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La Newsletter settimanale del 16 aprile 2015
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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI www.avvenirelavoratori.eu La più antica testata della sinistra italiana,
Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo
Direttore: Andrea Ermano
> > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < <
e-Settimanale - inviato oggi a 44273 utenti - Zurigo, 16 aprile 2015
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Detto classico - «Altri faticano, altri guadagnano». – Zenobio
Detto popolare - «Uno leva la lepre e un altro se la magna». –
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EDITORIALE
Crispi !
Su una recente comunicazione al Rottamatore
da parte del Fondatore della Repubblica
di Andrea Ermano
Domenica scorsa Scalfari ha ‘revisionato’ l'immagine storica di un
uomo politico italiano nato nel 1818 e morto nel 1901, Francesco
Crispi, che il Fondatore della Repubblica associa a Bettino Craxi, a
Mussolini, a Berlusconi e anche a Matteo Renzi: "Personaggi che
provenivano tutti dal socialismo e che instaurarono qualche cosa che
somiglia molto alla democratura".
Tesi inopinata e strana. Vediamo meglio.
Crispi nacque politicamente liberale, divenne poi repubblicano, non
fu mai socialista e abbandonò Mazzini subito dopo l'unificazione del
Regno d'Italia diventando monarchico, talché i Savoia lo nominarono
due volte Capo del Governo. Nel corso del suo secondo mandato
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esecutivo si distinse per alcune riforme sociali e istituzionali di peso,
ma anche per la sanguinosa repressione dell’allora nascente Partito
socialista. Nel 1893 Crispi promulgò la legge marziale dei "Fasci
Siciliani" autorizzando esecuzioni sommarie e arresti in massa di
lavoratori e militanti. Forse fu, dunque, un campione della
"democratura", ma presumergli provenienze socialiste postume e
posticce proprio non si può.
Veniamo al Mussolini. Costui era stato socialista da giovane, ma poi
fu cacciato dal Psi – un secolo fa – a causa del voltafaccia a favore
della Grande Guerra, voluta dalla grande industria, che tanti lutti portò
all'Italia e non solo all'Italia. Giunto al potere con la violenza del
manganello, proclamò la propria "responsabilità storica, morale e
politica" per il brutale assassinio del leader socialista Matteotti. E non
fu che l’inizio di uno stillicidio durato vent'anni. Ma il tributo dei
socialisti alla Liberazione d’Italia è per il Fondatore della Repubblica
meno degno di memoria a paragone con la rinnegata militanza
giovanile del capo del fascismo. Il cui regime non può, però, definirsi
"qualche cosa che somiglia molto alla democratura". Quest'espressione
suona banalizzante. Il fascismo fu genocidio imperialista, fu leggi
razziali, fu alleanza hitleriana e fu suicidio guerrafondaio di una
nazione; non dunque mera "democratura", ma vera e propria dittatura,
tra le più sanguinarie della nostra lunga storia.
Stazione Tiburtina, 16 ottobre 1943,
la salita al convoglio Roma-Auschwitz
Due parole ora su Bettino Craxi. Ebbe la regia del finanziamento
("irregolare e illegale") del suo partito, non diversamente in questo
dagli altri leader politici della Prima Repubblica. Però, secondo il
procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, portò su di sé anche
l’aggravante morale di un notevole "rampantismo". Vero. E non si
obietti, per favore, che l'aggravante morale non conta né sul piano
politico né su quello giuridico, perché così non è. Craxi sbagliò,
ritenendo di doversi aprire a ogni costo un varco tra la DC e il PCI, due
"chiese" zeppe di dollari e di rubli che tenevano bloccata la democrazia
italiana dentro l'incantesimo del "bipartitismo imperfetto". Craxi fu
duramente sconfitto. Nel biennio 1992-1994 venne tramutato nel capro
espiatorio di uno scandalo italiano vasto, profondo e permanente. Finì
annegato in un mare d'ipocrisia, ciò che non ha fatto bene al nostro
Paese, il quale di lì in poi è ancor più sprofondato nella corruzione.
Sicché lo stesso Borrelli ha dichiarato: "Chiedo scusa per il disastro
3
seguito a Mani Pulite. Non valeva la pena di buttare il mondo
precedente per cadere in quello attuale."
Ciò detto, il leader del Psi non somiglia per niente né a Crispi né a
Mussolini essendo sempre rimasto fedele alla sua vocazione di leader
socialdemocratico. Mai trasformista. Non come il Fondatore della
Repubblica, il quale, dopo la giovanile militanza littoria, passò al
partito radicale, poi al PSI (di cui fu parlamentare indipendente), giù
giù fino al berlinguerismo, all’andreottismo, al veltronismo e ora
all'antirenzismo. Beninteso, ognuno ha diritto di cambiare idea. Ma
non è giusto accusare di "democratura" Craxi solo perché trent'anni fa,
dal 1983 al 1987, ha governato l'Italia, legittimamente e piuttosto bene,
restituendo, infine, il suo mandato secondo Costituzione.
Bettino Craxi (Milano, 24.2.1934 – Hammamet, 19.1. 2000)
Basti di ciò. Andiamo a concludere sulla questione più saliente del
fondo domenicale del Fondatore della Repubblica e cioè sul preavviso
di garanzia inviato al Rottamatore. Eccone il testo: «Un Parlamento di
"nominati" in un sistema monocamerale è una "dependance" del potere
esecutivo che fa e disfà senza più alcun controllo, salvo quello della
magistratura se dovesse trovare un reato contemplato dal codice
penale.» Se dovesse trovare un reato…
Traduzione: Forse tu pensi, Matteo, che codesti stravolgimenti di
regole e assetti democratici ti varranno una gran preminenza, grazie
alla quale credi di levar fuori l'Italia dalla crisi. Ma dimentichi,
Matteo, che basterà un trattamento mediatico-giudiziario ben
congegnato per stenderti al tappeto. E allora la "democratura" che
stai plasmando per te, e magari anche a fin di bene, si trasformerà in
un ghiotto pezzo in presa sulla scacchiera dei poteri forti…
Stando così le cose, Renzi si starebbe sostanzialmente scavando la
fossa con le proprie mani.
