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SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA In sinergia con Fondazione. Migrantes In sinergia con Fondazione. Migrantes In sinergia con Fondazione. Migrantes In sinergia con Fondazione. Migrantes

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SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE

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ADESTE n°21/ ANNO 4°-24.05.2015

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e il Piave mormorava...

E.A. Mario, il postino che diede voce all’orgoglio italiano

LA CANZONE CHE DIVENNE ANCHE INNO NAZIONALE fu composta su un

modulo postale. Il 24 maggio è una delle date indelebili nella stor ia d’Italia. Il riferimento è alla giornata di lunedì 24 maggio 1915 quando il nostro Paese, abbandonando la posizione di neu-tralità che aveva assunto all’indomani dello scoppio, l’anno precedente, del grande conflit-to europeo, dichiara guerra all’Austria. Le tristi vicende che seguirono quella data sono note a tutti: dalle sponde del Piave e dell’Isonzo fino ala disfatta di Caporetto l’Italia ha contato più di 700 mila morti. Ma quanto è giusto ricordare quei tragici eventi solo come la disfatta del popolo Italiano? Dietro quelle trincee non vi erano degli uomini che lottavano per un sentimento, per un credo di un amor patrio? Dagli albori della poesia, quando le gesta del pelide Achille erano tramandate oralmente, l’arte del comporre ha dato parola ed espressione a quelli che sono i sentimenti dell’animo umano, ai tormenti, alle passioni degli uomini e anche

di un popolo. Il poeta che meglio di chiunque altro si è fatto carico delle emozioni che hanno coin-volto gli uomini travolti da quei tragici eventi è Giovanni Gaeta, meglio conosciuto con le pseudonimo E. A. Mario. Gaeta era un dipendente napoletano dell’amministrazione delle Regie Poste. La sua “indole umile”, come ricorda la figlia, unita ad un talento e ad una sensibilità ar-tistica unica, lo ha portato a vedere in quei tragici eventi oltre una divisa, oltre una baionetta ed una battaglia persa. E.A. Mario porta alla ribalta nella sua più celebre creazione, la canzone “La leggen-da del Piave”, quei sentimenti di speranza e di patriottismo che qualificano l’uomo e che gli rendono dignità davanti una delle disfatte più grandi; egli vedeva nel soldato che combatteva un uomo che lotta per un ideale di Patria e per il proprio popolo. La canzone del Piave, infatti, era essa stessa per il popolo, entità concreta nella quale l’autore si identificava, nella quale ritrovava le sue radici, un popolo fatto di persone e soprattutto di identità semplici come quelle degli impiegati postali, poiché egli stes-so era un umile impiegato postale, abituato a vivere e stare a contatto con gli uomini e le loro quotidianità. La sua “arma” era l’arte della poesia, con la quale cercava di combattere il disfattismo e l’annullamento della persona che la trincea provocava nell’animo umano e nelle sue spe-ranze. “Era quasi notte ed

uscivo dal mio ufficio postale. La notizia della disfatta mi fece venire da piangere. Pensai subito di rendermi in qualche modo utile alla Patria”. Queste sono le parole di E.A. Mario che meglio ci permettono di capire quanto il suo fare poesia fosse una vocazione per la società e non un dovere. La popolarità della “Leggenda del Piave” va ritrovata nella perfetta unione di forma tecnica e di musica e nelle suggestioni che queste suscitano negli ascoltatori, assol-vendo quel compito di unione tra l’artista ed il sentimen-to del popolo. E.A. Mario, con il suo forte temperamento, con la passio-ne e l’umiltà del suo animo che l’hanno portato ad onora-re in egual modo il suo lavoro da impiegato postale e la sua attività artistica, offre una voce di riscatto a quegli uomini che coraggiosamente hanno combattuto credendo in qualcosa, rendendo non vana la disfatta di quei cata-strofici eventi. Straordinario documento storico, il testo originale della “Leggenda del Piave”, vergato a mano dall’autore su un modulario postale, è custodito presso il Museo Storico delle Comunicazioni.( dal Museo delle Poste)

E. A. Mario, poeta, musicista, editore e, all'occorrenza, anche cantante, ed il cui vero nome era Giovanni Ermete Gaeta, nacque a Napoli il 5 maggio del 1884 e mori' il 24 giugno del 1961. Senza spartito, accompagnandosi alla chitarra, e dettando le note ad un musicista, scrisse oltre duemila canzoni (la prima, "Cara mammà", è del 1904, su musica di Raffaele Segré) sia di repertorio napoletano che italiano. Da ricordare "Balocchi e profumi", "Vipera" e la più inci-sa (anche da Elvis Presley e José Carreras): "Santa Lucia lontana", composta nel 1919 e portata al successo da Be-niamino Gigli. Proprio alla sua attività di giornalista si deve il suo nome d'arte: "Mario" era lo pseudonimo della direttrice de "Il Ventesimo", Maria Clinazovitz, "E" la lettera iniziale di Ermete, "A" quella di Alessandro Sacheri, direttore de "Il lavoro". Non ottenne mai fama e ricchezza e rimase per tutta la vita un modesto impiegato postale, fiero - disse - "di rimanere tra il popolo". La leggenda del Piave fu scr itta durante la Gran-de Guerra, quando l'artista, da poco impiegato, era addetto alle tradotte postali, nella zona delle operazioni. Durante la seconda guerra mondiale, dopo l'armistizio dell' 8 settembre 1943, il governo italiano la adottò prov-visoriamente come inno nazionale, in sostituzione del-la Marcia Reale. La monarchia italiana era infatti stata messa in discussione per aver consentito l'instaurarsi del-la dittatura fascista. La canzone del Piave ebbe la funzione di inno nazionale italiano fino al 12 ottobre 1946, quando fu sostituita da Il Canto degli italiani di Goffredo Mame-li e Michele Novaro.

