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Parrocchia Santa Maria Domenica Mazzarello Anno XII - n. 631 - 16 dicembre 2012 - Terza Domenica di Avvento Rallegratevi, il Signore viene! “Che cosa dobbiamo fare?”, chiedono le folle a Giovanni. Non poche persone glielo chiedono, ma le folle. Capita, se non a tutti certo a molti, di interrogarsi qualche volta sulla propria esistenza. Perché si è insoddisfatti e si vorrebbe cambiare. Ci si chiede: “Che vita mai è la mia? Dove mi porta? Cosa dovrei fare per sentirmi in pace con me stesso?” Le domande le rivolgiamo a noi stessi e a chi, a giudizio nostro, ci potrebbe aiutare: ai moralisti, ai direttori di coscienza, alla Chiesa. Nel dichiarare la sua ripugnanza al mondo moderno per il suo nichilismo religioso, FRANZ WERFEL, l’autore della vita di SANTA BERNARDETTA, scrive: “da ragazzo, quando me ne andavo per la strada, mi sembrava di dover fermare tutta quella gente frettolosa, dai volti ottusi, per gridare: aspettate, riflettete un momento, assaporate questo immenso donde-dove-perché! Molto presto mi sono accorto che la rivolta contro la metafisica è la causa di tutta la nostra miseria” (F. WERFEL, Il cielo rubato, p. 314). Rimane purtroppo sempre forte la suggestione di tante voci che vorrebbero invitarci ad impostare la vita all’insegna della spontaneità, secondo una morale che ciascuno è chiamato a inventare da sé. Ci dicono: “ Ti domandi cosa devi fare per essere in pace con te stesso? Non domandartelo più. “Vivi secondo gli impulsi del tuo corpo e del tuo cuore; vivi secondo quella legge che di volta in volta ti sembra garantire meglio il tuo bisogno di felicità ”. Ma ci pare di capire che senza una precisa morale non è possibile vivere. La invocano anche i filosofi laici, la invocano soprattutto genitori ed educatori, sempre più preoccupati di certi comportamenti sconcertanti dell’odierno mondo giovanile. Giovanni, a chi chiede: “Che cosa dobbiamo fare?”, sa come rispondere. Le sue risposte sono precise e articolate. Sei soldato? O un esattore delle imposte? O semplicemente un ricco che ha troppo mentre altri non hanno nulla? Per ciascuno Giovanni ha una parola per ammonire e per orientare. C’è da domandarsi quali risultati può ottenere una predicazione come quella di Giovanni. Certamente è utile per fare chiarezza; ma è capace da sola di procurarci quella gioia che è il segno del regno di Dio? Diceva giustamente PADRE

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Parrocchia Santa Maria Domenica Mazzarello

Anno XII - n. 631 - 16 dicembre 2012 - Terza Domenica di Avvento

Rallegratevi, il Signore viene! “Che cosa dobbiamo fare?”, chiedono le folle a Giovanni. Non poche persone glielo

chiedono, ma le folle. Capita, se non a tutti certo a molti, di interrogarsi qualche volta sulla

propria esistenza. Perché si è insoddisfatti e si vorrebbe cambiare. Ci si chiede: “Che vita mai è

la mia? Dove mi porta? Cosa dovrei fare per sentirmi in pace con me stesso?”

Le domande le rivolgiamo a noi stessi e a chi, a giudizio nostro, ci potrebbe aiutare: ai moralisti,

ai direttori di coscienza, alla Chiesa. Nel dichiarare la sua ripugnanza al mondo moderno per il

suo nichilismo religioso, FRANZ WERFEL, l’autore della vita di SANTA BERNARDETTA, scrive: “da

ragazzo, quando me ne andavo per la strada, mi sembrava di dover fermare tutta quella

gente frettolosa, dai volti ottusi, per gridare: aspettate, riflettete un momento, assaporate

questo immenso donde-dove-perché! Molto presto mi sono accorto che la rivolta contro

la metafisica è la causa di tutta la nostra miseria” (F. WERFEL, Il cielo rubato, p. 314).

Rimane purtroppo sempre forte la suggestione di tante voci che vorrebbero invitarci ad

impostare la vita all’insegna della spontaneità, secondo una morale che ciascuno è chiamato a

inventare da sé. Ci dicono: “Ti domandi cosa devi fare per essere in pace con te stesso? Non

domandartelo più. “Vivi secondo gli impulsi del tuo corpo e del tuo cuore; vivi secondo quella

legge che di volta in volta ti sembra garantire meglio il tuo bisogno di felicità”.

Ma ci pare di capire che senza una precisa morale non è possibile vivere. La invocano anche i

filosofi laici, la invocano soprattutto genitori ed educatori, sempre più preoccupati di certi

comportamenti sconcertanti dell’odierno mondo giovanile. Giovanni, a chi chiede: “Che cosa

dobbiamo fare?”, sa come rispondere. Le sue risposte sono precise e articolate. Sei soldato?

O un esattore delle imposte?

