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SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA PER LA COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA In sinergia con In sinergia con In sinergia con In sinergia con Fondazione. Migrantes Fondazione. Migrantes Fondazione. Migrantes Fondazione. Migrantes (Mt. 25,35-36)

Adeste27 domenica 05 luglio 2015c

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SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE SETTIMANALE DI PASTORALE E INFORMAZIONE

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Da sempre parrocchie e associazioni aiutano gli emarginati. Ora Francesco ha aperto ai senza-tetto le porte della Sistina. Una giornata nei luo-ghi dove arrivano le «ronde della carità» ANDREA TORNIELLI (VATICANINSIDER 5 APRILE 2015)

C ittà del Vaticano, ore 20.10, a pochi metri dalla Porta di Sant'Anna. Un furgone Du-

cato Fiat di colore grigio con il bagagliaio zeppo di cibo in scatola, latte, succhi, cassette di frutta, kit con spazzolino e dentifricio. Un piccolo grup-po di persone prima di salirvi recita il Padre No-stro. Ci sono due vescovi - uno eletto ma non ancora consacrato - insieme a delle suore e a cinque guardie svizzere fuori servizio, in jeans e giubbotto. Sta per iniziare l'ultimo atto di una giornata che abbiamo trascorso nella Roma più nascosta, quella degli «invisibili»: i senzatetto che vivono per la strada. Poveri che la Chiesa, le parrocchie e le associazioni della città, come per esempio la comunità di Sant'Egidio, hanno sem-pre aiutato e continuano ad aiutare in tanti modi. Ma che ora sono diventati il centro dell'attenzio-ne: iniziative che si moltiplicano, il contagio della carità. Francesco non soltanto ha aperto per loro un servizio doccia sotto il colonnato, da dove ini-zia il nostro viag-gio, ma li ha anche coinvolti nella di-stribuzione dei piccoli vangeli o dei libretti di pre-ghiere regalati ai pellegrini dopo l'Angelus. E li ha voluti invitare a visitare la Cappel-la Sistina, accogliendoli personalmente e dicendo loro: «Questa è casa vostra!». Le docce sotto il colonnato Ore 12.10, colonnato di destra guardando la basi-lica. La giornata è tersa, luminosa, con la Settima-na Santa già iniziata i turisti che affollano San Pietro e dintorni sono tantissimi, pur in assenza di cerimonie. In un angolo neanche troppo discreto si avvicinano altri pellegrini. Hanno zaini, capelli lunghi, abiti sdruciti. Trovano posto sulle sedie di plastica e panchine in ferro battuto in quella che è diventata un'improvvisata sala d'aspetto. Attendo-no il loro turno per usare le tre docce messe a di-sposizione da Francesco, costruite ad hoc ristrut-turando i bagni per chi visita la basilica. Ogni giorno i senzatetto che vengono a lavarsi qui sono un'ottantina. Il doppio di quanto aveva previsto il vescovo Konrad Krajewski, Elemosiniere del Pa-pa, che ha organizzato il servizio dei volontari. Il martedì è il turno dell'Unitalsi. Niente nomi, nien-

te foto per que-sti uomini e queste donne. C'è chi accoglie l'ospite per con-segnargli un telo da bagno usa e getta, biancheria puli-ta dell'adeguata misura, una piccola confezione di bagnoschiuma e shampoo, un ra-soio usa e getta. E alla fine del per-corso, prima dell'uscita, offre una merendina. C'è chi pulisce ogni doccia appena questa è stata usata. Non sono bagni di lusso, ma mo-derni e dignitosissimi. Sul fondo si scorge una piccola sala da barbiere. Un uomo in maglione grigio, con gli occhiali color rosso scuro e la bar-ba incolta, ha appena servito un giovane dalle braccia tatuate con l'orecchino. È uno dei barbieri che garantiscono quotidianamente una quarantina di tagli, barba capelli. Anche lui chiede l'anoni-mato. «Sono entrato a lavorare nella barberia di mio padre quando avevo dieci anni. E per trent'anni ho fatto il barbiere al Senato. Ho taglia-to i capelli a qualche padre della Patria, ai politici della prima e della seconda Repubblica, ora fac-cio lo stesso con i senzatetto a San Pietro. Non sempre fanno prima la doccia prima di accomo-darsi qui... E io cerco di accontentarli, perché hanno le loro richieste anche per quanto riguarda lo stile del taglio». Il pettine di Gangaweera Arrivano altre persone, uomini e donne. Ci sono italiani ormai habitué. Ci sono romeni. Una ra-

gazza con un cappello di lana grigia e lo sguardo triste un po' perso nel vuoto è seduta accanto a suo padre, un giovane spagnolo con la barba e i capelli lunghi e chiari. Dallo zaino spunta una chitarra. Si chiama Roberto Carlos, «sono un

compositore cri-stiano», dice. «Ho 34 anni, vengo da Malaga e vivo suonando nel par-cheggio del Giani-colo, ma la vita è dura, ci sono ban-de di borseggiato-ri, ricevo minac-ce...». Carlos e la figlia abitano in una casa abbando-

nata e diroccata alla periferia di Roma. La doccia a San Pietro è diventata un appuntamento fisso.