Ma non è mai troppo tardi. Il Rottamatore ha ancora due opzioni
alternative: 1) Un assennato compromesso dell’ultimo minuto con la
minoranza interna, possibilmente imperniato sulla proposta di legge
elettorale elaborata a suo tempo dal PD. 2) Le dimissioni nelle mani
del Capo dello Stato.
Dopodiché tutti dicono di lui che anche stavolta sbaraglierà tutti e
non avrà bisogno di nessuno né dovrà accordarsi né dimettersi. Eppure
ciascuna delle due uscite di sicurezza di cui sopra sarebbe preferibile
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rispetto al tentativo di strattonare il Parlamento e l'intero Paese dentro a
un vicolo che francamente ci pare cieco.
Riceviamo e volentieri pubblichiamo
Il futuro non è più
quello di una volta
Un aereo a energia solare sta facendo il giro del mondo. Solar
Impulse, icona per un secolo d'energia solare, è decollato
decollato alle 7.12 (ora locale) del 13 marzo scorso dall’aeroporto Al-
Bateen di Abu Dhabi, negli Emirati Arabi Uniti. Ora si trova a
Chongqing nella Cina centro-meridionale…
di Marco Morosini *)
Solar Impulse 2 è l'aereo ad energia solare FV che sta facendo il giro
del mondo. Il significato di questa impresa non è nel perseguimento di
un record, ma nella comunicazione di un fatto, di un’idea: le moderne
tecnologie dell’energia solare sono mature per le sfide più ambiziose.
Un articolo di Marco Morosini del Politecnico federale di Zurigo.
Certe icone contano più dei fatti. Con un’immagine fulminante
riassumono fenomeni complessi. Forse una nuova icona è nata in
questi giorni, quella del rivoluzionario aereo Solar Impulse, decollato
per il primo giro del mondo in 12 tappe a energia solare il 9 marzo da
Abu Dhabi, la sede dell’Agenzia internazionale per le energie
rinnovabili IRENA e di Masdar City, la città solare progettata da
Norman Foster.
Il significato di questa impresa non è nel perseguimento di record,
ma nella comunicazione di un fatto e di un’idea. Il fatto è che le
moderne tecnologie dell’energia solare sono mature per le sfide più
ambiziose. L’idea è che quello appena iniziato dovrà essere il secolo
dell’energia solare, tanto quanto quello passato fu “il secolo breve
dell’energia fossile”. Quest’idea è controversa, abbracciata da alcuni e
negata da altri. Ma è forse l’idea storicamente più rilevante in
circolazione nel mondo, perché è un’idea pacifica e pacificante, che
raccoglie l’impegno di decine di milioni di cittadini, attivisti, politici,
scienziati, tecnici, imprenditori e lavoratori di ogni paese e ogni credo.
Un’idea ambiziosa, perché promuove cambiamenti millenari per
miliardi di persone. Un’idea realista, perché propone probabilmente
l’unica via d’uscita dalle crisi del clima e dei conflitti mondiali per
l’energia.
Anche un’altra icona dell’aviazione fu forse più importante dei fatti
tecnici che rappresentava: la silhouette del Concorde, l’aereo
supersonico civile in servizio dal 1976 al 2003. Concorde e Solar
Impulse non hanno niente di materiale in comune. Il Concorde era 96
tonnellate di cherosene, 184 tonnellate di peso, 100 passeggeri, 2200
km/h di velocità, 2 miliardi di euro. Solar Impulse è energia solare, 2,3
tonnellate di peso, un passeggero, 50 km/h di velocità, 100 milioni di
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euro. “Sarà il futuro dell’aviazione civile!” dissero del Concorde tanti
esperti europei. 400 supersonici dovevano solcare i cieli entro il 2000.
“Un’impresa irrealizzabile” dissero molti gruppi industriali, rifiutando
il progetto Solar Impulse. Eppure nello stesso anno, il 2003, si poneva
l’ultima pietra sul tomba del Concorde e la pietra di fondazione del
progetto Solar Impulse.
L’aereo solare concepito dai due pionieri e piloti svizzeri Bertrand
Piccard e Andre Borschberg potrebbe essere un esercizio senza futuro.
In difficoltà con vento forte, con una potenza media di soli 8 cavalli,
trasporta un unico passeggero, in condizioni di comfort miserabili,
decolla alla velocità di una bicicletta. Tutte queste parole descrivono
esattamente le peculiarità di due aerei: il Solar Impulse, del 2015, e il
Wright Flyer del 1903. Entrambi volevano dimostrare una cosa ritenuta
impossibile: alzarsi in volo, spinti rispettivamente da un motore a
combustione e da quattro motori a energia solare.
Il "Solar Impulse" a Chongqing
Due icone, due epoche - Anche il Concorde voleva dimostrare
qualcosa: la fattibilità del trasporto passeggeri a velocità supersonica.
Voluto dai governi francese e britannico come progetto prestigioso di
una grandeur pan-europea, il Concorde fu un gioiello della tecnica. Ma
fu fiasco economico ed ecologico. In media solo il 65% dei posti erano
occupati. Nonostante il prezzo del biglietto fosse dimezzato dalle
sovvenzioni pubbliche, i biglietti venduti non coprivano i costi di
gestione, per non parlare di quelli di sviluppo e costruzione. Rispetto
agli altri aerei, la velocità del Concorde era doppia, il consumo di
carburante triplo, il costo del biglietto decuplicato. Era in sostanza
un’enorme serbatoio volante di cento tonnellate di cherosene, l’unico
aereo di linea in cui il carburante pesava più di tutto il resto. Lo spazio
per i passeggeri era spartano. A dispetto della forma slanciata, il
Concorde fu l’apoteosi della massa, della potenza, dell’accelerazione,
dello spreco, dell’inquinamento acustico e atmosferico. Veramente il
simbolo di un secolo. Fu un’esagerazione costosa, accessibile a pochi.
Un aereo “veramente futurista” avrebbe detto Filippo Marinetti.
