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*In sinergia con Fondazione Migrantes Domenica delle Palme e Inizio della Settimana Santa

Adeste13 domenica 29 marzo 2015c

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*In s inerg ia con Fondazione Migrantes

Domenica delle Palme e Inizio

della Settimana Santa

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ADESTE n°13/ ANNO 4°-29.03.2015

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(Laura Bercioux 21 Mar 2015 LA VOCE DI NEW YORK QUOTIDIANO IN LINGUA ITALIANA A NEW YORK )

Napoli ha abbracciato il suo Papa, quell'uomo ve-nuto da un posto lontanissimo del mondo. Una giornata particolare, lunga, intensa. Più che una cronaca, la mia, è un racconto di una giornata di sentimenti, di emozioni forti, di riflessione. Io sono napole-tana, sono nata a Napoli, dove ci sta il mare, cantava Pino Daniele, e Papa Francesco, nella città del Ve-suvio, della rivoluzione del 1799 e del Napoli di Maradona, è ancora di più il mio Papa. Il Papa dei Sud del mondo. È il Papa del cambiamento, della rivoluzione, di una Chiesa co-me casa di Cristo e non solo sede di alti e ricchi prelati. il Papa è cool, poi... È argentino, e basta questo per fare subito goal a Napoli, perché si sa, a noi napoletani gli argentini ci piacciono as-saie. È stato il goal dell'abbraccio di Gesù. Il suo messaggio è stato chiaro "fate largo alla speran-za", quella speranza unica energia che ci resta, o quasi, in un momento drammatico per l'Italia. La sua durezza sulla corruzione che spuzza – co-sì ha detto: “spuzza, i corrotti spuzzano” – rappresenta quella regola che oggi manca alla nostra politica. Polso, fermezza di fronte al dila-gare della corruzione, il vero cancro del nostro Paese. Oggi è stato un Papa instancabile, ha percorso in lungo e in largo la città a partire, dopo Pompei, dal suo ingresso a Napoli, da Scampia, il quartie-re più straziato della città che oggi segue la stra-da del riscatto sociale. Scampia non è solo Go-morra. E non sono solo parole, ho visto gente di questo quartiere commossa e con una grande compostezza. Una signora mi ha raccontato, mentre aspettavamo Papa Francesco a Scampia, che “questo Papa è Pietro e Gesù. Signuri' io pre-go per lui perché ho paura e spero che porti avanti la sua grande trasformazione”.

Quando è arrivato in elicottero, eravamo tutti con il naso all'insù è il cuore batteva forte. È stata la festa del messaggio di Cristo, del suo amore, del perdono verso chi commette reati, a seguire in-vece la strada del bene “mettendo fine alle lacri-me delle madri per i propri figli che si sono persi nella vita”, e poi il valore inestimabile della fami-glia come bene assoluto della società. Poter sen-tire finalmente quel “tuono” sul dramma del lavo-ro, del lavoro in nero o mal retribuito che toglie dignità all'uomo. Quello sfruttamento che diventa schiavitù, lavoratori come schiavi che subiscono datori di lavoro caini: il Santo Padre ha fatto cen-tro. Oggi mi sono sentita profondamente napoletana, sottosopra per l'entusiasmo di poter raccontare anche io la giornata del Papa a Napoli, mi ha sca-tenato una forza incredibile con un tour de force iniziato all'alba di questo sabato napoletano. Alla

fine mi sem-brava di essere in tutti i Sud del mondo e di sentirmi anche io senza fissa dimora perché la vera casa, oggi, era l'ab-

braccio di Big Bergoglio, il mio, il nostro, il vostro Papa. Anche San Gennaro, il Patrono di Napoli, che noi affettuosamente chiamiamo "faccia gialla", ha fatto la sua parte: il sangue si è sciolto a metà. Il messaggio è stato chiaro: il Santo Padre ci ha detto a chiare lettere che dobbiamo conver-tirci del tutto. Non ba-sta, dunque siamo solo a metà strada. Papa Francesco è andato a braccio. Il sole sta calando sul lungomare di Napoli e si va a coricare nel Gol-fo tra i più belli al mon-do. Non so bene cosa sia successo ma qual-cosa è cambiato: que-sta giornata è stata per me uno stato di grazia. Papa Francesco lascia Napoli, ma ormai è nel cuore di Napoli e... “a Maronna t'accu-mpagne!”.

Un racconto personale della visita di Ber-

goglio a Napoli, sabato 21 marzo. Il Papa

porta una ventata di cambiamento e un

messaggio all'Italia contro la corruzione,

la criminalità e lo sfruttamento dei lavora-

tori. E la città del Vesuvio diventa capitale

del Sud del mondo.

PERO’ METTI IL CASCO..

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LA FARFALLA DEVE FAR FATICA

Un giorno, apparve un piccolo bu‐

co in un bozzolo; un uomo che pas‐

sava per caso, si mise a guardare la

farfalla che per varie ore si sforza‐

va per uscire da quel piccolo buco.

Dopo molto tempo sembrava che

essa si fosse arresa ed il buco fosse

sempre della stessa dimensione. Sembrava

che la farfalla ormai avesse fatto tutto

quello che poteva, e che non avesse più la

possibilità di fare niente altro. Allora l'uo‐

mo decise di aiutare la farfalla: prese un

temperino ed aprì il bozzolo. La farfalla uscì

immediatamente. Però il suo corpo era pic‐

colo e rattrappito e le sue ali erano poco sviluppate e

si muovevano a stento. L'uomo continuò ad osserva‐

re perché sperava che, da un momento all'altro, le ali

della farfalla si aprissero e fossero capaci di sostenere

il corpo, e che essa cominciasse a volare. Non succes‐

se nulla! La farfalla passò il resto della sua esistenza

trascinandosi per terra con un corpo rattrappito e

con le ali poco sviluppate. Non

fu mai capace di volare.

A Tempera, borgo abruzzese

semi-distrutto dal terremoto

di due anni fa, vive Maria

d'Antuono, 98 primavere siste‐

mate sulle spalle e una vita di

obbligate ri‐partenze. In quei

giorni rimase prigioniera 30

ore sotto le macerie prima che

un angelo, vestito da pompiere, intercettasse il suo

respiro e la liberasse. Sotto le macerie ha vinto l'at‐

tesa lavorando con l'uncinetto: cioè non spegnendo

dentro l'animo la speranza di tornare a vivere, di

tenersi sveglia e attenta. Invita‐

ta dai soccorritori ad uscire da

quell'inferno, ha chiesto solo

una gentilezza: "Almeno fatemi

pettinare". E' un'immagine me-

ravigliosa della Pasqua: sotto i

calcinacci di un terremoto, den‐

tro il dramma più oscuro, nel

fondo dell'inferno della natura

c'è ancora la possibilità di so‐

gnare giorni migliori. Saputo

che doveva tornare tra la gente, ha chie‐

sto di pettinarsi. Cioè d'essere bella, di‐

gnitosa, composta. Questa è la vera Pa‐

squa: passare sotto le macerie del Vener‐

dì Santo, attendere silenziosi tutto il Sa‐

bato Santo e uscire da quei sepolcri

"pettinati", vestiti di quella bellezza che

tanto invade l'animo di tutti i personaggi che oggi

nel Vangelo corrono commossi, stupiti, entusiasti.