O semplicemente un ricco

che ha troppo mentre altri

non hanno nulla? Per

ciascuno Giovanni ha una

parola per ammonire e per

orientare.

C’è da domandarsi quali

risultati può ottenere una

predicazione come quella di

Giovanni. Certamente è utile

per fare chiarezza; ma è

capace da sola di procurarci

quella gioia che è il segno del

regno di Dio?

Diceva giustamente PADRE

BALDUCCI: “In fondo, un mondo giusto non sarebbe ancora capace di esprimere una

scintilla di gioia”. E ancora: quand’anche sapessimo che cosa dobbiamo fare, chi ci dà

l’animazione interiore per riuscirvi? Fa riflettere questa osservazione di ENZO BIANCHI, il priore di

Bose: “È chiaro che un giovane, che percepisce la Chiesa come un’istituzione che

detiene valori e che sovente finisce con i suoi divieti e i suoi precetti per sembrare un

vigile urbano, a diciotto anni, o anche prima, a sedici o a quattordici, se ne andrà, lascerà

la Chiesa perché non ha per nulla conosciuto Cristo. Il giovane crede e dice di aver

lasciato la Chiesa, ma in realtà ha lasciato la vita parrocchiale, la frequentazione dei preti,

del parroco. Lui nemmeno si sogna di aver lasciato Cristo, perché questo Cristo non lo

ha mai conosciuto. Nessuno gli ha mai richiesto l’esperienza di fede, di amore e di

conoscenza effettiva di Cristo. Nessuno gliel’ha mai insegnata. Questo è uno dei nodi

fondamentali della crisi attuale del cristianesimo”.

È chiaro che qui non si vuol minimizzare l’importanza del discorso morale, ma semplicemente

osservare che il vangelo non è riducibile a morale. La morale, da sola, non basterebbe a creare

un’esperienza gioiosa, fiduciosa, protesa verso mete alte, verso orizzonti divini. Il Vangelo è la

“buona notizia” perché ci fa incontrare Gesù. Ciò che importa è conoscerlo e amarlo tanto da

poter dire: “Gesù mi ha conquistato. Non saprei immaginare la mia vita senza di lui”.

Possiamo capire, a questo punto, dove sta la grandezza di Giovanni. Giovanni è grande non

perché è capace di dare indicazioni morali con estrema chiarezza e sorprendente energia, ma

perché è il profeta della novità che salva: “Viene colui che è più forte di me”. Si vede che

Giovanni è conquistato da quest’evento tanto che la sua preoccupazione non è quella di

comparire, ma di scomparire per lasciare il posto a colui che deve venire. “Viene”, non c’è

neppure bisogno di cercarlo: è lui che viene a cercare noi. “È più forte di me”. Come se

Giovanni dicesse: “Quello che posso darvi io non basta. È lui l’atteso. Solo lui può ascoltare le

invocazioni, conosciute o non conosciute, che salgono dal profondo del cuore”.

Andiamo perciò incontro al Natale ormai prossimo con il desiderio di incontrare la presenza viva

del Signore. Gli chiederemo, in qualche momento di comunione profonda: “Che cosa devo

fare?” E lui ci dirà: “Credi in me: il primo fare è questo. E poi ama. E gioisci. E annuncia a tutti

la “buona novella” della speranza”. Se ci si innamora di Cristo, delle sue parole, dei suoi gesti,

della sua passione di accendere nei cuori un amore senza misura, non c’è più nulla che possa

spaventare, neanche ciò che sembrava costare molto. Allora si arriva a sperimentare la

leggerezza, la spontaneità, la gioia di un’esistenza che si accoglie come dono e si vive nel

segno della gratitudine. “Siate lieti”, insiste perciò l’apostolo Paolo (seconda lettura). E il

profeta Sofonia: “Rallegrati, grida di gioia, esulta.. il Signore gioirà per te, ti rinnoverà con

il suo amore” (prima lettura). La sua regalità si manifesterà per salvare e nel ricolmare di gioia

i suoi figli. Questo è l’ordine nuovo portato da Cristo.

E noi, celebrando la Messa, portiamo “all’altare la gioia e la fatica di ogni giorno”. Nella vita

degli uomini, infatti, non c’è solo il lavoro: ci sono anche le gioie, e l’Eucaristia ci consente di

raccogliere e di offrire a Dio anche queste.

E Gesù ha scelto il vino come materia del sacramento dell’Eucaristia non perché ha una vaga

somiglianza di colore con il sangue, ma perché in tutta la Bibbia il vino è simbolo di festa, di

banchetto; non serve alle necessità della vita, ma alla gioia della vita. Gesù moltiplica il pane

nel deserto perché se no la gente muore di fame, ma a Cana di Galilea non muta l’acqua in vino

perché se no la gente muore di sete, potevano bere l’acqua. Il vino è per la gioia.

Così impariamo anche noi a portare all’altare di Dio non solo le tristezze e le fatiche del lavoro,

ma anche le gioie della vita.