Un’enorme libellula appena ronzante - Solar Impulse è
esattamente il contrario: un’enorme libellula appena ronzante, fragile e
leggera. E’ largo 72 metri, come l’Airbus 380, ma è 200 volte più
leggero: 2,3 invece di 500 tonnellate. L’energia che lo muove è
inesauribile, appartiene a tutti, non può essere comprata o venduta, non
alimenta il PIL, i potentati, i colpi di stato, le guerre, non altera il
clima, non inquina l’aria. Diventerà anch’esso il simbolo di un secolo?
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Tanto diversi sono Concorde e Solar Impulse, tanto simile è la loro
vocazione simbolica. Ognuno incarna un’epoca. Nella sua forma snella
di uccello elegante, l’aereo supersonico sarà ricordato come il canto
del cigno dell’era dei carburanti fossili a buon mercato. Voleva essere
un aereo “pratico”. Prometteva una grande utilità materiale e un grande
successo commerciale, doveva diventare “l’aereo più venduto nel
2000”. Volava da Parigi a New York in tre ore e mezza. “Arrivate
prima di partire” diceva la pubblicità, grazie alla velocità con la quale
attraversava i fusi orari.
Solar Impulse, invece, sembra ad alcuni un costoso giocattolo
inutile, costruito per scommessa. Certo, nessuno si aspetta che
l’energia fotovoltaica muova i grandi aerei da trasporto. Le ricadute
materiali di Solar Impulse sono piuttosto in alcune innovazioni
tecniche e nello sviluppo di velivoli leggeri e autonomi, utili per
esempio per le telerilevazioni e le telecomunicazioni. Non a caso
Google e Swisscom sono tra i suoi sponsor.
100 per cento energia rinnovabile, in cielo e in terra - Solar
Impulse è un’ardita iniziativa sperimentale. Ma le tecnologie per le
nuove energie rinnovabili, in particolare quelle solari ed eoliche, sono
da 20 anni un’affermata forza di mercato in rapida espansione. Mentre
i costi per unità d’energia delle fonti fossili e atomiche continuano a
salire, quelli delle tecnologie per le rinnovabili continuano a scendere.
In Europa esse occupano milioni di persone e raccolgono la grande
maggioranza degli investimenti in nuove infrastrutture energetiche.
“100 per cento energia rinnovabile” è una formula che Solar Impulse
vuole dimostrare possibile per il giro del mondo. Ma è anche la
formula per la quale lavorano un numero crescente di scienziati,
tecnici, imprenditori e politici, che credono di poter portare l’Europa a
produrre prima la sua elettricità e poi l’intera sua energia quasi
esclusivamente da fonti rinnovabili, un traguardo ancora ritenuto
impossibile da molti. Ma non da tutti. Non è un caso che i due piloti e
ideatori di Solar Impulse, l’azienda che lo ha costruito e il Politecnico
federale di Losanna EPFL, che ha partecipato alla sua progettazione
siano elvetici. La Svizzera, infatti, è il primo paese che per il 2050 mira
a diventare una “società a 2000 watt”, cioè a ridurre di due terzi (da
6000 a 2000 watt) l’uso pro capite di energia primaria, ricorrendo
principalmente alle energie rinnovabili e quasi abbandonando le
energie fossili, come ha fissato il governo elvetico nella sua “Strategia
per lo sviluppo sostenibile” del 2002, 2008, 2012 e nella sua “Strategia
energetica 2050”.
Come dicono Borschberg e Piccard, lo scopo di Solar Impulse non è
di stabilire record o proporre un’alternativa alla moderna aviazione, ma
è di dimostrare che i progressi delle tecnologie solari sono così veloci,
da permettere cose fino a ieri ritenute impossibili. Se dimostriamo di
poter volare intorno al mondo con l’energia solare – dice Piccard – chi
potrà dire che con essa non si può far funzionare un frigorifero, un
riscaldamento, un ascensore? Schindler, per esempio, uno degli
sponsor di Solar Impulse, vende già un ascensore a energia solare.
Se la silhouette di Solar Impulse ne diventerà un simbolo e favorirà
l’avvento di un’era delle energie rinnovabili, sarà forse questa la più
utile ricaduta del progetto. Comparando le immagini di futuro evocate
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dai due aerei da sogno, Concorde e Solar Impulse, viene proprio da
dire che “il futuro non è più quello di una volta”.
Marco Morosini è ricercatore presso il Politecnico Federale di
Zurigo. Dal 1993 al 2004 è stato consulente di Beppe Grillo sulle
tematiche ambientali dello sviluppo sostenibile
L’articolo qui pubblicato è apparso su Internazionale online con il titolo
Solar Impulse, il futuro non è più quello di una volta e su QualEnergia.it
Segui Solar Impulse in diretta:
http://www.solarimpulse.com/
SPIGOLATURE
Ecco che rulla
uno strano tamburo
di Renzo Balmelli
COLPA. Fu uno shock tremendo dal quale la Germania, e non solo,
fece fatica a riaversi quando Günter Grass, scomparso a 87 anni, rivelò
la sua giovanile, ma non di meno entusiasta adesione al nazismo. Lo
scrittore, coscienza critica post bellica che sferzò i suoi connazionali
esortandoli a sostenere il peso della propria storia, si portava dentro
una colpa che come ebbe a dire gli rose l'anima per tutto il dopoguerra.
Quella drammatica confessione fece tanta impressione quanto " Il
tamburo di latta" il capolavoro che colloca il premio Nobel tedesco tra
i protagonisti della letteratura facendone emergere il genio, ma anche
le contraddizioni e il carattere a tratti spigoloso. Col suo tamburello
suonato in modo ossessivo, Oscar Mathzerat, il bambino che si rifiuta
di crescere in segno d protesta verso un'ideologia bacata, riassume su
di se i dolori e le ambiguità di un tremendo passato che non smette di
lacerare le coscienze e sul quale Günter Grass, svelando il suo terribile
segreto, ha gettato uno sguardo senza invocare alibi. E da qui deriva la
sua fama.