E' una corsa contro il tempo: occorre annunciare a

tutti che la Morte è stata vinta per sempre. Che

l'Uomo appeso alla Croce ha vinto la partita della

storia.

E dopo aver vinto ha fe‐

steggiato nel modo più

inaspettato: varcando il

Cielo a braccetto con un

ladrone. Ops, scusate:

col primo santo della

storia cristiana. Quella

che ancor oggi è tacciata

d'essere la storia più am‐

biziosa di tutta la terra.

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ADESTE COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA

UNA BELLA IMMAGINE DELLA SETTIMANA SANTA E DELLA RESURREZIONE. DON MARCO

POZZA PARLA IN UNA SUA OMELIA DEL “BUON LADRONE” E DELLA SUA

CONVERSIONE VICINO A GESU’ SULLA CROCE

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Nella Domenica delle Palme: entr iamo nella Settimana Santa, ci mettiamo in cammino con Gesù. Dal Lunedì al Mercoledì Santo: leggiamo i testi del profeta Isaia che ci parla del Servo sofferente. Gesù è quel Servo di Dio che si consegna per noi. nei vangeli seguiamo il na-scere del proposito del tradimento dell'apostolo Giuda e la decisione degli uomini di uccidere Gesù. Nel Giovedì Santo: -al mattino c'è la messa della con-sacrazione degli Olii sacri (catecumeni, cri-sma, infermi) che serviranno nell'ammini-strare i sacramenti (Battesimo, Cresima, unzio-ne degli infermi, Ordinazioni sacerdotali) - con il vespro del Giovedì santo iniziano le grandi celebrazioni del Triduo pa-squale, con la "Messa in Cena Domini" La messa della Cena del Signore, ricorda 4 punti fondamentali: -la Eucaristia, pane e vino che rendono pre-sente il sacrificio redentore di Cristo - l’istituzione del sacerdozio, quando Gesù disse: fate questo in memoria di me; - il comandamento dell’amore che è il cam-mino di vita e di salvezza, sintesi di tutto quel-lo che Gesù ha fatto per noi; - la umiltà , grande vir tù, per vivere come visse Gesù. Gesù sintetizza tutto questo nella cerimonia della Lavanda dei piedi. Lì risiede il sacerdo-zio come servizio, il modo di amare con umil-tà , la spiegazione dell’Eucarestia e della morte e risurrezione di Gesù, il modo di Dio di amare e servire il mondo. - Dopo la messa c’è l’adorazione silenziosa dell’Eucaristia in unione all’agonia di Gesù

nell’orto degli Ulivi . Invece nel Venerdì Santo non c’è la messa, poichè il sacrificio celebrato in ogni messa si attua nel Gesù Crocifisso, del Venerdì Santo. Lì, il Dio Uomo arriva all’assurdo dell’amore: consegnare se stesso per coloro che ama. “Non c’è amore più grande di quello di dare la vita per i propri amici”. Egli era nostro amico quando noi non ervamo ancora suoi amici. Ul-tima goccia di sangue, ultima prova di amore. Nella liturgia delle tre pomeridiane cele-briamo la morte di Gesù: (in Italia questa celebrazione si fa intorno alle sei del pomerig-gio e si chiama: La liturgia della croce – preve-de lo stesso obbligo di partecipazione come per la domenica- ndr.). Egli si fa presente. Udiamo la Parola di Dio che proclama la pre-senza, la realtà di questa morte, preghiamo per tutti i bisognosi di questo mondo e adoriamo Gesù morto sopra il legno. Quanto dolore e sofferenza nel Figlio, nella Madre e negli ami-ci! “Una spada trapasserà il tuo cuore”. Madre dei Dolori, prega per noi. Al termine facciamo la Comunione (con le ostie consacrate nella messa del giorno prima, il giovedì santo. – ndr.). Celebriamo il Cristo morto, ma Egli è vivo. Per questo possiamo partecipare total-mente al suo mistero per la comunione al suo Corpo e Sangue redentori. Un sepolcro vuoto Passiamo il Sabato Santo nel silenzio a lato della croce silenziosa. Non c’è nessuna cele-brazione, c’è soltanto il dolore silenzioso della morte di un Dio. Il Nostro Dio non uccide, ma muore per noi. Nella notte del Sabato ci sarà invece la Ve-glia Pasquale. E’ il giorno che Gesù ha scelto per andare al Cielo. Bellissimo. E’ il fuoco nuovo, la proclamazione della Pasqua, le lettu-re, il rinnovamento delle promesse battesimali, la celebrazione dell’Eucaristia. Risuscitiamo con Lui. Passiamo questi giorni ascoltanto la Parola e aprendo il cuore.

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Secondo il già citato Călinescu, da Roma, nel giugno del 1812 parte per Milano dove conosce Vincenzo Monti insieme al quale va a Venzago, in visita dalla madre di Bianca Milesi. Di là i suoi interessi lo porteranno a Verona e a Venezia, dove si imbarca su una nave per la Tur-chia, portando con sé per sempre la nostalgia della capitale del mondo, ripromettendosi di non dimenti-carla mai. Ottimo conoscitore della lingua italiana, delle opere

di Dante, Boccaccio, Castiglione, Ariosto, Foscolo, Poliziano, Bembo, Goldo-ni, Metastasio, Asachi resterà per sempre un modello di inserimento in una cul-tura che vantava già numerosi secoli di esistenza e che tanto ha dato al mondo. Rispetto a lui, il transilvano Ion Codru Drăguşanu (1818-1884) era più attento agli elementi esteriori tanto a Roma quanto Napoli, ed osservava la dimensione negativa delle rispettive città. A Napoli, questo giornalista ante litteram rimar-cava che intorno ad un ceppo tondo si mettevano seduti in mezzo alla piazza, il padre, la madre ed i figli, uno in braccio all’altro per mangiare e che le paste venivano servite con le mani. Sempre l’aneddoto catturava l’attenzione del valacco Dinicu Golescu negli anni 1824, in visita a Trieste, Torino e Milano

