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1 L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano > > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < < e-Settimanale - inviato oggi a 44398 utenti – Zurigo, 1 ottobre 2015 Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected] Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni IPSE DIXIT Eleanor Roosevelt con il manifesto della Dichiarazione universale dei diritti umani L’Assemblea Generale, Guidata dagli scopi e dai principi espressi nella Carta delle Nazioni Unite, Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la Convenzione sui Diritti del Bambino, Richiamando anche le risoluzioni sulla questione della pena di morte adottata nell’ultimo decennio dalla Commissione sui Diritti Umani in tutte le sessioni consecutive, l’ultima essendo la 2005/59, con cui la Commissione ha esortato gli Stati che ancora mantengono la pena di morte affinché la aboliscano completamente e, allo stesso tempo, stabiliscono una moratoria delle esecuzioni, Richiamando inoltre gli importanti risultati conseguiti dalla ex Commissione sui Diritti Umani sulla questione della pena di morte, e contemplando che il Consiglio sui Diritti Umani possa continuare a lavorare su questo problema, Considerando che l’uso della pena di morte attacca la dignità umana e convinti che una moratoria sull’uso della pena di morte contribuisca

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La Newsletter settimanale del 1° ottobre 2015

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L'AVVENIRE DEI LAVORATORI La più antica testata della sinistra italiana, www.avvenirelavoratori.eu Organo della F.S.I.S., organizzazione socialista italiana all'estero fondata nel 1894 Sede: Società Cooperativa Italiana - Casella 8965 - CH 8036 Zurigo Direttore: Andrea Ermano

> > > PDF scaricabile su http://issuu.com/avvenirelavoratori < < <

e-Settimanale - inviato oggi a 44398 utenti – Zurigo, 1 ottobre 2015

Per disdire / unsubscribe / e-mail > [email protected] Per iscrivervi inviateci p.f. il testo: "includimi" a: ADL Edizioni In caso di trasmissioni doppie inviateci p.f. il testo: "doppio" a: ADL Edizioni

IPSE DIXIT

Eleanor Roosevelt con il manifesto della

Dichiarazione universale dei diritti umani

L’Assemblea Generale,

Guidata dagli scopi e dai principi espressi nella Carta delle Nazioni

Unite,

Richiamando la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la

Convenzione Internazionale sui Diritti Civili e Politici e la

Convenzione sui Diritti del Bambino,

Richiamando anche le risoluzioni sulla questione della pena di morte

adottata nell’ultimo decennio dalla Commissione sui Diritti Umani in

tutte le sessioni consecutive, l’ultima essendo la 2005/59, con cui la

Commissione ha esortato gli Stati che ancora mantengono la pena di

morte affinché la aboliscano completamente e, allo stesso tempo,

stabiliscono una moratoria delle esecuzioni,

Richiamando inoltre gli importanti risultati conseguiti dalla ex

Commissione sui Diritti Umani sulla questione della pena di morte, e

contemplando che il Consiglio sui Diritti Umani possa continuare a

lavorare su questo problema,

Considerando che l’uso della pena di morte attacca la dignità umana

e convinti che una moratoria sull’uso della pena di morte contribuisca

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alla promozione e allo sviluppo progressivo dei diritti umani, che non

c’è alcuna prova conclusiva del fatto che la pena di morte abbia un

valore deterrente e che ogni errore o fallimento della giustizia, con

l’implementazione della pena di morte, è irreversibile e irreparabile,

Accogliendo le decisioni prese da un crescente numero di Stati

nell’applicare una moratoria sulle esecuzioni, seguita in molti casi

dall’abolizione della pena di morte,

1. Esprime la sua profonda preoccupazione riguardo la continua

applicazione della pena di morte;

2. Invita tutti gli Stati che ancora hanno in vigore la pena di morte

a:

(a) Rispettare gli standard internazionali per fornire clausole

che salvaguardino la protezione dei diritti di coloro che

affrontano la pena di morte, in particolare gli standard minimi,

come previsto nell’allegata risoluzione 1984/50 del 25 maggio

1984 del Consiglio Sociale ed Economico;

(b) Fornire al Segretario Generale le informazioni relative

all’uso della pena capitale e l’osservanza delle clausole di

salvaguardia della protezione dei diritti di coloro che devono

affrontare la pena di morte;

(c) Restringere in modo progressivo l’uso della pena di

morte e ridurre il numero dei reati per i quali essa è prevista;

(d) Stabilire una moratoria sulle esecuzioni con lo scopo di

abolire la pena di morte;

3. Invita gli Stati che hanno abolito la pena di morte a non

reintrodurla…

Organizzazione delle Nazioni Unite

New York, 18 dicembre 2007

Conformemente alla Legge 675/1996 tutti i recapiti dell'ADL Newsletter sono utilizzati in copia nascosta. Ai sensi del Codice sulla privacy (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 13) rendiamo noto che gli indirizzi della nostra mailing list provengono da richieste d'iscrizione, da fonti di pubblico dominio o da E-mail ricevute. La nostra attività d'informazione politica, economica e culturale è svolta senza scopi di lucro e non necessita di "consenso preventivo" rivestendo un evidente carattere pubblico come pure un legittimo interesse associativo (D.L. 30.6.2003, 196, Art. 24). L'AVVENIRE DEI LAVORATORI contribuisce da oltre 115 anni a tenere vivo l'uso della nostra lingua presso le comunità italiane nel mondo tra quelle persone che si sentono partecipi degli ideali socialisti-democratici di Giustizia e Libertà.

EDITORIALE

Contro la pena di morte

di Andrea Ermano

Nel suo storico discorso di fronte al Congresso degli Stati Uniti, papa

Bergoglio ha detto che la "nostra responsabilità di proteggere e

difendere la vita umana… mi ha portato, fin dall’inizio del mio

ministero, a sostenere a vari livelli l’abolizione globale della pena di

morte. Sono convinto che questa sia la via migliore, dal momento che

ogni vita è sacra, ogni persona umana è dotata di una inalienabile

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dignità, e la società può solo beneficiare dalla riabilitazione di coloro

che sono condannati per crimini".

