaminato. Convinto che questo prezioso documento appartenesse a Israele, si rec negli Stati Uniti per incontrarvi Paul Johnson. L'abboccamento cominci tranquillamente, ma quando Jo-hnson pretese con orgoglio di essere stato il promotore della scoperta dei rotoli, Ferenkz non pot trattenere la sua collera.

    Penso che lei sappia dove si trova l'ultimo rotolo, quello che Osea vo-leva vendermi prima di cambiare parere fin per dire.

    Non capisco di cosa stia parlando aveva risposto Johnson. Tutti i ro-toli che possediamo sono pubblicati o in via di pubblicazione.

    Lei mente disse Ferenkz. Deve rendermi quel rotolo. Non vi appar-tiene e non avete il diritto di intervenire in questa faccenda.

    Sono gli ebrei che non c'entrano per niente replic il prete cattolico. La guerra era stata dichiarata. Ma Ferenkz non riusc a vederne la fine.

    Mor nel 1953 con Tamaro pensiero che il "suo" rotolo, quello che aveva visto per pochi istanti, era definitivamente perduto. Ignorava che suo figlio lo avrebbe recuperato un anno pi tardi.

    Matti aveva dato le dimissioni dal suo posto di capo di stato maggiore dell'esercito israeliano per proseguire le ricerche del padre. Si era occupato della pubblicazione del libro di quest'ultimo sui tre manoscritti che aveva scoperto, e aveva lui stesso redatto un commento particolareggiato a uno di essi, La Guerra dei figli della luce contro i figli delle tenebre. Nel 1954, di passaggio negli Stati Uniti per tenere una conferenza, ricevette una lettera che gli proponeva l'acquisto di un manoscritto del Mar Morto.

    Pens immediatamente che poteva trattarsi del famoso rotolo che suo

    padre non aveva potuto comprare da Kair Benyair. Aveva ragione: Osea,

  • che richiedeva una somma troppo elevata, non aveva ancora trovato un acquirente. Cominci cos una serie di trattative movimentate che si pro-trassero anche in Israele. Dopo parecchie peripezie, Matti fin con l'ottene-re il manoscritto.

    Tuttavia, non ebbe il tempo di leggerlo: il 5 giugno 1967, la guerra fra

    Israele e i suoi vicini scoppiava di nuovo, e Matti fu richiamato nell'eserci-to come consigliere strategico. La battaglia per Gerusalemme ebbe luogo il 7 giugno. A sessanta chilometri da Amman, migliaia di frammenti del Mar Morto erano dentro scatole di legno, e la maggior parte delle collezioni si trovava nella scrollery, vasta stanza nel sottosuolo del museo archeologi-co, che apparteneva ancora alla Giordania. I paracadutisti israeliani avan-zarono nella citt vecchia e si inerpicarono sui camminamenti in pietra all'estremit della via Tiferet. Dopo mille anni di assenza, rivedevano il Muro d'Occidente, quello che proteggeva il Tempio prima che venisse distrutto. La fronte appoggiata contro la pietra, le mani tese, bagnavano delle loro lacrime e delle loro preghiere il luogo che proteggeva il Luogo, dominato dalla collina su cui Abramo, senza l'intervento di Dio, avrebbe sacrificato il figlio Isacco.

    Poi, dopo una violenta battaglia contro le truppe giordane, occuparono il museo strategico dove si trovavano i rotoli di Qumran. Le forze nemiche vennero respinte fino a Gerico, a settentrione del Mar Morto. Cos, non soltanto il museo, ma pure la localit di Khirbet Qumran, con le sue centi-naia di manoscritti, passarono sotto controllo israeliano. Il mattino del 7 giugno 1967, nel mezzo della battaglia di Gerusalemme, Matti e due suoi uomini penetrarono, col cuore in gola, nella scrollery del museo archeolo-gico. Ma sopra le lunghe tavole solitamente coperte da un tappeto di frammenti, non trovarono nulla. Scoprirono i preziosi rotoli nei sotterranei del museo: erano stati radunati in fretta e furia, impacchettati dentro scato-le di legno e depositati l prima dell'inizio della battaglia.