N egli anni a venire una serie di patrioti e rivoluzionari del ’48 romeno trovava accoglienza sul territorio italiano. Qualche decennio più tardi, sempre nel periodo del Risorgimento,

altri romeni combattevano nell’esercito garibaldino, ottenendo il riconoscimento del loro valore da parte dello stesso Garibaldi e dei suoi luogotenenti. Gli anni del Risorgimento italiano corrispondo-no a quelli del Risorgimento romeno: pur vivendo in numerose entità statali (nove stati italiani pri-ma dell’Unità, alcune regioni sottomesse all’Austria, due stati romeni sotto dominio turco più altri territori sotto il dominio austriaco e russo) i due popoli hanno avuto i loro momenti di affermazione liberale e democratica durante le rivoluzioni del 1848 (preparate dai carbonari massoni e da intellet-tuali emigrati soprattutto a Parigi e a Londra). Nelle terre romene, l’italiano Marco Antonio Cani-ni, l’autore della canzone Addio, mia bella, addio, fu uno dei più rappresentativi diffusori delle idee mazziniane e garibaldine, suscitando un’onda di simpatia tra gli abitanti dei due Principati. I gruppi mazziniani di Londra, Parigi e Torino avevano attratto subito numerosi giovani romeni che studia-vano nelle rispettive città. È il caso, ad esempio, di Nicolae Bălcescu, il quale fondava, nel 1849 a Parigi, insieme a Dimitrie Brătianu l’Associazione romena per la direzione dell’emigrazione. I due

conoscevano già le realtà italiane, si erano da un po’ di tempo messi in contatto con Mazzini ed altri esuli italiani, polacchi, ungheresi. L’ade-sione alle idee di Mazzini, incontrato a Londra dal giovane Dimitrie Brătianu, ha presupposto anche la firma congiunta di numerosi do-cumenti e proclami mazziniani. Lo stesso Brătianu manteneva il colle-gamento tra i gruppi liberali di Londra e Parigi e portava i messaggi di Mazzini al francese Jules Michelet. Non solo la comune origine latina rivendicata fortemente, il più delle volte, nei momenti di massimo sfor-zo di identificazione con i propri ideali, ma anche numerose similitudini storiche hanno contribuito ad una decisa affermazione dell’orgoglio neolatino in contrasto con le non poche entità statali considerate, giusta-mente, se non addirittura nemiche, almeno contrarie alle legittime aspi-razioni nazionali dei due popoli .L’ammirazione per Mazzini si era ma-nifestata fino alla sua scomparsa, nel 1872.

VIAGGIATORI ROMENIVIAGGIATORI ROMENIVIAGGIATORI ROMENIVIAGGIATORI ROMENI

DELL’ OTTOCENTODELL’ OTTOCENTODELL’ OTTOCENTODELL’ OTTOCENTO

IN ITALIAIN ITALIAIN ITALIAIN ITALIA

SECONDA PARTE

continua

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(Messaggero di S.Antonio—Marzo2014)

PPPP rato, Cina. Non è un errore, ma quando fra Fang Ji Ge, ops! scusate, Francesco, il gio-vane e toscanaccio superiore della comu-

nità (ma l’altro frate, fra Roberto, non è da meno), mi dice con candore: «Non sono mai stato in Cina, ma ci vivo da cinque anni», non posso che trarre questa,

seppur errata, conclusione geografi-ca. Del resto, arrivare a Pra-to e inoltrarsi nel quartiere ormai abitato quasi esclusi-vamente da cinesi ti dà un

senso di confusione: in pochi metri ti ritrovi scaraven-tato in un altro continente. Attraversi un confine neanche tanto invisibile, passando dalle insegne in italiano a quelle con gli ideogrammi cinesi. L’impatto è ancor più straniante perché non si tratta di una «chinatown» a uso e consumo di turisti in cer-ca di emozioni esotiche: non vedo nessun tetto a pagoda. Ma una città viva, pulsante, qua e là persino caotica. Dove vivono uo-mini e donne che, come noi, sognano e faticano per una vita migliore. C’è la signora con la borsa di plastica dalla quale spunta la verdura, con il dubbio, che le ronza nella testa, che questa costi troppo. O il ragazzino con lo zaino della scuola a spalle, e con la preoccupazione per gli esami nello sguardo. Solo che entrambi hanno

gli occhi a mandorla. Stakanovisti made in China Questo è un pezzo di Cina ritagliato dalla patria d’ori-gine e trapiantato tale e quale in questa città della To-scana. Che qui deve più che mai fare i conti con il mondo, che non bussa più ai suoi confini, ma le è or-mai entrato lette-ralmente in casa. A Prato, produttivo distretto dell’indu-stria tessile made in Italy, vivono cir-ca 40 mila migranti cinesi, tra regolari e irregolari; di que-sti, solo una risica-ta minoranza è cat-tolica. Ogni tanto l’incidente di turno solleva il velo che, normalmente, nasconde alla nostra attenzione questa realtà. Per il resto sono leggende più o meno metro-politane che riempiono il vuoto della nostra curiosità, spesso frutto di affrettate considerazioni piuttosto che di conoscenza della realtà. Perché è vero che il mi-grante cinese è qui unicamente per lavorare: per paga-re prima possibile il debito che ha contratto per arri-vare in Italia, e quindi per raggranellare, sempre in tempi rapidi, più soldi possibili per tornarsene defini-tivamente nella sua patria. In vista di ciò, risparmiare i soldi di cibo e affitto, vivendo letteralmente nel po-

sto di lavoro, accelera notevol-mente la realizzazione del suo «progetto migratorio». Che non prevede il «piantare radici» qui in Italia: perciò niente casa né integrazione né apprendimento della lingua. Ma perché? Se l’o-biettivo è quello di guadagnare circa dieci volte tanto quello che avreste guadagnato nel vo-stro Paese per tornarvene lì il più in fretta possibile, a voi, in un Paese straniero, non verreb-be la tentazione di fare lo stes-so? Perciò non è del tutto cor-

retto affermare che sono «schiavi», almeno dal loro punto di vista. Senza volere per questo minimizzare assolutamente lo sfruttamento e la mancanza di qual-siasi garanzia lavorativa e sanitaria, che dal nostro

Uscire da sé stessi per andare nelle periferie esistenziali..

