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Ager Praetutianus Maurizio Anselmi Un percorso visivo attraverso la provincia di Teramo ARTEMIA EDIZIONI

Ager Praetutianus

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Un omaggio del fotografo teramano al paesaggio del suo territorio.

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Ager Praetutianus

Maurizio Anselmi

Un percorso visivo attraverso la provincia di Teramo

ARTEMIA EDIZIONI

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Presentazione

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Il Gigante che cammina

- Racconto -

I o sono la montagna. Io sono la roccia. Dura, fredda, alta.Ho grandi occhi, buoni per spiare ma anche per sorvegliare la

vita di chi, nella notte, dorme ai miei piedi. Così, per fare il guardiano, non riposo mai. Ed è una circostanza, questa, che potrebbe di per sé far sorridere, visto che mi chiamano il Gigante che dorme, se non fosse che io, il Gigante, faccio anc aura. E la paura non si sposa mai con l’allegria. Vorrei gridare la mia sofferenza, dirlo nella mia lingua (la lingua delle montagne) che io sono solo, solo!, e che avrei bisogno di un po’ di compagnia (in fondo cosa chiedo, soltanto un po’ di compagnia) ma non trovo interlocutori a cui esprimere questo sentimento.

Avrei bisogno che un’anima, anche solo per pochi istanti, mi cullasse piano. Vorrei che qualcuno mi accarezzasse, avvolgendomi in un abbraccio fraterno e caldo. Allora, forse, riuscirei a distendermi per bene, magari di lato e non più supino, e a dormire qualche minuto. Ne ho molto bisogno.

Tante persone arrivano qui, mi rivolgono sinceri complimenti (che bella la montagna, è un paradiso, dicono) ma poi non riescono a parlarmi. Perché loro mi usano come se fossi una scala: girandomi intorno ed aggrappandosi alle mie pareti (oppure bucando e attraversando le mie viscere), cercano purezza, serenità, dio. O, nel peggiore dei casi, vantaggi materiali o soluzioni a problemi. La ricerca produce risultati apprezzabili? Non chiedetemi, il Gigante non sa. A volte mi sento minacciato. Ma le minacce mi sfiorano appena.

Il vento soffia forte quando mi alzo, a notte fonda, per cercare un’alternativa alla vita mia. Con meticolosa attenzione cerco di non svegliare i miei abitanti. Sgranchisco le mie gambe di pietra, immobili da milioni di anni, e inizio a camminare verso valle.

Cammino molto lentamente, quasi barcollo. Sono pesante, un po’ goffo. Faccio attenzione alle volpi, ai lupi e agli orsi (non oso disturbare la loro meravigliosa pace), mi nascondo quando passo davanti all’aquila reale e al falco (sono statue così perfette), respiro piano per non attirare

l’attenzione delle vipere e dei cinghiali. Cammino con molta prudenza. Non vorrei calpestare con i miei giganteschi piedi gli estesi boschi di faggio, i ginepri e il mirtillo. La quiete che li accompagna, in questa notte di fine primavera, ancora fredda e così piena di stelle, mi spaventa. Mi infonde il terrore. Non so perché.

Prima di iniziare la discesa, mi fermo qualche minuto. Mi siedo, sprofondando lentamente dentro un pianoro. Mi guardo intorno. Osservo l’enorme vuoto che ho lasciato (quasi mi fa impressione), tiro un sospiro, mi rialzo e vado avanti. Sono troppo in collera con il resto del mondo per nutrire sensi di colpa.

Voglio e devo andare avanti, oggi gira così. E poi ho un desiderio, lontano qualche migliaio di anni: voglio toccare il mare, voglio sapere cosa si prova a tuffarsi in mare. Fare un bel bagno mi farà bene. Mi rotolerò tra le onde, mi farò carezzare da quel tepore, starò un po’ disteso facendo il morto. Sarà un piacere anche nuotare al largo fino a toccare le coste della Croazia, che finora ho solo ammirato dalle mie altezze.

