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Adottare le cure palliative cambia lo sguardo sui malati filealle cure palliative, troppo spesso negato Adottare le cure palliative ... «ostinazione irragionevole» nelle cure (ovvero,

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Page 1: Adottare le cure palliative cambia lo sguardo sui malati filealle cure palliative, troppo spesso negato Adottare le cure palliative ... «ostinazione irragionevole» nelle cure (ovvero,

Il varo dellalegge sulfine vita, il 14dicembre,non haaffattochiuso ilconfrontosui granditemi checerca dirisolvereIl primocaso dicronaca (lamorte diMarina Ripadi Meana)ha portatol’attenzionesul dirittoalle curepalliative,troppospessonegato

Adottare le cure palliativecambia lo sguardo sui malatiI medici di famiglia: è tempo di un nuovo approccio

In Francia, il caso drammaticodella 14enne Inès, in statovegetativo dal 22 giugno 2017all’Ospedale universitario diNancy, in Lorena, ha riportato iriflettori sui dilemmi del fine vita,dopo il definitivo verdetto dellaCorte europea dei dirittidell’uomo che giovedì hafrantumato le residue speranzedei genitori. Per i giudici diStrasburgo è legittima laprocedura medica collegiale cheha già autorizzato il nosocomioa staccare l’assistenzarespiratoria. Secondo la leggefrancese, nei casi di«ostinazione irragionevole» nellecure (ovvero, di presuntoaccanimento terapeutico,secondo una definizione moltocontroversa) l’ultima parolaspetta ai medici. Che ora hannoin mano la sorte di Inès. Il 18gennaio in Francia si sono apertigli «Stati generali della bioetica»,la consultazione civile nazionaleche anticipa la revisioneobbligatoria della legge-quadrosulla bioetica, discussa inParlamento dal prossimoautunno. Da mesi sulle principaliquestioni dibattute, preoccupaanche il "liberismo" spessoattribuito al presidenteEmmanuel Macron, alla lucedelle dichiarazioni rilasciateprima e dopo l’elezione.

Daniele Zappalà

FRANCIA

La sorte di Inèsappesa a un filo

LUCIA BELLASPIGA

allo sapere, fatelo sapere»: e-ra stato l’ultimo appello diMarina Ripa di Meana prima

di morire di cancro il 4 gennaio. Avevascoperto – e voleva dirci con l’ultimo fia-to – che per liberarsi dalla sofferenza,«quando il momento della fine è davve-ro giunto», «non si è costretti ad andarein Svizzera come io credevo di dover fa-re», perché esiste «la via italiana delle cu-re palliative, con la sedazione profon-da». Aveva scoperto ciò che la legge pre-vede da otto anni (la 38 del 2010) ma chespesso resta una chimera. Morire senza soffrire è dunque un dirittonormato. Ma prima della morte? Neimesi precedenti siamo condannati aldolore? È una delle domande più fre-quenti che l’appello della Ripa di Mea-na ha suscitato nel dibattito pubblico.«È fondamentale sapere che le cure pal-liative non entrano in campo alla finedella vita, come se solo vicini alla mor-te avessimo il diritto di non soffrire, mamesi prima, anche anni», chiarisce Pie-rangelo Lora Aprile, segretario scienti-fico della Simg, la Società italiana di Me-dicina generale, ovvero dei medici di fa-miglia. Immaginiamo una staffetta, dove primasono i medici di medicina generale aoccuparsi dell’«approccio palliativo», esolo poi, quando è arrivato il momen-to in cui l’assistenza diventa comples-sa, il paziente approda ai medici pallia-tivisti, con risposte personalizzate suireali bisogni (la sedazione profonda adesempio è necessaria in meno del 10%dei pazienti in fase terminale).Quali sono i pazienticui è rivolto l’«approc-cio palliativo»?Sono i portatori di ma-lattie croniche in faseavanzata e con una li-mitata attesa di vita.Non i malati terminali,quindi, ma persone ilcui orizzonte tempora-le si sta restringendo. Quali i criteri per i-dentificarli?Usiamo la cosiddetta"domanda sorpren-dente": «Saresti sorpreso se questa per-sona nei prossimi 12/24 mesi moris-se?», ci chiediamo. Se non mi sorpren-de, quel mio assistito entra tra le perso-ne per me speciali e da quel giorno"cambio gli occhiali", valuto in modoglobale i suoi bisogni, che non sono piùsolo clinici ma di cure palliative in sen-so lato, ovvero quelle attenzioni multi-dimensionali che fanno la differenza:ad esempio, devo sapere se è abbienteo ha la pensione minima, se vive al ter-zo piano senza ascensore, se ha figli vi-cini o è solo al mondo, se possiede ri-sorse spirituali e risposte esistenziali one è sguarnito... L’attenzione a tutti que-sti bisogni si chiama "approccio pallia-tivo": a questo punto le cure medicheche già riceveva restano, ma rimodula-te perché mi aspetto che entro l’anno ar-