UNA COMUNITA’ DI FRATI FRANCESCANI IN UNA

DELLE PIU’ GRANDI CHINATOWN ITALIANE

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punto di vista, invece, non è per niente accettabile. È evidente, comunque, che in un progetto di vita così ridotto alla dimensione del lavoro, tutto il resto, vale a dire tutto ciò che rientra in una dimensione umana e spirituale, non trova un granché di spazio. Segni per gli occhi che parlano al cuore Dentro a tutto questo, a partire dal 2006, stanno alcuni frati francescani. Proprio per provare a «guardare» in maniera diversa, quel guardare che si fa con gli occhi tanto quanto con la testa e con il cuore. E per guardare in maniera diversa bisogna provare a «stare» in ma-niera diversa. «I frati non facciano liti né dispute, ma siano soggetti ad ogni creatura umana per amore di Dio e confessino di essere cristiani»: in queste poche righe di Francesco d’Assisi c’è tutto lo stile, la scom-messa e le modalità persino concrete di questo modo diverso di stare in mezzo alla gente. A cominciare dalla scelta abitativa, dedicata e affidata a S. Maria dell’Incontro: gli ex uffici di uno dei tanti laboratori del quartiere, in affitto. Giusto per le classiche quattro stanze che servono a formare un conven-to: refettorio, sala comune, dormitorio e cappella. Fa nien-te se la cappella è «a vista stra-da»: nel senso che solo la ve-trina la separa dalla strada, per cui tutta la preghiera che i frati vi fanno è sotto gli occhi dei passanti. O se il dormitorio, per l’esiguità degli spazi, non prevede singole celle monastiche, ma uno spazio unico nel quale i frati dor-mono insieme. O se il refettorio è luogo di incontro per tutti: anche per l’amico cinese che, in compagnia della sua ragazza, vi si rifugia quando piove, perché non ha altro posto in cui andare. Ma magari un’altra volta sarà il turno dell’anziana donna in cerca di un po’ di tè e di tanta compagnia. O i novizi in visita fra-terna: «Ho spazzato casa perché c’era un “porcaio” per terra dopo la loro visita», commenta fra Francesco con la sua bella parlata toscana. La forma canonica è comunque salva. Testimoni di una Presenza Ma lo «stare» francescano prende corpo so-prattutto nelle attività. Che prevedono momenti strutturati e continuativi: il servizio alla Caritas diocesana, il doposcuola per studenti cinesi presso una scuola statale del territorio o in con-vento, e, soprattutto, le esperienze di evange-lizzazione di strada: frati e tanti volontari, suo-re e laici che, insieme, accostano i passanti per un dialogo o anche solo per distribuire volanti-ni in lingua cinese, che gli stessi cinesi con

cortesia e curiosità accettano (a differenza di molti italiani che li rifiutano in modo brusco). Ma al di là di tutto questo, lo stile francescano si con-cretizza in moltissime attività informali, quotidiane, occasionali. Sono incontri all’ospedale, dove i frati vanno a trovare quei cinesi ricoverati che, non poten-do lavorare, sono abbandonati a se stessi. Come Yang Ming: ha ricevuto il battesimo da poco tempo, ma al mattino, prima di un’operazione molto delicata, si prepara alla sala operatoria pregando davanti a un cro-cifisso appoggiato sulla sedia.

Sono anche incontri in carcere, dove fra Francesco sta accompagnando il cammino di conversione di un ca-pomafia cinese. O all’interno dei «buchi» dove molti cinesi abitano. Come quella volta che è capitato di

recitare il rosario in un box in cartongesso, di 2

metri per 2, con lo spazio recupe-rato ammuc-chiando i mate-rassi. O nella stessa cappellina del convento, dove la preghiera quotidiana, e so-prattutto l’adora-zione eucaristica serale, si anima di presenze che vanno e vengo-

no, si accostano, guardano, sussurrano preghiere che solo Dio è in grado di comprendere. Dove finalmente il tuo semplice «essere lì» comincia a interrogare gli altri. Che qualche volta, pur nella lo-ro ignoranza, c’azzeccano come nessun teologo sareb-be capace di fare: «Ma chi sono?». «Non lo vedi? So-no Gesù».

PRATO - capodanno cinese

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Vivere, non sopravvivere. Potrebbe essere questo il titolo che accompagna le giornate di Michele Cargiolli, 25 anni e una vita che non gli ha rispar-miato nulla, nel bene e nel male. Ma sempre den-tro un abbraccio più grande dei suoi limiti e della sua malattia. Uno su 1 milione La storia di Michele, affetto da sindrome di Lesch-Nyhan (LND) è da "1 su 1 milione" non solo perché la sua è una malattia rarissima (appunto, un caso su un milione nel mondo, 40 in tutta Italia), per cui fare ricerca non conviene. Non solo perché la patologia ha infierito con cattiveria particolare sul corpo di Michele: tetraparesi spastica, insulina fin da piccolino e a 9 anni il trapianto di reni se‐guito da una costellazione di ricoveri. Ma anche e soprattutto per come è venuta alla luce. A raccontarla è Lucia Bellaspiga sulle pagine di Avvenire.it (23 febbraio) ed è pro‐prio il quotidiano d'ispirazione cattolica che ha permes‐so a Michele di non rimanere senza padre nè madre. Era il lontano 1989... 25 anni fa l'SOS di Avvenire «Egregio direttore, il Signore si serve di "Avvenire" per fare miracoli...". La lettera arrivata in redazione giorni fa allegava due trafiletti ingialliti, usciti sul nostro gior‐nale 25 anni or sono, obbligandoci a un flashback. "Michele è un bel bambino di 5 mesi ricoverato dalla nascita in ospedale e adottabile", spiegava l’articoletto, firmato dall’allora giudice onorario del Tribunale dei minori di Milano, Silvio Barbieri (lo stesso autore della lettera odierna). Il neonato però presentava un quadro clinico grave, occorreva una famiglia speciale... Quindici giorni dopo un secondo trafiletto ripeteva l’appello: "Si cerca una coppia che accolga il piccolo con assoluto spirito di servizio... potrebbe infatti verificarsi una mor‐te prematura".» Visibilmente felice Michele, quel neonato destinato a morire presto, ha 25 anni e una maturità scientifica da 100 e lode. Non è "medicalmente" guarito perché la sua è una malattia rarissima. «Eppure è visibilmente felice» si legge sempre su Avvenire.it «tra mamma Paola (ex insegnante di religione) e papà Franco Cargiolli (macchinista di treni in pensione), la coppia speciale che un quarto di secolo fa il giudice di Milano cercava con il lanternino.»

Perché non lo prendiamo noi? Il 1° ottobre 1989 è il giorno della svolta per Michele e la sua futura famiglia adottiva «lessero quel primo trafilet‐to assieme ai loro tre bambini, "ma non ci passò nem‐meno per la testa di accoglierlo noi." racconta il padre "Dopo 15 giorni però è uscito il secondo appello e con i nostri bambini abbiamo detto una preghiera perché quel neonato trovasse davvero una famiglia. Fu Marco, il piccolo di 8 anni, a lasciarci di stucco dicendo: e per-ché non lo prendiamo noi?". Un fulmine a ciel sereno, l’impossibile che si crea un varco nel possibile, soprat‐tutto grazie al candore del bambino: "Dai, papà, in fon‐do non abbiamo mai vinto niente, noi!".» Al più piccolo di voi Sì, perché Michele nel tempo si è rivelato un vero e pro‐prio premio. «"All’epoca mi consultai con il pediatra che, saputo il nome della malattia, si prese la testa tra le mani e ci disse assolutamente di lasciar perdere."

