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© 2013 Elsevier Srl. Tutti i diritti riservati
rassegna
DENTAL CADMOS | 2013;81(2):63-74 | 63
RiassuntoObiettivi. L’obiettivo di questo contributo è la determinazione della tecnica
chirurgica ricostruttivo-rigenerativa e/o implantare più efficace nell’aumento
osseo verticale di creste alveolari atrofiche nel mascellare superiore.
Materiali e metodi. Sono stati selezionati e analizzati 12 studi randomizzati e
controllati presenti in letteratura che rispettavano i criteri di inclusione stabiliti
dalla Cochrane Collaboration.
Risultati e conclusioni. Nel mascellare superiore atrofico è possibile in-
crementare con successo l’osso verticalmente, ma le complicanze possono
essere frequenti. Inoltre, non è ancora chiaro quale sia la migliore tecnica
di rialzo del seno mascellare fra quelle proposte dalla letteratura scientifica.
Quando l’altezza della cresta ossea residua è compresa tra 4 e 6 mm, gli
impianti corti sembrano costituire una valida opzione poiché riducono sia i
tempi e i costi di trattamento sia le complicanze. Per quanto riguarda i materiali
da innesto utilizzabili nel rialzo di seno mascellare, si è osservato come questi
non influenzino positivamente o negativamente il risultato clinico.
Parole chiave: Atrofia mascellare Impianti dentali Innesti
Rialzo di seno mascellare Chirurgia orale
AbstractObjectives. The aim of this paper is to determine which reconstructive-
regenerative and/or implant technique is the most effective in vertical bone
increase of atrophic alveolar upper jaws.
Materials and methods. Twelve randomized controlled trials, fulfilling inclu-
sions criteria of Cochrane Collaboration, have been selected and analyzed.
Results and conclusions. In posterior atrophic jaws it’s possible to increase
bone vertically with success, but complications can often occur. Furthermore
it’s not clear yet which is the best surgical technique for maxillary sinus lift
among those proposed in the literature. When the residual bone crest height is
between 4-6 mm, short implants seem to be a good treatment choice because
they reduce time and treatment costs and complications. Concerning graft
materials that can be used in the sinus lift, we analyzed that they don’t have
the capacity to influence the final clinical result.
Key words: Maxillary jaws atrophy Dental implants Bone grafts
Maxillary sinus lift Oral surgery
CHIRURGIA ORALE
Aumento verticale nelle atrofie del mascellare superiore: evidenze scientificheVertical bone augmentation in atrophic jaws: scientific evidences
L. Pianaa,*, R. Pistillib, L. Checchia, P. Felicea
a Università degli Studi di Bologna, Dipartimento di Scienze Odontostomatologicheb Azienda Complesso Ospedaliero San Filippo Neri, Dipartimento di Chirurgia Orale e Maxillofacciale, Roma
Ricevuto il 12 dicembre 2011
Accettato il7 giugno 2012
*Autore di riferimentoLaura Piana
1. Introduzione
L’atrofia dei mascellari posteriori edentuli
rende la loro riabilitazione un problema
clinico diffuso e difficilmente risolvibile
con tecniche di routine. La principale dif-
ficoltà nel posizionamento degli impianti
in questi settori, al fine di ottenere una
riabilitazione con protesi fissa, risiede
nella frequente presenza di seni mascel-
lari pneumatizzati che, unitamente a una
ridotta altezza ossea, impediscono l’in-
serimento di impianti di lunghezza ade-
guata [1].
Di fronte a un quadro di grave atrofia
mascellare dei settori posteriori (fig. 1),
con un’ampiezza ossea adeguata ma
con scarsa altezza ossea, le soluzioni
terapeutiche sono sostanzialmente le
seguenti: aumento verticale del volume
dell’osso, utilizzo di impianti corti.
64 | DENTAL CADMOS | 2/2013
L. Piana et al.
Varie sono le tecniche di incremento os-
seo verticale proposte negli ultimi anni:
l’innesto a blocco (onlay), la rigenerazio-
ne ossea guidata (Guided Bone Regene-
ration, GBR) verticale e il rialzo di seno
mascellare.