Francesco parla al Congresso USA

Dopodiché, l'altro ieri notte a Jackson, nello stato della Georgia, è stata

giustiziata tramite iniezione letale Kelly Renee Gissendaner, 47 anni,

mandante dell'assassinio del marito. Per questa notte è prevista, in

Virginia, l'esecuzione di Alfredo Prieto, 49 anni, colpevole di aver

ucciso nove persone tra il 1988 e il 1990.

Occhio per occhio, dente per dente?

Ma che dire allora del diciannovenne saudita Ali al Nimr, colpevole

solo di aver protestato contro il governo del suo paese?

«Ali Mohammed al Nimr, nipote di un assai famoso oppositore

sciita al regime dell’Arabia Saudita, aveva 17 anni quando, nel

febbraio 2012, venne arrestato per aver preso parte a una

manifestazione nella provincia di Qatif, ed è stato condannato a morte

il 27 maggio scorso», scrive Paolo Mieli, facendo presente che nel

regno mediorientale «il ritmo delle esecuzioni si è intensificato al

punto che nel maggio scorso è stato pubblicato un bando per il

reclutamento di otto nuovi "funzionari religiosi" da adibire al taglio

delle teste. Lo scrittore Tahar Ben Jelloun ha minuziosamente descritto

cosa accadrà ad Ali al Nimr il giorno dell’esecuzione: "Sarà decapitato,

poi crocifisso, e infine lasciato agli uccelli rapaci e alla putrefazione".

Come accadde, scrive Ben Jelloun, al grande poeta sufi del decimo

secolo, Al Halla: il suo corpo fu evirato, crocifisso e lasciato marcire al

sole. Un’abitudine non nuova, dunque».

Ali Mohammed al Nimr

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Be', in effetti, questa "abitudine", come scrive Mieli, non è nuova. Ma

non è estranea nemmeno alla cultura giuridica di casa nostra. Ebbe

applicazione massiccia in altri tempi, in conformità con quanto sancito

dal diritto romano nei casi di ribellione e brigantaggio. Nel 71 a.C. gli

schiavi insorti con Spartaco vennero crocifissi lungo la via Appia,

sicché da Roma a Capua il viandante poteva "ammirare" seimila corpi

sanguinanti, morti o morenti, appesi ai legni, a monito contro la

sedizione.

Un secolo dopo, accade a Gerusalemme che un ebreo di nome

Yeshua, un predicatore e taumaturgo semi-sconosciuto ai cronisti

dell'epoca, sia condannato a morte dal praefectus Pilato. La sentenza

viene eseguita dai soldati romani. Ma l'ennesima crocifissione stavolta

inaugura, come tutti sanno, un tenace movimento di dissidenza

religiosa e morale anti-pagana noto sotto il nome di Cristianesimo. Il

quale Cristianesimo però, dopo un paio di secoli, diviene religione di

Stato. E in quanto tale stabilisce una serie di dogmi, contraddire i quali

è considerato un delitto grave. Ritornano così in campo cristiano le

usanze del potere pagano: la propaganda assassina, la discriminazione,

la persecuzione, la tortura, la messa a morte, la strage.

Quando porge la man Cesare a Piero,

Da quella stretta sangue umano stilla:

Quando il bacio si dan Chiesa ed Impero,

Un astro di martirio in ciel sfavilla.

Questi versi del Carducci – ben oltre la polemica risorgimentale –

riassumono un meccanismo della catastrofe umanitaria sempre in

agguato ogni qual volta la res publica smarrisca il suo fondamento

d'imparzialità e di prudenza.

Certo, non è indifferente se il potere costituito s'identifica

ideologicamente con la religione del divo Augusto o di Nerone, della

dea Ragione o dell'Autodafé, della Fratellanza universale o della

Grandezza nazionale… I contenuti e le forme di una cultura, come il

suo grado di tolleranza/intolleranza e di sapienza/insipienza,

posseggono un peso enorme. Ma, quando il potere costituito tende al

potere costituente e viceversa, "da quella stretta" allora poi comunque

"sangue umano stilla".

L'esempio più macroscopico di ciò si ha nei diciotto secoli di

antisemitismo europeo. All'inizio di questa vicenda, nel clima di nuova

armonia tra Chiesa e Impero, la responsabilità (romana) della

crocifissione di Gesù Cristo è senz'altro scaricata sugli Ebrei, i quali di

qui in poi valgono, collettivamente e di generazione in generazione,

quale "popolo deicida". Una leggenda infame che inizia nel secondo

secolo e finisce vent'anni dopo Auschwitz, nel 1965, con la

dichiarazione Nostra Aetate, e non senza qualche residua ambiguità:

"Se autorità ebraiche con i propri seguaci si sono adoperate per la

morte di Cristo, tuttavia quanto è stato commesso durante la sua

passione, non può essere imputato né indistintamente a tutti gli Ebrei

allora viventi, né agli Ebrei del nostro tempo".

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Roma, Stazione Tiburtina, 18 ottobre 1943

1023 Ebrei romani deportati ad Auschwitz

Oggi noi incontriamo insormontabili difficoltà a immaginarci che tutto

questo è stato, ed ha avuto luogo in Europa.

Giustamente inorridiamo nell'assistere alle pratiche – della

crocifissione, della decapitazione, della lapidazione – tuttora in vigore

nel mondo islamico.

Giustamente ci sentiamo molto vicini a papa Francesco quando

condanna la pena di morte, e molto lontani dai funzionari di giustizia

della Georgia della Virginia incaricati di praticare l'iniezione letale ai

condannati.

Ma molti nostri concittadini europei fanno fatica a comprendere per

quale ragione un omicida non debba essere a sua volta giustiziato. Un

premier europeo, per esempio, si è detto favorevole alla reintroduzione

della pena di morte "se la maggioranza della gente pensa che questa

rappresenti una difesa più efficace contro il dilagare della criminalità".

