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Antonio Acerbi L'Ascensione di Isaia Cristologia e profetismo in Siria nei primi decenni del II secolo STUDIA PATRISTICA MEDIOLANENSIA 17 + VITA E PENSIERO Pubblicazioni dell'Università Cattolica

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  • Antonio Acerbi

    L'Ascensione di Isaia Cristologia e profetismo in Siria nei primi decenni del II secolo

    STUDIA PATRISTICA MEDIOLANENSIA

    17

    + VITA E PENSIERO

    Pubblicazioni dell'Universit Cattolica

  • STUDIA PATRISTICA MEDIOLANENSIA

    1. LUIGI I. ScIPIONI, Nestorio e il concilio di Efeso (1974).

    2. VITTORIO CROCE, Tradizione e ricerca. Il metodo teologico di san Massimo il Confessore (1974).

    3. GIUSEPPE TOSCANI, Teologia della chiesa in sant'Ambrogio (1974).

    4. PIERO ScAzzoso, Introduzione alla ecclesiologia di san Basilio (1975).

    5. AUTORI V ARI, Etica sessuale e matrimonio nel cri-stianesimo delle origini (1976).

    6. Ambrosius episcopus. Atti del Congresso interna-zionale di studi ambrosiani - Milano dicembre 1974. Volume I (1976).

    7. Ambrosius episcopus. Atti del Congresso interna-zionale di studi ambrosiani - Milano dicembre 1974. Volume II (1976).

    8. PIER FRANCO BEATRICE, Tradux peccati. Alle fonti della dottrina agostiniana del peccato originale (1978).

    9. LUIGI FRANCO PIZZOLATO, La dottrina esegetica di sant'Ambrogio (1978).

    10. Paradoxos politeia. Studi patristici in onore di Giuseppe Lazzati (1979).

    11. Cento anni di bibliografia ambrosiana (1874-1974) (1981).

    12. Arch e Telos. L'antropologia di Origene e di Grego-rio di Nissa. Analisi storico-religiosa. Atti del Col-loquio 1979 (1981).

    13. GIUSEPPE SGHERRI, Chiesa e Sinagoga nelle opere di Origene (1982).

    14. AUTORI V ARI, Per foramen acus. Il cristianesimo antico difronte alla pericope evangelica del 'giovane ricco' (1986).

    15. GIUSEPPE VISON, Pseudo Ippolito. In sanctum Pascha. Studio edizione commento (1988).

    16. MARCO RIZZI, La questione dell'unit dell'Ad Dio-gnetum (1989).

    17. ANTONIO ACERBI, L'Ascensione di Isaia. Cristolo-gia e profetismo in Siria nei primi decenni del I! seco-lo (1989).

  • L'Ascensione di Isaia stata a lungo considerata un ec-cellente esempio di contaminazione cristiana di un'o-pera giudaica. Recentemente ha, per, acquistato vi-gore la tendenza a considerare l'opera come un testo globalmente cristiano. L'Ascensione di Isaia il frutto della rilettura dell' AT, una rilettura che condotta sui binari delle tradizioni esegetiche, giudaiche e cristia-ne. Tale rilettura opera di un gruppo profetico cristia-no, che con ogni verosimiglianza fiorito nella Siria occidentale nei primi decenni del II secolo. In osmosi spirituale con le tradizioni apocalittiche giudaiche, in seno ad una visione profondamente pessimista del mondo, essi proclamavano l'esigenza di fedelt al Si-gnore nell'imminente tribolazione escatologica e ali-mentavano la loro esperienza religiosa mediante la convinzione di poter contemplare i misteri celesti at-traverso l'ascensione mistica. Le rivelazioni dell'Ascensione di Isaia sono, per, ca-dute sotto la condanna dei responsabili ecclesiastici, e ci ha indotto i profeti a rivendicare per s soli la fedel-t all'insegnamento apostolico-profetico, e ad esten-dere la visione pessimista dal mondo alla Chiesa. Il lo-ro destino era cos segnato: rinchiuso su se stesso, il gruppo si isol dalla comunit cristiana e si pri-v di ogni influenza e, persino, di ogni memoria pres-so i posteri.

    Antonio Acerbi ha insegnato Storia della Chiesa nell'Universit di Lecce e insegna attualmente Storia della Teologia nell'Universit Cattolica di Milano. Ope-re principali: Due ecclesiologie. Ecclesiologia giuridi-ca ed ecclesiologia di comunione nella "Lumen gen-tium", Bologna 1976; Il diritto nella Chiesa. Tensioni e sviluppi nella storia, Brescia 1977; La Chiesa nel tem-po. Sguardi sui progetti di relazioni tra Chiesa e socie-t civile negli ultimi cento anni, Milano 1979, 1984; Pio XII e la ideologia dell'Occidente, in Pio XII, a cura di G. Riccardi, Bari 1984; Serra lignea. Studi sulla fortuna della "Ascensione di Isaia", Roma 1984; Chiesa Cultu-ra Societ. Momenti e figure dal Vaticano r a Paolo vr, Milano 1988; Fra utopia e progetto. A. Barelli, G.A. Borgese, L. Milani, Roma 1988.

    L. 45.000 ISBN 88-343-0176-5

  • STUDIA PATRISTICA MEDIOLANENSIA

    Collana diretta da Luigi F. Pizzolato

    17.

  • Antonio Acerbi

    L'Ascensione di Isaia Cristologia e profetismo in Siria nei primi decenni del II secolo

    VITA E PENSIERO

    Pubblicazioni della Universit Cattolica del Sacro Cuore Milano 1989

  • Seconda edizione 1989

    1988 Vita e Pensiero - Largo A. Gemelli, 1 - 20123 Milano ISBN 88-343-0176-5 (brossura) ISBN 88-343-0177-3 (rilegato)

  • SOMMARIO

    Abbreviazioni e avvertenze XI

    Introduzione 3

    1. Profezia antica ed esegesi cristiana nell'AI 7 1. Il martirio di Isaia e l'apocalisse escatologica (AI 1-5) 8

    1. Il martirio di Isaia (AI 1,1-3,12; 5) 8 II. La rivelazione di AI 3,13-4,22 32

    2. La liturgia profetica e la rivelazione cristologica (AI 6-11) 42 1. La liturgia e l'estasi del profeta (AI 6, 1-7, 1) 42 11. L'ascensione di Isaia al settimo cielo

    (AI 7,2-10,6) 50 111. La rivelazione cristologica (AI 10, 7-11,35) 59

    A) La discesa e l'ascesa del Signore (AI 10, 7-31; 11,22-33) 59

    B) La storia del Signore sulla terra (AI 11,1-21) 66 3. Conclusione 74

    11. Tradizioni giudaiche e cristiane nella rivelazione escatologica (Al 4,1-18) 83

    1. La demonologia nel racconto del martirio di Isaia 83

    2. La parusia di Beliar e quella del Diletto 87

  • VI SOMMARIO

    m. I titoli cristologici dell'AI 99 1. I titoli divini nella tradizione testuale di AI 6-11 99

    2. I nomi divini in AI 1-5 122

    3. La teologia dei nomi divini in AI 6-11 123

    4. Figlio e Diletto 128

    IV. Cosmologia e cristologia in AI 7-11 138

    v. La figura del Diletto: tradizioni cristiane e modelli apocalittici in AI 7-11 149

    1. Il racconto della vita terrena del Diletto 149

    2. La discesa e l'ascesa del Signore 173

    3. L'esistenza celeste del Diletto 185

    VI. Il problema cristologico di AI 7-11 195 1. Cristo e gli angeli nei primi due secoli cristiani 197

    2. Cristologia e angelologia in AI 7-11 206

    VII. Il gruppo profetico dell'AI e la crisi dottrinale della comunit cristiana 210

    1. Dalla venuta del Diletto alla crisi degli ultimi tempi 210

    1. L'opera del Diletto e la Chiesa dei tempi apostolici (Al 3, 13-20) 211

    II. La crisi della comunit cristiana (Al 3,21-31) 217 2. AI 6 e l'esperienza dei profeti dell' AI 233

    3. Profeti e pastori nella comunit dell 'AI 246

  • SOMMARIO VII

    vm. La composizione dell'AI 254 1. Le discrepanze interne al testo dell' AI 256

    2. Dalla storia della comunit alla composizione di AI 1-11 260

    3. Il significato dei due testi originari 265

    1x. L 'AI nel quadro della cristianit antica 269

    1. L' AI fra profetismo, giudeocristianesimo e gnosti-cismo

    2. Il luogo e la data di origine dell' AI

    Conclusione Indice biblico Indice dei testi antichi Indice degli autori moderni

    269

    277

    283

    297 310 324

  • A Jean Gribomont, maestro e fratello carissimo,

    in memoria

  • AI C (Ca, Cs)

    Caquot

    Charles

    CrSt Dillmann

    E G Isaia, il Diletto e la Chiesa

    L1

    L2

    Legg. gr. s Strack-Bill.

    Tisserant

    VI

    ABBREVIAZIONI

    Ascensione di Isaia versione copta dell' AI (copto akminico, copto sahidico) A. Caquot, Bref commentaire du Martyre d'Isaie, Semitica XXIII (1973), pp. 65-93 The Ascension of /saiah, translated from the Etiopic Version ... , by R.H. Charles, London 1900 Cristianesimo nella storia (Bologna 1980ss) A. Dillmann, Ascensio /saiae Aethiopice et La-tine ... , Lipsiae 1877 versione etiopica dell' AI frammento greco dell' AI Isaia, il Diletto e la Chiesa. Visione ed esegesi profetica cristiano-primitiva nel/' Ascensione di Isaia (Atti del Convegno di Roma, 9-10 aprile 1981), a cura di M. Pesce, Brescia 1983 versione latina dell' Al, frammentaria, conser-vata nel Vat. lat. 5750 versione latina della Visio /saiae, edita a Vene-zia nel 1522 da A. de Fantis Leggenda greca versione slava della Visio Isaiae H.L. Strack - P. Billerbeeck, Kommentar zum Neuen Testament aus Talmud und Midrash, Munchen 1922-1961 E. Tisserant, Ascension d'Isaie. Traduction de la version thiopienne ... , Paris 1909 Visio lsaiae, corrispondente ai capp. VI-XI della AI

  • XII ABBREVIAZIONI E AVVERTENZE

    Le riviste, le enciclopedie e le collane sono indicate mediante le si-gle elencate in S. Schwertner, IA TG, Internationales Abkurzungs-verzeichnis fur Theologie und Grenzbiete, Berlin-New York 1974. Per i casi ivi non contemplati le abbreviazioni sono state formulate in modo da poter essere facilmente sciolte.

    AVVERTENZE

    Quando il testo masoretico dell' AT o quello della Septuaginta pre-sentano caratteristiche peculiari rilevanti per il confronto con l 'AI, il riferimento all'uno o all'altro testo risulta dalla sigla TM o LXX, o dal titolo del libro, o dal contesto immediato. Negli altri casi la citazione vale egualmente per il testo masoretico e per la Sep-tuaginta. La traduzione latina dell' AI che uso per le citazioni dell'etiopico quella di Dillmann, che nei casi necessari confrontata, per, con il testo etiopico. La traduzione latina dello slavo quella di Bonwetsch, utilizzata in Charles, salvo aggiungere la traduzione italiana preparata da A. Kossova per l'edizione critica dell' AI nel Corpus Christianorum, Series Apocryphorum, nei punti in cui Bonwetsch merita cor-rezione. Per il copto mi avvalgo della traduzione di P. Bettiolo per la stessa edizione critica.

