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1 Emigranti noi, emigranti loro N eanche il tempo di insediarsi come presidente della Regione Liguria che Giovanni Toti, braccio destro di Berlusconi, ha annunciato di volersi unire al fronte delle regioni del Nord Italia, che si rifiutano di accogliere ancora, come fanno tutte le altre regioni italiane, una parte degli immigrati che arrivano sulle nostre coste. Un gesto di insubordinazione che ha il sapore della secessione, reso ancora più odioso visto che si vuole lasciare solo il Sud a doversi fare carico dell'accoglienza di chi scappa da povertà e guerre. E la stessa contrapposizione sta avvenendo nell'Unione Europea, unita quando si tratta di chiedere misure di rigore e austerità, e divisa quando c'è bisogno di solidarietà. La Commissione ha proposto un piano per la “ricollocazione” di 40mila rifugiati politici da Italia e Grecia che dovrebbero essere redistribuiti tra gli altri Stati membri. Un provvedimento che sta creando trambusto tra le cancellerie europee per niente felici di fare la propria parte. E mentre i leader dell'Ue litigano su come affrontare i flussi migratori, nel Mediterraneo si continua a morire. Dall'inizio dell'anno 1.800 persone sono annegate nel tentativo di raggiungere le coste europee, un aumento dei decessi 20 volte superiore rispetto allo scorso anno. Bruxelles ha triplicato i fondi destinati a Triton, la missione di pattugliamento delle coste e ha esteso da 30 a 138 miglia di distanza dalle coste italiane il suo raggio d'azione. Diversi Paesi tra cui Gran Bretagna e Germania hanno messo navi a disposizione, ma chiarendo che qualsiasi immigrato che verrà salvato in mare verrà portato immediatamente in Italia che se ne dovrà fare carico. In questo numero: Pag. 2 Aggiornamenti e segreti (imposti) del Comites di Bruxelles Pag. 4 Un fantasma si aggira per il Belgio Pag. 6 Libera Bruxelles! Pag. 6 La Comune del Belgio Pag. 8 Antifascismo oggi, per domani Pag. 10 FILEF Pag. 12 Lettera a “Bella Ciao” Pag. 14 L’ultima Frontiera Numero 1 - Giugno 2015 0,50Segue a pag 16 ...

Bella Ciao Belgio n. 1

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Emigranti noi, emigranti loro

N eanche il tempo di insediarsi come presidente della Regione Liguria che Giovanni Toti, braccio

destro di Berlusconi, ha annunciato di volersi unire al fronte delle regioni del Nord Italia, che si rifiutano di accogliere ancora, come fanno tutte le altre regioni italiane, una parte degli immigrati che arrivano sulle nostre coste. Un gesto di insubordinazione che ha il sapore della secessione, reso ancora più odioso visto che si vuole lasciare solo il Sud a doversi fare carico dell'accoglienza di chi scappa da povertà e guerre. E la stessa contrapposizione sta avvenendo nell'Unione Europea, unita quando si tratta di chiedere misure di rigore e austerità, e divisa quando c'è bisogno di solidarietà. La Commissione ha proposto un piano per la “ricollocazione” di 40mila rifugiati politici da Italia e Grecia che dovrebbero essere redistribuiti tra gli altri Stati membri. Un provvedimento che sta creando trambusto tra le cancellerie europee per niente felici di fare la propria parte. E mentre i leader dell'Ue litigano su come affrontare i flussi migratori, nel Mediterraneo si continua a morire. Dall'inizio dell'anno 1.800 persone sono annegate nel tentativo di raggiungere le coste europee, un aumento dei decessi 20 volte superiore rispetto allo scorso anno. Bruxelles ha triplicato i fondi destinati a Triton, la missione di pattugliamento delle coste e ha esteso da 30 a 138 miglia di distanza dalle coste italiane il suo raggio d'azione. Diversi Paesi tra cui Gran Bretagna e Germania hanno messo navi a disposizione, ma chiarendo che qualsiasi immigrato che verrà salvato in mare verrà portato immediatamente in Italia che se ne dovrà fare carico.

In questo numero:

Pag. 2 Aggiornamenti e segreti (imposti) del Comites di Bruxelles

Pag. 4 Un fantasma si aggira per il Belgio

Pag. 6 Libera Bruxelles!

Pag. 6 La Comune del Belgio

Pag. 8 Antifascismo oggi, per domani

Pag. 10 FILEF

Pag. 12 Lettera a “Bella Ciao”

Pag. 14 L’ultima Frontiera

Numero 1 - Giugno 2015

0,50€

Segue a pag 16 ...