Non è improbabile che un po’ di gente si chieda che cosa ci sia di

sbagliato in questo ragionamento, indubbiamente errato.

Secondo il credo populista la democrazia possiede un semplice e

fondamentale aspetto egualitario: "uno vale uno".

Ma, se "uno vale uno", allora una grande maggioranza di "uni" (caso

limite: tutti gli "uni" meno "uno") dovrebbero poter disporre di

quell'"uno" e quindi, per esempio, decidere di avere il sacro diritto di

eliminarlo con un'iniezione letale, o anche tramite qualche altro

metodo più o meno brutale.

Anzi, se ne ammazzate "uno" per educarne mille, allora il metodo

brutale, oggi saudita e ieri europeo, non sarebbe forse addirittura

preferibile a quelli attualmente in vigore negli USA? In fondo, la gente

s'impressiona di più per una crocifissione che non per una puntura…

In realtà, questo groviglio mentale resta inestricabile finché non ci

disponiamo a pensare alla democrazia in senso moderno, non cioè

come a un "uno vale uno", ma come a una specialissima eguaglianza

tra valori infiniti. Ogni "uno" deve valere infinitamente. Nel senso che

ciascuna persona umana possiede un proprio inalienabile valore

assoluto. Un valore che non può essere rifunzionalizzato

populisticamente nella disponibilità di ciò che pensa la "maggioranza

della gente".

No, non lo si può fare!

Né in rapporto alla lotta per la legalità né in rapporto a qualsiasi altra

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"santa" causa.

MUSEO DI ROMA

IN TRASTEVERE

Andy Rocchelli

Stories Dal 30 settembre al 15 novembre 2015

MUSEO DI ROMA IN TRASTEVERE

Piazza S. Egidio 1b

Al Museo di Roma in Trastevere, dal 30 settembre al 15 novembre

2015, una mostra racconta attraverso i suoi lavori più significativi,

realizzati fra il 2009 e il 2014, il percorso fotografico di Andy

Rocchelli, il fotoreporter ucciso insieme al freelance russo Andrej

Mironov il 24 maggio 2014 a Sloviansk, nell’est dell’Ucraina.

La mostra è promossa dall’Assessorato alla Cultura e allo Sport di

Roma-Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, a cura di Cesura in

collaborazione con 3/3. Con il patrocinio e il supporto dell'Ambasciata di

Svizzera in Italia e di SpazioReale Monte Carasso, Cantone del Ticino.

Per informazioni:

www.museodiromaintrastevere.it

[email protected]

[email protected]

SPIGOLATURE

Another Brick

in the Wall…

di Renzo Balmelli

MURI. Quando i Pink Floyd composero il celebre "The Wall", pietra

miliare del rock impegnato, l'Europa da est a ovest era ancora tagliata

in due da una frontiera di mattoni, simbolo delle barriere materiali o

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metaforiche che hanno deturpato e deturpano la storia dell'umanità. Da

allora il mondo è cambiato, ma non come si sperava. Per un muro che

crolla, altri cento ne sorgono tra l'astio e i sospetti. Non sorprende

quindi che a quasi quarant'anni dalla prima pubblicazione, l'opera dei

Floyd conservi intatto tutto il suo potenziale e continui a fare riflettere

con rinnovata intensità grazie al film di Roger Waters, da poco nelle

sale, dedicato all'album omonimo della band inglese. Fin dall'antichità

l'uomo ha sempre costruito barriere materiali e psicologiche a difesa

del proprio territorio e del proprio potere in nome di ideali spesso assai

discutibili. Magari è vero che i muri servono a proteggere dalle

intemperie, ma nel momento in cui assistiamo all'odissea dei profughi,

ben più numerosi sono quelli della disperazione contro i quali si

infrangono le speranze.

IMMAGINE. A proposito di muri vecchi e nuovi solleva interrogativi,

a loro volta vecchi e nuovi, l'esito delle elezioni in Catalogna che si

presta a varie chiavi di lettura. Difatti se da un lato questo voto tende a

confermare l'ampiezza del sentimento separatista, senza essere tuttavia

un plebiscito, dall'altro porta acqua al mulino degli eurodisfattisti che

sulla disunione, l'esclusione e la nostalgia delle piccole patrie ci

campano alla grande. Il verdetto delle urne, pur senza autorizzare

conclusioni definitive, sembra infatti marcare, oltre a un serio

problema interno per la Spagna, l'inizio di un percorso che si muove in

senso contrario rispetto a quello originale , ormai lontano dal progetto

politico e culturale dei padri fondatori. E proprio questi sono oggi i

limiti dell'Unione, poiché l'Europa "immaginata" da chi la tenne a

battesimo – annota Ilvo Diamanti su Repubblica – "è rimasta appunto

un'immagine, un orizzonte lontano".

VERTICE. Nel Medio Oriente le possibilità sono due. O l'incombente

minaccia dell'Isis, frutto di tante cose oltre che di una palude mediatica

senza precedenti, riesce, obtorto collo, a riavvicinare Washington e

Mosca unite contro il comune nemico dopo due anni di gelo, oppure

nella regione in cui opera potrebbero presentarsi condizioni non

lontane da quelle di una terza guerra mondiale. Che la vasta zona

compresa tra la Libia, l'Iraq e la Siria sia il teatro di ogni sorta di

prevaricazione è ormai evidente anche agli occhi di chi preferisce

guardare altrove. Impedire che la situazione possa degenerare fino al

punto di non ritorno dovrebbe essere una preoccupazione più che

sufficiente per consigliare ad Obama e Putin di farsi folgorare sulla via

di Damasco e di non lasciare a metà il brindisi e il faccia a faccia che

dovrebbero suggellare la strategia condivisa sulla sorte di Assad. A tale

proposito le posizioni sono ancora parecchio lontane, ma a dispetto

delle divergenze è lecito pensare che a nessuno dei due farebbe piacere

trovarsi il califfato davanti alla porta di casa.