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«Ma l'acqua dovrebbe essere più calda», sottoli-nea. In un angolo, con il cappellino in testa, c'è un orientale, anche lui in attesa del turno. Si chiama Gangaweera Virkam, 60 anni, originario di Singa-pore. Nella vita passata era un manager che si oc-cupava di import-export, sposato a una donna ita-liana dalla quale ha avuto una figlia. «Quattro an-ni fa mi hanno buttato fuori di casa. Ho perso tut-to. Vivo sotto il ponte dell'Auditorium, mangio grazie agli avanzi di cucina di un ristorante e a volte vado a cercare qualcosa nei bidoni dei mer-cati. Grazie a Papa Francesco vengo a fare la doc-cia qui». Gli chiediamo se ha usufruito del servi-zio di barberia. Gangaweera sorride, si toglie il cappello e mostra la sua calvizie: «Pensi che per Pasqua un sacerdote mi ha regalato un pettine, ma a che mi serve?». Le ronde della carità Ore 20.45, via Marsala, stazione Termini. Il fur-gone grigio proveniente dal Vaticano arriva quasi in contemporanea a un altro, di colore bianco. Sul marciapiede esterno della stazione, tra il via vai dei passeggeri e il caos delle auto e dei taxi, centi-naia di senzatetto hanno già formato una lunga e composta fila. Qui ogni martedì sera s'incrociano gli aiuti della carità del Papa con quelli che l'asso-ciazione ABC (Assistenza, Beneficenza, Carità) un gruppo nato dalla delegazione romana dell'Or-dine dei Cavalieri di Malta. In pochi minuti si montano dei tavoli di plastica, vengono scaricati contenitori con cibi caldi. Le donne hanno la pre-cedenza, sfilano per prime e per prime vengono servite. Ga-lateo homeless. Ognuno riceve una porzione di pasta-sciutta e un trancio di pizza. Poi ci sono bicchieri di carta con all'interno una por-zione di dolce fresco di pasticceria, quindi una scatoletta di ton-no, un uovo, mezzo litro di latte. Infine un bicchiere d'acqua o di succo di frutta. I pasti disponibili questa sera sono 290, raccolti grazie a forni, pasticcerie, donazioni, ignoti benefattori. E il giovedì sera la stessa scena si ripete alla stazio-ne Tiburtina. Davanti ai volontari, preti, vescovi, guardie svizzere ma anche esponenti della nobiltà romana che chiedono rigorosamente l'anonimato,

sfilano donne giovani incontrando le quali mai crederesti che vivano per strada, anziani che chie-dono doppia razione, tanti giovani africani, un vecchio eritreo con le stampelle in piedi per mira-colo. Più di qualcuno fa un secondo e un terzo gi-ro, e chi distribuisce fa finta di niente. Molti sono diventati ormai amici di vecchia data dei volonta-ri, dell'Elemosiniere del Papa, del nobile che coor-dina la squadra e passa con il cartone di succo per offrire un rabbocco a quanti consumano il loro pasto seduti a terra. Sulla porta della Sistina Alcuni dei senzatetto che cenano a Termini grazie a queste ronde della carità erano presenti giovedì 26 marzo nei Musei Vaticani, per la visita guidata. «Me lo aspettavo che Francesco venisse, - confida Pino, maglione blu e cappello di lana in testa, uno dei 150 clochard che hanno potuto ammirare gli affreschi michelangioleschi nella Cappella dove si svolge il conclave - anzi, ne ero certo. Il Papa non è arrivato quando noi eravamo già nella Sistina. È arrivato prima, ci stava già aspettando, ci ha ac-colto e salutato uno a uno. Ci ha detto che quella era casa nostra». Non c'erano fotografi ufficiali, ma Francesco ha voluto che senzatetto e accompa-gnatori scattassero tutte le foto che volevano con i loro telefonini. Uno degli ospiti, emozionato, «ha dato il suo telefonino al Papa per farsi fotografare da lui invece che con lui. Francesco non sapeva bene come usarlo. Ha detto: "Io non so come si fa"». Claudio, barba lunga e borsone sulle spalle,

un'altra vecchia cono-scenza delle ronde della carità, sul marciapiede di Termini chiede ai vo-lontari uno dei piccoli Vangeli che Bergoglio fa distribuire ai pellegri-ni: «Sono innamorato del Papa!». In pochi mi-nuti, tutto viene smonta-to, grandi sacchi della spazzatura raccolgono i rifiuti, i clochard si al-lontanano dopo lo scambio degli auguri di

Pasqua. Per chi ha portato il cibo, c'è una breve preghiera finale e la benedizione data a nome del Papa, prima di risa-lire sui furgoni e lasciare la stazione con la consapevolezza di aver rice-vuto molto di più di quello che si è distribuito.

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C on l'odore dell'umidità cucito addosso: la mise-ria della strada. Con lo

sfarzo di Raffaello e la magni-ficenza di Michelangelo: la no-biltà dei Musei Vaticani. Mise-ria e nobiltà, miseria e miseri-cordia: il misero e la bellezza. Loro sono gli unici a poterlo dire senza passare per arrogan-ti: “Sono amico di France-sco”. Dove la semplicità di quel nome, venuto incalzante dalle colline di Assisi, racchiu-de la storia di un Papa umile e mansueto, scarno e scalzo. Lui è il Papa e loro sono i clochard, il popolo senzatetto della not-te: uomini e donne che si riscaldano a diversi fuochi e hanno scelto le stelle come cartina delle loro peregrinazioni; forse anche dei loro pellegrinaggi. Questi amici Francesco li vuole puliti e in ordine: le docce sotto il colonnato del Bernini raccontano il gusto del bello e dell'ordine, ch'è patrimonio di chi nasce con la camicia e di chi nasce con i cenci addosso. Quei sacchi a pelo regalati sotto Natale e quel-le cinquanta euro por tate a nome del papa da don Corrado – il suo “braccio operativo” per le strade della miseria – testimoniano il fa-scino della dignità di chi, seppur povero, per un giorno potrà concedersi il lusso di non fare il questuante. Eppoi – ultimo atto di questo magistero fatto di gesti più che di parole – quelle porte spalancate dei Musei Vaticani. Centocinquanta senzatetto dentro lo splendore delle pitture e la sontuosità delle sale affresca-te: solo loro, nessun altro. Tutta quella bellez-za a loro disposizione, da spartirsi solo tra si-mili. Quasi un tramonto da gustarsi sotto il cielo della Sistina, ad as-saggiare con gli occhi quella misericordia che Francesco, come un poeta, va narrando. «La pittura è poesia silenziosa, la pittu-ra è poesia che parla» scrisse il poeta greco Si-monide. Francesco è l'una e l'altra: con poesia e pit-tura, di misericordia in imbarazzo, tra sorpresa e godimento. Il Dio di Francesco è bello da vedersi, buono da gustar-si. Il Papa conosce la strada, è uomo che ha per-