ANNO DELLA FEDE. Dio rivela un "disegno di benevolenza"

All’inizio della sua Lettera ai cristiani di Efeso l’apostolo

Paolo eleva una preghiera di benedizione a Dio, Padre del

Signore nostro Gesù Cristo, che ci introduce a vivere il tempo

di Avvento, nel contesto dell’Anno della fede:

«Benedetto Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che ci

ha benedetti con ogni benedizione spirituale nei cieli in

Cristo. In lui ci ha scelti prima della creazione del mondo per

essere santi e immacolati di fronte a lui nella carità,

predestinandoci a essere per lui figli adottivi mediante Gesù

Cristo, secondo il disegno d'amore della sua volontà, a lode

dello splendore della sua grazia, di cui ci ha gratificati nel

Figlio amato... In lui anche voi, dopo avere ascoltato la parola della verità, il Vangelo

della vostra salvezza, e avere in esso creduto, avete ricevuto il sigillo dello Spirito Santo

che era stato promesso, il quale è caparra della nostra eredità, in attesa della completa

redenzione di coloro che Dio si è acquistato a lode della sua gloria». (cfr Ef.1, 3-14).

Tema di questo inno di lode è il progetto di Dio nei confronti dell’uomo, definito con

termini pieni di gioia, di stupore e di ringraziamento, come un “disegno di benevolenza”

(v. 9), di misericordia e di amore. Perché l’Apostolo eleva a Dio, dal profondo del suo

cuore, questa benedizione? Perché guarda al suo agire nella storia della salvezza,

culminato nell’incarnazione, morte e risurrezione di Gesù, e contempla come il Padre

celeste ci abbia scelti prima ancora della creazione del mondo, per essere suoi figli

adottivi, nel suo Figlio Unigenito, Gesù Cristo. Noi esistiamo, fin dall’eternità nella mente

di Dio, in un grande progetto che Dio ha custodito in se stesso e che ha deciso di attuare e

di rivelare “nella pienezza dei tempi” (cfr Ef 1,10).

San Paolo ci fa comprendere, quindi, come tutta la creazione e, in particolare, l’uomo e la

donna non siano frutto del caso, ma rispondano ad un disegno di benevolenza della

ragione eterna di Dio che con la potenza creatrice e redentrice della sua Parola dà origine

al mondo. Questa prima affermazione ci ricorda che la nostra vocazione non è

semplicemente esistere nel mondo, essere inseriti in una storia, e neppure soltanto essere

creature di Dio; è qualcosa di più grande: è l’essere scelti da Dio, ancora prima della

creazione del mondo, nel Figlio, Gesù Cristo.

In Lui, quindi, noi esistiamo, per così dire, già da sempre. Ma qual è lo scopo ultimo di

questo disegno misterioso? Qual è il centro della volontà di Dio? È quello - ci dice san

Paolo - di “ricondurre a Cristo, unico capo, tutte le cose” (v. 10). In questa espressione

troviamo una delle formulazioni centrali del Nuovo Testamento che ci fanno comprendere

il disegno di Dio, il suo progetto di amore verso l’intera umanità.

L’Apostolo, però, parla più precisamente di ricapitolazione dell’universo in Cristo, e ciò

significa che nel grande disegno della creazione e della storia, Cristo si leva come centro

dell’intero cammino del mondo, asse portante di tutto, che attira a Sé l’intera realtà, per

superare la dispersione e il limite e condurre tutto alla pienezza voluta da Dio.

Questo “disegno di benevolenza” non è rimasto, per così dire, nel silenzio di Dio,

nell’altezza del suo Cielo, ma Egli lo ha fatto conoscere entrando in relazione con l’uomo,

al quale non ha rivelato solo qualcosa, ma Se stesso. Egli non ha comunicato

semplicemente un insieme di verità, ma si è auto-comunicato a noi, fino ad essere uno di

noi, ad incarnarsi.

Il Concilio Ecumenico Vaticano II nella Costituzione dogmatica DEI VERBUM dice:

«Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il mistero

della sua volontà, mediante il quale gli uomini, per mezzo di Cristo, Verbo fatto carne,

nello Spirito Santo hanno accesso al Padre e sono così resi partecipi della divina natura».

Dio non solo dice qualcosa, ma Si comunica, ci attira nella divina natura così che noi

siamo coinvolti in essa, divinizzati. Dio rivela il suo grande disegno di amore entrando in

relazione con l’uomo, avvicinandosi a lui fino al punto di farsi Egli stesso uomo.

Il Concilio continua: «Il Dio invisibile nel suo grande amore parla agli uomini come ad

amici e vive tra essi per invitarli e ammetterli alla comunione con Sé».

