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N. 243, NOVEMBRE 2012/ MENSILE, POSTE ITALIANE SPA, SPED. ABB. POST. - D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/2004 N° 46) ART. 1 COMMA 1 - DCB ROMA ISSN 1974-2681 L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA ISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI www.accademia1953.it C IVILTÀ DELLA T AVOLA ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

CIVILTÀ TAVOLA ISSN 1974-2681 - Accademia Italiana della ... · la cucina italiana all’estero (Gianni Fossati) CULTURA & RICERCA 8 L’aurora in bocca ... disegni), recuperate

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L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAISTITUZIONE CULTURALE DELLA REPUBBLICA ITALIANA

È STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANI

www.accademia1953.it

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

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S O M M A R I O

CARI ACCADEMICI...

3 Dalla cucina borghese al kitchen system (Giovanni Ballarini)

FOCUS

4 I viaggi dei grandi cuochi e la decadenza delle trattorie (Paolo Petroni)

PREMIO ORIO VERGANI

5 Difendere la cucina italiana all’estero (Gianni Fossati)

CULTURA & RICERCA

8 L’aurora in bocca (Adriana Liguori Proto)

9 Il gran bollito misto piemontese (Renzo Pellati)

11 Il fungo che nasce in cantina (Giancarlo Burri)

12 La pasta nel Seicento (Elisabetta Cocito)

17 Valorizzare le chiocciole (Gianni Di Giacomo)

19 La “cocozzella” negli affreschi ercolanesi (Giuseppe Guadagno)

23 Miti, paesaggi e alimentazione (Roberto Dottarelli)

27 Le proprietà del sedano (Amedeo Santarelli)

28 Una mitica tavolata (Pino Jubatti)

29 Le ricette del Latini (Claudio Novelli)

31 L’evoluzione della cucina (Enzo Angelozzi)

32 Riscoprire il quinto quarto (Gianni Gentilini)

33 Un libro prezioso (Elio Palombi)

34 Riconvertire gli allevamenti montani (Gian Paolo Pinton)

36 Non solo a merenda (Luigi Altobella)

37 Calendario romanesco (Donato Pasquariello)

39 Cibo & Architettura (Giorgio Cirilli)

41 Un piatto di seconda categoria? (Alfredo Pelle)

I NOSTRI CONVEGNI

13 Il binomio cucina e vino (Mauro Magagnini)

14 Le comunità alloglotte in Friuli (Renzo Mattioni)

15 Il Patrono dei cuochi d’Italia (Giovanna Maria Maj e Maria Cristina Carbonelli di Letino)

CENTRO STUDI FRANCO MARENGHI

21 Privilegiare sempre la cultura (Silvia De Lorenzo)

BIBLIOTECA NAZIONALE G. DELL’OSSO

25 Il credenziere di buon gusto (Lorena Gallina)

SICUREZZA & QUALITÀ

43 Le bistecche di cavallo (Gabriele Gasparro)

LE RUBRICHE

10 Calendario accademico26 Le ricette d’autore30 Accademici in primo piano44 Notiziario45 In libreria47 Vita dell’Accademia60 Carnet degli Accademici62 Dalle Delegazioni69 International Summary

L’ACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINAÈ STATA FONDATA NEL 1953 DA ORIO VERGANIE DA LUIGI BERTETT, DINO BUZZATI TRAVERSO,

CESARE CHIODI, GIANNINO CITTERIO, ERNESTO DONÀDALLE ROSE, MICHELE GUIDO FRANCI, GIANNI MAZZOCCHI

BASTONI, ARNOLDO MONDADORI, ATTILIO NAVA, ARTURO ORVIETO, SEVERINO PAGANI, ALDO PASSANTE, GIAN LUIGI PONTI, GIÒ PONTI, DINO VILLANI,

EDOARDO VISCONTI DI MODRONE, CON MASSIMO ALBERINI E VINCENZO BUONASSISI.

La copertina: particolare de “Il Caffè, olio su tela di Cosroe Dusi (1808-1859). Il dipinto, collezione privata, fa parte del-la mostra “Cosroe Dusi - Diario artistico di un veneziano alla corte degli zar” che la città di Marostica, dove morì, ha de-dicato fino a ottobre scorso al colorista romantico nelle Sale del Castello Inferiore. Ricca la serie delle opere esposte (dipin-ti, acquerelli, disegni), recuperate tra chiese, musei (12 disegni inediti prestati dall’Hermitage di San Pietroburgo) e colle-zioni private tra cui spicca “Il caffè”, un autoritratto con la moglie Antonia Ferrari e la famiglia di lei dove il verde delletazze di caffè e della caffettiera rompe la scura monocromia del dipinto. Dusi fu apprezzato per la finezza e l’energia neldisegno, per la precisione dei dettagli nelle opere di ambientazione storica - fu insignito del titolo di “pittore di storia” - eper la naturalezza che riusciva a far trasparire dalle espressioni dei suoi personaggi. Fu pittore di corte dello Zar Nicola I.

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CENTRO STUDI “FRANCO MARENGHI”

PRESIDENTE

Paolo Petroni

Ulderico Bernardi, Carla Bertinelli Spotti, Alessandro Cantagalli, Alberto Capatti,

Sergio Corbino, Mario De Simone, Maria Attilia Fabbri Dall’Oglio,

Paolo Lingua, Lejla Mancusi Sorrentino, Enzo Nocera,

Alfredo Pelle (Segretario),

Corrado Piccinetti, Mario Tuccillo

DIRETTORI CENTRI STUDI TERRITORIALI

Valle d’Aosta Andrea Nicola, Piemonte Renzo Pellati, Liguria Roberto Iovino,

Lombardia est Silvana Chiesa, Lombardia ovest Pierangelo Frigerio,

Trentino Gianni Gentilini, Alto Adige Edoardo Mori,

Veneto Ulderico Bernardi, Friuli-Venezia Giulia Giorgio Viel,

Emilia Tito Trombacco, Romagna Gianni Mita,

Toscana Alfredo Pelle, Marche Corrado Piccinetti,

Umbria Giuseppe Fatati, Lazio Marino Marini, Lazio (Provincia) Carlo De Paolis,

Abruzzo Gianni Di Giacomo, Molise Norberto Lombardi,

Campania Claudio Novelli, Puglia Vincenzo Rizzi,

Basilicata Ettore Bove, Calabria Michele Salazar,

Sicilia est Cettina Pipitone Voza, Sicilia ovest Beniamino Macaluso,

Sardegna Salvino Leoni

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 3

Dalla cucina borgheseal kitchen system

C A R I A C C A D E M I C I . . .

DI GIOVANNI BALLARINIPresidente dell’Accademia

La tradizione si custodiscee si migliora

solo conoscendo il presente.

C ari Accademici, lo sgretolamen-to delle tradizioni e il tramontodella cucina borghese suscitano

perplessità, sconforto e timori anchein molti Accademici. Ma soprattuttofanno sorgere la domanda “che fare?”,alla quale si può tentare di dare unarisposta solo avendo una chiara, siapure schematica, visione del presente.Senza alcun dubbio la cucina bor-

ghese è in fase di declino, ma a moltinon è chiaro quale cucina (o quali cu-cine?) la stia o la possa sostituire. Qua-lunque tentativo di risposta può esserefacilitato considerando la nuova situa-zione generale che si è costituita inItalia, come nella gran parte dei paesiindustrializzati e della quale proviamoa dare un quadro schematico.A grandi linee si può ritenere che,

nel mondo industrializzato, non vi èuna sola cucina, ma diverse cucineche oggi, in particolare, trovano riferi-

mento in un “sistema cucina” ches’imposta su cinque assi, che tra lorosviluppano relazioni in continuo, rapi-do movimento. Nessuno dei cinqueassi ha una sua autonomia e ognunosviluppa il suo ruolo in relazione aglialtri, per cui il sistema stesso si sostie-ne dalla loro interazione. In esso nonsi vede una cucina dominante, comead esempio era nel passato la cucinaborghese, che non faceva riferimentoa un sistema, ma a un gruppo socialecon il suo centro nella famiglia e nellacasa. Il sistema, invece, nasce, si svi-luppa e si diffonde fuori della casa, edall’esterno investe quello che restaancora della famiglia. Quest’unico,grande “sistema cucina” può essereanche denominato “Kitchen System”. Icinque assi sono: il cuoco, il critico ga-stronomico, la comunicazione, l’indu-stria e il consumatore, che meritanoqualche particolare commento.Il cuoco è divenuto un artigiano, se

non un artista che opera in modo au-tonomo e non più in dipendenza etanto meno al servizio di una famiglia,spesso neppure di un ristorante. Sem-pre più, oggi, è il cuoco che qualificaun ristorante e non il contrario. Essen-dosi rovesciato il rapporto di forza traristorante e cuoco, questi ha dovutoimboccare due strade. La prima èquella di una creazione e di un’inno-vazione continua, utilizzando semprepiù frequentemente sperimentazioni,non di rado spericolate, anche quan-do vuole o tenta d’interpretare le tra-dizioni, i territori, le stagioni, i singolialimenti e via dicendo. La seconda èquella di una sempre maggiore e fortecomunicazione, che tuttavia non può,o solo difficilmente riesce, a fare inproprio. Il critico gastronomico, infunzione di “comunicatore sociale” dicui il cuoco ha bisogno, è il secondoasse del sistema cucina. È utile rileva-

re che la coppia cuoco-critico svilup-pa una serie di complessi rapporti,spesso conflittuali. Senza sottovalutareche il critico, per raggiungere il con-sumatore, non può operare da solo,ma deve utilizzare i mezzi d’informa-zione, dei quali può essere dipenden-te se non succube. Quando non sonogli stessi mezzi d’informazione che indiversi modi creano il comunicatoreche si occupa di cucina. La comunicazione è il terzo asse del

sistema. Superati i ristretti limiti delladiffusione orale e dei libri di cucina(prevalentemente ricettari), i modi dielaborare, utilizzare e presentare glialimenti, in tutti i loro aspetti e conquanto vi è attorno, sono oggi un “ge-nere di comunicazione” alla continuaricerca di nuovi spazi. La comunica-zione audiovisiva sta prendendo il so-pravvento, mettendo in crisi alcuni deipur giovani settori della carta stampa-ta, come quelli delle guide, a iniziaredalla più celebre, la “Michelin”. Unacomunicazione che, con un’accelera-zione prima sconosciuta e nella conti-nua ricerca di novità, si è lanciata nellatrasformazione della cucina in esibi-zione, creando anche la “cucina-spet-tacolo”.L’industria, non solo quella della co-

municazione, ma anche quella degliarredamenti e delle attrezzature, si èresa conto dell’importanza della cuci-na, in questo stimolata anche dai cuo-chi alla ricerca di novità tecnologiche,inventando e sviluppando strumenti esistemi che all’inizio aiutano il lavoro,poi lo innovano, in un processo cheinteragisce e soprattutto si sinergizzacon la comunicazione e non di radocon lo spettacolo. Non è certamenteun caso che la cucina scientifica, im-propriamente definita “molecolare”, siassoci alle nuove tecniche che usanol’azoto liquido o le lunghe cotture a