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«I«I«I«I l Piave mormorava/, calmo e placido, al passaggio/ dei primi fanti il 24 maggio».

Cento anni fa, il 24 maggio 1915, l'Ita-lia entrava in guerra contro gli Imperi centrali, gettandosi nella Prima Guer-ra Mondiale dieci mesi dopo l' inizio delle ostilità in Europa. Era un lunedì. Alle 3:30, precedute dai tiri degli obici, le truppe italiane ol-trepassarono il confine italo-austriaco, puntando verso le «terre irredente» del Trentino, del Friuli, della Venezia Giulia. Nel 1918, a guerra finita, un poeta e mu-sicista napoletano, Giovanni Gaeta, più noto con lo pseudonimo di E. A. Mario, trasformò quel momento nel-la «Leggenda del Piave», una canzo-ne destinata a entrare nella memo-ria collettiva degli italiani. L'Italia entrò in guerra divisa tra interventisti e neutralisti, dopo un disinvolto cambio di alleanze, dal-la Triplice all'Intesa. Sulle sponde del Piave e dell'I-sonzo, nelle trincee del Carso e della Bainsizza, di Asiago e di Passo Buole, di Caporetto e di Vittorio Veneto lasciò 700 mila morti. Dalla guerra ottenne Trento e Trieste, ma ne uscì prostrata, lacerata da una profonda crisi politica, sociale ed economica, che la portò in breve al Fascismo. Eppure la «Grande Guer-ra», come fu chiamata, è forse l'unica guerra della quale gli italiani abbiano - come si suol dire - una «memoria condivisa»: l'ultimo atto dell'epopea Risor-gimentale. La Prima Guerra Mondiale fu un enorme massacro: coinvolse 27 paesi, costò 10 milioni di morti, 20 milioni di feriti, enormi distruzioni. Fu la prima guerra moderna. Gli eserciti si trovarono im-pantanati nelle trincee. Nuove armi furono impiegate su larga scala: aerei, sottomarini, carri armati, mitra-gliatrici, gas tossici, come il fosgene e l'iprite, che pre-se nome dalla località belga dove il 22 aprile 1915 fe-ce le prime vittime. La guerra provocò la dissoluzione dell'Impe-ro austroungarico e di quello ottomano e mise fine a quello degli Zar, travolto dalla r ivoluzione bol-scevica del 1917. Segnò il crollo di tre dinastie secola-ri, gli Asburgo, gli Hohenzollern e i Romanov. Fu l'i-nizio del declino della vecchia Europa e sancì l'ingres-so sulla scena mondiale, come grande potenza militare ed economica, degli Stati Uniti, intervenuti nel 1917 a salvare le sorti dell'Intesa. Si portò dietro un'epidemia - la «spagnola» - che tra 1918 e il 1919 provocò più morti della guerra; un'inflazione e una recessione che culminarono nella Grande Crisi del 1929; un'eredità di odi, frustrazioni e rivalità nazionali che nell'arco di due decenni sfociarono fatalmente nel secondo con-flitto mondiale. Una delle poche voci che si levarono contro la guerra fu quella di Benedetto XV, il «Papa della pace» del quale Joseph Ratzinger ha voluto raccogliere idealmente l'eredità, scegliendo il nome per il proprio pontificato. Egli il 1 agosto 1917 (poco prima della

rotta italiana a Caporetto del 24 ottobre 1917) chiese invano alle potenze belligeranti il disarmo e il ricorso all'arbitrato per la «cessazione di questa lotta tremen-

da, la quale ogni giorno più apparisce inutile strage». Ma troppi erano i moti-vi che spingevano l'Europa al massacro. La r ivalità

economica e gli inte-ressi in Medio Oriente di Regno Unito e Reich tede-sco; il revanscismo francese per Alsazia e Lorena; lo scontro tra pangermanesimo tedesco e panslavi-smo sul Baltico; gli appetiti delle mag-giori potenze per le spoglie del fatiscente

impero ottomano; l'irredentismo in Italia e nei Balca-ni, dove il serbo Gavrilo Princip fece scoccare la scin-tilla, assassinando l'erede al trono austriaco a Saraje-vo. Ma anche il clima culturale di un'epoca che - tra lo Stato «Dio reale» dell'idealismo hegeliano e il positi-vismo darwiniano di Spencer - concepì la guerra come sbocco naturale delle vertenze internazionali. In Italia, contro l'entrata in guerra furono i cattolici, i socialisti, i giolittiani. Per la guer ra furo-no il governo Salandra, i liberali, i nazionalisti. Inter-ventista fu Gabriele D'Annunzio, interprete a modo suo del «superuomo» di Nietzsche. Interventista fu Filippo Tommaso Marinetti, che nel «Manifesto del futurismo» aveva proclamato la guerra «sola igiene del mondo». Da neutralista in interventista si trasfor-mò repentinamente il socialista Benito Mussolini, che lasciò la direzione dell'«Avanti!» per fondare l'ultrana-zionalista «Popolo d'Italia» e fu espulso dal Psi. Nel 1919 la Conferenza di pace di Par igi, do-minata dal presidente americano Woodrow Wilson, deluse le aspettative degli interventisti. L'Italia ottenne Trento, Trieste e l'Istria, più l'Alto Adige etnica-mente tedesco; ma non Fiume e la Dalmazia. Il presi-dente del consiglio Orlando e il ministro degli esteri Sonnino, per protesta, abbandonarono temporanea-mente la conferenza, restando fuori anche dalla sparti-zione delle colonie tedesche. Ne nacque il mito della «vittoria tradita», che mosse D'Annunzio e i suoi le-gionari a occupare Fiume e a dar vita all'effimera «Reggenza del Carnaro» e fu utilizzato a proprio van-taggio dal nascente partito fascista, avviato alla con-quista del potere. Anche la «Leggenda del Piave» di E.A. Mario finì per servire allo scopo. La crisi econo-mica, la svalutazione della lira, la debolezza della classe dirigente liberale, le ripetute crisi di governo, le agitazioni di piazza e l'occupazione delle fabbriche nel «biennio rosso», i timori della Corona e della borghe-sia fecero il resto. Dal 4 novembre 1918, data della firma dell'armistizio con l'Austria, al 22 ottobre 1922, data della Marcia su Roma, non passarono che quattro anni.