Con la sola intelligenza e le sue capacità l’uomo non avrebbe potuto raggiungere questa

rivelazione così luminosa dell’amore di Dio; è Dio che ha aperto il suo Cielo e si è

abbassato per guidare l’uomo nell’abisso del suo amore. SAN GIOVANNI CRISOSTOMO, in

una celebre pagina a commento dell’inizio della Lettera agli Efesini, invita a gustare tutta

la bellezza di questo “disegno di benevolenza” di Dio rivelato in Cristo, con queste parole:

“Che cosa ti manca? Sei divenuto immortale, sei divenuto libero, sei divenuto figlio,

sei divenuto giusto, sei divenuto fratello, sei divenuto coerede, con Cristo regni, con

Cristo sei glorificato. Tutto ci è stato donato e - come sta scritto - “come non ci

donerà ogni cosa insieme con lui?”.

In questa prospettiva, che cos’è dunque l’atto della fede? È la risposta dell’uomo alla

Rivelazione di Dio, che si fa conoscere, che manifesta il suo disegno di benevolenza; è,

per usare un’espressione agostiniana, lasciarsi afferrare dalla Verità che è Dio, una Verità

che è Amore. Per questo san Paolo sottolinea come a Dio, che ha rivelato il suo mistero, si

debba «l’obbedienza della fede», intesa come l’atteggiamento con il quale «l’uomo

liberamente si abbandona tutto a Lui» (DEI VERBUM, 5).

Tutto questo porta ad un cambiamento fondamentale del modo di rapportarsi con l’intera

realtà; tutto appare in una nuova luce, si tratta quindi di una vera “conversione”, fede è un

“cambiamento di mentalità”, perché il Dio che si è rivelato in Cristo e ha fatto conoscere

il suo disegno di amore, ci afferra, ci attira a Sé, diventa il senso che sostiene la vita, la

roccia su cui essa può trovare stabilità.

Nell’Antico Testamento troviamo una densa espressione sulla fede, che Dio affida al

profeta Isaia affinché la comunichi al re di Giuda, Acaz. Dio afferma: «Se non crederete -

cioè se non vi manterrete fedeli a Dio - non resterete saldi» (Is 7,9b).

Cari amici, l’Avvento, il tempo liturgico che abbiamo appena iniziato e che ci prepara al

Santo Natale, ci pone di fronte al luminoso mistero della venuta del Figlio di Dio, al

grande “disegno di benevolenza” con il quale Egli vuole attirarci a Sé, per farci vivere in

piena comunione di gioia e di pace con Lui.

L’Avvento ci invita ancora una volta, in mezzo a tante difficoltà, a rinnovare la certezza

che Dio è presente: Egli è entrato nel mondo, facendosi uomo come noi, per portare a

pienezza il suo piano di amore. E Dio chiede che anche noi diventiamo segno della sua

azione nel mondo. Attraverso la nostra fede, la nostra speranza, la nostra carità, Egli vuole

entrare nel mondo sempre di nuovo e vuol sempre di nuovo far risplendere la sua luce

nella nostra notte.

dalla Catechesi di mercoledì 5 dicembre

del Santo Padre BENEDETTO XVI

IL DESERTO E LA CONVERSIONE NELLA TESIMONIANZA DI CHARLES DE FOUCAULD

Da molti anni trascorro una parte delle mie vacanze a Parigi. Ogni

anno compio una visita alla chiesa di Saint-Augustin, la chiesa

della conversione di CHARLES DE FOUCAULD. Quest’anno, in

preparazione alla beatificazione, ho voluto ripercorrere il breve

tragitto che Charles ha compiuto verso il luogo della sua

conversione lungo i viali di uno dei quartieri più eleganti della città.

In quel periodo del 1886 Charles ebbe intense conversazioni con

la cugina MARIA DE BONDY. Così le parlava: «A Parigi mi sono

trovato con persone molto intelligenti, virtuose e di viva fede

cristiana. Mi sono detto che forse questa religione non era

assurda». E concludeva, logicamente: «Siccome questa religione

non è una follia, forse in essa sta la verità. Voglio studiare questa

religione. Mi cercherò un professore di religione cattolica, un prete

dotto e vedremo che ne verrà». Il prete dotto che Charles cercava

era l’abbé HENRI HUVELIN, vicario nella parrocchia di Saint-Augustin, non lontana dalla sua

abitazione. Un percorso di circa dieci minuti, ma che cambia una vita. Nella grande e non

particolarmente bella chiesa, nella terza cappella sul lato destro, quel mattino del 30 ottobre

1886 l’abbé Huvelin era nel suo confessionale. Una lapide ricorda che proprio in quel luogo

avvenne il dialogo tra Charles e l’abbé Huvelin, che possiamo ricostruire così.

Charles: «Padre, non si stupisca, non sono venuto a confessarmi. Non ho la fede. Vorrei solo

avere alcune informazioni circa la religione cattolica...».

Abbé Huvelin: «Lei non ha la fede? Non ha mai creduto?». Charles: «Sì, ho creduto fino a tredici

anni fa. Ma in questo momento non credo. Ci sono tutte le difficoltà dei dogmi, dei misteri, dei

miracoli...». Abbé Huvelin: «Figlio mio, lei si sbaglia. Ciò che in questo momento le manca per

poter credere è un cuore puro. Si inginocchi e si confessi, avrà la fede».