    Allora Matti decise di aggiungervi i manoscritti che possedeva per com-pletare la collezione. Vi un il famoso documento che aveva ottenuto con tanta fatica. Tuttavia, le autorit israeliane non volevano una guerra aperta con gli antichi detentori del secondo lotto di rotoli. Cos fu concluso un accordo col professor Johnson, che riun un'equipe alla quale fu affidato lo studio dei manoscritti. Questo gruppo di ricercatori, composto di cinque membri scelti con cura, aveva il compito di decifrare ogni frammento e pubblicarne i risultati.

  • Ora, un certo giorno dopo la fine della guerra, Matti giunse al museo per visionare il famoso manoscritto e incominciare a studiarlo. Tuttavia, ebbe un bel cercare dappertutto, nelle sale come nei sotterranei: non lo trov. Al termine di parecchi giorni di ricerche e domande infruttuose, dovette ar-rendersi all'evidenza: il rotolo era scomparso.

    3

    Chi era al corrente dell'esistenza di quel manoscritto? domand mio

    padre dopo che Shimon gli ebbe raccontato con dovizia di particolari della sparizione del rotolo.

    Impossibile dirlo. Se la scoperta dei quattro primi rotoli era rimasta pu-ramente confidenziale, la notizia della cessione di uno dei manoscritti pi importanti del Mar Morto da parte di Osea si era rapidamente propagata nell'ambiente degli accademici che cominciavano a studiare gli scritti di Qumran. L'interesse dei ricercatori per questi manoscritti si era notevol-mente accresciuto in seguito alla scoperta della quarta grotta di Qumran nel settembre 1952. I componenti la trib dei Taamireh che avevano gi trovato anni prima la grotta di Khirbet Qumran vi si recarono nuovamente con la speranza di trovarvi dei manoscritti la cui vendita procurasse loro una certa ricchezza. Scavarono la roccia, frugarono il suolo su cui si era accumulata la polvere, finch questo liber le migliaia di frammenti che ancora nascondeva.

    S. La stampa del mondo intero non parlava che di questo. Non passa-vano ventiquattro ore senza che non venisse messo alla luce un nuovo te-soro archeologico, bastava che i pezzi venissero rincollati, decifrati e tra-scritti. Per nessuno sapeva ancora quale fosse il significato di questa sco-perta. La lettura dei rotoli era lenta e difficile. Soltanto gli studiosi e i ri-cercatori avveduti potevano comprenderne l'importanza, rendersi conto che essi stavano per diventare il punto di partenza di una nuova investigazione storica; che si stava infine per conoscere la verit sulla nascita del giudai-smo rabbinico e sui primordi del cristianesimo. Fino ad allora ci si era ac-contentati di spigolare elementi sparsi sulla vita di Ges e la nascita del cristianesimo attraverso opere letterarie diffuse di generazione in genera-zione: la Mishnah, il Talmud, il Nuovo Testamento, le opere di Flavio Giuseppe e le opere apocrife, come il Libro dei Giubilei, con la riserva di centinaia d'anni di correzioni, cancellazioni e censure. Ma i manoscritti religiosi erano stati copiati a mano, parola dopo parola, versetto dopo ver-

  • setto, dagli scribi ebrei e cristiani, tanto a lungo e ripetutamente che la loro veridicit storica era diventata sempre pi dubbia. Quando sembravano eretici venivano emendati; nei periodi di persecuzione religiosa venivano gettati nel fuoco. Li si proscriveva o venivano perfino riscritti, talvolta, per renderli conformi all'ortodossia del momento. Qui, non si trattava pi di alcuni frammenti dispersi; il materiale diventava ogni giorno pi conside-revole. Erano frammenti grossi o piccoli, piegati e grattati, pi o meno ben conservati, ritagli, pezzi senza nome; tuttavia, attraverso di essi, si ordiva la storia... Ma per accorgersi di questo erano necessari degli studiosi.