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temperature (relativamente) basse.Parte sempre più importante dell’in-dustria è quella alimentare, che nonsolo conserva e trasforma i cibi, maelabora e distribuisce preparazioni in-termedie (ad esempio sughi, salsecondimenti ecc.), preparazioni finali(paste semplici e ripiene) e piattipronti, anche molto elaborati, dive-nendo una vera e propria cucina in-dustriale, utilizzata dalla ristorazioneindustriale e dalla Grande Distribuzio-ne Organizzata (GDO). Infine, il quin-to asse del sistema è il consumatore,termine che identifica anche un suoruolo passivo, eterodiretto e strumen-talizzato. Un consumatore che, in unaconcezione consumistica, anche nel-l’alimentazione deve essere continua-mente stimolato ad acquistare, fino al-lo spreco, fino ad arrivare alla falsifica-zione delle tradizioni. Un consumatoresempre più solo, che assume cibi a

volte in modo casuale, o in base a unadieta che si è costruito secondo leproprie idee e ideologie, o sollecitatodalla comunicazione pubblicitaria.Il sistema cucina, ora tratteggiato,

potrebbe essere ritenuto poco reale,ma a favore di quanto prospettatoconforta un paragone di quanto av-viene per altre arti ritenute più nobilidella cucina, come la pittura e la mu-sica. Anche queste sono uscite dallacasa borghese. I quadri di famiglia,poi sostituiti da immagini di fotografidi buona caratura, se non di livello ar-tistico, oggi sono totalmente assentinelle case del ceto medio. Nelle fami-glie non si fa più musica, ma ognunoascolta in solitudine la sua musica re-gistrata, imposta dalla pubblicità.Quale è oggi il ruolo del ristorante e

della tradizione? Quando imperava lacucina borghese, i buoni ristorantiavevano anche il ruolo di conservare,

interpretare e migliorare la tradizionee per questo la nostra Accademia ave-va giustamente operato e deve conti-nuare ad agire per segnalare quelliche svolgono ancora questa funzione,ma è evidente che non sono molti.Forse troppi ristoranti, oggi, si presen-tano quali luoghi di sperimentazione esoprattutto di spettacolo gastronomico,dove non si offrono cibi, ma quelleche sono denominate “esperienze”.Una considerazione che deve far ab-

bandonare la strada intrapresa dai fon-datori dell’Accademia? Tutt’altro! Infat-ti, la presenza di un sistema cucina,che ha sostituito la cucina borghese,rende sempre più importante il ruolodelle conoscenze e dei valori che era-no stati accumulati nel corso dei seco-li, e che nel nuovo sistema potrannoessere rivalutati e reinterpretati.

GIOVANNI BALLARINISee English text page 69

C A R I A C C A D E M I C I . . .

U n tempo i cuochi se ne stavano in cucina a con-trollare padelle e gli altri addetti alla preparazionedei piatti. Con occhio attento seguivano ogni pre-

parazione, assaggiavano e talvolta creavano nuove pro-poste e nuove suggestioni. Oggi le grandi star stanno vo-lentieri appartate in una sorta di laboratorio gastronomi-co e qui meditano, provano, armeggiano con macchinarivari, studiano le mode, gli influssi spagnoli, svedesi, su-damericani e poi fanno nascere le loro creature che subi-to vengono affidate alle mani capaci dei loro più stretti evalidi collaboratori. Poi girano il mondo, gli studi televisi-vi, fanno convegni, rilasciano interviste, scrivono rubri-che. La loro presenza in cucina e in sala non è più stret-tamente necessaria, il ristorante che ha dato loro la cele-brità diviene quasi un accessorio, non importa se lavora,se genera reddito. Il guadagno viene dalle cene privatedi super vip, dalle apparizioni televisive, dagli sponsor,dalla pubblicità, da altri locali aperti nel mondo o allaporta accanto. Non sempre il gioco funziona; qualcuno,nonostante sia lodato dalle guide e dalla critica gastrono-mica, non ce la fa e allora chiude e resta un cuoco vir-tuale, un consulente, una presenza scenica. Ovviamentenon sempre le cose vanno così, molti sono ancora i cuo-chi che “stanno al pezzo”, ma l’olimpo dei grandi è co-

stellato da questi cuochi giramondo. Questo comporta-mento elitario ci preoccupa però molto meno di quantosta avvenendo nel mondo delle trattorie. Schiacciate inbasso dalla crisi economica, non sono più in grado di of-frire una genuina cucina del territorio. Ma più spessonon vogliono. Specialmente nelle grandi città d’arte, in-vase da orde di turisti “mordi e fuggi”, propongono piattiimpresentabili, realizzati con ingredienti di bassa qualitàche tradiscono le basi minime della cucina del luogo. Ba-sta vedere cosa accade a Venezia per rendersi conto deldegrado della cucina locale. Ma anche Firenze, Roma eNapoli soffrono di questo problema. È sempre più diffici-le trovare buone ribollite, un gustoso “cacio e pepe” euna pizza fatta come si deve. I cuochi non hanno più sti-moli, la clientela si accontenta, non sa giudicare, non haparametri di riferimento. Perché sforzarsi allora? Va benecosì. Andrà anche bene così, ma di questo passo distrug-giamo le basi stesse della nostra tradizione, che deve in-vece trovare forza e nuova vita proprio dove un tempo ènata. Solo i bravi cuochi possono essere artefici del man-tenimento e soprattutto dello sviluppo della nostra cuci-na, liberandosi della zavorra di una cucina pasticciata,brutta fotocopia dell’originale.

See English text page 69

I VIAGGI DEI GRANDI CUOCHIE LA DECADENZA DELLE TRATTORIE

DI PAOLO PETRONI

CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 4

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DI GIANNI FOSSATIAccademico onorario di Milano Brera

L’Accademia premia gli ambasciatori della nostra

cucina nel mondo.

I l Premio “Orio Vergani” 2012, ilprestigioso riconoscimento attri-buito dall’Accademia, che unisce

in sé i valori della cultura e della ga-stronomia, è stato assegnato, a Mila-no, nell’ambito di una conferenzastampa alla Fondazione Catella, al“Gruppo Virtuale Cuochi Italiani”. Loha ritirato il Presidente Mario Cara-mella per aver contribuito a diffon-dere, promuovere e difendere in tut-to il mondo i valori della cucina tra-dizionale italiana.Il Gruppo, attivo in oltre 70 paesi

in tutto il mondo, da oltre 10 annirappresenta il presidio di tutela dellacucina italiana più autentica, fattacon ingredienti di prima qualità, nelrispetto rigoroso dei dettami dellatradizione. Anche attraverso un net-work di oltre 2.000 persone, soprat-tutto chef ma anche sommelier, im-prenditori, giornalisti, addetti del set-tore “food and beverage”, nel quale imembri del gruppo condividono in-formazioni, idee, problemi ricondu-

cibili alla gastronomia italiana al-l’estero. Lasagne alla bolognese, sca-loppine di vitello, ossobuco, pizza,tiramisù. Carbonara, costoletta allamilanese, pasta al pesto: sono soloalcune delle ricette simbolo della no-stra gastronomia che tutto il mondoci invidia e, soprattutto, ci copia. In-fatti, con lo straordinario successod’immagine che la cucina italiana èriuscita a conquistarsi fuori dai nostriconfini corre di passo la crescita del-le imitazioni che colpiscono i piattitradizionali del Bel Paese.A fare gli onori di casa il Presiden-

te Giovanni Ballarini, il Vice Presi-dente Vicario Severino Sani, il Segre-tario Generale Paolo Petroni, il Con-sigliere Paolo Basili e chi scrive.Nel suo intervento, Giovanni Bal-

larini ha richiamato una recente ri-cerca dell’Accademia secondo laquale la cucina italiana riscuoteenormi consensi tra i consumatoristranieri che, dall’Australia agli StatiUniti, ne riconoscono la straordinaria

Difenderela cucina italiana all’estero

P R E M I O O R I O V E R G A N I

CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 5

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Quali sono le ricette italiane meglio preparate e peggio preparate all’estero e per quale motivo?La nostra cucina è probabilmente la più imitata al mondo.I nostri piatti classici sono interpretati da chiunque abbiaa che fare con la cucina: massaie giapponesi, apprendisticuochi australiani, aiuto cuochi cinesi o grandi chef. Perquesto motivo i cinque piatti meglio interpretati sono pro-babilmente anche i piatti peggio interpretati. Basta dareuno sguardo a quelli che abbiamo scelto per celebrare, nelcorso degli anni, la Giornata Mondiale delle Cucine Italia-ne che nel 2013 vedrà la sua sesta edizione: spaghetti allacarbonara, pesto alla genovese, tagliatelle al ragù bologne-se, ossobuco con gremolata e, nel 2013, il tiramisù. Sonoforse le ricette più famose all’estero ma anche le più taroc-cate. Il motivo? Perché i consumatori, in quasi tutti i paesi,conoscono i nomi dei piatti, a volte anche i piatti stessi.Questa universalità è un vantaggio che poche altre cucinehanno. Tuttavia accade che ristoratori e cuochi senzascrupolo mettano nel menu quei piatti per attrarre clienti,per farsi riconoscere, per vendere. Se li cucinassero in ma-niera corretta non ci sarebbe nulla da ridire. Purtropponon è così e bisogna vigilare…

Bisogna essere cuochi italiani per saper fare cucina italiana?No, abbiamo moltissimi chef non italiani che fanno cuci-na italiana molto bene e interpretano i sapori in modo ec-cellente. Certo non è facile per loro come lo è per noi. Inol-tre è in crescita il numero degli chef giapponesi che si pro-pongono come chef di cucina italiana, ma 9 su 10 sonoda evitare. Allo stesso tempo abbiamo esempi come MarkLadner del ristorante “Del Posto” di New York che fa unacucina italiana straordinaria.

Come avviene il reperimento delle materie prime italiane per i ristoranti all’estero?Ci sono degli esportatori e degli importatori, per cui oggi siriesce a reperire quasi tutto in tempo utile; ci sono peròdelle restrizioni per alcuni prodotti, alle quali dobbiamoadattarci.

Quali sono i piatti “da non dimenticare” che fanno parte del nostro patrimonio gastronomico? Ce ne sono alcuni che secondo lei rischiano di scomparire e andrebbero salvaguardati? A differenza dell’Italia, dove un piatto può fisicamentescomparire, all’estero un piatto italiano a rischio di estin-zione è quello che è più soggetto ai taroccamenti, alla perdi-ta della sua identità, alla diluizione nella cucina di un al-tro paese. I piatti che ho menzionato sopra sono un esempio,ma ce ne sono anche altri, ovviamente. Invece, paradossal-mente, all’estero, specialmente nelle comunità di emigrati,

magari a livello di cucina casalinga, si trovano ancorapiatti che in Italia sono scomparsi, o almeno, in disuso.

Attraverso quali strumenti si riesce oggi a difendere la vera cucina italiana nel mondo dalle imitazioni che riguardano la ricetta tradizionale?Con l’educazione dei consumatori innanzitutto. E gli edu-catori dei consumatori sono soprattutto i media e gli ad-detti ai lavori (i cuochi, in primis, quindi bisogna innan-zitutto educare gli educatori). Quello che facciamo noi daoltre dieci anni, con il Forum soprattutto, al quale parteci-pano 2.000 operatori professionali dell’enogastronomiaitaliana che lavorano in 70 Paesi, ma anche con una se-rie di iniziative come la Giornata Mondiale delle Cucineitaliane (International day of Italian Cuisine), l’ItalianCuisine & Wines World Summit di Hong Kong e il Forumdella Cucina Italiana nel Mondo.