continua Franco "Andai in chiesa per meditarci su e nel Vangelo di quel giorno Gesù diceva "quello che farete al più piccolo di voi lo avrete fatto a me". Era così lam‐pante e non lo avevo capito!" Michele cambia la vita «Le notti insonni poi so‐

no state migliaia, eppure "dopo 25 anni ci chiediamo ancora perché Dio abbia concesso a noi un tale privile‐gio. Michele cambia la vita a chiunque lo incontri". Dall’asilo al liceo, compagni e professori lo hanno ama‐to in modo tangibile e quotidiano, così come tutti i me‐dici che negli anni ha incontrato, nonostante le batta‐glie contro la burocrazia e per ottenere quel po’ di assistenza domiciliare... "Ma noi paghiamo volentie‐ri le tasse, perché la Sanità gli ha sempre passato cure e operazioni», tiene a far sapere mamma Paola, che non percepisce pensione perché "per stare con lui lasciai il lavoro".» Scrittore di fiabe «La "Nyhan" l'ha accompagnato continuamente e con‐tro di lei ha inveito e lottato (non senza cicatrici...), ma non l'ha sconfitto e Michele ha saputo creare attorno a sé amicizie solide e relazioni forti, diventando, anche per i genitori, zii, fratelli, nonni, punto di riferimento e stimolo a una vita più autentica. Stare con lui è un'av‐ventura che comprende, come tutte le avventure, mo‐menti di angoscia e di incubo, ma anche la scoperta di tesori incredibili in lui e attorno a lui. E' bello vedere che è spesso invitato a partecipare a trasmissioni televisi‐ve. L'ultima sorpresa che ci ha fatto è stata quella di scrivere una fiaba che è stata presentata al Palazzo Du‐cale di Genova e la cui prima edizione è andata esaurita nel giro di un paio di settimane.» (tratto dal sito lesch‐nyhan.eu)

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B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Poli-meni, Tel:0770953530

mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 9,30, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* C6�7: Chiesa romano-cattolica dei Pia-risti. Strada Universitatii nr. 5, conosciu-ta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* A69� I�6+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* T+;+�<���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

C'è il Papa, suore di clausura in delirio. Il cardinale: "Sorelle, tenimmo che ffa'"

Simpatico siparietto nel duomo di Napo-li. Francesco arriva per parlare ai sa-cerdoti e ai religiosi: alcune monache claustrali prese da un entusiasmo in-contenibile, circondano il pontefice mentre il cardinale Sepe prova a fermarle: "Adesso se lo mangiano - scherza - E queste sono quelle di

clausura, figuriamoci le altre!"

I SANTI DELLA

SETTIMANA

DOM.29DOM.29DOM.29DOM.29 Domenica delle PalmeDomenica delle PalmeDomenica delle PalmeDomenica delle Palme

LUN. 30LUN. 30LUN. 30LUN. 30 S. AmedeoS. AmedeoS. AmedeoS. Amedeo

MART.31MART.31MART.31MART.31 . Beniamino. Beniamino. Beniamino. Beniamino

MERC.01MERC.01MERC.01MERC.01 S. UgoS. UgoS. UgoS. Ugo

GIOV.02GIOV.02GIOV.02GIOV.02 S.Francesco di PaolaS.Francesco di PaolaS.Francesco di PaolaS.Francesco di Paola

VEN. 03VEN. 03VEN. 03VEN. 03 S. RiccardoS. RiccardoS. RiccardoS. Riccardo

SAB. 04SAB. 04SAB. 04SAB. 04 S. IsidoroS. IsidoroS. IsidoroS. Isidoro

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I

INTRODUZIONE C- Nel nome del Padre, e del Fi-glio e dello Spirito Santo

C- La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

C- Fratelli carissimi, questa as-semblea liturgica é preludio alla Pasqua del Signore, alla quale ci stiamo preparando con la peni-tenza e con le opere di carità fin dall'inizio della Quaresima. Gesù entra in Gerusalemme per dare compimento al mistero della sua morte e risurrezione. Accompagniamo con fede e de-vozione il nostro Salvatore nel suo ingresso nella città santa, e chie-diamo la grazia di seguirlo fino alla croce, per essere partecipi della sua risurrezione.

BENEDIZIONE DELLE PALME C- Dio onnipotente ed eterno, benedici questi rami , e concedi a noi tuoi fedeli, che accompagnia-mo esultanti il Cristo, nostro Re e Signore, di giungere con lui alla Gerusalemme del cielo. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. T- Amen

Dal vangelo secondo Marco. Quando furono vicini a Gerusa-lemme, verso Bètfage e Betània, presso il monte degli Ulivi, Gesù mandò due dei suoi discepoli e disse loro: «Andate nel villaggio di fronte a voi e subito, entrando in esso, troverete un puledro le-gato, sul quale nessuno è ancora salito. Slegatelo e portatelo qui. E se qualcuno vi dirà: “Perché fate questo?”, rispondete: “Il Signore ne ha bisogno, ma lo rimanderà qui subito”». Andarono e trovaro-no un puledro legato vicino a una porta, fuori sulla strada, e lo sle-garono. Alcuni dei presenti disse-ro loro: «Perché slegate questo puledro?». Ed essi risposero loro come aveva detto Gesù. E li la-sciarono fare. Portarono il pule-dro da Gesù, vi gettarono sopra i loro mantelli ed egli vi salì sopra. Molti stendevano i propri mantelli

sulla strada, altri invece delle fronde, tagliate nei campi. Quelli che precedevano e quelli che se-guivano, gridavano: «Osanna! Be-nedetto colui che viene nel nome del Signore! Benedetto il Regno che viene, del nostro padre Davi-de! Osanna nel più alto dei cieli!». Parola del Signore. T- Lode a te, o Cristo. C- Imitiamo, fratelli carissimi, le folle di Gerusalemme, che ac-clamavano Gesù, Re e Signore, e avviamoci in pace.

COLLETTA C- O Dio onnipotente ed eter-no, che hai dato come modello agli uomini il Cristo tuo Figlio, nostro Salvatore, fatto uomo e umiliato fino alla morte di croce, fa' che abbiamo sempre presente il grande insegnamento della sua passione, per partecipare alla gloria della risurrezione. Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’u-nità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. T- Amen

LITURGIA DELLA PAROLA (

P5678 L9::;58 Dal Libro del Profeta Isaia

Il Signore Dio mi ha dato una lingua da discepolo, perché io sappia indi-rizzare una parola allo sfiduciato. Ogni mattina fa attento il mio orec-chio perché io ascolti come i disce-poli. Il Signore Dio mi ha aperto l’o-recchio e io non ho opposto resisten-za, non mi sono tirato indietro. Ho presentato il mio dorso ai flagellato-ri, le mie guance a coloro che mi strappavano la barba; non ho sottrat-to la faccia agli insulti e agli sputi. Il Signore Dio mi assiste, per questo non resto svergognato, per questo rendo la mia faccia dura come pietra, sapendo di non restare confuso. Parola di Dio. T- Rendiamo grazie a Dio

SALMO RESPONSORIALE R. Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato? Si fanno beffe di me quelli che mi vedono, storcono le lab-bra, scuotono il capo: «Si rivolga al Signore; lui lo liberi, lo porti in salvo, se davvero lo ama!». R/. Un branco di cani mi circon-da, mi accerchia una banda di malfattori; hanno scavato le mie mani e i miei piedi. Posso contare tutte le mie ossa. R/. Si dividono le mie vesti, sul-la mia tunica gettano la sorte. Ma tu, Signore, non stare lontano, mia

forza, vieni presto in mio aiuto. R/. Annuncerò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. Lodate il Signore, voi suoi fedeli, gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe, lo tema tutta la discendenza d’Israe-le. R/.

