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CAP. I L’IMPRENDITORE 1. IL SISTEMA LEGISLATIVO. IMPRENDITORE E IMPRENDITORE COMMERCIALE Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attività economiche ruota intorno alla figura dell’imprenditore. Ma la disciplina non è identica per tutti gli imprenditori. Il c.c. distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri: 1 in base all’ oggetto dell’impresa, si distingue fra imprenditore agricolo e imprenditore commerciale; 2 in base alla dimensione dell’impresa, si distingue fra piccolo imprenditore e imprenditore medio-grande; 3 in base alla natura del soggetto che esercita l’impresa, si distingue fra impresa individuale, società e impresa pubblica. Il c.c. detta innanzitutto un corpo di norme applicabile a tutti gli imprenditori, detto statuto generale dell’imprenditore. Comprende la disciplina dell’azienda, dei segni distintivi, della concorrenza e dei consorzi e di alcuni contratti. Poi, detta lo statuto dell’imprenditore commerciale che disciplina l’iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale, la rappresentanza commerciale, le scritture contabili, il fallimento e le procedure concorsuali. Nel sistema del c.c. la qualifica di imprenditore agricolo e piccolo imprenditore ha rilievo solo al fine di delimitare l’ambito di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale. Infatti, imprenditore agricolo e piccolo imprenditore (anche commerciale) sono esonerati dalla tenute delle scritture contabili, dall’assoggettamento alle procedure concorsuali, mentre è stato esteso ad essi l’obbligo dell’iscrizione nel registro delle imprese. Anche la distinzione fra impresa individuale, società e impresa pubblica rileva essenzialmente al fine di definire l’ambito di applicazione dello statuto dell’imprenditore commerciale. Infatti, le società commerciali ( diverse dalla s.s.) sono tenute all’iscrizione nel registro delle imprese con effetti di pubblicità legale, anche se l’attività esercitata non è commerciale. (art. 2200) Con la riforma delle società del 2006 è stata soppressa la regola per cui le società non potevano essere mai considerate piccoli imprenditori; regola per cui le società erano sempre espose al fallimento se esercitavano attività commerciale. Gli enti pubblici che esercitano impresa commerciale sono sempre sottratti alla disciplina dell’imprenditore commerciale. In ogni caso non sono mai esposti al fallimento. In conclusione : lo statuto dell’imprenditore commerciale è statuto proprio dell’imprenditore privato commerciale non piccolo .

Campobasso Vol 1

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riassunto vol 1

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  • CAP. I LIMPRENDITORE

    1. IL SISTEMA LEGISLATIVO. IMPRENDITORE E IMPRENDITORE COMMERCIALE

    Nel nostro sistema giuridico la disciplina delle attivit economiche ruota intorno allafigura dellimprenditore. Ma la disciplina non identica per tutti gli imprenditori.Il c.c. distingue diversi tipi di imprese e di imprenditori in base a tre criteri:

    1 in base alloggetto dellimpresa, si distingue fra imprenditore agricolo eimprenditore commerciale;

    2 in base alla dimensione dellimpresa, si distingue fra piccolo imprenditore eimprenditore medio-grande;

    3 in base alla natura del soggetto che esercita limpresa, si distingue fra impresaindividuale, societ e impresa pubblica.

    Il c.c. detta innanzitutto un corpo di norme applicabile a tutti gli imprenditori, dettostatuto generale dellimprenditore. Comprende la disciplina dellazienda, dei segnidistintivi, della concorrenza e dei consorzi e di alcuni contratti.Poi, detta lo statuto dellimprenditore commerciale che disciplina liscrizione nel registrodelle imprese con effetti di pubblicit legale, la rappresentanza commerciale, le scritturecontabili, il fallimento e le procedure concorsuali.Nel sistema del c.c. la qualifica di imprenditore agricolo e piccolo imprenditore ha rilievosolo al fine di delimitare lambito di applicazione dello statuto dellimprenditorecommerciale. Infatti, imprenditore agricolo e piccolo imprenditore (anche commerciale)sono esonerati dalla tenute delle scritture contabili, dallassoggettamento alle procedureconcorsuali, mentre stato esteso ad essi lobbligo delliscrizione nel registro delleimprese.Anche la distinzione fra impresa individuale, societ e impresa pubblica rilevaessenzialmente al fine di definire lambito di applicazione dello statuto dellimprenditorecommerciale. Infatti, le societ commerciali ( diverse dalla s.s.) sono tenute alliscrizionenel registro delle imprese con effetti di pubblicit legale, anche se lattivit esercitata non commerciale. (art. 2200)Con la riforma delle societ del 2006 stata soppressa la regola per cui le societ nonpotevano essere mai considerate piccoli imprenditori; regola per cui le societ eranosempre espose al fallimento se esercitavano attivit commerciale.Gli enti pubblici che esercitano impresa commerciale sono sempre sottratti alla disciplinadellimprenditore commerciale. In ogni caso non sono mai esposti al fallimento.

    In conclusione : lo statuto dellimprenditore commerciale statuto propriodellimprenditore privato commerciale non piccolo.

  • 2. NOZIONE DI IMPRENDITORE

    Secondo l art. 2082 imprenditore chi esercita professionalmente unattivit economicaorganizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi.Tale concetto si richiama alla nozione economica di imprenditore, ma che non coincide conla nozione giuridica di imprenditore.La nozione economica descrive limprenditore come il soggetto che nel processoeconomico svolge una funzione intermediaria fra chi dispone di fattori produttivi e chidomanda prodotti e servizi. Nello svolgimento di tale funzione limprenditore coordina,organizza e dirige, secondo scelte tecniche ed economiche, il processo produttivo (funzione organizzativa ) assumendo su di s il rischio di impresa, cio il rischio che i costinon siano coperti da ricavi sufficienti.Il rischio di impresa giustifica il potere dellimprenditore di dirigere il processo produttivoe legittima lacquisizione da parte dello stesso delleventuale eccedenza dei ricavi sui costi (profitto ). E proprio nellintento di conseguire il massimo profitto si ravvisa il tipicomovente dellattivit imprenditoriale.I requisiti giuridici minimi necessari e sufficienti che devono sussistere perch un datosoggetto sia qualificato come imprenditore e sia esposto alla disciplina dellimprenditoresono stati fissati dal legislatore nell art. 2082.Dallart. 2082 si ricava che :

    1 limpresa attivit, cio una serie coordinata di atti unificati da una funzioneunitaria,

    2 tale attivit ha uno specifico scopo, cio la produzione o scambio di beni o servizi,3 tale attivit ha specifiche modalit di svolgimento, cio con organizzazione,

    economicit e professionalit.Si discute se siano altres indispensabili:

    1 che lintento dellimprenditore sia quello di ricavare dei profitti, scopo di lucro,2 che i beni o servizi prodotti o scambiati siano destinati al mercato,3 che lattivit svolta sia lecita.

    Questi requisiti sono rilevanti ai fini dellapplicazione delle norme di diritto privato, maaltri requisiti sono richiesti da altri settori dellordinamento nazionale ( es. diritto tributario) o dallordinamento comunitario.Non esiste, quindi, una sola nozione di impresa, ma vi sono pi nozioni di impresa.

    3. LATTIVITA PRODUTTIVA

    Limpresa attivit ( serie di atti coordinati ) finalizzata alla produzione o allo scambio dibeni o servizi. Quindi limpresa attivit produttiva. Per qualificare unattivit come produttiva irrilevante la natura dei beni o servizi prodottio scambiati ed il tipo di bisogno che essi vanno a soddisfare. impresa anche laproduzione di servizi di natura assistenziale, culturale o ricreativa.

  • Inoltre irrilevante che lattivit produttiva possa qualificarsi nel contempo come attivitdi godimento o di amministrazione di determinati beni o del patrimonio del soggettoagente. Non impresa lattivit di mero godimento, cio lattivit che non d luogo allaproduzione di nuovi beni o servizi. Es. il proprietario di immobili che ne gode dei fruttidandoli in locazione. attivit di godimento e produttiva quella di un proprietario di un fondo agricolo chedestini lo stesso a coltivazione, oppure di un proprietario di un immobile che adibisca lostesso ad albergo. In questi casi, la locazione accompagnata dallerogazione di servizicollaterali che eccedono il mero godimento del bene. attivit di godimento o amministrazione del proprio patrimonio e attivit di produzionelimpiego di proprie disponibilit finanziarie nella compravendita di strumenti finanziaricon intenti di investimento, speculazione o concessione di finanziamento. Quindi, sonoimprese commerciali le societ di investimento e le societ finanziarie.Sono imprese commerciali anche le holding, cio le societ che hanno per oggettoesclusivo lacquisto e la gestione di partecipazioni di controllo in altre societ, con funzionedi direzione, di coordinamento e di finanziamento della loro attivit.

    4. LORGANIZZAZIONE

    Non concepibile unattivit senza programmazione e coordinamento della serie di atti incui essa si sviluppa, ossia priva di organizzazione. Non concepibile attivit di impresasenza limpiego coordinato di fattori produttivi (capitale e lavoro) propri e/o altrui.La funzione organizzativa dellimprenditore si concretizza nella creazione di un apparatoproduttivo stabile e complesso, formato da persone e da beni strumentali, ossia di unattivit organizzata. Affinch unattivit produttiva possa dirsi organizzata in forma di impresa non necessario :

    4 che la funzione organizzativa dellimprenditore abbia per oggetto anche altruiprestazioni lavorative autonome o subordinate. imprenditore anche chi operautilizzando solo il fattore capitale e il proprio lavoro, senza avvalersi del lavoroaltrui.

    5 che lattivit organizzativa dellimprenditore si concretizzi nella creazione di unapparato strumentale fisicamente percepibile ( beni strumentali). vero che non vipu essere impresa senza impiego e organizzazione di mezzi materiali, ma questipossono ridursi al solo impiego di mezzi finanziari. Ci che qualifica limpresa lutilizzazione di fattori produttivi ed il loro coordinamento da partedellimprenditore per un fine produttivo.

    In conclusione : la qualit di imprenditore non pu essere negata sia quando lattivit esercitata senza lausilio di collaboratori, sia quando il coordinamento degli altri fattori

  • produttivi non si concretizzi nella creazione di un complesso aziendale materialmentepercepibile.