  • L'Ascensione di Isaia

  • Introduzione

    Nell'introduzione alla sua edizione critica dell'Ascensione di Isaia (=Al), Charles scriveva: La Visione di Isaia impor-tante per la conoscenza che ci permette delle credenze presen-ti nel primo secolo in certi circoli attorno alla Trinit, l'in-carnazione, la resurrezione, i sette cieli ecc. Il Testamento di Ezechia, per lungo tempo perduto, che, io penso, va identifi-cato con III 13b-1V 18 della nostra attuale opera, indiscuti-bilmente di grande valore per lo sguardo che ci d sulla sto-ria della Chiesa cristiana alla fine del primo secolo 1 Questo giudizio di Charles merita considerazione, a prescin-dere dall'ipotesi ricostruttiva che esso contiene. Ma l' AI stata considerata, fino ai nostri giorni, soprattutto come un eccellente esempio di contaminazione cristiana di un'opera giudaica. Le indagini si sono rivolte specialmente verso l'i-dentificazione di un Urtext giudaico nei primi cinque capito-li, il c.d. Martirio di Isaia, e il problema della composizione letteraria ha preso il sopravvento sulla considerazione del te-sto in s e del suo significato per la storia del cristianesimo primitivo. Non sarebbe giusto dire che gli studiosi dell'anti-chit cristiana abbiano trascurato gli apporti storico-dottrina-li dell' AI: si pensi, per fare soltanto due esempi molto noti, allo studio di G. Kretschmar sulle origini della teologia trini-taria e al libro di J. Danilou sulle dottrine giudeocristiane. Ma mancata finora una considerazione del significato del-1' AI nella sua globalit e individualit storica. Questo libro vorrebbe essere un contributo in questa direzio-ne. Esso ha, perci, preso volutamente l'avvio da un'accura-ta analisi del testo attuale sicut iacet, prescindendo in limine da ipotesi ricostruttive. Quest'ultima condizione comporta che l'analisi non suppone l'unit dottrinale dell'apocrifo, n

    1 Charles, p. XII.

  • 4 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    il contrario. L'indagine rilever coerenze e incoerenze ideali; ma il problema se esista o no una teologia dell' AI potr esse-re affrontato solo dopo che si risposto agli interrogativi sulla sua composizione. Il Primo Capitolo considera l' AI da un punto di vista sugge-rito dall'apocrifo stesso, che, cio, questi sia, in quasi tutte le sue parti, il frutto della rilettura di testi storici e profetici dell' AT. Una rilettura che nelle due apocalissi dei capitoli IV e VI-XI carismatica e pretende di rivelare il senso riposto delle profezie antiche, in specie di quelle di Isaia, ma che in ogni parte condotta sui binari delle tradizioni esegetiche, giudaiche e cristiane. Il capitolo, perci, mira a individuare i testi delle Scritture e le relative tradizioni, che stanno sullo sfondo delle affermazioni dell' Al. Il Secondo Capitolo prende in esame la rivelazione di AI 4 dal punto di vista dei materiali tradizionali che l'autore river-sa, con un processo eisegetico, nei testi scritturistici e me-diante i quali egli costruisce l'immagine degli eventi escato-logici. I capitoli dal Terzo al Sesto costituiscono, invece, un blocco ideale, dedicato all'analisi della rivelazione cristologica di AI 7-11 e ai problemi storico-teologici connessi. Il Capitolo Ter-zo ricostruisce nel loro tenore originario i titoli cristologici, che hanno grande rilievo nell'apocrifo, ed esamina il signifi-cato di due fra essi, figlio e Diletto. Il Capitolo Quarto considera il nesso fra cosmologia e cristologia nei capitoli 7-11 dell'apocrifo. Il Capitolo Quinto analizza la confluenza di tradizioni cristiane e di modelli apocalittici nella figura del Diletto. Il Capitolo Sesto discute, infine, i rapporti fra I' AI e la cristologia angelica, rilevando i tratti peculiari della dottri-na dell'apocrifo che lo distinguono dai testi della Engelchri-stologie. Il Capitolo Settimo fa emergere, sulla base di AI 3, 13b-31; 4,20-22 e di AI 6, il contesto ecclesiale dell'apocrifo. Questi l'espressione di un ambiente profetico cristiano e ne contiene le dottrine peculiari, ottenute mediante rivelazioni estatiche connesse con la lettura dei testi profetici dell' AT. Ma tali ri-velazioni sono cadute sotto il giudizio di condanna dei re-sponsabili ecclesiastici e questo induce i profeti ad un'acre polemica, in cui essi rivendicano per s soli la fedelt all'in-

  • INTRODUZIONE 5

    segnamento apostolico-profetico. Il Capitolo Ottavo prospet-ta di conseguenza una nuova ipotesi sulla composizione del-1' AI: due testi, corrispondenti grosso :modo agli attuali primi cinque capitoli della versione etiopica e ai restanti sei, sono stati collegati tra loro in funzione della polemica contro i re-sponsabili ecclesiastici, mediante l'inserzione di AI 3, 13b-31 e 4,20-22 nonch di alcuni altri versetti di raccordo; ha avuto cos origine il subarchetipo greco da cui dipendono E, L 1, Ca, Cs, G e la Leggenda greca. Il testo da cui dipendono S ed L 2, corrisponde, invece, al secondo dei due scritti origina-ri, depurato, per, da un insieme di passi teologicamente sca-brosi e normalizzato secondo il linguaggio teologico prevalen-te a partire dal III secolo e, ancor pi, nell'epoca postnicena. Il chiarimento sulle concezioni teologiche proprie dei due te-sti originari conclude, conseguentemente, il Capitolo Ottavo. Il Capitolo Nono situa l' AI nei rapporti con il profetismo cristiano, il giudeocristianesimo e lo gnosticismo e ne propo-ne una collocazione geografica (l'area antiochena) e cronolo-gica (prima met del II secolo). La Conclusione, infine, met-te in evidenza il processo logico della ricerca e ne raccoglie sinteticamente i risultati. abbastanza normale che si sugge-risca di iniziare la lettura di un libro dalla sua conclusione. Ci particolarmente utile per questo libro. Il carattere for-temente analitico di molte pagine potrebbe, infatti, porre un po' a disagio il lettore. La Conclusione gli permetter di ave-re la visione di insieme, che egli potr, poi, verificare nelle analisi particolari. La ricerca non ha evitato i problemi posti dallo stato della tradizione testuale, quando essi sono rilevanti per la ricostru-zione storico-teologica. Mi stato di aiuto per questo il con-fronto con gli studiosi che stanno curando l'edizione critica dell' AI per il Corpus Christianorum, Series Apocryphorum, cio Lorenzo Perrone, Ada Kossova Giambelluca, Enrico Norelli, Claudio Leonardi, Paolo Bettiolo. A loro va il mio caldo ringraziamento. Accanto ad essi devo ricordare con gratitudine un altro amico, dai consigli sobri ma acutissimi, padre Jean Gribomont. Nella presentazione del mio libro Serra lignea. Studi sulla fortuna della Ascensione di Isaia (Roma 1984), egli volle quasi congiungere anticipatamente quel libro a questo, di cui andavamo ragionando. Con inten-

  • 6 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    zione, infatti, alla fine egli si chiedeva: Se vi una dissiden-za, particolarmente conservatrice, che potrebbe trovarsi al centro della ricerca, non sarebbe, per i primi secoli quell'am-biente giudeocristiano, che potrebbe trovarsi a monte e del-l'ascetismo profetico egiziano, e di un certo arianesimo, e di antiche tradizioni etiopiche?. Solo la morte gli ha impedito di presentare anche questo libro, che dedicato alla sua memoria.

  • CAPITOLO PRIMO

    Profezia antica ed esegesi cristiana nell' AI

    L' AI mette le proprie rivelazioni in bocca ad Isaia; essa pre-tende, cio, di trasmettere delle predizioni di un profeta anti-co. Ma quale il suo rapporto reale con le profezie dell'AT? La domanda pu essere posta anche in altri termini: perch l'ascensione in cielo di Isaia? Perch le rivelazioni sono at-tribuite a questo profeta? Vi una ragione o l'identificazione del personaggio arbitraria? Il problema nasce dall'apocrifo stesso. AI 4,19-20, che con-clude l'apocalisse di AI 4 rinviando ad un altro testo, la vi-sione di Babilonia, aggiunge che la visione del Signore, cio la rivelazione appena esposta, contenuta pure nelle profezie pubbliche di Isaia, per in parabole, cio oscu-ramente. Anche la discesa nello Sheol, narrata in AI 11, gi stata predetta in Is 52, 13 ss LXX: quanto afferma AI 4,21-22, che invoca come precedenti della rivelazione cristolo-gica anche un insieme di scritti dell' AT (i Salmi, i Proverbi, i profeti minori, Daniele) e un testo di non facile identificazio-ne, cio Le parole di Giuseppe il giusto. Dunque, le rivela-zioni dell'apocrifo son messe in continuit con le profezie ca-noniche di Isaia, ma anche con altri profeti e con gli scritti sapienziali. A sua volta, AI 2,6 conclude il racconto della corruzione di Manasse alludendo, mediante un modulo tipico dei libri storici dell' AT, a 2Re 21, 17. Ma, nonostante ci, i nessi dell'apocrifo con le Scritture anti-che non sono affatto evidenti. Ci che compare in primo piano , piuttosto, un amalgama di temi dell'apocalittica giu-daica e di tradizioni cristiane. Soprattutto non chiaro il re-

  • 8 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    gime dei rapporti fra l' AI e l' A T, secondo, cio, quali princi-pi un testo estraneo, a prima vista, agli scritti canonici di Isaia possa pretendere di essere la loro esplicitazione. Per ri-spondere, occorre individuare i passi dell' A T che possono soggiacere all'apocrifo, ma bisogna, ancor pi, illuminare i nessi fra tali passi e l' Al. In altri termini, si tratta di chiarire le tradizioni esegetiche, nel cui solco l' AI rilegge l' A T, e di comprendere i criteri secondo cui i riferimenti all' AT sono intrecciati con i dati della tradizione cristiana. L'apocrifo presenta alcune evidenti scansioni interne: due quadri narrativi racchiudono due rivelazioni. La mia esposi-zione si adeguer a questa struttura del testo, esaminando se-paratamente i quadri narrativi e le apocalissi, ma senza voler pregiudicare con ci i problemi legati alla composizione del-1' opera.

    1. Il martirio di Isaia e l'apocalisse escatologica (AI 1-5) Nei primi cinque capitoli l'apocrifo inquadra nel racconto del martirio di Isaia (cf. 1,1-3,12; 5) una rivelazione sull'avvento dell'anticristo negli ultimi giorni e sulla parusia del Signore (cf. 3,13-4,22).

    I. Il martirio di Isaia (Al 1,1-3,12; 5) Il racconto dello scontro fra Isaia e Manasse e del suo epilo-go cruento preceduto da un prologo profetico, che occupa l'intero primo capitolo. Gli avvenimenti narrati nei capitoli successivi non sono altro che la puntuale verifica delle previ-sioni di Isaia. La predizione del martirio (Al 1). Il primo capitolo non sem-bra a prima vista avere alcun riferimento con l' A T. In realt esso orchestra un insieme di temi che han rapporto con le tradizioni esegetiche giudaiche relative ad Ezechia e alla sua discendenza. Il racconto inizia con la scena della institutio principis: Eze-chia convoca davanti a s, alla presenza di Isaia, il suo unico figlio, Manasse (1,l-2a), e gli trasmette due distinte rivelazio-ni: quella ricevuta da lui durante la sua malattia e messa per

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL'AI 9

    iscritto dallo scriba Samnas (l ,2b-5a) e, ancora per iscritto, le visioni avute da Isaia nel ventesimo anno del regno di Eze-chia (l,5b-6a) 1 Il primo versetto va confrontato con alcune tradizioni giudaiche relati-ve alla nascita di Manasse e legate al racconto di 2Re 20,1-11 e Is 38,1-8. Secondo Jos. Ant. X 25-29 il re, colpito dalla malattia mortale, si duole per la mancanza di eredi al trono e chiede a Dio di vivere per avere una discendenza; in risposta Isaia gli annuncia la guarigione, l'aggiunta di 15 anni di vita e la nascita di figli. Secondo il Talmud, invece, il re si era rifiutato di avere una prole perch ne aveva previsto la corruzione; perci Dio lo aveva colpito con la malattia e la minaccia della dannazione eterna: Il re volle, perci, obbedire a Dio, ma evitan-do di generare figli perversi. Per questo, secondo il Talmud palestine-se, Isaia gli offr in moglie la figlia, ma, commenta il Talmud, Ezechia allev solo un figlio malvagio. Secondo il Talmud babilonese, fu il re a chiedere in moglie la figlia del profeta e da essa ebbe due figli, Rab-shake e Manasse; ma, quando erano ancora bambini, egli ebbe contro di loro uno scatto d'ira., da cui solo Manasse riusc a scampare 2 AI 1, 1 sottolinea che Ezechia aveva un figlio solo, il che coincide con le tradizioni conservate nel Talmud. Ma il re non aveva ricevuto, pri-ma di generarlo, la rivelazione della sua perversione. Egli, infatti, ne conosce la futura empiet solo dalle parole di Isaia (cf. 1,10-12). In questo l' AI si accosta a Flavio Giuseppe, che pure presenta Ezechia co-me ignaro del destino della sua prole. Ma, a differenza di tutte le tra-dizioni, l' AI non collega la nascita di Manasse con la malattia del pa-dre, che pure menzionata in 1,4. L'interesse dell'apocrifo non verte sulle circostanze della nascita di Manasse, ma su quelle in cui Ezechia ed Isaia hanno ricevuto certe rivelazioni e, soprattutto, sul fatto della consegna di queste a Manasse. Quanto al re, si tratta di rivelazioni escatologiche (i giudizi del mondo e le pene della Geenna), demonologiche (il dominio diabolico sul mon-

    1 Accanto a Isaia compare il figlio, chiamato 'Icrixcroucp in 2,9 G, Yoseb o Yo-sab (cf. 1,2; 2,9; 4,1; 6,1; 6,7; 8,24 E) o Jasus (cf. 6, 16 S); Legg.gr. 1,2 e 2,5 reca Yasoum. In /s 7,3 TM egli riceve il nome di Shear-jashub, ma la Septua-ginta traduce x.omxhLcp0d 'l