Gli innesti a onlay vengono general-
mente realizzati in caso di atrofia dei
mascellari associata a un’aumentata
distanza interarcata [2], utilizzando
blocchi d’osso di origine intra o ex-
traorale. In dettaglio, dopo aver pre-
parato un lembo a spessore totale,
si perfora la corticale ossea ricevente
per fornire adeguata vascolarizza-
zione all’innesto; il blocco viene poi
modellato, adattato alla cresta rice-
vente e, infine, fissato a essa con
miniviti di titanio [3]. Alcuni autori,
inoltre, posizionano osso autologo o
biomateriale, sotto forma di partico-
lato per riempire gli spazi tra blocco
e osso ricevente o tra i diversi bloc-
chi, ricoprendo il tutto con membra-
ne riassorbibili (figg. 2a-c,3) [2,4,5].
La scelta di questa tecnica richiede
la presenza di una buona qualità dei
tessuti molli del sito ricevente per
ridurre il rischio di deiscenze e per
favorire la rivascolarizzazione della
ferita.
Tra le complicanze associate a tale
tecnica di incremento osseo sono ri-
portati l’infezione del sito chirurgico,
la riapertura della ferita, la deiscenza
e la mobilità del blocco e, infine, il ri-
assorbimento dell’innesto [6,7]. Pro-
prio quest’ultimo è uno dei principali
svantaggi della tecnica a onlay. Le
Fig. 1 Visione radiografica (ortopantomografia) di un mascellare superiore con atrofia dei settori posteriori
Fig. 1
Fig. 2a-c a) Visione clinica di un mascellare superiore
con evidente deficit osseo in spessore.
b) Posizionamento di innesti a onlay di osso autologo
prelevati dalla cresta iliaca. c) Fissaggio
Fig. 3 Posizionamento implantare nel mascellare
dopo incremento con innesti a onlay e rialzo di seno
mascellare
Fig. 2a
Fig. 3
Fig. 2b
Fig. 2c
DENTAL CADMOS | 2013;81(2):63-74 | 65
Aumento verticale nelle atrofie del mascellare superiore: evidenze scientifiche
percentuali di riassorbimento indica-
te in letteratura sono estremamente
variabili e si differenziano a seconda
che il prelievo sia di origine intraorale
o extraorale. Per quanto riguarda gli
innesti di origine intraorale i dati rela-
tivi al riassorbimento variano dal 13%
al 36% [8] finanche al 43% [9]. Per gli
innesti di origine extraorale, invece,
l’entità del riassorbimento varia dal
17% al 39% [10].
Un ulteriore svantaggio degli innesti a
onlay attiene alla necessità di un se-
condo sito chirurgico per il prelievo,
che ovviamente determina l’aumento
dei tempi operatori, dell’ospedalizza-
zione del paziente e della morbilità
postoperatoria [11].
Fig. 5 Immagine radiografica (ortopantomografia)
di un mascellare superiore dopo aumento osseo con
tecnica GBR e posizionamento di impianti
Fig. 4a-c a) Posizionamento implantare in un mascellare superiore con evidente deficit osseo in spessore. b) Innesto di biomateriale sotto forma di particolato per riempire il
deficit osseo. c) Protezione della zona innestata con una membrana rigida riassorbibile
Fig. 4a
Fig. 5
Fig. 4b Fig. 4c
Fig. 6a-d a) Creazione di una finestra ossea
lateralmente al seno mascellare. b) Posizionamento
di impianti dopo aver scollato e rialzato la membrana
sinusale. c) Innesto di biomateriale sotto forma
di particolato per riempire l’area del seno rialzata.
d) Posizionamento di una membrana in collagene per
ricoprire e proteggere il sito innestato
Fig. 6a
Fig. 6c
Fig. 6b
Fig. 6d
66 | DENTAL CADMOS | 2/2013
L. Piana et al.
Una tecnica alternativa all’innesto
a onlay è la GBR con membrane
semipermeabili [12-16]. La meto-
dica si basa sul principio che que-
ste membrane possano creare uno
spazio che permetta, tramite una
buona stabilità del coagulo, la gua-
rigione e l’integrazione indisturbata
dell’innesto osseo posizionato sulla
cresta alveolare, impedendo ai tes-
suti circostanti di invadere tale spa-
zio e riducendo, così, la quantità di
osso che si riassorbe (figg. 4a-c,5)
[17,18].