    5. IMPRESA E LAVORO AUTONOMO

    Si posto il problema se si possa parlare di impresa anche quando il processo produttivosi fonda esclusivamente sul lavoro personale del soggetto agente, cio quando nonvengono utilizzati n lavoro altrui n capitale proprio o altrui, quindi manca la c.d.eteroorganizzazione . Il problema si pone, quindi, per i prestatori autonomi dopera manuale (elettricisti,idraulici, ecc.) o di servizi personalizzati ( mediatori, agenti di commercio).La semplice organizzazione a fini produttivi del proprio lavoro non pu essere considerataorganizzazione imprenditoriale e in mancanza di un minimo di eteroorganizzazione devenegarsi lesistenza di unimpresa, anche se piccola.Una parte della dottrina, invece, basandosi sullart. 2083, ritiene imprenditore anche chi silimita ad organizzare il proprio lavoro, senza impiegare n lavoro altrui n capitali. Matale tesi non condivisibile, in quanto la nozione di piccolo imprenditore non vuolindicare la superfluit di ogni forma di eteroorganizzazione. Lorganizzazione del lavoro dei propri familiari pur sempre organizzazione del lavoro altrui. E comunque, il requisito dellorganizzazione richiesto sia perlimprenditore che per il piccolo imprenditore, ma non per il lavoratore autonomo.In conclusione : un minimo di organizzazione di lavoro altrui o di capitale semprenecessario per aversi impresa, anche se piccola. In mancanza si avr lavoro autonomo nonimprenditoriale. Semplici lavoratori autonomi restano i prestatori dopera manuale(elettricisti, idraulici) o di servizi (mediatori, agenti), fin quando si limitano ad utilizzaremezzi materiali inespressivi, in quanto strumentali allo svolgimento di ogni attivit ostrettamente necessari allesplicazione delle proprie energie lavorative. Ossia, fin quandonon si supera la soglia della semplice autoorganizzazione del proprio lavoro; al di l sidiventa imprenditori.

    6. ECONOMICITA DELLATTIVITA

    Nellart. 2082 abbiamo visto che limpresa unattivit economica, dove attivit economica sinonimo di attivit produttiva, cio attivit rivolta alla produzione o allo scambio dibeni o servizi.Ma, nellart. 2082 leconomicit richiesta in aggiunta allo scopo produttivo dellattivit .Ci che qualifica unattivit economica non solo il fine (produttivo) cui essa indirizzata, ma anche il modo con cui essa svolta.Lattivit pu dirsi condotta con metodo economico quando tesa ad ottenere la coperturadei costi con ricavi ed assicurino lautosufficienza economica. Altrimenti si ha consumo enon produzione di ricchezza.

  • In conclusione : non perci imprenditore chi produca beni o servizi che vengono erogatigratuitamente o a prezzo politico, tale cio da far oggettivamente escludere la possibilit dicoprire i costi con i ricavi.

    7. LA PROFESSIONALITA

    Lultimo requisito richiesto dallart. 2082 il carattere professionale dellattivit.Professionalit significa esercizio abituale e non occasionale di una data attivitproduttiva. La professionalit non implica per che lattivit imprenditoriale debba esserenecessariamente svolta in modo continuato e senza interruzioni. Per le attivit stagionali sufficiente il costante ripetersi di atti di impresa secondo le cadenze periodiche di quel tipodi attivit.La professionalit non implica nemmeno che quella impresa sia lunica attivit o lattivitprincipale. possibile anche il contemporaneo esercizio di pi attivit di impresa da partedello stesso soggetto.Pu aversi impresa anche quando si opera per il compimento di un unico affare. Ilcompimento di un unico affare pu costituire impresa quando, per la rilevanza economica,implichi il compimento di operazioni molteplici e complesse e lutilizzo di un apparatoproduttivo idoneo ad escludere il carattere occasionale e non coordinato dei singoli attieconomici. La professionalit va accertata in base ad indici esteriori ed oggettivi. Non necessario chesi abbia reiterazione degli atti di impresa, che lattivit si sia gi protratta nel tempo. Indicedi professionalit pu essere anche la creazione di un complesso aziendale idoneo allosvolgimento di unattivit potenzialmente stabile e duratura. Altro professionalit e altro organizzazione. Infatti, si pu avere esercizio nonprofessionale di attivit organizzata, come previsto dallart. 2070 3 comma .

    8. ATTIVITA DI IMPRESA E SCOPO DI LUCRO

    Non c dubbio sul fatto che lo scopo che normalmente anima limprenditore larealizzazione del profitto e del massimo profitto consentito dal mercato. Ma ci si chiede selo scopo di lucro sia necessario e, quindi, si debba negare la qualit di imprenditore elapplicabilit della relativa disciplina quando ricorrano tutti i requisiti dellart. 2082 mamanchi lo scopo di lucro.La risposta negativa quando lo scopo lucrativo si intende come movente psicologicodellimprenditore, c.d. lucro soggettivo. Lo scopo di lucro soggettivo non pu ritenersi essenziale perch lapplicazione delladisciplina dellimpresa, volta a tutelare i terzi, deve basarsi su dati esteriori ed oggettivi.Essenziale solo che lattivit venga svolta secondo modalit oggettive astrattamente

  • lucrative, (lucro oggettivo). Irrilevante sia la circostanza che un profitto venga poirealmente conseguito, sia il fatto che limprenditore devolva integralmente a fini altruisticiil profitto conseguito. sufficiente che lattivit venga svolta secondo modalit oggettivetendenti al pareggio fra costi e ricavi (metodo economico) e non anche che le modalit digestione tendano alla realizzazione di ricavi eccedenti i costi (metodo lucrativo).La nozione di imprenditore unitaria, comprensiva sia dellimpresa privata siadellimpresa pubblica, art. 2093. Ci implica che requisito essenziale pu essereconsiderato solo ci che comune a tutte le imprese e a tutti gli imprenditori. Limpresa pubblica tenuta ad operare secondo criteri di economicit, ma non preordinata alla realizzazione di un profitto.Le societ, invece, sono tenute ad operare con metodo lucrativo e nel duplice senso chelattivit di impresa deve essere rivolta al conseguimento di utili, lucro oggettivo, e chelutile deve essere devoluto ai soci, lucro soggettivo.Nel caso particolare delle societ cooperative, essendo caratterizzata dallo scopomutualistico, si deve considerare pienamente rispondente alla legge e alla Costituzioneuna gestione dellimpresa mutualistica fondata su criteri di pura economicit e non tesaalla realizzazione di profitti. La recente disciplina delle imprese sociali, introdotta dal d.lgs. n. 155/2006, art. 3, vieta aquesto tipo di impresa di distribuire utili in qualsiasi forma ai soci, amministratori,partecipanti, lavoratori o collaboratori. Nel contempo, per, si richiede che esse svolganounattivit economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni oservizi, art. 1.In conclusione : requisito minimo essenziale dellattivit di impresa leconomicit dellagestione e non lo scopo di lucro. La qualit di imprenditore deve essere riconosciuta siaalla persona fisica sia agli enti di diritto privato (associazioni e fondazioni) con scopoideale o altruistico.

    9. IL PROBLEMA DELLIMPRESA PER CONTO PROPRIO

    Le imprese operano di regola per il mercato, cio destinano allo scambio i beni o serviziprodotti. Ma lart. 2082 non richiede la destinazione al mercato della produzione, quindi imprenditore anche limprenditore per conto proprio.Ma una parte della dottrina contraria vista la concezione economica dellimprenditorecome soggetto che svolge funzione intermediaria fra proprietari dei fattori produttivi econsumatori. Ci induce a ritenere che la destinazione allo scambio della produzione implicitamente richiesta dal carattere professionale dellattivit di impresa ovvero dallanatura economica della stessa o quanto meno dalla funzione di tutela dei terzi delladisciplina dellimpresa. Funzione di tutela che non avrebbe senso quando un soggettorisolve la propria attivit produttiva in se stesso senza entrare in contatto con i terzi.

  • In conclusione : limpresa per conto proprio non impresa, in quanto per lacquisto dellaqualit di imprenditore basta una destinazione parziale o potenziale della produzione almercato.Vi sono alcune ipotesi in cui non si pu parlare di imprese per conto proprio. Non impresa per conto proprio:

    6 la societ cooperativa che produce esclusivamente per i propri soci. La societcooperativa soggetto di diritto distinto dai suoi soci ed i soci fruiscono dei beniprodotti dalla societ in base a rapporti di scambio con la cooperativa;

    7 lazienda costituita dallo Stato o da altri enti pubblici per la produzione di beni oservizi da fornire dietro corrispettivo.

    Possono, invece, considerarsi imprese per conto proprio: 8 la coltivazione del fondo finalizzata al soddisfacimento dei bisogni dellagricoltore e

    della sua famiglia;9 la costruzione in economia, cio la costruzione di appartamenti non destinati alla

    rivendita.Il caso del coltivatore del fondo ci dimostra che non vi incompatibilit fra impresa perconto proprio ed economicit, dato che lattivit produttiva pu considerarsi svolta conmetodo economico anche quando i costi sono coperti da un risparmio di spesa o da unincremento del patrimonio del produttore. Inoltre, le esigenze di tutela dei terzi possonoricorrere anche rispetto allimpresa per conto proprio. Quindi, lapplicazione della disciplina dellimpresa non si pu far dipendere dalleintenzioni di chi produce, ma deve fondarsi esclusivamente sui caratteri oggettivi fissatidallart. 2082. Caratteri che possono ricorrere tutti anche quando i beni prodotti vengonoin fatto consumati o utilizzati dallo stesso produttore. Il costruttore in economia deve perci essere qualificato come imprenditore commerciale,cos come il coltivatore del fondo.

    10. IL PROBLEMA DELLIMPRESA ILLECITA

    Punto controverso se la qualifica di imprenditore debba essere riconosciuta ancheallattivit illecita, cio contraria a norme imperative ( norme che subordinano laccessoallattivit a concessione, autorizzazione o licenza, detta impresa illegale), allordinepubblico o al buon costume.Un attivit di impresa illecita pu dar luogo al compimento di una serie di atti leciti evalidi. Infatti, lilliceit del risultato globalmente perseguito dallimprenditore noncomporta di per s lilliceit della causa o delloggetto, art. 1418, dei singoli atti di impresa.I terzi creditori meritevoli di tutela possono esistere anche quando lattivit di impresa illecita, quindi chi esercita attivit commerciale illecita esposto al fallimento.Nel caso di impresa illegale, lillecito non impedisce lacquisto della qualit di

  • imprenditore con pienezza di effetti, ferme restando le conseguenti sanzioniamministrative e penali. Il titolare dellimpresa illegale esposto al fallimento.Nel caso di impresa immorale, cio di unattivit che abbia un oggetto illecito (es. trafficodi droga), al fine di tutelare i terzi estranei allillecito, si nega lesistenza di impresa.Questo, per il timore che il riconoscimento della qualit di imprenditore portiallapplicazione non solo delle norme che tutelano i creditori di un imprenditorecommerciale (fallimento), ma anche delle norme che tutelano limprenditore nei confrontidei terzi ( disciplina dellazienda, dei segni distintivi, della concorrenza sleale). In questicasi deve applicarsi il principio secondo cui da un comportamento illecito non possonomai derivare effetti favorevoli per lautore dellillecito o per chi ne stato parte. In conclusione : chi esercita attivit commerciale illecita imprenditore ed in quanto talepotr fallire. Non potr per avanzare le pretese del titolare di unazienda o agire inconcorrenza sleale contro altri imprenditori, in applicazione del principio della noninvocabilit della qualificazione per la non invocabilit del proprio illecito.La stessa regola vale anche per limpresa illegale e per limpresa mafiosa, cio per quellaimpresa, che pur avendo un oggetto lecito, lo strumento per il perseguimento di undisegno criminoso.

