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Scientifica Acta 3, Special issue, 39 – 50 (2009) Biologia Biologia Cellulare Dipartimento di Biologia Animale, Università di Pavia, Piazza Botta 9-10, 27100 Pavia, Italy Presenta: Marco Biggiogera, [email protected] Vengono qui presentate le ricerche svolte in alcuni Laboratori appartenenti alla Facoltà di Scienze Mate- matiche, Fisiche e Naturali dell’Università di Pavia. Questi Laboratori (Anatomia Comparata, Biologia Cellulare e Neurobiologia, Biologia dello Sviluppo e Simbiosi e Parassitismo), nonostante l’ampio panora- me di interessi di ricerca e la varietà di metodiche specifiche utilizzate, hanno una comune base morfologica: l’utilizzo di tecniche microscopiche. Questo approccio viene infatti applicato a ricerche che spaziano dal- l’organo al tessuto alla cellula alla singola molecola. The research fields of several Laboratories of the Faculty of Sciences of the University of Pavia are here presented. The labs concerned (Comparative Anatomy, Cell Biology and Neurobiology, Biology of Develo- pment, and Symbiosis and Parasitism), despite the variety of research interests and specific methods utilized, all share a common, morphological basis: the use of microscopical techniques. This approach is applied in studies spanning from organs to tissues to cells to single molecules. 1 Introduzione Vengono presentate le linee di ricerca pertinenti ai Laboratori di Anatomia Comparata e Citologia, Biologia Cellulare e Neurobiologia, Biologia dello Sviluppo e Simbiosi e parassitismo. I componenti fanno capo alla Facoltà di Scienze e formano un organico costituito da quattordici docenti strutturati (7 PO, 4 PA, 3 RU) cui si aggiungono 8 dottorandi e 6 titolari di borsa/assegno. Le linee di ricerca di questi laboratori sono numerose e non facile è il compito di trovare un fil rouge che le colleghi. Tuttavia, osservando le tecniche utilizzate da ogni singolo gruppo di ricerca, ci si rende con- to che, al di là delle metodologie specifiche utilizzate (PCR, immunocitochimica, microscopia elettronica ecc.) l’utilizzo di tecniche microscopiche rappresenta in fondo l’anima “morfologica” che ci contraddistin- gue. Questo approccio, osservazione in primis, viene applicato in studi che spaziano dall’organo al tessuto alla cellula e alla singola molecola sia a livello di ricerca di base che applicata. Due esempi che coniugano questi due concetti apparentemente lontani sono offerti, ad esempio dagli studi sul fegato. Una delle line di ricerca, infatti, è la caratterizzazione morfofunzionale del danno subito dal fegato marginale nelle varie fasi del trapianto e dell’efficacia di strategie innovative per la sua preservazione: i fegati marginali, e in particolare i fegati steatotici, sempre più presenti fra i probabili donatori, subiscono danni spesso irreversibili durante le fasi di preservazione a freddo tradizionale seguita da riperfusione. Dati preliminari sembrano confermare che una nuova metodica offre una protezione di questi fegati molto supe- riore a quella della preservazione a freddo, mantenendo le riserve energetiche, migliorando la funzionalità mitocondriale, diminuendo lo stress ossidativo, provocando un calo di grassi e riducendo l’apoptosi delle cellule sinusoidali. Dal punto di vista della ricerca di base, invece la possibilità di trapiantare organi usufruendo di un tempo maggiore tra espianto e riimpianto è il fine ultimo dei test che vengono eseguiti su una molecola, DADLE, in grado di abbassare il metabolismo sia a livello cellulare che tissutale. In particolare, viene studiato il bersaglio cellulare a livello della trascrizione, che sembra essere una delle prime attività ad essere depressa. Altre linee si occupano più da vicino dell’impatto dell’ambiente: sono quindi condotte da un lato analisi delle alterazioni su base morfofunzionale di tessuti ed organi in animali esposti all’azione diretta o indiretta di sostanze chimiche (quali molecole ad azione citostatica) o a contaminazione ambientale; dall’altro gli effetti della diossina sul differenziamento di cellule embrionali staminali in cardiomiociti. Queste cellule © 2009 Università degli Studi di Pavia

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Scientifica Acta 3, Special issue, 39 – 50 (2009)

Biologia

Biologia CellulareDipartimento di Biologia Animale, Università di Pavia, Piazza Botta 9-10, 27100 Pavia, Italy

Presenta: Marco Biggiogera, [email protected]

Vengono qui presentate le ricerche svolte in alcuni Laboratori appartenenti alla Facoltà di Scienze Mate-matiche, Fisiche e Naturali dell’Università di Pavia. Questi Laboratori (Anatomia Comparata, BiologiaCellulare e Neurobiologia, Biologia dello Sviluppo e Simbiosi e Parassitismo), nonostante l’ampio panora-me di interessi di ricerca e la varietà di metodiche specifiche utilizzate, hanno una comune base morfologica:l’utilizzo di tecniche microscopiche. Questo approccio viene infatti applicato a ricerche che spaziano dal-l’organo al tessuto alla cellula alla singola molecola.

The research fields of several Laboratories of the Faculty of Sciences of the University of Pavia are herepresented. The labs concerned (Comparative Anatomy, Cell Biology and Neurobiology, Biology of Develo-pment, and Symbiosis and Parasitism), despite the variety of research interests and specific methods utilized,all share a common, morphological basis: the use of microscopical techniques. This approach is applied instudies spanning from organs to tissues to cells to single molecules.

1 Introduzione

Vengono presentate le linee di ricerca pertinenti ai Laboratori di Anatomia Comparata e Citologia, BiologiaCellulare e Neurobiologia, Biologia dello Sviluppo e Simbiosi e parassitismo. I componenti fanno capoalla Facoltà di Scienze e formano un organico costituito da quattordici docenti strutturati (7 PO, 4 PA, 3RU) cui si aggiungono 8 dottorandi e 6 titolari di borsa/assegno.

Le linee di ricerca di questi laboratori sono numerose e non facile è il compito di trovare un fil rouge chele colleghi. Tuttavia, osservando le tecniche utilizzate da ogni singolo gruppo di ricerca, ci si rende con-to che, al di là delle metodologie specifiche utilizzate (PCR, immunocitochimica, microscopia elettronicaecc.) l’utilizzo di tecniche microscopiche rappresenta in fondo l’anima “morfologica” che ci contraddistin-gue. Questo approccio, osservazione in primis, viene applicato in studi che spaziano dall’organo al tessutoalla cellula e alla singola molecola sia a livello di ricerca di base che applicata. Due esempi che coniuganoquesti due concetti apparentemente lontani sono offerti, ad esempio dagli studi sul fegato.