Anche la GBR può andare incontro
a complicanze, allo stesso modo
dell’innesto a onlay. In aggiunta, la
rigenerazione ossea guidata preve-
de l’utilizzo di membrane e, in alcuni
casi, di miniviti da fissaggio, con l’ov-
via conseguenza che le complicanze
riscontrabili possono derivare anche
dall’esposizione delle membrane e/o
delle viti e dalla contaminazione del-
le stesse [7,19,20]. In realtà questo
fenomeno è ancora oggetto di di-
battito: diversi studi hanno mostrato
risultati migliori quando le membra-
ne rimanevano sommerse rispetto ai
casi in cui si verificava esposizione
[21-23], mentre altri autori non sono
riusciti a individuare alcuna differen-
za [24,25].
Quando non sussistono problemi di
aumentata distanza interarcata, è
possibile ricorrere alla tecnica di rialzo
del seno mascellare. Boyne e James
furono i primi a descriverla nel 1980
[26]. La procedura prevedeva l’aper-
tura di una finestra ossea lateralmen-
te al seno mascellare, lo scollamen-
to e il sollevamento della membrana
schneideriana e il posizionamento,
all’interno della cavità creata, di osso
particolato prelevato dalla cresta iliaca
al fine di determinare una riossificazio-
ne del seno (fig. 6a-d) [26].
Come alternativa all’approccio late-
rale, Tatum nel 1986 [27] e Summers
nel 1994 [28] descrissero una tecnica
di rialzo del seno per via crestale, defi-
nita “tecnica degli osteotomi”. La nuo-
va procedura, meno invasiva rispetto
al rialzo di seno per via laterale, pre-
vedeva un innalzamento della mem-
brana sinusale attraverso la pressione
di osteotomi di diametro progressi-
vamente crescente, inseriti all’interno
del tunnel implantare. Questa tecnica,
successivamente definita “minirialzo
Fig. 7a-d Immagini di rialzo del seno per via crestale. a) Preparazione del tunnel implantare.
b) Misurazione della profondità del tunnel implantare.
c) Inserimento e compattazione del biomateriale per rialzare la membrana sinusale.
d) Posizionamento dell’impianto
Fig. 7a
Fig. 8
Fig. 7c
Fig. 7b
Fig. 7d
Fig. 8 Immagine
radiografica del
posizionamento impiantare
con tecnica del rialzo di seno
per via crestale
DENTAL CADMOS | 2013;81(2):63-74 | 67
Aumento verticale nelle atrofie del mascellare superiore: evidenze scientifiche
di seno”, permette il contestuale po-
sizionamento degli impianti, ma può
essere realizzata solo in presenza di
un’altezza ossea al di sopra del seno
pari ad almeno 6 mm [28].
La tecnica del rialzo di seno per via
crestale fu poi modificata da Cosci e
Luccioli [29], i quali introdussero una
serie di frese atraumatiche di varie
lunghezze, che riducevano il rischio di
perforazione della membrana sinusale
durante le procedure di creazione del
tunnel implantare (figg. 7a-d,8) [29].
L’impiego di impianti corti (fig. 9a-c) po-
trebbe apparire la soluzione più sempli-
ce, economica e veloce. La definizione
di “impianto corto” è comunque ancora
controversa, dato che alcuni autori con-
siderano corti tutti gli impianti di lunghez-
za compresa tra 7 e 10 mm. Recente-
mente sono stati introdotti sul mercato
anche impianti di lunghezza inferiore a 7
mm, che vengono oggi utilizzati sempre
più frequentemente nei settori atrofici
[30-33].
L’obiettivo della presente revisione della
letteratura è valutare, in presenza di atro-
fie mascellari:
se le tecniche di aumento osseo
verticale siano necessarie oppure si
possano sostituire con altre metodi-
che;
se tra le diverse tecniche di aumento
osseo verticale ve ne sia una più ef-
ficace rispetto alle altre e se vi siano
differenze tra i diversi materiali da in-
nesto impiegati.
Per selezionare gli studi da includere in
questa rassegna è stata effettuata una
ricerca, basata fondamentalmente sul
metodo impiegato dalla Cochrane Col-
laboration [32], all’interno del database
MedLine, mediante l’uso di parole chia-
ve in lingua inglese relative agli argomen-
ti analizzati. Le parole chiave utilizzate
sono state: “vertical bone augmenta-
tion”, “GBR”, “sinus lift”, “inlay”, “onlay”,
“atrophic maxilla”, “jaw rehabilitation”,
“graft”, “implant maxilla rehabilitation”,
“short implants”. Tra tutti gli articoli tro-
vati digitando tali parole chiave è stato
eseguito uno screening attraverso la let-
tura degli abstract, per individuare la per-
tinenza del lavoro con il tema in esame
e per valutare se i parametri con cui era
stato condotto lo studio rientravano nei
criteri di inclusione predefiniti. Nei casi
in cui dall’abstract non è risultato chiaro
qualcuno di questi elementi, è stato letto
l’intero articolo. Sono stati quindi consi-
derati solamente gli studi clinici rando-
mizzati e controllati (RCT). L’ultima ricer-
ca è stata effettuata il 27 ottobre 2011.