    Per questo sono ricorso a te. possibile che il manoscritto sia stato ru-bato da un membro dell'equipe internazionale riunita da Paul Johnson e dal suo inseparabile accolito, il padre francese Pierre Michel. Soltanto loro potevano avere accesso ai rotoli. Conosci gli altri membri del gruppo?

    So chi sono. C' Thomas Almond, un inglese agnostico e orientalista, soprannominato 'l'angelo delle tenebre" per le sue curiose manie, e il gran-de mantello nero che solito portare; il padre polacco Andrej Lirnov, una personalit malinconica e tormentata; e infine il domenicano Jacques Mil-ler, un francese piuttosto estroverso, facilmente riconoscibile per la sua barba bianca arruffata e i suoi grossi occhiali tondi. Questi uomini avevano accesso diretto ai rotoli; in pi erano diventati personaggi elusivi e miste-riosi per chi volesse avvicinarli. Ma le pubblicazioni ufficiali di questo gruppo erano molto rare, e la maggior parte dei frammenti del sotterraneo N. 4 non sono stati commentati che in occasione di seminari privatissimi, vietati al pubblico.

    Tuttavia, capitato un fatto curioso: nel 1987 Pierre Michel, invitato a tenere una conferenza ad Harvard, ha rivelato alcuni elementi del contenu-to di un frammento che stava studiando. Ora, quello che ne ha detto ha ricordato stranamente a Matti il rotolo che aveva velocemente decifrato, prima che venisse rubato. C'erano due colonne in aramaico in cui il profeta Damele interpreta il sogno di un re. Ma la parte veramente rimarchevole del frammento, datata da Pierre Michel al I secolo prima di Ges, era l'in-terpretazione di un sogno che prediceva l'apparizione di un "figlio di Dio" o "figlio dell'Altissimo".

    Vale a dire precisamente i titoli pronunciati al momento dell'Annuncia-zione dall'angelo Gabriele nel Vangelo secondo Luca!

    Pierre Michel ha rifiutato di pubblicare il documento. Fatta eccezione per alcune parole che si lasciate sfuggire in occasione di quella conferen-za destinata al mondo universitario, e la lettura di un minuscolo frammento

  • che aveva tradotto, il contenuto dei rotoli rimasto segreto. Shimon si ferm un istante, e trasse di tasca un foglietto che porse a mio

    padre. Egli sar grande sulla terra Tutti lo venereranno e lo serviranno Sar chiamato grande e il suo nome sar additato Sar chiamato figlio di Dio Lo invocheranno figlio dell'Altissimo. Come una stella cadente, Una visione, sar il suo regno. Regneranno per numerosi anni Sulla terra E distruggeranno tutto. Una nazione distrugger l'altra nazione E una provincia l'altra provincia Fino a quando il popolo di Dio si lever E rinuncer alla sua spada. S disse mio padre conosco questo testo. Ma nessuno ha mai avuto la

    possibilit di leggerne la fine, e non si pu quindi dire con certezza se il frammento menzioni la venuta di un Messia inviato da Dio.

    Comunque sia, al termine della conferenza del 1987 non si pi sentito parlare di questo frammento. Gli anni passavano e non appariva nessuna pubblicazione. Come se vi fosse stato un ordine, un accordo ufficioso per fermare tutto. D'altronde, capit proprio cos. I membri dell'equipe interna-zionale si divisero e andarono ciascuno per conto suo. Johnson trov una comoda posizione all'Universit di Yale. Almond rientr alla natia Inghil-terra; Millet divise il suo tempo fra Gerusalemme, dove continu a condur-re degli scavi, e Parigi, dove insegna. Quanto a Pierre Michel, rientr a Parigi, si spret, e attualmente lavora per il CNRS.

    E Andrej Lirnov aggiunse mio padre si suicidato, senza che si co-noscano le ragioni del suo gesto.

    S, cos... saprai che interessarmi di archeologia non rientra nelle mie abitudini disse Shimon, dopo una leggera esitazione. Sta di fatto che il manoscritto perduto viene attualmente cercato dal governo israeliano, non certo per ragioni teologiche, per quanto complesse e sottili, ma perch ci

  • appartiene di diritto, e perch contiene di certo elementi essenziali della storia del popolo ebreo.