Tra gli obiettivi dell’Accademia Italiana della Cucina c’è quello di tutelare le tradizioni della cucina italiana. Lei come si pone di fronte al cibo e alla gastronomia: predilige la cucina tradizionale o le piace anche sperimentare?La cucina si evolve, ma per evolversi bisogna conoscere ilpassato. Se poi il passato ha anche un buon sapore, perchénon proporlo all’estero, dove una caponata o un bollitomisto sono una piacevole sorpresa per tutti? Anche per iclienti italiani che viaggiano.

Il Premio Vergani che è stato conferito al Gruppo Virtuale Cuochi Italiani premia chi ha onorato, con la propria attività in qualsiasi campo, la cultura gastronomica e la civiltà della tavola. In che modo il suo network ci si riconosce? Modestamente noi pensiamo di meritare questo premio peril lavoro che abbiamo fatto per la cultura gastronomica ela civiltà della tavola italiana nel mondo. L’abbiamo fattoper oltre dieci anni, con i mezzi dei tempi attuali. Siamoprobabilmente la comunità professionale più longevadell’era internet. Prima di noi non esistevano forme di ag-gregazione dei cuochi e dei culinary professional nell’am-bito della rete internet. Abbiamo creato questa grande retein maniera spontanea, senza soldi pubblici (i nostri spon-sor sono parte della rete stessa), come una comunità senzagerarchie inutili, con comunicazioni orizzontali, aperte.Ci si ritrova insieme, nel Forum e negli eventi, per fare e/odire qualcosa di utile, e non per “rappresentare” un’ideavuota o occupare una poltrona. Questa è probabilmenteanche la ragione del nostro successo. Oggi abbiamo anchetentativi d’imitazione, ma non ne siamo preoccupati. Faparte della vita. Siamo comunque i primi e siamo comun-que i più numerosi. La nostra storia parla per noi.

CARAMELLA: EDUCARE I CONSUMATORIIntervista al Presidente GVCI

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qualità delle materie prime e gliaspetti salutistici propri della dietamediterranea. Tuttavia, per mantene-re questa leadership - ha sottolineatoBallarini - è necessario contrastare ilfenomeno delle imitazioni delle no-stre ricette tipiche, che rischiano diminare l’immagine positiva guada-gnata in questi anni.Dal canto suo, Mario Caramella ha

ribadito l’importanza di educare icuochi, soprattutto stranieri, all’utiliz-

zo di alcuni ingredienti fondamentalidella nostra gastronomia, che nondovrebbero mai mancare, comel’olio extravergine di oliva, le erbefresche, il pane con la crosta, la pa-sta e il risotto al dente. Se da unaparte, infatti, i consumatori sonosempre più attenti al richiamo del ci-bo made in Italy - conoscono i nomidei piatti italiani e a volte anche co-me vengono realizzati - dall’altra visono ristoratori e chef senza scrupoliche inseriscono nei menu ricette di-verse da quelle originali.Soltanto attraverso la promozione

del cibo italiano e delle tecniche dicucina possiamo salvaguardare il no-stro patrimonio culinario.Il Premio Vergani attributo al

GVCI, ha sottolineato il SegretarioGenerale Paolo Petroni, va visto pro-prio sotto questo aspetto, con un ri-conoscimento al lavoro svolto da

questo gruppo di professionisti chesi battono ogni giorno per diffonde-re nei cinque continenti i valori dellaciviltà della tavola. Petroni ha anchesottolineato la realtà dei Centri Studidell’Accademia, delle relative pubbli-cazioni e dell’attività svolta dal soda-lizio all’estero, per fotografare pregie difetti della nostra cucina. Si sco-pre quindi come, tra le cucine etni-che, quella italiana risulta essere lapreferita al mondo, seguita dalla ci-

nese e dalla francese. Il tradimentodella ricetta tradizionale avviene nel60% dei casi nei ristoranti stranieridove, nella quasi totalità, i cuochinon sono italiani. Le nazioni più col-pite sotto questo profilo sono Usa,Canada e Australia, mentre in Euro-pa “l’Italian sounding” delle ricette èdiffuso soprattutto in Irlanda, Porto-gallo e Finlandia.

GIANNI FOSSATISee International Summary page 69

UNA RETE DI PROFESSIONISTIA TUTELA DEL CIBO MADE IN ITALY

Fondato nel 2000 da Mario Caramella e dal produttore TV e giornali-sta Rosario Scarpato, il GVCI - con il lavoro sul campo dei suoi aderen-ti - contribuisce a diffondere la cultura gastronomica italiana in tuttiquei Paesi dove la nostra cucina viene spesso bistrattata. La principalepeculiarità dell’associazione è quella di condividere conoscenze sulmondo del food attraverso un “forum online” moderato in italiano(http://groups.yahoo.com/group/GVCI2001/) e due siti, uno in italiano(www.gvci.org) e uno in inglese (www.itchefs-gvci.com), che supporta-no le attività e gli eventi organizzati dal network. L’obiettivo del Forumè quello di creare un canale di discussione permanente tra gli iscritti,promuovendo una rete di solidarietà fra gli chef italiani all'estero checontribuisca allo sviluppo dei prodotti italiani. Tra le numerose inizia-tive portate avanti in questi anni dal GVCI grande importanza rivestel’IDIC (International Day of Italian Cusines). Il 17 gennaio di ogni an-no gli chef che aderiscono al gruppo celebrano, in ogni angolo del pia-neta, un piatto della tradizione regionale tra i più imitati (nel 2013 sa-rà la volta del tiramisù). Si tratta di una mobilitazione per dire no aitaroccamenti ai quali la cucina italiana e i prodotti made in Italy sonosottoposti in tutto il mondo e per promuovere ristoratori di cucina ita-liana che si battono per la sua autenticità.

P R E M I O O R I O V E R G A N I

CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 7

Da sinistra, insieme al premiato Mario Caramella, Giovanni Ballarini, Gianni Fossati e Paolo Petroni.

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L’aurora in boccaDI ADRIANA LIGUORI PROTO

Delegata di Crotone

La squisitezza della triglia,pesce vestito

di squame rosate.

P er noi di Crotone, città di origi-ni magno-greche, situata strate-gicamente nel cuore del Medi-

terraneo, il mare, con i suoi stupendiscenari, rappresenta da sempre il no-stro nutrimento spirituale, fisico emateriale. Il mare - diceva un vec-chio pescatore crotonese - fa belli eforti, e questa sua teoria l’applicavaanche in cucina. Infatti, preparavadelle ottime zuppe di pesce dal sa-pore e dal profumo indimenticabili.Ai suoi nipoti dava una saporosamerenda pomeridiana di cui abbia-mo sperimentato la bontà. Si trattavadi una semplice fetta di pane case-reccio strofinata con aglio e conditacon un filo d’olio d’oliva, qualchegoccia di acqua di mare e una spol-verata di origano. Il mare, per que-sto pescatore, era, come amava dire,“il cibo della bellezza” e non si sba-gliava!

Dalla tarda primavera fino al cuoredell’estate, era il periodo per eccel-lenza della triglia, che pescava con i“rizzilli” (reti di piccole dimensioni,calate in mare a bassa profondità, inprossimità degli anfratti rocciosi esalpate sui gozzi soprattutto con laforza delle braccia). Il tratto di mareper effettuare questo tipo di pesca èquello che presenta fondali misti difango e di rocce, con punte di pro-fondità di svariati metri. Queste zoneoffrono un habitat ideale, sia per letriglie di fango che per quelle di sco-glio. Un tempo il tratto di mare dellenostre coste, dove proliferavanoquesti pesci, era quello che si esten-de dal Capo Lacinio (Capocolonna)fino a Capo Rizzuto (Le Castella),dove, talvolta, si pescavano triglie discoglio che superavano i due chilo-grammi. Secondo gli esperti, tutti i pesci

del nostro mare, per l’alta salinità, lecorrenti sottomarine, la purezza del-le acque, hanno un sapore inegua-gliabile. E se c’è un pesce, che spe-cie da noi, per le caratteristiche ap-pena citate, merita la palma per lasquisitezza e la delicatezza delle suecarni, è proprio la triglia. Questobellissimo esemplare dalle squamerosate come l’aurora, dalle pinne tri-nate e mobilissime, dallo sguardolanguido, dai barbigli perennementein moto, non a torto è consideratodai buongustai uno dei migliori boc-coni che il mare possa offrirci. An-che Cicerone dice, in uno dei suoifamosi scritti, quanto sia buono ilMullus (la triglia) che spesso ebbemodo di gustare lungo le coste cala-bre e campane prima di essere rag-giunto a Formia dai sicari e trucida-to. Come si sa, quei ghiottoni degliantichi Romani tenevano la triglia insomma considerazione, non solo

per la bontà delle sue carni, ma an-che per il singolare spettacolo che,racchiusa in boccali di cristallo, essapoteva offrire all’atto della mortecon il suo prodigioso cangiar di tin-te, dal rosa tenue all’arancione, algiallo, al violaceo, al purpureo,mandando in visibilio i sadici com-mensali.Noi, che siamo interessati in parti-

colare all’aspetto gastronomico, dire-mo che la triglia migliore è semprequella di scoglio; inoltre è uno deipochi pesci che non vengono privatidelle interiora, in quanto secondo iveri intenditori le conferiscono unparticolare mordente. Per questo ifrancesi sogliono chiamare la triglia“becasse de mer” (beccaccia di ma-re). Circa la sua provenienza, rac-conta un’antichissima leggenda chequesto pesce è originario della Cina.Ancora prima che fiorisse il celesteimpero - dice questa leggenda - “tri-li-ha” era la regina dei pesci e gover-nava felice il suo feudo scogliosoguizzando in mare aperto con il suomantello rosso e oro che palesava ilsuo rango di mandarino delle azzur-re distese. Ma un bel giorno la tri-glia, che aveva tanto desiderio di co-noscere il mondo, approdò ai nostrimari nei quali si riprodusse in ab-bondanza. Secondo una versionepopolare pare, invece, che il nomedi questo pesce sia da attribuire al ti-po di rete con cui viene solitamentepescato, che viene detto “trimaglia”. Se questa storica dissertazione sul

Mullus (triglia) ha conquistato il vo-stro interesse, d’ora in poi gustatequesto magnifico pesce vestito disquame rosate come l’aurora nascen-te, apprezzando la squisitezza dellesue carni dal seducente sapore dimare!See International Summary page 69

CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 8

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 9

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Il gran bollito misto piemonteseDI RENZO PELLATI

Accademico di Torino

Origine e caratteristiche di un piatto

di grande tradizione,che va gustato lentamente.