    11. IMPRESA E PROFESSIONI INTELLETTUALI

    Esistono delle attivit produttive per le quali la qualifica imprenditoriale esclusa in via diprincipio dal legislatore, come per le professioni intellettuali. I liberi professionisti non sono mai in quanto tali imprenditori. Infatti lart. 2238, 1comma, stabilisce che le disposizioni in tema di impresa si applicano alle professioniintellettuali solo se lesercizio della professione costituisce elemento di unattivit organizzata informa di impresa. I liberi professionisti, ma anche gli artisti e gli inventori, diventano imprenditori solo se edin quanto la professione intellettuale esplicata nellambito di altra attivit di per squalificabile come impresa. Ad es. il medico che gestisce una clinica privata, lartista titolare di un teatro nel qualerecita, ecc. In questi casi si in presenza di due casi: lattivit intellettuale e lattivit diimpresa, perci troveranno applicazione nei confronti dello stesso soggetto sia ladisciplina dettata per la professione intellettuale sia la disciplina dellimpresa.Il professionista intellettuale o lartista che si limita a svolgere la propria attivit, percontro, non diventa mai imprenditore. E, non lo diventa, non solo quando superi la sogliadellautoorganizzazione del proprio lavoro, ma anche quando si avvale di collaboratori edi un complesso apparato di mezzi materiali, dando vita cos ad unorganizzazionecomplessa di capitale e/o lavoro (Relazione al codice civile).Al professionista intellettuale che impieghi collaboratori, pur non diventandoimprenditore, si applicano le norme che disciplinano il lavoro nellimpresa, ma non la

  • restante parte.Questa scelta legislativa si giustificata dal fatto che nellattivit intellettualemancherebbero sempre e comunque luno o laltro dei requisiti richiesti dallart. 2082.Tuttavia, i requisiti propri dellattivit di impresa possono ricorrere tutti anchenellesercizio delle professioni intellettuali. Infatti, lattivit professionale attivitproduttiva di servizi suscettibili di valutazione economica, unattivit condotta conmetodo economico e a scopo di lucro. In conclusione : i professionisti non sono imprenditori per libera opzione del legislatore.In pratica non sempre agevole stabilire se unattivit costituisce professione intellettuale.Per tale distinzione si deve tener conto non della iscrizione in albi professionali (criterioformale), ma del carattere intellettuale dei servizi prestati (criterio sostanziale).

    CAP. II LE CATEGORIE DI IMPRENDITORI

    a) IMPRENDITORE AGRICOLO E IMPRENDITORE COMMERCIALE

    1. IL RUOLO DELLA DESTINAZIONE

    Il codice civile distingue, in base all oggetto, gli imprenditori in :1 imprenditore commerciale, art. 2195;2 imprenditore agricolo, art. 2135.

    Limprenditore commerciale destinatario di unampia ed articolata disciplina fondata su:3 lobbligo di iscrizione nel registro delle imprese, con funzione di pubblicit legale;4 lobbligo di tenuta delle scritture contabili;5 lassoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali.

    La nozione di imprenditore agricolo ha valore essenzialmente negativo. Ha la funzione di

  • restringere lambito di applicazione della disciplina dellimprenditore commerciale. Limprenditore agricolo sottoposto alla disciplina prevista per limprenditore in generaleed esonerato da:

    6 la tenuta delle scritture contabili, art. 2214;7 lassoggettamento alle procedure concorsuali, art. 2221;

    Originariamente limprenditore agricolo era esonerato anche dalliscrizione nel registrodelle imprese, tranne per le societ agricole, art. 2136. Poi, lobbligo di iscrizione nel registro delle imprese, stato introdotto dalla riforma del1993, con funzione di pubblicit notizia, art. 8 legge 580/1993 e, la recente riforma ne hastabilito la funzione di pubblicit legale, art. 2 d.lgs. 228/2001, cos come previsto per gliimprenditori commerciali.Si discute sul fatto se si debba ammettere una terza categoria di imprese , le imprese civili.Imprese, non menzionate dal legislatore e che non possono qualificare n comecommerciali, n come agricoli. Perci, tale imprese sarebbero da sottoporre alla disciplinagenerale dellimprenditore, ma non a quella dellimprenditore commerciale.

    2. LIMPRENDITORE AGRICOLO LE ATTIVITA AGRICOLE ESSENZIALI.

    Lart. 2135 stabiliva: imprenditore agricolo chi esercita un'attivit diretta alla coltivazione delfondo, alla silvicoltura, all'allevamento del bestiame e attivit connesse. Si reputano connesse le attivit dirette alla trasformazione o all'alienazione dei prodotti agricoli,quando rientrano nell'esercizio normale dell'agricoltura.

    Le attivit agricole vengono distinti in due categorie:1 attivit agricole essenziali;2 attivit agricole connesse.

    Questa distinzione stata mantenuta anche dalla nuova nozione di imprenditore agricolo.Lart. 1 del d.lgs n. 228/2001 ridefinisce la nozione di imprenditore agricolo, sostituendolart. 2135 del c.c. :

    "E' imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attivit: coltivazione del fondo,selvicoltura, allevamento di animali e attivit connesse.Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e per allevamento di animali si intendono le attivitdirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, dicarattere vegetale o animale, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci,salmastre o marine.Si intendono comunque connesse le attivit, esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, direttealla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione cheabbiano ad oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco odall'allevamento di animali, nonch le attivit dirette alla fornitura di beni o servizi mediantel'utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell'azienda normalmente impiegatenell'attivit agricola esercitata, ivi comprese le attivit di valorizzazione del territorio e del

  • patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione ed ospitalit come definite dalla legge".2. Si considerano imprenditori agricoli le cooperative di imprenditori agricoli ed i loro consorziquando utilizzano per lo svolgimento delle attivit di cui all'articolo 2135 del codice civile, comesostituito dal comma 1 del presente articolo, prevalentemente prodotti dei soci, ovvero fornisconoprevalentemente ai soci beni e servizi diretti alla cura ed allo sviluppo del ciclo biologico.

    Coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame sono attivit tipicamentee tradizionalmente agricole, ma che negli ultimi decenni hanno subito profondetrasformazioni, a causa del progresso tecnologico che ha coinvolto anche lagricoltura e chelha trasformata in unagricoltura industrializzata. Oggi, lattivit agricola pu dar luogo ad investimenti ingenti di capitali e ci pu fardubitare sulla correttezza della loro disciplina. Che limprenditore agricolo sia sempre ecomunque esonerato dalla disciplina dellimprenditore commerciale una sceltalegislativa che d luogo a molti contrasti. necessario infatti stabilire fino a che puntolevoluzione tecnologica dellagricoltura sia compatibile con la qualificazione agricoladellimpresa agli effetti del c.c.Vi era, infatti, chi riteneva che impresa agricola fosse ogni impresa che produce specievegetali o animali, cio ogni forma di produzione fondata sullo svolgimento di un ciclobiologico naturale. Poi, vi era chi riteneva che doveva essere dato rilievo anche al modo di produzione tipicodellagricoltore e, quindi, che doveva essere qualificato imprenditore commerciale chiproduce specie animali o vegetali in modo del tutto svincolato dal fondo agricolo o dallosfruttamento della terra (coltivazioni artificiali e allevamenti in batteria). La recente riforma ha per optato per la prima impostazione, al fine di contrastarelabbandono dalle campagne e di favorire lo sviluppo tecnologico dellagricoltura, ma chenon giustifica la sottrazione al fallimento dellimprenditore agricolo medio - grande. Lattuale nozione di imprenditore agricolo, dopo aver elencato le attivit svoltedallimprenditore agricolo, specifica che: Per coltivazione del fondo, per selvicoltura e perallevamento di animali si intendono le attivit dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclobiologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o animale, che utilizzano opossono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre o marine. In base a questa nuova nozione si deve perci ritenere che la produzione di specie vegetalio animali sempre qualificabile giuridicamente come attivit agricola essenziale, anche serealizzata con metodi che prescindono del tutto dallo sfruttamento della terra e dei suoiprodotti.Quindi si possono far rientrare nella nozione di coltivazione del fondo: lorticoltura, lecoltivazioni in serra e vivai e la floricoltura. Sono coltivazioni anche le coltivazioni fuoriterra di ortaggi e frutta. Quanto alla selvicoltura, lattivit di cura del bosco per ricavarne i relativi prodotti. Noncostituisce perci attivit agricola lestrazione di legname disgiunta dalla coltivazione delbosco.

  • Nellallevamento di animali, il criterio del ciclo biologico, porta a riconoscere come attivitagricola essenziale anche la zootecnia svolta fuori dal fondo o utilizzando il fondo perallevamenti in batteria, oppure allevamenti in cui gli animali sono alimentati con mangiminaturali non ottenuti dal fondo. Rimane attivit commerciale lacquisto di animali allingrosso per rivenderli.Per allevamento di animali deve intendersi sia lallevamento diretto ad ottenere prodottitipicamente agricoli (carne, latte, lana), sia lallevamento di cavalli da corsa o animali dapelliccia, l allevamento dei cani (attivit cineteca) e lallevamento di gatti. La sostituzione nella nuova nozione del termine bestiame col termine animali,qualifica come impresa agricola anche lallevamento di animali da cortile e lapicoltura. attivit agricola anche l acquacoltura (pesci e mitili).Allimprenditore agricolo (essenziale) equiparato limprenditore ittico, ciolimprenditore che esercita lattivit professionale diretta alla cattura o alla raccolta diorganismi acquatici in ambienti marini, salmastri o dolci, nonch attivit connesse.

    3. LIMPRENDITORE AGRICOLO LE ATTIVITA AGRICOLE PER CONNESSIONE

    La seconda categoria di attivit agricole sono le attivit agricole connesse.La vecchia nozione di imprenditore agricolo le individuava:

    8 in quelle dirette alla trasformazione o allalienazione di prodotti agricoli cherientravano nellesercizio normale dellagricoltura;

    9 in tutte le altre attivit esercitate in connessione con la coltivazione del fondo, lasilvicoltura e lallevamento del bestiame (es. agriturismo, trebbiatura, motoaraturaper conto terzi).

    La nuova nozione intende per attivit connesse:10 le attivit dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione,

    commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente daunattivit agricola essenziale;

    11 le attivit dirette alla fornitura di beni o servizi mediante lutilizzazione prevalentedi attrezzature o risorse normalmente impiegate nellattivit agricola esercitata,comprese quelle di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale ele attivit agrituristiche.