rivi al "confine alto della vita", e inizioa valutare le sue preferenze, che nei li-miti del possibile cerco di esaudire.L’età è un parametro?Non necessariamente: se il paziente ha90 anni ma la risposta alla domandasorprendente è "sì" (mi sorprenderei semorisse), può avere tanta vita davanti,tante passioni, tante attività. Ed è dove-roso che le persegua.Una vera e propria alleanza terapeu-tica, quasi un patto di sangue tra me-dico di famiglia e paziente...Il medico di medicinagenerale è l’unico ad a-vere il privilegio di trac-ciare questo percorsoseduto al tavolo di cu-cina con il suo assistito,la madre, la zia, il vici-no di casa, insomma,con le persone signifi-cative per il malato. Èquello che chiamiamo"ambiente di verità",un percorso con tuttiallineati sul fatto che, inmaniera naturale, si sta avvicinando ilconfine alto della vita. Gli studi dimo-strano che le persone consapevoli vi-vono meglio, non corrono al pronto soc-corso al primo forte sintomo perché so-no state preparate da tempo, sanno cheesistono le cure palliative e le ricevonoa casa propria, senza panico. Dove c’èimpreparazione, invece, i pazienti allostadio terminale vengono trascinati alpronto soccorso e lì restano intubati inrianimazione, a morire da soli. Dunque: la prima fase (l’approccio pal-liativo) spetta al medico di famiglia. La

seconda fase, nelle ul-time settimane di vita,è quella che la legge 38e più recentemente iLivelli essenziali di as-sistenza (Lea) chiama-no "la rete locale di cu-re palliative" e spetta aun’équipe dedicata,composta dal palliati-vista, l’assistente so-ciale, lo psicologo, l’as-sistente spirituale, gliinfermieri specializza-ti... Questo sulla carta.

Ma nella realtà?La tragedia è che spesso la "rete localedi cure palliative" manco esiste. E, an-che quando esiste, a volte i pazienti viarrivano in extremis, ormai in fase ter-minale: sono i medici di famiglia a de-terminare questo passaggio, ma in Ita-lia sono 40mila e la loro preparazione èdisomogenea. Esistono aree di eccel-lenza (storicamente in Lombardia, oraanche in altre regioni), ma è ancoratroppo poco. Un’altra lacuna è pensareche le cure palliative siano riservate aimalati oncologici, mentre l’80% dei pa-zienti con sofferenze e bisogni hannodemenze, cardiopatie, insufficienze re-spiratorie e renali con sintomi deva-stanti, come il soffocamento... Deve e-sistere per tutti un’"etica dell’accom-pagnamento" o dell’"abcd": Acome al-

leviare i sintomi, B come bisogni da va-lutare, C come cure proporzionate. In-fine D come decodificare le richieste.Mi spiego: chi soffre ci dice spesso "nonce la faccio più, meglio morire", e la ri-sposta non è l’eutanasia o il suicidio inSvizzera, bensì le cure. Sarebbe ipocri-ta negare che qualcuno chiede l’euta-nasia – a me è capitato una sola volta intutta la carriera – ma è indubbio che lecure palliative riducono ai minimi ter-mini richieste dettate dalla sofferenza.C’è sovrapposizione tra la legge 38 e la