Charles: «Ma non sono venuto per questo...». Abbé Huvelin: «Non importa, si inginocchi».

Ho sostato a lungo, nella chiesa deserta, presso il confessionale dove si è svolto questo

singolare dialogo. Mi sono chiesto: quale ispirazione dello Spirito ha suggerito all’abbé Huvelin -

che descrivono mite, discreto, disponibile all’ascolto - una parola tanto perentoria? Terminata la

confessione, il sacerdote domandò a Charles: «È digiuno?». Avuta risposta affermativa, ancora

un comando: «Vada a ricevere la Comunione». Da quella Comunione mattutina l’Eucaristia

sarebbe stata presenza costante nella vita di Charles.

Nel 1901 fu ordinato sacerdote e scelse di ritornare nel Sahara "per imitare la vita nascosta di

Gesù a Nazareth": si stabilì dapprima a Bèni-Abbès e poi, per vivere con i tuareg, a

Tamanrasset. Dopo la sua morte - avvenuta anni dopo nel 1916 nel deserto, a causa di una

fucilata - trovarono, gettato nella sabbia, il piccolo fermaglio dell’ostensorio con l’ostia

consacrata. Esco dalla chiesa e sosto un momento sotto il portico, come a rivivere lo stato

d’animo di Charles che, lasciando Saint-Augustin, scrisse d’essersi sentito invaso da «una pace

infinita, una luce radiosa, una felicità che niente poteva alterare». Il brillante ufficiale, il

coraggioso esploratore avevano lasciato spazio al cercatore di Dio. Lo confesserà lui stesso:

«Non appena ho creduto che un Dio esisteva ho capito che non potevo fare altro che vivere

solamente per lui».

da una testimonianza pubblicata da DON GIUSEPPE GRAMPA

III domenica di Avvento C Gaudete..

ANTIFONA D'INGRESSO Rallegratevi sempre nel Signore

ve lo ripeto, rallegratevi, il Signore è vicino. (Fil 4,4.5) Dopo il saluto liturgico mentre un bambino accende il

terzo cero il sacerdote dice:

Nelle tenebre si è accesa una luce,

nel deserto si è levata una voce.

È annunciata la buona notizia:

il Signore viene!

Preparate le sue vie,

perché ormai è vicino.

Ornate la vostra anima

come una sposa si adorna

nel giorno delle nozze.

È arrivato il messaggero.

Giovanni Battista non è la luce,

ma uno che annuncia la luce.

Mentre accendiamo la terza candela

ognuno di noi vuole essere tua torcia che brilla, fiamma che riscalda.

Vieni, Signore, a salvarci, avvolgici nella tua luce, riscaldaci nel tuo amore! Si prosegue il gesto con il canto:

Si accende una luce all'uomo quaggiù,

presto verrà tra noi Gesù.

Vegliate, lo sposo non tarderà; se siete

pronti, vi aprirà.

Lieti cantate: gloria al Signor!

Nascerà il Redentor!

Si accende una luce all'uomo quaggiù,

presto verrà tra noi Gesù.

Un'umile grotta solo offrirà Betlemme,

piccola città.

Lieti cantate: gloria al Signor!

Nascerà il Redentor!

Non si dice il Gloria. COLLETTA O Dio, fonte della vita e della gioia, rinnovaci con la potenza del tuo Spirito, perché corriamo sulla via dei tuoi comandamenti, e portiamo a tutti gli uomini il lieto annunzio del Salvatore, Gesù Cristo tuo Figlio. Egli è Dio, e vive e regna con te..

PRIMA LETTURA (Sof 3,14-18) Il Signore esulterà per te con grida di gioia.

Dal libro del profeta Sofonìa Rallègrati, figlia di Sion, grida di gioia, Israele, esulta e acclama con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme! Il Signore ha revocato la tua condanna, ha disperso il tuo nemico. Re d’Israele è il Signore in mezzo a te, tu non temerai più alcuna sventura. In quel giorno si dirà a Gerusalemme: «Non temere, Sion, non lasciarti cadere le braccia! Il Signore, tuo Dio, in mezzo a te è un salvatore potente. Gioirà per te, ti rinnoverà con il suo amore, esulterà per te con grida di gioia».

SALMO RESPONSORIALE (Is 12)

Rit: Canta ed esulta, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

Ecco, Dio è la mia salvezza; io avrò fiducia, non avrò timore, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza.

Attingerete acqua con gioia alle sorgenti della salvezza. Rendete grazie al Signore e invocate il suo nome, proclamate fra i popoli le sue opere, fate ricordare che il suo nome è sublime.

Cantate inni al Signore, perché ha fatto cose eccelse, le conosca tutta la terra. Canta ed esulta, tu che abiti in Sion, perché grande in mezzo a te è il Santo d’Israele.

SECONDA LETTURA (Fil 4,4-7) - Il Signore è vicino!