    Entrambe sono, oggettivamente, attivit commerciali, ma sono considerate per leggeattivit agricole quando sono esercitate in connessione con una delle attivit agricoleessenziali. importante precisare quando unattivit intrinsecamente commerciale possa qualificarsicome agricola per connessione. Ci sono due condizioni necessarie:1 necessario che il soggetto che la esercita sia gi qualificabile imprenditore agricolo in

    quanto svolge in forma di impresa una delle tre attivit agricole tipiche e sia unattivitcoerente con quella connessa, connessione soggettiva.

  • imprenditore commerciale chi trasforma o commercializza prodotti agricoli altrui o ilviticultore che produce formaggi (quindi un prodotto fuori dal proprio campo). Mentre imprenditore agricolo il viticoltore che produce vino. La qualifica di imprenditore agricolo estesa anche alle cooperative di imprenditoriagricoli ed ai loro consorzi, quando utilizzano prevalentemente prodotti dei soci,ovvero forniscono prevalentemente ai soci beni o servizi diretti alla cura o allosviluppo del ciclo biologico.

    2 necessario che vi sia una connessione oggettiva fra le due attivit. Non si richiede pi che le attivit di trasformazione e alienazione dei prodotti agricolirientrino nellesercizio normale dellagricoltura, n che le attivit connesse diverse daqueste abbiano carattere accessorio. Entrambi questi criteri sono stati sostituiti dalcriterio della prevalenza. Necessario e sufficiente solo che si tratti di attivit aventi adoggetto prodotti ottenuti prevalentemente dallesercizio dellattivit agricola essenziale,ovvero di beni o servizi forniti mediante lutilizzazione prevalente di attrezzature orisorse dellazienda agricola. In breve: sufficiente che le attivit connesse non prevalgano, per rilievo economico,sullattivit agricola essenziale. del tutto irrilevante che una determinata attivit di trasformazione o dicommercializzazione sia normale per gli agricoltori in relazione alle dimensionidellimpresa, alla localit ed al tempo in cui limpresa opera e ai mezzi di cui si avvale.

    4. LIMPRENDITORE COMMERCIALE

    Secondo lart. 2195 c.c,.1 comma, sono imprenditori commerciali gli imprenditori cheesercitano: 1. un'attivit industriale diretta alla produzione di beni o di servizi; dar vita ad impresa

    commerciale ogni attivit di impresa nel settore della produzione che sia qualificabilecome attivit industriale;

    2. un'attivit intermediaria nella circolazione dei beni; impresa commerciale ogni attivit discambio che realizzi intermediazione nella circolazione di beni o servizi;

    3. un'attivit di trasporto per terra, o per acqua o per aria; le imprese di trasporto producendoservizi pu essere considerata specificazione dellattivit produttiva di servizi, indicatanel primo punto dellart. 2195;

    4. un'attivit bancaria o assicurativa; limpresa bancaria ha per oggetto tipico la raccolta delrisparmio tra il pubblico e lesercizio del credito; perci, lattivit bancaria, in sostanza, attivit di intermediazione nella circolazione del danaro; anche limpresa diassicurazione produce servizi;

    5. altre attivit ausiliarie delle precedenti; in questa categoria rientrano le imprese:1 di agenzia (art. 1742), 2 di mediazione (art. 1754) ,

  • 3 di deposito (art. 1787), 4 di commissione (art. 1731),5 di spedizione (art. 1737),6 di pubblicit commerciale, 7 di marketing.Tutte imprese che possono qualificarsi come imprese produttrici di servizi.

    Le attivit degli ultimi tre punti, costituiscono specificazione delle prime due categorie edin queste possono essere ricomprese in quanto hanno per oggetto o la produzione diservizi o lintermediazione nella circolazione. Perci, gli elementi che individuano edistinguono limpresa commerciale rispetto allimpresa agricola sono tutti racchiusi nelcarattere industriale dellattivit di produzione dei beni o servizi o nel carattereintermediario dellattivit di scambio.

    5. IL PROBLEMA DELL IMPRESA CIVILE

    Oltre alla categoria delle imprese commerciali e alla categoria delle imprese agricole possibile individuare una terza categoria, la categoria delle imprese civili, anche se nonprevista da alcuna norma.Limprenditore civile, non essendo n commerciale n agricolo, sottoposto solo allostatuto generale dellimprenditore, ma non a quello dellimprenditore commerciale. Percinon sottoposto a fallimento.Se si ritiene che il requisito dellindustrialit debba essere inteso nel suo significatotecnico-economico, ossia di attivit che implichi limpiego di materie prime e la lorotrasformazione in nuovi beni a d opera delluomo, si dovrebbero considerare impresecivili e non commerciali:3 le imprese che producono beni senza trasformare materie prime, come le imprese

    minerarie e le imprese di caccia e pesca;4 le imprese che producono servizi senza trasformare materie prime e che non siano

    imprese produttrici ricompresse nellart. 2195, come le imprese di pubblici spettacoli,agenzie matrimoniali, investigative;

    Pi in generale, sarebbero imprese civili tutte le imprese ausiliarie di attivit noncommerciali.Inoltre, visto che attivit di intermediazione nella circolazione presuppone sia lacquistosia la vendita, sarebbe imprenditore civile chi vende beni propri dietro corrispettivo olimprenditore che eroga credito con mezzi propri (impresa finanziaria) e che perci nonesercita attivit bancaria. Tale teoria per non condivisa dalla dottrina prevalente, in quanto questa parte delladottrina ritiene che il significato al requisito dellindustrialit e dellintermediazione sia unaltro. Ritengono, infatti, che il significato di attivit industriale significhi attivit

  • agricola e attivit di intermediazione significhi attivit di scambio.Si arriva perci alla conclusione che lart. 2195 va letto come se dicesse che attivitcommerciale quella diretta alla produzione di beni o servizi non agricoli (n.1) e quella rivolta allacircolazione di beni non qualificabile come agricola per connessione (n.2). Quindi, imprenditorecommerciale ogni imprenditore non agricolo, dato che le altre categorie previste dallart. 2195sono tutte specificazioni delle prime due. Per le imprese civili non c spazio.Vi per una serie di altri indici che depone contro lammissibilit delle imprese civili:5 non vi alcuna disposizione che possa far pensare allesistenza di imprese diverse da

    quelle agricole e commerciali;6 vi sono norme che confermano che per il legislatore il binomio agricolo - commerciale

    esaurisce la tipologia delle imprese in base alloggetto dellattivit;7 vi sono norme che rendono plausibile linterpretazione dellaggettivo industriale nel

    senso di non agricolo. Infine, ammettendo la categoria delle imprese civili si amplierebbe larea delle attivitproduttive sottratte allo statuto dellimprenditore commerciale, senza che vi sia unagiustificazione sostanziale. Queste considerazioni fanno propendere per una ricostruzione del sistema che non lascivuoti fra limprenditore agricolo e quello commerciale.In conclusione: perci preferibile interpretare il requisito della industrialit comesinonimo di attivit non agricola, e quindi si devono qualificare come imprese commercialianche quelle che producono beni o servizi senza dar luogo a trasformazione di materieprime.Altres, preferibile interpretare il requisito della intermediazione nella circolazione deibeni come sinonimo di attivit di scambio, perci sar impresa commerciale ogni attivitche comporti circolazione di beni non inquadrabile fra quelle agricole per connessione. Sar commerciale ogni attivit che non agricola.

    b) PICCOLO IMPRENDITORE. IMPRESA FAMILIARE

    6. IL CRITERIO DIMENSIONALE. LA PICCOLA IMPRESA

    La dimensione dellimpresa il secondo criterio di differenziazione della disciplina degliimprenditori, che individua la figura del piccolo imprenditore in contrapposizioneallimprenditore medio - grande.Il piccolo imprenditore sottoposto allo statuto generale dellimprenditore, invece, esonerato, anche se esercita attivit commerciale, dalla tenuta delle scritture contabili, art.2214, 3 comma, e, dallassoggettamento al fallimento e alle altre procedure concorsuali,art. 2221 e art. 1 legge fallimentare. Inoltre, mentre liscrizione era originariamente esclusa,art. 2202, ora ha funzione di pubblicit notizia, art. 8 legge n. 580 /1993.Anche la nozione di piccolo imprenditore ha, nel codice civile, un rilievo essenzialmente

  • negativo, ossia serve a restringere il campo di applicazione dello statuto dell imprenditorecommerciale. La piccola impresa o alcune figure di piccola impresa sono destinatarie di una ricca edarticolata disciplina, cio di una legislazione speciale, ispirata dalla finalit di favorirne lasopravvivenza e lo sviluppo attraverso agevolazioni finanziarie, lavoristiche e tributarie. Il piccolo imprenditore definito sia dal codice civile, sia dalla legge fallimentare.

    7. IL PICCOLO IMPRENDITORE NEL CODICE CIVILE

    L'art.2083 c.c. non era la sola norma a definire il piccolo imprenditore.Anche la leggefallimentare fissava una definizione di piccolo imprenditore.Una definizione che hacostituito un vero rompicaapo per gli interpreti ed stata due volte riformata dapprimacol d.lgs. 9-1-2006 e il d.lgs.12-9-2007 n.169.Per comprendere la nuova disciplina opportuno riepilogare le ragioni che avevano sollevato la vecchia.La versione originariadell'art.1, comma 2,l.fall.,nel ribadire che i piccoli imprenditori commerciali nonfalliscono,stabiliva:" sono considerati piccoli imprenditor, gli imprenditori esercentiun'attivit commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai finidell'imposta di ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimoimponibile.Quando mancato l'accertamento ai fini dell'imposta di ricchezza mobile, sonoconsiderati piccoli imprenditori esercenti un'attivit commerciale nella cui azienda risultaessere stato investito un capitale non superiore a lire novecentomila.La stessa normafallimentare disponeva poi che "in nessun caso sono considerati ".Come si vede , nella legge faallimentare il piccolo imprenditore era individuatoesclusivamente in base a parametri monetari e quindi con criterio palesemente noncoincidente con quello fissato dal codice civile.Da qui la necessit di trovare uncoordinamento fra le due norme, per evitare di cadere nel paradosso di dovere nelcontempo riconoscere e negare allo stesso soggetto la qualit di piccolo imprenditore e aglistessi effetti.Di Per aversi piccola impresa perci necessario che:

    a. limprenditore presti il proprio lavoro nellimpresa;b. il suo lavoro e quello degli eventuali familiari che collaborano nellimpresa

    prevalgano sia rispetto al lavoro altrui sia rispetto al capitale (proprio o altrui)investito nellimpresa. Quindi, non mai piccolo imprenditore chi investe ingenticapitali nellimpresa, anche chi non si avvale di alcun collaboratore (es. gioielliere).La prevalenza del lavoro familiare sugli altri fattori produttivi deve intendersi insenso qualitativo - funzionale e non come prevalenza quantitativo aritmetica.