S9=>?@8 L9::;58 Dalla lettera di S.Paolo ai Filippesi

Cristo Gesù, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signo-re!», a gloria di Dio Padre. Parola di Dio. T- Rendiamo grazie a Dio.

CANTO AL VANGELO Gloria e lode a te, o Cristo! Per noi Cristo si è fatto obbediente fino alla morte, e alla morte di cro-ce. Per questo Dio l’ha esaltato e gli ha dato il nome che è sopra ogni altro nome. Gloria e lode a te, o Cristo!

PASSIONE DI NOSTRO SIGNORE GESU’ CRISTO

Secondo Marco

Mancavano due giorni alla Pasqua e agli Àzzimi, e i capi dei sacer-doti e gli scribi cercavano il modo di catturare Gesù con un inganno per farlo morire. Dicevano infatti: «Non durante la festa, perché non vi sia una rivolta del popolo». Gesù si trovava a Betània, nella casa di Simone il lebbroso. Mentre era a tavola, giunse una donna che ave-va un vaso di alabastro, pieno di profumo di puro nardo, di grande valore. Ella ruppe il vaso di alaba-stro e versò il profumo sul suo ca-po. Ci furono alcuni, fra loro, che si indignarono: «Perché questo spreco di profumo? Si poteva ven-derlo per più di trecento denari e darli ai poveri!». Ed erano infuriati contro di lei. Allora Gesù disse: «Lasciatela stare; perché la in-

Letture: Is 50,4-7 Sal 21

Fil 2,6-11 Mc 14,1-15,47

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fastidite? Ha compiuto un’azio-ne buona verso di me. I poveri infatti li avete sempre con voi e potete far loro del bene quando volete, ma non sempre avete me. Ella ha fatto ciò che era in suo potere, ha unto in anticipo il mio corpo per la sepoltura. In verità io vi dico: dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fat-to». Allora Giuda Iscariota, uno dei Dodici, si recò dai capi dei sacerdoti per consegnare loro Gesù. Quelli, all’udirlo, si ralle-grarono e promisero di dargli del denaro. Ed egli cercava come consegnarlo al momento opportu-no. Il primo giorno degli Àzzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare, perché tu possa mangiare la Pa-squa?». Allora mandò due dei suoi discepoli, dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo. Là dove entrerà, dite al padrone di casa: “Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, in cui io possa mangiare la Pa-squa con i miei discepoli?”. Egli vi mostrerà al piano supe-riore una grande sala, arredata e già pronta; lì preparate la ce-na per noi». I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono la Pasqua. Venuta la sera, egli arrivò con i Dodici. Ora, mentre erano a tavola e mangiavano, Gesù disse: «In verità io vi dico: uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». Cominciarono a rattri-starsi e a dirgli, uno dopo l’altro: «Sono forse io?». Egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che met-te con me la mano nel piatto. Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui; ma guai a quell’uomo, dal quale il Figlio dell’uomo viene tradito! Meglio per quell’uomo se non fosse mai nato!». E, mentre mangiava-no, prese il pane e recitò la bene-dizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». Poi prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: «Questo è il mio sangue dell’al-

leanza, che è versato per molti. In verità io vi dico che non ber-rò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo, nel regno di Dio». Dopo aver cantato l’inno, uscirono ver-so il monte degli Ulivi. Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandaliz-zati, perché sta scritto: “Percuoterò il pastore e le pe-core saranno disperse”. Ma, dopo che sarò risorto, vi prece-derò in Galilea». Pietro gli disse: «Anche se tutti si scandalizzeranno, io no!». Gesù gli disse: «In verità io ti dico: proprio tu, oggi, que-sta notte, prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinne-gherai». Ma egli, con grande insi-stenza, diceva: «Anche se dovessi morire con te, io non ti rinneghe-rò». Lo stesso dicevano pure tutti gli altri. Giunsero a un podere chiamato Getsèmani, ed egli dis-se ai suoi discepoli: «Sedetevi qui, mentre io prego». Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e ango-scia. Disse loro: «La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate». Poi, andato un po’ innanzi, cadde a terra e pre-gava che, se fosse possibile, pas-sasse via da lui quell’ora. E dice-va: «Abbà! Padre! Tutto è possi-bile a te: allontana da me que-sto calice! Però non ciò che vo-glio io, ma ciò che vuoi tu». Poi venne, li trovò addormentati e disse a Pietro: «Simone, dormi? Non sei riuscito a vegliare una sola ora? Vegliate e pregate per non entrare in tentazione. Lo spirito è pronto, ma la carne è debole». Si allontanò di nuovo e pregò dicendo le stesse parole. Poi venne di nuovo e li trovò ad-dormentati, perché i loro occhi si erano fatti pesanti, e non sapeva-no che cosa rispondergli. Venne per la terza volta e disse loro: «Dormite pure e riposatevi! Ba-sta! È venuta l’ora: ecco, il Fi-glio dell’uomo viene consegna-to nelle mani dei peccatori. Al-zatevi, andiamo! Ecco, colui che mi tradisce è vicino». E su-bito, mentre ancora egli parlava, arrivò Giuda, uno dei Dodici, e con lui una folla con spade e ba-stoni, mandata dai capi dei sacer-doti, dagli scribi e dagli anziani. Il