La discesa è lunga e le mie gambe, così grandi e pesanti, sono già affaticate. Mi muovo molto lentamente, caracollando di qua e di là. Sono un pagliaccio triste. Mi specchio nella luna, dal mio volto pietroso scende una lacrima che, appena scoperta, si mischia con il calore della mia sorpresa nel vedermi riflesso, un accenno di risata soffocata e umida. Piango e rido. Mi piacerebbe voler bene al mondo che, però, non mi parla, non mi cerca.

La mia allegria di bambino roccioso mi spinge ad andare avanti. Prendo una leggera rincorsa lungo un declivio erboso che termina con uno strapiombo e, poco prima del precipizio, compio un balzo poderoso in alto e allargo le braccia. Il vento mi sostiene e mi spinge su. Sono una montagna ma sono anche leggero, che strano. E spiccare il volo, che fatica all’inizio, ma poi… che bellezza! Sono un siluro, vado su e giù, sono veloce, sono lento, sono un tappeto magico o un autentico mago, rido, rido come un matto. Brusca frenata, dimentico il mio obiettivo. Che è quello di scendere in basso, dove ha origine tutto. Dove potrò incontrare il mare. E dal mare, forse, sorgerà una stella marina che avrà l’aspetto di una sirena e mi abbraccerà, con calore, dicendomi di stare tranquillo, che domani è un altro giorno e che tutto sarà diverso.

Sto precipitando. Non controllo il mio volo che, spesso, è condizionato

dai venti e dalle nubi o dai fulmini che io non posso prevedere. La Fortezza di Civitella del Tronto mi sbarra il passo. Viro e la evito per miracolo. Risalgo ancora in alto. Da dove riesco a guardare meglio. Sui bastioni vedo camminare fantasmi di soldati, di quegli ultimi soldati del ‘61, mentre il fuoco dei bombardamenti è in arrivo. Mi allontano, spaventato, cerco rifugio tra il fascino scuro della Laga e le nebbie di Valle Castellana. Procedo in continua elevazione, mi inerpico sulle scale che la mia fantasia ha deposto nelle buie Gole del Salinello.

Avanti. Sono attratto dai fuochi di una musica che proviene dall’altra parte della mia grande e verde casa. Sento i passi di danza di tanti uomini e di tante donne, sull’onda di quella melodia antica, sempre uguale: il canto della Val Fino scende come un liquido scuro, liquido della notte, e tutti rende felici quel mantra, tutto avvolge nella sua oscurità un po’ ubriaca. Sorvolo Isola mia, saluto le mie coraggiose penne nere, mi faccio avanti, ammiccante e sorridente, e da Castelli antica e colorata, guardando a sud-est, scorgo di nuovo il mare. La brezza del mare la sento persino qui.

Ancora avanti. Esploro le valli incantate, le lunghe fessure che collegano le sorgenti al mare. Sembra un gioco: Atri guarda Pineto, e via rotolare lungo la Val Vomano; Castellalto guarda Mosciano, ed eccomi saetta lungo la Val Tordino; Sant’Omero guarda Colonnella, ed ora sono a scavalcare la Val Vibrata. E poi c’è Teramo, la città dei Romani bagnata dalle mie lacrime millenarie. Che vanno ad est, vanno verso l’acqua.

È un gioco, ma è il gioco della vita e di natura questo procedere dall’alto verso il basso. E qui, nella mia terra, è un attimo toccare il mare. Sarà facile sentire il suo alito salato e caldo e bagnarsi con quell’acqua, liquido di salvezza. Le sette sorelle danzano per me, dolce miraggio orientale, mi incantano e mi chiamano a loro. Per restare con loro. Vorrebbero tenermi con sé. Trovare una via di fuga, essere sicuri che c’è una via di fuga, questa è la sensazione che si prova a stare vicino al mare. Così dicono.

Tocco la sabbia, finalmente. Le onde sbattono sui miei piedi. Il rumore dell’acqua mi piace. La meraviglia di questo incontro mi dà pace. Le mie poderose gambe nella sabbia sembrano argilla. Ma non si sgretolano. Penetro nell’acqua, mi purifico, vado avanti, mi immergo, la montagna si immerge dopo tanto camminare. Lasciate spazio al Gigante, deve ritrovare se stesso. Questa mia natura io l’ho protetta, questa mia casa è un territorio

vergine che dipende da me per tutto. Ed io mi accorgo solo ora che, tra poco, all’orizzonte del nostro mare, si affaccerà il sole. Dovrei tornare.