Una delle line di ricerca, infatti, è la caratterizzazione morfofunzionale del danno subito dal fegatomarginale nelle varie fasi del trapianto e dell’efficacia di strategie innovative per la sua preservazione: ifegati marginali, e in particolare i fegati steatotici, sempre più presenti fra i probabili donatori, subisconodanni spesso irreversibili durante le fasi di preservazione a freddo tradizionale seguita da riperfusione. Datipreliminari sembrano confermare che una nuova metodica offre una protezione di questi fegati molto supe-riore a quella della preservazione a freddo, mantenendo le riserve energetiche, migliorando la funzionalitàmitocondriale, diminuendo lo stress ossidativo, provocando un calo di grassi e riducendo l’apoptosi dellecellule sinusoidali.

Dal punto di vista della ricerca di base, invece la possibilità di trapiantare organi usufruendo di un tempomaggiore tra espianto e riimpianto è il fine ultimo dei test che vengono eseguiti su una molecola, DADLE,in grado di abbassare il metabolismo sia a livello cellulare che tissutale. In particolare, viene studiato ilbersaglio cellulare a livello della trascrizione, che sembra essere una delle prime attività ad essere depressa.

Altre linee si occupano più da vicino dell’impatto dell’ambiente: sono quindi condotte da un lato analisidelle alterazioni su base morfofunzionale di tessuti ed organi in animali esposti all’azione diretta o indirettadi sostanze chimiche (quali molecole ad azione citostatica) o a contaminazione ambientale; dall’altro glieffetti della diossina sul differenziamento di cellule embrionali staminali in cardiomiociti. Queste cellule

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sono un ottimo modello per lo studio degli effetti di agenti fisici o chimici durante le prime fasi dellosviluppo embrionale.

Oltre ai danni provocati dall’ambiente, vengono anche analizzati danni volutamente indotti in specificitessuti. Ad esempio il danno e il rimodellamento della neuroarchitettura dopo trattamento con compostidel platino nel ratto vengono studiati nel cervelletto e nell’ippocampo, in particolare a livello dei neuro-trasmettitori. Lo studio di sostanze in grado di alterare lo sviluppo del sistema nervoso o parte di esso,infatti, è importante per comprendere sia i meccanismi di disgenesi corticale genetica ed epigenetica chequelli legati alla definizione del fenotipo neuronale e delle connessioni che si instaurano all’interno dei varicircuiti neurali.

Viene inoltre studiato il ruolo delle molecole e dei meccanismi che regolano la comunicazione cellularetra cellule del sistema immunitario e cellule ottenute da biopsie di gliomi maligni anche in seguito a dannoindotto da radiazioni diverse (alfa, gamma) a basse e alte dosi. Lo scopo è quello di meglio comprendere imeccanismi di tumor escape nei gliomi e l’effetto bystander prima in sistemi sperimentali in vitro e quindinelle condizioni in vivo.

Molti di questi danni hanno come risultato la morte della cellula e la morte cellulare si manifesta conalmeno due diversi meccanismi, apoptosi e necrosi. Il primo, molto studiato negli ultimi anni, caratterizzala morte cosiddetta pulita, senza infiammazione nel tessuto circostante e i cui resti sono facilmente rimovi-bili. I meccanismi alla base di questo fenomeno vengono studiati in sistemi cellulari in vitro con induzionemediante farmaci. Molti agenti antitumorali, infatti, inducono questo tipo di morte pulita e la ricerca e l’ap-plicazione di molecole attive, ad esempio, per terapia fotodinamica rappresentano una promettente linea diricerca.

2 Prodotti delle ricerche

I prodotti delle ricerche sono essenzialmente pubblicazioni scientifiche e partecipazioni a convegni spe-cialistici. Nel quinquennio 2003-2007 i componenti hanno prodotto 92 pubblicazioni in estenso su rivisteinternazionali censite ISI.

I risultati delle ricerche trovano principale applicazione nella ricerca di base, in quella biomedica ebiotecnologica.

3 Le linee di ricerca (LDR)

3.1 Laboratorio di Anatomia Comparata e Citologia

LDR 1. Valutazione in situ della risposta di fegati marginali al danno subito durante le varie fasi deltrapianto e di strategie per ridurlo

Responsabili: Prof. Isabel Freitas (PA); Prof. Sergio Barni (PO)Altri componenti: Dott. V. Bertone (RC), Dott.ssa E. Boncompagni (Post-Doc; Borsista); Dott.ssa E.

Gini (Dottoranda), Dott.ssa G. Milanesi (Funzionario Tecnico), Dottssa R. Vaccarone (id.)Collaborazioni a Pavia: Dott.ssa Mariapia Vairetti (Dip. Medicina Interna e Terapia Medica), Prof.

Plinio Richelmi (DMITM); Dott. Andrea Ferrigno (DMITM); Dott. Giovanni Bottiroli (Istituto di Gene-tica Molecolare del CNR, Sezione di Istochimica e Citometria); Dott.ssa Anna Cleta Croce (IGM-CNR);Dott.ssa Uliana De Simone (IGM-CNR). Dott.ssa Vittoria Rizzo (Dip. Biochimica, IRCCS Policlinico S.Matteo).

Collaborazioni esterne e internazionali: Prof. Umberto Cillo (Dip. Scienze Chirurgiche e Gastroen-terologiche P.G. Cevese, Univ. Padova), Prof. Davide D’Amico (id.), Dott. Daniele Neri (id.), Dott.Enrico Gringeri (id.), Dott. Amedeo Carraro (id.). Dott. Filippo Carlucci (Dip. Medicina Interna, Scien-ze Endocrino-Metaboliche e Biochimica, Univ. Siena), Dott.ssa Antonella Tabucchi id.). Prof. RusselJ. Reiter (Dep. Cellular & Structural Biology; University of Texas Health Science Center; USA); Prof.Hau Kwaan (Div Hematology/Oncology; Northwestern University Medical School, Chicago; USA); Prof.

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Neil D. Theise (Beth Israel Medical Center, Division of Digestive Diseases, New York, USA); Dr. JoanRosello-Catafau (Dep. Isquemia e Inflamación; Inst.Investigaciones Biomédicas, Barcelona, Spain).