I l “gran bollito misto piemontese”è qualcosa di più del solito “les-so” che si può gustare in altre re-

gioni italiane. Lo diceva già MassimoAlberini, sessant’anni fa, nel suo“Piemontesi a tavola”. Le origini so-no lontane: si può dire che risalgonoalla preistoria, quando l’uomo scoprìl’importanza del fuoco per renderepiù appetibili alcuni alimenti, ren-dendoli più facilmente masticabili esicuri (maggior possibilità di conser-vazione). Oggi conosciamo anche gliaspetti negativi per le cotture al fuo-co diretto mal eseguite, come la for-mazione di sostanze nocive derivantidalla carbonizzazione (ammine ete-rocicliche, benzopirene, acroleina),parziale distruzione di alcuni princi-pi nutritivi. Se lo spiedo era il tipo dicottura preferito dai cacciatori, quel-lo in acqua fu successivo alla cotturasul fuoco, perché richiedeva un reci-piente: gli uomini impararono a rive-stire le buche con pietre caldissime esuccessivamente provarono ad ag-giungere acqua e altre pietre caldis-sime prelevandole dal fuoco. La gastronomia è nata così, a pic-

coli passi, prima di giungere a prati-che culinarie più complesse. Fino alsecolo scorso, la carne bollita in ac-qua era gustata dalle fasce socialipiù basse perché il lesso non richie-

de particolari condimenti e produceun brodo utile per minestre e zuppeche si possono gustare anche neigiorni successivi, aggiungendo delsemplice pane raffermo. Anche lecucine delle classi sociali elevate ve-devano bollire nelle pentole i grossipezzi di carne bovina, ma il destinofinale di questo brodo era quello dibase per preparare le raffinate salse“vellutate”, e i ristretti “consommé”.Le carni stoppose venivano riciclateper altre preparazioni. Nei secoli scorsi Brillat-Savarin

condannava il lesso perché facevaperdere una sostanza “misteriosa”(chiamata “osmazoma”) che, secon-do lui, era responsabile del gustodella carne. In realtà l’estratto di car-ne giunse in tavola nel 1860, graziea Justus von Liebig. Oggi si sa che ilbrodo, oltre all’acqua (circa il 95%),contiene grassi, peptoni, sostanzearomatiche come la creatina, la xan-tina, sostanze estrattive non azotate(glicogeno, acido lattico), notevoliquantità di sali minerali.Nonostante la rivalutazione odierna

del “gran bollito misto”, in passatoalcuni nobili pare avessero avversio-ne per la carne bollita rifacendosi al-le crociate. Era usanza infatti, per iprincipi crociati, andare in giro conun pentolone di rame. In caso dimorte, per evitare che il corpo an-dasse in putrefazione, i fedelissimiavevano l’incarico di mettere il corpodel caduto nel padellone, vi aggiun-gevano acqua e facevano bollire iltutto. Sigillato il contenitore, questoveniva imballato e rispedito a casa. Illettore perdonerà questo ricordo dicattivo gusto, ma la storia dice così.Il bollito misto ha anche una tradi-

zione militare: l’esercito sardo (poiesercito italiano) poteva cuocere fa-cilmente, nella marmitta, dei grossi

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NOVEMBRE 2012

20 novembre - Lubiana (Slovenia)Inaugurazione della Delegazione

24 novembre - NolaConvegno “L’arte della cucina a Nola da Mestre Robert ai giorni nostri”

DICEMBRE 2012

1° dicembre - OrvietoCinquantennale della DelegazioneConvegno “La cucina tipica orvietana”

7 dicembre - Riccione e CattolicaConvegno “Educazione al gusto e conoscenza degli alimenti”

FEBBRAIO 2013

23 febbraio - Alto VicentinoDecennale della DelegazioneConvegno “Alla ricerca della tradizione: storia e memoria della cucina vicentinain età contemporanea”

MARZO 2013

15-16 marzo - La SpeziaConvegno “Il mais dall’asciutto un anno dopo” a Pignone (La Spezia)

APRILE 2013

5-7 aprile - Borgo Val di TaroCinquantennale della Delegazione

12-14 aprile - NuoroCinquantennale della DelegazioneConvegno “Cibi e sapori della Sardegna antica”

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI ACCADEMICHE 2012-2013

pezzi di carne, racimolati qua e là,rendendoli “sicuri” (grazie alla steri-lizzazione) per dare nutrimento agliuomini arruolati. Nicola Appert sco-prì nel 1804 che, oltre ai legumi, erapossibile conservare in scatola anchela carne bollita e Napoleone accolsecon entusiasmo questa innovazioneper le lunghe marce del suo eserci-to. Con il passare degli anni la ga-stronomia migliorò notevolmente lemodalità per gustare la carne cotta.La Delegazione di Asti dell’Acca-

demia ha codificato (grazie alla com-petenza di Giovanni Goria), le carat-teristiche che deve avere il bovinoideale per questo piatto: vitello dirazza piemontese, varietà “fassone”(dal francese “façon”, simile, cioè,nella muscolatura, alla coscia del ca-vallo) detto anche “dal culo triplo”(per le pieghe posteriori), che abbiada poco superato l’anno, non abbiamai lavorato e mai fatto l’amore. Hacodificato inoltre, quali sono i 7 tagliprescelti (tenerone, scaramella, cu-latta, stinco, spalla, punta con il fioc-

co, rolata), i 7 ornamenti (lingua, te-stina, coda, zampino, gallina, cote-chino, tasca ripiena), gli ortaggi e isapori che vanno aggiunti all’acquadi cottura (sedano, cipolla, carota,prezzemolo, alloro, rosmarino, sal-via, parte verde del porro, scheggiadi cannella, pepe nero), i 7 bagnetti(o salse) che vanno serviti per viva-cizzare l’appetito e la tavola grazie aicolori degli aromi (prezzemolo conaglio e con capperi, pomodori, sena-pe, rafano, miele, mostarda di vinodetta “cognà”).Vittorio Emanuele II, quando pote-

va assentarsi dai sofisticati piatti dicorte serviti a palazzo reale, correvanel Monferrato e nelle Langhe dovegli segnalavano rustiche trattorie chesapevano offrire i tagli più adatti perla preparazione del piatto prediletto.Ancora oggi, per mantenere alta latradizione, è attiva a Guarene (10km da Alba) la Confraternita del“gran bollito misto piemontese” gui-data dal Gran Priore Adriano Bon-giovanni (conta 80 membri fra cui il

Ministro dell’Istruzione FrancescoProfumo).Probabilmente nei prossimi anni

sarà sempre più difficile gustare que-sto piatto. Le statistiche dicono chesono in aumento i pasti dei “single”e il “gran bollito misto piemontese”richiede la presenza di più convitati,con tempi a disposizione non ristret-ti. Poi ci sono le evoluzioni dovuteal progresso: la moderna tecnologiaoffrirà delle carni cotte sotto vuoto,a temperature minori. Invece dei 7tagli, ci saranno 7 cubetti selezionatiche andranno scaldati al forno a mi-croonde. Le salse verranno distribui-te in tubetti simili al dentifricio. Mancheranno quei momenti di go-

dimento che preludono all’assaggio,quando il cuoco, simile ad un orco,estrae dal carrello il forcone per in-filzare i tagli di carne ancora fumantie gocciolanti di brodo. Se capital’occasione, non lasciamoci sfuggirequeste raffinatezze.

RENZO PELLATISee International Summary page 69

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DI GIANCARLO BURRIAccademico di Padova

La formazione alla base del gambo

(simile ad una pietra), in ambiente adatto,

fruttifica regolarmente.

A utunno: stagione (spesso)prodiga di soddisfazioni per icercatori di funghi e per gli

amanti della buona cucina. Tra le di-verse specie di funghi commestibili,che in questo periodo dell’anno pos-sono essere raccolte nei boschi, pratie campagne, il Polyporus tuberaster(Jacq.) Fr. oggi viene accettato conqualche riserva, principalmente per laconsistenza tenace della carne degliesemplari adulti, ma un tempo era unfungo piuttosto stimato, anche per lapossibilità di coltivarlo in cantina!Appartenente alla famiglia delle Po-

lyporaceae, con cappello largo fino a12 cm, leggermente imbutiforme, dalcolore crema-ocraceo a brunastro,squamoso e peloso, con margine ci-gliato, carne biancastra, di odore gra-devole e sapore mite, il Polyporus tu-beraster è un saprofita dalle proprietàoriginali. Saprofita (cioè si nutre di

materia organica in decomposizione),che, a seconda della natura del sub-strato di crescita, ha la peculiarità diformare alla base del gambo unopseudo-sclerozio, anche di grande di-mensione, composto da ife che, cre-scendo, inglobano particelle terrose,sassi e tronchetti. Tale formazione, dicolore bruno-ocraceo, d’aspetto inqualche modo simile ad una pietra edal peso fino a diversi chilogrammi,trasportata in ambiente adatto, fruttifi-ca regolarmente, dando origine a spo-rocarpi muniti di gambo e cappello.Intorno a questa singolare forma-

zione fungina si sono sbizzarriti glistudi e le ricerche di scienziati, medi-ci e naturalisti di ogni epoca. A co-minciare da Teofrasto, Dioscoride ePlinio, che ne attribuivano l’origine almondo animale: Lapis lyncea o LapisLyncurius era infatti il nome attribui-to alla misteriosa concrezione, nellacredenza che a darle origine fossel’urina della lince, subito dallo stessoanimale coperta con terra, e poi fossi-lizzatasi. Appellativo ricorrente anchenel Medioevo: Matteo Silvatico, medi-co della Scuola medica salernitana,nell’“Opus pandectarum medicinae”(1317) cita testualmente “Lapis Lyncisapud Evacem fit de urina Lupi-Cerva-rii mixta, in montibus coagulata, quiin domus servata generat optimosfungos supra toto quolibet anno”. Unottimo fungo commestibile, dunque,ma anche di buone proprietà fitotera-piche (contro i calcoli renali) comepuntualizza Giovanni Battista dellaPorta nella sua “Phytognomonica”(1588): “Fungus est in saxis nascens,ab aliquibus Lyncurius dictus, miroexperimento frangendo calculo, quip-pe umbra exsiccatus, contritus, potu-sque a jejuno cum urina veteri, ita re-nes expurgat, ut nunquam in eis cal-culi regenerentur”.

Sulla natura della “pietra fungaia”,già verso la fine del Cinquecento, al-cuni naturalisti, come P. Andrea Cesal-pino, Ferrante Imperato e Marco An-tonio Severino, avevano espressodubbi, ritenendo il Polyporus tubera-ster un fungo, e un secolo dopo PierAntonio Micheli, padre della micolo-gia moderna, nella sua “Nova Planta-rum Genera” (1729), così liquidavadefinitivamente - dopo scientifica spe-rimentazione - favole e fantasie: “Allu-cinantur, qui credunt, radicem huiusplantae esse genuinam lapidem”.A testimonianza della stima di cui

ha ancora continuato a godere il P.tuberaster fin quasi agli inizi del se-colo scorso, eccone la descrizione inun apprezzato “Dizionario di Scienzenaturali” del 1847: “Credevasi chequesto fungo, ricercatissimo comealimento per le proprietà che gli siattribuivano, si riproduce di per sestesso sulla pietra dove era nato. InItalia si conservano queste pietre, e simettono in luoghi umidi e caldi, incantine o sotterranei; sono innaffiatedi tanto in tanto, e danno così, e assaispontaneamente, da un giorno all’al-tro, copiose raccolte di funghi i qualisi riproducono per lunghissimo tem-po, vale a dire per il corso di diversianni. Si vendono queste ad assai caroprezzo in Italia, e possono trasportarsiin luoghi molto lontani dall’Europa”. E, all’attenzione degli estimatori, il

Dizionario aggiunge: “Il gastronomopuò avere con questo mezzo pressodi sé, o meglio nella sua cantina, pie-tre cotanto preziose. Questo fungo hail sapore e l’odore dei funghi di stufao prataioli. Si mangia cotto nel latte,ovvero si fa friggere col burro e conl’olio, non si fa uso che del cappelloe il gambo è rigettato per essere co-riaceo”.See International Summary page 69

Il fungo che nasce in cantina

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La pasta nel Seicento

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DI ELISABETTA COCITOAccademica di Torino

Un volumetto raccoglie una serie di ricette

sulla pasta e diversi tipi di condimento.