24 maggio 1915 ITALIA entra in

guerra

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Quei Papi e santi che fecero la Grande Guerra

Papa san Pio X ebbe solo il tempo di sentir tuonare i «cannoni d’agosto» prima di morire nel 1914. Il suo successore, il sessantenne Benedetto XV, fece di tutto affinché almeno l’Italia restasse fuori da quella che si rivelò ben presto una (parole sue) «inutile strage». ….L’Italia entrò dunque in guerra nel 1915 e i cat-tolici, pur contrari all’intervento, fecero il loro do-vere come gli altri. I preti e i religiosi dovettero vesti-re la divisa grigioverde e fu già tanto se a molti di loro fu concesso il privilegio di servire nella Sanità senza dover impugnare le armi. Ma, come si è detto, il gene-ralissimo Luigi Cadorna fece sì che dai venticinque-mila sacerdoti arruolati venisse estratto un corpo di duemilaquattrocento cappellani militari comandati da un «ordinario castrense», cioè un vescovo inquadrato col grado di generale. Non pochi tra i preti-soldato vennero decorati al valor militare (il famoso don Minzoni, poi vittima di un agguato squadrista, ebbe una medaglia d’argento). E non pochi combattenti cattoli-ci di quella guerra, anche lai-ci, sono stati in seguito elevati dalla Chiesa agli onori degli altari. Laico era anche san Riccardo Pampuri, che a quel tempo era il tenente Erminio e meritò una meda-glia per un’azione eroica du-rante la disastrosa ritirata di Caporetto. E pure Padre Pio dovette entrare in guerra, seb-bene fosse già frate. Non ave-va ancora le stimmate, ma era talmente malato che, alla visi-ta, il medico militare lo definì un «morto ambulante». Intanto, però, era stato dichia-rato «disertore» perché non si era presentato sponta-neamente (le sue febbri misteriose facevano scoppiare i termometri) e avevano mandato i carabinieri a prele-varlo. Ma la Patria non sentiva storie e il cappuccino Francesco Forgione finì in uniforme. Date le sue con-dizioni lo misero a fare l’infermiere, ma presto dovet-tero gettare la spugna perché il malato era lui e alla fine lo rimandarono in convento. Già: la Patria non sentiva ragioni. Ho personal-mente visto la fotocopia di un documento d’epoca, la sentenza con cui il Tribunale militare condannava alla fucilazione un povero cristo analfabeta che era rientra-to al campo due giorni dopo la scadenza della sua li-cenza. Fu, quella, la guerra descritta nel film Orizzonti di gloria di Stanley Kubrick, con le decimazioni per futili motivi, le esecuzioni per «viltà» quando la mi-traglia non permetteva neanche di uscire dalla trincea, i carabinieri che avevano ordine di sparare su quelli che non avanzavano. Un altro film, Joyeuse Noël, eb-be una versione italiana a opera di Vincenzo Lojali, Servo di Dio. Capitano degli Arditi (due medaglie d’argento, una di bronzo e due encomi solenni al valor

militare) la notte di Natale del 1916 fece intonare in trincea «Tu scendi dalle stelle» e gli austriaci rispose-ro col coro di Stille Nacht. Ferito in azione e rimasto zoppo, si fece sacerdote e nel 1938 fu vescovo di Amelia. La sua cospicua pensione andava tutta ai po-veri. Una volta il Re, vedendolo sfilare con le decora-zioni sul petto, infranse il protocollo per stringergli la mano. Sul fronte francese, il beato Daniel Brottier, già missionario in Africa, si arruolò come cappellano volontario e fece tutta la guerra in prima linea. Era presente anche nel terribile carnaio di Verdun. Fu lui a fondare l’Union National des Combattants de Fran-ce. Un altro cappellano beato è il nostro Giulio Faci-beni, medaglia d’argento al valore. A conflitto finito fondò l’Opera Madonnina del Grappa per gli orfani di guerra. Scrisse: «Deporre l'abito talare per indossare la veste del soldato non era neanche un'interruzione del ministero sacerdotale; un po' di quella misteriosa relazione che intercorre tra la vita del sacerdote e quella del soldato, ambedue impegnati in questo dono di sé per i fratelli, fino alla immolazione suprema». Due Servi di Dio, il barnabita Giovanni Semeria (amico di Cadorna, fu il primo a far domanda co-

me cappellano volontario) e Agostino Gemelli, che allo-ra era ufficiale: insieme pro-mossero la consacrazione dei soldati al Sacro Cuore. Il padre Semeria fondò poi l'Opera del Mezzogiorno d’Italia per gli orfani dei caduti, specialmente in quel-le regioni meridionali che dell'Italia unita non avevano visto altro che l'ufficiale di leva e l'esattore delle impo-ste. Adempiva così a una promessa che aveva fatto a molti soldati moribondi. Amava dire: «Si può essere buoni cattolici essendo buo-ni italiani».