I fegati marginali e in particolare i fegati steatosici, sempre più presenti fra i probabili donatori, subisco-no danni spesso irreversibili durante le fasi di preservazione a freddo tradizionale seguita da riperfusione.La vulnerabilità dei vari tipi cellulari del fegato (epatociti, colangiociti, cellule sinusoidali, cellule stromali)a questi stress è molto diversa e dipende della loro posizione nell’ambito del lobulo epatico o dell’alberobiliare, della loro attività metabolica, delle condizioni nutrizionali e da diversi altri fattori. Per descrivereil comportamento/reazione/stress di tali popolazioni nel loro reale contesto topologico sono ideali gli ap-procci istochimici (immunoistochimica, enzimoistochimica, probes fluorescenti, istochimica di affinità) eultrastrutturali sviluppati nell’ambito della LDR1. L’Unità partecipa dal 1999 a ricerche interdisciplinariche hanno portato allo sviluppo di una tecnica innovativa per la protezione dei fegati statosici mediante per-fusione meccanica a 20˚C, all’utilizzo di biopsia ottica per seguire in tempo reale e in modo mini-invasivola risposta dl fegato alle fasi del trapianto, e all’impiego della melatonina per proteggere l’organo da dannoda ischemia-riperfusione.

Interesse teorico: Aumento delle conoscenze sulla plasticità adattativa del fegato, anche patologico,a stress da ischemia/riperfusione. Interesse sperimentale: Sviluppo di nuove tecniche per dimostrare insitu il danno indotto sulle diverse popolazioni cellulari del fegato (epatociti, cellule sinusoidali e biliari).Applicativo: Sviluppo di potenziale sistema per l’utilizzo di organi solitamente scartati per il trapianto.

Finanziamenti: MIUR/PRIN: 1999, 2001, 2004, 2006 (presentato progetto per PRIN2008 e CARIPLO2009). FAR/UNIPV, CNR.

LDR 2. Caratterizzazione del microambiente tumorale e influenza sull’ospiteResponsabili: Prof. Isabel Freitas (PA)Altri componenti: Prof. Sergio Barni (PO). Dott.ssa Eleonora Boncompagni (Post-Doc; Borsista);

Dott. Vittorio Bertone (RC); Dott.ssa Gloria Milanesi (Funzionario Tecnico), Dottssa Rita Vaccarone (id.)Collaborazioni esterne e internazionali: Dott. Gian Franco Baronzio (ASL-01 Legnano; Unità di Ra-

dioterapia, Policlinico di Monza); Prof. Hau Kwaan (Div Hematology/Oncology; Northwestern UniversityMedical School, Chicago; USA). Ass. Prof. Christopher R. Cogle, M.D. (Program in Stem Cell Biologyand Regenerative Medicine University of Florida, Gainsville, USA).

Sintesi LDR1: Il liquido interstiziale dei tumori (TIF) è un sottoprodotto dei processi di formazione del-lo stroma/angiogenesi presente in tutti i tumori che determina, mediante un elevata pressione interstiziale,una povera risposta alla chemioterapia e alla terapia con anticorpi monoclonali. Il GdR si sta prodigandoper divulgare caratteristiche poco note del TIF, in particolare il suo potere ossigenante, trofico, di circo-lazione di frammenti bioattivi di molecole della matrice (matrichine) e di mediatori infiammatori, e ditrascinamento passivo di cellule tumorali poco adese al parenchima fino ai vasi linfatici periferici, ossia,promuoventi la metastatizzazione per via linfatica.

Interesse teorico: Caratterizzazione delle strategie di sopravvivenza delle varie popolazioni cellulari diun tumore solido (maligne e stromali) nei diversi microambienti. Applicativo: Conoscenze essenziali perlo sviluppo di terapie tumorali mirate.

Finanziamenti: FAR/UNIPV.LDR 3- Analisi delle alterazioni su base morfofunzionale di tessuti e organi in animali esposti

all’azione diretta o indiretta di sostanze chimiche e agenti fisici quali contaminanti ambientaliResponsabili: Carla Fenoglio (RU), Vittorio Bertone (RU), Sergio Barni (PO)Collaborazioni a Pavia: Prof. L. Manzo, Dott. E. Roda (Centro di Ricerca Tossicologica, Università

di Pavia e IRCCS Fondazione Maugeri); Dott. P. Morbini (Dip. di Patologia, Università di Pavia), DottS. Inghilleri (Dip. delle Malattie Respiratorie IRCCS Policlinico S. Matteo); Prof. G. Borroni, Dott. C.Vassallo (Dip. di Patologia Umana ed Ereditaria, Università di Pavia e IRCCS Policlinico S. Matteo).Collaborazioni esterne: Dott. M. Viale (Istituto Nazionale Ricerca sul Cancro e Unità di Farmacologiae Tossicologia, Genova); Prof. L. Sciola, Dott. A. Spano (Dip. Scienze Fisiologiche, Biochimiche eCellulari, Università di Sassari).

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La ricerca si propone di valutare gli effetti dell’ inquinamento ambientale sullo sviluppo e sulla funzio-nalità di alcuni organi in esemplari di Rana esculenta raccolti in ambiente di risaia nei dintorni di Pavia.Obiettivo di queste indagini è stato quello di individuare biomarkers attraverso i quali ottenere informa-zioni sugli effetti citotossici di eventuali inquinanti ambientali e sui meccanismi con cui alcuni tessuti e/oorgani possono contrastarne l’azione. E’ da sottolineare che l’analisi di effetti subletali di agenti inquinantiin organismi bioindicatori è di particolare importanza per il mantenimento della biodiversità in ambientiacquatici a rischio di contaminazione.

Le indagini sono state condotte attraverso: 1) la valutazione di parametri chimici di acque e sedimentidelle risaie, e del materiale biologico raccolto (girini e adulti); 2) l’impiego di biomarkers isto- e citopa-tologici valutati in sangue, pelle e fegato, che risentono dell’ azione di sostanze inquinanti presenti nelmezzo ambiente. I dati ottenuti, confrontati con situazioni di controllo, hanno dimostrato una relazionefra un lieve grado di inquinamento delle acque di alcune risaie (presenza di metalli pesanti e di eptacloroepossido, un metabolita tossico derivato dall’eptacloro) e l’espressione di cambiamenti morfofunzionalidei tessuti e organi (fegato, sangue e pelle) analizzati nei campioni di rane prelevate da quelle aeree. Svi-luppi successivi dell’argomento riguarderanno studi sperimentali in cui saranno valutati sugli stessi organidi rana in fase larvale ed adulta gli effetti dell’eptacloro e del suo metabolita tossico l’eptacloro epossido,tuttora fra i maggiori inquinanti del suolo agricolo.