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Aggiornamenti e segreti (imposti) del Comites di

Bruxelles

di La Talpa

Le elezioni dei Comites si sono svolte e come previsto da molte associazioni la partecipazione è stata molta bassa, in gran parte per la scarsa conoscenza di questo organo ma di sicuro anche come risultato dei continui rinvii delle elezioni, delle nuove assurde procedure di voto e dello scarso lavoro dei Comites uscenti, che non hanno contribuito a rendere i Comites molto popolari.

Il risultato del voto a Bruxelles, Brabante e nelle Fiandre ha visto prevalere la lista “Fare e Rappresentare” con 7 eletti, mentre la lista “Comites è Partecipazione” ha eletto 5 consiglieri, dimostrandosi la vera sorpresa delle elezioni: per soli 60 voti non è riuscita a raggiungere il pareggio dei consiglieri eletti.

Il nuovo Comites dovrà essere capace, promuovendo trasparenza, partecipazione e occupandosi dei problemi reali dei nostri concittadini, di recuperare la scarsa rappresentatività risultante dal voto.

Quello che è sembrato prevalere durante le prime riunioni va però purtroppo in direzione opposta.

Un vero scandalo è l’introduzione nel nuovo regolamento di un “codice di condotta” che promette di sanzionare tutti i membri del Comites che non si atterrano alla riservatezza delle comunicazioni interne tra i consiglieri, tra i membri del del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero(Cgie) e tra gli esperti che il Comites potrà contattare.

Un vulnus democratico che vorrebbe limitare la trasparenza invece che favorirla, come se il Comites fosse un organo militare e si occupasse di sicurezza nazionale. Un Comites che si chiude in un fortino comunicativo, per fare un paragone. E in effetti questo comportamento sembra essere in linea con la mancata sottoscrizione della lista Fare e Rappresentare della campagna Comites Trasparente promossa dall’antenna di Libera Bruxelles.

A peggiorare la situazione, qualora se ne sentisse il bisogno, si inseriscono le modiche al regolamento che rafforzano i poteri del Presidente del Comites a scapito dei consiglieri (evidentemente il confronto democratico e la discussione vengono considerate inutili vecchi arnesi di un tempo andato) e la bocciatura della proposta di trovare la nuova sede del Comites all’interno del Consolato o dell’Istituto Italiano di Cultura, che potrebbe

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far risparmiare migliaia di euro al bilancio dell'organo. Una proposta di buon senso che ad esempio è stata offerta direttamente dalle autorità consolari al nuovo Comites di Francoforte, in Germania.

Al di là di generici appelli alla collaborazione fatta dalla lista Fare e Rappresentare e dal presidente del Comites Napolitano, espressione di questa lista, finora è stato un continuo rigettare qualsiasi proposta fatta della minoranza di Comites è Partecipazione. Pare che il concetto di collaborazione della maggioranza insomma si traduca semplicemente in “la minoranza deve essere d’accordo con noi e fidarsi, nell’attesa delle magnifiche sorti progressive”, invece che avviare un confronto sul merito delle proposte elaborate da tutti i consiglieri e cercare di trovare una sintesi nel bene della cittadinanza.

Nelle prossime riunioni si tratterà la questione della cooptazione dei cittadini di origine italiana ma con nazionalità belga all’interno del Comites stesso. Questa è una norma pensata per aumentare il coinvolgimento degli italiani di terza e quarta generazione, che pur avendo perso la nazionalità italiana, vogliono mantenere un legame con le loro origini e far sentire la propria voce e le proprie necessità sui temi di competenza del Comites. A seguire dovrebbero essere istituite le commissione di lavoro ed avviate la discussioni sulle proposte di nomina all’interno del Consiglio Generale degli Italiani all’Estero(Cgie).

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Un fantasma si aggira per il Belgio

di Marco Grispigni

I l modello sociale e politico belga si è caratterizzato, fin dall'inizio, su

quella che i politologi definiscono la "pilarisation" della società. Un

sistema in cui l'insieme di associazioni, sindacati, movimenti

giovanili, università, scuole, ecc., si organizzano per rappresentare le

aspirazioni di larghe fette della popolazione facendo riferimento a uno dei

'pilastri' della società belga (quello laico conservatore, quello laico di sinistra

o quello cattolico). Alla cima di questi pilastri ci sono i tre partiti storici

belgi, cristiano, liberale e socialista.