Fu il beato Pirro Scavizzi, figlio di un alto funzio-nario governativo, a convincere Cadorna a ripristi-nare i cappellani militari che il governo liberale aveva abolito nell’Ottocento. Lui stesso fu cappellano del Sovrano Militare Ordine di Malta e prestava servizio su un treno-ospedale. Divenne prelato domestico del Papa e autore del famoso canto «Inni e canti scioglia-mo, fedeli, al divino eucaristico Re». Il venerabile Egidio Laurent, aostano, era frate laico nei Canonici Regolari Lateranensi. Fu arruolato come alpino e mandato a combattere sul Pasubio. Offrì la sua vita a Dio perché cessassero gli orrori della guerra e morì di polmonite (chi ha visitato uno dei musei della Grande Guerra ha visto i panni di semplice feltro con cui i sol-dati dovevano ripararsi dal gelo delle alte quote). In quella guerra c’era anche san Giovanni XXIII, che fu prima sergente di fanteria e poi cappellano nell’ospedale militare di Bergamo. Così annotò nel suo diario: «Di tutto sono grato al Signore, ma parti-colarmente Lo ringrazio perché a vent'anni ha voluto che facessi il mio bravo servizio militare e poi durante tutta la Prima Guerra Mondiale lo rinnovassi da ser-gente e da Cappellano».

di Rino Cammilleri ( da La Nuova Bussola quotidiana)

Soldati “ Santi”: A sinistra San Giovanni XXIII e

a destra San Pio da Pietrelcina (Padre Pio)

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La tomba delMilite Ignoto è una tomba simbo-lica che con�ene i res� di un militare morto

in guerra, il cui corpo non è stato iden�ficato e che si pensa non potrà mai essere iden�ficato. La pra�ca di avere una tomba del Milite Ignoto si è diffusa so-pra�u�o dopo la prima guerra mondiale, una guerra in cui il numero di corpi non iden�fica� fu enorme.

Nel 1920, l’allora colonnello Giulio Douhet, sulla scor-ta di analoghe inizia�ve già a�uate in Francia e in altri Paesi coinvol� nella Grande Guerra, propose per pri-mo in Italia di onorare i cadu� italiani le cui salme non furono iden�ficate.

L’idea di trasportare dal campo di ba�aglia in Patria la salma di un soldato ignoto e di seppellirlo nella capi-tale, nel più importante tempio della Nazione, era nata appunto contemporaneamente in Francia e in Inghilterra. La cura con cui venne scelto il soldato e il risalto dato alla cerimonia della sepoltura tes�monia-no l’importanza a�ribuita al culto dei cadu� alla fine della Grande guerra. La rapida diffu-sione di queste tombe, illustrando l’a�ra.va esercitata dal culto e la maniera in cui il Milite Ignoto venne scelto, fu abbastanza simile in tu�e le Nazioni che avevano preso parte al confli�o.

Fu quindi deciso di creare la tomba del Milite Ignoto a Roma nel com-plesso monumentale del Vi�oriano* a piazza Venezia. So�o la statua del-la Dea Roma sarebbe stata tumulata la salma di un soldato italiano scono-sciuto, selezionata tra quelle dei cadu� della prima guerra mondiale.

La scelta fu affidata a Maria Bergamas madre del vo-lontario irredento Antonio Bergamas che aveva diser-tato dall’esercito austriaco per unirsi a quello italiano ed era caduto in comba.mento senza che il suo cor-po fosse ritrovato.

Il 26 o�obre 1921 nella Basilica di Aquileia Maria scel-se il corpo di un soldato tra undici altre salme di cadu-� non iden�ficabili, raccol� in diverse aree del fronte. La donna, posta di fronte alle bare allineate, dopo essere passata davan� alle prime, non riuscì a prose-guire nella ricognizione e, gridando il nome del figlio, si accasciò al suolo davan� a una bara, che venne scelta.

La bara prescelta fu collocata sull’affusto di un canno-ne e, accompagnata da reduci decora� al valore e più volte feri�, fu deposta in un carro ferroviario apposi-

tamente disegna-to.

Le altre dieci salme rimaste ad Aqui-leia furono tumu-late nel cimitero di

guerra che circonda il tempio romano.

Il viaggio si compì sulla linea Aquileia-Venezia-Bologna-Firenze-Roma a velocità modera�ssima in modo che presso ciascuna stazione la popolazione avesse modo di onorare il caduto simbolo. Furono mol� gli Italiani che a�esero, a volte anche per ore, il passaggio del convoglio al fine di poter rendere onore al caduto. Il treno infa. si fermò pra�camente in tu�e le stazioni.

La cerimonia ebbe il suo epilogo nella capitale. Tu�e le rappresentanze dei comba�en�, delle vedove e delle madri dei cadu�, con il re in testa e le bandiere di tu. i reggimen�, mossero incontro al Milite Ignoto che fu portato da un gruppo di decora� di Medaglia

d’Oro a Santa Maria degli Angeli.

La salma venne posta nel monumento il 4 novem-bre 1921. L’epigrafe ri-porta la scri�a Ignoto mili� e le date MCMXV e MCMXVIII, l’anno di ini-zio e l’anno della fine del confli�o.