    8. IL PICCOLO IMPRENDITORE NELLA LEGGE FALLIMENTARE

    Anche la legge fallimentare fissa una definizione di piccolo imprenditore, modificata di

  • recente dal d.lgs. n. 5 del 09/01/2006.Lart. 1, 2 comma, della legge fallimentare, oltre a ribadire che i piccoli imprenditori nonfalliscono, stabilisce che Sono considerati piccoli imprenditori, gli imprenditori esercentiunattivit commerciale, i quali sono stati riconosciuti, in sede di accertamento ai fini dellimpostadi ricchezza mobile, titolari di un reddito inferiore al minimo imponibile. Quando mancatolaccertamento ai fini dellimposta di ricchezza mobile, sono considerati piccoli imprenditori gliimprenditori esercenti unattivit commerciale nella cui azienda risulta essere stato investito uncapitale non superiore a lire novecentomila. La stessa norma fallimentare disponeva poi che in nessun caso sono considerati piccoliimprenditori le societ commerciali. Nella legge fallimentare, il piccolo imprenditore era individuato esclusivamente in base aparametri monetari e quindi con criterio palesemente non coincidente con quello fissatodal codice civile (prevalenza funzionale del lavoro familiare). Da qui la necessit di trovare un coordinamento fra le due norme, per evitare di dover nelcontempo riconoscere e negare allo stesso soggetto la qualit di piccolo imprenditore e aglistessi effetti.Di dovergliela riconoscere e quindi esentarlo dal fallimento in baseall'art.2083, per la chiara prevalenza nell'impresa del lavoro familiare.Di dovergliela nelcontempo negare e dichiararlo fallito, perch titolare di un reddito R.M. superiore a lire480.000 ,o perch aveva investito nell'azienda un capitale superiore a lire 900.000.Questorebus, di non facile soluzione, era tuttavia venuto meno per effetto di due modificheintervenute nel sistema normativo:

    a. limposta di ricchezza mobile stata soppressa a partire dal 1 gennaio 1974,sostituita dall IRPEF. Il criterio del reddito fissato dalla legge fallimentare nonera pi applicabile, per implicita abrogazione della relativa previsionenormativa;

    b. il criterio del capitale investito non superiore a lire novecentomila fu dichiaratoincostituzionale nel 1989, in quanto non pi idoneo vista la svalutazionemonetaria.

    Della nozione originaria data dalla legge fallimentare sopravviveva solo la parte secondocui in nessun caso erano considerati piccoli imprenditori le societ commerciali. Ma, anche,questa parte di norma non era pi salda, visto che la Corte Costituzionale avevamanifestato lorientamento che esso non trovasse applicazione nei confronti delle societartigiane.Se la parziale abrogazione della definizione della legge fallimentare aveva risolto alcuniproblemi interpretativi il permanere in vigore della sola definizione del codice civile dipiccolo imprenditore creava per non trascurabili inconvenienti pratici in sede didichiarazione di fallimento. Accertare in concreto la prevalenza del lavoro familiare suglialtri fattori produttivi non sempre agevole, con gravi conseguenze del fallimento per ilfallito e per i terzi suscitava insoddisfazione.

  • Per queste ragioni, la riforma del diritto fallimentare del 2006,a sua volta modificata daldecreto correttivo del 2007,ha reintrodotto nellart. 1, 2 comma, legge fallimentare, unadefinizione di piccolo imprenditore basata su criteri esclusivamente quantitativi emonetari. In primo luogo, la nuova disposizione fallimentare,perci non definisce pi chi " il piccolo imprenditore", ma semplicemente individua alcuni parametri dimensionalidell'impresa, al di sotto dei quali l'imprenditore commerciale non fallisce.Si voluto cosporre (auspicabilmente ) un freno alle infinite dispute scaturite dall'esistenza di unaduplice definizione di piccolo impreditore.L'intervento correttivo del 2007 ha inoltrecercato di definire meglio le soglie dimensionali rilevanti,dato che la formulazioneintrodotta con la riforma del 2006 aveva adito a numerose incertezze e ad un eccessivoampliamento della categoria di imprenditori non fallibili.In base alla attuale disciplina, dunque, non soggetto a fallimento l'imprenditorecommerciale che dimostri il possesso congiunto dei seguenti requisiti:

    a. di aver avuto nei tre esercizi antecedenti la data di deposito dell'istanza difallimento( o dall'inizio dell'attivit se di durata inferiore), un attivopatrimoniale di ammontare complessivo annuo non superiore ad eurotrecentomila.

    b. di aver realizzato, in qualunque modo risulti, nei tre esercizi antecedenti la datadi deposito dell'istenza di fallimento (o dall'inizio dell'attivit se di duratainferiore),ricavi lordi per un ammontare complessivo annuo non superiore adeuro duecentomila;

    c. avere un ammontare di debiti anche non scaduti non superiore ad eurocinquecentomila .

    Tali valori possono essere aggiornati con cadenza triennale con decreto del Ministro dellagiustizia sulla base delle variazioni degli indici Istat dei prezzi al consumo, per adeguarlialla svaluztazione monetaria (art.1,3 comma).Basta aver superato anche solo uno degli indicati limiti dimensionali per essere esposti afallimento.E risolvendo un punto controverso, l'attuale disciplina pone l'onere della provadel loro rispetto a carico del debitore. A differenza che in passato, inoltre,anche le societcommerciali possono essere esonerate dal fallimento, se rispettano i limiti dimensionalisopra indicati.Si pensi, ad esempio,ad una societ in nome collettivo fra due modestimediatori.In base alla nuova formulazione della legge fallimentare si realizza dunque un migliorecoordinamento con la disciplina codicistica, nel senso di escludere ogni inteferenza con ladefinizione dell'art.2083 c.c. sull'applicazione della legge fallimentare.Non dovrebberosussistere pi dubbi la definizione di piccolo imprenditore che da il codice civile rilevainvece ai fini dell'applicazione della restante parte dello statuto dell'imprenditorecommerciale (iscrizione nel registro delle imprese,obbligo di tenuta delle scritturecontabili).

  • 9. LIMPRESA ARTIGIANA

    La piccola impresa e, soprattutto, la piccola impresa artigiana godono di una legislazionespeciale di ausilio e di sostegno. Tali leggi speciali spesso prevedono autonomi criteri diidentificazione delle imprese destinatarie, non coincidenti con quelli fissati dallart. 2083.Essendo definizioni dettate da leggi speciali esse non pongono alcun problema dicoordinamento con la nozione civilistica e fallimentare di piccolo imprenditore. Tuttavia,resta fermo che, per stabilire se un dato imprenditore esonerato dal fallimento in quantopiccolo imprenditore, si deve guardare solo al rispetto dei limiti dimensionali fissatidallart. 1, 2 comma, legge fallimentare. Questo principio subiva per fino a qualchetempo fa uneccezione per limpresa artigiana. La legge n. 860 del 25/07/1956 (legge sullartigianato) affermava espressamente allart. 1,1 comma, che limpresa rispondente ai requisiti fondamentali fissati nella stessa legge era daconsiderarsi artigiana a tutti gli effetti di legge, e quindi anche agli effetti civilistici efallimentari. La nozione speciale sostituiva perci quella del codice e della leggefallimentare. Il dato caratterizzante limpresa artigiana risiedeva nella natura artistica o usuale dei benio servizi prodotti e non pi nella prevalenza del lavoro familiare nel processo produttivo. La qualifica artigiana era riconosciuta anche alle imprese costituite in forma di societ,purch si trattasse di societ cooperative o in nome collettivo ed alla condizione che lamaggioranza dei soci partecipi personalmente al lavoro e, nellimpresa, il lavoro abbiafunzione preminente sul capitale, art. 3, 1 comma.Perci, le societ artigiane dovevano considerarsi esonerate dal fallimento. La legge n. 860/1956 stata abrogata dalla legge n. 443 del 08/08/1985, legge quadrosullartigianato. La nuova legge contiene una propria definizione dellimpresa artigiana, basata :

    a. loggetto dellimpresa, che pu essere costituito da qualsiasi attivit di produzionedi beni, anche semilavorati, o di prestazioni di servizi, sia pure con alcunelimitazioni ed esclusioni;

    b. sul ruolo dellartigiano nellimpresa, richiedendosi che esso svolga in misuraprevalente il proprio lavoro, anche manuale, nel processo produttivo, art. 2, 1comma, ma non che il suo lavoro prevalga sugli altri fattori produttivi.

    Continuano ad essere imposti limiti per quanto riguarda i dipendenti, ma il numeromassimo pi elevato rispetto alla legge del 1956. Ma, riaffermato il principio che ilpersonale dipendente deve essere personalmente diretto dallartigiano ed stabilito chelimprenditore artigiano pu essere titolare di una sola impresa artigiana, art. 3, 5 comma.La legge del 1985 riafferma altres la qualifica artigiana delle imprese costituite in forma disociet cooperativa o in nome collettivo, a condizione che la maggioranza dei soci, svolga inprevalenza lavoro personale, anche manuale, nel processo produttivo e che nellimpresa il lavoro

  • abbia funzione preminente sul capitale, art. 3, 2 comma.Inoltre, la qualifica di impresa artigiana stata successivamente estesa, dapprima allasociet a responsabilit limitata unipersonale ed alla societ in accomandita semplice,purch il socio unico o tutti i soci accomandatari siano in possesso dei requisiti previsti perlimprenditore artigiano e non siano nel contempo socio unico di unaltra s.r.l. o socio diunaltra s.a.s. (art. 3, 3 comma, legge n. 133/1997) e, recentemente, anche alla s.r.l.pluripersonale a condizione che la maggioranza dei soci svolga in prevalenza lavoropersonale, anche manuale, nel processo produttivo e detenga la maggioranza del capitalesociale e degli organi deliberanti della societ, art. 5, 3 comma, legge n. 57/2001.La categoria delle imprese artigiane risulta quindi notevolmente ampliata rispetto allalegge precedente. scomparso ogni riferimento alla natura artistica o usuale dei beni oservizi prodotti e si qualificano artigiane anche le imprese di costruzioni edili. Inoltre,lelevazione del numero dei dipendenti consente di conservare la qualifica artigiana ancheraggiungendo le dimensioni di una piccola industria di qualit. Limpresa artigiana si caratterizza anche per il rilievo del lavoro personaledellimprenditore nel processo produttivo e per la funzione preminente del lavoro sulcapitale investito, ma da nessuna norma della legge speciale invece consentito desumereche debba necessariamente ricorrere anche la prevalenza del lavoro proprio e deicomponenti della famiglia sul lavoro altrui e sul capitale investito. Perci, si deveconvenire che la legge quadro ha realizzato una frattura rispetto alla legge del 1956 epreclude ogni residua possibilit di ricondurre il nuovo modello di impresa artigiananellalveo della definizione codicistica di piccolo imprenditore. Lo scopo della legge quadro era quello di fissare i principi direttivi che dovrebbero essereosservati dalle regioni nellemanazione dei provvedimenti a favore dellartigianato, art. 1,2 comma.Il riconoscimento della qualifica artigiana in base alla legge quadro non basta per sottrarrelartigiano allo statuto dellimprenditore commerciale. necessario altres che siarispettato il criterio della prevalenza fissato dallart. 2083, ed i limiti dimensionali fissatidallart. 1, 2 comma, legge fallimentare. In mancanza, limprenditore sar artigiano ai finidelle provvidenze regionali, ma dovr qualificarsi imprenditore commerciale non piccoloai fini civilistici e/o del diritto fallimentare, quindi potr fallire. Non costituisce ostacoloalla dichiarazione di fallimento il riconosciuto carattere costitutivo delliscrizione nellalbodelle imprese artigiane, art. 5, dato che liscrizione non preclude allautorit giudiziaria diaccertare se effettivamente sussistano i presupposti per il riconoscimento della qualifica dipiccolo imprenditore. Secondo la giurisprudenza, limprenditore artigiano soggetto a fallimento quando perlorganizzazione e lespansione della sua azienda, egli abbia industrializzato la produzione,conferendo al suo guadagno, di regola modesto, i caratteri del profitto. Anche lesonero delle societ artigiane al fallimento si deve ritenere cessato. Oggi infatti,non pi possibile sostenere che la legislazione speciale in tema di artigianato configura