L’acqua mi sfiora, mi leviga, mi accarezza, come volevo. Ho sfogato la mia rabbia, non ho trovato tutta la pace che cercavo. Un’improvvisa sensazione di malessere mi invade, mi sento così in colpa per aver tradito, anche se solo per poche ore, i miei figli, i miei fratelli, la mia famiglia, la casa.

Mi sollevo dall’acqua, penso che tra breve – se non tornerò al mio posto – tutto potrebbe andare in rovina. Faccio la strada a ritroso, piegandomi per la fatica della salita. Devo sbrigarmi (ma sono lento). Se il sole sorgerà prima che io possa di nuovo distendermi, i miei figli e i miei fratelli si sveglieranno con il terrore di non avermi più tra di loro. C’è il rischio che gli animali fuggano e che le piante si secchino di colpo, che le sorgenti smettano di sgorgare e che i fiumi non trovino più la strada. Spavento e preoccupazione. Torno sui miei passi correndo. Ma è tardi e io sono in affanno. Non ce la faccio a risalire. La mia mole mi intralcia. Tutto è ancora buio, però avverto un bagliore in lontananza… un bagliore che diventa improvvisamente luce… non faccio in tempo, non faccio in tempo… la disperazione mi fa inciampare… aiuto, aiuto, aiuto!

Nell’istante in cui grido, in quello stesso istante, mi sveglio. Mi accorgo che è stato un sogno. Un maledetto sogno, un incubo da cui sono finalmente uscito. Guardo in alto, il cielo stellato. Mi guardo intorno, i miei fratelli sono al loro posto. Tra qualche ora sorgerà il sole, che mi scalderà i fianchi. E sarà bello cullare i miei figli mentre schiuderanno teneramente i loro germogli alla luce o pascoleranno placidi sui miei prati. Tutto riposa, ora, su di me. Chiudo gli occhi. Mi addormento di nuovo.

Nicola Catenaro

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4, 5 – Panoramica di Campo PericoliUn autentico “anfiteatro” naturale ad oltre 2.000 metri di altezza. Anticamente si chiamava Campo Aprico, ovvero aperto. Sullo sfondo, la vallata di Campo Impe-ratore in territorio aquilano. Davvero sorprendente, nella foto, il panorama che degrada sulle colline teramane fino ad arrivare, in lontananza, la costa adriatica.

6 – La Val MaoneStraordinaria vallata di origine glaciale, circondata da pareti altissime e caratterizzata dalla presenza di grotte, sorgenti e secolari boschi di faggio

7 – Gran Sasso, veduta aerea del Corno Piccolo (2.655 metri s.l.m.)È la vetta rocciosa più “elegante” del massiccio, grazie alle sue splendidi pareti calca-ree che offrono alcune tra le linee di salita più belle al mondo. Incuneato tra il Cor-no Grande ed il Corno Piccolo, al centro del Vallone delle Cornacchie, il Rifugio Franchetti (2433 metri s.l.m.)

8 - Il Ghiacciaio del Calderone (2.630- 2.830 metri s.l.m.)Incastonato tra le vette del Corno Grande ad oltre 2.600 metri di altezza, il mil-lenario ghiacciaio del Calderone è il più meridionale d’Europa, unico esempio di ghiacciaio appenninico ancora sopravvissuto. Ormai scomparso da tempo invece, il lago Sofia, in passato alimentato dalle stesse acque del ghiacciaio che vi confluivano attraverso due o più ruscelli.

9, 10, 11, 12, 13 – Gran Sasso, panoramica dal Monte Portella (2.385 metri s.l.m.)Una veduta “mozzafiato” quella che regala questa cima che affaccia sul passo omo-nimo, confine naturale tra il massiccio centrale e quello occidentale del Gran Sas-so. Sulla cima, il secondo rifugio costruito sul Gran Sasso nel 1908, il Duca degli Abruzzi, raggiungibile attraverso un sentiero da Campo Imperatore.