corso le strade slabbrate dell'e-marginazione. Lui i poveri li vuole toccare, non sentirseli raccontare: li vuole abbracciare fisicamen-te e non solo col pensiero. Li vuole accanto, non solo sim-bolicamente. Lui ha bisogno di loro - “Pregate per me” è stato l'unico prezzo del bi-glietto che ha chiesto a quei senzatetto – e loro hanno bi-sogno di lui: “Io la sera m'ad-dormento sotto un albero, quasi sotto la finestra del Pa-

pa” ha raccontato felice uno di loro. Ambedue lo sanno: non esiste la bruttezza, esiste la man-canza di bellezza. Non esiste l'inferno, esisto-no spazi in cui manca l'amore. Non esiste la malattia: ci sono attimi di tempo nei quali la salute vacilla. Non esiste nemmeno il buio: è che, una volta al giorno, la luce scompare. Non esiste la solitudine: esistono solamente uomini e donne che si dimenticano dei loro fratelli. Che, indaffarati a cercare Dio con l'in-telletto, han perduto il desiderio d'andargli in-contro laddove Lui ha scelto di nascondersi. Di abitare. Di sera, ultimamente, la zona del Vaticano è uno spettacolo a cielo aperto. Tutt'intorno il colonnato del Bernini giacciono, dentro len-zuola di cartone e cuscini di fortuna, gli “amici” di Francesco. Per loro lui è l'amico, per Lui loro sono degli ostensori: in essi scor-ge racchiusa la dolcezza del volto di Dio. Quando Roma s'addormenta, su Francesco ve-gliano loro, quasi come in un grandissimo ab-braccio: che nessuno lo tocchi quel Papa al quale, commossi, aggiungono sovente l'accen-

to. Non è una sgrammatica-tura, nemmeno irriverenza: è che loro in quel Papa ve-dono un papà. Lui, per loro, ha deciso di vivere ai confi-ni del Vaticano, sul limitare delle mura. Vicino a loro il più possibile. Poi un giorno li ha fatti entrare nella Cap-pella Sistina: là è pennellata la storia della Salvezza. L'u-

nica storia dove i poveri hanno di diritto i pri-mi posti: ecco perchè loro sono entrati senza biglietto. E nessuno ha potuto fermarli. (da Il Mattino di Padova, 29 marzo 2015)

I CLOCHARD DI PAPA FRANCESCO

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La vita ordinaria la liturgia di Dio A Nazaret va in scena il conflitto perenne tra quotidiano e profezia. All'inizio parole e prodigi di Gesù stupiscono, immettono un «di più» dentro la normalità della vita. Poi l'ordinario instaura di nuovo la sua dittatura. Che un profeta sia un uomo straordinario, cari-smatico, ce lo aspettiamo. Ma che la profezia sia nel quotidiano, in uno che non ha cultura e titoli, le mani segnate dalla fatica, nel profeta della porta accanto, questo ci pare impossibile. A Nazaret pensano: «Il figlio di Dio non può ve-

nire in questo modo, con mani da carpentiere, con i problemi di tutti, non c'è nulla di su-blime, nulla di divino. Se sceglie questi mezzi poveri non è Dio». Ma lo Spirito scende pro-prio nel quotidiano, fa delle case un tempio, entra dove la vita celebra la sua mite e solen-ne liturgia. Noi cerchiamo Dio, il pastore di costellazioni, nell'infinito dei cieli, quando in-vece è inginocchiato a terra con le mani nel catino per lavarci i piedi. Ed era per loro motivo di scandalo. Che cosa li scandalizza? Scandalizza l'umanità, la pros-simità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro l'ordinarietà della vita. Gesù cresce nella bottega di un artigiano, le sue mani diventano forti a forza di stringere manici, il suo naso fiuta le colle, la resina, il sudore di chi lavora, sa riconoscere il legno al profumo e al tatto. Una intuizione luminosa di Heidewick di Anversa: «Ho capito che questa è la compiuta fierezza dell'amore: non si può amare la divinità di Cristo senza amare prima la sua uma-nità». Riscoprire ogni frammento, ogni fremito di umanità nel Vangelo, cercare tutte le molecole di umanità di Gesù: il suo rapporto con i bambini, con gli amici, con le donne, con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino. Il suo modo di avere paura, il suo modo di avere coraggio e come piangeva e come gridava, e la sua carne bambina e poi la sua carne piagata, e poi il suo amore per il profumo di nardo a Betania, la casa degli amici. Amare l'umanità di Gesù, perché il Vangelo rivela proprio questo: che il divino è rivelato dall'umano, che Dio ha il volto di un uomo. Gesù al rifiuto dei compaesani mostra il suo can-dore, il suo bellissimo cuore fanciullo: «Non vi po-té operare nessun prodigio» scrive Marco, ma su-bito si corregge: «Solo impose le mani a pochi ma-lati e li guarì». Il Dio rifiutato si fa ancora guarigio-ne, anche di pochi, anche di uno solo. L'amante respinto continua ad amare anche pochi, anche uno solo. L'amore non è stanco: è solo stupito. Il nostro Dio non nutre rancori o stanchezze, ma la gioia impenitente di inviare sempre e solo segnali di vita attorno a sé.