2. L’aumento osseo verticale è indispensabile oppure si può ovviare al problema con i soli impianti corti?
In letteratura esistono tre RCT [30-32]
(tab. I) che hanno cercato di rispondere
a questa domanda.
Di questi studi, quello di Felice et al. [30]
si è occupato di mascellari totalmente
Fig. 9a-c Impianti corti aventi diametro di 4,8 mm
e lunghezza di 5 mm posizionati in siti caratterizzati da
gravi deficit ossei verticali
Fig. 9a Fig. 9b Fig. 9c
68 | DENTAL CADMOS | 2/2013
L. Piana et al.
edentuli (fig. 10). Sono stati trattati 28 pa-
zienti totalmente edentuli, con un’altezza
ossea residua del mascellare superiore di
5-9 mm e uno spessore di almeno 5 mm.
I pazienti sono stati suddivisi in due grup-
pi: 15 sono stati riabilitati con impianti
corti (5 mm) e 13 sono stati trattati con
rialzo di seno bilaterale e, se necessario,
con aumento osseo verticale per mez-
zo di blocchi prelevati dalla cresta iliaca,
con il successivo posizionamento di im-
pianti lunghi almeno 11,5 mm. Tutti i pa-
zienti sono stati riabilitati con successo.
Si è verificato il fallimento di un impianto
nel gruppo dell’aumento osseo vs 2 nel
gruppo degli impianti corti. Si è verificata
un’infezione bilaterale del rialzo di seno
in un paziente, per cui si sono dovuti
Fig. 10
Fig. 11
Fig. 10 Immagine ortopantomografica di un
mascellare superiore atrofico totalmente edentulo
Tabella I RCT sulla riabilitazione del mascellare atrofico. Studi che valutano la necessità dell’aumento osseo verticale per poter posizionare impianti lunghi vs la riabilitazione con soli impianti corti
RCT Tecniche a confronto N. pazienti N. impianti posizionati
N. impianti falliti N. protesi fallite
Complicanze Follow-up
Felice et al., 2011 [30]
Impianti corti (5-8,5 mm) vs
rialzo e onlay graft + impianti lunghi
28 86 corti 92 lunghi
2 corti1 lungo
– 3 gruppo rialzo di seno
5 mesi dal carico
Felice et al., 2009 [31]
Impianti corti (5 mm) vs
rialzo + impianti lunghi
15 split-mouth
34 corti38 lunghi
1 corto1 lungo
1 lato impianto
corto
3 gruppo impianti cortivs
1 gruppo rialzo di seno
4 mesi dal carico
Esposito et al., 2010
[32]
Impianti corti (5 mm) vs
rialzo + impianti lunghi
15 split-mouth
34 corti38 lunghi
1 corto1 lungo
1 lato impianto
corto
3 gruppo impianti cortivs
1 gruppo rialzo di seno
1 anno dal carico
Fig. 11 Immagine radiografica (ortopantomografia)
di un paziente con mascellare superiore parzialmente
edentulo e atrofia nei settori posteriori, riabilitato con
impianti corti nel lato di sinistra e rialzo di seno con
impianti lunghi nel lato di destra
DENTAL CADMOS | 2013;81(2):63-74 | 69
Aumento verticale nelle atrofie del mascellare superiore: evidenze scientifiche
posizionare impianti corti. Vi sono state
3 complicanze in 2 pazienti del gruppo
dell’aumento osseo e 5 pazienti hanno
lamentato dolore postoperatorio fino a
un mese dal prelievo di osso dalla cresta
iliaca. Nel gruppo degli impianti corti non
si sono verificate complicanze. Da que-
sto studio emerge come gli impianti corti
sembrino una soluzione preferibile per la
riabilitazione di pazienti totalmente eden-
tuli con atrofia del mascellare superiore,
in quanto i tempi riabilitativi sono più bre-
vi, i costi biologici ed economici sono ri-
dotti e le complicanze minori [30]. Questi
dati devono comunque trovare conferme
con un follow-up di almeno 5 anni.