LDR 4- Studio dell’azione citotossica indotta in vivo ein vitroin cellule, tessuti e/o organi esposti altrattamento con molecole ad azione citostatica

Allo scopo di individuare nuove molecole ad azione anti-tumorale sono stati effettuati esperimenti invitro e in vivo con nuovi composti: 1-Naph-DNB e due suoi derivati, 1-Naph-NMCB e 2-Naph-DNB. Glistudi condotti in vitro su linee cellulari tumorali hanno valutato l’attività antiproliferativa e apoptotica dellemolecole sintetizzate. Quindi sono stati eseguiti test di tossicità sia in vitro, che in vivo su un modello speri-mentale murino per valutare gli effetti tossici delle stesse molecole (somministrate a dosi diverse e secondodue diverse modalità, intraperitoneale o intravenoso) in fegato e rene, organi coinvolti nel metabolismo deifarmaci, e nella milza, quale organo emopoietico. Dagli studi in vitro è risultato che le molecole nel com-plesso risultano attive in termini di inibizione della proliferazione cellulare, di citotossicità e di induzionedell’apoptosi su diverse line cellulari tumorali murine. Gli studi di tossicità in vivo hanno fatto rilevareeffetti di epatotossicità e nefrotossicità più gravi solo dopo il trattamento alle massime dosi considerate.Tuttavia i danni sono sempre apparsi meno gravi se confrontati con quelli indotti da altre molecolare adattività antitumorale come ad es. il cisplatino, suggerendo quindi di procedere verso ulteriori studi.

LDR 5- Correlazioni tra alterazioni citoscheletriche e meccanismi di morte cellulare indotta daagenti antineoplastici durante il citodifferenziamento

La finalità di questo studio è di valutare alcuni aspetti morfofenotipici e molecolari della degenerazioneprogrammata di differenti linee cellulari in relazione con lo stadio differenziativo. Il modello cellulareviene riferito alla condizione citocinetica quiescente e attiva oltre che a fenomeni di poliploidizzazione epolinucleazione, caratteristici di stati fisiologici normali e patologici. L’induzione della morte cellulare,nelle due espressioni, apoptotica e autofagocitotica, viene ottenuta con l’impiego di sostanze antineoplasti-che con differente meccanismo d’azione; in particolare sono considerate quelle sostanze (es. vimblastina,taxolo) che hanno come target alcuni costituenti del citoscheletro, con lo scopo di stabilire eventuali rap-porti tra condizione di adesione e non adesione tra cellula e substrato, stadio differenziativo cellulare einducibilità della morte cellulare da parte del farmaco.

(Le LR descritte si collocano in tematiche di attuale interesse sociale, anche riguardo la letteraturascientifica internazionale. Esse presentano aspetti sperimentali e applicativi nei settori della ecotossicologiae della farmacologia)

LDR 6- Citologia sperimentale e applicataResponsabile: Rosanna Nano (PO)Altri componenti: Angelica Facoetti (Ricercatore a tempo determinato); Francesca Pasi (Dottoranda):

Elena Ranza ( assegnista di ricerca)

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Collaborazioni interne: INFN; LENA; CNAO; Policlinico San Matteo, IRCCS Pavia; Istituto Neurolo-gico “Mondino” IRCCS, Pavia; Istituto Superiore di Sanità, Roma .

Collaborazioni esterne e internazionali: Azienda OspedaIiera di Parma, Divisione di Neurochirurgia;FOCAS Institute (DIT ) Dublino, Irlanda; Istituto Nencki di Biologia Sperimentale di Varsavia, PoloniaSintesi delle linee di ricerca

1. Determinazione degli effetti indotti dall’inibizione del recettore PDGF (STI571) in linee di astrocito-mi umani: valutazione dell’effetto sinergico del trattamento farmacologico con radiazioni gamma;

2. Studio del ruolo delle radiazioni ionizzanti (citochine, fattori di crescita, mediatori dell’infiammazio-ne, comunicazione cellulare) in cellule normali di precursori gliali murini e in cellule di astrocitomiumani .

• I motivi di interesse e di attualità delle due linee di ricerca hanno come scopo quello di meglio com-prendere il ruolo della biologia cellulare nello studio degli effetti delle radiazioni inonizzanti nei glomie l’effetto bystander prima in sistemi sperimentali in vitro e quindi nelle condizioni in vivo;

• 2- in precedenti studi sperimentali si è constatato che l’inibizione farmacologica del recettore tirosin-chinasico PDGFR è una nuova strategia terapeutica per il trattamento dei glomi maligni. L’azionecombinata tra il farmaco e la radiazione gamma induce una diminuzione dei processi di migrazione eproliferazione cellulare.

Questo progetto è stato presentato e finanziato nel 2008 dal Settimo Programma Quadro di Ricerca e Svi-luppo tecnologico. Si prevedono interessanti/importanti sviluppi teorici, sperimentali o applicativi inerentiai meccanismi di tumor escare nei glomi maligni e del danno e risposta (a livello molecolare, cellulare e so-vracellulare) negli effetti “target” e “non-target” delle radiazioni ionizzanti dipendenti dal tipo di radiazioneutilizzata.

Finanziamenti precedenti: MUR, FAR, CE

3.2 Laboratorio di Biologia Cellulare e Neurobiologia

LDR 1: Neurotossicita’ “in vitro” e “in vivo” di composti del platinoResponsabile: G. Bernocchi (PO)Componenti: M.G. Bottone (R), S. Cerri (Ass), G. Santin (Dott), V. Piccolini (Dott)Collaborazioni: Prof. Luigi Manzo, Dr. Elisa Roda, Dipartimento di Medicina interna e Terapia me-

dica, Divisione di Tossicologia, Università di Pavia; Prof. Paolo Del Grande, Dip. Scienze Morfologiche,Università di Urbino; Prof. Francesco Paolo Fanizzi, Prof. Santo Marsigliante, Prof. Sandra De Pascali,Prof. Antonella Ciccarese, Dip. Scienze e Tecnologie Biologiche e Ambientali, Università di Lecce; Prof.Rafael Lujan, Centro de Investigaciones Biomedica, Universidad de Castilla-La Mancha, Albacete, Spain;IRCCS Policlinico San Matteo, Pavia.