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ADESTE COMUNITA’ ITALIANA IN ROMANIA

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Benedetto è nato a Norcia, in Umbria, nel 480, da famiglia nobile. Fu mandato a Roma per gli studi, e, particolare importante, in compagnia della fedele nu-trice. Insomma i genitori non volevano che, nella grande città, il loro rampollo si arricchisse intellettual-mente e si perdesse moralmente (pericolo sempre pre-sente). Al ragazzo, già sveglio e riflessivo, lo spetta-colo romano, fatto di continue lotte degli abitanti con-tro il re Teodorico, di intrighi e invidie del mondo ec-clesiastico non piacque per niente. Prima decisione: via da Roma, sempre con la nutrice, verso Subiaco. Ma non per molto tempo. Un giorno all'insaputa di lei (si sentiva già maturo per stare da solo?) si ritirò in una grotta, in mezzo ai boschi. Come Cristo prima della missione si preparò con l'e-sperienza del deserto, così Benedetto. Furono tre anni di solitudine, riempita di preghiera, di meditazione, di peniten-za volontaria (e involontaria, perché la grotta non era proprio a cinque stelle!). Un'esperienza non facile anche per le immancabili "visite"del diavolo. Ci fu anche un gruppo di (pseudo) mo-naci che lo vollero per guida spirituale. La loro vera intenzione era però di darsi una patina di legalità davanti all'autori-tà. Ma quando Benedetto cominciò a parlare di disciplina, penitenza ecc. que-sti, come risposta poco evangelica, ten-tarono di avvelenarlo. E lui fuggì di corsa tornando a Subiaco. Qui trovò altri giovani volenterosi di diventare "veri" monaci, e camminare verso la santità. Si mise al loro servizio, organizzandoli e gui-dandoli spiritualmente. Superati altri ostacoli, final-mente arrivò a Monte Cassino. Correva l'anno 529.

Padre del monachesimo occidentale

Qui fondò l'abbazia che diventerà la madre di tutte le abbazie in Europa, che avranno in lui il punto di riferi-mento carismatico. Il capolavoro di Benedetto però rimane la Regola, per molti aspetti originale, anche se debitrice di apporti provenienti da Basilio, Agostino, Cassiano e dall'auto-re italiano (sconosciuto) della "Regula Magistri". Egli ha delineato un nuovo modo di essere monaci, basato su tre pilastri su cui poggerà la vita delle abbazie. Pri-mo: la "stabilità del luogo". Benedetto cioè mise al bando i "monaci vaganti" che spesso erano poco mo-naci e molto vaganti (vagabondi). Chi entrava in mo-nastero, secondo lui, doveva avere intenzione di viver-ci stabilmente. Il cenobio diventava la sua famiglia per sempre, nella "buona e…nella cattiva sorte". Secondo: il tempo del monaco, fortemente strutturato

da un orario, egli lo rivaluta come dono di Dio da non perdere: viene quindi organizzato, con scadenze per la preghiera, il lavoro manuale, la lettura della Bibbia e il riposo.

Infine il principio uguaglianza. Tutti i monaci uguali, nei diritti e nei doveri. Una vera rivoluzione insomma. "Qui si comincia a rinnovare il mondo: qui diventano uguali e fratelli "latini" e "barbari", ex pagani ed ex ariani, antichi schiavi ed ex padroni di schiavi. Ora tutti sono una cosa sola, stessa legge, stessi diritti, stesso rispetto. Qui finisce l'antichità, proprio per ma-no di Benedetto. Il suo monachesimo non fugge il mondo. Serve Dio ed il mondo, nella preghiera e nel lavoro" (D. Agasso).

L'abate sarà discreto, rispettoso e dolce con tutti

Con Benedetto finiva il concetto di monachesimo-rifugio e incominciava quello di mona-chesimo-azione: cioè si doveva vivere per Dio nella contemplazione e nell'a-zione: "Ora, lege et labora". Un altro elemento qualifica il suo mo-nachesimo: il principio di autorità, rap-presentato dall'abate. Ci deve essere, perché il monastero e i monaci non possono vivere in anarchia, anche se santa. Questa autorità però deve essere condita di fraternità e dolcezza, virtù che renderanno l'obbedienza più legge-ra. La qualità che dovrà distinguerlo sarà la discrezione: non voler subito farli santi o eroi. Morto Benedetto, il "suo" monachesi-mo andò avanti. La Regola sarà espor-tata dall'Italia in tutta Europa. Era così

geniale infatti che si adattava a tutti. Furono inoltre numerosi i nuovi ordini religiosi, maschili e femmini-li, che si ispirarono ad essa. E così le sue intuizioni poterono plasmare migliaia di monaci e monache, il cui influsso, culturale e spirituale, sul popolo e sul cle-ro fu enorme. Per questo è stato proclamato Patrono d'Europa.