N ell’Italia medievale si sviluppòe si diffuse con successo laproduzione di pasta secca. Il

termine “pasta d’Italia”, a riconosci-mento del suo pregio, venne adotta-to lungo tutto il Mediterraneo, in al-cune parti dell’Inghilterra e nel Norddella Francia. La pasta veniva alloralavorata a mano e gli strumenti eranoscarsi ed elementari; ci si avvaleva diuna madia, del matterello, di telaiper l’essiccazione, di coltelli e ferriper maccheroni. Il consumo era limi-tato alle classi abbienti e la produzio-ne era in mano a panettieri e fornai.Tra il 1500 e il 1600 si ebbe una

notevole evoluzione grazie all’intro-duzione di nuovi strumenti, come iltorchio a trafila e la gramola a stan-ga, che, accelerando i tempi di pro-duzione, consentirono di abbassare iprezzi e di rendere il prodotto acces-sibile anche ai ceti meno abbienti. I

pastai, forti del loro successo, si or-ganizzarono allora in Corporazioniautonome e distinte da quelle deipanettieri e fornai. Testimonianzedell’esistenza di Corporazioni di pa-stai le troviamo ad esempio a Napo-li, Palermo, Savona, Roma e Genova.La pasta si identificò quindi comecategoria alimentare a sé stante, conprecise regole circa la qualità degliingredienti e le relative proporzioni. Un’interessante e curiosa testimo-

nianza sull’utilizzo della pasta seccain Piemonte si può trovare nel “Cly-peo [ossia scudo] del gentiluomo”,recentemente recuperato da Gianlui-gi Bera nell’archivio di Canelli. Èl’unica copia nota di un trattato dicucina, economia domestica e “se-greti” del tempo, redatto nel 1618 datal Guglielmino Prato, speziale diAsti, come “scudo” per difendere ibeni che possediamo, in primis labuona salute.Componente fondamentale della

pasta secca a lunga conservazioneera la pregiata semola di grano duro.In realtà, la semola pura era riservataalla pasta di qualità elevata, mentresi ricorreva sovente a miscele per lequalità medio-basse di prodotto o inpresenza di difficoltà negli approvvi-gionamenti. Il testo in oggetto con-ferma implicitamente l’uso di questapratica quando raccomanda di pre-stare attenzione nell’acquisto di ver-micelli dai pastai della riviera ligure,per timore che siano “composti dimaterie vilissime, farine vecchie o al-loiate (contraffatte)”, e suggerisceche “il gentiluomo assennato baderàa farseli fare da famigli”. In effettiancora ai primi dell’Ottocento, i pa-stai della costa ligure, di cui i pie-montesi erano per ovvie ragioni geo-grafiche buoni clienti, non potendorifornirsi di grano duro da Sicilia e

Marocco a causa del blocco dellamarina inglese, ricorrevano a granodi qualità inferiore.Il “Clypeo” raccoglie anche una se-

rie di ricette che evidenziano le pro-prietà e la versatilità della pasta sec-ca, soffermandosi in particolare suidiversi tipi di condimento suggeritidalla stagionalità delle erbe, dalla re-peribilità delle carni e dalla fantasiadel cuoco. Tra i più curiosi si citano:la fricassea di rigaglie preparata confegato e interiora di anatra arrostiti earomatizzati al Malvasia; un intingoloa base di cipolle fritte nello strutto epoi cotte a lungo nel latte, fino al-l’evaporazione, con cui si condivanoi maccheroni spolverizzati, al mo-mento del servizio, con cannella, pe-pe e formaggio grattugiato; un sugoa base di sangue fresco di animali dacortile mescolato a dolci di zuccherosbriciolati e uvetta, e un altro di ac-ciughe di Spagna e pepe d’India(peperoncino) e “botiro (burro) fre-sco ma non cacio”, entrambi indicatiper i giorni di magro; un ragù di car-ne di agnello rosolata e poi bagnatacon brodo e vino bianco; un condi-mento di sedano, carote e cipollesoffritti con aggiunta di fagioli lessi. La ricchezza di informazioni che ci

trasferisce questo antico volumettolascia immaginare come già nel XVIIsecolo esistessero preparazioni tipi-che del territorio per il condimentodella pasta, anche se naturalmentenon si può ancora parlare di cucinaregionale. In particolare si evince co-me già nel passato la pasta abbiafornito un economico e valido sup-porto alle più svariate combinazionidi gusto, in grado di esaltare i saporidelicati e di stemperare gli aromi for-ti o piccanti, offrendosi come jollyperfetto per ogni occasione.See International Summary page 69

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I N O S T R I C O N V E G N I

Il binomio cucina e vinoDI MAURO MAGAGNINI

Delegato onorario di Ancona

Un premio sempre più vivo e vitale.

A nche la 47a edizione del Ver-dicchio d’Oro, che si è svoltaa Staffolo (Ancona), ha avuto

un grande successo di pubblico e diinteresse nel mondo culturale edenogastronomico. Ciò è dovuto allanotorietà che il premio ha raggiuntonella sua lunga vita, grazie all’altospessore del convegno che accompa-gna le premiazioni di personaggi im-portanti nel mondo della culturaenogastronomica e dei mass-media.Quest’anno il convegno, dal titolomolto significativo: “Rapporto tra cu-cina e vino: dal dopoguerra ad oggi”,ha affrontato nelle relazioni tutti gliaspetti della problematica: salutistici,economici, culturali e mass-mediali.I premiati di quest’anno: primo fra

tutti il pittore Bruno di Arcevia, bennoto al di fuori dei confini marchigia-ni e maestro di una pittura ispirata alclassicismo; secondo, Carlo Cambi,

scrittore enogastronomico noto per laprofonda conoscenza della ristorazio-ne italiana, che ha dimostrato nel suoefficace intervento un alto spessoreculturale. Terzo premiato, il prof. An-drea Grignaffini, grande conoscitoredel mondo enologico e partecipe atti-vo del complesso mondo della sualegislazione, la cui esposizione è statasemplice ma concreta. I premiati han-no fatto il loro ingresso a fianco delsindaco, all’interno della porta storicadi accesso al paese, al suono dellabanda cittadina. Prima di trasferirsinella Collegiata S. Francesco per ilconvegno, il sindaco di Staffolo, Sau-ro Ragni, ha sottolineato il ruolo el’impegno della sua amministrazionenell’affiancare l’Accademia nell’orga-nizzazione del premio; ha quindi pre-so la parola il Coordinatore Territoria-le e Delegato di Ancona Mauro Ma-gagnini. Ha rivendicato l’importanzaculturale del premio nel mondo cul-turale marchigiano, non mancando digarantire il suo impegno e quello del-l’Accademia per un sempre miglioresvolgimento soprattutto in prospettivadel cinquantenario.Nel corso del convegno, sono stati

molto interessanti l’intervento del-l’Accademico di Roma Marco Zanasi,con i collegamenti simbolici al mon-do del subconscio, e quello ricco dicitazioni storiche e letterarie dellostorico Tommaso Lucchetti. L’Acca-demico Corrado Piccinetti, Direttoredel Centro Studi marchigiano, ha re-lazionato, con estrema piacevolezza,sul rapporto vino-pesce, con una se-rie di riferimenti culinari. La prof.ssaElena Piatti dell’Università di Urbino,esperta in nutrizione, ha parlato conchiarezza e precisione sui rapportitra cibo e nutrizione nei vari periodidal dopoguerra ad oggi, con riferi-menti al passaggio dal mondo pove-

ro a quello dell’opulenza e alle sueripercussioni nell’alimentazione e nelconsumo di vino. Le dotte considera-zioni sulla tematica del convegno,del prof. Giuseppe Benelli, presiden-te del premio Bancarella, hanno con-cluso i lavori, prima che il Consiglie-re di Presidenza Gianni Fossati, inrappresentanza del Presidente Balla-rini, sottolineasse gli aspetti più inte-ressanti delle relazioni, congratulan-dosi con Mauro Magagnini e il sinda-co di Staffolo per la grande validitàdella manifestazione.È seguito un pranzo accademico a

base di specialità marchigiane, benservite da due ristoranti di Staffolo,che ha evidenziato la validità della ri-storazione dell’entroterra della pro-vincia di Ancona.La sera precedente il convegno, i

relatori, il Consigliere Fossati e i Dele-gati marchigiani guidati da Mauro Ma-gagnini erano stati ospiti della grandecantina Monteschiavo, del gruppoPieralisi, produttrice di ottimi vini, pri-mo tra tutti il Verdicchio. Il direttoredella cantina ha illustrato le varie fasidella vinificazione e le problematichedella vendemmia 2012 che ha datouna produzione più scarsa del solitoma fortunatamente, soprattutto con lavariazione della tempistica della rac-colta, non inferiore come qualità. Unadegustazione dei vini, accompagnatada un’esposizione di norcineria localee di formaggi, con la bruschetta con-dita con l’olio di produzione propria,ha concluso la visita. Il più vecchio premio della storia

dell’Accademia ha in conclusione di-mostrato anche quest’anno la sua va-lidità e vitalità e l’augurio di pro-grammare sin d’ora un grande 50°,rivolto da Gianni Fossati, è statoquanto mai gradito.See International Summary page 69

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DI RENZO MATTIONIDelegato di Udine

La cucina di queste popolazioni,

messa in evidenza nel corso del convegno per il cinquantenario

della Delegazione.

L a presenza in Friuli di alcune et-nie minoritarie, che per secolihanno gelosamente mantenuto

la loro lingua antica, la loro cultura, leloro tradizioni e le loro abitudini ali-mentari, è stato il tema del convegno“La cucina delle comunità alloglotte inFriuli”, tenutosi nel Salone del Consi-glio Provinciale di Palazzo Belgrado,che ha dato avvio alle celebrazioniper il cinquantenario della Delegazio-ne di Udine. Si tratta dei raggruppa-menti etnici tedescofoni di Sauris e Ti-mau, giunti in Carnia nel XII-XIII se-colo d.C., e del Canal del Ferro e ValCanale, dei quali ci sono notizie findal tempo dei Romani, e di quelli sla-vofoni di Resia, delle Valli del Torre edel Natisone, la cui presenza vienefatta risalire al V-VI secolo d.C.Queste comunità sono state, negli

ultimi anni, oggetto di un approfon-dito studio come, ad esempio, quel-

lo sul “Parco genetico del Friuli-Ve-nezia Giulia” al quale hanno parteci-pato, fra gli altri, anche le Universitàdi Udine e di Trieste. Le lingue par-late a Timau e Sauris hanno suscitatol’interesse dell’Accademia austriacadelle Scienze di Vienna. Due anni faè stata pubblicata la “Grammaticadel Timavese” alla cui stesura hannocollaborato l’Accademia austriacadelle Scienze di Vienna, il Comunedi Paluzza e il Consorzio Universita-rio del Friuli. Gli studi, negli ultimianni, si sono allargati alle abitudinialimentari, anche per l’impegno dialcuni nostri Accademici.In passato, le caratteristiche am-

bientali e climatiche hanno costrettoqueste popolazioni a utilizzare, peralimentarsi, prevalentemente quelloche riuscivano a produrre sul proprioterritorio. Scambiando i propri pro-dotti con quelli delle popolazioniconfinanti, potevano soddisfare le lo-ro necessità. Sono nate, così, cucine,erroneamente chiamate povere, che,pur nella loro semplicità di prepara-zione, sono risultate non solo sapori-te ma anche equilibrate dal punto divista energetico. Dallo studio di que-ste abitudini alimentari si sono potutiscoprire anche molti altri aspetti dellavita sociale, come ad esempio quelliderivanti dalla loro grande religiosità.In questo variegato insieme di isole

e penisole linguistiche, gli usi e leabitudini alimentari sono rimasti tut-tora vivi e si caratterizzano per la pre-senza di molti prodotti tradizionali edi cucine che si differenziano nellevarie località, con espressioni di sin-golare tipicità, fino a diventare unelemento attrattivo anche dal puntodi vista turistico.I lavori del convegno sono iniziati

con i saluti di benvenuto del Presi-dente della Provincia Pietro Fontani-

ni, dell’Assessore regionale alle risor-se rurali, agroalimentari e forestaliClaudio Violino e dell’Assessore alturismo e alla cultura del Comune diUdine Luigi Reitani. Dopo l’inquadramento storico di