Principio fondamentale di questo modello di organizzazione sociale è la

concertazione, nella quale il potere politico accetta che i suoi interlocutori

sociali giochino un ruolo importante nella definizione degli orientamenti

politico-economici e soprattutto sociali.

In Belgio la divisione linguistica tra gli

attori sociali di questo panorama e il

"dedalo istituzionale", rendono però la

concertazione molto complessa con

r i su l ta t i che pos sono es sere

estremamente differenti tra le Fiandre,

la Vallonia e Bruxelles.

Questo "modello belga" sembra oggi entrare in profonda crisi. I successi

elettorali del NVA nelle Fiandre affidano un ruolo fondamentale, a livello

federale e nelle Fiandre, a un attore politico e sociale esterno alla logica

della "pilarisation". La formula della coalizione di centrodestra, la "svedese" -

definita così dalla stampa belga in riferimento ai simboli e ai colori delle

forze politiche governative che richiamano quelli della bandiera svedese, blu

e giallo con una croce - mette profondamente in discussione il modello della

concertazione per il rifiuto esplicito di una logica della trattativa e della

mediazione rispetto al programma politico-economico della coalizione di

governo, una strategia aggravata dal fatto che l'attuale esecutivo, in caso di

trattativa fra le parti sociali, intende essere uno degli attori della trattativa e

non un semplice 'facilitatore'. E in questo caso è chiaro che non si parla di

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un attore neutrale, vista l'evidente sintonia del governo con gli interessi e le

proposte del padronato.

La risposta a questa nuova situazione politica è stata la ripresa di una

conflittualità forte, ma anche innovativa. I sindacati sono stati i protagonisti

fondamentali di una lunga ondata di conflitti che ha visto il suo punto alto

nello sciopero generale e nell'imponente manifestazione del 12 novembre

2014 con oltre 120 mila manifestanti in corteo contro la politica di austerità

del nuovo governo di destra belga.

Ma il conflitto non è stato solo quello classico. Nuovi movimenti, nuove

forme di aggregazione sociale, capaci di oltrepassare sia la "pilarisation" che

la divisione linguistica si sono affermati in questi ultimi mesi.

Il più clamoroso è stato, anche mediaticamente, la grande parata

organizzata dal movimento "Toute une autre chose". La grande

manifestazione del 29 marzo, con oltre 20.000 persone che sfilavano,

cantavano e ballavano contro l'austerità ha portato alla luce un lungo e

oscuro lavorio, iniziato nelle Fiandre sotto la sigla "Hart Boven Hard"(che si

potrebbe tradurre con "il cuore non l'austerità") nell'estate del 2014. Proposte

alternative, alleanze che rompono gli steccati delle divisioni linguistiche e

che mettono insieme associazioni e persone provenienti da differenti ambiti,

azioni performative capaci di attrarre l'attenzione dei media. Questa è la

forza di questo movimento che ha lanciato una campagna basata su 10

proposte concrete di alternativa al modello economico e sociale dominato

dall'austerità e dal capitale finanziario. Oltre 1.600 collettivi e associazioni

che si sono ritrovati intorno a un appello e su 10 temi (balises) che segnalano

percorsi possibili per una società che sia "toute une autre chose":

democratica, solidale, cooperativa, ecologica, giusta, ugualitaria,

creativa,emancipatrice, rassicurante, allegra.

Uno spettro si aggira per il Belgio.

Lo spettro di nuovi movimenti sociali capaci di dimostrare, nella pratica

quotidiana e nell'elaborazione teorica, che un altro mondo è possibile (e

necessario).

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Libera Bruxelles!

di Vania Putatti e Marcella Militello

L ibera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie è, come richiama il nome, una realtà che accoglie associazioni, nomi e numeri, nell'intento comune di contrastare le mafie.

A Bruxelles, Libera è nata grazie all'impegno di persone che seppur non si fossero mai viste prima, erano unite da un interesse comune: la cultura dell'anti-mafia, per questo si sono riunite per la prima volta circa un anno e mezzo fa con l'intento di creare il primo presidio in Belgio. Da studenti a pensionati, da funzionari pubblici a stagisti, i membri di Libera Bruxelles oggi rappresentano tutte le classi e tutte le età. In un anno, i membri sono più che raddoppiati e, per la prima volta, un buon numero di persone di altre nazionalità stanno prendendo parte alle sue attività.