ELENCO. Sebbene sia soltanto il primo capitolo di una ancor lunga
marcia diplomatica, l'incontro tra il Presidente USA e Raul Castro ha
in se le premesse per aprire una nuova pagina di storia. Dietro quella
stretta di mano c'è, infatti, da ambo le parti la precisa volontà di
promuovere la svolta tra due Paesi troppo vicini per continuare a
guardarsi in cagnesco. Ora però arriva la parte più difficile: fare in
modo che il dialogo, scongelato dopo mezzo secolo durante il quale
più di una volta si è temuto il peggio, non resti un mero elenco di
opportunità mai concretizzate, Che è poi quanto vorrebbero i
repubblicani mossi da una ostilità quasi patologica nei confronti "
dell'intruso di colore alla Casa Bianca" e perciò pronti a usare
l'artiglieria pesante pur di rovinargli la festa.
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PALADINA. Con la candidatura da tempo annunciata di Hillary
Clinton, in casa democratica il dado è tratto. E ben difficilmente ,salvo
sorprese, non si vede chi nel suo partito possa ostacolarla nel tentativo
di diventare la prima donna, nonché la prima nonna Presidente degli
Stati Uniti. La scelta di presentarsi con questa doppia e rassicurante
identità, senza apparire la ex di nessuno, ne la first lady di cotanto
marito, ne la ex sfidante perdente di Obama alle primarie, le offre
evidenti vantaggi, ma la espone anche a qualche pericolo, non ultimo
l'illusione di avere già vinto. Per fare centro e tenere a bada i rivali
dovrà convincere gli elettori, soprattutto del ceto medio, che
nell'eventuale sfida con un terzo Bush la vera paladina degli americani,
tutti gli americani, sarà lei.
SOTTO VOCE. Non si conoscono i gusti musicali di Salvini, ma
dopo certe esternazioni è lecito supporre che non straveda per " Prendi
questa mano, Zingara" che fu il cavallo di battaglia di Iva Zanicchi,
guarda caso anche lei protagonista, come Matteo, di una tribolata
relazione politica con Berlusconi. Il quale Matteo, minacciando di
radere al suolo i campi rom, non fa mistero del destino che intendere
riservare ai nomadi. Il leader della Lega di porgere la mano nemmeno
ci pensa. Gli interessa solo fare crescere l'indice di ascolto con slogan
di facile suggestione. Nella ridda di volgarità ciò che maggiormente
inquieta e sprona a riflettere è il fatto che il linguaggio rozzo e brutale
non soltanto fa crescere gli indici, ma anche la platea di chi plaude e
assente sotto voce.
TRUCCO. Se non fosse una faccenda terribilmente e tristemente seria,
ci sarebbe da ridere di gusto nell'assistere alla "guerra dei Roses " in
salsa francese entro le mura di casa Le Pen. In verità nella sfuriata tra il
padre Jean Marie, convinto che la Shoah sia stata un dettaglio dello
storia, e la figlia Marine, che con poco successo prova a rifarsi il
trucco, non c'è nulla che ricordi le divertenti pochade ottocentesche.
Nello squallido psicodramma, le posizioni antisemite e negazioniste
formano un impasto indigesto che a dispetto di ogni tentativo
dell'ultima ora per guadagnare rispettabilità non cambia l'orizzonte
ideologico del Fronte Nazionale. Caso mai, dietro le quinte del
parricidio politico pare di assistere alla farsa crudele dell'asino che da
del cornuto al bue.
VIGNETTE. Chi si scandalizza per il linguaggio spregiudicato dei
fumetti moderni, probabilmente quando era ragazzo non ha mai letto
un albo del vecchio e caro Topolino. Lo facesse ora, sarebbe difficile
non rimanere sorpresi da certe espressioni colorite, per non dire
apertamente sessiste e razziste, che anni fa accompagnavano le
avventure del famoso eroe senza macchia e senza paura. Su Facebook,
grazie all'intraprendenza di ricercatori e utenti, si possono trovare frasi
e battute che non lasciano dubbi sul carattere di talune vignette, molto
esplicite nei contenuti. Rivista oggi, questa galleria di "facezie" è un
viaggio istruttivo alla scoperta di un modo di esprimersi che riflette il
clima di un'epoca neppure tanto lontana e forse mai del tutto
9
tramontata.
VERGOGNA. Fare di ogni erba un fascio, mescolando i problemi del
Paese con un gesto dettato dalla pazzia, è il modo più spregevole di
argomentare sul dramma che è stato all'origine della strage nel Palazzo
di Giustizia di Milano. Nella capitale lombarda si sperava non
accadesse, e invece il coro orchestrato dalla destra di stampo populista,
la destra che usa gli insulti al posto delle idee, non ha potuto evitare, di
fronte a questa tragedia, di buttare la croce addosso al governo e le
istituzioni. Ma poiché ancora non bastava, nel tritacarne della
demagogia è finita anche la solita, stucchevole campagna contro il
buonismo, gli immigrati, i centri sociali e tutto quanto serve per
raccattare miseri consensi a buon mercato. La reazione è stata di
sconcerto per l'ennesima, vergognosa deriva.
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
LAVORO E DIRITTI
a cura di www.rassegna.it
Ttip, cresce il fronte del no
Sabato 18 aprile la Giornata mondiale contro i trattati di “libero”
scambio. Fausto Durante, responsabile del Segretariato Europa Cgil:
"L'opinione pubblica non sa nulla dei negoziati, ma grazie alla
nostra mobilitazione sta aumentando la consapevolezza"
Chiedete in giro cos'è il Ttip, in pochi vi risponderanno. Eppure dietro
a questo strano nome si celano decisioni che riguardano tutti, c'è la
salute alimentare, l'idea di una economia assoggettata alle
multinazionali. “Per questo siamo nel pieno della campagna nazionale
ed europea contro il Ttip”, spiega a rassegna.it Fausto Durante,
responsabile del Segretariato Europa Cgil: “L'opinione pubblica non sa
nulla dei negoziati svolti in segretezza, né conosce gli argomenti sul
tavolo. Con la nostra mobilitazione, giorno dopo giorno aumentano
attenzione e consapevolezza”.
Il riferimento è a sabato 18 aprile, Giornata mondiale contro i trattati
di libero scambio (qui tutti gli appuntamenti in Italia). L'appello così
recita: “Fermare le trattative sulla liberalizzazione degli scambi
commerciali e degli investimenti e promuovere un'economia che serva
allo sviluppo dei popoli e del pianeta”.