14 – Gran Sasso, il Paretone visto da Vado di Corno Imponente parete settentrionale del Corno Grande, con i suoi 2.500 metri di disli-vello. Per la sua conformazione, offre alcune tra le migliori e più impegnative scalate alpinistiche dell’Appennino. 15 – Gran Sasso, il Monolito (2.655 metri s.l.m)Incredibile parete, monolitica appunto, che costituisce la sommità del Corno Piccolo.

16, 17 – Ghiacciaio del Calderone, PulpitiLa conca del Calderone vista dall’interno. Spiccano, i pulpiti, serie di terrazzi “na-turali” scavati nella roccia.

18, 19, 20 – Panoramica di Campo PericoliSullo sfondo, da destra verso sinistra: Pizzo Cefalone, cima più alta della catena oc-cidentale del Gran Sasso (2.533 metri s.l.m.); Monte Corvo, terza vetta del gruppo (2.623 metri s.l.m.) e Pizzo Intermesoli (2.635 metri s.l.m.). 21, 22, 23, 57, 60 – Immagini di Pietracamela Ai piedi del Gran Sasso, il “paese nella roccia” è un incantevole borgo di montagna reso unico dalle caratteristiche abitazioni in pietra e da un centro storico ricco di tesori artistici e culturali.

24 – Gran Sasso, il Corno Grande e il Corno Piccolo visti dall’Arapietra (1.980 metri s.l.m.) Straordinario “belvedere” a quasi duemila metri d’altezza. Dal costone dell’Arapie-tra, un sentiero conduce alla suggestiva statua della Madonnina (2.028 metri s.l.m), per poi proseguire fino al Rifugio Franchetti (2.443 metri s.l.m.). 25, 55 – Il “Gigante che dorme”, panoramiCosì è chiamato il gruppo del Gran Sasso, specie nel teramano, per la sua sorpren-dente e curiosa somiglianza con un gigante sdraiato a riposo.

26, 27 – Veduta aerea della catena del Gran SassoImmagine panoramica scattata dall’antichissima Valle Siciliana, in epoca romana via di congiunzione tra la Capitale e l’Adriatico. La vallata si estende dal Corno Grande fino alla confluenza tra i fiumi Mavone e Vomano, “disegnando” un territorio ricco di storia, cultura e tradizioni popolari.

28, 29 – Vedute dei Prati di Tivo (1.450 metri s.l.m.)Immagini estive ed invernali dei Prati di Tivo, principale stazione sciistica della montagna teramana.

30, 31 – Gran Sasso, Il Corno Grande e il Corno Piccolo visti da Cima Alta

32, 33, 34, 35 – Vedute aeree della LagaCatena montuosa a cavallo tra Abruzzo, Marche e Lazio. Culmina a 2.458 metri d’altezza con la vetta del Gorzano. Una natura incontaminata e a tratti selvaggia ca-ratterizza questi monti di origine marmoreo-arenacea ricchi di boschi rigogliosi, verdi altopiani e torrenti d’acqua cristallina, ma anche di tanti borghi e paesini dove scoprire le tradizioni più profonde di questo “pezzo d’Abruzzo”.

36, 37 – Pizzo di Moscio (2.411 metri s.l.m.)Mosa o mota: ovvero “terra imbevuta d’acqua”. Deriva da qui il nome di questa vetta

isolata nel cuore della Laga. Mèta ideale per escursionisti e appassionati di trekking, da Pizzo di Moscio la vista si apre sull’intera catena e le sue immense bellezze natu-ralistiche.

38 – Il Monte Girella (1.814 metri s.l.m)È la vetta della Montagna dei Fiori che, assieme alla Montagna di Campli, costituisce il gruppo dei Monti Gemelli. Nella foto, a destra, le Gole del Salinello.

39 – Laghetto d’altura sul Monte Girella 38, 39 – Monte Piselli (?????) Al confine con le Marche, è forse l’unico massiccio montuoso del Centro Italia di-stante appena 30 km. dal mare. Il Monte Piselli con i suoi 1.800 metri d’altezza sorge sul versante nord della Montagna dei Fiori. Sede di un’importante stazione sciistica, offre tante altre attrattive grazie alla presenza di sentieri e boschi, piccoli laghetti, eremi nascosti e le caratteristiche “caciare”, capanne in pietra un tempo utilizzate come ricovero dai pastori.