I meccanismi molecolari della neurotossicità indotta da agenti chemioterapici non sono stati ancora deltutto chiariti. Sono stati condotti studi comparativi sugli effetti di alcuni composti del platino attualmentein uso, o oggetto di sperimentazione clinica, al fine di individuare differenze nella neurotossicità e nellasua reversibilità. In riferimento al cisplatino (cisPt), sebbene la nefrotossicità sia uno dei più conosciu-ti effetti collaterali dose-dipendenti di tale farmaco, sono stati osservati anche severi effetti neurotossici.Nell’adulto, il cisPt provoca danni ai gangli sensoriali del Sistema Nervoso Periferico (SNP), mentre sonoancora scarsi, e talvolta contradditori, i dati riguardanti il Sistema Nervoso Centrale (SNC); questi ultimichiamano anche in causa il ruolo neuroprotettivo esercitato dalla barriera ematoencefalica (BBB). D’altrolato, i possibili effetti neurotossici dei composti del platino sui diversi organi e la loro farmacocinetica sonooggetto di continue ricerche anche per il fatto che i chemioterapici trovano applicazione nel trattamento ditumori cerebrali in pazienti in età pediatrica, nei quali è maggiore la vulnerabilità del SNC. Infine, un’altraseria limitazione all’uso del cisPt è l’insorgenza di farmaco-resistenza, che giustifica ampiamente la sintesi

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di nuovi agenti chemioterapici. Su queste basi, la presente ricerca riguarda la valutazione “in vitro” e “invivo” dei meccanismi d’azione e degli effetti del trattamento con nuovi complessi del platino, con varitarget cellulari anche diversi dal DNA, comparandoli con quelli ottenuti con cisPt; l’attenzione verrà ancherivolta sui principali elementi strutturali e funzionali della BBB.

I) L’analisi “in vitro” riguarda LINEE CELLULARI IN COLTURA DI NEUROBLASTOMA di rattoe NEUROBLASTOMA umano. Le cellule vengono trattate con cisPt e con nuovi complessi del platinoa concentrazioni corrispondenti a quelle utilizzate “in vivo” (punto II). Vengono valutati in particolare glieffetti sui meccanismi di innesco del processo apoptotico e sulla farmaco resistenza, con attenzione alcoinvolgimento di organuli cellulari. I risultati finora ottenuti hanno dimostrato un ruolo fondamentaledei mitocondri non solo nel processo apoptotico, ma anche nell’induzione di farmaco resistenza in celluletrattate con cisplatino.

II) L’analisi “in vivo” viene condotta nel SNC di MAMMIFERO (RATTO) dopo trattamento con i com-plessi del platino. Gli effetti dei composti vengono esaminati a diversi intervalli di tempo dall’iniezione,tenendo anche conto dei dati ottenuti su colture cellulari che dimostrano un’azione citotossica di alcuninuovi complessi del platino già un’ora dopo la loro somministrazione (Muscella et al., 2007).Le indaginisono precedute dalla determinazione del contenuto cerebrale di platino mediante spettrometria ad assorbi-mento atomico. Vengono utilizzati due diversi modelli di organizzazione tissutale del SNC, sia nel corsodello sviluppo postnatale (quando la BBB non è ancora formata) che al termine della istogenesi: il cer-velletto e l’ippocampo (giro dentato). Vengono considerati parametri indicativi del danno e del recuperomorfo-funzionale di cellule/tessuti neurali, quali i marcatori di molecole coinvolte nella proliferazione emorte cellulare, nella sopravvivenza, nelle vie cellulari di trasduzione del segnale e nella neurotrasmissio-ne. In parallelo, viene dato spazio all’analisi della citoarchitettura a livello ultrastrutturale, soprattutto inrelazione alla BBB.Le ricerche hanno un interesse applicativo nell’ambito della valutazione degli effetti neurotossici di com-posti a base di platino, impiegabili come agenti chemioterapici.

Finanziamenti prevalenti: FAR Università Pavia; cofin PRIN.LDR 2: Neurodegenerazione nella sindrome di down.Responsabile: Elda Scherini (PA),Componenti: Daniela Necchi (Postdoc), Lomoio Selene (Dottoranda)La sindrome di Down o trisomia 21 è la più frequente forma di ritardo mentale, colpendo un neonato

ogni 700. Gli individui affetti da sindrome di Down, oltre a manifestare ritardo nello sviluppo delle funzio-ni cognitive, mostrano difficoltà nell’apprendimento e nella memoria, nonché alterazioni comportamentalie motorie. Tutte queste anomalie tendono ad acutizzarsi nell’età adulta e, dalla quarta decade di vita, ipazienti Down sviluppano una demenzia simile alla demenzia di Alzheimer. Questa è dovuta al fatto chei neuroni colinergici dei nuclei della base vanno incontro ad una massiva degenerazione, che si riverberasulla funzionalità dell’ippocampo, cioè sull’area del SNC deputata all’apprendimento e alla memoria. Itopi Ts65Dn, parzialmente trisomici per il cromosoma 16, l’omologo murino del cromosoma 21 umano,sono un modello animale per la sindrome di Down ampiamente accettato. Questi topi manifestano moltecaratteristiche degli individui affetti da sindrome di Down, quali anomalie del comportamento e motoriee deficit nell’apprendimento. Inoltre, intorno al sesto/settimo mese di vita mostrano perdita dei neuronicolinergici dei nuclei della base, con quadri istopatologici simili alla demenza di Alzheimer e, quindi, sonoanche considerati un modello per tale patologia. Recentemente, nel nostro laboratorio abbiamo riscontratoin topi Ts65Dn di 10 mesi di età anomalie dell’assone dei neuroni cerebellari di Purkinje, indicative dineurodegenerazione e che ben si associano all’accuirsi delle difficoltà motorie che si manifesta a tale età.D’altra parte, gli eventi molecolari che portano alla degenerazione neuronale nel SNC dei topi Ts65Dn e,possibilmente, negli individui Down non sono ancora ben chiari. Le nostre ricerche sono orientate allo stu-dio delle relazioni tra l’aumento dell’espressione del peptide beta-amiloide (la trisomia coinvolge il geneper la proteina precursore dell’amiloide), l’iperfosforilazione della proteina tau, con la conseguente forma-zione di gomitoli neurofibrillari, e l’attivazione di alcune proteine kinasi attivate da stress o da mitogeni, in

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aree diverse del SNC di topi Ts65Dn a partire dal sesto mese di età. A tal fine vengono impiegati metodimorfologici, citochimici e neurochimici.