VEEMENZA. Tutto sommato sono tra le più tranquille del panorama

continentale, ma ciò non deve indurre a credere che le elezioni per il

rinnovo del parlamento federale svizzero, in programma il 18 ottobre,

servano unicamente a confermare la tradizionale e immutabile

governabilità di un Paese che non ama gli scossoni e non conosce crisi

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ministeriali. Dalle urne non usciranno esiti sconvolgenti , dato questo

che sondaggi alla mano appare assai probabile. Le oscillazioni saranno

però una radiografia degli umori prevalenti tra la popolazione rispetto

ai temi che maggiormente la preoccupano: il franco forte, la

controversa libera circolazione della manodopera estera, i rapporti con

l'Europa -piuttosto convulsi di questi tempi - l'afflusso dei migranti , la

protezione delle frontiere. Su questi argomenti, di forte contenuto

emotivo, la temperatura elettorale è salita alle stelle sotto la spinta dei

populisti che ne hanno fatto il soggetto centrale se non l'unico della

loro campagna con una veemenza pari a quella delle famigerate

iniziative anti stranieri di Schwarzenbach negli anni Settanta che

spaccarono in due la Confederazione. Agli altri e in particolare alla

sinistra il compito di impedire che si trasformino in una ossessione.

PAROLE. Funambolo della politica, Matteo Renzi non passa certo

inosservato quando si muove sul palcoscenico internazionale dove i

commentatori provano a sviscerare la personalità del premier che si

professa di sinistra però senza mai spiegare esattamente come. Alla

CNN è stato addirittura accostato a Bill Clinton e Tony Blair, due

pezzi da novanta della terza via liberal-socialista rimasta però una bella

incompiuta. In uno slancio di modestia, dopo questo paragone il

premier si è detto pronto a fermarsi e a lasciare finendo diritto diritto

nelle fauci della satira, feroce e irriverente. Se avessimo saputo che era

così facile, sai quanti esempi avremmo potuto sfornare ogni giorno

hanno detto i Crozza di turno con un'allusione carica di significati.

Tanto più, che l'esclamazione "In America, in America", cara a non

pochi onorevoli, sembra essere la versione italiana del famoso appello

"A Mosca a Mosca" della letteratura russa in cui i personaggi

intessevano le loro reti di rapporti, il loro gioco di parole.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

LAVORO E DIRITTI

a cura di www.rassegna.it

Disoccupazione in calo,

ma non tra i giovani

L'Istat rileva un nuovo calo del tasso ad agosto, sceso all'11,9%.

Sorrentino (Cgil): "Dati confortanti solo se si stabilizzeranno e

comunque contenuti visti gli ingenti incentivi alle imprese". Intanto

risale la disoccupazione giovanile: ora è al 40,7%.

“Gli andamenti sull'occupazione, se si stabilizzeranno, sono certamente

un dato confortante, ma comunque appaiono contenuti visti i

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considerevoli incentivi previsti in legge di stabilità per le assunzioni

2015, che hanno avuto un effetto incrementale, ma bisogna vedere

quanto duraturo”. È questo il commento della Cgil, per bocca della

segretaria confederale, Serena Sorrentino, agli ultimi dati

sull'occupazione diffusi dall’Istat.

Nell’ultima rilevazione pubblicata ieri, mercoledì 30 settembre,

l’istituto di statistica ha infatti segnalato un nuovo calo nel tasso di

disoccupazione, che si è attestato all'11,9% ad agosto. Secondo i dati

provvisori, la flessione è di 0,1 punti percentuali rispetto al mese

precedente e di 0,7 punti rispetto ad agosto 2014. Nei dodici mesi la

disoccupazione diminuisce del 5%, con 162mila persone in meno in

cerca di lavoro.

Torna ad aumentare invece la disoccupazione giovanile, che arriva

ad agosto al 40,7% (+0, 3% su luglio), restando comunque sotto il dato

di agosto 2014 (-2,3 punti). Gli under 25 disoccupati sono 631mila,

13mila in più rispetto al mese precedente.

Secondo Serena Sorrentino, “il dato relativo alla disoccupazione

giovanile indica scarsa propensione dell'impresa ad investire sul futuro.

Se il governo vuole dare un segnale vero che questa è #lavoltabuona e

che l'#italiariparte metta in legge di stabilità incentivi sull'occupazione

aggiuntiva per le imprese che investono, vincolandoli all'innovazione e

prevedendo la loro restituzione in caso di licenziamento di quel

lavoratore prima dei tre anni”, sostiene la segretaria Cgil.

“Quanto al jobs act - prosegue la dirigente sindacale - rappresenta un

regalo in più all'impresa che assumerà con gli incentivi risparmiando il

30 per cento del costo del lavoro per tre anni potendo però licenziare

liberamente anche senza giusta causa. Quindi è comprensibile che le

imprese esultino, ma i lavoratori sanno che hanno perso diritti

fondamentali”. “Sul jobs act, comunque, - conclude la segretaria

confederale - la partita non è affatto chiusa, i diritti vanno riconquistati

e la contrattazione lo sta già facendo: nelle 325mila unità, infatti, ci

sono anche assunzioni fatte con accordi sindacali che disapplicano le

tutele crescenti”.

Da Avanti! online www.avantionline.it/

Prime bombe russe

Putin nella palude siriana?

di Maria Teresa Olivieri

Mosca non voleva rimanere esclusa dalla costruzione della nuova Siria,

ma soprattutto non poteva rimanere esclusa dai giochi in Medio

Oriente mentre un paese amico come la Siria viene riorganizzato

dall’Occidente con in testa la Casa Bianca. Così dopo il discorso

davanti all’Onu, Putin passa dalle parole ai fatti. Stamattina il

parlamento russo, su richiesta di Putin, ha dato il via libera e sono

iniziati i raid aerei di Mosca sulla Siria. A darne conferma

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l’amministrazione americana, che è stata avvertita dal Cremlino prima

degli attacchi (contatti sono stati inoltre avviati tra Usa e Russia per la

gestione dello spazio aereo al fine di evitare scontri). “L’unico modo

giusto di lottare contro il terrorismo internazionale è agire in anticipo,

combattere e distruggere miliziani e terroristi sui territori già occupati

da loro e non aspettare che arrivano a casa nostra” ha commentato da

parte sua il presidente Putin.