Per la Cgil l'impegno su questo fronte è massimo. “Siamo dentro a
questa campagna e ci batteremo sino alla fine per ottenere risultati”,
10
sottolinea ancora Durante ricordando che alla vigilia di quella Giornata
mondiale, dunque venerdì 17 aprile, la confederazione terrà un
importante seminario nella sede nazionale di Corso d'Italia a Roma
proprio per rilanciare le proposte del Comitato Stop Tttip.
“Solo in questa settimana - prosegue - abbiamo in programma
cinquanta iniziative, tra cui quelle di Napoli, Milano, Roma, Cagliari,
Salerno, Verona e via dicendo. In tutto siamo arrivati a circa duemila
momenti d'incontro nelle grandi città e nei piccoli comuni, protagonisti
semplici cittadini o associazioni che decidono di mettersi insieme.
Stiamo provando a vincere la scommessa e ci accorgiamo che, al di là
delle strane sigle, questi argomenti davvero coinvolgono le persone”.
Ma cosa accadrebbe se il Ttip fosse approvato? “Per dirne una -
sottolinea l'esponente della Cgil - verrebbero meno le precauzioni sulla
sicurezza alimentare oggi previste dall'Unione europea e in poco tempo
il mercato sarebbe invaso da prodotti ogm con estrogeni e ormoni.
Negli Stati Uniti quel principio non c'è, da noi è esattamente il
contrario: la salubrità del cibo deve essere dimostrata dai produttori, è
una garanzia che bisogna mantenere”.
A favore troviamo il mainstream europeo, le grandi imprese
multinazionali e alcuni governi tra cui quello italiano. La Germania è
più prudente. In Francia, invece, l'attenzione alla sicurezza del cibo è
forte e si registra anche una netta opposizione alla deregolamentazione
che il Ttip introdurrebbe sulle questioni dei diritti d'autore.
“Tra i contrari - sottolinea Durante - troviamo un vasto
schieramento: abbiamo tutti i sindacati e molte associazioni del mondo
agricolo, le ong, una grande parte della società civile. È una divisione
netta: da una parte il primato dell'impresa e gli affari degli azionisti,
dall'altra le ragioni del lavoro, della qualità, di un modello di sviluppo
che non sia fondato sulle regole del mercato”.
Due le richieste della Cgil. La prima al Parlamento Ue affinché si
pronunci contro la ratifica del Ttip in un voto da mettere in calendario
a metà maggio: “Chiederemo a tutti i parlamentari di dire
pubblicamente, prima del voto, come la pensano”. La seconda: “Nel
caso in cui ci sia un voto senza grande maggioranza da una parte o
dall'altra, rilanceremo la richiesta che ha già fatto Ces insieme al
sindacato americano: sospendere il negoziato e riprenderlo su nuove
basi per coinvolgere i cittadini”. (mm)
Economia
Antitrust
La società civile nella lotta ai cartelli
e alle manipolazioni dei prezzi
di Mario Lettieri, già Sottosegretario all'economia (governo Prodi)
e Paolo Raimondi, Economista
Fin dal suo inizio l’Unione europea ha sempre combattuto la
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formazione di cartelli tra banche, assicurazioni, imprese ed altri attori
economici. Insieme ai monopoli e agli oligopoli, i cartelli
rappresentano una vera minaccia al corretto funzionamento del
mercato.
Certe imprese, per fissare e alzare i prezzi o per dividersi il mercato
in modo da avere posizioni dominanti o di monopolio, deformano la
sana concorrenza creando dei cartelli, cioè delle alleanze e degli
accordi segreti con alcuni concorrenti. Simili comportamenti
distorcono il mercato e bloccano le innovazioni tecnologiche e i
miglioramenti della stessa qualità dei prodotti. Di conseguenza i
consumatori pagano di più per prodotti e servizi di qualità più bassa.
I cartelli contengono i semi della corruzione e della manipolazione
occulta non solo dei prezzi e, a lungo andare, possono sollecitare anche
infiltrazioni del crimine organizzato.
Perciò decisivo è il ruolo delle agenzie di vigilanza e antitrust.
Spesso esse si trovano di fronte a sfide continue e ardue. Come nella
lotta all’AIDS, anche il virus della manipolazione dei prezzi e la
formazione dei cartelli mutano continuamente. Occorre, quindi, avere
degli strumenti di indagine, di deterrenza e di repressione sempre più
precisi ed efficaci.
Negli anni in Europa le multe applicate contro i cartelli e le
deformazioni del mercato sono cresciute di valore. Nel 2014 sono state
di circa 2 miliardi di euro. Ciò sta ad indicare che sotto il tappeto si
nasconde molta illegalità. Forse crescente. In Italia nel 2013 l’Autorità
Garante della Concorrenza e del Mercato ha avviato 116 indagini per
manipolazioni. Di queste 86 si sono concluse con sanzioni per 9,3
milioni di euro. Ci sembra veramente ancora troppo poco!
Più recentemente sono emersi anche grandi e pervasivi intrighi nel
settore dei servizi finanziari. Per esempio, alla fine del 2014 la
Commissione europea ha multato per 120 milioni di euro la JP
Morgan, l’UBS ed il Credit Suisse per aver creato illecitamente un
cartello allo scopo di manipolare il tasso di interesse del franco
svizzero all’interno della definizione del Libor. Nella stessa operazione
si alteravano anche i tassi di interesse sui derivati.
Come abbiamo più volte denunciato, questi “giochi sporchi” sui
tassi del Libor, sui mercati Forex e simili sono il frutto di cartelli creati
dalle grandi banche internazionali, veri “pupari” che hanno “guidato” i
mercati a loro vantaggio. Le indagini in corso sono molte, come noto.
Le multe, invece, purtroppo sono irrisorie rispetto alle montagne di
guadagni illeciti.
Tutti i settori economici, da quelli più semplici a quelli più
complessi, non sono immuni da tali pratiche. Si va dal mercato del
pesce a quello dei prodotti agricoli, da quello dell’hardware
informatico, dei parabrezza, delle vitamine alla distribuzione del gas. A
rimetterci sono sempre i consumatori.