LDR 3: Studio citochimico, citometrico ed ultrastrutturale delle modificazioni cellulari indotte dafarmaci fotosensibilizzanti e da peptidi bioattivi

Responsabili: C. Pellicciari (PO), M. Biggiogera (PA)Altri componenti: A. Fraschini (PA), M.G. Bottone (RC), Barbara Cisterna (Assegnista di ricerca),

Federica Perdoni (Dottoranda)Collaborazioni in corso a Pavia: Dipartimento di Chimica Farmaceutica, Università di Pavia (Prof.

Bice Conti, Prof. Ida Genta, dott.ssa Claudia Colonna); Istituto di Genetica Molecolare del CNR, Pa-via (Dottori Giovanni Bottiroli, Anna Cleta Croce, Anna Ivana Scovassi, Giuseppe Biamonti); IRCCSPoliclinico San Matteo, Pavia (Dott.ssa Claudia Alpini)

Collaborazioni esterne e internazionali: Centro de Investigaciones Biológicas CSIC, Madrid, Spagna(Dott. Mari-Carmen Risueño); CNRS Immunologie et Chimie Thérapeutiques, Institut de Biologie Molé-culaire et Cellulaire, Strasbourg (Dott.ssa Sylviane Muller) ; Institute of Physiology, Academy of Sciencesof the Czech Republic, Prague (Prof. Vladislav Mares); Dipartimento di Scienze Morfologico-Biomediche,Università di Verona (Sezione di Anatomia e Istologia: Prof. Carlo Zancanaro, Dott.ssa Manuela Mala-testa); Dipartimento di Biotecnologie e Bioscienze, Università di Milano-Bicocca (Dott.ssa Silvia M.L.Barabino); Dipartimento di Scienze Biomolecolari e Biotecnologia, Università degli Studi di Milano (Prof.Enzo Mancinelli, Dott.ssa Rosanna Cardani); Dipartimento di Neurologia, IRCCS Policlinico San Donato(Prof. Giovanni Meola)

Le due principali linee di ricerca di questo laboratorio, di interesse anche per le potenziali ricaduteapplicative sull’uomo, riguardano lo studio, a livello cellulare, dell’effetto di farmaci fotosensibilizzanti edi peptidi bioattivi ad azione ipometabolizzante.

I fotosensibilizzanti sono molecole in grado di penetrare all’interno delle cellule e, una volta irraggiatiad opportuna lunghezza d’onda, generano nuove specie chimiche instabili (ossigeno allo stato di singolet-to, radicali liberi ed altre specie reattive dell’ossigeno) capaci di indurre danni per foto-ossidazione allestrutture molecolari della cellula, determinandone la morte. Sulla loro azione si basa la terapia fotodinami-ca dei tumori. Per aumentare e rendere più mirato l’accumulo intracellulare di alcuni fotosensibilizzanti,questi possono essere modificati attraverso l’aggiunta di gruppi chimici (ad esempio acetato o fosfato), chene riducono, o addirittura ne annullano, le proprietà fotofisiche (emissione di fluorescenza) e fotochimi-che (azione fotosensibilizzante): tali composti modificati, una volta penetrati nella cellula, si comportanotuttavia da substrati fluorogenici, in quanto il gruppo chimico aggiunto viene riconosciuto e staccato daspecifici enzimi, con ripristino della struttura chimica nativa e, conseguentemente, delle proprietà fluore-scenti e fotosensibilizzanti. In questa ricerca si studia l’effetto, a livello cellulare e subcellulare in sistemiin coltura, di forme modificate, per aggiunta di gruppi acetato, di due potenti fotosensibilizzanti ad azioneapoptogena (il rosa Bengala e l’ipocrellina B), utilizzabili per la terapia fotodinamica e che si prestanoad essere facilmente convertiti in substrati fluorogenici. La ricerca (finanziata da due progetti PRIN nel2002 e 2005) è indirizzata alla definizione, mediante tecniche microscopiche, citochimiche e molecolari,dei meccanismi alla base dell’induzione di morte cellulare dopo fotosensibilizzazione, nella prospettivadi un’applicazione terapeutica in vivo. Collaborano a queste indagini alcuni ricercatori della Sezione diIstochimica e Citometria dell’Istituto di Genetica Molecolare del CNR di Pavia.

L’ipometabolismo è uno stato nel quale le richieste energetiche di un organismo sono drasticamenteridotte. Nei mammiferi ibernanti è uno stato fisiologico e rappresenta una strategia, evolutivamente conser-vata, per superare condizioni ambientali sfavorevoli. L’induzione di uno stato ipometabolico controllato ereversibile riveste grande interesse, anche per l’uomo, per il suo ampio potenziale applicativo, dai trapianti,al trattamento dell’infarto e dell’obesità, fino alle missioni spaziali a lungo termine. In tutte queste situa-zioni, un ridotto tasso metabolico comporterebbe una utile diminuzione della richiesta di cibo e ossigeno,con un parallelo incremento del consumo lipidico. Scopo di questa ricerca è mettere a punto una proce-dura per veicolare molecole ipometabolizzanti in mammiferi non ibernanti, mediante nanoparticelle (NP).Come induttore di ipometabolismo si utilizza l’oppioide sintetico D-Ala2 D-Leu5 enkephalin (DADLE),