Stefano Buiatti sull’origine e sullaprovenienza di queste comunità, i re-latori Cesare Corradini, Francesco DelZan, Pietro Adami e Bepi Pucciarellihanno aperto una finestra sull’interes-sante mondo delle loro usanze ali-mentari. Si è parlato della “Shulta Fu-mat” di Timau, una spalla cotta affu-micata; di “Cjalcune di Resia”, gnoc-chi ripieni di erbe; della “Sassaka”, untrito di lardo e pancetta affumicata; di“Frico di zitu”, mais da polenta di Re-sia; di dolci come la “Gubana”, gli“Struchi”, i “Buiadnik” e di molti altriprodotti e piatti tradizionali.Il Presidente Giovanni Ballarini ha

concluso i lavori con una riflessionesull’attuale situazione della cucinaitaliana: i cambiamenti, in tutti i set-tori - ha sottolineato -, in genere so-no molto lenti. Oggi, la nostra cuci-na sta subendo un periodo di transi-zione. È compito degli Accademiciosservare con attenzione il momentoattuale, per capire e, se possibile,anche indirizzare il suo futuro.La celebrazione del cinquantenario

si è conclusa con la cena in onoredel Presidente, presso il ristorante“La di Moret” a Udine, presenti auto-rità e molti Accademici, durante laquale il cuoco Stefano Basello haproposto molte specialità provenien-ti dai territori oggetto del convegno.L’Accademico Silvano Bertossi hapresentato la pubblicazione “50 annidi valorizzazione della cultura ga-stronomica”, una piccola antologiadi convegni organizzati dalla Delega-zione di Udine.See International Summary page 69

Le comunità alloglotte in Friuli

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DI GIOVANNA MARIA MAJDelegata di Isernia

E MARIA CRISTINA CARBONELLIDI LETINO

Accademica di Isernia

La teatrale regia dei banchetti rinascimentali

e la cucina dei luoghiin cui si è fermato

S. Francesco Caracciolo.

L a Delegazione di Isernia ha, in-sieme al comune di Agnone,organizzato un convegno dove

viene messa in risalto la figura di“San Francesco Caracciolo, patronodei cuochi d’Italia”. Il Santo, nato inAbruzzo, a Villa Santa Maria, nel1563 e morto in Molise proprio adAgnone, è celebrato alternativamen-te nelle due regioni con cerimonieche ricordano la sua grande spiritua-lità e l’amore per il prossimo. Ad Agnone la processione dei Ca-

racciolini, l’intervento del Vescovonella messa solenne, una piccolamostra di immagini sacre, si somma-no nei giorni di celebrazione agli in-terventi storico-culturali che riguar-dano la figura di questo Santo.Siamo al Palazzo dei Filippini, il

luogo dove Francesco morì giovane,avendone avuto una miracolosa pre-monizione, e felice di “andare alcielo”. Dopo i saluti al numerosissimo

pubblico del sindaco Antonio Caro-sella e della Delegata Giovanna Ma-ria Maj, dalle parole dei relatori, Ac-cademici di Isernia, Ersilia Caporalee Mario Verrecchia, ascoltiamo congrande interesse cenni della vita diquesto Santo, e della ricchezza ga-stronomica della sua epoca. La famiglia Caracciolo, dell’alta ari-

stocrazia napoletana, amava soffer-marsi a lungo in Abruzzo, nei posse-dimenti di Villa Santa Maria. Fre-quenti erano gli allestimenti di ban-chetti con ospiti di rango, determina-ti dalla caccia alla copiosa selvagginache lì si poteva abbattere e gustare,grazie anche all’opera infaticabiledei famigli che si adoperavano perfar ben figurare. Il principe Ferdi-nando Caracciolo, detto Ferrante, lamoglie Isabella e i figli, con lungimi-ranza ed evidente mecenatismo, vi-

dero nell’apprendimento dei mestieridi cucina un futuro per i giovani co-loni promettenti. Formarono così:“scalchi”, cui era affidata la direzionegenerale del banchetto, persone dibuon gusto, buone maniere ed estrocreativo, poiché registi del convivio;“trincianti”, addetti al taglio delle car-ni, figure di bella presenza, dalle de-licatissime mani, dotati di garbo e ri-servatezza; “coppieri, paggi, spendi-tori”, esperti nell’acquisto delle prov-vigioni; “capo cuochi, cuochi, aiutocuochi”, quasi una scuola, quindi,che formava esperti da garantire poia nobili amici e ricche famiglie, par-tenopee e oltre.Da qui la centenaria storia dei

cuochi di Villa Santa Maria, che nel1996 vide, grazie all’iniziativa delpreside Antonio Di Lello, del mae-stro di cucina Antonio Stanziani e dialtri villesi ma anche dell’allora Dele-gato di Pescara De Victoriis Medori,la proclamazione di San FrancescoCaracciolo a “Patrono dei Cuochid’Italia” ad opera di papa GiovanniPaolo II.Ascanio, secondogenito della fami-

glia Caracciolo, a 22 anni scelse didiventare un religioso, col nome diFrancesco, conducendo una vita dipovertà, predicazione e dedizionetotale al prossimo derelitto. La bellis-sima statua in bronzo antistante lasua casa lo rappresenta mentre guar-da in basso verso il visitatore, con aipiedi i simboli degli onori terreniche non volle mai accettare e, sulpiedistallo, anche il bassorilievo diun banchetto.Ed è un banchetto rinascimentale

che riviviamo immaginando quelloche la famiglia, come si usava, volleoffrire per festeggiare i 20 anni delfiglio Ascanio, consistente in due“Servizi di Credenza”, uno iniziale

Il Patrono dei cuochi d’Italia

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l’altro finale, intervallati da due “Ser-vizi dei Cotti di Cucina”. I commen-sali si presumono 32, come abitual-mente si addiceva al rango principe-sco della famiglia, tutti seduti attornoad un tavolo a forma di ferro di ca-vallo con quattro trionfi fatti di frut-ta, marzapane, zucchero e vegetali.Il pranzo, essendo articolato, era cer-tamente presieduto da uno scalco,due trincianti, sei paggi, uno spendi-tore e un coppiere. In cucina un ca-pocuoco, tre cuochi e dieci aiutocuochi. Va notato che molti dei piattidi quel banchetto erano comuni allatradizione molisana, vista la contigui-tà dei due territori, e a quella napo-letana, attese le origini campane deiCaracciolo.“La tavola è lo specchio fedele di

ogni epoca”, e il Rinascimento fa delbanchetto uno spettacolo. Tutto ètrasformato nell’estetica, nella curadei particolari, nell’apparecchiatura

sontuosa, nei tovagliati dalla partico-lare funzione di cambio stoviglie epulizia. Lo scopo è meravigliare gliinvitati e il convito diventa cosìun’arte legata al bel servire, sia nellascenografica presentazione delle pie-tanze, che nel numero di personeaddette alle varie mansioni, ognunacon un compito ben preciso. Unateatralità nella regia, nello svolgimen-to, nella spettacolarità. Molto benraccontato dai nostri Accademici.Antonio Di Lello e Antonio Stan-

ziani parlano poi del loro libro: “Lacucina dei luoghi di San FrancescoCaracciolo, Patrono dei cuochi d’Ita-lia” che illustra le ricette, fedeli aquelle dell’epoca, provate dagli stes-si ma adattate ai gusti e agli ingre-dienti odierni, dei paesi dove SanFrancesco Caracciolo esercitò il suoapostolato. Egli, pur muovendosi apiedi, rifiutando ogni comodità echiedendo per cibo solo la poverissi-

ma elemosina degli umili, spessocondivisa con i molti affamati che in-contrava, viaggiò molto, percorrendol’Italia e la Spagna con infaticabiledeterminazione. È un’interessantepubblicazione che ci permette di se-guire i sorprendenti percorsi di que-sto Santo. Una sua immagine, benedetta dal

Vescovo, dove egli è rappresentatocon lo sfondo della città che ci ospi-ta, viene consegnata alla dott.ssa To-nina Camperchioli, dirigente scolasti-co dell’Istituto Alberghiero di Agno-ne, a conclusione dell’incontro. Tuttiquanti noi che abbiamo preso partea questo convegno, siamo ammiratie commossi da questa grande figurache ora possiamo dire di conosceremeglio e di amare di più.

GIOVANNA MARIA MAJMARIA CRISTINA CARBONELLI

DI LETINOSee International Summary page 69

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La collaborazione degli Accademici alla loro rivista, oltreche gradita, è indispensabile. Ma occorre che gli Accademi-ci tengano presenti alcune norme essenziali, affinché i loroscritti, frutto di passione e impegno, trovino rapida ed esau-riente pubblicazione.

� Testi degli articoli: è necessario, che i testi vengano in-viati per via elettronica, in formato word (no pdf) utiliz-zando questo indirizzo e-mail: [email protected]

� Lunghezza dei testi: importante che i testi abbiano unalunghezza compresa tra i 4.000 e i 6.000 caratteri (spaziinclusi): in questo modo si eviteranno tagli fastidiosi per chi lideve effettuare quanto per chi li subisce. Qualsiasi computerprevede il conteggio delle battute.

� Rubrica “Dalle Delegazioni”: Al fine di agevolarne la let-tura, contenere gli articoli nella lunghezza massima di2500 caratteri spazi inclusi

� Schede delle riunioni conviviali: vanno inviate in Se-greteria ([email protected]). È altrettanto im-portante che nella compilazione delle schede per le “Note ecommenti” venga rispettato il limite di 800 caratteri(massimo 1000) spazi inclusi, onde evitare anche in questocaso tagli e mutilazioni. Le schede giunte in Segreteria oltreil limite regolamentare di 30 giorni verranno cestinate.

� Si prega inoltre di non inviare relazioni di riunioniconviviali tenute al di fuori del territorio della propriaDelegazione, o di quelle effettuate in casa degli Accade-mici, o che comunque non si sono svolte nei ristoranti o ne-gli esercizi pubblici, in quanto non verranno pubblicate.

� Osservando queste semplici norme si potrà avere la ragio-nevole certezza di una rapida e testuale pubblicazione, evi-tando quei dolorosi tagli che sovente vengono lamentati.� La Direzione della rivista si riserva, ovviamente, i neces-sari controlli, l’eventuale revisione dei testi e la possibilità dipubblicarli secondo gli spazi disponibili.

ISTRUZIONI PER LA COLLABORAZIONE ALLA RIVISTA

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DI GIANNI DI GIACOMOAccademico di Chieti

Importante risorsa alimentare in passato,

possono essere, oggi,un’interessante opportunità

di alimentazione dietetica alternativa.