Per fortuna la consapevolezza di tali distorsioni cresce sempre di più
nei singoli cittadini e nelle associazioni dei consumatori. Lo stesso
regolamento 1/2003 dell’Ue sollecita i soggetti privati e la società
civile a presentare reclami alle autorità garanti della concorrenza, ai
tribunali e alla Commissione.
E non è secondario che la stessa Commissione europea, con un
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piccolo sostegno attuativo del suo Programma di “Prevenzione e lotta
al crimine“, abbia finanziato alcune associazioni italiane, bulgare,
rumene ed inglesi per preparare uno specifico modello di indagine
finalizzato ad individuare l’esistenza di eventuali cartelli di imprese in
segmenti del mercato.
Il citato progetto transnazionale si chiama TECoL, Tool for
Enforcing Competition Law (www.tecol.eu). Ci sembra importante
oltre che positivo la definizione di un modello che , applicando
nell’antitrust la teoria matematica dei giochi vincitrice di premi Nobel,
“predice” il comportamento di mercato probabile di una o più imprese
in un ambiente di libera concorrenza e reagisce in presenza di una
discrepanza rilevante tra il comportamento atteso dei partecipanti e
quello effettivo.
Del resto le organizzazione dei consumatori e anche singole imprese
spesso percepiscono le anomalie ed i comportamenti scorretti senza
riuscire a trovare prove sufficienti a suffragare i loro sospetti e quindi a
difendere i loro diritti e i loro legittimi interessi. Speriamo che il
progetto in questione abbia successo e porti ad un valido modello
applicativo.
Allo scopo i dati dell’Eurostat e dell’Istat, come dal percorso
indicato da TECoL, inseriti in un calcolatore che utilizza un algoritmo
sviluppato da giovani ricercatori e matematici, dovrebbero portare
all’individuazione delle situazioni non coerenti con il normale
funzionamento del mercato e della libera concorrenza.
Qualora la funzione matematica dovesse indicare un’anomalia, la
ricerca dovrebbe essere approfondita dagli organismi di vigilanza
antitrust.
La nuova Europa e la nuova Italia, secondo noi, si costruisce anche
così, con l’impegno diretto e quotidiano dei cittadini e delle loro
associazioni.
Da Avanti! online www.avantionline.it/
LASCIATI SOLI
Si preannuncia un’estate particolarmente calda e difficile sul fronte
dell’allarme degli sbarchi. Di certo resta un’Italia lasciata sola a
fronteggiare l’emergenza – che si conclude spesso con la conta dei
morti in mare – e un progressivo collasso delle strutture di
accoglienza del Sud.
di Silvia Sequi
Di preciso ci sono i numeri recenti, quasi 10mila persone soccorse
negli ultimi cinque giorni, 16mila dall’inizio dell’anno – e siamo solo
ad aprile – mentre nel 2014 il record raggiunto è stato di 170 mila
immigrati arrivati sulle nostre coste. Di stimato circolano i dati del
Viminale – basati sul recente allarme lanciato da Frontex (l’agenzia
europea delle frontiere esterne dell’Ue, ndr) che prevede tra 500 mila
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e 1 milione le persone pronte a lasciare le sponde libiche. Dinanzi a
queste previsioni il ministro dell’Interno, Angelino Alfano ha
sollecitato tutti i prefetti di Italia perché mettano a disposizione oltre
6mila posti anche con “provvedimenti di occupazione d’urgenza e
requisizione”. Nel frattempo la Camera ha approvato l’istituzione di
una celebrazione annuale nell’anniversario della strage di Lampedusa,
avvenuta il 3 ottobre 2013 quando morirono in mare 366 persone.
Il responsabile del Viminale ha ipotizzato che Piemonte, Lombardia,
Veneto, Toscana, Emilia Romagna e Campania mettano a disposizione
700 posti ciascuna, 300 la Puglia, 250 Lazio e Marche, 1500 da
dividere tra le altre Regioni. Immediata la risposta dei governatori di
Lombardia e Veneto – che già ospita più di 500mila immigrati –
rispettivamente Roberto Maroni e Luca Zaia: “Non c’è posto”. In
particolare, Zaia intende porre fine “a un’operazione di sostanziale
fiancheggiamento dei trafficanti di uomini e delle loro reti criminali;
basta ai morti gettati in pasto ai pesci; basta all’ipocrisia di un’Europa
solidale solo a parole ma granitica nel negare la disponibilità a farsi
carico per quota parte dei immigrati”. Gli ha fatto eco Maroni che ha
messo subito in chiaro: “Non ci stiamo a subire quest’invasione, quindi
zero posti in Lombardia finché continuerà questo atteggiamento
irresponsabile da parte del governo”.
Matteo Salvini, leader della LegaNord – che sul tema
dell’immigrazione sta imperniando la sua campagna elettorale, in vista
delle elezioni regionali di maggio prossimo – non si è lasciato sfuggire
l’occasione per tornare all’attacco, definendo Alfano “il ministro
dell’Interno più incapace della storia”. Salvini ha poi ribadito che la
priorità va concessa agli italiani e non ai clandestini, sottolineando che
il “problema è bloccare l’invasione clandestina, organizzata dalle
mafie, sostenuta dai terroristi con la complicità del governo”.
Avanti! ha fatto il punto con Luca Cefisi, responsabile del Psi per le
politiche europee e l’Internazionale Socialista che – in merito al rifiuto
da parte di Lombardia e Veneto alla richiesta di Alfano – non ha dubbi:
“Si tratta di una strumentalizzazione dei governi leghisti. Secondo me
andrebbe nominato un commissario ad acta che imponga il rispetto di
un criterio nazionale anche in quelle Regioni che sono parte dell’Italia,
e non sono Padania” rimarca Cefisi. “Nel merito è abbastanza normale
che dinanzi a una fase di instabilità che va dalla Siria alla Libia,
passando per la Palestina e l’Iraq, vi sia già un aumento di flussi di
profughi lungo il Mediterraneo” aggiunge. Sulla possibilità di fermare i
migranti, evitando di farli partire dalle coste della Libia l’esponente
socialista ha ricordato che si tratta di una proposta diffusa e per nulla
recente che consiste nella “creazione di centri di filtro sulle coste
libiche che valutino le persone che possono richiedere una accesso al
territorio dell’Unione europea, e altre che invece vanno fermate sul
luogo”. Sul fronte dell’Ue, Cefisi sollecita infine affinché “l’Italia
faccia la sua parte. L’Europa ci sta impiegando risorse economiche, ma
potrebbe fare di più. Il progetto nazionale ‘Mare Nostrum’ funzionava
meglio di quello europeo – rileva l’esponente socialista – a
dimostrazione che l’Italia sa fare bene da sola”.