nuova legge sulle Di-sposizioni anticipatedi trattamento (Dat)?Sono cose diverse. Do-po la famosa "doman-da sorprendente" iomi segno i desideri delpaziente il cui orizzon-te di vita si sta già re-stringendo (se vorràmorire a casa o meno,se accetta manovre in-vasive o no...). Le Datsono invece dichiara-

zioni che si scrivono in tempi non so-spetti, nel timore in futuro di non esse-re in condizione di decidere. Sono leg-gi complementari. Trovo però sbaglia-to il termine "disposizioni", avrei pre-ferito "dichiarazioni" anticipate di trat-tamento. Sia chiaro comunque che eu-tanasia e suicidio assistito restano rea-ti, procedure intenzionalmente messein atto per uccidere, mentre con le Datchiedo "non fatemi questo". Ma, so-prattutto, le cure palliative non sonomai eutanasiche: in alcuni casi so-spendere alimentazione e idratazionenelle ultime ore di vita è una buona pra-tica, mantenerle aumenterebbe solo lesofferenze e renderebbe difficile il re-spiro. Sarebbe mala pratica.Un caso come Eluana Englaro, cui tol-sero acqua e cibo al fine di condurla al-la morte, non c’entra nulla, dunque?Assolutamente no. Parliamo solo di unsoggetto ormai alla fine dei suoi giorni,allora anche le fiale di morfina sono fi-nalizzate a ridurre il dolore, a togliereun sintomo incoercibile, mai a uccide-re. Applicare bene le leggi, sia la 38 chequella sulle Dat, serve anche a ribalta-re le derive eutanasiche: una personarimane persona indipendentementedalle qualità che ha, guai se valutassi-mo il valore di una persona dalla suacapacità di compiere azioni.Il momento della morte può essere an-che quello della preghiera. La sedazio-ne palliativa non rischia di rubarci tut-to questo?Un credente può persino sublimare ildolore e rinunciare alla terapia, of-frendo le proprie sofferenze a Ge-sù... deve comunque essere unascelta ponderata della persona enon del familiare, o dei curanti! Madi fronte alla forte sofferenza ancheil credente sa valutare il tempo del-la preghiera e quello in cui deside-ra chiudere gli occhi in attesa di unsereno passaggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

F«L’intervistaParla Pierangelo Lora Aprilesegretario scientifico Simg:non solo terapie di fine vitama "nuovi occhiali" nelrapporto con i malati lungo ilpercorso che avvicina alla fine

Pierangelo Lora Aprile

L’eutanasia

«Un’attenzionediversa ai pazientiriduce al minimo

le richieste dettatedalla sofferenza»

Le leggi

«La 38 del 2010 va applicata

ma i medici sonoimpreparati. E le Dat

sono sbagliate»

4 Sabato27 Gennaio 2018P R I M O P I A N O LE FRONTIERE

DELL’UMANO

IL CASOAll’inizio di gennaio grandeimpressione ha suscitato ilvideomessaggio che MarinaRipa di Meana ha consegnatoa Maria Antonietta FarinaCoscioni poco prima dimorire: «Anche a casa propria,o in un ospedale, con untumore, una persona devesapere che può scegliere ditornare alla terra senzaulteriori e inutili sofferenze».Scopriva in extremisl’esistenza delle curepalliative, che dal 2010 sonoper legge un diritto di ognicittadino italiano. Si è subitoacceso il dibattito, anche percapire se la "sedazioneprofonda" sia una forma dieutanasia. Il 10 gennaio suqueste pagine ha risposto ilpresidente dei palliativistiitaliani, Italo Penco, chiarendoche la palliazione anestetizzale sofferenze del morente.Oggi un altro medico,Pierangelo Lora Aprile, spiegache le cure per non soffrireriguardano anche pazienti chenon stanno affatto morendo epossono entrare in campomesi e persino anni primadella fine, e anche questo èpoco noto. Conoscere questovero diritto è un dovere per tutti,dalla politica alla magistratura,all’informazione. (L.B.)

venire

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