Gli studi di Felice et al. [31] ed Esposito et
al. [32] trattano invece di atrofie mascellari
posteriori in pazienti parzialmente edentu-
li. In questi studi split-mouth su 15 pazien-
ti, gli autori confrontano la riabilitazione
dei mascellari posteriori mediante l’impie-
go di soli impianti corti (diametro 6 mm,
lunghezza 5 mm) con il rialzo di seno per
via laterale e il successivo posizionamen-
to di impianti di lunghezza ≥ 10 mm [32]
(fig. 11). Sono riportati i risultati ai follow-
up di 4 mesi [31] e 1 anno [32] dal carico
protesico. Non sono emerse differenze
statisticamente significative tra le due tec-
niche per quanto riguarda le complicanze
(3 perforazioni della membrana nel lato
degli impianti corti e 1 perforazione nel
lato del rialzo di seno). Una protesi non è
stata eseguita nel lato degli impianti corti
poiché al momento della connessione un
impianto era mobile, per cui è stato so-
stituito con un impianto più distale e suc-
cessivamente caricato. Non vi sono state
differenze neppure per quanto riguarda le
preferenze espresse dai pazienti in merito
ai due differenti trattamenti.
In conclusione, entrambe le tecniche
hanno ottenuto buoni risultati, senza
presentare differenze statisticamente
significative per quanto riguarda compli-
canze e fallimenti implantari e protesici.
Tuttavia, la riabilitazione per mezzo di soli
impianti corti sembrerebbe da ritenersi la
scelta preferibile in quanto il trattamento
risulta essere più veloce, più economico
e associato a un minor numero di com-
plicanze.
3. Qual è la tecnica più efficace per realizzare un rialzo di seno in mascellari posteriori atrofici? Vi sono differenze tra i diversi materiali impiegati nelle procedure di aumento osseo?
Tra gli RCT rispondenti integralmente ai
criteri preliminari, ne sono stati inclusi
nove [1,34-41] (tabb. II,III) per individuare
quale tra le diverse tecniche proposte in
letteratura sia la più efficace in termini di
risultati, vantaggi/svantaggi per il pazien-
te, tempi di esecuzione e complicanze.
Lo studio di Cannizzaro et al. [36] ha
confrontato la riabilitazione per mezzo di
rialzo crestale con contemporaneo posi-
zionamento di impianti lunghi 8 mm vs
la riabilitazione con rialzo di seno laterale
e contemporaneo posizionamento di im-
pianti aventi lunghezza ≥ 10 mm. I risul-
tati a 1 anno non evidenziano differenze
statisticamente significative tra le due
tecniche per quanto riguarda il successo
implantare, quello protesico e le compli-
canze. Tuttavia, nel gruppo con approc-
cio laterale si sono verificate 2 importanti
complicanze che hanno determinato il
fallimento dell’intera procedura nei 2 pa-
zienti in questione. Si può quindi affer-
mare che entrambe le tecniche offrono
buoni risultati, anche se si riscontrano
meno complicanze e fallimenti con la
tecnica del minirialzo crestale. Pertanto,
in presenza di un’altezza di osso residuo
di almeno 3-6 mm, è da preferirsi l’ap-
proccio crestale con il posizionamento
di impianti lunghi 8 mm in quanto meno
invasivo.
Lo studio di Checchi et al. [41] del
2010 ha invece paragonato il minirialzo
crestale con tecnica di Summers e la
tecnica di Cosci. In questo studio split-
mouth sono stati trattati 15 pazienti con
edentulia parziale bilaterale. Dei 19 im-
pianti posizionati nessuno è fallito. Nes-
sun paziente ha lamentato discomfort o
complicanze dal lato in cui è stata at-
tuata la tecnica di Cosci, mentre 12 pa-
zienti hanno lamentato discomfort con
la tecnica di Summers durante la pro-
cedura chirurgica; questo dato è risul-
tato statisticamente significativo. Nove
pazienti hanno presentato mal di testa
e in 3 di questi si è verificato gonfiore
dal lato in cui è stata effettuata la tec-
nica di Summers. La tecnica di Cosci,
inoltre, ha richiesto un tempo inferiore
per il posizionamento degli impianti (24
min vs 33 min) e anche questo dato è
risultato statisticamente significativo. I
due operatori dello studio e 14 pazienti
sui 15 trattati, infine, hanno affermato di
preferire la tecnica di Cosci rispetto a
quella di Summers.