TUTTI I SANTI PATRONI D’EUROPATUTTI I SANTI PATRONI D’EUROPATUTTI I SANTI PATRONI D’EUROPATUTTI I SANTI PATRONI D’EUROPA ⇒ San Benedetto ⇒ Santi Cirillo e Metodio ⇒ Santa Brigida di Svezia ⇒ Santa Caterina da Siena ⇒ Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein)

11 LUGLIO SAN BENEDETTO ABATE

PATRONO D’EUROPA

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E dopo essere arrivati nel la

“ terra promessa” qual i erano le condi -z ioni di vi ta nel paese s traniero:

L e condizioni di vita degli emigrati italiani nelle grandi città americane sono spaventose

a causa del malsano affollamento di uomini, donne e bambini agglomerati nella promiscuità e nel disordine. «A Bayard Street, nella Little Italy di New York, in un solo isolato di caseggiati che totalizzava 132 stanze, vivevano 1.324 italiani, per lo più uomini, operai siciliani che dormivano in letti accastellati a più di dieci persone per camera […]. Vi sono non meno di 360.000 camere abitate, senza finestre, nella sola New York, occupate in gran parte da italia-ni […]. Spesso otto, dieci e più persone dormono in una sola camera, alcune di esse affette da tisi o altra malattia contagio-sa. In moltissime abitazioni si esercitano mestieri malsani co-me quello di lavorare gli stracci o di confezionare e accomodare gli abiti. Data la ne-cessità e anche l’abitudine di tener chiuse ermetica-mente le finestre durante gran parte dell’anno, è facile immaginare in che atmosfera viziata si viva» (Jacob Riis).In Brasile, scrive al suo vescovo in Italia il sacer-dote Don Munari che aveva accompagnato 275 emi-grati nel 1876, «i coloni vivono in mezzo ad una selva e sono dapprima senza un tetto […] e poi sistemati in capanne fatte di canne, dove l’aria e l’acqua tengono sempre il loro dominio».Dei 4 milioni di italiani emi-grati negli Stati Uniti dal 1880 al 1915, numerosi si stabiliscono a New York che diventa la più grande città italiana (più di 500 mila), altri a Philadelphia (90.000), Chicago (70.000), Pittsburg (40.000), Bo-ston (25.000), S. Francisco (20.000), Baltimora (20.000) e New Orleans (15.000). Questa preferenza urbana non dipendeva dalla libera scelta dei “contadini” italiani, ma dalla necessità di guadagni

immediati che solo le metropoli, particolarmente biso-gnose di manodopera poco qualificata, potevano offri-re. Questi emigrati, spesso supersfruttati, venivano comunque considerati dalla società ospitante come “indesiderabile people”. E la loro segregazione in ghetti, denominati Little Italy, veniva giustificata dall’impossibilità del cafone meridionale, proveniente da una civiltà statica e contadina, di inserirsi in un contesto urbano dinamico e innovativo. Ad un emigra-to che scriveva: «Se l’America ci ignora, noi ignoria-mo l’America e per sopravvivere torniamo alle usanze

del paese che abbiamo lascia-to», faceva eco l’opinione cor-rente, anche scientifica, che ri-teneva l’italiano meno assimila-bile e meno americanizzabile degli altri immigrati. Le mani-festazioni di autodifesa delle comunità etniche degenerarono, a volte, in forme di banditismo urbano o di delinquenza orga-nizzata, specie per quei gruppi che già erano stati respinti ai margini nella società d’origine. L’iniziale atteggiamento di anti-italianità si trasforma rapida-

mente in vero pregiudizio razziale: gli italiani diventa-no, così, nell’immaginario collettivo criminali incalli-ti, sporchi, ignoranti, facili al coltello, mafiosi, strac-cioni, capaci solo di lavori pesanti o, al massimo, di vendere noccioline. La xenofobia produce, perciò, nu-merosi casi di violenza contro gli italiani in paesi co-me l’Algeria, l’Argentina, l’Australia e l’America. Fra gli avvenimenti più gravi ai danni degli italiani si ri-cordano alcuni esempi: ⇒ New Orleans (14.3.1891): 11 italiani sono mas-

sacrati da 20 mila manifestanti che avevano as-saltato il carcere accusandoli di essere colpevoli dell’omicidio del capo della polizia di New Or-leans, omicidio dal quale erano stati assolti. Il linciaggio era stato compiuto con una chiara re-sponsabilità delle autorità locali che, pur essen-do a conoscenza del progetto delittuoso e nono-stante le richieste di protezione del console ita-liano, non avevano fatto nulla per impedire l’ec-cidio.

⇒ - Aigues-Mortes (17.8.1893): circa 2.000 operai francesi linciano 11 italiani (secondo il processo farsa che assolse tutti gli imputati; più di 200 secondo la stima di studiosi italiani) accusati di rubare il lavoro dei francesi nelle saline della Camargue, alle foci del Rodano.

⇒ - Zurigo (8.8.1896): si devono organizzare treni speciali per portare in salvo gli italiani da una spietata caccia all’uomo da parte di cittadini svizzeri.

⇒ - Tallulah (21.7.1899): 3 fratelli e 2 amici sici-liani sono assassinati dopo una banale lite per-ché accusati di essere troppo gentili con i neri.

EMIGRAZIONE ITALIANA 1875EMIGRAZIONE ITALIANA 1875EMIGRAZIONE ITALIANA 1875EMIGRAZIONE ITALIANA 1875----1915191519151915 LE CONDIZIONI DI VITA

Da “ Museo dell’Emigrazione Italiana”

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B������: Preasfantul Mantuitor (Biserica italiana), Domenica ore 11:15; Adresa: b-dul. Nicolae Balce-scu, nr. 28, sector 1, Bucureşti tel./fax: 021-314.18.57, don Roberto Poli-meni, Tel:0770953530

mail: [email protected]; [email protected]; Tel 0040 756066967. Trasmessa in diretta su www.telestartv.ro Sabato, prefestiva alle ore 18,00 a: Centrul "Don Orione", Sos. Eroilor 123-124 Voluntari.