  • 10 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    do) e cristologiche (le parole di fede nel Diletto) 3 Il nesso tra la malattia del re e il dono di certe visioni un dato tradizionale; ma il tenore di AI 1,3-4 consente l'ipotesi che dietro al testo dell'apocrifo vi sia una rilettura midrashica di /s 38,10: la discesa alle porte degli in-feri potrebbe, cio, essere all'origine dell'idea che Ezechia ha ricevu-to, durante la sua malattia, la conoscenza dei giudizi e delle pene in-fernali 4 Ma l'AI insieme alle visioni evoca i precetti (cf. l,6b-7b; 2,1). Se-condo una tradizione, che risale al I secolo d.C., Ezechia aveva con cura, ma senza frutto, istruito Manasse nella legge 5 In AI 1 il genere testamentario rende plausibile l'accostamento di precetti e di visioni: la minaccia delle pene eterne sorregge, infatti, la proposta delle norme di condotta. Allo stesso modo non fuori di luogo il richiamo al domi-nio diabolico del mondo 6 Meno perspicua la ragione della allusione

    3 Dillmann, p. 62, propone la correzione di 1,3 E, quae locum poenarum ae-ternarum est, in principis huius mundi. La correzione trova sostegno in Ca, che reca principem (archon) ... huius et angelos-eius (aggelos) ... et potentias-eius (cf. P. Lacau, Fragments de l'Ascension d'Isaie en copte, Muson 59 (1946), p. 455; la traduzione di P. Bettiolo). La traduzione di 1,2-3 varia .anche a seconda che parole di verit (1,2), tor-menti della geenna (1,3) e principe di questo mondo (1,3) siano coordinati (cf. Tisserant, p. 86; Caquot p. 68), oppure si facciano dipendere tormenti della geenna e principe di questo mondo, al genitivo, da parole di verit (cf. Dillmann, p. 3; Charles, pp. 2-3). In ogni caso il senso del testo non varia sensibilmente. 4 Cf. Caquot, pp. 69-70, il quale richiama anche 2Cr 32,24. Un esempio di ri-lettura in senso escatologico del cantico di Ezechia offerto dal Targum di Js 38,16: l'invocazione di Ezechia si congiunge con l'affermazione della resurre-zione universale: 0 Signore, tu hai dichiarato che vuoi riportare tutti i morti alla vita, ma prima di tutti loro hai fatto rivivere il mio spirito, mi hai conser-vato in vita e mi hai ristabilito (The Targum of Jsaiah, ed. J.F. Stenning, Ox-ford 1953, pp. 128-129). Il Targum di Isaia, che sar spesso citato nel corso di questo capitolo, ha una rilevanza particolare per la nostra indagine. Il suo strato pi antico risale agli anni 70-135 d.C. (cf. B.D. Chilton, The glory of Israel. The Theology and Provenance of the Jsaiah Targum, Sheffield 1983, pp. 95-96) e i vangeli sinotti-ci rivelano l'influsso delle tradizioni esegetiche che sono conservate in esso ( cf. B.D. Chilton, A galileian Rabbi and his Bible. Jesus' own interpretation of Jsaiah, London 1984). Vi , cio, un terreno comune fra il Targum e le fonti evangeliche, costituito dalla rilettura del testo isaiano. Ci autorizza ad assume-re il Targum come un punto di confronto per l'interpretazione dei testi isaiani operata dall' AI. 5 Cf. B.Sanh. 101 ab, in The Babilonian Talmud, a cura di I. Epstein, voi. 12, London 1936, p. 687. Si veda anche l'Introduction a L'apocalypse syriaque de Baruch, a cura di P. Bogaert (SC 144), Paris 1969, pp. 299-300. 6 I testamenti congiungono spesso esortazioni etiche con sanzioni escatologi-che: cf. JHen. 91,3-19; 94,1-5; Jub. 36,3-11; 2Bar. 84-85; Ps.-Phil.Al. Ant.Bibl. 33,1-3; 2Pt 3,11-16. Si veda E. von Nordheim, Die Lehre der Alten,

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' AI 11

    al Diletto contenuta in l ,4a; ma gli sviluppi del racconto permetteran-no di chiarire il senso di questo accenno. Allo scritto di Samnas, che contiene le sue visioni, Ezechia aggiunge lo scritto che riporta quelle di Isaia: si tratta di quelle stesse che l'apocri-fo contiene ai capitoli 3-4 e 7-11 7 Anche l'immagine di Isaia come di un visionario, privilegiato di rivelazioni escatologiche, era un tema tra-dizionale, gi fin dal II secolo a.e. 8 L'AI lo svilupper soprattutto nei capitoli 7-11, ma gi in AI 1, 1-6a il dato decisivo per il seguito del racconto la consegna a Manasse delle rivelazioni ricevute da Isaia: at-traverso ci Beliar ne verr, infatti, a conoscenza, donde la sua ira mortale contro il profeta (cf. AI 3,13).

    I. Das Testament als Literaturgattung im Judentum des hellenistisch- romischen Zeit, Leiden 1980, pp. 138 nota 3; 210 nota 2; A. Hultgard, L 'eschatologie des Testaments des Douze Patriarches, I, Uppsala 1977, pp. 230-264. 7 Le circostanze delle visioni menzionate in 1,5b-6 collimano con quelle della visione di 7,2-11,40, quanto alla data e al luogo (cf. 6,1), agli uditori (cf. 6,16), alla conservazione presso il re (cf. 11,39) e, infine, alla data di consegna a Manasse (cf. 11,42 E coli. con 1,1 E). Quanto al contenuto, la distruzione del mondo (tadamsesiitu la-ze 'iilam) di l,5b richiama le forme verbali wa-ye-damaseso di 7, 12 e tadamses di 10, 12, che sono gli unici testi dell' AI in cui ri-corre il verbo damsasa. Quanto al termine discesa e trasformazione, tutti i codici etiopici li riferiscono ai santi; invece, Legg.gr. 1,2 attribuisce la di-scesa, l' uscita e la trasformazione al Diletto. Charles emenda nello stesso senso il testo di 1,5b, ma la proposta non accolta n da Tisserant n da Ca-quot; non senza ragione, a mio avviso. Difatti Legg.gr. modifica profondamen-te il testo dell' AI, abolendo l'apocalisse dei capitoli 3-4; plausibile, perci, che il testo di Legg.gr. 1,2 sia il frutto di un intervento redazionale, che ha contaminato AI 10,8 e Mt 17 ,2, e non possa, quindi, essere invocato contro la testimonianza di E. In altri termini, la discesa e la trasformazione dei san-ti di l,5b vanno poste in parallelo ad AI 4,16-17 e costituiscono un secondo nesso con l'apocalisse escatologica. Ma 1,5b presenta anche un punto di contat-to con 3,13: si tratta del termine persecuzione (seddat, E; 3Lwy6. G), che riferito al Signore solo in questi due versetti, mentre 2,5 lo riferisce ai giusti e 4,3, nella forma verbale sadada, lo riferisce alla Chiesa. Le altre espressioni di l ,5b convengono sia all'una sia all'altra apocalisse: per il giudizio degli angeli cf. 4,14.18 e 10,12; per le vesti dei santi cf. 4,16-17 e 7,22; 8,14.26; 9,9.24.25; per l'ascensione del Diletto cf. 3,18 e 11,22. In conclusione, sembra lecito ar-guire che secondo 1,5b le visioni di 3, 13-4, 19 e 7 ,2-11,40 facevano parte di un'unica rivelazione, concessa ad Isaia in una medesima circostanza, e che Eze-chia le aveva trasmesse entrambe al suo erede. s Cf. Sir 48,24-25. Il Targum di Js 24,16 presenta il profeta come un veggente, a cui sono stati rivelati i misteri escatologici: Il profeta dice: Il mistero della ricompensa dei giusti mi stato mostrato, il mistero della punizione dei malva-gi mi stato rivelato (The Targum of Jsaiah, p. 77). I casi di rilettura escato-logica sono, peraltro, frequenti nel Targum di Isaia: si veda a 21,12; 22,14; 26,15; 26,19; 33,14; 33,17; 56,24; 65,5. Cf. R.P. Gordon, The Targumist als Eschatologist, in Congress Volume, G6ttingen 1977 (Suppi. to Vet.Test., XXIX), Leiden 1978, pp. 113-130.

  • 12 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    AI 1,6b-9 introduce nel racconto un fattore di contrasto: Isaia predice che le attese di Ezechia saranno deluse. Manas-se non aderir ai precetti paterni, con un esito fatale per il profeta stesso (1, 7): il futuro re si sottrarr, infatti, alla gui-da di Isaia e si far discepolo di Beliar, diventando suo suc-cubo; egli distoglier cos Gerusalemme e Giuda dalla vera fede e uccider Isaia (1, 8-9). 2Re 21 e 2Cr 33,1-10 tramandavano il ricordo della corruzione di Ma-nasse e di Gerusalemme. Secondo le tradizioni giudaiche essa era stata, sia pure in circostanze diverse da quelle dell' Al, cio prima della nasci-ta di Manasse, oggetto di discussione fra Isaia e il re; e, ancora secon-do una tradizione, il profeta avrebbe annunciato in Is 57,1-2 la propria uccisione ad opera di Manasse 9 AI l ,6b-9 riprende questi temi, ma li assoggetta all'idea sua propria, che cio Manasse disobbedir ai precetti paterni, rifiuter di essere di-scepolo di Isaia e si porr al servizio di Beliar. Le parole di Isaia chia-riscono, ex adverso, il senso dell'accostamento, istaurato in 1,3-4, tra il dominio del principe di questo mondo, la fede nel Diletto e le pene infernali: a scanso di queste ultime Ezechia aveva esortato l'erede a ri-fiutare il dominio diabolico e a mantenere fede nel Diletto. Manasse, invece, receder dalla vera fede (cf. l ,9a), cio dalla fede nel Dilet-to, e aderir al demonio.

    Alla profezia di Isaia segue lo scontro fra Ezechia e il prof e-ta. Il re, infatti, dapprima supplica Dio perch sia stornata la previsione, ma riceve un responso negativo: vi un disegno di Sammael su Manasse, che non pu essere annullato (1,10-11). Allora il re si propone di impedire l'avveramento della profezia uccidendo Manasse, ma Isaia replica definitivamen-te: il progetto di Ezechia contrasta con la volont del Dilet-to, perci non si realizzer; la morte , infatti, la vocazione

    9 Cf. i testi citati in nota 2, nonch H.L. Ginzberg, The Legends of the Jews, Philadelphia 1969, voi. IV p. 273; voi. VI pp. 370-371 nota 94. Gerolamo, commentando Js 57, 1-2, scrive: Iudaei et haec et cetera quae sequuntur, ve! generaliter de omnibus iustis arbitrantur intellegi, quorum Manasses fudit san-guinem et implevit Hierusalem a porta usque ad portam; ve! certe Esaiam de sua prophetare morte, quod serrandus sit a Manasse serra lignea, quae apud eos certissima traditio est (Comm.in Esaiam XV 57,1-2, CCL LXXIII A, pp. 640-641). Le tradizioni relative a Js 57,1-2 riproducevano le interpretazioni che i testi rabbinici riferivano a 2Re 21,16 (cf. qui, nel commento ad AI 2,lb-6). lecito, perci, pensare che la tradizione circa la predizione di Isaia sulla propria morte risalga allo stesso periodo delle tradizioni relative a 2Re 21, 16, cio quantomeno all'epoca di Flavio Giuseppe, il I secolo d.C.

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL'AI 13

    del prof eta, attraverso cui egli conseguir l'eredit del Diletto (1, 12- 13) 10 Il capitolo raggiunge cos il suo acme: mentre in 1, 7 - 9 Isaia si era limitato a prevedere la sua morte per mano di Manasse, ora egli rivela che il suo destino personale e quello di Manasse saranno il terreno di scontro fra due attori sovrumani, cio il Diletto e Sammael. In conclusione, il racconto di AI 1 presuppone un insieme di dati tradizionali, relativi a testi di Isaia e di 2Re. Ma esso presenta anche alcuni tratti peculiari, cio la consegna delle visioni di Isaia, l'alternativa, posta davanti a Manasse, fra il principe di questo mondo e il Diletto, la rivelazione del senso nascosto del futuro scontro fra Isaia e Manasse, cio l'opposizione fra Sammael e il Diletto. Si tratta di elementi che sono funzionali agli sviluppi successivi del racconto e che rivelano, perci, l'intenzione del capitolo.