40, 41, 42 – I Monti Gemelli e le Gole del SalinelloPraticamente identici allo sguardo di chi li osserva, la Montagna di Campli e la Mon-tagna dei Fiori compongono quest’importante gruppo montuoso al confine con le Marche. A separare i due monti “gemelli”, l’impressionante canyon scavato nei seco-li dalle acque del fiume Salinello. Le gole disegnano uno dei paesaggi più spettacolari e selvaggi d’Abruzzo, un territorio unico e misterioso, ricco di anfratti naturali, eremi e grotte abitati dall’uomo sin dall’antichità. Oggi quest’area è tutelata da una Riserva naturale.

43 – Il Monte Foltrone visto dalla Montagna dei Fiori (1.718 metri s.l.m.)Vetta del Montagna di Campli

44 – Panoramica delle Gole del Salinello

45 – I Monti GemelliVeduta dei Monti Gemelli. Sullo sfondo, la catena della Laga

46 – Valle del Venacquaro, faggio Valle di origine glaciale che fa da spartiacque tra Monte Corvo (2.623 metri s.l.m.) e Pizzo Intermesoli (2.635 metri s.l.m.). È uno degli angoli più suggestivi e selvaggi del Gran Sasso. Nella parte bassa della vallata, presenti esempi di faggi secolari.

47 – Cortino, l’Abetina di Fonte SpugnaL’Abetina di Fonte Spugna, nel cuore dei Monti della Laga, è composta da maestosi abeti bianchi misti a faggi. Un’autentica rarità ambientale, “residuo” dell’era glaciale e abetaia più meridionale d’Europa.

48 – FaggetaIl faggio colonizza le radure di montagna dai 1000 metri in su, convivendo con abe-ti, aceri, tassi e ciliegi ai quali assicura l’humus necessario. Sui Monti della Laga, la faggeta rappresenta la formazione forestale più estesa.

49, 51 – Piano del Fiume e le Cascate del “Ruzzo”Suggestive cascate nei pressi del borgo di Pretara (Isola del Gran Sasso), originate dal torrente Ruzzo, affluente del Mavone che nasce sul Monte Prena ad oltre 2.500 metri di altezza.

50 – Le Cascate del Rio ArnoImmerso in un magnifico scenario naturalistico, il Rio Arno nasce dal Monte d’In-termesoli. Con un salto di ben 30 metri, dà origine a queste cascate facilmente rag-giungibili attraverso un sentiero dai Prati di Tivo.

52 – Le Cascate della MorricanaTra faggi e rarissimi abeti del secolare Bosco della Martese (Rocca Santa Maria), spet-tacolare cascata alta 40 metri.

53 – La Valle delle Cento FontiA 1.800 metri, isolata sopra il paesino di Cesacastina (Crognaleto), questa vallata costituisce un luogo reso unico dalle numerose “fonti” d’acqua che scorrono su lun-ghi lastricati di roccia arenaria. Sorprendenti le fioriture e i colori brillanti dell’al-topiano nelle stagioni più calde.

54, 55 – Crognaleto, La chiesa della Madonna della Tibia (XVII sec.)Suggestiva chiesetta posta su uno sperone roccioso nel cuore dei Monti della Laga. Splendida la vista panoramica che da qui si apre sul Gran Sasso e l’intera vallata dell’Alto Vomano. Secondo leggenda, fu fatta costruire da un commerciante per ringraziare la Madonna di averlo guarito da una frattura alla tibia dopo una caduta a cavallo.

56 – San Giacomo (Valle Castellana), le tre caciareAntichissime capanne in pietra utilizzate come rifugio dai pastori della Laga.

58 – Vallenquina (Valle Castellana)

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Piccolo borgo montano ormai quasi disabitato. Al centro, il Castello Bonifaci. In stile neogotico, fu fatto costruire ad inizio Novecento dal filosofo e letterario Vin-cenzo Bonifaci. 59 – Valle Vaccaro (Crognaleto)Caratteristico paesino montano della Laga ad oltre mille metri d’altezza. Deve il suo nome alla tradizione della transumanza. In passato, infatti, era punto d’attraversa-mento dei pascoli verso le montagne.