Nel corso degli anni Tren-ta il feretro del Milite

Ignoto venne traslato nella cripta interna del Vi�oria-no, denominata Sacello del Milite Ignoto, dove tu�’o-ra si trova.

Par� della cripta e del sepolcro sono realizzate con materiali lapidei provenien� dalle montagne teatro degli scontri della prima guerra mondiale (tra cui il Grappa e il Carso).

*Il Monumento Nazionale a Vi�orio Emanuele II é meglio conosciuto con il nome di Vi�oriano. Per me-tonimia il monumento viene spesso chiamato Altare della Patria da quando esso accoglie il Milite Ignoto. Il termine Vi�oriano potrebbe indurre a pensare che sia un tributo alla vi�oria: in realtà deriva dal nome di Vi�orio Emanuele II di Savoia, primo re d’Italia cui il complesso monumentale è dedicato.

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Lo Spirito che dà vita alla Parola

C inquanta giorni dopo Pasqua, la discesa dello Spirito santo, raccontata dagli A. degli Apostoli con la mediazione dei simboli. La casa, prima di

tutto. Un gruppo di uomini e donne nella stanza al piano superiore (A. 1,13), dentro una casa, simbolo di interio-rità e di accoglienza; nella stanza al piano alto, da dove lo sguardo può spaziare più lontano e più in alto; in una ca-sa qualunque, affermazione della libertà dello Spirito, che non ha luoghi autorizza� o riserva�, e ogni casa è suo tempio.

Il vento, poi: all'improvviso un vento impetuoso riempì tu�a la casa (A. 2,2), che conduce pollini di prima-vera e disperde la polvere, che porta fecondità e smuove le cose immobili. Che non sai da dove viene e dove va, folate di dinamismo e di futuro. «Lo Spirito è il vento che fa nascere i cercatori d'oro» (Vannucci), che apre respiri e orizzon� e � fa pensare in grande. Mentre tu sei impegnato a tracciare i confini di casa tua, lui spalanca finestre, dilata lo sguardo. Ti fa comprendere che dove tu finisci inizia il mondo, che la fine dell'iso-la corrisponde all'inizio dell'oceano, che dove questa tua vita termina comincia la vita infinita. Tu confini con Dio. Poi il simbolo del fuoco. Lo Spirito �ene acceso qualcosa in noi anche nei giorni spen�, accende fiammelle d'amore, sorrisi, capacità di perdonare; e la cosa più semplice: la voglia da amare la vita, la voglia di vivere. Noi nasciamo accesi, i bambini sono accesi, poi i colpi duri della vita possono spegnerci. Ma noi possiamo a.ngere ad un fuoco che non viene mai meno, allo Spirito, accensione del cuore lungo la strada e sua giovi-nezza. Giorno di Pentecoste e ci domandiamo: come agisce lo Spirito santo, che cosa fa in noi e per noi? Dice l'an-gelo a Maria: Verrà lo Spirito e porterà dentro di te il Verbo (Luca 1,35). Dice Gesù ai discepoli: Verrà lo Spi-rito e vi riporterà al cuore tu�e le mie parole. Da duemila anni lo Spirito ripete incessantemente nei cris�ani

la stessa azione che ha compiuto in santa Maria: incarnare il Verbo, dare vita alla Parola. Lo fa ad esempio quando leggo il Vangelo: per anni mi accade che le parole scivolino via, come cose che so da sempre, senza presa sul cuore. Poi un giorno succe-de che una di queste parole al-l'improvviso si accende, mi pare di sen�rla per la prima volta, la pagina del Vangelo palpita, come una le�e-ra indirizzata a me, scri�a per me, contemporanea ai miei sogni, alle

mie pene, ai miei dubbi. È lo Spirito che mi ri-corda (le�eralmente: mi riporta al cuore) le parole di Gesù. Al cuore, non alla mente. Le fa germe vitale, non elaborato mentale: e � tocca quel Dio «sensibile al cuore» sognato da Pascal.

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ADESTE COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA

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26 maggio 1897 (117 anni fa)

Bram Stoker pubblica Bram Stoker pubblica Bram Stoker pubblica Bram Stoker pubblica

il romanzo il romanzo il romanzo il romanzo DraculaDraculaDraculaDracula: «Il volto aquilino; il naso sottile con una gobba pronunciata e narici stranamente arcuate; le folte sopracciglia, quasi si con-giungevano sul naso, e i ciuffi parevano arricciarsi tanto erano abbondanti. La boc-ca, per quel che si scorgeva sotto i folti baf-fi, era rigida e con un profilo quasi crudele. I denti bianchi e stranamente aguzzi, spor-gevano dalle labbra, il colore acceso rivela-va una vitalità stupefacente per un uomo dei suoi anni. Le orecchie erano pallide, appunti-te; il mento ampio e forte, le guance sode anche se scavate. Tutto il suo volto era soffuso d’un incredibile pallore». Una descrizione che non lascia dubbi sull'identità del personaggio e sulla sua na-tura sinistra, che per la prima volta acquisì dignità letteraria grazie a Bram Stoker, scrittore irlandese di fine Ottocento. In real-tà di "vampiri" se ne trovavano tracce già nelle culture delle antiche civiltà, come quella mesopotamica, ebraica e greca, sep-pur con nomi diversi e con sembianze di demoni e spiriti infernali. Il termine proprio, derivato dal serbo vampir (da cui l'inglese vampire, riportato dall'Oxford English Dictionary a partire dal 1734), comparve verso la fine del XVIII secolo, sulla scia di un riscoperto gusto dell'orrido da parte degli autori romantici, co-me Goethe e Lord Byron. La patria per eccellenza di queste creature venne individuata nell'Europa dell'Est, ricca di architetture gotiche e di leggende che alimen-tavano la superstizione del popolo. A quelle credenze cominciò a interessarsi l'ir-landese, che nella Londra "vittoriana" alternava all'at-tività di giornalista quella di scrittore. A parlargli di quelle terre e in particolare della Tran-silvania fu il professore ungherese Ar-minius Vambéry, che gli raccontò la storia del principe Vlad III di Valac-chia (regione a sud della Transilvania), noto con l'appellativo di "Draculea" (tradotto come "figlio del dragone", con riferimento al padre Vlad II, membro dell'Ordine del Dra-gone). Passato alla storia per i suoi sadi-ci metodi di tortura, il principe finì col prendere delle connotazioni immagina-rie nella tradizione locale, alimentate dal doppio significato della parola ru-mena drac (traducibile anche come "demonio"), e con l'essere identificato nel "figlio del demonio". Stoker guardò a quella figura, arricchendola di ele-