    La perversione di Manasse (2,1-6). Dalle parole di Isaia, che concludono il primo capitolo, il racconto passa immediata-mente all'affermazione che Manasse, una volta asceso al tro-no, realmente dimentic i precetti paterni (2,la). Ci offre un elemento che contribuisce a chiarire il fondo tradizionale di AI 1. Gen 41,51 spiega il nome Manasse col verbo dimenticare. Jos. Ant. Il 92 riprende la stessa interpretazione: in greco esso significa ln(r10011, perch Giuseppe per la nascita del figlio dimentic le sue disgrazie. Se-condo Filone, invece, i nomi dei due figli di Giuseppe corrispondono a due facolt della mente: Efraim indica la memoria, Manasse il ricordo, che preceduto dalla dimenticanza: in greco, infatti, esso corrisponde a h:f10TJ

  • 14 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    Per il figlio di Ezechia, il Talmud palestinese riferisce il nome alla sua empiet: esso significa, infatti, colui che dimentica (Dio) o colui che fa dimenticare (Dio a Israele) 12 Il Talmud palestinese sottolinea, invece, che Manasse nell'esilio si ricord dell'insegnamento paterno, cio usc dalla dimenticanza (senza, per, collegare l'affermazione con l'etimo) 13 L'Opus imperfectum in Mattheum allinea i due possibili ri-ferimenti all'empiet e alla conversione del re: il suo nome deriva da ex oblivione, perch egli oblitus fuerat omnem conversationem patris sui, oppure ex oblivione Dei factus est memor Dei 14 plausibile, dunque, che AI 2,la, non meminit praecepta Ezechiae pa-tris sui sed ea oblitus est, supponga l'interpretazione tradizionale del nome di Manasse, ed possibile che proprio tale etimologia sia all'ori-gine della rappresentazione del rapporto fra Ezechia ed il figlio conte-nuta in AI 1. Un procedimento diffuso nella letteratura midrashica era, infatti, quello di costruire sugli etimi delle storie nuove.

    La descrizione della corruzione di Manasse in 2, 1 b-6 so-stanzialmente una parafrasi di 2Re 21, 1-9 .16-17, fondata su certe tradizioni haggadiche 15. Che 2, 1 b-6 sia una parafrasi di 2Re 21 suggerito, oltre che dalle coincidenze tematiche, anche dal v. 6, che si spiega solo per il riferi-mento a 2Re 21, 17. Ma la rilettura del testo biblico si sviluppa su uno sfondo tradizionale. I vv. 2a-3, che oppongono Manasse ad Ezechia, rimarcando la devia-zione del primo dalle tracce paterne, suppongono 2Re 21,1-7. Ma in questo testo, come pure nel parallelo 2Cr 33,1-9, manca l'opposizione formale tra l'opera dei due re. Essa compare, per, espressamente nel-la rilettura che di 2Re 21 offre Jos. Ant. X 37 16 Nella lista dei peccati di Manasse l' AI riprende 2Re 21, 16a, ma vi ag-giunge la porneia (cf. 2,5a G; fornicatio et adulterium in 2,5a E), che compare anche in 2Bar. 64,2 tra i vizi di Manasse.

    12 Cf. B.Sanh. 102b-103a, in The Babilonian Talmud, voi. 12, p. 697. 13 Cf. J. Sanh. 10,28c, in Sanhedrin-Gerichtshof, p. 274. 14 Cf. Opus imperf. in Mattheum, (Horn. I}, PG 626 A. Sebbene la divisione in omelie non sia originaria, per comodit ho conservato l'indicazione, ponen-dola fra parentesi. Secondo P. Wutz l'etimologia ex oblivione di Opus imp. risale a Filone e a Flavio Giuseppe attraverso il commento origeniano a Gen 46,8, conservato nella catena dell'Ottateuco di Procopio di Gaza: cf. P. Wutz, Onomastica sacra (TU 41), Leipzig 1914, pp. 759-764. 15 Cf. M. Pesce, Presupposti per l'utilizzazione storica de/l'Ascensione di Isaia. Formazione e tradizione del testo; genere letterario; cosmologia angelica, in Isaia, il Diletto e la Chiesa, pp. 37-40. 16 Quando gli successe nel regno suo figlio Manasse, la cui madre, di nome Epsiba, era cittadina di quella citt, egli si distacc dai costumi di suo padre e prese la via contraria (Jos. Ant. X 37).

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL'AI 15

    La persecuzione dei giusti, menzionata in AI 2,5b, manca nel testo bi-blico, ma non nelle tradizioni giudaiche relative a 2Re 21, 16a. Esse, in-fatti, offrono di questo versetto due interpretazioni. Secondo una Ma-nasse avrebbe ucciso mille uomini al giorno - cos il Talmud Babilo-nese e 2Bar. - oppure avrebbe ucciso tutti i giusti e messo a morte ogni giorno qualche profeta: cos Flavio Giuseppe 17 L'altra interpreta-zione, individuale, tramandata sia dal Talmud babilonese sia dal Tal-mud palestinese, da un targum di Js 66,1 e dalla Pesikta Rabbati, rife-risce 2Re 21,16a alla morte di Isaia 18 AI 2,5b, evocando la persecu-zione dei giusti, si accosta al testo di Flavio Giuseppe; per, mentre Ant. X 38 associa ai giusti i profeti, di cui in X 39 ricordata la pre-dicazione contro Manasse, l' AI tace su questi due punti, che sono ri-servati agli sviluppi successivi del raccnto, e aggiunge di suo una lista di collaboratori del re, in capo alla quale nella versione etiopica com-pare, per la prima volta, il falso profeta Belchira 19

    Ma in 2Re 21 e nelle tradizioni giudaiche relative le potenze demoniache non giocano alcun ruolo. AI 2, invece, impernia il racconto sul rapporto fra Beliar e Manasse. Costui non il reale protagonista: la sua perversione dipende dall'azione del demonio, che all'origine di tutta l'opera corruttrice del re. Secondo 2, 1 b Manasse diventa succubo di Sammael, mentre in 2,2b egli introduce un culto verso Satana e i suoi angeli. 2Re 21,3b.5 attri-buisce al re un culto astrale, ma senza connotati demoniaci, mentre 2Re 21, 7 ricorda l'installazione nel Tempio dell'idolo di Ashera. Ma in 2Cr 33,7 l'idolo non quello di Ashera, bens uno sm/ 20 Ci ha suggerito a B. Bare che il culto di Manasse verso Satana-Sammael sia

    17 Egli (Manasse) uccise tutti i giusti di mezzo agli ebrei e non risparmi nep-pure i profeti e di questi ne massacrava alcuni di giorno in giorno, cos che Ge-rusalemme riboccava di sangue (Jos. Ant. X 38). Per l'altra forma di inter-pretazione collettiva cf. B.Sanh. 103b, in The Babilonian Talmud, voi. 12, p. 702; 2Bar. 64,2-3. 18 Oltre a B.Sanh. 103b, citato in nota 17, cf. B.Sanh. 49b, in The Babilonian Talmud, voi. 6, pp. 324-325; J.Sanh. 10,2, in Sanhedrin-Gerichtshof, p. 273; Tg.Js 66, 1, in P. Grelot, Deux tosephtas targoumiques indites sur Jsaie LXVI, RB 79 (1972), pp. 525-526; Pes.Rab. 4,3, in Pesikta Rabbati, trad. W.G. Brau-de, New Haven-London 1968, voi. I, pp. 88-89. 19 Per il nome del falso profeta mi attengo all'uso di Charles, secondo cui le diverse forme di esso sono da ricondurre a due fondamentali, BEXEtp.X e ME-XEtp.X, mentre una terza, BEXEtp.X, sarebbe secondaria (cf. Charles, pp. 13-14). Caquot, p. 75, preferisce, per, la lezione BEXEtp.X, in base all'ipotetica radice ebraica del nome. L'ultimo dei satelliti di Manasse porta in G il nome di ~atoooux (Zaliq, E). Questo nome attestato nelle versioni greche dell'AT; non vi , perci, ragione di correggerlo in ~atowx, come suggeriscono Grenfell e Hunt. 20 Il termine sml, di origine ignota, compare anche in Dt 4,16; Ez 8,3.5; 2Cr 33,15.

  • 16 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    una amplificazione del culto verso lo sml di 2Cr 33,7 21 Anche in questa ipotesi si sarebbe avuto il passaggio dal culto verso un idolo al culto verso uno spirito demoniaco. Al 2,4 nella parte finale riecheggia, per l'idea della seduzione di Geru-salemme, il testo di 2Re 21,9.llb.16b; ma il versetto ha per tema prin-cipale la devotio del re a Beliar e il dominio di costui nel suo intimo.

    Il ritiro di Isaia nel deserto (2,7-11). La corruzione di Geru-salemme e della Giudea provoca l'esilio volontario di Isaia nel deserto, dove egli conduce una vita di penitenza, in com-pagnia di altri profeti, alzando lamentazioni sullo sviamento di Israele. 2Re 21,10-15 e 24,2 ricordano genericamente l'intervento di profeti contro Gerusalemme e Giuda a causa della corruzione di Manasse. Ma le tradizioni giudaiche tendevano a collegare tali testi con la predica-zione di Isaia. Difatti, Tg.Js 66, 1 e Pes. Rab. 4,3 fan coincidere le pre-dizioni di 2Re 21,13-14 con Is 66,l, che , perci, collocata nel mo-mento della erezione della statua nel Tempio ricordata in 2Re 21, 7. Una lettura tradizionale di Is 57, 1-2 riferiva questo testo a 2Re 21, 16 come una predizione da parte del profeta del comportamento iniquo di Manasse 22 Del resto, le profezie isaiane contenevano sia minacce di distruzione contro Gerusalemme e di decimazione del popolo (cf. Is 5,9-13; 6,11-13), sia la predizione della sventura sulla casa di Ezechia dopo la morte di questi (cf. Is 39, 7); e, d'altro canto, certe immagini del castigo minacciato in 2Re 21, 13, riecheggiano espressioni caratteri-stiche di Js 28, 17 e 34, 11 23 Gli stessi testi biblici potevano, dunque, fornire appoggio per individuare in Isaia l'autore delle predizioni ripor-tate in 2Re 21,10-15. AI 2,7-11 conserva il quadro collettivo di 2Re 21,10-15, ma nomina Isaia come capofila dei profeti 24 Lo stesso tenore collettivo della pro-

    21 Cf. B. Bare, Samal - Saklas - Yaldaba6th. Recherches sur la gnse d'un mythe gnostique, in Coli. Jntern. sur !es Textes de Nag Hammadi (Qubec 22-25 aot 1978), ed. B. Bare, Qubec-Louvain 1981, pp. 137-138. Nell'espressio-ne di AI 2,2b, Satanae et angelis ejus ejusque potestatibus (exercitibus), a cui corrisponde in Legg. gr. 3 ,2 o:0 croto:otv~ xott wT cnot oto:oG xott o:otT uviX-

    ~mv otwG, il termine finale potestates, uviX~t rappresenta una traccia del culto astrale di 4Re 21,3b.5a LXX, 7tiXcru '=TI uviX~t o:oG opotvoG. 22 Cf. il testo di Gerolamo citato in nota 9. 23 In 2Re 21,13 si trovano accoppiati i due termini misura e livella. Essi compaiono assieme anche in Js 28,17 TM e 34,11 TM. Nelle traduzioni greche, i termini o:pov e cro:iX6tov di 4Reg 21,13 si ritrovano in Js 28,17 Aq. 24 Sulla contemporaneit, secondo le tradizioni giudaiche, di certi profeti (Mi-chea, Osea, Amos) con Isaia cf. Ginzberg, The Legends .. ., VI, p. 314 nota 56; pp. 355-356 nota 20. Al tempo di Manasse hanno profetizzato Michea, Gioele ed Abacuc (cf. Ginzberg, op. cit., p. 374 nota 100) oppure Gioele, Nahum ed Abacuc (cf. Caquot, pp. 77-78).