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Filippési Fratelli, siate sempre lieti nel Signore, ve lo ripeto: siate lieti. La vostra amabilità sia nota a tutti. Il Signore è vicino! Non angustiatevi per nulla, ma in ogni circostanza fate presenti a Dio le vostre richieste con preghiere, suppliche e ringraziamenti. E la pace di Dio, che supera ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e le vostre menti in Cristo Gesù.

CANTO AL VANGELO (Is 61,1) Alleluia, alleluia.

Lo Spirito del Signore è sopra di me, mi ha mandato a portare ai poveri il lieto annuncio. Alleluia.

VANGELO (Lc 3,10-18) - E noi che cosa dobbiamo fare?

Dal Vangelo secondo Luca In quel tempo, le folle interrogavano Giovanni, dicendo:

«Che cosa dobbiamo fare?». Rispondeva loro: «Chi ha due tuniche, ne dia a chi non ne ha, e chi ha da mangiare, faccia altrettanto». Vennero anche dei pubblicani a farsi battezzare e gli chiesero: «Maestro, che cosa dobbiamo fare?». Ed egli disse loro: «Non esigete nulla di più di quanto vi è stato fissato». Lo interrogavano anche alcuni soldati: «E noi, che cosa dobbiamo fare?». Rispose loro: «Non maltrattate e non estorcete niente a nessuno; accontentatevi delle vostre paghe». Poiché il popolo era in attesa e tutti, riguardo a Giovanni, si domandavano in cuor loro se non fosse lui il Cristo, Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene colui che è più forte di me, a cui non sono degno di slegare i lacci dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco. Tiene in mano la pala per pulire la sua aia e per raccogliere il frumento nel suo granaio; ma brucerà la paglia con un fuoco inestinguibile». Con molte altre esortazioni Giovanni evangelizzava il popolo.

PREGHIERA DEI FEDELI

Tristezza, disperazione, angoscia, ansia per il domani. Sono atteggiamenti e sentimenti frequenti nella nostra vita. Spesso legittimi, ma mai giusti. Oltre che gettare ombre sulla vita, sono la prima contro-testimonianza della nostra fede. Rinnoviamo la nostra speranza pregando: Vieni Signore Gesù.

• Perché la Chiesa nei momenti difficili della sua storia e nelle persecuzioni per causa del Vangelo si abbandoni con fiducia alla potenza e la fedeltà di Dio. Preghiamo. • Perché la nostra comunità continui a testimoniare con perseveranza la buona notizia della salvezza. Preghiamo. • Signore, custodisci i nostri pensieri e i nostri cuori nella tua pace. Rendici tenaci costruttori di percorsi di riconciliazione per chi incontriamo sul nostro cammino. Preghiamo. • Perché coloro che sono oppressi dalla sofferenza e tentati dalla disperazione siano toccati dal tuo annuncio di salvezza, e trovino in noi la sollecitudine capace di restituire speranza. Preghiamo.

Signore ascolta la nostra preghiera. Fa’ che ci disponiamo ad accogliere nella letizia e con fede sincera il Tuo Figlio che viene a salvare tutti gli uomini. Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. PREGHIERA SULLE OFFERTE Sempre si rinnovi, Signore, l’offerta di questo sacrificio, che attua il santo mistero da te istituito, e con la sua divina potenza renda efficace in noi l’opera della salvezza.

PREFAZIO È veramente cosa buona e giusta, nostro dovere e fonte di salvezza,

rendere grazie sempre e in ogni luogo a te, Signore, Padre santo, Dio onnipotente ed eterno, per Cristo nostro Signore.

Al suo primo avvento nell’umiltà della nostra natura umana egli portò a compimento la promessa antica,

e ci aprì la via dell’eterna salvezza. Verrà di nuovo nello splendore della gloria, e ci chiamerà a possedere il regno promesso che ora osiamo sperare vigilanti nell’attesa.

E noi, uniti agli Angeli e alla moltitudine dei Cori celesti, cantiamo con gioia l’inno della tua lode..

ANTIFONA DI COMUNIONE

Dite agli sfiduciati: Coraggio, non abbiate timore: ecco, il nostro Dio viene a salvarci”. (Is 35,4)

PREGHIERA DOPO LA COMUNIONE O Dio, nostro Padre, la forza di questo sacramento ci liberi dal peccato e ci prepari alle feste ormai vicine.

Be yourself! Sii te stesso!

“Occorre una rieducazione sentimentale”.

(GIOVANNINO GUARESCHI, Il grande diario, 28 maggio 1944)

Inutile girarci intorno. Non è per rispetto delle altre religioni, che in alcune scuole anche

quest’anno si è deciso niente presepi, niente riferimenti a temi religiosi, niente canti natalizi

o - se proprio proprio tocca – che siano epurati da parole o versi laicisticamente

scorretti e, tenendosi per mano, si canti in coro viva la fratellanza, viva la diversità.

È accaduto in un istituto comprensivo di Caorso, nel Piacentino, ma certamente non sarà,

questo, l’unico caso. “Motivi pedagogici”, ha sostenuto la preside politically correct.