*°* I��+: Cattedrale "vecchia" Iaşi - Adormirea Maicii Domnului Bd. Stefan cel Mare, 26, Iasi: I-II-III Domenica del mese ore 11,00-IV Domenica ore 9,30, Don Alessandro Lembo Tel 0749469169 Mail: [email protected]

Trasmessa in diretta su: http://www.ercis.ro/video/iasi.asp

*°* C6�7: Chiesa romano-cattolica dei Pia-risti. Strada Universitatii nr. 5, conosciu-ta anche come „Biserica Universitatii” din Cluj-Napoca. Don Veres Stelian, tel 0745 386527 Mail: [email protected] Domenica alle ore 12,00

*°* A69� I�6+�: Domenica ore 11:00 nella Chie-sa di Sant'Antonio-Piata Maniu Iuliu nr. 15. Don Horvath Istvan , tel 0745 020262

*°* T+;+�<���: Chiesa Sfanta Fecioara Maria Regi-na Timisoara II (Fabric). Str Stefan Cel Mare 19. Domenica ore 18:00. Don Janos Kapor Tel 0788 811266 Mail:[email protected]

*°*

Collodi pubblica le prime storie di Pi-nocchio: giovedì 7 luglio 1881 Il personaggio più amato della letteratura per ragazzi nac-que come risposta a un mutamento cruciale della società italiana e come occasione di guadagno per Carlo Lorenzi-ni, in arte Collodi, che in quel periodo non se la passava tanto bene. All'indomani del completamento dell'Unità d'Italia, una delle prime problematiche da affrontare era l'istruzione pubblica, alla luce del fatto che il 78% della popolazione risultava analfabeta, con punte massime in Sardegna (91%), Calabria e Sicilia (entrambe al 90%). Con la legge Coppino del 1877 si estese l'obbligo scolastico a tutti, por-tando l'istruzione elementare gratuita da due a tre anni (regolata dalla precedente legge Casati del 1859). Il Collodi cercò di esprimere a modo suo la riluttanza di migliaia di bambini ad adempiere all'obbligo scolastico, dando vita a personaggi discoli e svogliati co-me Giannettino e Minuzzolo, che prepa-rarono il terreno a un terzo destinato a grande fama. Spinto dagli editori, entu-siasti per le sue storie, e dalla necessità di

far fronte alle spese della vita, Collodi si mise a pensare a un nuovo soggetto. Quando nel 1881 inviò i primi due capitoli alla redazione del Giornale per i bambini, supplemento del giovedì del quotidiano fiorentino Fanfulla, li presentò come «bambinata», sollecitando un sostanzioso pagamento affin-ché decidesse di portarla avanti. Pubblicate il 7 luglio con il titolo "La storia d'un burattino", le imprese di Pinocchio (termine toscano che sta per pinolo, seme commestibile del pino), conquistarono i piccoli lettori e non solo. Senza avere in mente come proseguire il racconto e aven-do preventivato inizialmente soltanto otto capitoli, l'autore continuò la serie fino al gennaio del 1883. A febbraio dello stesso anno, dopo aver rivisto la suddivisione in capitoli e completato il testo con le illustrazioni di Enrico Mazzanti,

Collodi diede alle stampe il romanzo Le av-venture di Pinocchio, per la casa editrice Pag-gi. Il resto è storia più o meno recente di un perso-naggio, fonte inesauribile per scrittori, registi e disegnatori: dal film d'animazione della Disney (1940) al Pinocchio (2002) recitato da Roberto Benigni, passando per le varie versioni televi-sive e a fumetti.

I SANTI DELLA

SETTIMANA

DOM.05DOM.05DOM.05DOM.05 S. Antonio Maria ZaccariaS. Antonio Maria ZaccariaS. Antonio Maria ZaccariaS. Antonio Maria Zaccaria

LUN. 06LUN. 06LUN. 06LUN. 06 S. Maria GorettiS. Maria GorettiS. Maria GorettiS. Maria Goretti

MART.07MART.07MART.07MART.07 S. Antonio FantusatiS. Antonio FantusatiS. Antonio FantusatiS. Antonio Fantusati

MERC.08MERC.08MERC.08MERC.08 SS.Aquila e OriscillaSS.Aquila e OriscillaSS.Aquila e OriscillaSS.Aquila e Oriscilla

GIOV.09GIOV.09GIOV.09GIOV.09 S. Veronica GiulianiS. Veronica GiulianiS. Veronica GiulianiS. Veronica Giuliani

VEN.10 VEN.10 VEN.10 VEN.10 S. Rufina e SecondaS. Rufina e SecondaS. Rufina e SecondaS. Rufina e Seconda

SAB. 11SAB. 11SAB. 11SAB. 11 S. Benedetto Patr. EuropaS. Benedetto Patr. EuropaS. Benedetto Patr. EuropaS. Benedetto Patr. Europa

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ADESTE n°27/ ANNO 4°-05.07.2015

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C. Nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo A. Amen C. La grazia del Signore nostro Gesù Cristo, l’amore di Dio Pa-dre e la comunione dello Spirito Santo sia con tutti voi. A. E con il tuo spirito. B.