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' Al 17

    fezia contro Manasse, ma con una preminenza di Isaia, compare in Al 3,6. Le parole dei profeti sono sintetizzate in 2,lOb G: essi alzavano un grande lamento (1ti;v6ouv'ti; 7tlv6o l1') su!Paberrazione di Israele (1ti;pt 'tij 1t&v7] 'tOU 'lcrp'~). L'idea del lamento su Israele - un no-me, quest'ultimo, che dopo la caduta di Samaria, pu designare anche il regno del Sud - potrebbe essere stata suggerita da /s 1,21-28, che appartiene al genere della qina e che alterna alle minacce di castigo ac-cuse (idolatria, assassinio, ribellione), che corrispondono alla descrizio-ne di AI 2,1-2.5. L'aberrazione (1t&V7]} di Israele ha un corrispon-dente in 4Reg 21,9, l7t&v7]cri;v Q(tJ'to M'v'crcr7J. Il verbo 1t'v&w , del resto, frequente in Is LXX per indicare lo sviamento del popolo a causa dei capi e dietro a falsi profeti 25. Attorno a questo elemento centrale l' AI colloca un insieme di dati tra-dizionali. La fuga tra i monti e la dimora nel deserto dei giusti com-paiono in Sa! 107,4; JMac 2,28-31; 2Mac 5,27; Ps.Sal. 17,18-20; lQS VIII 12-16; IX 19-20; Jos. Ant. XIII 14,2; XIV 2,1; Eb 11,38. Fra questi testi lQS VIII 12-16 cita /s 40,3; pu darsi, dunque, che la pro-fezia isaiana abbia fornito un appoggio anche alle affermazioni di AI 2,7-11. Il digiuno e la veste di sacco sono una reazione comune nell' AT alle calamit personali e nazionali 26 In un contesto di idee simile a quello dell' Al, cio di imminente distruzione della citt, Is 22,8b-14 oppone l'invito divino a fare lamento e penitenza, rasandosi il capo e indos-sando il cilicio, e il comportamento sfrenato del popolo che attirer il castigo di Dio. Non si pu escludere che l' Al abbia pensato di trovare in questo testo di Isaia o in altri affini un fondamento per la sua raffi-gurazione. Infine, la nudit dei profeti, nominata in 2, lOb, che mal si concilia a prima vista con l'uso del cilicio, evoca una situazione analoga descritta in /s 20,2-3: la nudit del profeta, protratta per tre anni su comando divino, un gesto simbolico per raffigurare il castigo del popolo; l'or-dine di Dio non comporta, per, uno stato permanente di spoliazione, ma solo che la predicazione sia accompagnata da tale stato 27

    25 Cf. Js 3,12; 9,15; 30,9-11; 30,20-21 LXX. 26 Cf. JRe 21,27; 2Re 6,30; On 3,5-8; Est 4,1-3; IMac 3,47; Ger 6,26. In Dt 9,18-19.25 Mos digiuna per stornare il castigo di Dio; in Dan 9,1-19 il profeta supplica Dio col digiuno, il sacco e la cenere per ottenere il perdono e la re-staurazione del popolo. In AI 2, 11 non vi cenno alla purit legale garantita da un regime vegetariano (cf. 2Mac 5,27) n a tecniche visionarie. Si deve, piuttosto, pensare a quella forma di digiuno che Tertulliano chiama portionale ieiunium (cf. Tert. Jeiun. IX 1). 27 Anche Mi 1,8-9 TM congiunge l'idea dei lamenti su Gerusalemme con la nudit del profeta; nella Septuaginta, invece, il testo, in terza persona, riferi-to a Samaria.

  • 18 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    La storia di Michea (2,12-16). La narrazione su Belchira, che inizia in 2, 12a, interrotta subito dalla rievocazione della storia di Michea narrata in JRe 22. Ad essa Belchira colle-gato per la parentela col falso prof eta Sedecia, che oltraggi e colp con uno schiaffo Michea (2,12b). JRe 22 TM non presenta Sedecia come un falso profeta. La Septuagin-ta si limita a non equiparare Sedecia a Michea ed evita di chiamarlo profeta del Signore, ma non ricorre al termine pseudoprofeta 28 Jos. Ant. VIII 401-410 applica, invece, a Sedecia e ai suoi compagni il titolo di falso profeta, in senso non verbale ('colui che profetizza falsamente'), ma nominale ('colui che pretende falsamente di essere profeta'). Flavio Giuseppe elimina, infatti, la visione celeste di Michea: i quattrocento pseudoprofeti non sono stati mossi da Dio con uno spi-rito di menzogna; essi sono mossi dal loro proprio spirito e proferisco-no, quindi, cose gradite al re. Al contrario, il profeta colui che ha la potenza dello spirito divino (VIII 408) e Michea annuncia solo quello che Dio vuole egli dica (VIII 404). La rilettura di Flavio Giusep-pe oppone, dunque, due categorie, i veri profeti, che posseggono lo spirito di Dio, e coloro che non lo posseggono e sono, quindi, falsi profeti 29 Ant. VIII 318 amplificando I Re 16,31 (il quale, a proposito

    28 JRe 22 TM un caso di contrasto fra profeti, che sono mossi entrambi dal-lo spirito del Signore. Dio ha, infatti, inviato due spiriti, uno dei quali menzognero, e solo l'adempimento della profezia permette di discernere fra di essi (cf. v. 28). li problema si pone, perci, all'interno del profetismo jahvisti-co, cos che non vi distinzione nel titolo dei diversi profeti: tutti sono egual-mente chiamati profeti del Signore. Cf. S.J. De Vries, Prophet against pro-phet. The rote of the Micaiah narratiye (1 Kings 22) in the development of early prophetic tradition, Grand Rapids (Mich.) 1978. La Septuaginta inizia uno spostamento nel significato del testo. Mentre JRe 22,7 TM reca: Non vi qua un altro profeta del Signore ... ?, 3Reg. 22,7 tra-duce: Non vi qua un profeta del Signore ... ?, negando cos questo titolo ai profeti gi consultati. Al v. 24 del TM Sedecia chiede: dunque partito da me lo spirito del Signore per parlare con te?, al che Michea replica che Sede-cia se ne avvedr nel giorno della sventura (cf. 22,25). Nella Septuaginta il v. 24 reca semplicemente: Quale spirito del Signore parla in te?, il che evita l'i-dea che Sedecia abbia posseduto per un certo tempo lo spirito del Signore. La Septuaginta conosce il termine falso profeta (cf. J. Reiling, The use oj ~eu

    o7tporp~1:'Yj in the Septuagint, Philo and Josephus, NT XIII (1971), pp. 148-151), ma non vi fa ricorso nella traduzione di JRe 22. Invece il Targum ,babilo-nese introduce sistematicamente tale termine nel testo del capitolo: cf. The jor-mer Prophets according the Targum Jonathan (The Bible in Aramaic, Il), ed. A. Sperber, Leiden 1959, pp. 268- 269. 29 Reiling, The use oj ~euo7tporp~1:'Yj, p. 155, ritiene che in Jos. Ant. VIII 401-410 pseudoprofeta sia da intendere in senso verbale, perch Josafat de-duce dalle loro parole che i 400 profeti sono pseudoprofeti. Ma altro il pro-blema dell'origine, altro quello del discernimento. In JRe 22 tutti i profeti sono

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' AI 19

    della pratiche idolatriche di Acab, non nomina i profeti), afferma che Jezabel aveva costituito sacerdoti e falsi profeti per Baa/3. Sono chia-re le coincidenze fra Giuseppe e l' Al. Anche in questa Isaia il profe-ta che a buon diritto rivendica per s lo Spirito di Dio (cf. 1, 7; 9,36) e predice la sventura (cf. 3,6). Belchira uno pseudoprofeta (cf. 3,lb), che mosso dal demonio e annuncia cose fauste (cf. 5,4-5). A loro volta Sedecia e quelli che persuadono Acazia ad uccidere Michea sono anch'essi degli pseudoprofeti (cf. 2, 12a; 2, 15), mentre i 400 profeti di I Re 22,6 diventano in AI 2, 12b i 400 profeti di Baal. Tra Giuseppe e l' AI vi anche un altro punto di contatto. Ant. VIII 408 raffigura lo scontro fra Michea e Sedecia secondo uno schema giu-diziario: il secondo pone le parole di Michea in opposizione con quelle di un profeta pi grande, Elia, e si sottopone con lo schiaffo al giudi-zio di Dio. Lo stesso schema, a parte il giudizio di Dio, si trova in AI 3,6-12. Un altro apocrifo, che nella versione copta porta il titolo Paralipomeni del profeta Geremia, raffigura il contrasto fra Geremia e Anania nar-rato in Ger 28 secondo l'immagine di quello fra Michea e Sedecia. Ge-remia predice la sventura contro il re idolatra Sedecia, ma questi prefe-risce confidare nei profeti di Baal che gli profetizzavano falsamen-te 31 , e lo pseudoprofeta Anania, alla presenza del re, imita nei confronti di Geremia il gesto e le parole che, secondo I Re 22, 11 e 2Cr 18,10, lo pseudoprofeta Sedecia aveva indirizzato contro Michea 32

    mossi da uno spirito divino, sia pur diverso, in Flavio Giuseppe, invece, solo Michea. Le due categorie sono opposte non solo per il tenore della profezia, ma anche per la radice, divina od umana, di essa. 30 Per i profeti di Baal cf. anche Jos. Ant. IX 133, che parafrasa 2Re 10,16. Flavio Giuseppe non afferma, per, che gli pseudoprofeti sono mossi da uno spirito diabolico. Questa idea, che affiora in Zc 13,2, formulata espressamen-te in Iust. Dia!. VII 3: cos Reiling, The use of t)iwo7tpocpfrrri, p. 151. Ma per l'ispirazione diabolica dei falsi profeti e dei falsi maestri cf. anche ITm 4, 1; IGv 4,1-6; Herm. LXIII 3; lust. Dia!. XXXV 2; Clem. Al. Strom. I 17, 84-85. Nell'AI l'idea affiora in 5,4.8. ii Cf. K.H.Kuhn, A coptic Jeremiah Apocryphon, Muson 83 (1970), p. 111 n. 4; p. 118 n. 10. li re Sedecia un idolatra, che giura sugli dei viventi, che sono Baal e Astarte (ibi, p. 118 n. 9) e profana il Tempio offrendo a Baal sa-crifici umani (cf. ibi, p. 114 n. 7; pp. 124-125 n. 13). Dell'apocrifo si hanno anche due versioni in arabo, col titolo Storia della catti-vit in Babilonia: cf. A Jeremiah Apokryphon, trad. A. Mingana, in Wood-brooke Studies, I, Cambridge 1927, pp. 148-191; introduzione di R. Harris alle pp. 125-138. 32

  • 20 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    La vicenda di Michea possedeva, dunque, un certo valore esemplare per il contrasto fra la vera e la falsa profezia. Si comprende, allora, come l' AI l'abbia appaiata alla storia di Isaia: veri profeti, entrambi sono stati trattati come falsi pro-feti e sottoposti ad un giudizio, in cui le loro parole son mes-se in contrasto, da parte di un falso profeta, con quelle di un profeta maggiore. Il parallelo tra Michea e Isaia continua anche nella raffigura-zione del loro destino. Il primo, infatti, messo a morte da Acazia, re di Samaria, sobillato dai falsi profeti (cf. 2,13.15-16). Il motivo la profezia di Elia, che ha predetto la morte di Acazia e la caduta di Samaria a causa della uccisione dei profeti del Signore (cf. 2,14). AI 2, 16 G reca 'Oxo~dcxv ~cxcr(ecx f o6ppwv. Dal contesto si ricava che si tratta di Acazia re di Samaria. probabile, perci, che fo-6ppwv sia una corruzione di ~oopwv, il nome greco alternativo di Samaria (cf. Is 7,9 LXX). La morte di Acazia predetta in 2Re 1,16, mentre in JRe 19,10.14 Elia accusa i figli d'Israele di aver ucciso i profeti del Signore (cf. an-che lRe 18,4.13). Ma nessun testo biblico attribuisce ad Elia la predi-zione della caduta di Samaria n collega la fine del regno del Nord con l'uccisione dei profeti. Ma in 1 e 2Re sono messi in parallelo i destini di Acab e di Manasse e quelli dei loro regni. La condotta di Acab offre il modello per la per-versione del re di Giuda (cf. JRe 16,31b-33 e 2Re 21,1-6), e in 2Re 24,3 la colpa di Manasse espressamente equiparata a quella di Acab. Anche 2Re 17,7-23 e 21,1-18 suggeriscono il parallelo fra la storia di Israele e quella di Giuda: la descrizione delle colpe di Manasse riflette puntualmente quella dei peccati di Israele; anzi, anche qui il parallelo formalmente affermato in 2Re 17,19-20 (cf. anche, per Giuda, 2Re 23,26-27); lo stesso vale, in 2Re 21,13, per il castigo di Samaria e di Gerusalemme. Insomma, colpevoli allo stesso modo, i due regni sono soggetti al medesimo giudizio di Dio 33

    33 2Re 17,7-23 e 2Re 21,1-18, che appartengono per la maggior parte al mede-simo strato redazionale, se si tolgono i riferimenti al Tempio, per il quale la si-tuazione era ovviamente diversa, sono costruiti in manifesto parallelismo. Sono identici gli elementi che compongono il quadro della corruzione religiosa: il sin-cretismo religioso: 17,7-8; i santuari locali: 17,9; 21,3a; stele e pali sacri: 17,10; 21,3c; il culto idolatrico: 17,11-12; 21,3d e 23,17; il culto astrale: 17,16c; 31,3d.5; il culto a Baal: 17,16d; 21,3c; il sacrificio dei figli: 17,17a; 21,6a; la divinazione e la negromanzia: 17,17b; 31,6b. Parallelo il richiamo alla volon-t del Signore e il rifiuto del popolo: l'ammonizione dei profeti: 17,13; 21,7b-8; il rifiuto di ascoltarla: 17 ,14; 21,9a; l'accettazione dei culti indigeni:

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL'AI 21

    Ci costituisce la premessa per l'affermazione di AI 2,14 che Elia ha predetto la caduta di Samaria. L'apocrifo costruisce, infatti, due storie parallele, quella di Isaia, che una rilettura di 2Re 21, e quella di Mi-chea, che per i versetti 2,12b-13 una rilettura di JRe 21. Ma plausi-bile che anche per i vv. 2,14-15 la storia di Michea sottenda un testo biblico: lo suggerisce, oltre che l'unit letteraria di 2, 12-15, l'allusione di 2, 14a a 3Reg 17, 1 34 . E, stante il parallelismo fra Isaia e Michea, il testo sotteso a 2,14-15 plausibilmente quello parallelo a 2Re 21, cio 2Re 17,7-23. Se cos, si pu, allora, notare che sia 2Re 17,23 sia 2Re 21,10-15 menzionano l'intervento di profeti che minacciano il giudizio di Dio sui due regni. L' AI avrebbe, dunque, sottoposto questo dato al medesimo trattamento: come i profeti di 2Re 21,10 sono personificati in Isaia e nei suoi compagni indicati nominativamente (cf. 2,9-10; 3,6), cos sulle labbra di Elia, cui si accompagna Michea, che viene posta la minaccia contro Samaria, attribuita collettivamente ai profeti in 2Re 17,23. Quanto all'uccisione dei profeti come motivo della collera divina, Flavio Giuseppe che ci viene in soccorso. La violenza sanguinaria di Manasse, ricordata in 2Re 21,16, , secondo 2Re 24,3-4, una delle cau-se della perdita di Gerusalemme, e Flavio Giuseppe la intende come violenza fatta ai giusti e ai profeti (cf. Ant. VIII 38) 35 Ma egli affer-ma anche, nello stesso testo, che Manasse pecc imitando le trasgres-sioni degli Israeliti, per le quali essi peccarono contro Dio e perirono (Ant. VIII 37). L'equiparazione spinge a pensare che anche Samaria sia caduta a motivo della strage dei profeti. quanto, infatti, Flavio Giuseppe afferma in Ant. IX 265-266 36.