Effetti del multiculturalismo? Balle. La verità vera è che non siamo più

innamorati di Cristo. Noi. Non “gli altri”, per i quali, al massimo, Gesù è indifferente.

Me lo ripetono tutti gli anni alcuni amici musulmani, che a loro il Natale non dà fastidio,

che il “problema” (!) è nostro. E allora giù la maschera.

Lo amassimo, quel Dio che per noi si è fatto bambino, lo difenderemmo a costo

della vita! Anche la sua immagine, minuscola: la statuina di un presepe. È quel che fanno

i cristiani perseguitati nel mondo. Noi che perseguitati (ancora) non siamo, ma

vigliacchi sì, prendiamo il nemico in contropiede e lo anticipiamo. Rinneghiamo Gesù

Cristo prima, che poi non si dica che non siamo ossequiosi come vuole il mondo, tolleranti

come vuole il mondo, inclusivi come vuole il mondo. (Strana, però, questa inclusività, che

dice prego, si accomodi, quella è la porta, al protagonista unico del Natale, per far spazio a

merce taroccata…). Tant’è.

Credo che bisognerebbe tornare ad avere fame e sete di Lui, per cercarlo di nuovo,

per mendicarlo, perché senza non possiamo vivere. Solo chi ama pensa questo

dell’Amato. E allora mi viene alla mente “Il grande diario” di GIOVANNINO GUARESCHI, che, il

10 dicembre 1943, così scrisse dal lager: “Neve, preparazione al Natale. Ho trentacinque

anni ma mi ricordo che un giorno ne ho avuti otto e, rimboccati i baffi, mi costruisco un

piccolo Presepe di cartone. Lo faccio smontabile: non si sa mai”.

Quando proveremo di nuovo nostalgia struggente di Lui; quando Presepe tornerà ad

avere la maiuscola – non sul foglio bianco, nella nostra vita – allora, come Guareschi,

diremo: “Preghiamo Iddio che ci illumini la mente e ci permetta di comportarci da

uomini e non da banderuole”.

C’è un lavoro da fare, per tornare ad essere uomini. E non sono i preparativi per il

“surrogato del Natale – edizione 2012”. Occorre una rieducazione sentimentale: una

rieducazione del cuore.

L’istituzione del Presepe..

Mi ha sempre colpito una pagina di NIETZSCHE dove ricorda gli anni della fanciullezza: "Guarda!

Gesù bambino nella mangiatoia, circondato da Giuseppe e Maria e dai pastori adoranti! Che

sguardi pieni di fede ardente gettano sul bambino! Voglia il cielo che anche noi ci

abbandoniamo con tale dedizione al Signore!".

Due nomi sono legati all'origine del presepe: Greccio e San Francesco.

GRECCIO è un paese medievale, alle pendici del

monte Lacerone, alto sul mare 705 metri; dista

da Rieti una quindicina di chilometri ed ha più o

meno 1.400 abitanti.

Al massimo sarebbe ricordato come luogo di

villeggiatura estiva se San Francesco non vi

avesse inventato il presepe. Lui amava questo

luogo perché aveva le caratteristiche della

semplicità; ma nutriva una predilezione

specialmente per gli abitanti perché avevano

corrisposto alla sua predicazione. È lì che fu

ispirato a fare il presepe.

FRANCESCO morì a Santa Maria degli Angeli

(Assisi) nel 1226. Questo avvenimento si colloca

tre anni prima (1223). Due sono le fonti che ce

ne parlano.

Le domande grandi dei bambini.. Ogni settimana un minivideo in cui la domanda di un bambino troverà risposta

nel Vangelo della domenica. Un piccolo aiuto per i genitori che vogliono

trasmettere la fede ai loro figli..

Sul canale Youtube: CatechistiRoma o sul sito: www.ucroma.it

SAN BONAVENTURA scrive che Francesco: "Tre anni prima della sua morte, volle celebrare

presso Greccio il ricordo della natività di Gesù Bambino, e desiderò di farlo con ogni

possibile solennità, al fine di eccitare maggiormente la devozione dei fedeli. Perché la

cosa non fosse ascritta a desiderio di novità, prima chiese e ottenne il permesso dal Sommo

Pontefice".

L'altra fonte più dettagliata è il biografo del Santo, TOMMASO DA CELANO.

Nella Vita Prima Tommaso da Celano ci dice che Francesco, quindici giorni prima del Natale

fece chiamare un signore molto buono di nome Giovanni per chiedergli di aiutarlo nell'attuare il

pio desiderio: "Vorrei raffigurare il Bambino nato a Betlem..”. Appena l'ebbe ascoltato, il

fedele e pio amico se ne andò sollecito ad approntare nel luogo designato tutto l'occorrente,

secondo il desiderio esposto dal Santo.