ATTO PENITENZIALE C. Il Signore Gesù, che ci invita alla mensa della Parola e dell’Eu-caristia, ci invita alla conversione. Riconosciamo di essere peccatori e invochiamo con fiducia la mise-ricordia di Dio.

(Breve pausa di silenzio) C. Confesso a Dio Onnipoten-te e a voi fratelli che ho molto peccato in pensieri, parole, opere e omissioni. Per mia col-pa, mia colpa, mia grandissima colpa, e supplico la Beata sem-pre Vergine Maria, gli angeli, i Santi e voi fratelli di pregare per me il Signore Dio nostro. C. Dio Onnipotente abbia mi-

sericordia di noi, perdoni i nostri peccati e ci conduca alla vita eterna.

A. Amen. Signore, pietà Signore, pietà Cristo, pietà Cristo, pietà Signore, pietà Signore, pietà GLORIA A DIO NELL’ALTO CIELI e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua gloria immensa, Signo-re Dio, Re del cielo, Dio Padre onnipotente. Signore Figlio uni-genito, Gesù Cristo, Signore Dio, Agnello di Dio, Figlio del padre, tu che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi; tu che togli i peccati del mondo, accogli la no-stra supplica; tu che siedi alla de-stra del Padre, abbi pietà di noi. Perché tu solo il Santo, tu solo il Signore, tu solo l’Altissimo, Gesù Cristo, con lo Spirito Santo: nella gloria di Dio Padre. Amen.

COLLETTA C. O Padre, togli il velo dai nostri occhi e donaci la luce dello Spiri-to, perché sappiamo riconoscere la tua gloria nell'umiliazione del

tuo Figlio e nella nostra infermità umana sperimentiamo la potenza della sua risurrezione. Per il no-stro Signore Gesù Cristo, tuo Fi-glio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen B.

LITURGIA DELLA PAROLA Prima Lettura

Dal libro del Profeta Ezechiele In quei giorni, uno spirito entrò in me, mi fece alzare in piedi e io ascoltai colui che mi parlava. Mi disse: «Figlio dell’uomo, io ti mando ai figli d’Israele, a una raz-za di ribelli, che si sono rivoltati contro di me. Essi e i loro padri si sono sollevati contro di me fino ad oggi. Quelli ai quali ti mando so-no figli testardi e dal cuore induri-to. Tu dirai loro: “Dice il Signore Dio”. Ascoltino o non ascoltino – dal momento che sono una genìa di ribelli –, sapranno almeno che un profeta si trova in mezzo a lo-ro». Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio.

SALMO RESPONSORIALE R. I nostri occhi sono rivolti al Signore. A te alzo i miei occhi, a te che siedi nei cieli. Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni. R/. Come gli occhi di una schia-va alla mano della sua padrona, così i nostri occhi al Signore no-stro Dio, finché abbia pietà di noi. R/. Pietà di noi, Signore, pietà di noi, siamo già troppo sazi di disprezzo, troppo sazi noi siamo dello scherno dei gaudenti, del disprezzo dei superbi. R/.

Seconda Lettura Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi Fratelli, affinché io non monti in superbia, è stata data alla mia car-ne una spina, un inviato di Satana per percuotermi, perché io non monti in superbia. A causa di que-sto per tre volte ho pregato il Si-gnore che l’allontanasse da me. Ed egli mi ha detto: «Ti basta la mia grazia; la forza infatti si mani-festa pienamente nella debolez-za». Mi vanterò quindi ben volen-tieri delle mie debolezze, perché dimori in me la potenza di Cristo. Perciò mi compiaccio nelle mie debolezze, negli oltraggi, nelle difficoltà, nelle persecuzioni, nel-le angosce sofferte per Cristo:

infatti quando sono debole, è allo-ra che sono forte. Parola di Dio. A. Rendiamo grazie a Dio B.

Canto al Vangelo R. Alleluia, alleluia. Lo Spirito del Signore è sopra di me: mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. R. Alleluia.

† VANGELO Dal vangelo secondo Marco In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo se-guirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: «Da dove gli vengono queste cose? E che sa-pienza è quella che gli è stata da-ta? E i prodigi come quelli com-piuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorel-le, non stanno qui da noi?». Ed era per loro motivo di scandalo. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato se non nella sua pa-tria, tra i suoi parenti e in casa sua». E lì non poteva compiere nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi malati e li guarì. E si meravigliava della loro incre-dulità. Gesù percorreva i villaggi d’intorno, insegnando. Parola del Signore. A. Lode a te o Cristo OMELIA (seduti) Credo in un solo Dio, Padre onnipotente, creatore del cielo e della terra, di tutte le cose vi-sibili e invisibili. Credo in un solo Signore, Gesù Cristo, uni-genito Figlio di Dio, nato dal Padre prima di tutti i secoli: Dio da Dio, Luce da Luce, Dio vero da Dio vero, generato, non crea-to, della stessa sostanza del Pa-dre; per mezzo di lui tutte le co-se sono state create. Per noi uo-mini e per la nostra salvezza discese dal cielo, e per opera dello Spirito santo si è incarnato nel seno della vergine Maria e si è fatto uomo. Fu crocifisso per noi sotto Ponzio Pilato, morì e fu sepolto. Il terzo giorno è risuscitato, secondo le Scrittu-re, è salito al cielo, siede alla destra del Padre. E di nuovo verrà, nella gloria, per giudica-re i vivi e i morti, e il suo regno non avrà fine. Credo nello Spiri-

LITURGIA EUCARISTICA

LETTURE: Ez 2,2-5 Sal 122 2Cor 12,7-10 Mc 6,1-6:

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to Santo, che è Signore e dà la vita, e procede dal Padre e dal Figlio. Con il Padre e il Figlio è adorato e glorificato, e ha par-lato per mezzo dei profeti. Cre-do la Chiesa, una santa cattoli-ca e apostolica. Professo un so-lo battesimo per il perdono dei peccati. Aspetto la risurrezione dei morti e la vita del mondo che verrà. Amen.