Alla base della decisione di Putin ci sarebbe la preoccupazione per

l’aumento dei foreign fighters, combattenti dell’area dell’ex Unione

Sovietica che sono andati in Siria, sono tornati a casa e costituiscono

una diretta minaccia. Ma secondo i la Casa Bianca quella di Mosca “è

improvvisazione”, tanto che gli attacchi aerei russi si sono concentrati

nelle province di Hama, Homs e Latakia, ma non in aree controllate dai

jihadisti dello Stato islamico. Tanto da lasciar intendere che sotto le

bombe russe sono finiti obiettivi diversi dai combattenti dello Stato

islamico e che quindi i russi hanno agito in appoggio ad Assad contro

tutti i suoi oppositori, più che contro lo Stato islamico.

La speranza per gli Stati Uniti, che nel frattempo hanno dovuto

sospendere i raid aerei per evitare sovrapposizioni con le operazioni

russe, è che Putin finisca impantanato in una nuova guerra così come

successo agli Usa, ma il capo dell’amministrazione presidenziale russa,

Serghei Ivanov, ha spiegato che le operazioni dell’aviazione russa si

svolgeranno in “un arco di tempo definito” e “non potranno andare

avanti indefinitamente”. “In Siria in queste ore si sta creando uno

spiraglio di via di uscita”, ha commentato dal Consiglio di Sicurezza

Onu il Ministro degli esteri Paolo Gentiloni. “Una transizione politica

graduale che però non dia vita a un vuoto di poteri come successo in

Libia, e prima della Libia, in Iraq”, ricalcando le affermazioni di Renzi

di questi giorni.

Diversa la posizione dei francesi che non vogliono certo che la Siria

finisca nell’orbita di Putin, la procura di Parigi ha aperto un’inchiesta

sui presunti crimini commessi dal regime di Damasco di Assad tra il

2011 e il 2013 sulla testimonianza di un ex fotografo della polizia

militare siriana, fuggito dal paese nel 2013 con 55mila fotografie che

proverebbero gli abusi e le brutalità commesse durante il conflitto. La

Francia, inoltre, punta a sottolineare che le bombe russe hanno in realtà

come obiettivo non l’Isis ma l’opposizione siriana. “Se hanno colpito a

Homs, come sembra”, ha affermato una fonte militare di Parigi, non è

lo Stato islamico l’obiettivo ma probabilmente i gruppi di opposizione.

Ciò conferma che “i russi vanno più in aiuto di Assad che contro

l’Isis”, a supporto della tesi di Parigi anche il capo della Coalizione

nazionale siriana, il principale gruppo politico di opposizione ad

Assad, Khaled Khoja. Secondo Khaled Khoja nei raid aerei russi sulla

Siria sarebbero morti almeno 36 civili e le bombe hanno colpito zone

dove i combattenti dello Stato islamico e Al Qaeda non sono presenti.

“Tutti gli obiettivi colpiti dai raid aerei russi a nord di Homs erano

civili” ha scritto Khaled Khoja, sul suo profilo Twitter. “Le zone

colpite nelle operazioni aeree russe a Homs sono le stesse in cui lo

Stato islamico combatteva ed è stato sconfitto già un anno fa”.

Mosca si affretta, nel frattempo, a dare per “legittimo” il suo

intervento, facendo sapere che è stato il presidente Assad a chiedere

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“l’aiuto militare” di Mosca, anche per quanto riguarda specificamente

l’invio di aerei. “D’accordo con la decisione del comandante supremo

delle forze armate della Federazione russa, Vladimir Putin, le forze

aeree russe hanno cominciato oggi bombardamenti mirati contro

obiettivi dello Stato islamico sul territorio della Repubblica araba

siriana”, ha annunciato un portavoce del ministero della difesa di

Mosca citato dall’agenzia di stampa Interfax.

Vai al sito dell’avantionline

La Fondazione Socialismo

La rivista Mondoperaio

promuovono il convegno

Fiducia nel futuro Una riflessione a 60 anni dal piano Vanoni

Roma, 6 ottobre alle ore 17:30

Istituto della Enciclopedia Italiana - Sala Igea

Piazza della Enciclopedia italiana, 4

Presiede: Luigi Covatta

Introduzione: Gennaro Acquaviva

Giuseppe De Rita, Programmare per costruire

Giulio Sapelli, Presente e futuro nella impostazione del Piano

Vanoni

Enrico Morando, Programmazione e politica nella storia

repubblicana

Piero Craveri, Vanoni e l’occasione mancata dai socialisti

liberali e riformatori

Giuliano Poletti, Il futuro impossibile senza autorevolezza

della politica

Info e accrediti:

Fondazione Socialismo - tel.: 06 85 300 654,

e-mail: [email protected]

www.fondazionesocialismo.it/

Da MondOperaio http://www.mondoperaio.net/

Cambiare verso alla Rai

di Celestino Spada

Da quando, nel 1994, Angelo Guglielmi (che aveva portato RaiTre al

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successo professionale e di pubblico) fu accusato sull’Unità, da

intellettuali ed “esponenti della società civile”, di aver fatto “in realtà”

il gioco di chi aveva appena vinto le elezioni, il ruolo di direttore della

terza rete televisiva della Rai si è rivelato scomodo. Se ne ha riprova in

questi giorni, che vedono l’attuale direttore e i responsabili di alcune

rubriche giornalistiche sotto attacco perché “non si sono accorti che

nel Pd è stato eletto un nuovo segretario il quale è diventato anche

premier” (on. Michele Anzaldi): fino a essere qualificati di

“camorrismo giornalistico” (dal presidente della Regione Campania,

Corriere della sera del 29 settembre).