Giunse il giorno della letizia; sono convenuti molti frati da varie parti; uomini e donne arrivano

festanti dai casolari della regione, portando ciascuno secondo le sue possibilità, ceri e fiaccole

per illuminare quella notte. Arriva alla fine Francesco; vede che tutto è predisposto secondo il

suo desiderio, ed è raggiante di letizia. Ora si accomoda la greppia, vi si pone il fieno, e si

introducono il bue e l'asinello. Si loda la povertà, si raccomanda l'umiltà. Greccio è divenuto

come una nuova Betlemme. Questa notte è chiara come pieno giorno e dolce agli uomini

e agli animali. La gente accorre e si allieta di un gaudio mai assaporato prima, davanti al

nuovo mistero. I frati cantano scelte lodi al Signore, e la notte sembra tutta un sussulto

di gioia. Il Santo è lì estatico di fronte al Presepio, lo spirito vibrante di compunzione e di

gaudio ineffabile. Poi il sacerdote celebra solennemente l'Eucarestia sul Presepio".

Così è iniziata nel 1223 la tradizione di fare il presepe, ormai diffusa in tutto il mondo.

Un libro al mese.. Cristina Arrodini

«I SEGNI DEL NATALE»

EDIZIONI LINDAU, 2012 - pag. 32 - € 13

«Ma perché Natale è una festa? È la festa di

chi? Perché si fa l’albero, il presepe, si mettono

le luci, si mangia il panettone.. perché? Mi

rispondi mamma?»

Anna vuole capire e saperne di più. Nasce così

l’occasione per riscoprire la storia e il significato

dei diversi segni del Natale. Anna e la mamma assaporano questo prezioso

momento, nel quale le tradizioni di un popolo s’intrecciano con quelle familiari

e tutte vengono recuperate e ricomprese.

Grazie della generosità!!! Un grazie carico di

affetto alle donne del GRUPPO MADRE MAZZARELLO e a tutti voi.. per la

generosità dimostrata nel Mercatino di beneficenza che ha donato € 1.650 per

le opere parrocchiali!

GIORNO APPUNTAMENTO DELLA SETTIMANA..

DOMENICA 16

III DOMENICA DI

AVVENTO

h. 9 per i gruppi IO SONO CON VOI e VENITE CON ME, Messa e partenza

per piazza san Pietro per la Benedizione dei Bambinelli h. 10 LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME, attività bambini fino a 7 anni

h. 10,15 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 1 (primo anno di Cresima)

h. 11,30 Catechesi familiare SARETE MIEI TESTIMONI 2

h. 11,30 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 3

h. 11,30 DOPOCRESIMA - gruppo VI HO CHIAMATO AMICI

h. 19 Avvento per adolescenti e giovani: L’ETÀ DELL’ATTESA..

LUNEDÌ 17

inizia la Novena di Natale..

h. 16,30 Novena con i ragazzi del catechismo

h. 18,45 COMUNITÀ GESÙ RISORTO: preghiera carismatica

MARTEDÌ 18 h. 16,45 Novena con i ragazzi del catechismo

MERCOLEDÌ 19

h. 9 e h. 18,45 Lectio divina

h. 16,30 Novena con i ragazzi del catechismo

h. 16,45 Catechesi familiare SARETE MIEI TESTIMONI 2/3

GIOVEDÌ 20 h. 16,30 Novena con i ragazzi del catechismo

h. 18,30 Adorazione eucaristica

VENERDÌ 21

h. 16,30 Novena con i ragazzi del catechismo

h. 17 festa coi bambini di Cirene

h. 19,45 gruppo adolescenti IO HO SCELTO VOI

h. 21 Corso al Matrimonio cristiano - h. 21 SCHOLA CANTORUM

SABATO 22 h. 15,30 Attività gruppo scout

h. 17 Novena con i ragazzi del catechismo e confessioni per Natale

DOMENICA 23

III DOMENICA DI

AVVENTO

h. 10 LASCIATE CHE I BAMBINI VENGANO A ME, attività bambini fino a 7 anni

h. 10,15 Catechesi IO SONO CON VOI (primo anno di Comunione)

h. 10,15 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 1 (primo anno di Cresima)

h. 11,30 Catechesi VENITE CON ME (secondo anno di Comunione)

h. 11,30 Catechesi SARETE MIEI TESTIMONI 2, 3

h. 11,30 DOPOCRESIMA - gruppo VI HO CHIAMATO AMICI

ritiro spirituale parrocchiale

predicatore fra Marco Darpetti, cappuccino

(ore 16 prima meditazione, ore 18 seconda meditazione)

PIAZZA SALVATORE GALGANO, 100 - 00173 ROMA TELEFONO 06.72.17.687 FAX 06.72.17.308 E MAIL : [email protected]

www.vicariatusurbis.org/SantaMariaDomenicaMazzarello - [email protected]

LA DOMENICA LA MESSA FESTIVA È H. 10, H. 12, H. 17, H. 19 IL SABATO LA MESSA FESTIVA È ALLE H. 18

NEI GIORNI FERIALI LA MESSA È ALLE H. 8,30 E ALLE H. 18 CONFESSIONI: MEZZ’ORA PRIMA DELLA MESSA

Segreteria: da lunedì a venerdì dalle h. 17 alle h. 19,30