  • deroga ai principi fissati dalla legge fallimentare. E ci per due motivi 1)perch la legge del 1985 opera solo ai fini della normativa di agevolazione 2)perch la nuova disciplina fallimentare univoca nello stabilire che ai fini delladichiarazione di fallimento rileva solo la definizione di piccolo imprenditore che essastessa detta allart. 1, 2 comma.Ne consegue che una societ artigiana godr delle provvidenze di cui godono le altreimprese artigiane, ma in caso di dissesto fallir al pari di ogni altra societ che esercitaattivit commerciale, se supera i limiti dimensionali della piccola impresa.Non sostenibile che le imprese artigiane siano imprese civili e non commerciali perdifetto del requisito dellindustrialit. Oggi, come ieri, limprenditore artigiano non cheun piccolo industriale e quindi, giuridicamente, rientra nella categoria degli imprenditoricommerciali, infatti, alcune delle attivit esercitabili dallimpresa artigiana sonoespressamente ricomprese nellelenco delle attivit commerciali di cui allart. 2195 c.c. In conclusione: Al pari di ogni altro imprenditore commerciale, limprenditore artigianoindividuale e le societ artigiane saranno esonerate dal fallimento solo se in concretoricorrono i presupposti per poter essere qualificati piccoli imprenditori in base allart. 1, 2comma, legge fallimentare.

    10. LIMPRESA FAMILIARE

    impresa familiare limpresa nella quale collaborano (anche attraverso il lavoro nellafamiglia) il coniuge, i parenti entro il terzo grado (fino ai nipoti) e gli affini entro il secondogrado (fino ai cognati) dellimprenditore: c.d. famiglia nucleare. Limpresa familiare non va confusa con la piccola impresa. Pu aversi piccola impresasenza che sia impresa familiare e viceversa. Il legislatore ha voluto predisporre una tutela minima ed inderogabile del lavoro familiarenellimpresa, attraverso il riconoscimento per i membri della famiglia nucleare chelavorino in modo continuativo nella famiglia e nellimpresa determinati dirittipatrimoniali e amministrativi. Sul piano patrimoniale sono riconosciuti i seguenti diritti:

    a. diritto al mantenimento, secondo le condizioni patrimoniali della famiglia, anchese non dovuto ad altro titolo (come per i figli maggiorenni);

    b. diritto di partecipazione agli utili dellimpresa in proporzione alla quantit dellavoro prestato nellimpresa e nella famiglia;

    c. diritto sui beni acquistati con gli utili e sugli incrementi di valore dellazienda, anchedovuti ad avviamento, sempre in proporzione alla quantit ed alla qualit dellavoro prestato;

    d. diritto di prelazione sullazienda in caso di divisione ereditaria o di trasferimentodellazienda stessa.

    Sul piano gestorio previsto che le decisioni in merito alla gestione straordinaria

  • dellimpresa e su talune decisioni di particolare rilievo sono adottate, a maggioranza, daifamiliari che partecipano allimpresa stessa. Ciascun familiare ha diritto a un solo voto e chealle decisioni non prenda parte limprenditore in quanto destinatario della decisioneadottata dagli altri membri della famiglia.Le decisioni in merito alla gestione ordinaria rientrano nella competenza esclusivadellimprenditore e che nessun potere competa al riguarda agli altri familiari. La violazione da parte dellimprenditore dei poteri gestori ex lege riconosciuti ai familiarilo esporr al risarcimento dei danni eventuali nei loro confronti, ma non incider sullavalidit o sullefficacia degli atti compiuti, che saranno perci ugualmente validi neiconfronti dei terzi. previsto che il diritto di partecipazione:

    1 trasferibile solo a favore di altri membri della famiglia nucleare e con il consensounanime dei familiari gi partecipanti;

    2 inoltre liquidabile in danaro qualora cessi la prestazione di lavoro ed in caso dialienazione dellazienda.

    La disciplina dellimpresa familiare ha sollevato molti problemi interpretativi, sia perquanto riguarda i rapporti interni allimpresa, sia per quanto riguarda i rapporti con iterzi. Problemi condizionati dal fatto se limpresa familiare resti unimpresa individuale odia vita a unimpresa collettiva (societ, associazione non riconosciuta, associazione inpartecipazione). Oggi prevale la tesi secondo cui la disciplina delle prestazioni lavorativedei familiari dellimprenditore non altera la struttura individuale dellimpresa e non incidesulla titolarit dei beni aziendali, che restano di propriet esclusiva dellimprenditore.Accogliendo questa tesi, i diritti patrimoniali dei partecipanti allimpresa familiare vannoconcepiti come semplici diritti di credito nei confronti del familiare imprenditore. Limprenditore agisce nei confronti dei terzi in proprio e non quale rappresentantedellimpresa familiare, sicch solo a lui saranno imputati gli effetti degli atti posti in esserenellesercizio dellimpresa e solo lui sar responsabile nei confronti dei terzi delle relativeobbligazioni contratte.Infine, se limpresa commerciale (e non piccola) solo limprenditore sar eventualmenteesposto al fallimento.

    c) IMPRESA COLLETTIVA. IMPRESA PUBBLICA

    11. LIMPRESA SOCIETARIA

    Il terzo ed ultimo criterio di distinzione della disciplina delle imprese dato dalla naturagiuridica del soggetto titolare dellimpresa che distingue fra impresa individuale, impresasocietaria ed impresa pubblica.Le societ sono le forme associative tipiche, anche se non esclusive, previste dallordinamento per lesercizio collettivo di attivit di impresa. Esistono diversi tipi di societ

  • e la societ semplice utilizzabile solo per lesercizio di attivit non commerciali, mentre lealtre societ possono svolgere attivit commerciali ed agricole. Le societ diverse da quellasemplice sono dette societ commerciali e potranno essere imprenditori agricoli (societcommerciali con oggetto agricolo) o imprenditori commerciali (societ commerciali conoggetto commerciale) a seconda dell attivit esercitata. Lapplicazione alle societ commerciali degli istituti dellimprenditore commerciale seguealcune regole:

    a. Parte della disciplina propria dellimprenditore commerciale si applica allesociet commerciali qualunque sia lattivit svolta, come per lobbligo diiscrizione nel registro delle imprese, (art. 2136 e art. 2200), e per la tenuta dellescritture contabili. Resta invece fermo lesonero delle societ commerciali chegestiscono unattivit agricola dal fallimento e dalle altre procedure concorsuali,art. 2221 e art. 1, 1 comma, legge fallimentare. A seguito della riforma del diritto fallimentare del 2006, anche le societ possonoessere piccoli imprenditori, e tale societ sono esonerate anchessi dalleprocedure concorsuali, art. 1, 2 comma, legge fallimentare.

    b. Nelle societ in nome collettivo ed in accomandita semplice parte delladisciplina dellimprenditore commerciale trova poi applicazione solo o anchenei confronti dei soci a responsabilit illimitata: tutti i soci nella societ in nomecollettivo, i soci accomandatari nella societ in accomandita semplice.Trovano applicazione solo nei confronti dei soci le norme che regolano lesercizio di impresa commerciale da parte di un incapace. Trova applicazione anche nei confronti dei soci la sanzione del fallimento in

    quanto il fallimento della societ comporta automaticamente il fallimento deisingoli soci a responsabilit illimitata.

    12. LE IMPRESE PUBBLICHE

    Attivit di impresa pu essere svolta anche dallo Stato e dagli altri enti pubblici. Ai finidellapplicazione della disciplina dellimpresa tuttavia rilevante distinguere fra trepossibili forme di intervento dei pubblici poteri nel settore delleconomia.a. Lo stato o altro ente pubblico territoriale possono svolgere direttamente attivit di

    impresa avvalendosi di proprie strutture organizzative, prive di distinta soggettivit,ma dotate di una pi o meno ampia autonomia decisionale e contabile. In questi casilattivit di impresa per definizione secondaria ed accessoria rispetto ai fini istituzionalidellente pubblico. Si parla perci di imprese organo. Es. le aziende municipalizzate,e i monopoli di stato.Lart. 2093, per le imprese-organo, dispone che a tali enti si applicano le disposizionidel libro Quinto del codice civile, limitatamente alle imprese da essi esercitate e nellibro Quinto compresa la disciplina dellimpresa commerciale. Ma, sono salve le

  • diverse disposizioni di legge. Inoltre, gli enti titolari di imprese-organo sonoimplicitamente esonerati dalliscrizione nel registro delle imprese, in quanto previstasolo per gli enti pubblici che hanno per oggetto esclusivo o principale unattivitcommerciale, art. 2201. Infine sono esonerati dalle procedure concorsuali.

    b. La pubblica amministrazione pu dar vita anche ad enti di diritto pubblico il cuicompito istituzionale esclusivo o principale lesercizio di attivit di impresa. Questi entisono detti enti pubblici economici. Avevano tale veste giuridica molte banchepubbliche, enti statali ed enti a partecipazione statale. Dagli inizi degli anni 90 perquesti enti sono stati ristrutturati e con una serie di interventi legislativi sono statitrasformati in spa a partecipazione statale (privatizzazione formale) oppure in spa senzapartecipazione statale (privatizzazione sostanziale).Gli enti pubblici economici, che hanno per oggetto esclusivo o principale unattivit,sono sottoposti allo statuto generale dellimprenditore e, se lattivit commerciale,sono sottoposti anche allo statuto proprio dellimprenditore commerciale, con la solaeccezione dellesonero dal fallimento e dalle procedure concorsuali minori, sostituitidalla liquidazione coatta amministrativa o da altre procedure previste dalle leggispeciali. Secondo lart. 2201, sono obbligati alliscrizione al registro delle imprese.Se ne deve desumere che gli enti pubblici economici che svolgono attivit commercialeaccessoria sono sottoposti allo statuto generale dellimprenditore, nonch a tutte lerestanti norme previste per gli imprenditori commerciali, anche allobbligo di tenutadelle scritture contabili, per il quale manca un espressa norma di esonero. Ma vi anche una parte della dottrina che ritiene che lesonero dalliscrizione nelregistro delle imprese, per gli enti pubblici che esercitano attivit commerciale in viaaccessoria, debba essere interpretato come espressione di un pi generale principio diesonero di tali enti dalla disciplina dell imprenditore commerciale. Perci, agli entipubblici si applicherebbe solo lo statuto generale dellimprenditore , mentre sarebberointegralmente sottratti alla disciplina dellimprenditore commerciale, anche in assenzadi norme che dispongano ci espressamente. Ma questa teoria non pu esserecondivisa: sia per il generale richiamo di tutta la disciplina di diritto privato dellattivit di

    impresa operato dal 2 comma dellart. 2093 che prevede che agli enti pubblici noninquadrati nelle associazioni professionali si applicano le disposizioni del libro Quintolimitatamente alle imprese da essi esercitate;

    sia per il carattere eccezionale che si deve riconoscere allart. 2201 e allart. 2221 chesottraggono gli enti pubblici alla disciplina dellimpresa commerciale.

    c. Lo stato e gli enti pubblici possono infine svolgere attivit di impresa servendosi distrutture di diritto privato, in genere di societ con partecipazione pubblica,totalitaria, di maggioranza o di minoranza. In questo caso, limpresa si presentaformalmente come unimpresa societaria privata, come ogni altra societ, anche se leazioni o quote appartengono allo Stato o ad altro ente pubblico. Perci sono soggetti

  • allo statuto dellimprenditore come ogni altra societ.