    17,15; 21,9b. Identica la reazione divina: lo sdegno di Dio, causato dalla mal-vagit: 17,17c; 21,6c.15; l'ira di Dio: 17,18a; 22,17b; 23,26; il rigetto divino: 17,18b.20; 21,14a; l'allontanamento dal cospetto di Dio: 17,20b.23a; 23,27; la minaccia dei profeti: 17,23; 21,10-15; il rigetto della citt da parte di Dio: 17,23; 23,27. Per l'analisi di 2Re 17,7-23 e i rapporti con 2Re 21,1-18; 22,16-17 e 23,26-27 cf. J. Debus, Die Sunde Jeroboams, Gttingen 1967, pp. 98-105. 34 AI 2,14 inizia con Et Elias e Thebon e Gilead obiurgabat Ochoziam et Sa-mariam. Il TM qualifica Elia come tesbite, ma non reca mai il nome della citt di origine; in 3Reg 17, 1 che compare la lezione lx 0fo~wv, ripresa da AI; cf. anche Jos. Ant. VIII 13,2. 35 Della caduta di Gerusalemme l' AT e i testi giudaici offrono anche altre ra-gioni, che comprendono, per, sempre il maltrattamento dei profeti. Secondo 2Cr 36,12-17 la causa stata l'imitazione dei costumi pagani e il rifiuto di ascoltare i profeti; per Sir 49,6-7 stata la persecuzione di Geremia; cf. anche Ginzberg, The Legends ... , VI pp. 388-389; per Eupolemo, infine, l'adorazione di Baal, che ha causato il contrasto fra Geremia e il re Jonachim (!) (cf. B.Z. Wacholder, Eupo/emus. A Study of Judaeo-Greek Literature, Cincinnati 1974, pp. 227-230). 36 Gli Israeliti disprezzarono i profeti che li esortavano in pari maniera e pre-dicevano ci che avrebbero sofferto se non si fossero convertiti alla piet verso Dio, e alla fine li afferrarono e li uccisero. E non si fermarono a questo punto

  • 22 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    L' AI assume lo stesso punto di vista di Flavio Giuseppe: vi , c10e, piena coincidenza nella colpa di Israele e di Giuda. Si deve dire, allo-ra, che la capitale del Nord, che ha preceduto quella del Sud nella col-pa e nel castigo, non solo ha ucciso i profeti ma anche caduta per tale colpa, che sar fatale a Gerusalemme. Per, diversamente da Fla-vio Giuseppe, che conserva il carattere collettivo - gli Israeliti e Ma-nasse hanno ucciso dei profeti - l' AI personifica in Michea i profeti uccisi nel Nord, cos come impersona in Isaia, e solo in lui (cf. 5,13), i profeti uccisi da Manasse 37

    La storia di Belchira (2,12a; 3,1-5). Le vicende di Belchira sono l'antitesi di quelle di Isaia. Di origine samaritana, egli si rifugia a Gerusalemme quando Samaria presa, e vi dif-fonde occultamente le dottrine ricevute dal padre. Smasche-rato dagli ufficiali di Ezechia, egli fugge a Betlemme - questa la circostanza che gli permetter di scoprire il rifugio di Isaia. Salito al trono Manasse, mentre Isaia ripara nel de-serto, Belchira si mette al servizio del nuovo re e col suo em-

    nelle trasgressioni, ma escogitarono cose anche peggiori di queste gi dette e non cessarono prima che Dio, rendendo la pariglia per la loro empiet, li faces-se cadere in schiavit dei loro nemici (Ant. IX 265-266; il testo una amplifi-cazione di 2Cr 30,6-10). Flavio Giuseppe insiste sul parallelo tra Israele e Giuda anche sintetizzando, in Ant. X 39, le minacce dei profeti contro Manasse e Ge-rusalemme di 2Re 21,10-15. 37 O.H. Steck ha mostrato come a partire dagli stessi testi, che stanno sullo sfondo di AI 2,14, cio JRe 19,10.14 e 2Re 17,7-23, si sia giunti alla considera-zione enunciata in Ne 9,26-30. In questo testo il tema ha assunto una formula-zione globale: i profeti in generale sono stati uccisi, sia nel regno del Nord che in quello del Sud. Il profeta come tale deve far conto con un destino di perse-cuzione e di morte, perch questa la tipica reazione del popolo alla sua ope-ra. Le catastrofi, che hanno colpito entrambi i regni sono una conseguenza del rifiuto opposto ai profeti (cf. O.H. Steck, Israel und die gewaltsame Geschick der Propheten, Neukirchen-Vluyn 1967, pp. 61-80). Lo stesso punto di vista, secondo Steck, presente in Flavio Giuseppe, per i testi sopra citati, e negli scritti rabbinici (cf. ibi, pp. 81-97). AI 2,14-15 si colloca all'interno della medesima evoluzione del tema, ma senza coincidere con il termine rappresentato da Ne 9,26-30. Vale, in proposito, l'os-servazione di P. Hoffmann che nel problema occorre tener conto della ampiez-za di variazione delle possibili combinazioni dei testi (cf. P. Hoffmann, Studien zur Theologie der Logienquelle, Miinster 1972, p. 161). L'accusa di Elia non

    . ha un carattere globale, ma riguarda Samaria, che ha ucciso dei profeti e ucci-der Michea, cos come Gerusalemme far con Isaia. L'apocrifo, cio, non fa perno sulla generalizzazione del tema, ma sul parallelismo tra Samaria e Giuda. Per la persecuzione, ma non la morte, di Michea nei testi giudaici cf. Steck, /srael und die gewaltsame Geschick ... , pp. 90-91; 250, nota 7. Nelle Vitae pro-phetarum, che confondono i due Michea, il profeta ucciso dal figlio di Acab, Ioram, e non da Ocozia.

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' AI 23

    pio insegnamento ottiene un grande successo in Gerusa-lemme. In AI 3,1-5 sembra che non vi siano riferimenti biblici, se si eccettuano 3,2 G, che reca d opTJ MTjowv, il che corrisponde alla lezione di 4Reg 17,6, contro 2Re 17,6 TM, che reca citt, nonch 3,5 G, che nell'e-spressione cX7t -i:wv 7tat(owv 'E~i;x(ou echeggia la fraseologia di 4Reg 19,5. Ma nulla fa pensare che in 3,1-5 l'AI ricorra ad un genere lette-rario diverso da quello usato per l'innanzi. Si pu, allora, pensare che la storia di Belchira sia costruita secondo i procedimenti della storia di Michea? Un falso profeta al fianco di un re iniquo compare nei Paralipomeni del profeta Geremia e, per Geroboamo, in Jos. Ant. VIII 236 e 243-245. In Ant. VIII 401-410 accanto ad Acab si trova Sedecia con una schiera di falsi profeti. Il parallelo fra la corruzione di Acab e quella di Manasse, instaurato gi nei testi biblici, rende quasi ovvio che anche presso Manasse si trovi un falso profeta con i suoi accoliti. Ma l' AI insiste sull'idea che Belchira viene dalla Samaria e la sua dot-trina ha origine nel regno del Nord (cf. 2,12a; 3,1.3.4). Si pu per questo pensare che nelle vicende del falso profeta sia drammatizzata l'idea della derivazione da Samaria della iniquit del regno di Giuda? L'idea dominante nell' AT circa i rapporti fra la Samaria e la Giudea quella della imitazione dei costumi di Israele da parte di Giuda 38 Ma in 2Re 8,18 e 2Cr 21,6.13 l'idea dell'imitazione lascia il passo a quella di una causazione diretta: il re Ioram segue la condotta del re di Israe-le perch sua moglie samaritana, figlia di Acab. Lo stesso vale per il successore Acazia, che cade sotto l'influenza della madre Atalia, che era figlia di Omri, e dei membri della casa di Acab (cf. 2Re 8,26-27; 2Cr 22,3-4). Geremia aggiunge una accusa contro i profeti di Samaria e di Giuda per la corruzione di entrambi i regni: ad essi risale, sia al Nord che al Sud, la diffusione dell'idolatria e la decadenza di Gerusalemme al ran-go delle citt maledette da Dio (cf. Ger 23,13-15; anche 8,1-2). L' AT offriva, dunque, sia l'idea della derivazione da Samaria della corruzione religiosa, sia l'idea del ruolo giocato dai profeti, insieme ai re ed ai principi, nella decadenza di Samaria e di Giuda. AI 3,1-5 sa-rebbe testimone di una personificazione delle due idee. Belchira non pu agire apertamente durante il regno di Ezechia ed , anzi, costretto ad allontanarsi: segno che, vivente Ezechia, gli influssi della Samaria erano tenuti distanti. Ma sotto Manasse l'influenza di Belchira diventa

    38 In 2Re 17 Samaria il modello della perversione di Gerusalemme. La stessa idea ricorre in Mi 1,2-7, che un oracolo diretto contro Samaria, prima del

    721, il quale viene poi applicato a Giuda mediante la glossa del v. Sb, e in Mi 6,16. Anche Geremia accusa Giuda di avere con pari perfidia seguito Israele nell'idolatria (cf. Ger 3,6-10).

  • 24 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    aperta e dominante: il falso profeta congiunge i suoi sforzi a quelli del re e Gerusalemme cos conquistata alle dottrine idolatriche della Sa-maria (cf. 2,5; 3,1) 39 Saremmo di fronte ad un trattamento dei dati biblici che non estraneo ad altre parti dell' Al - si pensi allo storia di Michea ed Elia - n, in generale, allo spirito e ai procedimenti del-1' esegesi tradizionale giudaica.