Almeno una volta al mese si svolgono riunioni in cui si fabbricano idee e iniziative. Le riunioni si svolgono di solito la sera, dopo il lavoro, in un ambiente piacevole e collaborativo, in cui le decisioni vengono prese in perfetta democrazia. Libera Bruxelles è stata costruita su base unicamente volontaria ed ha un budget pressochè inesistente. Questo significa che, per poter portare avanti iniziative, i suoi i membri devono mettere assieme le forze e il tempo che hanno, senza perdersi in inutili conflitti interni. Il risultato? Un'atmosfera unica.

In generale, Libera Bruxelles si muove attraverso una formula efficace e collaudata: formazione interna e diffusione esterna. Grazie alle conoscenze dei singoli e al supporto della base a Roma, i membri di

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Libera Bruxelles hanno l'occasione di arricchire il proprio bagaglio culturale attraverso la condivisione delle esperienze personali dei membri o invitando diverse personalità interne all'associazione, come Don Luigi Ciotti fondatore e presidente, Franco La Torre, Davide Pati, Francesca Rispoli, dell'ufficio di presidenza, Umberto Di Maggio, coordinatore regionale in Sicilia, sia appartenenti al mondo accademico e associativo internazionale come Gudrun Vande Walle, professore all'università di Gent ed esperta in crimini finanziari ed economici in Belgio, Francisco Milàn di Restarting the Future, la campagna per combattere corruzione e crimine organizzato nell'Unione europea, e Olivier Hoedeman Corporate Europe Observatory, organizzazione che si occupa di denunciare il potere eccessivo delle lobby in Europa.

Libera offre inoltre l'opportunità di partecipare a eventi, conferenze, workshop tanto nelle istituzioni Europee che fuori, condividere poi quanto appreso con il resto dei membri.

Gli eventi pubblici sono sempre gratuiti per offrire a tutti l'opportunità di ascoltare importanti personalità specializzate su temi di giustizia e legalità, di poter degustare i prodotti di Libera Terra e ascoltare artisti locali.

Libera Bruxelles promuove diverse campagne politiche in linea con i propri valori. A parte il supporto a Riparte il futuro e Restarting the Future, l'associazione ha lanciato, in occasione della elezione dei Comites 2015, la campagna “COM.IT.ES Trasparente” chiedendo ai candidati di dichiarare conflitti di interesse, precedenti penali e rendere pubblico il loro CV. La campagna ha portato all'adesione di undici candidati di cui quattro sono stati eletti.

In meno di due anni, Libera Bruxelles è stata promotrice di una decina di eventi di formazione, sensibilizzazione e promozione, una campagna contro la corruzione, ed ha partecipato a svariate iniziative promosse da altre associazioni di cui Libera condivide i valori. Questi rappresentano solo piccoli passi per muovere verso una società sempre più sensibile e impegnata, una società più giusta e onesta.

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Antifascismo oggi, per domani

di Roberto Galtieri (*)

L’A.N.P.I., l’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia, raccoglie i partigiani combattenti contro i nazifascisti durante la seconda guerra mondiale ma, da alcuni anni, anche chi, nato dopo il 1945 condivide gli ideali di libertà e difesa della Costituzione italiana nata dalla Resistenza. Negli anni 50, il partigiano Ennio “Cric” Odino, arrivato in Belgio ha raccolti gli ex volontari combattenti per la libertà qui emigrati per costituire una sezione dell’associazione: l’ANPI Belgio; anche qui, tra gli emigrati italiani, per difendere e rendere effettivi i valori della Resistenza, i nostri diritti di cittadini e svolgere lavoro di memoria. Poiché la dannazione dell’umanità è che essa non ricorda il suo passato. Non ricorda il male di un uomo solo al comando.

Diffondere i valori della Resistenza non vuol dire svolgere soltanto lavoro di memoria. Significa impegnarsi ogni giorno contro i soprusi ai diritti e

alle libertà sanciti dalla Costituzione. Per questo l’ANPI, che oggi conta più di 150.000 iscritti, è impegnata e vuole partecipare al futuro dell’Italia e dell’Italia in Europa. Impegno concreto tra i cittadini e le istituzioni affinché, per esempio, le modifiche costituzionali proposte dal governo Renzi non vengano adottate, così come auspichiamo che la riforma della scuola del governo venga modificata nel rispetto del diritto allo studio e alle pari opportunità. Lo stesso vale per la riforma elettorale che per quanto