    E tu pensi che possa essere il frammento letto alla conferenza di Pierre Michel?

    Vi sono grandi possibilit che lo sia. Avete qualche idea su quello che possa contenere il rotolo nel suo in-

    sieme? Non sappiamo nulla con esattezza. Supponiamo per che parli di Ges,

    in modo esplicito. In modo pericoloso per il cristianesimo? Forse sarebbe meglio conservarlo nei sotterranei del Vaticano, con altri

    frammenti proibiti disse con calma Shimon. Ma hai un'idea di che si trarti con precisione? No, lo ignoro; si sa che non sparito per caso, e si fanno varie ipotesi.

    Gli altri manoscritti appartengono alla setta di Qumran, che era, con ogni evidenza, essena. Datano all'incirca al periodo di Ges. Ma nessuno dei frammenti scoperti parla del Cristo. quindi possibile che il rotolo scom-parso contenga rivelazioni importanti sul cristianesimo.

    S, capisco cosa vuoi dire. Ma non posso accettare questa missione, Shimon. Non un lavoro per me. Non sono pi un combattente, e non so-no mai stato una spia. Sono diventato un ricercatore, uno studioso, un ar-cheologo. Non posso correre per il mondo alla ricerca di quel manoscritto. Pu essersi perduto. Possono averlo bruciato.

    Shimon tacque, riflettendo un istante. Mio padre lo conosceva bene, e sapeva che non era uomo da lasciarsi smontare. Conosceva il suo modo particolare di guardare gli interlocutori, nello stesso tempo pacato e ironi-co. Anche se voleva nasconderlo, tutto in lui denotava la spia. La sua camminata calma e sicura, i suoi occhi neri che fissavano e prendevano le misure, il suo modo lento a esprimersi e a reagire alle parole degli altri, come se fosse intento a immagazzinare le informazioni. Mio padre pens che in quel momento stava riflettendo a tutta velocit per tentare di con-vincerlo, toccandolo - era la sua specialit - su un punto debole.

    Proprio di uno studioso ho bisogno, di uno specialista disse di un pa-leografo, non di un soldato... E conosco il tuo interesse per i manoscritti. Ricordi la tua reazione quando hai saputo che li avevano scoperti? Erava-mo alla guerra insieme, e tu pensavi solo a quel ritrovamento: dicevi che si trattava di una rivoluzione.

    Ascolta, nel 1947, pi di cinquant'anni fa, quando i manoscritti di

  • Qumran sono stati scoperti, le cose erano sensibilmente diverse. In quel momento, il luogo faceva parte del territorio della Palestina sotto mandato britannico. A est c'era il regno di Transgiordania. La strada lungo il Mar Morto non esisteva, si fermava al settore nordovest del mare. C'erano solo sentieri dissestati e disseminati di rovi che seguivano senza convinzione il corso di un'antica strada romana che, oltretutto, non venne individuata per molto tempo. La sola presenza umana nei paraggi era costituita dai bedui-ni. Mi appassionai per quella scoperta perch non capivo come i mano-scritti potessero saltar fuori da un simile posto. Ora, le strade sono segnala-te, gli scavi continuano a progredire e tu mi parli di una posta strategica internazionale. Abbiamo dato il palmeto di Gerico ai palestinesi; e si parla pure, per arrivare alla pace, di attribuire loro una parte del deserto di Giu-dea, ivi compresa la regione di Qumran. Tutto questo troppo complicato, per me. Non pi affar mio; qualcosa che mi supera, capisci? Conosco i manoscritti ritrovati. So che gli esseni, che pure vivevano nella stessa epo-ca di Ges, scribi scrupolosi per cui l'essenziale nella vita e il fine stesso dell'esistenza non erano altro che tramandare ci che vedevano, ebbene, gli esseni non parlano di Ges nei loro manoscritti. Per questo volete trovare l'ultimo manoscritto: parla finalmente di Ges? Cosa ne dice? Ges era un esseno? E in tal caso, il cristianesimo una branca dell'essenismo? O forse questo rotolo non ne parla. Questo significherebbe che Ges una figura posteriore alla setta? O, per lo stesso motivo, Ges una finzione? Non veramente esistito?