menti ripresi da altre mitologie, in particolare quelle balcanica e nordica. Ne nacque un perso-naggio, il Conte Dracula, le cui or igini abbracciavano una serie di etnie, dai Celti agli Unni, temute per secoli dai popoli del Mediterraneo. Altra fonte d'ispirazione la trovò in articoli di giornali su un fatto di crona-ca realmente accaduto nel 1892, nella cit-tadina di Exter (New England). La morte di una ragazza 19enne scatenò la fervida immaginazione dei suoi concittadini, sia per gli strani sintomi, pallore e inappeten-za, sia per il fatto che a poca distanza mo-rirono allo stesso modo madre, sorella e

fratello. Per la gente era un chiaro caso di vampiri-smo, per la medicina non poteva che trattarsi di tuber-colosi. Lo scrittore costruì il romanzo come una raccol-ta di pagine di diario scritte dai protagonisti della vi-cenda. Dal giovane avvocato inglese Jonathan Har-ker, che si reca in Transilvania per definire l'acquisto di una casa londinese da parte del Conte Dracula, alla sua fidanzata Mina Murray, oggetto del desiderio del vampiro che in lei rivede la moglie morta, fino al pro-fessore olandese Abraham Van Helsing, scienziato e filosofo che crede nell'esistenza del soprannaturale.

Fatto circolare tra gli ami-ci tra il 1890 e il 1893 e succes-sivamente modificato, il libro venne messo in vendita a Lon-dra, il 26 maggio del 1897. Adattata per il teatro dallo stes-so autore, l'opera ispirò negli anni numerosi adattamenti cine-matografici, partendo dal film mutoNosferatu il vampi-ro (1922), capolavoro del cine-ma espressionista firmato dal tedesco Friedrich Wilhelm Murnau, fino ai più recen-ti Dracula di Bram Stoker (tre premi Oscar nel 1993) e Van Helsing (2004), diretti rispetti-vamente da Francis Ford Cop-pola e Stephen Sommers.

ROMANIA 2004 : Emissione Filatelica

BRAM STOKER e DRACULA

Castello BRAN, conosciuto

VLAD III

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I

INTRODUZIONE C- Nel nome del Padre, e del Fi-glio e dello Spirito Santo

C- La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi.

ATTO PENITENZIALE C- Fratelli, per celebrare de-gnamente i santi misteri ricono-sciamo i nostri peccati. Breve pausa di riflessione

Signore, che ci doni il tuo Spirito per la remissione dei peccati, ab-bi pietà di noi. Signore, pietà. Cristo, che tutto sostieni con la potenza della tua Parola, abbi pie-tà di noi. Cristo, pietà. Signore, che doni lo Spirito di santità, abbi pietà di noi. Signore, pietà. C- Dio Onnipotente abbia mi-sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eter-na. T- Amen

GLOR IA Gloria a Dio nell’alto dei cieli. E pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo gra-zie per la tua gloria immensa, Signore Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore, Fi-glio unigenito, Gesù Cristo, Si-gnore Dio, Agnello di Dio, Fi-glio del Padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la nostra sup-plica; tu che siedi alla destra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l'Altissimo, Ge-sù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C- O Padre, che nel mistero della Pentecoste santifichi la tua Chiesa in ogni popolo e nazione, diffondi sino ai confini della terra i doni dello Spirito Santo e continua oggi, nella comunità dei credenti, i prodigi che hai operato agli inizi

della predicazione del Vangelo. Per il nostro Signore Gesù Cri-sto... T- Amen

LITURGIA DELLA PAROLA (

P���� L������ Dagli atti degli apostoli.

Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste, si trovavano tutti insieme nello stesso luogo. Venne all’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impe-tuoso, e riempì tutta la casa dove sta-vano. Apparvero loro lingue come di fuoco, che si dividevano, e si po-sarono su ciascuno di loro, e tutti fu-rono colmati di Spirito Santo e co-minciarono a parlare in altre lingue, nel modo in cui lo Spirito dava loro il potere di esprimersi. Abitavano allora a Gerusalemme Giudei osservanti, di ogni nazione che è sotto il cielo. A quel rumore, la folla si radunò e rimase turbata, per-ché ciascuno li udiva parlare nella propria lingua. Erano stupiti e, fuori di sé per la meraviglia, dicevano: «Tutti costoro che parlano non sono forse Galilei? E come mai ciascuno di noi sente parlare nella propria lingua nativa? Siamo Parti, Medi, Ela-mìti; abitanti della Mesopotamia, della Giudea e della Cappadòcia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfìlia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, Romani qui residenti, Giudei e proséliti, Cre-tesi e Arabi, e li udiamo parlare nel-le nostre lingue delle grandi opere di Dio». Parola di Dio. T- Rendiamo grazie a Dio