La giostra che ne sta seguendo nell’opinione e nelle istituzioni è,

come al solito, a tema fisso: chi comanda nella e sulla Rai e le sue

strutture editoriali (una per una): se il partito “di riferimento”, il

Parlamento, lo stesso ente radiotelevisivo. A documentare ancora una

volta la tossicità dei rapporti fra politica, professione e impresa

radiotelevisiva instaurati con la riforma del 1975, e l’incapacità ormai

ultradecennale dei partiti di risolvere i problemi da essi stessi generati:

una constatazione che varrebbe anche nel caso che a finire sotto

attacco non fossero programmi che onorano il servizio pubblico e chi

ci lavora, come nel caso di Report e di Presadiretta. Diciamo la verità:

quando si ha in testa un partito tutto impegnato a perseguire obiettivi e

scelte concrete di cambiamento della società italiana, non vengono in

mente cose come queste.

FONDAZIONE NENNI http://fondazionenenni.wordpress.com/

Mauro Ferri (Roma, 15 marzo 1920 – 29 settembre 2015)

Con lui scompare un altro esponente

della famiglia socialista nenniana

di Giuseppe Tamburrano

È morto Mauro Ferri , nato a Roma il 15 marzo del 1920. La sua

presenza sulla scena politica italiana è stata lunghissima, ed ha

ricoperto un gran numero di cariche pubbliche: da Sindaco di Castel

San Niccolò, a componente del Comitato Politico Centrale del Psi

(sempre riconfermato), partito nel quale è eletto deputato per cinque

legislature consecutive, fino a diventare Segretario del PSU dopo la

scissione ( ma rientrò presto nel PSI ).

Nel 1972 è nominato Ministro dell’industria nel secondo governo

Andreotti e nel 1979 è eletto al parlamento europeo, dove ricopre la

carica di Presidente della commissione giuridica prima e della

Commissione Istituzionale poi. Nel 1986 è eletto al Consiglio

Superiore della Magistratura e l’anno successivo è nominato giudice

costituzionale dal Presidente Cossiga. Nel 1995 è nominato Presidente

della Corte Costituzionale.

Concluso il periodo nella Corte entra nel 1996 come Socio

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Fondatore nella Fondazione Nenni e vi rimane fino alla morte,

partecipando anche negli ultimi tempi, in cui si muoveva con estrema

difficoltà, a tutte le riunioni del Consiglio di Amministrazione dando

ogni volta il suo determinante contributo ai lavori del consiglio stesso.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI - Voci su Wikipedia : (ADL in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (ADL in spagnolo) http://es.wikipedia.org/wiki/L%27Avvenire_dei_Lavoratori (Coopi in italiano) http://it.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in inglese) http://en.wikipedia.org/wiki/Ristorante_Cooperativo (Coopi in tedesco) http://de.wikipedia.org/wiki/Cooperativa_italiana

L’analisi

Le elezioni catalane

Una lezione politica istituzionale per l’Italia

di Felice Besostri

Il risultato delle elezioni catalane di domenica 27 settembre 2011 ha carattere

costituente secondo la parola d’ordine dei partiti catalanisti indipendentisti (CDC-

ERC, con lista unica ”Uniti per il Sì”, con il sostegno di due piccole formazioni

scissioniste del PSC e dell’UDC, e CUP (“Candidatura di Unità Popolare”) dopo che

il Governo con l’avallo del Tribunale Costituzionale aveva dichiarato illegittimo il

referendum istituzionale indetto per il 2014 sostituito da una consultazione popolare

senza valore legale. Col senno di poi le forze politiche contrarie alla secessione della

Catalogna si pentiranno perché il referendum aveva due quesiti. Il primo sulla

dichiarazione di sovranità, cioè il passaggio da Comunità Autonoma (per intendersi

come una Regione Autonoma italiana, tipo Sicilia) a stato sovrano (Land tedesco o

Cantone svizzero) . Il secondo se questo stato dovesse essere non solo sovrano ma

anche indipendente. Un processo con similitudini con quello che portò alla

dissoluzione dell’U.R.S.S. in quanto le chiusure alle dichiarazioni di sovranità,

accelerarono quelle di indipendenza: in teoria una dichiarazione di sovranità è

compatibile con una soluzione federale, che era ed è la posizione dei socialisti

spagnoli, PSOE, e catalani, PSC. In base alla rappresentanza parlamentare gli

indipendentisti ed alleati hanno una chiara maggioranza. Junts pel Sì (CDC,ERC e

alleati) ha 62 seggi, che sommati ai 10 di Candidatura d’Unitat Popular, una forza

politica di sinistra alternativa, rappresentata nell’assemblea parlamentare della

Generalitat dal 2012 con 3 seggi, costituisce una maggioranza di 72 seggi su 135. In

percentuale di voto, con una partecipazione storica del 77,44% (2012 69,6%, 2010

58,8) : una chiara controtendenza rispetto all’Italia e alla Grecia) le due liste

indipendentiste raggiungono, invece, il 47,78% (JxSì 39,57%+ CUP 8,21%) , che

non è la maggioranza assoluta, ma più omogenea dei contrari.