Dall’Onu arriva una conferma a chi sostiene che l’Italia è stata
lasciata sola in Europa nel gestire l’emergenza: “L’Italia sta portando
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un fardello enorme per conto dell’Europa sul problema
dell’immigrazione”, ha affermato il portavoce Stephane Dujarric che
ha anche ricordato come l’Alto Commissariato per i rifugiati “sta
lavorando a livello europeo e in stretto contatto con l’Italia e la
Grecia”.
Vai al sito dell’avantionline
Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/
Elogio dei nominati
Nella Prima repubblica c’erano i nominati del Psi e Craxi fece scelte
per lo più assai felici. I comunisti provvedevano con gli
“indipendenti di sinistra” (più “nominati di loro è difficile
immaginare). E perfino De Mita, alla fine, nominò i suoi “esterni”.
Poi vennero i “nominati” della seconda Repubblica…
di Luigi Covatta
Quando Forattini disegnava Craxi in camicia nera era di moda
denunciare la “deriva autoritaria” del leader del Psi. Fu allora, nel
1991, che Alberto Benzoni pubblicò un pamphlet che prima o poi
ristamperemo, e che si intitolava “Il craxismo”. Al capitolo “mutazione
genetica”, che anche allora andava per la maggiore, e veniva
documentata fra l’altro con il metodo topdown con cui egli aveva
rinnovato la rappresentanza parlamentare del Psi, Benzoni obiettava
che “non c’è stata, nel partito, un’invasione di alieni”, e che “il non
indifferente rinnovamento” rispondeva, “più che a pressioni
strumentali dall’esterno di questo o quel gruppo di pressione”, a “scelte
‘qualitative’ dello stesso Craxi (scelte per lo più assai felici, da Giugni
ad Arduino Agnelli, da Amato a Boniver, da Forte a Intini, da Ruberti
a Carniti)”.
Erano i “nominati” di allora: non moltissimi, perché anche Craxi
doveva fare i conti coi “signori delle preferenze” (quando non doveva
farlo, come nella formazione del governo, era più meritocratico): ma
abbastanza da portare competenze eccellenti in Parlamento. I
comunisti, più disciplinati, provvedevano invece con gli “indipendenti
di sinistra” (più “nominati di loro è difficile immaginare). E perfino De
Mita, alla fine, nominò i suoi “esterni”, fra i quali spiccavano
Scoppola, Del Noce e Ruffilli.
Poi vennero i “nominati” della seconda Repubblica. Nel 1994
Berlusconi “nominò” addirittura un intero partito (i “riciclati” dei
vecchi partiti arrivarono dopo, nel 1996). Ma anche gli altri
“nominarono” a man salva. Del resto era la stessa legge elettorale ad
esigerlo: esplicitamente, con le liste bloccate per l’assegnazione dei
seggi (il 25%) riservati allo scrutinio proporzionale; implicitamente,
per la lottizzazione delle candidature nei collegi uninominali fra i
numerosi soci delle coalizioni in lizza. Per cui la legge Calderoli, in
15
fondo, non ha fatto altro che razionalizzare l’esistente.
Eppure mai, dai tempi di Depretis, tanti parlamentari hanno
cambiato gruppo come nelle ultime sei legislature: nella XII per
assicurare fin dall’inizio la maggioranza al Senato al governo
Berlusconi (ed un ministro del Tesoro, Tremonti, ai suoi governi
successivi); nella XIII per portare il primo comunista a palazzo Chigi;
nella XIV per consentire la formazione di nuovi gruppi parlamentari in
corso d’opera; nella XV per dissolvere la maggioranza schiacciante del
Pdl; nella XVI per mettere fine al secondo governo Prodi. Per non
parlare della legislatura in corso, inaugurata dai 101 “nominati” che
hanno provocato la rielezione di Napolitano al Quirinale.
Insomma, ci sono nominati e nominati. Il problema, alla fine, è chi li
nomina.
Dalla Fondazione Rosselli di Firenze http://www.rosselli.org/
Il significato del 70° della Liberazione
A Firenze, mercoledì 22 aprile, alle ore 17,
Spazio QCR in via Alfani 101 rosso,
Giovanni Pieraccini e
Valdo Spini discutono sul significato della Resistenza nel 70° della Liberazione.
Evento organizzato dalla Fondazione Circolo Rosselli e dalla
Fondazione Turati.
Nel corso della serata il Prof. Maurizio Degl'Innocenti presenta il
volume "Ritratto di una generazione nelle lettere a Giovanni
Pieraccini" a cura di Ginevra Avalle, Piero Lacaita Editore, 2015.
FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/
Salva un libro, adottalo!
“Adotta un libro” è un 'iniziativa concepita per tutelare le edizioni
antiche e di pregio possedute dalla biblioteca della Fondazione Nenni.
I preziosi volumi, alcuni dei quali appartenuti a Pietro Nenni,
necessitano di un restauro in modo da tornare fruibili per gli studiosi.
Salvare un libro è un gesto semplice che sarà ricompensato. Chi
deciderà di contribuire al Restauro di uno o più libri riceverà il
certificato di restauro.
Inoltre all'interno del libro restaurato sarà riportato il nome della
persona, o dell’ente che avrà contribuito al restauro. I donatori
16
verranno ricordati sul sito della Fondazione Nenni e sui nostri social
network.
Scegli se adottare il primo scritto di Nenni del 1913 (introvabile),
oppure un volume di Matteotti.
Segui le istruzioni del link: http://fondazionenenni.it/progetti/adotta-libro
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana
LETTERA
Ricordo perfettamente
Una testimonianza sui fatti del G8 di Genova
di Gaetano Colantuono Docente di lettere e storico delle religioni
Nel luglio del 2001 avevo 24 anni e avevo appena iniziato la mia tesi
di laurea in storia del cristianesimo: passavo le giornate leggendo
decine e decine di lettere in latino tardo.