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urgente vediamo in secondo piano rispetto alla necessaria risoluzione della

crisi economica creando occupazione e bloccando l’emigrazione che è ripresa come nel dopoguerra. In sempre più numerosi Paesi europei risale dalle fogne la destra fascista. Dalla Norvegia alla Grecia, dalla Spagna all’Ucraina, dalla Gran Bretagna alla Francia. Destra fascista che viene fomentata per contrastate le lotte per la partecipazione democratica delle popolazioni alla gestione della crisi. Formazioni politiche e squadracce che ricevono consensi parlando alla pancia invece che al cervello delle genti; consensi che si concretizzano anche in partecipazioni a governi di Paesi europei quali, per esempio l’Ungheria, l’Ucraina e lo stesso Belgio con l’NVA. L’antifascismo è dunque, purtroppo, ancora di attualità. Per questo

l’ANPI è in prima fila insieme alla F.I.R. (Federazione Internazionale dei Resistenti) per combattere il risorgere dei tempi cupi dell’idolatria del capo. Oltre alle iniziative aperte al pubblico l’ANPI-Belgio ha dato luce al settore edizioni. Il primo libro “Non vi ho dimenticati” è la narrazione di

Alberto Israel delle sofferenze dei cittadini italiani di religione ebraica internati, come lui, dall’isola di Rodi ad Auschwitz, dove sono stati stati sterminati dai nazisti.

Le celebrazioni del giorno della memoria, il 27 gennaio di ogni anno, e della festa della Liberazione, il 25 Aprile, e della nascita della Repubblica, il 2 giugno, sono parte delle iniziative che portiamo avanti. Poiché, Bella Ciao: scarpe rotte eppur bisogna andare. (*) Segretario Generale dell’ANPI Belgio

[email protected]

tel. 0495-560-515 www.belgioanpi.it https://www.facebook.com/AnpiBelgio

l’Anpi-Belgio ha sezioni a Bruxelles, a Genk, a Liegi e a Lussemburgo

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Monitorare gli eventi e testimoniare il vissuto di chi

arriva e di chi riparte

di Rodolfo Ricci, Coordinatore nazionale della FILEF

Q uesta edizione del Premio Conti “scrivere le migrazioni” ha

luogo nel bel mezzo della grande crisi. In diversi sostengono

che essa sia ancora più profonda e grave di quella del 1929-

34. Le prime edizioni di questo premio biennale di letteratura,

memorialistica, studi e ricerche su emigrazione e immigrazione promosso

dalla Regione Umbria e dalla Filef (Federazione Italiana Lavoratori

Emigranti e Famiglie), avevano l’obiettivo di recuperare una memoria

storica diffusa, ma dispersa in tanti rivoli, dell’epopea della grande

emigrazione italiana che si era sviluppata per oltre un secolo, dal 1875-

1980. Nelle successive edizioni, è cresciuta la presenza di contributi

letterari e di studio riguardanti l’immigrazione terzomondiale in Italia,

parallelamente all’afflusso di milioni di donne e uomini provenienti

soprattutto dall’Africa e dall’Asia. All’inizio degli anni 2000 abbiamo

potuto registrare gli inattesi rientri delle ultime generazioni di famiglie

emigrate molto tempo prima, a seguito delle gravi crisi economiche dei

paesi latino-americani, che ci riportavano le contraddizioni, identitarie di

chi era cresciuto lontano, in culture miste e ora era costretto a rientrare

nel paese degli avi o dei genitori, per fuggire all'improvvisa miseria.

Sarebbe stato difficile venti anni fa, quando il premio fu varato, ma anche

solo dieci anni fa, immaginare che queste direttrici trovassero inattese e

parallele linee di contatto, nuove e sorprendenti intersezioni della storia:

accanto alla memoria dell’antica emigrazione dell’inizio del ‘900 e del

secondo dopoguerra, accanto all’arrivo imponente dei flussi di

immigrazione, eccoci oggi di fronte alla grande ripartenza di centinaia di

migliaia di giovani italiani (come anche di altri Paesi del sud Europa)

verso il nord ma anche verso il sud del mondo, l’Africa, l’Asia, l’America

Latina.