traditore aveva dato loro un se-gno convenuto, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo e conducetelo via sotto buona scor-ta». Appena giunto, gli si avvicinò e disse: «Rabbì» e lo baciò. Quelli gli misero le mani addosso e lo arrestarono. Uno dei presenti estrasse la spada, percosse il ser-vo del sommo sacerdote e gli staccò l’orecchio. Allora Gesù dis-se loro: «Come se fossi un bri-gante siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni gior-no ero in mezzo a voi nel tem-pio a insegnare, e non mi avete arrestato. Si compiano dunque le Scritture!». Allora tutti lo ab-bandonarono e fuggirono. Lo se-guiva però un ragazzo, che aveva addosso soltanto un lenzuolo, e lo afferrarono. Ma egli, lasciato ca-dere il lenzuolo, fuggì via nudo. Condussero Gesù dal sommo sa-cerdote, e là si riunirono tutti i ca-pi dei sacerdoti, gli anziani e gli scribi. Pietro lo aveva seguito da lontano, fin dentro il cortile del palazzo del sommo sacerdote, e se ne stava seduto tra i servi, scal-dandosi al fuoco. I capi dei sacer-doti e tutto il sinedrio cercavano una testimonianza contro Gesù per metterlo a morte, ma non la trovavano. Molti infatti testimonia-vano il falso contro di lui e le loro testimonianze non erano concor-di. Alcuni si alzarono a testimonia-re il falso contro di lui, dicendo: «Lo abbiamo udito mentre diceva: “Io distruggerò questo tempio, fat-to da mani d’uomo, e in tre giorni ne costruirò un altro, non fatto da mani d’uomo”». Ma nemmeno così la loro testimonianza era concor-de. Il sommo sacerdote, alzatosi in mezzo all’assemblea, interrogò Gesù dicendo: «Non rispondi nul-la? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». Ma egli taceva e non rispondeva nulla. Di nuovo il sommo sacerdote lo interrogò di-cendogli: «Sei tu il Cristo, il Figlio del Benedetto?». Gesù rispose: «Io lo sono! E vedrete il Figlio dell’uomo seduto alla destra della Potenza e venire con le nubi del cielo». Allora il sommo sacerdote, stracciandosi le vesti, disse: «Che bisogno abbiamo an-cora di testimoni? Avete udito la bestemmia; che ve ne pare?». Tutti

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sentenziarono che era reo di mor-te. Alcuni si misero a sputargli addosso, a bendargli il volto, a percuoterlo e a dirgli: «Fa’ il pro-feta!». E i servi lo schiaffeggiava-no. Mentre Pietro era giù nel cor-tile, venne una delle giovani ser-ve del sommo sacerdote e, ve-dendo Pietro che stava a scaldar-si, lo guardò in faccia e gli disse: «Anche tu eri con il Nazareno, con Gesù». Ma egli negò, dicendo: «Non so e non capisco che cosa dici». Poi uscì fuori verso l’ingres-so e un gallo cantò. E la serva, ve-dendolo, ricominciò a dire ai pre-senti: «Costui è uno di loro». Ma egli di nuovo negava. Poco dopo i presenti dicevano di nuovo a Pie-tro: «È vero, tu certo sei uno di lo-ro; infatti sei Galileo». Ma egli co-minciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quest’uomo di cui parlate». E subito, per la seconda volta, un gallo cantò. E Pietro si ricordò della parola che Gesù gli aveva detto: «Prima che due volte il gallo canti, tre volte mi rinne-gherai». E scoppiò in pianto. E subito, al mattino, i capi dei sa-cerdoti, con gli anziani, gli scribi e tutto il sinedrio, dopo aver tenu-to consiglio, misero in catene Ge-sù, lo portarono via e lo conse-gnarono a Pilato. Pilato gli do-mandò: «Tu sei il re dei Giudei?». Ed egli rispose: «Tu lo dici». I capi dei sacerdoti lo accusavano di molte cose. Pilato lo interrogò di nuovo dicendo: «Non rispondi nulla? Vedi di quante cose ti accu-sano!». Ma Gesù non rispose più nulla, tanto che Pilato rimase stu-pito. A ogni festa, egli era solito rimettere in libertà per loro un carcerato, a loro richiesta. Un ta-le, chiamato Barabba, si trovava in carcere insieme ai ribelli che nella rivolta avevano commesso un omicidio. La folla, che si era radunata, cominciò a chiedere ciò che egli era solito concedere. Pi-lato rispose loro: «Volete che io rimetta in libertà per voi il re dei Giudei?». Sapeva infatti che i capi dei sacerdoti glielo avevano con-segnato per invidia. Ma i capi dei sacerdoti incitarono la folla per-ché, piuttosto, egli rimettesse in libertà per loro Barabba. Pilato disse loro di nuovo: «Che cosa vo-

lete dunque che io faccia di quello che voi chiamate il re dei Giudei?». Ed essi di nuovo gridarono: «Crocifiggilo!». Pilato diceva loro: «Che male ha fatto?». Ma essi gri-darono più forte: «Crocifiggilo!». Pilato, volendo dare soddisfazio-ne alla folla, rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò per-ché fosse crocifisso.Allora i solda-ti lo condussero dentro il cortile, cioè nel pretorio, e convocarono tutta la truppa. Lo vestirono di porpora, intrecciarono una coro-na di spine e gliela misero attorno al capo. Poi presero a salutarlo: «Salve, re dei Giudei!». E gli per-cuotevano il capo con una canna, gli sputavano addosso e, piegan-do le ginocchia, si prostravano davanti a lui. Dopo essersi fatti beffe di lui, lo spogliarono della porpora e gli fecero indossare le sue vesti, poi lo condussero fuori per crocifiggerlo. Costrinsero a portare la sua croce un tale che passava, un certo Simone di Cire-ne, che veniva dalla campagna, padre di Alessandro e di Rufo. Condussero Gesù al luogo del Gòlgota, che significa “Luogo del cranio”, e gli davano vino mesco-lato con mirra, ma egli non ne prese. Poi lo crocifissero e si divi-sero le sue vesti, tirando a sorte su di esse ciò che ognuno avreb-be preso. Erano le nove del matti-no quando lo crocifissero. La scritta con il motivo della sua con-danna diceva: «Il re dei Giudei». Con lui crocifissero anche due ladroni, uno a destra e uno alla sua sinistra. Quelli che passavano di là lo insultavano, scuotendo il capo e dicendo: «Ehi, tu che di-struggi il tempio e lo ricostruisci in tre giorni, salva te stesso scenden-do dalla croce!». Così anche i capi dei sacerdoti, con gli scribi, fra loro si facevano beffe di lui e di-cevano: «Ha salvato altri e non può salvare se stesso! Il Cristo, il re d’I-sraele, scenda ora dalla croce, perché vediamo e crediamo!». E anche quelli che erano stati croci-fissi con lui lo insultavano. Quan-do fu mezzogiorno, si fece buio su tutta la terra fino alle tre del po-meriggio. Alle tre, Gesù gridò a gran voce: «Eloì, Eloì, lemà sa-