La Catalogna non si è fatta impressionare dai sistemi elettorali italiani: ha un

sistema elettorale sostanzialmente proporzionale con una soglia d’accesso provinciale

del 3%, quindi più bassa dell’Italikum, che ha la stessa percentuale, ma nazionale. I

seggi sono distribuiti su base provinciale con il Metodo d’Hont, che favorisce le liste

più votate, non esente da distorsioni. Nelle elezioni precedenti del 2012 uno degli 85

seggi della provincia di Barcellona è costato 47.500 voti, mentre con appena 20.900

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voti si conquistava uno dei 15 seggi della provincia di Lerida. Con 30.900 voti si

conquistava un seggio su 18 a Terragona, mentre a Girona, con 17 seggi totali, ci

volevano 29.500 voti per averne almeno 1. Questi rapporti seggi voti hanno nel

passato favorito la CiU (CDC+UDC) di Pujol rispetto al PSC-PSOE, che si

contendevano la direzione del governo, in altri tempi: per esempio nel 2006 il PSC

era il primo partito in percentuale con il 37,85% dei voti ma il secondo in seggi

avendone 52 a fronte dei 56 di CiU con il 37,7%: stessa situazione nel 1999 con il

PSC al 38, 21% e 52 seggi e CiU con 56 seggi e il 38,05%.

Con queste elezioni 2015 il panorama politico è totalmente cambiato e la

Catalogna non assomiglia alla Spagna del Parlamento eletto nel 2011 e neppure a

quello che uscirà dalle elezioni del dicembre 2015, per il quale le previsioni si son

fatte più difficili. L’asse politico in Catalogna non è più contrassegnato dalla

contrapposizione destra/sinistra e neppure da una tripartizione destra-centro-sinistra,

ma da indipendentisti/non indipendentisti (una definizione questa che è già un segno

di debolezza, che in un referendum sì/no potrebbe influenzare il risultato, se per

esempio i federalisti optassero per il no o per la non partecipazione al voto o scheda

bianca. La legge referendaria potrebbe tenere conto per la proclamazione della

maggioranza dei voti o dei votanti e/o pretendere come validante un quorum di

partecipazione degli aventi diritto: tutte questioni da risolvere nell’arco temporale,

che gli indipendentisti si sono dati di 18 mesi e che dipenderà anche dal nuovo

governo centrale, se dovrà essere una soluzione unilaterale o bilaterale. La

discriminazione indipendentista spiega il successo della lista civica di centro destra

Ciutadans (C’s) contraria all’autodeterminazione catalana e la singola lista con il

maggior successo: 2012 7,57% e 9 seggi vs 2015 17,91% e 25 seggi. Alle prime

elezioni catalane del 1980 i partiti rappresentati in Parlamento erano 6, tra cui, con 2

seggi anche un Partito socialista andaluso. Nel 2015 soltanto 6 liste hanno ottenuto

rappresentanza, ma espressione di coalizioni, che rappresentano almeno 9/10

formazioni politiche. Nel 1980 la sinistra era chiaramente maggioritaria con 74 seggi

o anche 72, per non contare i socialisti andalusi, PSC 33 seggi+ PSUC (la versione

catalana dei comunisti spagnoli) 25 + ERC (Sinistra Repubblicana Catalana) 14, ma

divisa tanto che ERC votò, insieme alla destra spagnolista di CC-UDC, per la

Presidenza di Jordi Pujol. CiU la formazione unitaria nazionalista catalana

tradizionale, quella che ha retto più a lungo il governo autonomico con 8 legislature

su 10, si è spaccata, in quanto, sia pure di misura, la UCD non ha accettato un

processo unilaterale di indipendenza. La UDC con un misero 2,51% come tale non è

rientrata in Parlamento e una parte, Demòcrates de Catalunya si è alleata con la CDC

di Mas contribuendo alla vittoria di “Uniti per il Sì”, e a contenerne la perdita in

percentuale rispetto al 2012. Nelle precedenti elezioni, infatti Convergència i Unió

aveva il 30,70% e 50 seggi, ma 11 erano UCD, e la ERC il 13,70% e 21 seggi, infatti

hanno governato in coalizione , togliendo dal 44,4% del 2012 il 2, 51% di UCD

2015, avrebbero dovuto ottenere lo 41,89%, mentre il guadagno in seggi rispetto al

punto di partenza è innegabile , perché i 71 seggi di CiU+ERC erano in effetti 60.

Un’altra formazione scissionista socialista Moviment d'Esquerres (Movimento delle

sinistre) , di provenienza del PSC ha contribuito al successo, in che misura lo

potremo sapere solo con la biografia dei futuri parlamentari. La grande sconfitta è la

sinistra tradizionale sia di provenienza socialista, PSC-PSOE, che comunista (PSUC-

PCE) : una sinistra che nel 1980 aveva 58 (PSC 33+ PSUC 25) seggi su 135, ma che

già nel 1988 ne aveva 47. PSC 41 e PSUC 6, inaugurando così le maggioranze

assolute di CiU e Pujol finite con la vittoria del socialista Pasqual Maragall nel 2003.

Le elezione anticipate del 2006 riconfermarono la guida socialista della Generalitat

di Catalogna, con Josep Montilla a capo di una coalizione tripartita Partit dels

Socialistes de Catalunya (PSC) , Esquerra Republicana de Catalunya (ERC) e

Iniciativa per Catalunya Verts-Esquerra Unida i Alternativa (ICV-EUiA) , come la

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precedente. Nel 2010 i socialisti sono sconfitti, ma è tutta la coalizione di sinistra ad

essere punita dagli elettori con 22 seggi in meno, di cui 11, la metà, imputabile a

ERC e 9 al PSC. Dalla sconfitta del scendendo2010 la sinistra tradizionale non si

rimetterà il PSC scende nel 2012 al 14,43% e a 16 seggi da 20, per concludere

paretito la parabola nel 2015 al 12,72% e 16 seggi, ormai terzo partito, dopo essere

stato il secondo o il prima con percentuale di voto anche superiori al 38,1% e 52

seggi. Tuttavia le formazioni a sinistra del PSC non hanno avuto maggior fortuna,

recuperando le perdite socialiste in minima parte. Nel 2003, ottenendo 9 seggi si

presentavano uniti EA (Esquerra Alternativa,) e ICV, che nelle elezioni del 1999

aveva fatto alleanza con i socialisti in alcune circoscrizioni provinciali eleggendo

complessivamente 5 parlamentari. EUiA, esclusa dal Parlamento catalano nel, 1999,

con l’unificazione con ICV, formazione che comprende i Verdi, trae vantaggio dalla

dinamica unitaria e, infatti, uniti conquistano 12 seggi nel 2006, ma scendendo a 10

nel 2010 e avendo il miglior risultato con 15 seggi e il 9,90% nel 2012. Una dinamica

positiva che si è interrotta con il 8,93% e 11 seggi nel 2015, ma in unione con

Podemos che alle municipali del maggio 2015 lasciavano sperare in un risultato di

ben maggiore consistenza e comunque ben lontano dai migliori risultati del PSUC in