Nello studio di Wannfors et al. [34], 20
pazienti sono stati trattati con aumento
verticale mediante blocco prelevato da
cresta iliaca, fissato con impianti alla cre-
sta ossea (gruppo 1) (fig. 12a-c), mentre
in altri 20 pazienti è stato effettuato un
rialzo di seno per via laterale con osso
particolato (fig. 13) e impianti posizionati
dopo 6 mesi (gruppo 2). Dopo 1 anno
dal carico protesico sono falliti 20 im-
70 | DENTAL CADMOS | 2/2013
L. Piana et al.
Tabella II RCT sulla riabilitazione del mascellare atrofico. Tecniche di aumento osseo verticale a confronto
RCT Tecniche a confronto N. pazienti N. impianti posizionati
N. impianti falliti N. protesi fallite
Complicanze Follow-up
Wannfors et al., 2000
[34]
Rialzo 1s con blocco da cresta
vs 2s con particolato da cresta
40 76 gruppo 1s74 gruppo 2s
20 gruppo 1s11 gruppo 2s
2 gruppo 1s1 gruppo 1s
11 perforazioni in 9 pazienti gruppo 1s
vs 10 pazienti gruppo 2s
1 anno dal carico
Hallman et al., 2002
[35]
Rialzo con osso autologo particolato
vs 80% Bio-Oss + 20% particolato autologo
21 split-mouth
33 gruppo osso autologo
35 gruppo 80% Bio-Oss
6 gruppo osso autologo
vs2 gruppo 80%
Bio-Oss
– – 1 anno dal carico
Cannizzaro et al., 2009
[36]
Rialzo crestale vs
rialzo laterale
40 38 gruppo rialzo crestale
44 gruppo rialzo laterale
1 rialzo crestale vs
5 rialzo laterale
1 rialzo crestale
vs 2 rialzo laterale
2 rialzo crestale vs
6 rialzo laterale
1 anno dal carico
Felice et al., 2009 [1]
Grande rialzo con membrana rigida
vs Bio-Oss
10 split-mouth
40 – – 2 perforazioni membrana rigida
vs1 Bio-Oss
4 mesi dal carico
Checchi et al., 2010
[41]
Tecnica Summers vs
tecnica Cosci
15 split-mouth
19 – – 1 perforazione gruppo tecnica Summers + discomfort riportato
da 12 pazienti vs
0 gruppo tecnica Cosci
5 mesi dal carico
Legenda: 1s = 1 stage; 2s = 2 stage.
Tabella III RCT sulla riabilitazione del mascellare atrofico. Valutazione dell’efficacia del Platelet Rich Plasma (PRP)
RCT Tecniche a confronto
N. pazienti N. impianti posizionati
N. impianti falliti
N. protesi fallite
Complicanze Follow-up Guadagno osseo
Raghoebar et al., 2005 [37]
Rialzo con blocchi di osso autologo + particolato con PRP
vs senza
5 split-mouth
30 1 gruppo PRP
– 2 gruppo senza PRP 2 anni dal carico
–
Schaaf et al., 2008 [38]
Rialzo con osso particolato autologo
con PRP vs
senza
34 split-mouth
245 5 gruppo PRP
4 gruppo senza PRP
– 1 gruppo PRP1 gruppo senza PRP
6 mesi post-impianti
14 mmvs
14 mm
Bettega et al., 2009 [39]
Rialzo con blocchi vs
particolato + APC e Tissucol
18 split-mouth
111 – – – 1 anno post-impianti
10 mmvs
11,9 mm
Torres et al., 2009 [40]
Rialzo con Bio-Oss con PRP
vs senza
57 split-mouth
286 7 gruppo PRP
– 5 gruppo PRP5 gruppo senza PRP
2 anni dal carico
10,4 mmvs
9,4 mm
Legenda: APC = Autologous Platelet Concentrates.