La decisione di raggiungere Genova e partecipare alle
manifestazione contro il G8 veniva dalla progressiva presa di
coscienza che occorreva contestare i principali fautori del malgoverno
neoliberista sul mondo. Avevo sicuramente letto del crescendo di
tensioni e minacce che riguardava soprattutto noi manifestanti, c’era
stato pure da poco il precedente inquietante dei fatti di Napoli, su cui
noto che è caduto l’oblio. Basta, bisognava andarci anche perché sui
pochi media indipendenti avevo letto delle pubbliche lezioni che si
tenevano nelle piazze tematiche attorno alla “zona rossa” ed è difficile
esprimere quanto bisogno di formazione critica, quasi del tutto assente
nella facoltà che frequentavo, avvertivo in quel periodo.
Sono tornato profondamente segnato dai tre giorni genovesi (19-21
luglio): per me, come per molti altri, si è trattata di una cesura
esistenziale. Il potere che disvela il suo volto, l’inconsistenza delle
garanzie democratiche, la solitudine di chi è colpito da ingiustizia.
Avrei potuto anch’io ritrovarmi a dormire al complesso della scuola
Diaz-Pertini: non avevo alcuna affiliazione politica né una precisa
collocazione. Fu Giuseppe, un mio amico di studi che poi ho perso per
strada, a condurmi allo stadio Carlini, dove si erano sistemati i Giovani
Comunisti (il movimento giovanile di Rifondazione) e i Disobbedienti
(sui quali allora pendevano le accuse delle peggiori intenzioni): la vita
si svolgeva tesa per il continuo passaggio di elicotteri a bassa quota ma
priva di particolari problemi, mentre si sistemavano le protezioni di
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gomma con cui il corteo credeva di potersi avvicinare alla famigerata
“zona rossa”.
Seguii il corteo fino all’imbocco di via Tolemaide, dove con alcuni
pugliesi ci fermammo mentre a poche decine di metri infuriava una
battaglia che avrebbe condotto all’assassinio di Carlo Giuliani, un mio
coetaneo. Poco dopo fummo costretti a indietreggiare con una certa
rapidità: scoprimmo che le cosiddette forze dell’ordine ci stavano
inseguendo: non di una carica di alleggerimento ma di annientamento
si trattava, un atto bellico stavolta vero, non con gommapiuma e
striscioni ma con camionette, gas e manganelli.
Giunsero ad assediare lo stadio per tutta la serata: attendevamo
l’assalto finale con rabbia e timore. Penso che in quel caso non avrei
assistito pacificamente ma avrei utilizzato ogni strumento per difendere
me e il resto dei manifestanti. Ricordo ancora come un inviato di un
quotidiano meridionale venne da noi implorando che qualcuno
chiamasse Bertinotti affinché facesse da intermediario col presidente
della Repubblica, perché, altrimenti, saremmo finiti tutti male (lui
compreso) e lo diceva con le lacrime agli occhi. Scoprii giorni dopo
che di queste vicende sul proprio quotidiano aveva dato una versione
edulcorata. Il tutto mentre si teneva un’infuocata assemblea su come
comportarci per l’indomani, quando era previsto il corteo finale:
piangevamo un nostro coetaneo, tanti arresti e infiniti pestaggi.
Non so dove trovammo la maturità per non cadere in un’ulteriore
trappola, la spirale “violenza chiama violenza”, ma avvenne che quasi
tutti noi, migliaia di giovani che avevano subìto la privazione di molti
diritti, fra cui quello a svolgere una manifestazione autorizzata, e che
vivevano ore di angoscia (ci assaltano o no?), scelsero di reagire
politicamente: scendere nuovamente in piazza senza oggetti
contundenti e “armi improprie”.
Eravamo stati intrappolati ma rifiutavamo di essere stritolati.
Appena tornato a casa e riavutomi dallo choc (aggravato dai fatti della
Diaz) ho tenuto fede agli impegni che presi allora, al Carlini nel
momento dell’angoscia (ciò che non mi uccide mi fortifica): impegno
politico sul territorio, coerenza con le idealità del movimento di
Genova, verità e giustizia. La repressione non aveva vinto del tutto.
Eppure nei primi giorni si era diffusa la voce di un imminente arresto
di massa per noi tutti: i peggiori incubi di antifascista si stavano
avverando.
Non dimentico, dopo aver pubblicato alcuni articoli sulla “Gazzetta”
sul Forum sociale di Atene (2006), che un solerte carabiniere mi
avvicinò per chiedermi di diventare suo “confidente” (sic!) per non
specificate informazioni che evidentemente non possedevo né mai gli
avrei fornito.
Il fatto che dopo ben 14 anni, una vita!, e da parte di un’istituzione
esterna, la Corte di Giustizia europea, si sia accertato che alla Diaz vi
sia stata tortura e che i responsabili, almeno quelli di polizia, siano di
fatto impuniti (ulteriore scherno alle vittime) è eloquente: carattere
sincopato delle istituzioni democratiche in Italia, difficile accesso alla
giustizia e sostanziale impunità fra i colpevoli, fra cui ricordo anche un
ex questore di Bari. Ne deriva una diffusa sfiducia verso le istituzioni,
il vero spread fra la nostra nazione e altri stati europei, dove il rapporto
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fra cittadini e istituzioni è basato sulla fiducia.
Un’immagine dal film “Diaz” di Daniele Vicari
BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE
Genova. Il libro bianco, a cura del GSF e del Servizio comunicazione del
Milano social forum (2002)
Carlo Gubitosa, Genova nome per nome, 2003
Vittorio Agnoletto e Lorenzo Guadagnucci, L’eclisse della democrazia. Le
verità nascoste sul G8 2001 a Genova, 2011
Alessandro Mantovani, Diaz, processo alla polizia, Fandangolibri, 2011
Marco Imarisio, La ferita. Il sogno infranto dei no global italiani, 2011.
Adriano Zamperini e Marialuisa Menegatto, Cittadinanza ferita e trauma
psicopolitico, 2011
L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.