L a chiocciola è stata uno deglialimenti più consumati dai no-stri antenati. I Greci erano così

appassionati di questa pietanza cheinventarono addirittura una forchettaapposta per mangiarla con più facili-tà e attribuivano alla chiocciola delleproprietà afrodisiache. Il suo consu-mo era comune anche tra i Romaniche praticavano l’elicicoltura, allevan-do le chiocciole con foglie di lauro,vino e crusca bollita, poiché eranoconsiderate un alimento molto dimoda che non mancava mai nei ban-chetti imperiali. Apicio le spurgavanel latte per diversi giorni, prima del-la cottura, fino a quando si gonfiava-no così tanto da non poter rientrarenel guscio, e poi le friggeva o le ar-rostiva servendole con varie salse.Nel corso dell’Alto Medioevo, inve-

ce, la chiocciola divenne il cibo deiceti più bassi, che non potevano per-mettersi la costosa carne e solo nel-l’Ottocento, a seguito di una gravecarestia, esse tornarono ad essereconsumate fino a riconquistare la giu-sta considerazione nella gastronomia.In tante credenze e riti di tutto il

mondo, mangiare le chiocciole hauna funzione beneaugurante: sonosimbolo di fertilità e conciliano leamicizie e gli amori. I Romani nemangiavano tante distesi sul prato,

perché, essendo le loro corna sim-bolo della discordia, seppellendolenello stomaco si cancellavano ranco-ri e litigi. Un proverbio assicura che“per ogni corna di lumaca mangiatala notte di San Giovanni una sventu-ra viene scongiurata”. La chiocciola (Helix pomatia),

chiamata impropriamente lumaca,che in realtà è quella priva di conchi-glia, è un mollusco gasteropode che,invece di avere un sostegno interno,possiede uno scheletro esterno, ossiail guscio. I suoi movimenti sono no-toriamente lenti, ha un muscolo det-to piede che, oltre a permettere allachiocciola di muoversi per scivola-mento, le consente anche di rifugiar-si all’interno del guscio in caso di pe-ricolo. Secerne una bava argenteache adopera come lubrificante du-rante il movimento, per evitare di fe-rirsi e per formare l’“epifragma”, unamembrana sottile che chiude la con-chiglia quando la chiocciola si ritiranel guscio. Sul suo capo ha quattrotentacoli retrattili, due di essi sosten-gono gli occhi, mentre gli altri sonoorgani tattili. In mezzo a questi ultimisi trova la bocca, che è munita diuna lingua ruvida (radula) sulla qua-le è posizionata una miriade di dentimicroscopici. La chiocciola è un ani-male ermafrodita insufficiente, non è

Valorizzare le chiocciole

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ALIMENTI A CONFRONTOAcqua % Proteine % Grassi % Calorie %

Manzo 62,8 8,8 15,4 214Pollo 68,7 19,1 11,0 175Uovo 73,9 13,0 11,1 156Sogliola 81,5 15,9 2,6 82Chiocciola 84,9 13,4 1,7 67

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quindi in grado di autofecondarsima, quando due chiocciole hannoun rapporto, depongono entrambe leuova (dalle 40 alle 80).La specie più conosciuta e apprez-

zata è la grande Helix pomatia. Assairinomata la sua varietà alpina, chetrova nei massicci calcarei delle Alpie dell’Appennino l’ambiente ideale divita e di sviluppo. Detta anche “vi-gnaiola bianca” (in Francia “grosblanc” o “escargot de Bourgogne”), lapomatia ha carne bianca e raffinataed è diffusa in tutta l’Europa centrale.In Italia è consumata soprattutto nelleregioni settentrionali. Nelle zone me-diterranee e nelle regioni italiane cen-tro-meridionali, ma anche in Liguria,è molto popolare la più piccola Helixaspersa. Questa “chiocciola dei giar-dini” o “zigrinata” ,”maruzza” nel Tra-panese (“petit-gris” per i francesi), èprotagonista di molte sagre paesane ecostituisce circa il 70% del patrimonioelicicolo dell’allevamento in Italia.L’Helix aperta o “cozza di terra”, di

taglia medio-piccola, si trova in Pu-glia, Calabria, Sicilia e Sardegna. Ilgusto della sua carne delicata è assaiapprezzato, al punto che in Puglia simangia anche cruda o appena arro-stita sulla brace. Molto diffusa in Ita-lia è anche l’Helix lucorum, o “luma-ca dei boschi” o “turca”. Ha carnepiuttosto scura, per questo è anchedetta “vignaiola scura”; è leggermen-te più fibrosa delle altre, ed è la piùgrande fra le chiocciole Helix: il gu-scio può superare i 45 mm, perciòspesso viene scelto per presentarepiatti a base di lumache. Nel Centro-sud, soprattutto in Toscana e Lazio,si trova l’Helix (Eobania) vermicula-ta o “rigatella”. L’Helix (Theba) pisa-na è particolarmente diffusa in Sici-lia, dove queste chioccioline prendo-no il nome di “babbaluci”, e in Sar-degna, dove le chiamano “giogia mi-nuda”. È considerata squisita anchela carne dell’Helix (Cepaea) nemora-lis, molto apprezzata nei paesi delSud, e dell’Helix (Cepaea) hortensis,simile alla precedente ma molto piùpiccola, con un diametro di circa uncentimetro. La chiocciola è un pro-

dotto dietetico: è ricca di proteine(13,4%) e ha una percentuale minimadi grassi (1,7%) e per questo si puòrapportare al pesce magro. La suacarne, inoltre, contiene una grandevarietà di sali minerali e sono presen-ti tutti gli aminoacidi essenziali. Lapercentuale dei grassi polinsaturi ècirca il 60% del totale nel mollusco,contro il 5% della carne di manzo,favorendo l’eliminazione, attraversole vie biliari, del colesterolo dall’or-ganismo. Per quanto riguarda l’ap-porto calorico, una porzione di lu-

mache senza condimento (es. unadozzina) fornisce poco più di 80 ca-lorie. Si tratta quindi di un alimentotra i meno calorici. Dal punto di vistadietetico, possiamo dunque vederecome la lumaca, per tutte questeproprietà, è un alimento che può es-sere consumato sia come cibo saluti-stico che in presenza di alcune ma-lattie, come nell’eccesso di trigliceridie colesterolo, e anche nelle diete di-magranti.

GIANNI DI GIACOMOSee International Summary page 69

SAPORI RICCHI E POVERINELLA CUCINA MODENESE

Non mi sono mai piaciuti quelli che compilano i “Gotha” gastronomi-ci. Chi è in grado di dichiarare, senza tema di smentite, che la cucinafrancese, ad esempio (tanti altri buongustai, infatti, mettono al primoposto quella cinese, come se nel vasto Paese asiatico ce ne fosse soltan-to una), sia la migliore del mondo in assoluto? Stando ai nostri nume-rosi (troppi?) vini, chi può affermare senza suscitare polemiche che ilBrunello di Montalcino sia il vino più apprezzato? A mettere un po’ dipepe in questa discussione basterebbe tener conto che i lambruschimodenesi e reggiani sono i vini rossi italiani più venduti nel mondo.Le classifiche, dunque, sono tutte soggettive. Ogni piatto e ogni vinovanno considerati in un ambiente enogastronomico che prevede trop-pe varianti per rendere assoluto, oggettivo, il verdetto di primato peruno di loro. Ecco perché non credo nelle classifiche, ma sto ai fatti. Èun fatto, e incontrovertibile, che la cucina modenese sia una delle po-che, se non l’unica, in grado d’imbandire la tavola, dall’antipasto aldessert, senza dover ricorrere a “ingredienti” che provengono dalle al-tre, peraltro tutte eccezionali, cucine regionali italiane. La dimostra-zione viene dalle numerose ricette che si possono consultare sulle pagi-ne di qualsiasi libro dedicato a quella cucina. Dario Zanasi, un “gior-nalista-gourmet” la lettura dei cui articoli avrebbe stuzzicato anche ilpiù incallito degli inappetenti, ha scritto che quella modenese è “unacucina da principi e da contadini”. L’immagine è perfettamente fun-zionale, perché è una gastronomia che unisce sapori raffinati e popo-lari, che sposa l’agro con il dolce, che sa mettere in tavola, appunto,un pranzo tutto modenese senza dover uscire dai vasti “confini” dellapropria cucina. Basti pensare ai suoi saporiti salumi come antipasto(dal “ricco” prosciutto ai “poveri” ciccioli), agli impareggiabili tortelli-ni (da imbandire esclusivamente in brodo!), alla vastissima gammadei lessi e degli arrosti impreziositi dall’accoppiamento con un impa-gabile elisir come l’aceto balsamico tradizionale di Modena, a una sa-pida punta di parmigiano-reggiano innaffiata dai quattro tipi diLambrusco (il gradevolmente acidulo Sorbara, il “rotondo” Grasparos-sa, il corposo Salamino e il frizzante Modena, il Doc ultimo nato), allesaporite rosse ciliegie di Vignola e, per finire, ai dolci semplici ma gu-stosi della tradizione popolare, gli amaretti, il bensone o i tortelli ripie-ni di “savór”. Si potrebbe continuare a lungo. Le alternative non man-cano. Basta provare per credere. (Sandro Bellei)

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 19

C U L T U R A & R I C E R C A

La “cocozzella”negli affreschi ercolanesi

DI GIUSEPPE GUADAGNOAccademico di Caserta

“In mezzo all’opulenza di pesci pregiati,

cacciagione, frutti rari,l’omaggio di un estimatore

alle qualità di un prodotto modesto”.

A nche al meno attento visita-tore delle aree archeologichevesuviane non sfugge che la

già ricercata decorazione pittoricadegli ambienti dei grande complessiresidenziali di Ercolano, Stabia eOplonti, è ulteriormente impreziositadalla presenza di una affascinanteserie di quadretti di “natura morta”,dove, tra cacciagione di tutti i tipi enumerosi prodotti ittici, “esplode”una sorprendente quantità di frutta:uva, fichi, pere,mele, pesche, co-togne, melagrane,datteri, ciliegie ecosì via.Queste raffigura-

zioni valgono co-me autocelebrazio-ne da parte deiproprietari degliimmobili, come di-mostrazione tangi-bile delle loro ca-pacità di essere “àla page” con l’assi-milazione di fruttiche, per i Romanidell’epoca, erano“quasi esotici”, e di appartenere aquella categoria ristretta di facoltosiconsumatori di prodotti frutticoli ealimentari in genere esclusivamented’importazione.Sono in definitiva i documenti di

un fenomeno economico, ma soprat-tutto sociale, stigmatizzato all’epocada Plinio il Vecchio, le cui pesantiespressioni sono rivelatrici di una or-mai consolidata prassi sull’utilizza-zione alimentare di certi prodotti co-me manifestazione di differenza so-ciale. Infatti, nel corso della primametà del I secolo a.C. “… l’avventotrionfale del pesce sulle mense ro-mane…” ha trascinato il fenomeno

dell’allevamento ittico privato e siorganizzarono “vivaria” ad opera diSergio Orata, ben presto imitato daipiù bei nomi del mondo romano“bene” e questi “vivaria” sono pun-tualmente presenti nelle raffigurazio-ni degli affreschi, insieme al pescato.D’altro canto, nel momento in cui sidecoravano gli edifici di Hercula-neum, Pompei, Stabiae e Oplontis,le ciliegie erano “appena” state im-portate dall’Oriente da Lucullo, il ge-

nerale romano cheaveva sconfittoMitridate, ma cheera anche famosoper la golosità e lasontuosità deibanchetti.Se è chiaro già

dal nome latino,persica (sott. ma-la), che le peschesono state ugual-mente introdottedall’Oriente, la va-rietà “percoca”(lat.: precocia,praecoca, praeco-qua) fu introdotta

a Roma intorno all’età di Claudio eal momento era venduta a pezzosingolo ed elevato prezzo. Mentreall’epoca di Tiberio, numerose nuo-ve varietà di fichi erano state impor-tate dalla Siria dal padre del futuroimperatore L. Vitellio, che governòquella Provincia tra il 34 ed il 37d.C. e che introdusse a Roma anchei pistacchi.In tutto questo “tripudio” di pesci

pregiati, cacciagione e frutti rari o“quasi esotici”, nella lussuosa Casadei Cervi di Ercolano richiama l’at-tenzione un riquadro dove in un altoe trasparente vaso di vetro sono im-mersi in un liquido due pomi bian-

Nella foto:“Natura morta con vaso,cocozzelle e pomi”,

Ercolano, Casa dei Cervi.