Catalogna e di Izquedia Unida in Spagna. A sinistra un solo successo è

incontrovertibile quella della lista CUP (Candidatura per l’unità popolare) con 10

seggi e il 8,21% Guadagna 7 seggi, rispetto al 2012, elezioni dove aveva superato la

soglia con il 3,48%, ma la forza è di essere decisivo per la maggioranza

indipendentista. Il suo successo deriva dalla chiara scelta per l’autodeterminazione

della Catalogna e per il rifiuto di una consiste quota dell’elettorato della EUiA

(Sinistra per l’Unità e l’Alternativa) con Podemos, considerato un movimento

populista, quindi non di sinistra. Un giudizio analogo di squalifica ideologica,

radicato anche nella sinistra italiana nei confronti del M5S. In Italia, come in Spagna,

per fare propria l’esortazione rosselliana (“ oggi in Spagna, domani in Italia”) la

sinistra dovrebbe interrogarsi se è possibile una sconfitta del Partito della Nazione,

senza un’alleanza con il M5S , ma soprattutto per quale incapacità di analisi e/o

mancanza di radicamento sociale non sia stata in grado di percepire, raccogliere e

rappresentare quelle pulsioni di rinnovamento politico-sociale radicale, che i

movimenti come M5S e hPodemos esprimono. A sinistra la per la prima volta, nhel

superato la percentuale del PSC, se nella lista indipendentista unita conservasse la

percentuale del 2012 (13,7%) , ma non potrà mai raggiungere le percentuali più

elevate del PSC 37%/38% pur avendo superato con più del 16% nel 2003 e nel 2006

le percentuali del PSC del 2012 e 2015. Si conferma che la sinistra in Catalogna

come consenso popolare è in progressiva diminuzione dal 1980, sia pure in diversa

composizione, ma nel corso degli anni è stata capace di andare al governo con

coalizioni, ma in solo due occasioni, 2003 e 2006,, ma soltanto nel 2003, a differenza

del 2006, essendo il PSC il primo partito e il suo candidato alla presidente il più

votato.. Il candidato alla presidenza della Genaralitat è il leader del Partito vincitore,

ma i catalani hanno mantenuto l’elezione del presidente dal parlamento. Una legge

elettorale proporzionale con una bassa soglia d’accesso e una forma di governo

parlamentare hanno consentito alla Catalogna di governarsi, di compiere scelte anche

in coalizione e di trasformare il sistema politico. In 35 anni si sono avute quattro

legislature anticipate rispetto alla scadenza quadriennale 1992-1995, 2003-2006 e

2010-2012 e 2012-2015. La prossima sarà piena di tensioni e lo scontro con il

governo centrale , il Parlamento nazionale e il Tribunale Costituzionale sarà

affrontato contando su una maggioranza parlamentare vera e non frutto di premi di

maggioranza arbitrari, ma di una partecipazione del 77,44% degli elettori. Dalla

Catalogna arriva anche una lezione per la Lega Nord, la cui parola d’ordine

secessionista non ha avuto molto seguito. CiU era una lista unitaria di partiti moderati

in politica economica e sociale, tipicamente centrista e cattolica popolare, capace di

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aggregare nel progetto formazioni di sinistra, come ERC, anche estrema come CUP,

che ha sottratto voti a EUiA. La Lega, invece, ha fatto una scelta di destra come

programmi ed alleanze e poi manca nel nord il fattore della lingua, che in Catalogna,

da fattore di esclusione individuale e di divisione tra città e campagna in

appartenenza comunitaria. Fino alla vittoria del socialista Maragall i socialisti erano

penalizzati alle elezioni autonomiche, perché i residenti originari da altre regioni non

partecipavano a quelle elezioni, ma solo a quelle nazionali e municipali assicurando

al PSC la supremazia in quelle elezioni: la più forte delegazione parlamentare

catalana in Madrid e il controllo della Municipalità di Barcellona e della sua area

metropolitana. Una tristezza vedere come quel capitale politico sia stato dissipato,

soprattutto per colpa del PSOE.

L'AVVENIRE DEI LAVORATORI EDITRICE SOCIALISTA FONDATA NEL 1897 Casella postale 8965 - CH 8036 Zurigo L'Avvenire dei lavoratori è parte della Società Cooperativa Italiana Zurigo, storico istituto che opera in emigrazione senza fini di lucro e che nel triennio 1941-1944 fu sede del "Centro estero socialista". Fondato nel 1897 dalla federazione estera del Partito Socialista Italiano e dall'Unione Sindacale Svizzera come organo di stampa per le nascenti organizzazioni operaie all'estero, L'ADL ha preso parte attiva al movimento pacifista durante la Prima guerra mondiale; durante il ventennio fascista ha ospitato in co-edizione l'Avanti! garantendo la stampa e la distribuzione dei materiali elaborati dal Centro estero socialista in opposizione alla dittatura e a sostegno della Resistenza. Nel secondo Dopoguerra L'ADL ha iniziato una nuova, lunga battaglia per l'integrazione dei migranti, contro la xenofobia e per la dignità della persona umana. Dal 1996, in controtendenza rispetto all'eclissi della sinistra italiana, siamo impegnati a dare il nostro contributo alla salvaguardia di un patrimonio ideale che appartiene a tutti.