    13. ATTIVITA COMMERCIALE DELLE ASSOCIAZIONI E DELLE FONDAZIONI

    Le associazioni, le fondazioni e, in generale, tutti gli enti privati con fini ideali o altruisticipossono svolgere attivit commerciale qualificabile come attivit di impresa. Affinch siabbia impresa, lattivit produttiva deve essere condotta con metodo economico e talemetodo pu ricorrere anche quando lo scopo perseguito sia ideale. Lesercizio di attivit commerciale da parte di tali enti, pur essendo sempre strumentalerispetto allo scopo istituzionale perseguito, pu costituirne anche loggetto esclusivo eprincipale. In tal caso lente acquista la qualit di imprenditore commerciale e resta espostoa tutte le relative conseguenze, compresa lesposizione al fallimento in caso di insolvenza,fatta eccezione per le associazioni qualificabili come imprese sociali.Ma pi frequente che lattivit commerciale presenti carattere accessorio rispetto allattivit ideale costituente loggetto principale dellente. Ma il carattere accessoriodellattivit commerciale non impedisce lacquisto della qualit di imprenditore, nonpotendosi eccepire che manchi il requisito della professionalit: la professionalit nonimplica che lattivit di impresa sia esclusiva o principale. Per tali enti non dettata alcunanorma specifica per quanto concerne lapplicazione dello statuto dellimprenditorecommerciale, perci essi acquistano la qualit di imprenditori commerciali con pienezza dieffetti anche se lattivit commerciale ha carattere accessorio o secondario. Quindi sarannoesposti anche al fallimento. Una parte minoritaria della dottrina e la giurisprudenza ritengono che la disciplina delleimprese commerciali non sia applicabile agli enti di diritto privato diversi dalle societ,quando lattivit di impresa abbia carattere accessorio. Ritengono che si debba applicare lostesso regime dettato per gli enti pubblici titolari di imprese organo.Si ritiene che lart. 2201 sia un principio generale valido per tutte le imprese collettive nonsocietarie. Quindi, le associazioni e le fondazioni, che esercitano attivit commerciale invia accessoria sarebbero esonerate dallintero statuto dell imprenditore commerciale. Ciosarebbero imprenditori, ma non imprenditori commerciali. Ma questa tesi non pu esserecondivisa per due motivi:

    1. lart. 2201 una norma eccezionale che trova fondamento nella strutturapubblicistica dellente, il che sufficiente per respingere lapplicazione ad enti didiritto privato quali lassociazione o la fondazione;

    2. lart. 2201 si limita a prevedere lesonero dalla registrazione e non pu essere intesocome esonero degli enti pubblici titolari di imprese organo dallintero statutodegli imprenditori commerciali. Tanto vero che per le procedure concorsuali dettata una espressa norma, lart. 2221.

    In conclusione: le associazioni e le fondazioni esercenti attivit commerciale in forma diimpresa diventano sempre e comunque imprenditori commerciali e restano esposte al

  • fallimento, senza possibilit di operare distinzioni in base al carattere principale oaccessorio dellattivit di impresa.Problema invece se il fallimento di unassociazione non riconosciuta comporti anche ilfallimento degli associati illimitatamente responsabili. Ma dalla formulazione dellart. 147, 1 comma, legge fallimentare, dallart. 9 del d.lgs.240/1991, desumibile che il fallimento di unimpresa collettiva senza scopo di lucro noncomporta il fallimento di chi risponde illimitatamente per le relative obbligazioni.

    14. LIMPRESA SOCIALE

    Lart. 1,1 comma, d.lgs. 155/2006 prevede che possono acquistare la qualifica di impresa socialetutte le organizzazioni private che esercitano in via stabile e principale unattivit economicaorganizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi di utilit sociale. Inoltre limpresa sociale non ha scopo di lucro. Limpresa sociale impresa in base allart.2082, perch espressamente tenuta ad operare con metodo economico. Nulla vieta,inoltre, che lesercizio dellattivit imprenditoriale produca un avanzo dei ricavi sui costi,detto avanzo di gestione. vietata solo lautodestinazione degli utili, che devono esseredestinati allo svolgimento dellattivit o allincremento del patrimonio dellente.Inoltre sul patrimonio grava un vincolo di indisponibilit, in quanto, n durante leserciziodellimpresa, n allo scioglimento, possibile distribuire fondi o riserve a vantaggio dicoloro che fanno parte dellorganizzazione: amministratori, partecipanti, lavoratori,collaboratori, art. 3, 2 comma, d.lgs. 155/2006. In caso di cessazione dellimpresa, il patrimonio residuo devoluto ad organizzazioni nonlucrative di utilit sociale, associazioni, comitati, fondazioni ed enti ecclesiastici, secondolart. 13, 3 comma, d.lgs. 155/2006. Lart. 13,1 comma, inoltre, stabilisce che lassenza di lucro venga preservato in caso dioperazioni di trasformazione, fusione e scissione cui partecipi limpresa sociale, o dicessione dellazienda.Le finalit di interesse generale dellimpresa sociale sono favorite dal legislatore con alcuniprivilegi.Il primo privilegio quello di potersi organizzare in qualsiasi forma di organizzazione privata. In particolare pu essere impiegato qualsiasi forma societaria anche se limpresa non hauno scopo lucrativo. Inoltre, pi imprese sociali possono formare fra loro un gruppo diimprese, holding.Invece, non possono avere la forma di imprese sociali, secondo lart. 1, 2 comma1) le amministrazioni pubbliche;2) le organizzazioni che erogano beni e servizi esclusivamente a favore dei propri soci,associati o partecipi.Limpresa sociale non un nuovo tipo di ente diverso da quelli gi previsti e regolatidallordinamento, bens una qualifica che gli enti di diritto privato possono assumere a

  • certe condizioni e che comporta lapplicazione di una disciplina speciale. Ne consegue che,ove non espressamente derogata, continuer a trovare applicazione la disciplina propriadellente che esercita limpresa sociale.Il secondo privilegio quello di poter limitare a certe condizioni la responsabilit patrimonialedei partecipanti, anche quando impiegata una forma giuridica che prevedrebbe laresponsabilit personale illimitata di costoro.Pi precisamente: se limpresa sociale dotata di un patrimonio netto di almeno ventimilaeuro, dal momento delliscrizione nel registro delle imprese risponde delle obbligazioniassunte soltanto lorganizzazione con il suo patrimonio. Qualora, per, il patrimoniodiminuisca per perdite di oltre un terzo (a meno di 13.333 euro), delle obbligazioni assuntene rispondono personalmente e solidalmente anche coloro che hanno agito in nome e perconto dellimpresa, ma non gli altri soci.Di fatto, la limitazione di responsabilit opera solo a vantaggio delle imprese sociali inbonis, ma cessa quando il patrimonio diventa insufficiente. Le imprese sociali sono soggette, anche, a delle regole speciali per quanto riguardalapplicazione degli istituti tipici dellimprenditore commerciale. Indipendentemente dallanatura agricola o commerciale dellattivit esercitata, esse:

    a. devono iscriversi in unapposita sezione del registro delle imprese, art. 5;b. devono redigere le scritture contabili, art. 10;c. in caso di insolvenza, sono assoggettate alla liquidazione coatta amministrativa,

    invece che a fallimento, art. 15.Le organizzazioni che intendono assumere la qualifica di impresa sociale devonocostituirsi per atto pubblico, osservando le disposizioni in merito allatto costitutivo.Latto costitutivo deve:

    1) determinare loggetto sociale, individuandolo fra le attivit di utilit socialericonosciute dalla legge;

    2) enunciare lassenza dello scopo di lucro;3) indicare la denominazione dellente, integrata dalla locuzione impresa sociale, art.

    7;4) fissare i requisiti e regole per la nomina dei componenti delle cariche sociali;5) disciplinare le modalit di ammissione ed esclusione dei soci, nel rispetto del

    principio della non discriminazione, art. 9;6) prevedere forme di coinvolgimento dei lavoratori e dei destinatari dell attivit di

    impresa nellassunzione delle decisioni che possono incidere direttamente sullecondizioni di lavoro e sulla qualit delle prestazioni erogate, art. 12. Devonoessere coinvolti anche i lavoratori volontari.

    7) prevedere una forma di controllo contabile affidato ad uno o pi revisori contabili,iscritti presso il registro del Ministero della Giustizia, ed una forma di controllodi legalit della gestione e del rispetto dei principi di corretta amministrazione, che riservato ad uno o pi sindaci.

  • A questi sindaci, che devono vigilare anche sullosservanza delle finalit socialidellimpresa, riconosciuto, in qualsiasi momento, il potere di ispezione econtrollo e di chiedere notizie agli amministratori.

    Le imprese sociali sono sottoposte anche a dei controlli esterni da parte del Ministero delLavoro, che pu procedere ad ispezioni. Il Ministero del Lavoro pu anche disporre la perdita della qualifica di impresa sociale indue circostanze:

    1. se rileva lassenza delle condizioni per il riconoscimento (natura di ente privato,attivit in settori di utilit sociale, assenza dello scopo di lucro, indipendenza daenti pubblici o imprese lucrative);

    2. se riscontra violazione della disciplina e, diffidati gli organi direttivi a porre fine aicomportamenti illegittimi, limpresa non ottempera entro un congruo termine.