bactàni?», che significa: «Dio mio, Dio mio, perché mi hai ab-bandonato?». Udendo questo, alcuni dei presenti dicevano: «Ecco, chiama Elia!». Uno corse a inzuppare di aceto una spugna, la fissò su una canna e gli dava da bere, dicendo: «Aspettate, vedia-mo se viene Elia a farlo scendere». Ma Gesù, dando un forte grido, spirò. (Chi può si mette in ginocchio. Pausa di preghiera silenziosa) Il velo del tempio si squarciò in due, da cima a fondo. Il centurio-ne, che si trovava di fronte a lui, avendolo visto spirare in quel mo-do, disse: «Davvero quest’uomo era Figlio di Dio!». Vi erano anche alcune donne, che osservavano da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giaco-mo il minore e di Ioses, e Salome, le quali, quando era in Galilea, lo seguivano e lo servivano, e molte altre che erano salite con lui a Ge-rusalemme. Venuta ormai la sera, poiché era la Parascève, cioè la vigilia del sabato, Giuseppe d’A-rimatèa, membro autorevole del sinedrio, che aspettava anch’egli il regno di Dio, con coraggio an-dò da Pilato e chiese il corpo di Gesù. Pilato si meravigliò che fos-se già morto e, chiamato il centu-rione, gli domandò se era morto da tempo. Informato dal centurio-ne, concesse la salma a Giusep-pe. Egli allora, comprato un len-zuolo, lo depose dalla croce, lo avvolse con il lenzuolo e lo mise in un sepolcro scavato nella roc-cia. Poi fece rotolare una pietra all’entrata del sepolcro. Maria di Màgdala e Maria madre di Ioses stavano a osservare dove veniva posto. Parola del Signore. T- Lode a te o Cristo. OMELIA (seduti) CREDO in un solo Dio, Padre on-nipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Si-gnore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre pri-ma di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per

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mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sot-to Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signo-re e dà la vita, e procede dal Pa-dre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cat-tolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C- Cristo Gesù, che ti sei fatto obbediente fino alla morte per donarci la pienezza della vita, ascolta la nostra preghiera, che con fiducia ti rivolgiamo dopo aver meditato sulla tua crocifissio-ne. Preghiamo insieme e diciamo: Cristo, nostra salvezza, ascoltaci. 1. Tu, che nella morte in croce hai unito cielo e terra, guarda alla tua Chiesa e donale pace e unità, perché sia segno nel mondo della tua salvezza, preghiamo. 2. Tu, che sei venuto per salvare tutti, da' agli sfiduciati la forza per superare le difficoltà della vita, il coraggio di affrontare la malattia e la premura della solidarietà a chi sta vicino a chi soffre, pre-ghiamo. 3. Tu, che hai sofferto un'ingiusta condanna, dona forza e coraggio a chi lotta per la giustizia e a chi cerca la pace attraverso la ricon-ciliazione e il rifiuto della violen-za, preghiamo. 4. Tu, che al ladrone pentito hai promesso il paradiso, fa' che tutti i popoli ti possano riconoscere co-me unico salvatore, preghiamo. 5. Tu, che sei venuto a liberarci dal peccato e dalla morte, fa' che tutti noi, riconoscendo le nostre colpe e omissioni, veniamo a te, sorgente del perdono e della vita, preghiamo. C- O Dio, nostro Padre, che ci hai tanto amato da donare il tuo Figlio unigenito, fa' che abbiamo sempre presente l'insegnamento

della sua passione, per poter par-tecipare alla gloria della sua ri-surrezione. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. T- Amen

C- Pregate, fratelli e sorelle, per-ché il mio e vostro sacrificio sia gra-dito a Dio, Padre onnipotente. T- Il Signore riceva dalle tue ma-ni questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

C- Dio onnipotente, la passione del tuo unico Figlio affretti il giorno del tuo perdono; non lo meritiamo per le nostre opere, ma l'ottenga dalla tua misericordia questo unico mirabile sacrificio. Per Cristo nostro Signore. T- Amen

PREGHIERA EUCARISTICA C- Il Signore sia con voi. T- E con il tuo spirito. C- In alto i nostri cuori. T- Sono rivolti al Signore. C-Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. T- È’ cosa buona e giusta. C- È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Pa-dre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo Signore nostro. Egli, che era senza peccato, ac-cettò la passione per noi peccato-ri e, consegnandosi a un'ingiusta condanna portò il peso dei nostri peccati. Con la sua morte lavò le nostre colpe e con la sua risurre-zione ci acquistò la salvezza. E noi, con tutti gli angeli del cielo, innalziamo a te il nostro canto, e proclamiamo insieme la tua lode: T- Santo, Santo, Santo il Si-gnore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cie-li. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C- Mistero della fede T- Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C - Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’uni-tà dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. T- Amen

T- P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimet-tiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. C- Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. T- Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C- Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chie-sa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli T- Amen C - La pace del Signore sia sempre con voi. T- E con il tuo spirito. C - Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. T - Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C - Beati gli invitati alla cena del Si-gnore Ecco l’Agnello di Dio che to-glie i peccati del mondo. T - O Signore, non sono degno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una parola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C- O Padre, che ci hai nutriti con i tuoi santi doni, e con la mor-te del tuo Figlio ci fai sperare nei beni in cui crediamo, fa' che per la sua risurrezione possiamo giun-gere alla meta della nostra spe-ranza. Per Cristo nostro Signore. T- Amen. C- Il Signore sia con voi. T- E con il tuo spirito. C- Vi benedica Dio onnipotente, Padre,Figlio e Spirito Santo. T- Amen. C- Nel nome del Signore: andate in pace. T- Rendiamo grazie a Dio

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I l racconto della passione domina la liturgia della pa-rola. Il lettore che segue Ge-sù nel racconto, nel contesto

della celebrazione liturgica, è condotto a percorrere lo stesso itinerario dalla morte alla vita, dalla passione alla gloria. I due aspetti insieme della morte e del-la vita, della passione e della glo-ria, formano la pasqua di Gesù, ma formano anche la nostra pa-squa, la pasqua di tutti noi cre-denti. Istintivamente saremo presi dalla voglia di scavalcare la sof-ferenza e la morte... Da Gesù ap-prendiamo però che la notte della sofferenza si combina sul penta-gramma della passione modulan-do la sinfonia dell’amore, perché il senso della vita è quello di spenderla per gli altri. Egli garan-tisce che il bene annienta il male e che la vita vince la morte. Non è dunque un caso che “pasqua fiorita” sia uno dei tanti nomi che qualificano la festa odierna. Non c’è che un amico per tutti, Cristo. Tutti noi abbiamo bisogno di questo amico che non tradisce, che capisce il dolore dell’uomo e dà una speranza perfino alla mor-te. Guardando a Cristo, noi cri-stiani non abbiamo creato il culto della personalità: di lui, non ab-biamo fatto un mito. Non ci in-chiniamo davanti a un uomo, ma davanti al Figlio di Dio che ha preso carne nel cuore della Vergi-ne Maria. Niente e nessuno, neanche l’indegnità dei cristiani, potrà cancellare la presenza di Cristo: poiché egli è entrato nel cuore dell’umanità senza chiede-re nulla, neanche un atto di amo-re . (Liturgia Silvestrini)