La crisi in Europa fa lievitare dimensioni esistenziali che ritenevamo

concluse. I flussi in uscita cominciano ad assomigliare,

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quantitativamente, a quelli degli anni ’60. Le mete sono diversificate e

contemplano Paesi che non facevano parte della geografia delle

migrazioni. Le statistiche ci dicono che ci troviamo di fronte a spostamenti

che riguardano la mobilità interna alle singole aree continentali, poi quelli

che vanno da sud a nord e infine, per la parte rimanente, quelli che si

muovono dal nord verso il sud: un mondo in movimento di

impressionante complessità e che non sembra destinato a fermarsi. Le

libere forze del mercato scatenano contraddizioni tali che i singoli Paesi

non sono in grado né di controllare, né di monitorare con efficacia: per

ridurre questo scarto si coniano le nuove semantiche dalla mobilità come

dato strutturale. Soltanto nella misura in cui “i mobili” (i migranti)

avranno la possibilità di parlare, noi “stanziali” ci renderemo conto dei

nuovi universi che ci orbitano intorno, dunque di noi stessi; soli e satelliti

diventeranno un unico soggetto e “la parola migrante” sarà letteratura

universale. Non auspichiamo questo tempo, perché sarebbe indifferenziato

e senza nessun centro, cioè un vasto disordine mondiale. Meglio sarebbe

un buon governo nei Paesi e nei territori, una nuova democrazia, una

stretta museruola al ronzare della finanza. E un reciproco scambio nel

reciproco rispetto. Ma fintanto che il miracolo non si realizzi, bisognerà

stare all’erta. E tutto lascia pensare che il Premio Conti debba ancora a

lungo monitorare gli eventi e testimoniare il vissuto di chi arriva e di chi

riparte. Il futuro, si potrebbe anche dire, non è affatto alle spalle.

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Lettera del gruppo anziani del Casi-uo a « Bella Ciao »,

rafforziamo la nostra identità aprendoci alla realtà dei

nuovi migranti

D opo tanti anni di assenza è stato finalmente stampato un

giornale destinato alla comunità italiana in Belgio.

Al Casi-uo (Centro d’azione sociale italiano – Università operaia) l’uscita del periodico ha incontrato il plauso e la

soddisfazione di tutto il pubblico, e in particolare del gruppo anziani, che riunisce i rappresentanti della prima generazione dell’immigrazione italiana in Belgio. Da tempo, infatti, questo gruppo chiedeva una testata

che, come in tempi passati, si indirizzasse alla comunità italiana in Belgio e che fungesse da «collante» per quest’ultima, un giornale espressione dei suoi bisogni e aspettative, e a marzo il numero 0 è stato finalmente stampato.

In questa occasione, il gruppo anziani, che si riunisce al Casi una volta ogni due settimane, ha deciso di leggere e commentare l’editoriale del

periodico e di “rispondere” con una lettera aperta. “Nonostante l’editoriale esprima il punto di vista della nuova immigrazione, ciò non ha rappresentato un ostacolo alla comprensione del testo, anzi molti di noi, nonostante le differenti condizioni alla base delle due “migrazioni”, si sono rispecchiati e identificati nelle sue parole. Leggere l’editoriale è stato come ripercorrere la nostra storia ed arrivare a vedere, attraverso gli occhi di chi è appena arrivato, quello che siamo oggi, dopo tanti anni trascorsi in un Paese che non doveva essere il nostro. Molti di noi sono ormai il prodotto delle due culture, non sempre potendo scegliere quali aspetti conservare e quali perdere. Spesso, andando in Italia, ci si sente belgi in alcune occasioni della vita quotidiana in cui non ce lo aspetteremmo, non essendo più abituati a molte dinamiche italiane, e lo stesso ci accade stando qui, quando continuiamo a sentirci italiani nonostante sia molto maggiore il tempo vissuto in

Belgio che nel “paese d’origine”. Il quale rimane sempre tale, siamo noi che in tutti questi anni siamo cambiati, abituati a vivere come su un ponte sospeso tra le due realtà, non volendo o non sapendo scegliere tra l’una e l’altra, semplicemente perché entrambe ci appartengono. Inoltre, leggendo l’editoriale, ci siamo resi conto quanto oggi i mezzi di comunicazione aiutino a ritrovarsi, a sentirsi parte di una comunità che non ha

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perso la sua dignità e la sua forza, e che è ancora desiderosa di riaffermarla, anche

grazie a un semplice giornale come questo.