    L'accusa contro Isaia (3,6-12). Tutti gli attori, fin qui presen-tati separatamente, compaiono ora insieme sulla scena. Bel-chira accusa Isaia e i suoi compagni davanti a Manasse. L'accusa molto articolata. Il falso profeta riporta in primo luogo le parole di Isaia e dei suoi: Gerusalemme e le citt di Giuda saranno devastate, il popolo sar deportato, il re sar condotto prigioniero in catene (3,6b). L'accusa di Belchira affine a quella di Amasia contro Amos (cf. Am 7,10-11). Ma il nesso fra la morte di Isaia e le sue profezie era tradi-zionale. Secondo alcuni testi, cio Tg.Is 66,l e Pesikta Rabbati, la causa dell'uccisione sarebbe stata la predicazione contro il Tempio ri-portata in Is 66,1-2 40 AI 3,6 non indica alcun testo isaiano; ma Bel-chira si riferisce nel suo discorso a /s 6,1 e Is 1,10 (cf. 3,8.10). plau-sibile che anche per la devastazione di Gerusalemme e di Giuda AI 3,6 si riferisca ai testi da cui ricavata l'accusa contenuta in 3,8.10, cio a Is 6,1-13 e Is 1,7-10. Entrambi contengono, infatti, minacce di distru-zione contro la citt e il suo territorio (cf. Is 6,11-13;1,7) 41 La profe-zia sulla deportazione del popolo e del re trova, invece, il punto di ri-ferimento nelle parole di Isaia contenute in 2Re 20,16-18, attraverso gli sviluppi che esse hanno ricevuto nei testi relativi al loro avveramento (cf. 2Cr 33,11; Ez 19,9; 2Re 24,13-15) 42

    39 Sull'accusa dei Giudei ai Samaritani di praticare l'idolatria sul monte Gari-zim, cf. 2Mac 6,2; Jos. Ant XII 257-264. Per la stessa accusa negli scritti rab-binici cf. J. Heinemann, Antisamaritan Polemic in the Aggadah, in Proceeding of the Sixth World Congress of Jewish Studies (13-19 August 1973), Jerusalem 1977, pp. 59-60; R. Pummer, Antisamaritanische Polemik in jiidischen Schrif-ten aus der intertestamentarischen Zeit, BZ 26 (1982), pp. 224-242. 40 Per gli estremi dei due testi cf. qui, nota 18. 41 In 3,6 L 1 ed E divergono: i profeti predicono sulle citt di Giuda quod de-vastabuntur, E; quoniam deserentur, L 1 Js 6,11 e 1,7 contengono sia l'idea della devastazione sia dello spopolamento. 42 2Re 20,16-18 (=ls 39,5~7) contiene una minaccia contro la discendenza di Ezechia, senza specificare il grado di prossimit. Secondo 2Re 24,13-15 la mi-naccia si avverata al tempo del re Joiachim, nel 398; secondo 2Cr 33 la predi-zione si realizzata, invece, gi con Manasse: a seguito delle sue colpe Dio gli suscit contro il re di Assiria, i cui principi presero Manasse con raffi e, av-vintolo di catene, lo condussero in Babilonia (2Cr 33,11); XCX"tcx~ov "t"v Mcx-

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' AI 25

    Belchira vuol convincere il re che tale profezia non vera, perch Isaia e i suoi sono falsi profeti (3,7a.10a E; 3,7a.10a G; 3,lOa L 1). Ne prova il tenore stesso della predizione: es-sa infausta per il popolo (3, 7b) e procede da odio contro di esso (3,7b G) 43 L'argomento sottintende che un vero profeta non pu parlare contro il popolo. lo stesso criterio per cui in Mi 2,6-11 le parole di Michea sono respinte in nome della fedelt di Dio nell'alleanza e il profeta deve difendersi ribal-tando sugli avversari l'accusa di essere nemici del popolo 44 Contro Isaia personalmente Belchira porta due prove: in pri-mo luogo, la contraddizione fra Isaia e Mos (3,8-9); in se-condo luogo, l'equiparazione di Giuda e di Gerusalemme ai popoli maledetti da Dio (3,lOb; cf. L 1,7-10). Secondo il primo argomento Isaia un falso profeta, perch ha prete-so che la sua visione (o profezia, secondo G; ma i due termini si equi-valgono) superiore a quella di Mos. Prova ne l'opposizione di Es 33,20, che si riferisce alla visione di Mos sul Sinai, con Is 6, 1 (amplia-to, per, in modo da porlo in esatta antitesi con Es 33,20) 45 Il punto in questione non l'aver visto Dio restando in vita - ci era stato concesso ad altri (cf. Gen 33,21; Es 24,11; Dt 5,24; Gdc 6,22-23;

    VMO"Tj v oecroT xod ~OTjO"otV ot'tV v 7tOott xott ~yotyov d Bot~uwvot (2Par 33,11). AI 3,6 reca et contra te quoque, domine rex, quod in cavea et catenis ferreis (captus) abibis, E; et in te, domine rex, quoniam galeagra et per ferrum dedu-ceris, L 1 G lacunoso, ma contiene anch'esso v yothiXypott e v 7tOott, e si conclude con &:meucr7J riferito al re. Per la formula v 7tOott l'apocrifo coinci-de con 2Par 33, 11; il termine yoteiXypot compare, invece, in un testo parallelo a 2Par 33, 11, cio Ez 19,9 LXX, xott rnev'tO llttl'tV v XTj~ xott v yothiXypqt,

    ~9ev 7tp ~otcrtHot Bot~uwvo. Le coincidenze inducono a pensare che AI 3,6 rilegga 2Re 20,16-18 alla luce dei due testi relativi al suo adempimento. Inoltre, AI 3,6 premette alla deportazione del re quella del popolo. N 2Re 20, 16-18 n 2Cr 33,11 fan cenno di quest'ultima. Essa compare, per, in 2Re 24, 13-15, che legge l'adempimento di 2Re 16-18 alla luce della prima deporta-zione del popolo, nel 598, Non implausibile, allora, che anche per la sorte del popolo AI 3,6 rilegga 2Re 20, 16-18 secondo una tradizione formatasi sulla base del suo avveramento . .JJ Il testo completo di 3, 7 quello di G, xott ot'tot ~woo7tporp7Jnuoucrtv xoti 'tV

    'Icrpot~ xott 'tv 'Iouootv xott 'tv Bevtotdv ot'tot tcroiicrtv, xott oyo ot'twv xotx 7ti 'tv 'Iouootv xott 'tv 'Icrpot~. Il testo di E, i/li autem mendacium pro-phetant in Israelem et Jehudam, ha perso la parte centrale per omoteleuto. L 1 molto lacunoso e non offre possibilit di comparazione. 44 Per il rifiuto delle profezie di sventura perch vanno contro il popolo cf. anche Am 2,12; 7,10-17; Is 30,10; Ger 11,21. 45 AI 3,9, Non 'est homo qui videat Deum et vivat, riporta esattamente Es 33,20; nelle parole di Isaia, ego vidi Deum et ecce vivus (sum) ego, solo la pri-ma parte riproduce Is 6,1.

  • 26 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    13,22-23) - ma l'aver Isaia affermato che quella sua visione era supe-riore a quella ricevuta sul Sinai da Mos: questi, infatti, al momento della stipulazione dell'alleanza, aveva avuto il privilegio di vedere solo il dorso di Dio (cf. Es 33,18-23). Insomma, Isaia ha preteso che la sua visione, in cui ha predetto la distruzione delle citt di Giuda e di Geru-salemme e l'annientamento del popolo (cf. Is 6,11-13), era superiore alla visione legata alla stipulazione dell'alleanza sul Sinai. Era quanto dire che il popolo era ormai maledetto e posto fuori dell'alleanza. L'argomentazione posta in bocca a Belchira corrisponde ad un tema tradizionale. B.Jeb. 49b tramanda una haggada attribuita a Raba, un amoreo babilonese della terza generazione, vissuto dal 299 al 352, rela-tiva all'uccisione di Isaia. In un rapido scorcio presentato lo svolgi-mento di un processo, in cui Manasse rimprovera al profeta la con-traddizione fra tre testi di Mos e tre suoi (Es 33,20 e Is 6, I; Dt 4, 7 e Is 55,6; Es 23,26 e 2Re 20,6). La formula introduttiva delle citazioni: Il tuo maestro dice ... e tu dici ... chiarisce che sotto accusa la pretesa di Isaia di sottrarsi al magistero mosaico. Il profeta, prosegue l' haggada, non replica al re per non aggravare la sua colpevolezza e tenta di salvarsi facendosi inghiottire da un cedro mediante la pronun" eia del Nome. Ma il re fa portare il cedro e lo fa segare, e quando la sega giunge alla lingua di Isaia, costui muore per aver detto E abito in mezzo ad un popolo dalle labbra impure (Is 6,5). Il carattere tradizionale degli argomenti addotti contro Isaia attestato anche da Origene e da Girolamo. Il primo, commentando Is 6,5 nella Horn. I In Isaiam, riporta una tradizione dei giudei: Aiunt enim Isaiam esse sectum a populo quasi legem praevaricantem et extra Scrip-turas adnuntiantem. Scriptura enim ait: Nemo videbit faciem meam et vivet (cf. Es 33,20 LXX). Iste vero ait: Vidi Dominum Sabaoth. Moy-ses, aiunt, non vidit et tu vidisti. Et propter hoc eum secuerunt ut im-pium 46 La testimonianza di Origene coincide con B.Jeb.49b: in que-stione non la pretesa di aver visto Dio, ma la contraddizione alla Legge (quasi legem praevaricantem et extra Scripturas adnuntiantem) e la superiorit su Mos (Moyses, aiunt, non vidit et tu vidisti). Ge-rolamo, a sua volta, commentando Is 1,10 scrive: Aiunt Habraei ob duas causas Esaiam interfectum, quod principes Sodomorum et popu-lum Gomorrhae eos appellaverit, et quod Domino dicente ad Moysen: 'Non poteris videre faciem meam', ausus sit dicere: 'Vidi Dominum se-

    46 Orig. Horn. 1 in Js. 5, GCS 33, p. 247,. 9-20. Origene cita Es 33,20b secon-do la Septuaginta, L'uomo non pu vedere il mio volto (me, TM) e vivere. Ci gli offre il destro per una interpretazione armonizzante: Non enim sciebant quia duabus alis velaverunt faciem Dei seraphim. 'Vidi Dominum', sed faciem non vidit lsaias nec Moyses vidit. Posteriora vidit, ut scriptum est, Moyses. Ve-runtamen vidit Dominum, etsi faciem eius non vidit. Et hic ergo vidit, licet fa-ciem non viderit. Male igitur condemnaverunt prophetam.

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL'AI 27

    dentem super thronum excelsum et elevatum' 47 Gerolamo, dunque, riprende l'argomento di Origene 48 , ma vi premette un altro motivo, che ricavato dal versetto che sta commentando e che coincide con quello riferito in AI 3,10. Le testimonianze sono piuttosto tardive e, comunque, di molto poste-riori all' Al. Per esse riproducono uno schema che gi attestato in Flavio Giuseppe: in Ant. VIII 408 Sedecia rinfaccia a Michea la con-traddizione fra le sue parole e quelle di Elia 49 L'opposiZione fra un detto di Isaia e uno di Mos compare anche in una haggada relativa a 2Cr 35,20-24 50 Un altro testo rabbinico, B.Sahn.89a-b chiarisce la ra-gione di tale procedimento: chi annulla le parole di un altro profeta un falso profeta. Era, dunque, tradizionale uno schema in cui si succe-devano un problema esegetico relativo alla conciliabilit fra due testi profetici, l'affermazione, posta in bocca ad un empio, della loro in-conciliabilit e il rifiuto da parte dello stesso di uno dei due testi come falsa profezia. La giusta conclusione , invece, che i due testi sono conciliabili e sono entrambi vera profezia 51

    47 Hier. Comm. in Esaiam I 1,10. 48 Infatti Gerolamo conclude il suo testo sulla scorta di Origene: Non consi-derantes quod faciem et pedes Dei sive suos, quia in Hebraeo ambigue legitur, Seraphim texerunt; et media tantum eius vidisse se scribat. 49 Cf. qui, in questo capitolo, La storia di Michea (2,12-16). 50 Secondo tale haggada Geremia consiglia a Giosia di non negare il passaggio al Faraone, che vuol attraversare la Palestina per far guerra agli Assiri, appel-landosi ad una profezia del suo maestro, Isaia, che aveva previsto la guerra tra l'Egitto e l'Assiria (cf. /s 20,1-6). Ma il re replica: Mos, il maestro dei mae-stri, ha detto: Io dar pace nella terra e nessun esercito passer attraverso la tua terra (cf. Lv 26,6), neppure l'esercito che non radunato con intenzione ostile contro Israele. li re non si rendeva conto che le promesse della Legge erano inapplicabili ad un popolo idolatra; cos fu colpito a morte da trecento dardi, ma non ebbe una parola di lamento; solo afferm: Il Signore giusto, perch mi sono ribellato al suo comando. Cf. Ginzberg, The Legends .. ., IV p. 283; VI p. 378 nota 119. 51 B.Jeb. 49b fa seguire al racconto della morte di Isaia un commento, che sa-na la contraddizione fra il profeta e la tradizione mosaica (cf. The Babilonian Talmud, voi. 6, pp. 324-325). L'opposizione fra le parole di Michea in lRe 22,17 e quelle di Elia in JRe 21,19, sollevata dal falso profeta Sedecia in Jos. Ant. VIII 408, era un problema reale: fra le circostanze della morte di Acab a Ramot di Galaad, narrate in JRe 22,34-37, e la profezia di JRe 21,19 non vi corrispondenza. Ma JRe 22,58 si preoccupa di armonizzare la predizione di Elia col racconto della morte di Acab. Infine, l'haggada relativa a 2Cr 35,20-24 concila le parole di Mos con quelle di Isaia osservando che le prime si riferi-vano al popolo nello stato di fedelt e la seconda al popolo peccatore. L'idea che Mos e i profeti sono consonanti tra loro continua nel giudeocristia-nesimo. In Ps.-Clem. Ree I 68-69 Caifa chiede che la discussione su Ges sia basata sulla Legge, aggiungendo in un secondo momento i profeti. Ma Giaco-mo rifiuta tale modo di procedere quia et prophetae quae dicunt ex lege sum-pserint et legi consona sint locuti.