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che mostra effetti simili allo Hibernation Induction Trigger (un proto oppioide presente nel siero di diversimammiferi, come il pipistrello, l’orso bruno e la marmotta, durante l’ibernazione, ma assente in eutermia,e capace di indurre ibernazione durante la stagione estiva). A livello di organo, DADLE aumenta il tempodi sopravvivenza di cuore, fegato, polmone e rene prima del trapianto. L’assenza di citotossicità in vitro, latotale reversibilità degli effetti indotti, ed i risultati sugli organi espiantati rendono DADLE una molecolapotenzialmente interessante per indurre ipometabolismo controllato in vivo. In questa prospettiva, è difondamentale importanza la scelta della procedura più idonea per veicolare efficacemente questi peptidipermettendone la penetrazione all’interno delle cellule e l’attraversamento della barriera emato-encefalica:in tal senso, appaiono particolarmente promettenti le NP polimeriche, che possono essere usate come tra-sportatori di farmaci che in esse possono essere dissolti o incapsulati, o che ad esse possono essere adsor-biti o legati. I vantaggi offerti dalle NP risiedono nella loro capacità di proteggere e stabilizzare il farmaco(specialmente se proteico), di modularne il rilascio (prolungandone così l’attività), di penetrare anche neicapillari più sottili e di essere internalizzate dalle cellule, consentendo un efficace accumulo del farmaco insiti bersaglio. Ulteriore vantaggio è la capacità delle NP di superare la barriera emato-encefalica. Ciò rendele NP il più innovativo sistema non invasivo per il rilascio di farmaci nel sistema nervoso centrale. In questoprogetto si utilizzano, in un approccio integrato multidisciplinare, nanotecnologie, microscopia ottica edelettronica, optical imaging, telemetria, risonanza magnetica nucleare e biochimica per: 1- mettere a puntoil sistema nanoparticellare più idoneo alla somministrazione di oppioidi a differenti linee cellulari in vitro,che garantisca un efficace uptake cellulare; 2- analizzare, dopo somministrazione di NP in vivo a topi, glieffetti acuti e cronici degli oppioidi su parametri fisiologici chiave, e studiare il recupero post-trattamentoe la possibile insorgenza di tolleranza. Lo studio ha anche lo scopo di ottenere informazioni di base suimeccanismi di induzione di uno stato ipometabolico in mammiferi non naturalmente ibernanti. Questa ri-cerca è condotta in collaborazione con colleghi del Dipartimento di Chimica Farmaceutica dell’Universitàdi Pavia e del Dipartimento di Scienze Morfologico-Biomediche dell’Università di Verona.

Finanziamenti ottenuti: MIUR, FAR - Università di Pavia

3.3 Laboratorio di Biologia dello sviluppo

Responsabili: Prof. Silvia Garagna (PO); Prof. Carlo Alberto Redi (PO)Altri componenti: Dr. Valeria Merico (assegnista); Dr. Paola Rebuzzini (assegnista); Dr. Chiara Vasco

(assegnista); Dr. Michele Bellone (dottorando); Sig. Mario Zanoni (tecnico)Collaborazioni a Pavia:Dr. Alessandra Balduini - Dip. Biochimica ’A. Castellani’ - Sez. Analisi Chimico ClinicheProf. Elena Giulotto – Dip. Genetica e microbiologia; Prof. Vittorio Bellotti - Dip. Biochimica ’A.

Castellani’ - Sez. Medicina E Farmacia; Prof. Giampaolo Merlini – Dip. Biochimica ’A. Castellani’ - Sez.Analisi Chimico Cliniche e I.R.C.C.S. Policlinico S. Matteo; Dr. Giuliano Mazzini - Istituto di GeneticaMolecolare del CNR, Sezione di Istochimica e Citometria; Prof. Riccardo Bellazzi - Dipartimento diInformatica e Sistemistica; Prof. Mario Stefanelli - Dipartimento di Informatica e Sistemistica

Dr. Riccardo Diliberto – Fisica Sanitaria - I.R.C.C.S. Policlinico S. MatteoCollaborazioni esterne e internazionali: Prof. Maurizio Zuccotti – Dipartimento di Medicina Speri-

mentale - Universita’ degli Studi di Parma; Prof. Ernesto Capanna – Dipartimento di Biologia Animalee dell’Uomo - Universita’ di Roma “La Sapienza”; Prof. Raul Fernandez-Donoso – Instituto de CienciasBiomédicas - Universita’ del Cile; Prof. Nori Tolosa de Talamoni – Cátedra de Bioquímica y Biología Mo-lecular - Universidad Nacional de Córdoba (Argentina); Dr. James Adjaye – Max Plank Institute – Berlino;Prof. Jeremy Searle – Cornell University – USA; Dr. Giovanni Coticchio e Dr Andrea Borini – TecnoBiosProcreazione - Bologna

LDR 1: Effetti della diossina sul differenziamento delle cellule embrionali staminali in cardiomio-citi

Le cellule embrionali staminali (ES) possono essere coltivate in vitro a formare corpi embriodi, strutturecellulari all’interno delle quali, come nell’embrione di mammifero, si formano i tre foglietti embrionali.

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Questi ultimi, successivamente ad opportuni stimoli differenziano in specifici tipi cellulari. Le cellule ESsono quindi una eccellente risorsa da impiegare per lo studio degli effetti determinati da agenti chimicio fisici durante le prime fasi dello sviluppo embrionale. In questo progetto di ricerca, i nostri sforzi sonoindirizzati a comprendere gli effetti della diossina (uno degli xenobionti piu’ pericolosi per la nostra specie)sul differenziamento delle cellule ES in cardiomiociti. Lo sviluppo dell’apparato cardiocircolatorio e’infatti tra i piu’ sensibili alla presenza di diossina.

Sviluppi applicativi: test in vitro degli effetti di molecole note o di nuova sintesi sulle fasi dello sviluppoembrionale periimpianto.

LDR 2: Radioresistenza delle cellule embrionali staminali di topo.Recenti studi hanno messo in evidenza che, pur essendo le radiazioni ionizzanti una efficace terapia

per diversi tipi di tumore, la radioterapia risulta talora inefficace per l’instaurarsi di radioresistenza. Taleradioresistenza sembra essere dovuta, alla preferenziale selezione di cellule cancerose staminali, le qualiattraverso l’attivazione di checkpoints che controllano il danno a carico del DNA sono in grado di metterein atto una maggiore capacita’ riparativa del DNA stesso. Sembrerebbe quindi che la recrudescenza deltumore sia dovuta alle cellule staminali cancerose che hanno sviluppato radioresistenza. E’ quindi di estre-mo interesse valutare se la radioresistenza rappresenta una caratteristica intrinseca delle cellule staminali.L’obiettivo principale di questo progetto di ricerca e’ valutare la radioresistenza nelle cellule staminaliembrionali di topo nel confronto con i derivati da esse differenziati.

Sviluppi applicativi: sviluppo di farmaci capaci di interferire selettivamente con i meccanismi riparatividelle cellule staminali.

LDR3: Acquisizione della competenza allo sviluppo dell’oocitaLe prime fasi dello sviluppo dell’embrione di mammifero avvengono grazie alla presenza di trascritti e

proteine immagazzinate nell’oocita maturo durante la follicologenesi. Ad oggi rimane ancora sconosciutoqual’e’ il corredo di RNA e proteine che l’oocita necessita per regolare questi primi momenti dello sviluppo.L’obiettivo principale di questa linea di ricerca e’ quello di definire quali sono le reti di geni che regolano,durante la follicologenesi, la costruzione della competenza allo sviluppo e indentificare transcritti/proteinesenza i quali il gamete femminile non e’ capace di sostenere lo sviluppo.