Paradossalmente, rafforzando la nostra identità, un giornale come Bella Ciao dovrebbe soprattutto aiutare a non isolarci all’interno di questa stessa comunità ma ad aprirci, memori della nostra esperienza, a quelle realtà che l’esperienza migratoria la stanno vivendo adesso, spesso in condizioni peggiori delle nostre. Migranti che hanno alle spalle tragedie pari alla guerra, la fame, le epidemie, e che non hanno altra speranza di sopravvivere se non quella di scappare per assicurarsi un futuro, sia pure nella più totale incertezza, e anzi con debolissime speranze di “riuscire” restando vivi. Senza dimenticare, soprattutto, le condizioni che ci hanno accolto, noi, in quanto étrangers, una volta arrivati qui. Perché il viaggio non si conclude mai quando si arriva, rappresentando la meta, all’interno del processo migratorio, il punto di fine e al contempo di inizio di un altro percorso. Condizioni non rosee, di difficile adattamento, dovute soprattutto al rapido passaggio da una cultura contadina ad una diametralmente opposta, una realtà dove si era pronti ad accettare qualsiasi lavoro, duro, sottopagato, pericoloso, pur di rimanere. A tutto ciò si aggiungeva la lontananza dagli affetti, la difficoltà linguistica, l’incapacità o non volontà di integrarsi completamente nel Paese di accoglienza, sempre con l’idea di restarci quel poco che bastava per guadagnare un po’, e la marginalità che ne conseguiva.

Dall’altra parte c’era spesso l’intolleranza se non il razzismo da parte della popolazione “ospitante”, dovuta sicuramente ad un’impreparazione del Paese di accoglienza ed a una mancanza di qualsiasi politica immigratoria.

“Bella Ciao” ci ha dato il pretesto per riflettere non solo su ciò che abbiamo costruito ma anche e soprattutto sul lascito che vogliamo donare a chi verrà dopo, non fosse

altro che più umanità, più comprensione, più condivisione.

Vorremmo inoltre ricordare che la comunità italiana, nonostante tutto, per il Belgio ha fatto tanto, non solo a livello lavorativo, ma anche a livello economico, contribuendo inoltre alla sua realtà associativa, partecipando alla vita pubblica e politica, manifestando in piazza per i diritti dei lavoratori accanto a cittadini belgi, quando questi diritti toccavano e interessavano non solo la comunità italiana ma realtà diversificate che qui in Belgio si trovavano a coesistere sotto lo stesso cielo (grigio). Non dimenticando il lungo percorso dell’immigrazione italiana, e anzi portandolo vivo nella memoria, speriamo che questa lettera dei nostri giovani/anziani possa servire da esempio per quei giovani che la leggeranno, che, seppur in condizioni diverse, stanno percorrendo la loro stessa strada, con gli stessi dubbi e paure che hanno avuto e che continuano ancora ad avere. Con l’augurio che il cielo “diventi sempre più blu”.

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L'ultima frontiera

di Lapo Bettarini

U na serie molto conosciuta degli anni settanta, Star Trek,

cominciava ogni episodio dicendo che lo spazio è l'ultima

frontiera. La serie parlava di viaggi nello spazio siderale "per

arrivare là dove nessun uomo è mai arrivato", un po' la storia

della mia vita da ricercatore vagando da un istituto di ricerca all'altro, dagli

Stati Uniti al Belgio passando per la Cina.

La mia prima pubblicazione scientifica fu sulle sonde Voyager 1 e 2 che

iniziarono la loro missione di esplorazione dei pianeti esterni del sistema

solare nel 1977. Lo pubblicai in Italia, fu pagato dagli Stati Uniti: questo

doveva essere probabilmente il "primo campanello d'allarme", ripensandoci.

E ora a che punto è l'umanità con la sua esplorazione dello spazio? Le due

sonde hanno osservato Giove, Saturno e i due pianeti più lontani del

sistema solare, Urano e Nettuno (Plutone non è più considerato un pianeta).

Ora stanno continuando il loro viaggio nello spazio siderale, veramente là

dove nessun artefatto umano è mai giunto: stanno esplorando una porzione

di spazio fuori dell'eliosfera, cioè la zona influenzata dal Sole e dal suo

campo magnetico, ben fuori del nostro sistema solare in quello che si

chiama mezzo interstellare. E io del mondo? Dopo quel primo articolo me

ne andai qualche tempo negli Stati Uniti senza assolutamente sapere di star

diventando un emigrato italiano perché quando ti laurei in fisica vuoi

partire, conoscere altri posti, altri gruppi di ricerca, apprendere nuove

tecniche e questo è quello che ci si aspetta da te, fin qua tutto normale.