DENTAL CADMOS | 2013;81(2):63-74 | 71
Aumento verticale nelle atrofie del mascellare superiore: evidenze scientifiche
pianti su 76 nel gruppo 1 e 11 impianti su
74 nel gruppo 2. Un paziente del gruppo
2, inoltre, ha perso la protesi a causa di
fallimenti implantari multipli. Dai risultati
di questo studio emerge l’assenza di dif-
ferenze statisticamente significative per
quanto riguarda le complicanze, il falli-
mento implantare e quello protesico. La
decisione circa quale delle due tecniche
sia da preferire dipende da molteplici fat-
tori associati al paziente e alle esperienze
chirurgiche. A oggi, comunque, sembra
che la procedura con rialzo di seno con
osso particolato sia la tecnica chirurgica
favorita dagli autori, anche in virtù del fat-
to che tale procedura viene ormai effet-
tuata quasi esclusivamente ambulatorial-
mente e in anestesia locale, rendendo il
prelievo da cresta iliaca una tecnica non
più molto diffusa.
Uno studio split-mouth [35] ha invece
paragonato l’impiego di osso autologo
particolato con l’utilizzo del biomateriale.
In questo studio 21 pazienti sono stati
Fig. 12a-c Immagini cliniche (a,b) e radiografica (c)
di un paziente con atrofia posteriore del mascellare
superiore, riabilitato con innesto verticale e orizzontale di
blocco prelevato da cresta iliaca
Fig. 12a Fig. 12b
Fig. 12c
Fig. 13
trattati con rialzo di seno con osso auto-
logo particolato prelevato dal ramo della
mandibola (gruppo 1), con idrossiapati-
te bovina (gruppo 2) o con una miscela
composta per l’80% di idrossiapatite e
per il 20% da osso autogeno (gruppo 3).
Gli impianti sono stati posizionati dopo
6-9 mesi. I risultati dello studio hanno
mostrato un Bone-to-Implant-Contact
del 34,6 ± 9,5% nel gruppo 1, del 54,3 ±
33,1% nel gruppo 2 e del 31,6 ± 19,1%
nel gruppo 3. A 1 anno dal carico sono
falliti 6 impianti dei 33 posizionati nel
gruppo 1, 2 impianti su 35 nel gruppo 2
e 2 impianti su 43 nel gruppo 3. Nessu-
no dei parametri analizzati ha mostrato
differenze statisticamente significative. I
risultati di questo studio clinico-istologi-
co indicano come non vi siano differenze
significative per quanto riguarda il tipo di
materiale riempitivo da impiegare nel ri-
alzo di seno.
In un altro studio [1], gli autori hanno vo-
luto testare l’ipotesi che l’aumento osseo
nel seno mascellare si possa ottenere an-
che con il semplice mantenimento dello
spazio, senza impiegare alcun materiale
riempitivo. In questo studio split-mouth è
stato effettuato un rialzo di seno bilatera-
le in 10 pazienti, impiegando da un lato
biomateriale e dall’altro una membrana
rigida al di sotto della membrana schnei-
deriana per mantenere lo spazio e per-
metterne la riossificazione (fig. 14a-c). A
6 mesi dall’intervento si era ottenuto un
Fig. 13 Immagine radiografica di un paziente con
atrofia del mascellare superiore, riabilitato con rialzo di
seno bilaterale
72 | DENTAL CADMOS | 2/2013
L. Piana et al.
buon guadagno osseo in entrambi i siti:
14,4 mm nei siti trattati con la membra-
na rigida e 14,1 mm nei siti trattati con
il biomateriale. Istologicamente, invece,
è risultata una percentuale maggiore di
osso neoformato nei siti trattati con bio-
materiale (36,1% vs 24,2%). Dai risultati
di questo studio non sembrano emerge-
re differenze statisticamente significative
per quanto riguarda il successo implan-
tare, le complicanze e le preferenze dei
pazienti, anche se gli operatori riferisco-
no di preferire l’impiego del biomateriale
in quanto più facile da maneggiare.
Quattro studi split-mouth [37-40] hanno
paragonato il rialzo di seno per via late-
rale impiegando osso autologo o bioma-
teriale con e senza l’impiego di Platelet
Rich Plasma (PRP). Nessuno dei quattro
studi ha mostrato differenze statistica-
mente significative per quanto riguarda i
risultati e le complicanze, come descritto
in tabella III. Nello studio di Torres et al.