  • 28 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    Insomma, sia nelle tradizioni giudaiche sia in AI 3,8-10 l'opposizione fra le parole di Mos e quella di Isaia messa avanti da un empio, Manasse o Belchira, che intende addossare a Isaia la colpa di essere un falso profeta. In entrambi i casi i testi respingono implicitamente l'ac-cusa: essa proviene, infatti, da un empio, che oppone maliziosamente le parole dei due profeti. Secondo B.Jeb. 49b la vera ragione della morte di Isaia non l'aver profetizzato in maniera opposta a quella di Mos, ma l'aver sparlato del popolo; per l' Al, invece, la vera ragione l'odio di Beliar contro il profeta (cf. 3,13) 52 Alle parole di Belchira si congiunge l'azione occulta di Beliar sul cuore di Manasse e dei suoi consiglieri; il re ordina cos l'arresto del profeta (3,11-12). Un racconto affine si trova in un altro apocrifo, i Paralipomeni del profeta Geremia, che abbiamo gi considerato nell'analisi di AI 2,12-13. Secondo questo apocrifo il re Sedecia, le cui colpe corrispondono a quelle di Manasse: egli, tra l'altro, ha ucciso i profeti e lapidato i santi - manda ad arrestare Geremia e lo fa tradurre davanti a s in catene; e quando vede il profeta, egli invaso in tutte le sue membra dal diavolo, cos da diventarne figlio 53 Figlio del diavolo chiama-to anche uno pseudoprofeta in At 13,10, all'interno del racconto dello scontro fra l'apostolo Paolo e il mago Barjesu alla presenza del pro-console Sergio Paolo. L'idea che nello scontro fra la vera e la falsa profezia intervenga l'azione diabolica appartiene, dunque, probabil-mente ad un fondo tradizionale.

    L'uccisione del profeta (Al 5). Il martmo di Isaia il mo-mento supremo dello scontro tra la vera e la falsa profezia. La morte del profeta , infatti, la conseguenza della sua scel-ta fra i due spiriti: egli rifiuta di mettersi al servizio del de-monio (cf. 5,4-10) e rimane fedele allo Spirito divino, la cui presenza non lo abbandona durante tutto il supplizio (cf. 5,14).

    52 L'idea che Isaia ha maledetto il popolo compare anche in autori cnst1ani: ad es., Iust. Dia!. CXXXIII 2-5, che cita /s 3,9-15 e 5,18-25 e, naturalmente, fa risalire a Dio la maledizione. Sulla critica ai profeti, in specie Isaia, per la loro severit e slealt verso il po-polo cf. J. Bowman, Prophets and Prophecy in Talmud and Midrash, EvQ 22 (1950), pp. 213-220. 53 The king commanded that they should arrest Jeremiah (and arrest him) and bring him to him bound in chaims ... And the brought him out (and) took him to king Zedekiah. When he saw him, the devii (Lci~oo) entered him at once, filling ali his members, for he was indeed a son of the devii (n. 9, p. 116).

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' AI 29

    La presentazione molto schematica dell'uccisione di Isaia comprende, per, il particolare della sega di legno (cf. 5,1.11). l'unico dato che permette di percepire, sullo sfondo, l'influsso delle leggende relati-ve alla morte del profeta 54 In primo piano sono, invece, i rapporti che si istaurano fra gli attori, umani e sovrumani, del dramma. AI 5,1-10 presenta, come spettatori del supplizio Belchira, i falsi profe-ti e il demonio (cf. lb-3) 55 Costui tenta Isaia, per trasformarlo in fal-so profeta (cf. 5,4-5). Ma nello stesso momento a Isaia concessa una visione del Signore: entra, cio, in scena l'antagonista celeste, che inva-de lo spirito del profeta in estasi (cf. 5,6-7). Il diavolo insiste: egli vuol parlare per la bocca di Isaia e per questo gli promette salvezza e onori (cf. 5,8); ma il profeta gli risponde con una parola di maledizione e di sfida: il diavolo non pu possedere l'intimo del profeta, ma pu solo intaccarne la pelle, cio l'esterno (cf. 5,9-10); perci il demonio si al-lontana 56 Infatti, in 5, 11-12 compaiono come spettatori solo uomini

    54 Sega di legno probabilmente deriva dal fraintendimento del termine ebrai-co massor'es, sega da legno o sega per alberi. Si avrebbe qui una allusione alla leggenda, incorporata in alcuni testi rabbinici (B.Jeb. 49b; J.Sanh. 10,2; Pes.Rab. 4,3), secondo la quale Isaia si sarebbe fatto inghiottire da un cedro o da un carrubo, e sarebbe stato fatto segare da Manasse insieme con l'albero. Su questa leggenda e i suoi rapporti con le tradizioni giudaiche cf. Caquot, pp. 85-89; Steck, Israel und die gewaltsame Geschick .. ., pp. 245-247. 55 Per AI 5,3.4.8 i codici presentano lezioni diverse dei nomi dei personaggi, il che si riflette sulla interpretazione del testo. Secondo Dillmann, p. 21, e Ca-quot, p. 89, in 5,3 Belchira e il demonio presenziano entrambi al martirio; con-tra Charles, p. 40, e Tisserant, p. 121, che correggendo il verbo, fanno presen-ziare solo Belchira. In 5,4 secondo Dillmann, p. 29, Beliar che si rivolge a Isaia; per Charles, p. 40, Tisserant, p. 129, e Caquot, p. 90, , invece, Belchi-ra. In 5,8, per Dillmann, p. 23, e Caquot, pp. 90-91, chi si rivolge di nuovo al profeta il diavolo, col nome di Milchira; secondo Charles, p. 41, e Tisserant, p. 130, ancora Belchira. A favore dell'idea che il demonio, designato con vari nomi, intervenga e si ri-volga a Isaia, oltre che una base codicale - al v. 4 solo B ha Belchira, tutti gli altri codici hanno Bereyal o Beleyar; al v. 8 B e C hanno Belchira, gli altri hanno Melchira o Milchira - sta anche Legg.gr. 3,8, dove intervengono due personaggi, Melchias e Becheira, e Legg.gr. 3, 18, in cui la maledizione indi-rizzata al diavolo Melchias. Anche secondo una tradizione, riportata da Am-brogio, Isaia stato tentato dal diavolo (cf. Ambr. Expos.psalmi CXVIII, 12,32). Del resto, il vanto e la promessa contenuti in 5,8, che ricordano la ten-tazione diabolica di Ges (cf. Mt 4,8-10; Le 4,6-8), cos come la maledizione di Isaia contro le potenze, si addicono pi al demonio che ad un uomo. 56 Un testo concettualmente affine ad AI 5, 1-10 Iust. Dia!. CXVI 1: Il dia-volo ci incalza, avversandoci sempre, volendo trarci tutti a lui, e l'angelo di Dio, cio la potenza di Dio che ci stata inviata mediante Ges Cristo, gli resi-ste ed egli recede da noi. Sulla identit dell'angelo di Dio antagonista del de-monio, che per alcuni Cristo, per altri lo Spirito Santo oppure Cristo e lo Spirito Santo insieme, cf. J.P. Martin, El Esp{ritu Santo en los or{gines del Cristianismo, Ziirich 1971, pp. 225-228. Sul ruolo del demonio nella persecu-

  • 30 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    (Manasse, Belchira e i falsi profeti, i principi e il popolo). Mancano i compagni di Isaia perch questi li aveva in precedenza esortati ad al-lontanarsi dalla Giudea (cf. 5,13). E davanti ai capi e al popolo Isaia, senza lamentarsi, continua a parlare con lo Spirito (o a profetare nello Spirito) fino alla morte (cf. 5,14) 57 Il racconto risulta dall'intreccio di pi modelli martiriali. Uno quello offerto da 2Mac 6,18-31 e 7,1-41: supplizio in presenza del re, offerta di salvezza se il martire rinnega, confessione del martire e condanna del persecutore, parole, durante il supplizio, di fede nella vita eterna e sul carattere solo fisico della morte 58 Ma AI 5 inserisce in questa struttura certi dati, che si rinvengono in At 6, 15-7 ,40: pienezza dello Spirito Santo nel martire, discorso al popolo, visione del Signore, in-vocazione durante il supplizio. Mari.Poi. 2,2-3,1 propone, a sua volta, un'altra sequenza ideale: la forza dei martiri, l'assenza di lamenti e di gemiti, l'estasi, il colloquio con il Signore presente, la rivelazione delle pene e dei premi eterni, la pressione per l'abiura, le macchinazioni del demonio e la resistenza vittoriosa dei martiri 59 Per, rispetto a tutti questi testi AI 5 presenta un tratto peculiare; cio il confronto tra la falsa e la vera profezia. La narrazione chiarisce qual la natura della

    zione dei cristiani cf. Iust. Dia/. XVIII 3; CXXXI 2; JApal. 5,1 (63,10); 2Apal. 1,2. 57 AI 5,14b presenta una qualche difficolt di interpretazione. Dillmann tradu-ce: sed as ejus callaquebatur cum Spiritu Sancta; difatti, l'etiopico reca la-manfas, che letteralmente significa allo Spirito. Ma Caquot, p. 91, avanza l'ipotesi che l'etiopico non abbia inteso il senso strumentale del greco 7tveuoti:t ayCcp e indica come parallelo dum loquebatur in Spiritu Sancta in 6,10. Il semi-tismo ev 7tVEUoti;t corrisponde al dativo strumentale greco in lCar 12,3, mentre l'uso del dativo strumentale, ancora con riferimento alla ispirazione profetica, compare in At 6,10

  • PROFEZIA ED ESEGESI NELL' AI 31

    prima: essa procede dallo spirito diabolico. Isaia, invece, che si rifiu-tato di prestare la bocca al demonio, fino all'ultimo l'organo dello Spirito Santo. L'interesse centrale , dunque, rivolto pi all'immagine profetica che martiriale: il profeta che resta tale anche nel martirio, non il martire che diventa profeta nell'atto della morte.

    L'analisi fin qui condotta consente, a mio avviso, di trarre una conclusione e di avanzare un'ipotesi, che dovr essere verificata nel corso successivo dell'analisi. La conclusione che il racconto che fa da quadro alla rivelazione dei capitoli 3-4, costituito fondamentalmente da una rilettura di certi passi dell' AT, condotta all'interno delle tradizioni esegetiche giudaiche. Ma alcuni sviluppi non sono riconducibili all'ese-gesi tradizionale dei testi scritturistici: si tratta degli sviluppi relativi al Diletto e a Beliar. L'ipotesi che questi sviluppi ri-velino il criterio specifico della rilettura dell' A T compiuta dall' AI: esso precisamente consisterebbe nell'idea di una op-posizione tra le due potenze spirituali, una celeste e l'altra demoniaca. L'interpretazione della storia biblica, o almeno di certi suoi episodi maggiori, come lotta fra potenze angeliche avverse, ricorre, ad esempio, nel Libro dei giubilei e nel Do-cumento di Damasco 6o. L' AI adotterebbe, dunque, uno sche-ma dell'apocalittica giudaica e gli conferirebbe un tenore cri-stiano, identificando i due principi opposti nel Diletto e nel principe di questo mondo. Negli eventi finali della vita di Isaia tale opposizione si intreccia con lo scontro fra il vero e il falso prof eta. In AI 1 anticipata, attraverso le predizioni di Isaia, l'opposizione tra i disegni del diavolo e quelli del Diletto che si verificher nella sorte del prof eta. Difatti la lotta fra Isaia, Manasse e Belchira dominata dall'azione dello spirito demoniaco. Il racconto del martirio, in AI 5, porta alla luce il senso profondo della vicenda: i due principi spirituali vengono a confronto nella persona del prof eta: il demonio riesce soltanto a far martirizzare Isaia nel corpo,

    60 Per l'idea che Beliar suscita lannes e suo fratello contro Mos e Aronne, che, a loro volta, sono stati suscitati dal Principe delle luci cf. CD V 17-19. Qui vi un mistero tipologico per tutta la storia di Israele: cos commenta L. Moraldi, I manoscritti di Qumran, Torino 1971, pp. 237-238. Iub. 48,2-4.9-18 presenta, a sua volta, la lotta fra l' angelo del volto, a favo-re di Mos, e Mastema, a favore degli egiziani. Cf. M. Testuz, Les ides reli-gieuses du Livre des Jubils, Paris 1960, pp. 75-86.

  • 32 L'ASCENSIONE DI ISAIA

    mentre il Signore si afferma nello spirito del profeta e, attra-verso di lui, riporta vittoria sull'avversario.

    II. La rivelazione di AI 3,13-4,22 Il testo di AI 3,13-4,22 si divide logicamente in tre sezioni, di contenuto e di ampiezza diversi: le vicende terrene del Diletto e della Chiesa fino agli ultimi giorni (3,13-31), l'avvento dell'anticristo e la parusia del Signore (4,1-18), il rapporto fra le visioni narrate nell'apocrifo e gli scritti dell' A T ( 4, 19-22). La storia del Diletto e della Chiesa