Le due sonde, controllate da più di trent'anni dalla Nasa, si trovano a circa

19 miliardi di chilometri 35 gradi Nord dal piano dell'orbita terrestre, la

Voyager 1, e, la Voyager 2, a circa 16 miliardi di chilometri 48 gradi Sud del

piano dell'eclittica, altro nome del piano dell'orbita terrestre. Io sono in

Belgio da 7 anni, quasi 8, ho lavorato per l'università cattolica di Lovanio,

l'osservatorio reale e pure l'università libera di Bruxelles, 50 gradi latitudine

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nord circa. Anche volendo tornare in Italia con i miei articoli pubblicati, i

seminari fatti e le lezioni date, ho capito già da tempo che andare via è

normale, ora come decenni fa all'epoca dei miei professori d'università, ma

tornare non è più richiesto: non è che le università non ti vogliano, li

conosci quasi tutti quelli che lavorano nel campo, e non è che io pretenda

troppo: semplicemente chi dirige la baracca non fa nulla, piange per il

figliol prodigo sperando di non uccidere il vitello grasso per la festa del suo

ritorno. E allora non rientri e ti stabilisci, per esempio, a Bruxelles dove

invece già da studente ti rendi proprio conto che la storia è diversa.

E proprio come le due sonde che stanno viaggiando a decine di migliaia di

chilometri l'ora nel buio più profondo, anch'io sono partito con i miei dischi

(non d'oro come quello che le sonde portano al loro interno), i miei libri e le

mie foto, insomma sono proprio venuto via.

Le due sonde si spegneranno lentamente, hanno energia per funzionare fino

al 2020, osservando cose nel silenzio dello spazio siderale che solo

possiamo immaginare e sognare.

Io spero di durare un po' di più.

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Ancora una volta è la parte dell'accoglienza che viene a mancare totalmente.

Ai nostri occhi tutto questo non può che risultare molto più stridente perché immigrati siamo anche noi, anche se privilegiati. Privilegiati perché abbiamo in tasca un tesoro che ci dà l'opportunità di poter scegliere il Paese dove vivere (ancora per quanto?): il passaporto di un Paese comunitario. La differenza tra noi e chi arriva a Lampedusa in fondo è solo questa. Per noi dell'ultima generazione di immigrati in Belgio il passaggio è stato piuttosto facile, chi è venuto negli anni del dopoguerra invece si è dovuto confrontare con diffidenza e razzismo, riuscendo comunque, nonostante le difficoltà, a ritagliarsi un posto in questa nazione che ha contribuito a costruire.

Ma non dimentichiamo che nonostante il passaporto anche per noi la perdita del lavoro può significare un foglio di via. Le espulsioni di cittadini comunitari dal Belgio sono in fortissima crescita, tra il 2010 e il 2013 sono stati già espulsi dal Belgio oltre 7mila persone, provenienti soprattutto da Romania, Bulgaria, Spagna, Paesi Bassi, Francia e Italia. Si è passati da 343 espulsioni nel 2010 a 2712 nel 2013: un aumento del 700% in soli 4 anni.

Evo Morales, presidente della Bolivia, Paese povero ma pieno di dignità, a Bruxelles per una riunione tra Ue e paesi dell'America Latina, ha dato una bella lezione ai suoi omologhi della ricca Europa. “Ci sono molti più europei in America Latina che latino americani in Europa, eppure non abbiamo mai pensato di espellerli”, ha detto. In Europa invece no, qui tutto si risolve con le espulsioni.

Bella Ciao rue de Foulons 49, 1000 Bruxelles. Éditeur responsable: Alfonso Bianchi. [email protected] Redazione: Lapo Bettarini, Alfonso Bianchi, Simone Casadei Pastorino, Roberto Galtieri, Marco Grispigni, Pietro Lunetto; Grafica: Andrea Albertazzi — Imprimé à Bruxelles Le pagine dedicate alle associazioni sono autogestite.

L’angolo della Poesia

Umanità

C’è sempre un bimbo Che nasce al mattino C’è sempre un uomo Che muore al crepuscolo Pochi si soffermano a pensare Che un giorno… Si finisce di sognare

L’egoismo spesso ti fa forte Ma la tua miseria ti fa pensare E nel pensare

Si perde il cammino L’indifferenza spesso Uccide più dei cannoni Dov’è la tua UMANITA’? Oh UOMO!

Tendi la mano Fai un sorriso Non importa il colore O la razza Lascia ai tuoi figli Un mondo migliore.

Rosario Sollami (Gli amici della Poesia, Briana

Editions)

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