60 – PietracamelaImmagine dall’alto del borgo montano il cui nome sembra derivi proprio dall’inso-lita forma di cammello della grande roccia che sovrasta il paese diviso in due nuclei, quello medievale, detto “La Terra”, e la parte settentrionale, “Sopratore”, dove re-sistono una serie di pitture rupestri dipinte negli anni ‘60 dall’artista locale Guido Montauti. S’intravede nella foto, sulla sinistra, la palestra di roccia degli Aquilotti.

61 – Castelli“Capitale della ceramica d’arte d’Abruzzo”. E’ Castelli, borgo medievale ai piedi del monte Camicia (2.564 metri s.l.m.) famoso in tutto il mondo per le sue splendide produzioni ceramiste conservate nei più importanti musei d’Europa.

62, 63, 64 – Da sinistra a destra, veduta a 180° della catena del Gran Sas-so, dei Monti della Laga e dei Monti GemelliDa sinistra a destra, il Monte Camicia, il Monte Prena, il Monte Infornace, Il Bran-castella, il Gran Sasso d’Italia, Pizzo Intermesoli, Monte Corvo, Monte di Mezzo, Cima della Laghetta, Monte Gorzano, Pizzo di Moscio, Località Acquachiara, il Monte Foltrone e il Monte Girella. 65 – Castiglione Messer RaimondoBorgo medievale arroccato su una collina nella valle del fiume Fino. Sorge su un antico insediamento prima dei Vestini e poi dei romani. Suggestivo è il Colle San Giorgio, altura da cui lo sguardo si apre sulle vette del Gran Sasso.

66- Civitella del TrontoTra i borghi più rappresentativi e meglio conservati della provincia, la “città-fortez-za” di Civitella del Tronto deve la sua fama alla solenne Fortezza borbonica che qui fu costruita dagli spagnoli nel ‘500 per resistere al nemico. Un autentico capolavoro di ingegneria militare con i suoi 25.000 metri quadrati di superficie che ne fanno una delle più grandi fortezze d’Europa. Fu l’ultimo baluardo del Regno di Napoli durante le lotte risorgimentali per l’Unità d’Italia.

67 – BisentiBorgo collinare di origini antichissime, addirittura preromane. Secondo la tradi-zione popolare, proprio a Bisenti sarebbe nato Ponzio Pilato. A dominare il centro storico con il suo campanile alto 40 metri, la Chiesa Madre di Santa Maria degli Angeli (XV-XVI sec.), tra le più importanti basiliche d’Abruzzo.

68 – Isola del Gran SassoBorgo di montagna immerso nell’antichissima Valle Siciliana. Eremi ed abbazie medievali rendono il paese e i paesini vicini tra i luoghi più suggestivi ed evocativi dell’entroterra teramano. Nella foto, al centro, ben visibili i bastioni del Castello dell’Insula, appartenuto ai Conti di Pagliara fino al 1340, e in seguito agli Orsini e agli Alarcon y Mendoza. I bastioni sono situati lungo il perimetro esterno orientale del centro storico, sulla sponda destra del fiume Mavone.

69 – Isola del Gran Sasso, l’Abbazia di San Giovanni ad Insulam (XII sec.)Vero e proprio “luogo dell’anima” immerso nel silenzio della montagna teramana, è tra i più Importanti esempi di architettura romanica in Abruzzo. Fu costruita dai monaci benedettini intorno al 1150.

70 – Macchia da Borea (Valle Castellana) Piccolo borgo montano della Laga a mille metri d’altezza. Deve il suo nome e l’atmo-sfera misteriosa che lo circonda alla sua posizione “ombreggiata” rispetto a Macchia da Sole, paese che sorge sulla sponda opposta e più “assolata” dell’alta valle del fiume Salinello.

71 – Macchia da Sole (Valle Castellana), Castel Manfrino (XIII sec.)Leggendario e misterioso esempio dell’architettura militare medievale. L’antico “Castrum Maccle” domina le vallate del Salinello dall’alto di uno sperone roccioso. Secondo la leggenda, fu il figlio naturale dell’imperatore Federico II, Re Manfredi, a farlo costruire per difendere il suo Regno dalle incursioni ascolane.