SALMO RESPONSORIALE R. Manda il tuo Spirito, Si-gnore, a rinnovare la terra. Benedici il Signore, anima mia! Sei tanto grande, Signore, mio Dio! Quante sono le tue ope-re, Signore! Le hai fatte tutte con saggezza; la terra è piena delle tue creature. R/. Togli loro il respiro: muoio-no, e ritornano nella loro polvere. Mandi il tuo spirito, sono creati, e rinnovi la faccia della terra. R/. Sia per sempre la gloria del Signore; gioisca il Signore delle sue opere. A lui sia gradito il mio canto, io gioirò nel Signore. R/.

S������ L������ Dalla Lettera di S.Paolo ai Galati

Fratelli, camminate secondo lo Spirito e non sarete portati a sod-disfare il desiderio della carne. La carne infatti ha desideri contrari allo Spirito e lo Spirito ha desideri contrari alla carne; queste cose si

oppongono a vicenda, sicché voi non fate quello che vorreste. Ma se vi lasciate guidare dallo Spiri-to, non siete sotto la Legge. Del resto sono ben note le opere della carne: fornicazione, impurità, dis-solutezza, idolatria, stregonerie, inimicizie, discordia, gelosia, dis-sensi, divisioni, fazioni, invidie, ubriachezze, orge e cose del ge-nere. Riguardo a queste cose vi preavviso, come già ho detto: chi le compie non erediterà il regno di Dio. Il frutto dello Spirito inve-ce è amore, gioia, pace, magnani-mità, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé; contro queste cose non c’è Legge. Quelli che sono di Cristo Gesù hanno crocifisso la carne con le sue pas-sioni e i suoi desideri. Perciò se viviamo dello Spirito, camminia-mo anche secondo lo Spirito. Parola di Dio. T- Rendiamo grazie a Dio.

SEQUENZA Vieni, Santo Spirito, manda a noi dal cielo un raggio della tua lu-ce. Vieni, padre dei poveri, vieni, datore dei doni, vieni, luce dei cuo-ri. Consolatore perfetto, ospite dolce dell'anima, dolcissimo sollie-vo. Nella fatica, riposo, nella calu-ra, riparo, nel pianto, conforto. O luce beatissima, invadi nell'intimo il cuore dei tuoi fedeli. Senza la tua forza, nulla è nell'uomo, nulla senza colpa. Lava ciò che è sórdido, bagna ciò che è árido, sana ciò che sángui-na. Piega ciò che è rigido, scalda ciò che è gelido, drizza ciò che è sviato. Dona ai tuoi fedeli, che solo in te confidano i tuoi santi doni. Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna.

CANTO AL VANGELO Alleluia,Alleluia,Alleluia Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuo-co del tuo amore. Alleluia,Alleluia,Alleluia C- Il Signore sia con voi T- E con il tuo Spirito!

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Quando verrà il Paràclito, che io vi manderò dal Padre, lo Spirito della

Letture: At 2,1-11 Sal 103 Gal

5,16-25 Gv 15,26-27; 16,12-15

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verità che procede dal Padre, egli darà testimonianza di me; e anche voi date testimonianza, perché siete con me fin dal principio. Molte cose ho ancora da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso. Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità, perché non parlerà da se stesso, ma dirà tutto ciò che avrà udi-to e vi annuncerà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà da quel che è mio e ve lo annuncerà. Tutto quello che il Padre possiede è mio; per questo ho detto che pren-derà da quel che è mio e ve lo an-nuncerà». Parola del Signore.

OMELIA (seduti) CREDO in un solo Dio, Padre on-nipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose visibili e invisibili. Credo in un solo Si-gnore, Gesù Cristo, unigenito Figlio di Dio, nato dal Padre pri-ma di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non creato, della stessa sostanza del Padre; per mezzo di lui tutte le cose sono state create. Per noi uomini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sot-to Ponzio Pilato, morì e fu sepol-to. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scritture, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudicare i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spirito Santo, che è Signo-re e dà la vita, e procede dal Pa-dre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha parlato per mezzo dei profeti. Credo la Chiesa, una santa cat-tolica e apostolica. Professo un solo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C- Apriamo il nostro cuore ad accogliere il dono dello Spirito, che suscita in noi la preghiera e ci spinge ad essere attenti alle ne-cessità e alle sofferenze di tutti gli uomini del mondo. Preghiamo insieme e diciamo: Vieni, Spirito Santo. 1. Spirito Santo, fuoco, luce, calore, vieni in noi con forza e po-tenza, per diffondere a tutti i po-poli il messaggio di salvezza di Gesù. R/ 2. Spirito del Padre, che ci

rivesti del suo splendore, rendici capaci di amare anche i nemici, per donare a tutti i segni della sua bontà. R/ 3. Spirito del Figlio, che in Gesù ti sei manifestato pienamen-te, rendi anche noi obbedienti al Padre e sottomessi gli uni gli al-tri. R/ 4. Spirito di verità, che ci sveli i segreti dell'amore divino, plasma il mondo, perché impari a lasciarsi guidare docilmente dalla tua voce e si orienti verso autenti-che scelte di bene. R/ 5. Spirito Consolatore, tu che unisci i fedeli in un solo cor-po, donaci unità perfetta e conti-nua, perché siamo in Cristo un corpo solo e un'anima sola. R/ 6. Spirito d'amore, luce be-nevola del Padre, guida chi soffre ad abbandonarsi con fiducia alla tua azione consolatrice, per trova-re in te conforto e speranza. R/ 7. Spirito, dono del Cristo, anima della Chiesa, dona ai tuoi fedeli i tuoi santi doni, la forza della fede, la gioia dell'amore, il coraggio della speranza. R/ C- Esaudisci, o Signore, le no-stre preghiere e, per la potenza del tuo Santo Spirito, trasforma i nostri desideri nel compimento della tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. T- Amen