Sviluppi applicativi: la possibilita’ di selezionare nella fecondazione assistita gli oociti con una migliorecompetenza allo sviluppo.

Finanziamenti prevalenti: MIUR, FAR, Millipore Company; Olympus Foundation Europe, CARI-PLO, Ministero degli Affari Esteri.

3.4 Laboratorio di Simbiosi e Parassitismo

Responsabile: Luciano Sacchi (PO),Altri componenti: Emanuela Clementi, Marco Genchi, Claudio BandiLDR 1: Simbiosi endocellulare tra procarioti ed eucariotiLa simbiosi endocellulare è considerata uno dei motori più importanti del processo evolutivo. E’ infatti

risaputo che la teoria più accreditata dell’origine della cellula eucariotica è quella della simbiosi serialetra procarioti dotati di diverse specializzazioni morfo-funzionali. Oltre a ciò è altrettanto noto che tutte lecellule sono una sorta di chimera dove accanto al genoma cellulare coesiste quello di derivazione battericadei mitocondri a cui, nelle cellule vegetali, si aggiunge anche quello dei cloroplasti. Infine, nessun organi-smo, uomo compreso, può svolgere completamente le sue funzioni metaboliche senza il contributo di unacomplessa comunità batterica a cui è legato da un indissolubile rapporto simbiotico.

Nel laboratorio di Parassitologia e Simbiosi si studia da tempo la simbiosi endocellulare tra procariotied eucarioti in diversi modelli biologici. Questi studi, nati inizialmente come ricerche di base, hanno in se-guito prodotto importanti ricadute applicative. I risultati dei primi studi condotti sui simbionti delle Blattehanno permesso di individuare un particolare morfotipo cellulare, il batteriocita, dove coesistono 3 patri-moni genetici: quello della cellula, quello dei mitocondri e quello dei batteri simbionti indissolubilmente

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integrati nel citoplasma cellulare. L’analisi filogenetica molecolare, da noi condotta, farebbe risalire que-sta associazione a oltre 200 milioni di anni fa e questo lungo processo coevolutivo ha portato alla perditaparziale dell’autonomia genetica dei batteri simbionti. Tutto questo consente di tracciare un parallelismocon i mitocondri. Inoltre, similmente ai mitocondri anche i batteri simbionti delle blatte vengono trasmessiverticalmente per via materna.

Successivi studi ultrastrutturali, condotti sui simbionti delle zecche, hanno portato alla scoperta di unnuovo batterio da noi denominato Midichloria mitochondrii. Questo singolare procariote vive predando imitocondri delle zecche e manifesta un comportamento paragonabile a quello di Bdellovibrio bacteriovo-rous che vive nell’ambiente esterno predando batteri Gram-negativi. Da un punto di vista teorico questodato potrebbe essere letto come un’ulteriore conferma della natura batterica dei mitocondri. Vi sono pe-rò anche implicazioni pratiche. Infatti l’analisi molecolare ha permesso di individuare la presenza di M.mitochondrii anche nelle ghiandole salivari delle zecche e questo potrebbe consentire la trasmissione delbatterio ad un ospite punto da una zecca. Dati preliminari in nostro possesso sembrerebbero indicare la pre-senza di questo batterio nel sangue di animali (cani e cavalli) particolarmente esposti alle zecche. Questopotrebbe aprire scenari del tutto nuovi nel campo delle malattie infettive.

Le ricerche condotte sulle principali filarie di interesse medico e veterinario hanno permesso di indivi-duare la costante presenza di un batterio simbionte che le nostre analisi molecolari hanno per la prima voltaconsentito di attribuire al genere Wolbachia. I batteri simbionti appartenenti a questo genere sono presentinelle più importanti filarie di interesse veterinario come Dirofilaria immitis e nelle principali filarie linfati-che e oculari che attualmente colpiscono oltre 300 milioni di persone. Il rapporto tra il procariote e la filariaospite è di tipo obbligato e le nostre immagini ultrastrutturali hanno per la prima volta messo in evidenzache l’azione batteriostatica, esercitata sui batteri simbionti del trattamento antibiotico, ha una drammaticaricaduta sulla filaria ospite dove provoca il blocco delle embriogenesi e la successiva morte della filariastessa. Questi dati hanno prodotto una ricaduta di notevole importanza applicativa. Infatti i protocollidei trattamenti della filariosi responsabili della “cecità dei fiumi” (Onchocerca volvolus) e dell’elefantiasi(Wuchereria bancrofti) prevedono da alcuni anni anche il trattamento antibiotico.

Un approccio con finalità decisamente applicativa del rapporto simbiotico è invece quello che recente-mente ci ha portato ad indagare sui simbionti obbligati dei vettori malarici. Le ricerche in questo settorehanno prodotto risultati preliminari incoraggianti. E’ stato infatti possibile dimostrare che il più impor-tante vettore della malaria in Asia, cioè Anopheles stephensi, vive in rapporto simbiotico obbligato conuna particolare popolazione batterica presente nel canale digerente. L’analisi molecolare ci ha permessodi attribuire tali batteri al genere Asaia e questa è la prima segnalazione della presenza di questo genereall’interno di un insetto. Su questo procariote è stato costruito un programma sperimentale seguendo icriteri della Paratransgenesi. Il programma ha coinvolto quattro sedi universitarie (Pavia, Milano, Torinoe Camerino) e ha prodotto i seguenti risultati: 1) i batteri del genere Asaia possono essere trasferiti consuccesso da A. stephensi ai terreni di coltura; 2) questi batteri possono essere modificati geneticamente (adesempio marcati con la proteina Gfp; 3) i batteri Gfp si possono reimpiantare con successo in A. stephensi,dove si collocano in modo stabile nell’intestino e nelle ghiandole salivari. Dai risultati sopra esposti risultapossibile inserire Asaia in un programma di Paratransgenesi avente come scopo il controllo dei Plasmodimalarici. Grande importanza viene infine attribuita al fatto che Asaia è stata da noi trovata anche nelle viedeferenti dell’apparato riproduttore maschile e questo comporterebbe la possibilità di una sua trasmissionediretta alla progenie per via paterna.

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