    Vedi perch questa ricerca pericolosa. Occorre evitare di fomentare una rivoluzione. Non si sa nulla del manoscritto; tanto meglio. Meglio la-sciare le cose allo stato in cui sono, piuttosto che rischiare di farle peggio-rare. Israele non ha bisogno di questo. un'arma troppo potente. una bomba che rischia di esplodere fra le mani di chi la possiede.

    Ascolta rispose Shimon non ti domando di analizzare per forza tutte le implicazioni e le possibili conseguenze di ci che scritto in quel do-cumento. Altri se ne incaricheranno; e se tu non lo desideri, non avrai que-sta responsabilit. Se in ultima istanza non dovr essere rivelato al mondo, non lo sar; dammi fiducia. Per te si tratta soltanto di ritrovare il mano-scritto dovunque si trovi, presso i cristiani, gli ebrei, i beduini o gli arabi, e di riportarmelo.

    E se i cristiani lo avessero gi, voglio dire il Vaticano? Impossibile. Perch?

  • Vi fu ancora un silenzio. Per diversi minuti, Shimon mastic con calma il suo pezzetto di legno, come se, perfino in quel momento, avesse bisogno di pesare il pro e il contro, di valutare l'importanza delle informazioni che stava per comunicare, calcolandone profitti e perdite.

    Perch il Vaticano lo sta cercando a sua volta. fin per lasciarsi sfuggi-re. Disperatamente.

    Come lo sai? Hai mai sentito parlare della Commissione biblica pontificia? Poco. Dimmi quello che ne sai. Si tratta di un'istituzione creata agli inizi del secolo da papa Leone XIII

    come antidoto all'invasione del modernismo. Ha il compito di esercitare una supervisione sugli studi scritturali cattolici. In origine era composta da una dozzina di cardinali nominati dal papa, pi un certo numero di "consu-lenti", tutti esperti nei loro campi specifici. La funzione ufficiale della Commissione era quella di mantenere sotto controllo tutte le dissidenze in rapporto ai testi sacri ufficiali. Aveva segnatamente l'incarico di verificare che gli universitari non mettessero in dubbio l'autorit delle Scritture, e di promuovere l'interpretazione cattolica ufficiale. Dall'ultimo mezzo secolo, si potrebbe immaginare che siano cambiate, in particolare dopo il Concilio vaticano II. In sostanza, le cose sono sempre le stesse. Al giorno d'oggi, la Scuola biblica di Gerusalemme, alla quale appartiene la maggior parte dei membri dell'equipe internazionale, sempre molto vicina alla Commissio-ne pontificia, come per il passato. In maggioranza gli allievi della scuola vengono sistemati dalla Commissione come professori, nei seminari e in altri istituti cattolici. Cos, in concreto, sono i consulenti della Commissio-ne a determinare ci che il pubblico deve o non deve venire a conoscere sui rotoli del Mar Morto. Allorch, nel 1955, il Rotolo di rame venne deci-frato a Manchester sotto il controllo di Thomas Almond, il Vaticano riun la Commissione in sessione straordinaria per porre riparo alle rivelazioni che poteva recare. Quella Commissione incredibilmente retrograda. Sai che ha gi prodotto degli scritti attestanti che Mos l'autore del Pentateu-co? O ancora, che affermano l'esattezza letterale e storica dei primi tre capitoli della Genesi? Pi recentemente, la stessa Commissione ha firmato un decreto sugli studi biblici in generale, e pi specificamente sulla verit storica dei Vangeli, secondo cui chi interpreta i Vangeli stessi deve farlo in uno spirito di obbedienza all'autorit della Chiesa cattolica.

    Allora? Credi che quel rotolo sia cos importante per loro? Dove arrive-rebbero per averlo, secondo te?

  • Abbastanza lontano, penso. Un altro organismo dipende dalla Commis-sione biblica pontificia: la Congregazione per la dottrina della fede, che principalmente un tribunale, con i s