[40], però, i dati istologici e istomorfo-
metrici hanno evidenziato un aumento
osseo significativamente maggiore nei
siti trattati con PRP in aggiunta al bio-
materiale. Sulla scorta di questi articoli
si può dunque affermare come l’impie-
go di PRP non abbia alcun effetto po-
sitivo sull’incremento osseo [38], né sia
un fattore determinante per il successo
implantare nel rialzo di seno [40]. Tutta-
via, si ritiene che il PRP possa migliorare
le proprietà osteoconduttive dei bioma-
teriali, aumentando il volume di nuovo
osso che viene a formarsi [40].
4. Conclusioni
In questa rassegna della letteratura, at-
traverso l’analisi di tutti gli RCT pubblica-
ti, riguardanti l’aumento osseo verticale
nei mascellari atrofici, si è cercato di va-
lutare:
in quale situazione anatomica un
certo tipo di procedura di aumen-
to osseo verticale sia necessaria e
quando, invece, si possano utilizzare
semplicemente impianti corti;
quale tra le varie tecniche proposte in
letteratura sia la più efficace e quale
sia il materiale ideale da utilizzare.
In letteratura esistono tre studi [30-32]
che si sono prefissi di rispondere alla pri-
ma domanda.
Per quanto riguarda la valutazione
dell’effettiva necessità del rialzo di seno,
non è ancora del tutto chiaro quando
tale procedura sia assolutamente indi-
spensabile. Tuttavia si può supporre che,
in presenza di un’altezza della cresta os-
sea residua pari a 4-6 mm, gli impianti
corti (5 mm) e con diametro di 5-6 mm
possano costituire una valida alternati-
va poiché permettono una riabilitazione
protesica dopo soli 4 mesi dal loro posi-
zionamento e non richiedono procedure
invasive di incremento osseo, abbrevian-
do quindi in modo considerevole i tempi
di trattamento e riducendo i costi eco-
nomici e biologici per il paziente [30-32].
In riferimento a quale tra le differenti tec-
niche di rialzo di seno sia la migliore, dagli
studi analizzati in questa revisione è emer-
so che, se è presente un’altezza della cre-
sta ossea residua di 3-6 mm, il minirialzo
di seno per via crestale, con posiziona-
mento di impianti lunghi 8 mm, risulta es-
sere la prima scelta rispetto all’approccio
per via laterale con posizionamento di im-
pianti di lunghezza maggiore [36].
Relativamente alla tecnica del minirialzo
di seno, sembra che, tra la tecnica di
Summers e quella di Cosci, sia da pre-
ferirsi la seconda in quanto è stato dimo-
strato come questa determini minori di-
Fig. 14a-c Immagini cliniche di rialzo di seno
per via laterale effettuato posizionando solamente
una membrana rigida al di sotto della membrana
schneideriana rialzata, per mantenere lo spazio e
permettere la riossificazione del seno mascellare
Fig. 14a Fig. 14b
Fig. 14c
DENTAL CADMOS | 2013;81(2):63-74 | 73
Aumento verticale nelle atrofie del mascellare superiore: evidenze scientifiche
sagi intra e postoperatori per il paziente
[41].
Per quanto riguarda i materiali da impie-
gare nel rialzo di seno, si è visto come il
biomateriale non sia per forza necessa-
rio, ma risultati simili si possano ottenere
anche solo mantenendo lo spazio attra-
verso il posizionamento di una membra-
na rigida all’interno del seno [1].
Dallo studio di Hallman et al. del 2002 [35]
è emerso, inoltre, che i biomateriali sosti-
tutivi dell’osso autologo sono altrettanto
efficaci e offrono risultati similari; pertan-
to, possono essere impiegati al posto
dell’osso autogeno, riducendo così la
necessità del prelievo, la morbilità post-
operatoria, i tempi e i costi dell’intervento.
Infine, l’impiego del PRP come sostanza
aggiuntiva nelle procedure di rialzo del
seno non evidenzia alcun effetto miglio-
rativo nei risultati e per tale motivo non ci
sono indicazioni che consiglino un loro
utilizzo in tale procedura [37-40].
Conflitto di interessi
Gli autori dichiarano di non avere alcun
conflitto di interessi.
Finanziamenti allo studio
Gli autori dichiarano di non aver ricevuto
finanziamenti istituzionali per il presente
studio.
Ringraziamenti
Si ringrazia il dottor Ferdinando Cosci
per la gentile concessione delle Figure
7a-d e 8, relative alla sua tecnica di mini-
rialzo del seno mascellare.
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