C- Pregate, fratelli e sorelle, per-ché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci disponiamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Pa-dre onnipotente. T- Il Signore riceva dalle tue ma-ni questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

C- Accogli, Signore, l'offerta del nostro sacrificio, perché, rinnovati nello spirito, possiamo rispondere sempre meglio all'opera della tua redenzione. Per Cristo nostro Signo-re. T- Amen

PREGHIERA EUCARISTICA C- Il Signore sia con voi. T- E con il tuo spirito. C- In alto i nostri cuori. T- Sono rivolti al Signore. C-Rendiamo grazie al Signore nostro Dio. T- È’ cosa buona e giusta. C- È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, proclamare sempre la

tua gloria, o Signore, e soprattutto esaltarti in questo tempo nel qua-le Cristo, nostra Pasqua, si è im-molato. Egli continua a offrirsi per noi e intercede come nostro avvo-cato: sacrificato sulla croce più non muore, e con i segni della passione vive immortale. Per que-sto mistero, nella pienezza della gioia pasquale, l'umanità esulta su tutta la terra, e con l'assemblea degli angeli e dei santi canta l'in-no della tua gloria: T- Santo, Santo, Santo il Si-gnore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua gloria. Osanna nell'alto dei cie-li. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli. DOPO LA CONSACRAZIONE C- Mistero della fede T- Annunciamo la tua morte, Si-gnore, proclamiamo la tua risurre-zione nell’attesa della tua venuta. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C - Per Cristo, con Cristo e in Cristo, a te Dio, Padre onnipotente, nell’uni-tà dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. T- Amen T- P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, venga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimet-tiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen. C- Liberaci, o Signore, da tutti i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua misericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni turbamento, nell'attesa che si compia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. T- Tuo è il regno, tua la potenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C- Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chie-sa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli T- Amen C - La pace del Signore sia sempre con voi.

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B�������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Poli-meni, Tel:0770953530

mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��/: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 9,30, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* C9�:: Chiesa romano-cattolica dei Pia-risti. Strada Universitatii nr. 5, conosciu-ta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* A9<� I�9/�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* T/>/�?���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

Nati in questo giorno: 29 maggio 1917

John Fitzgerald Kennedy ascita: martedì 29 maggio 1917 (97 anni fa) morte: venerdì 22 novembre 1963 (51 anni fa) John Fitzgerald Kennedy: Trentacinquesimo presidente degli

Stati Uniti e il primo di religione cattolica, fu un assoluto pro-

tagonista del Novecento. La sua parabola politica, conclusa

dal tragico assassinio di Dallas (22 novembre del 1963), segnò

un'epoca cruciale della storia americana e non solo.

Nato a Brookline, nello stato del Massachusetts, durante

la Seconda Guerra Mondiale John Kennedy partecipò a diver-

se missioni nel Pacifico e conseguì il grado di tenente di va-

scello. Pluridecorato per le sue coraggiose azioni di guerra, si

diede alla politica seguendo le orme del fratello Joseph Jr,

rimasto ucciso durante il conflitto.

Eletto senatore nel 1952 per il Partito Democratico, alla fine del mandato si candidò per la Casa

Bianca, dove entrò nel gennaio del 1961. Sotto la sua presidenza si verificarono eventi capitali della storia

mondiale: la crisi dei missili di Cuba (fase più critica della guerra fredda tra USA e URSS), la costruzione

del Muro di Berlino, la conquista dello spazio, gli antefatti della

Guerra del Vietnam e l'affermarsi del movimento per i diritti civili

degli afroamericani.

Nella vita privata, John

Fitzgerald Kennedy spo-

sò Jaqueline Bouvier, da

cui ebbe quattro figli.

I SANTI DELLA

SETTIMANA

DOM.24DOM.24DOM.24DOM.24 PENTECOSTEPENTECOSTEPENTECOSTEPENTECOSTE

LUN. 25LUN. 25LUN. 25LUN. 25 S.Maria Maddalena de PazziS.Maria Maddalena de PazziS.Maria Maddalena de PazziS.Maria Maddalena de Pazzi

MART.26MART.26MART.26MART.26 S. Filippo NeriS. Filippo NeriS. Filippo NeriS. Filippo Neri

MERC.27MERC.27MERC.27MERC.27 S.Agostino di CanerburyS.Agostino di CanerburyS.Agostino di CanerburyS.Agostino di Canerbury

GIOV.28GIOV.28GIOV.28GIOV.28 S.Germano di ParigiS.Germano di ParigiS.Germano di ParigiS.Germano di Parigi

VEN.29 VEN.29 VEN.29 VEN.29 S. Sisinio,Martirio,AlessandroS. Sisinio,Martirio,AlessandroS. Sisinio,Martirio,AlessandroS. Sisinio,Martirio,Alessandro

SAB. 30SAB. 30SAB. 30SAB. 30 S. Giovanna D’ArcoS. Giovanna D’ArcoS. Giovanna D’ArcoS. Giovanna D’Arco