72 – Particolare del fiume Fino all’altezza del borgo di Bisenti

73 – CampliCittà d’arte e cultura delle colline teramane, racchiude in sé tantissimi luoghi d’in-teresse artistico, storico ed archeologico, architettonico e religioso. Su tutti, la Cat-tedrale di Santa Maria in Platea, Palazzo Farnese e la Scala Santa, così chiamata dal 1772 quando si diffuse l’usanza di concedere l’indulgenza plenaria a coloro che salivano in ginocchio e a capo chino i suoi ventotto gradini in legno di dura quercia.

74 - Teramo

L’antica “Interamnia”, la città tra i due fiumi come la chiamarono i romani, oggi è un moderno e dinamico capoluogo di provincia a metà strada tra la costa adriatica e le vette del Gran Sasso. Interessante il centro storico, dove sono custodite le princi-pali testimonianze del passato di questa città.

75, 76, 77 – Teramo, il Duomo (XII sec.)E’ il monumento “simbolo” della città di Teramo. La Cattedrale di San Berardo o Duomo che dir si voglia, iniziata nel XII secolo, mescola nell’architettura gli ele-menti classici del romanico con quelli di altri stili successivi come il barocco. Tan-te le opere d’arte conservate al suo interno. Su tutte, spiccano il Paliotto d’argen-to, opera di Nicola da Guardiagrele (1433 - 1448) e il Polittico quattrocentesco di Sant’Agostino del veneziano Jacobello del Fiore. La cattedrale, inoltre, può vantarsi del più bel campanile dell’arte gotico-lombarda dell’Abruzzo.

78 – Teramo, il Teatro Romano (I sec. a. C.)Risale al 30 a. C. I reperti ancora visibili in pieno centro storico, danno l’idea delle notevoli dimensioni del teatro: l’insieme delle gradinate in travertino, poggianti su venti arcate, copriva infatti un diametro di ben 78 metri, consentendo l’ingresso di oltre tremila spettatori.

80 – Ceramista a lavoroQuello del ceramista è uno dei mestieri più affascinanti e tradizionali dell’artigia-nato locale abruzzese. In Abruzzo, luogo per eccellenza dell’arte ceramica è Castelli dove fu importata con tutta probabilità da monaci benedettini nel Medioevo che diedero avvio ad una fiorente attività di produzione ceramista, sfruttando la partico-lare conformazione argillosa di questo territorio.

81 – La lavorazione del rameTradizionale attività artigianale, caratteristica soprattutto a Tossicia e un po’ in tutta la Val Chiarino. Le tecniche, molto antiche, risalgono al Medioevo, quando i ramai erano organizzati in vere e proprie corporazioni. Il rame veniva lavorato con piccoli martelli di legno e un’apposita incudine o attraverso il movimento di grandi magli azionati dall’acqua del fiume. Raggiunta la forma desiderata, la superficie esterna veniva battuta con punteruoli in modo da ottenere disegni e motivi ornamentali.

82 – La pastoriziaFino a qualche decennio fa, era una delle principali fonti di sussistenza delle “genti” di montagna. Le memorie, i racconti e le tradizioni della pastorizia abruzzese sono indissolubilmente legate al fenomeno della “transumanza”; lo spostamento di uomi-ni e greggi che, con il sopraggiungere dell’autunno, percorrevano a piedi antichis-simi “tratturi” per raggiungere i lontani pascoli della Puglia o le campagne romane

dove rimanevano fino all’arrivo della primavera.

83 – Pastori abruzzesi

84, 85, 86 – Pietra StrettaAd oltre 1.400 metri d’altezza, dal valico al confine con il territorio ascolano si am-mirano la catena del Gran Sasso, quella della Laga ed i Monti Gemelli.

90 – Teramo, il Paliotto (XV sec.): Battesimo di Gesù nel GiordanoScena del Paliotto di Nicola da Guardiagrele (1443-1448). La pregevole scultura in argento sbalzato e smaltato raffigura scene della vita di Gesù. Impreziosisce l’altare medievale della Cattedrale di San Berardo.

91 – Teramo, Madonna lignea (XIV sec.) e Madonna in pietra policroma (XV sec.)La prima statua è conservata nella Cattedrale di San Berardo. La seconda si trova all’interno dell’Arcivescovado.

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