    Ne consegue la cancellazione dellimpresa dal registro e lobbligo di devolvere ilpatrimonio ad enti non lucrativi determinati dallo statuto, art. 16, 4 comma.

    CAP. III LACQUISTO DELLA QUALITA DI IMPRENDITORE

    1. PREMESSA

    Lacquisto della qualit di imprenditore presupposto per lapplicazione ad un datosoggetto del complesso di norme che lordinamento ricollega a tale qualifica e, se lattivit commerciale, di quelle specificatamente dettate per limprenditore commerciale.Si diventa imprenditore commerciale, secondo lart. 2082, con lesercizio di attivit diimpresa. Per poter affermare che un soggetto diventato imprenditore necessario che leserciziodellattivit di impresa sia a lui giuridicamente riferibile, sia a lui imputabile. Lart. 2082 nulla dice in merito al momento in cui deve ritenersi iniziato leserciziodellimpresa, con conseguente acquisto della qualit di imprenditore. E nulla dice circa ilmomento finale dellattivit di impresa, con conseguente perdita della qualit diimprenditore.

    a) LIMPUTAZIONE DELLATTIVITA DI IMPRESA

    2. ESERCIZIO DIRETTO DELLATTIVITA DI IMPRESA

    Principio generale del nostro ordinamento che centro di imputazione degli effetti deisingoli atti giuridici posti in essere il soggetto e solo il soggetto il cui nome stato

  • validamente speso nel traffico giuridico. Solo costui obbligato nei confronti del terzocontraente. Questo criterio di imputazione degli effetti attivi e passivi degli atti negoziali, spendita delnome, risponde ad esigenze di certezza giuridica ed chiaramente enunciato in tema dimandato senza rappresentanza. Il mandatario un soggetto che opera nellinteresse di un altro soggetto e pu porre inessere i relativi atti giuridici sia spendendo il proprio nome (mandato senzarappresentanza, art. 1705) sia spendendo il nome del mandante, se questi gli ha conferito ilpotere di agire in suo nome, cio se gli ha conferito il potere di rappresentanza, mandatocon rappresentanza, art. 1704. Limputazione degli effetti degli atti posti in essere dal mandatario retta da principicontrapposti a seconda che il mandato sia o meno con rappresentanza, anche se inentrambi i casi il reale interessato il mandante:

    2 quando il mandatario agisce in nome del mandante, tutti gli effetti negoziali siproducono direttamente nella sfera giuridica del mandante, art. 1388;

    3 quando il mandatario agisce in proprio nome, secondo lart. 1705, acquista i diritti eassume gli obblighi derivanti dagli atti compiuti con i terzi, anche se questi hannoavuto conoscenza del mandato. I terzi non hanno alcun rapporto con il mandante.

    Quindi, il principio formale della spendita del nome, e non il criterio sostanziale dellatitolarit dellinteresse economico, che domina nel nostro ordinamento limputazione deisingoli atti giuridici e dei loro effetti. In conclusione: la qualit di imprenditore acquistata, con pienezze di effetti, dal soggettoe solo dal soggetto il cui nome speso nel compimento dei singoli atti di impresa. Diventa imprenditore colui che esercita personalmente lattivit di impresa compiendo innome proprio gli atti relativi. Non diventa imprenditore chi esercita laltrui impresa quando operi spendendo il nomedellimprenditore, per effetto del potere di rappresentanza conferitogli dallimprenditore oriconosciutogli dalla legge.Perci, quando gli atti di impresa sono compiuti tramite rappresentante, imprenditorediventa il rappresentato e non il rappresentante. E ci anche quando il rappresentanteabbia ampi poteri decisionali in merito agli atti di impresa, mentre il rappresentato(limprenditore) ne privo, tanto da poter affermare che lattivit di impresa sostanzialmente esercitata dal rappresentante.

    3. ESERCIZIO INDIRETTO DELLATTIVITA DI IMPRESA. LA TEORIA DELL IMPRENDITORE OCCULTO.

    Lesercizio di attivit di impresa pu dar luogo a una dissociazione fra il soggetto cui formalmente imputabile la qualit di imprenditore ed il reale interessato.Questo fenomeno detto esercizio dellimpresa tramite interposta persona. Si hanno duesoggetti:

  • 4 il soggetto (persona fisica o giuridica) che compie in nome proprio i singoli atti diimpresa, detto imprenditore palese o prestanome;

    5 e il soggetto (persona fisica o giuridica) che somministra al prestanome i mezzifinanziari necessari, dirige di fatto limpresa e fa propri i guadagni, dettoimprenditore occulto o indiretto.

    Questo modo di operare solleva dei problemi quando gli affari vanno male ed ilprestanome sia una persona fisica nullatenente o una spa o srl con capitale irrisorio, dettasociet di comodo o etichetta. Ci potrebbe causare notevoli ripercussioni nei confronti deicreditori, soprattutto se piccoli.Infatti i creditori potrebbero provocare il fallimento del prestanome, in quanto esso haagito in nome proprio ed ha perci acquistato la qualit di imprenditore commerciale. Ma,essendo nullatenente o quasi, i creditori non potranno ricavarne nulla. Con ci il rischio diimpresa non sar sopportato dal reale imprenditore, ma da questi trasferito, attraversolimprenditore palese, sui creditori.Parte della dottrina ha ritenuto di poter neutralizzare questi pericoli negativi per icreditori, derivanti dallapplicazione del principio della spendita del nome, escludendo chela stessa sia requisito necessario ai fini dellimputazione della responsabilit per i debitidellimpresa. Per lattivit di impresa opererebbero dei principi che consentirebbero diimputare anche allimprenditore occulto i debiti contratti dallimprenditore palese, equindi di sottoporre anche limprenditore occulto al fallimento.La responsabilit cumulativa dellimprenditore palese e dellimprenditore occulto, conesclusione di questultima dal fallimento, stata affermata muovendo dallidea che nelnostro ordinamento giuridico espressamente sanzionata la inscindibilit del rapporto delrapporto potere-responsabilit. Chi esercita il potere di direzione di unimpresa se neassume necessariamente anche il rischio e risponde delle relative obbligazioni. Tale principio si desume da una serie di norme dettate in tema di societ di persone:

    6 lart. 2267, 1 comma, che ammette la possibilit di limitare la responsabilit dei socinei confronti dei creditori, ma esclude che possa essere limitata la responsabilit deisoci amministratori;

    7 lart. 2291, che esclude che sia efficace nei confronti dei terzi la limitazione diresponsabilit dei soci di una snc;

    8 lart. 2318, che affermano che lamministrazione della sas pu essere conferitasoltanto ai soci accomandatari (che hanno una responsabilit illimitata);

    9 lart. 2320, che afferma la perdita del beneficio della responsabilit limitata per i sociaccomandanti di una sas che compiano atti di amministrazione;

    10 lart. 2362, modificato dal d.lgs. n 6/2003, che prevede la responsabilit illimitatadel socio unico di una spa;

    11 lart. 2497, modificato dal d.lgs. n 6/2003, che prevede la responsabilit illimitatadel socio unico di una srl.

    Esso consentirebbe di affermare che, quando lattivit di impresa esercitata tramite

  • prestanome, responsabili verso i creditori sono sia il prestanome sia limprenditoreocculto, anche se solo il prestanome acquista la qualit di imprenditore e, quindi, siasenzaltro esposto al fallimento, dato che stato speso solo il suo nome. Secondo la teoria dellimprenditore occulto, limprenditore occulto non solo risponderinsieme al prestanome, ma fallir sempre e comunque qualora fallir il prestanome. Laparificazione sul piano della responsabilit di impresa sarebbe giustificata dallart. 147, 2comma della legge fallimentare; oggi 4 comma.Tale norma completa il principio secondo cui il fallimento di una societ comporta ilfallimento dei soci a responsabilit illimitata e dispone che il fallimento della societ siestenda ai soci la cui esistenza sia scoperta dopo la dichiarazione di fallimento dellasociet e dei soci palesi. Cio, si abbia fallimento del socio occulto di societ palese. La teoria proseguiva affermando che lart. 147, 2 comma, legge fallimentare, fosseapplicabile per analogia alla diversa ipotesi in cui i soci abbiano occultato lesistenza stessadella societ. Ossia quando si in presenza di una societ occulta, dove chi contratta con iterzi si presenta come imprenditore individuale ma in realt socio occulto di una societocculta.Oggi, il fallimento dei soci occulti di una societ occulta disposto espressamente dal 5comma dellart. 147, legge fallimentare. Se fallisce la societ occulta inevitabile che fallisca anche limprenditore occulto. affermata anche la responsabilit del socio tiranno di una spa, cio dellazionista che usala societ come cosa propria e ne dispone a suo piacimento con lassoluto disprezzo delleregole fondamentali del diritto societario. Regole violate anche attraverso la confusione deipatrimoni della societ e del socio. affermata anche la responsabilit del socio sovrano, cio dellazionista che, purrispettando le regole di funzionamento della societ, in fatto domini la societ in forza delpossesso di un pacchetto azionario di controllo. In conclusione: si sanziona con la responsabilit personale e con il fallimento ogni formadi dominio occulto o palese dellaltrui impresa.

    4. CRITICA. LIMPUTAZIONE DEI DEBITI DI IMPRESA.

    Entrambe le tesi si fondano sulla presunta esistenza nel nostro ordinamento di due criterigenerali di imputazione della responsabilit per debiti di impresa:a. il criterio formale della spendita del nome, in base alla quale acquista la qualit di

    imprenditore, con pienezza di effetti, la persona fisica o la societ nel cui nome lattivitdi impresa svolta;

    b. il criterio sostanziale del potere di direzione, in base al quale risponderebbe e fallirebbeanche il reale interessato.

    Ma questultima affermazione non pu essere condivisa, in quanto n le norme societarien la legge fallimentare consentono di dimostrare che un soggetto pu essere chiamato a

  • rispondere, n ad assumere la qualit di imprenditore, solo perch egli il veroimprenditore di unimpresa individuale formalmente imputabile ad altro soggetto o diuna societ di capitali. Non lo dimostra la disciplina societaria in quanto vero che nelle societ di persone ilsocio amministratore non pu limitare la propria responsabilit, ma non vero che laresponsabilit illimitata indissolubilmente legata al potere di gestione.Infatti, nella snc tutti i soci rispondono illimitatamente anche se la gestione riservata soload alcuni soci. Cos come per i soci accomandatari della sas. Lassunto che nelle societ di capitali la responsabilit illimitata per le obbligazioni socialisia legata al potere di gestione smentito dalla disciplina introdotta, dapprima dal d.lgs.del 1993 per le srl e, nel 2003 per le spa.Infatti, non basta pi essere unico socio per incorrere in responsabilit illimitata, ma necessario che vi siano altre condizioni oggettive e formali. Condizioni che la riforma del2003 ha ridotto di numero e rigore, favorendo il mantenimento della limitazione diresponsabilit da parte del socio unico.Il collegamento indissolubile fra potere di gestione e responsabilit illimitata non dimostrabile neppure i