PREGHIERA DEI FEDELI C. Fratelli e sorelle, Dio Padre ha mandato suo Figlio Gesù sulla ter-ra perché lo accogliessimo come guida e maestro. Eleviamo al Pa-dre la nostra supplica perché di-ventiamo suoi discepoli. Preghiamo insieme dicendo: Ascolta, Signore, la nostra pre-ghiera. Per la Chiesa: perché non si arrenda di fronte alle difficoltà e ai rifiuti, ma eserciti la sua missio-ne con fedeltà e costanza, pre-ghiamo. Per gli uomini che hanno responsabilità educative e sociali, perché promuovano la crescita integrale della persona umana, aperta a Dio e ai fratelli, preghia-mo. Per quanti sono in vacanza, perché sappiano utilizzare questi giorni come occasione valida per lo spirito, preghiamo. Per noi qui riuniti: perché seguiamo con fede e fiducia il Si-gnore Gesù nella ferialità della nostra vita, preghiamo. C. Salga a te, o Padre, la sup-plica di questa tua famiglia: la do-cilità al tuo Spirito ci renda crea-ture nuove a immagine del tuo Figlio, che vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen. B.

LITURGIA EUCARISTICA C. Pregate, fratelli e sorelle, perché portando all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno, ci dispo-niamo a offrire il sacrificio gradito a Dio Padre onnipotente. A. Il Signore riceva dalle tue mani questo sacrificio a lode e gloria del suo nome, per il bene nostro e di tutta la sua santa Chiesa. (in piedi)

SULLE OFFERTE C. Ci purifichi, Signore, que-st'offerta che consacriamo al tuo nome, e ci conduca di giorno in

giorno a esprimere in noi la vita nuova del Cristo tuo Figlio. Egli vive e regna nei secoli dei secoli. A. Amen.

PREGHIERA EUCARISTICA C. Il Signore sia con voi. T- E con il tuo spirito. C. In alto i nostri cuori. T-Sono rivolti al Signore. C.Rendiamo grazie al Signore no-stro Dio. T. È’ cosa buona e giusta. C. È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza, rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Pa-dre santo, Dio onnipotente ed eterno. Abbiamo riconosciuto il segno della tua immensa gloria quando hai mandato tuo Figlio a prendere su di sé la nostra debo-lezza; in lui nuovo Adamo hai re-dento l'umanità decaduta e con la sua morte ci hai resi partecipi della vita immortale. Per mezzo di lui si allietano gli angeli e nell'e-ternità adorano la gloria del tuo volto. Al loro canto concedi, o Si-gnore, che si uniscano le nostre umili voci nell'inno di lode: Santo, Santo, Santo il Signore Dio dell'universo. I cieli e la terra sono pieni della tua glo-ria. Osanna nell'alto dei cieli. Benedetto colui che viene nel nome del Signore. Osanna nell'alto dei cieli.

DOPO LA CONSACRAZIONE C. Mistero della fede A. Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risur-rezione nell’attesa della tua venu-ta.. DOPO LA PREGHIERA EUCARISTICA C. Per Cristo, con Cristo e in Cri-sto, a te Dio, Padre onnipotente, nell’unità dello Spirito Santo, ogni onore e gloria, per tutti i secoli dei secoli. A. Amen A. P A D R E NO S T R O Padre nostro, che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome, ven-ga il tuo regno, sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i no-stri debiti come noi li rimettia-mo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma libe-raci dal male. Amen. C. Liberaci, o Signore, da tutti

i mali, concedi la pace ai nostri giorni, e con l'aiuto della tua mi-sericordia vivremo sempre liberi dal peccato e sicuri da ogni tur-bamento, nell'attesa che si com-pia la beata speranza e venga il nostro salvatore Gesù Cristo. A. Tuo è il regno, tua la po-

tenza e la gloria nei secoli

R ITO DELLA PACE C. Signore Gesu’ che hai detto ai tuoi apostoli: “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” non guardare ai nostri peccati ma alla fede della tua Chiesa, e donale unità e pace secondo la tua volontà. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli A. Amen C. La pace del Signore sia sem-pre con voi. A. E con il tuo spirito. C. Come figli del Dio della pace, scambiatevi un gesto di comunione fraterna. A.- Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, abbi pietà di noi.(2 VOLTE) Agnello di Dio, che togli i peccati del mondo, dona a noi la pace. C. Beati gli invitati alla cena del Signore Ecco l’Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo. A. O Signore, non sono de-gno di partecipare alla tua mensa: ma di’ soltanto una pa-rola e io sarò salvato.

DOPO LA COMUNIONE C Dio onnipotente ed eterno, che ci hai nutriti con i doni della tua carità senza limiti, fa' che go-diamo i benefici della salvezza e viviamo sempre in rendimento di grazie. Per Cristo nostro Signore. A. Amen. C. Il Signore sia con voi. A. E con il tuo spirito. C. Vi benedica Dio onnipoten-te, Padre, Figlio e Spirito Santo. A. Amen. C. Nel nome del Signore: anda te in pace. A. Rendiamo grazie a Dio

La vera carità richiede un pò di

coraggio: superiamo la paura di

sporcarci le mani per aiutare i

più bisognosi. (Papa Francesco)

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