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chi e un lungo frutto, simile ad unsottile zucchino dall’incredibile lun-ghezza, mentre altri similari stannoai piedi del vaso. La somiglianza con lo zucchino

non si spinge però oltre il primo im-patto visivo, giacché l’intrigante ese-gesi della raffigurazione (dove divolta in volta erano stati identificatianche fave [?] o cetrioli [?]) è stata ri-condotta nel giusto alveo, recente-mente, da uno studiosodella Soprintendenza Ar-cheologica di Pompei, cheha identificato nel lungofrutto verde il prodottodella Lagenaria siceraria(L. vulgaris) var. longissi-ma, più semplicementedetta in area campana “co-cozzella” (da non confon-dere con l’altro terminedialettale “cocozziello” chevuol dire zucchino).D’altro canto al di là del

primo impatto visivo, co-me si diceva, anche se unodei nomi con cui familiar-mente e impropriamenteviene indicata è “zucchinalunga”, con lo zucchinocomunque non c’è alcunapossibilità di confusione. Alivello botanico, infatti, purappartenendo alla famigliaCucurbitacee, costituisconodue generi differenti: men-tre lo zucchino/Cucumis ètotalmente commestibile,la Lagenaria/“cocozzella” è parteci-pe dei caratteri della zucca. Cometale presenta una sottile buccia ester-na coriacea che va eliminata, unaparte centrale con semi che ugual-mente va eliminata, la parte comme-stibile consistendo in una polpabianca, il cui spessore dipende logi-camente dalle dimensioni del fruttoche, nella varietà longissima, quellacomunemente detta “cocozzella” eusata come commestibile, si presen-ta affusolato e può raggiungere no-tevoli lunghezze (chi scrive ha con-sumato a più riprese una “cocozzel-la” lunga più di due metri!).

Questa polpa si presta in particola-re, tagliata a tocchetti, con patata, ci-polla, odori e un pugno di riso, allaformazione di fresche e veloci zuppeestive, anche se la fantasia delle“cuoche”, che ne apprezzano il sapo-re e le caratteristiche, si sbizzarriscein un’ampia varietà di elaborazioni.Malgrado questa attenzione, che

negli Stati Uniti ha portato alla costi-tuzione della “American Gourd So-

ciety”, che ha censito i nomi di tuttele varietà della Lagenaria, organiz-zando anche una tavola delle formeche queste assumono, la “cocozzel-la”/Lagenaria, presso di noi, si carat-terizza come un “prodotto di nic-chia”, ricercato e gustato dagli esti-matori, ma di non facile reperimentosul mercato ortofrutticolo, che nonappare interessato ad una produzio-ne e ad una commercializzazione in-tensive. Anzi, considerata la situazio-ne, viene da pensare che in qualchecaso la Lagenaria sia nota non per ivalori culinari, ma per la potenzialitàdecorativa del frutto di alcune varie-

tà, o per i valori folklorici che il frut-to, con il nome di “calabash” assu-me nelle Americhe del Sud, in Afri-ca, India e Cina, intorno a cui si so-no fatte ampie ricerche. E tuttavia, un aspetto non sembra

essere stato percepito e indagato:l’importanza storica ed economicadella Lagenaria per il mondo euro-peo, giacché essa è stata l’unica“zucca” conosciuta fino a quando

dalle Americhe non sono ve-nute le zucche moderne (perintendersi quelle con cui sifanno le diaboliche maschereluminose per Halloween).L’antichità di questa conoscen-za ci è dimostrata dalle paroledei trattatisti di agricoltura dietà romana: quando Columelladice che le Cucurbitacee delsuo tempo sono adatte ad es-sere utilizzate come contenito-ri, non fa altro che anticiparela definizione che ancora agliinizi del Novecento si dava:“zucca da farina o da vino”,che è poi l’utilizzo attuale neipaesi extraeuropei.E quando Plinio il Vecchio

elenca le caratteristiche dellezucche, sia per la forma cheveniva fatta assumere “di unserpente arrotolato” (corri-spondenza moderna: “zucca aserpente”), sia per la notevolelunghezza che potevano rag-giungere, per cui “… tanto piùsono pregiate quanto più sono

lunghe e sottili e per questo modosono più sane quelle cresciute so-spese…”, sembra di sentir descriverel’allevamento delle “cocozzelle”, cheavviene anche su pergolati.Insomma nel caso del quadretto

della Casa dei Cervi di Ercolano siha la documentazione visiva di que-sta presenza pervenuta fino ai nostrigiorni, ma soprattutto, in mezzo al-l’opulenza di pesci pregiati, caccia-gione, frutti rari ed esotici, l’omaggiodi un estimatore alle qualità di unprodotto modesto.

GIUSEPPE GUADAGNOSee International Summary page 69

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CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 20

Tavola delle forme dei frutti delle varietà di Lagenaria, American Gourd Society.

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DI SILVIA DE LORENZO

Elevare la qualità dei convegni coinvolgendo i Centri Studi Territoriali; interpretare l’evoluzione della Civiltà della Tavola

in questo momento di transizione.

M olto numerosi i partecipan-ti: l’interesse di confrontar-si, scambiare idee, acco-

gliere suggerimenti, porre domande,ricevere risposte. E il Presidente Bal-larini sottolinea subito quanto ibrainstorming di questi incontri fac-ciano emergere idee e creatività.Dopo i saluti di Giovanni Ballarini

e di Paolo Petroni, si entra nel vivodei lavori, con un quadro sinteticodelle linee culturali alla base dell’atti-vità accademica attuale e futura. Stia-mo vivendo un periodo di transizio-ne “calda”, fa notare il PresidenteBallarini: sono crollati i vecchi para-digmi e sono in arrivo i nuovi, an-che per quanto riguarda la cucina.Spesso non ci accorgiamo dei pas-saggi intermedi, ma l’evoluzione ècostante e noi adesso ci stiamo muo-vendo. E con la società, si muovenaturalmente anche l’Accademia.Lungo quale percorso? Innanzituttotutelando le tradizioni della cucina

italiana e recuperando quelle scom-parse; inoltre, individuando quali so-no le tradizioni gastronomiche damantenere in una cucina che, nelsuo divenire, diventerà più austera,più concreta e meno spettacolare. Èimportante, però, anche sapere ache punto siamo oggi, in questo per-corso di cambiamento ed ecco ilperché del “Forum”, aperto a tutti gliAccademici, che porterà alla realiz-zazione del volume della Collana diCultura Gastronomica del 2013, “Lacucina italiana oggi”, le cui adesionistanno arrivando numerose in reda-zione. Lo sviluppo dell’attività cultu-rale dell’Accademia, ha ricordato an-cora il Presidente Ballarini, non po-trà prescindere poi dallo studio deirapporti fra cucina italiana e cucineestere. Le Delegazioni all’estero co-stituiscono un centro di aggregazio-ne di cultura e cucina italiana, maimportante è anche il loro contattocon altre cucine, di cui vanno cono-

Privilegiare sempre la cultura

C E N T R O S T U D I “ F R A N C O M A R E N G H I ”

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CENA ECUMENICA 2013Si è appena svolta la cena ecumenica che ha vistoinsieme, alla stessa mensa virtuale, tutti gli Accade-mici in Italia e nel mondo. Il prossimo anno, la riunione conviviale ecumenicasi svolgerà il 17 ottobre alle 20,30, e avrà come te-ma “La cucina delle carni da non dimenticare”.Un tema, quello scelto dal Centro Studi “FrancoMarenghi” e approvato dal Consiglio di Presidenza,

che comprende la cucina del quinto quarto, ma anche di altre carni oprodotti di origine animale, presenti nella cucina del popolo e oggi sempremeno usati, anche perché espressione di un’ormai superata cucina dellafame. L’obiettivo per il 2013 sarà dunque quello di recuperare le tradizionidella cucina di frattaglie, visceri, rigaglie, trippe e non solo, che oggi posso-no ancora avere un ruolo in una moderna cucina italiana sobria. I Dele-gati cureranno che la cena ecumenica sia accompagnata da una idonearelazione di carattere culturale che illustri l’importante tema proposto eche, sulle mense, il menu sia composto in omaggio agli alimenti scelti.

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sciuti e approfonditi gli aspetti piùcaratterizzanti: è il motivo per cuil’Accademia promuove la costituzio-ne di Delegazioni in tutto il mondo.Sottolineata in questo ambito anchel’importanza dell’Accademia Interna-zionale di Gastronomia la cui attivitàculturale è sempre volta alla qualitàdella tavola.L’intervento del Presidente del

Centro Studi Paolo Petroni ha affron-tato il tema dei convegni accademici,sempre più numerosi. Se essi sonosegno di vivacità e impegno delleDelegazioni, ha sottolineato Petroni,bisogna vigilare sulla loro qualitàculturale: non è necessario che perfesteggiare un anniversario della De-legazione si faccia un convegno, èutile e qualificante, invece, organiz-zare un convegno di alto livello cul-turale, su un argomento di interesse

gastronomico, nel quale relatori e re-lazioni siano non solo pertinenti altema ma anche di qualità. È impor-tante quindi fare attenzione a nonseguire piuttosto una moda (oggiogni fiera locale ha un suo conve-gno) che la valorizzazione di un te-ma di cultura e di interesse gastro-nomico. E a questo scopo, ha sugge-rito Paolo Petroni, vale la pena coin-volgere i Centri Studi Territoriali persuggerimenti e partecipazioni qualifi-cate. Il tema ha suscitato un vivacedibattito dal quale è emerso chespesso i Centri Studi non vengonoinformati, e neanche i CoordinatoriTerritoriali, se non a cose fatte, men-tre è stato rilevato quanto proficuisiano stati convegni realizzati magarida più Delegazioni su un tema co-mune, del quale è stato possibile,con una visuale più ampia e com-

pleta, affrontare diversi aspetti, an-che di realtà locali, a formare unquadro completo sull’argomento. In-somma, non è l’occasione a determi-nare lo svolgimento di un convegno,ma l’interesse di un argomento spe-cifico e la ricchezza e la qualità degliinterventi a determinare l’occasionedi organizzare un evento. Soprattuttoperché, come è emerso dal dibattito,un convegno interessante, che sia at-tinente alla cultura gastronomica enon rappresenti piuttosto una gitaturistica, costituisce per l’Accademia,anche in piccoli territori, un qualifi-cato ritorno d’immagine.Dopo la presentazione dell’ultimo

volume degli Itinerari su “La cucinadelle erbe e degli aromi”, fresco distampa, che ha suscitato positivicommenti, è stato deciso, anche conil contributo dei partecipanti, il titolodefinitivo del prossimo volume, checostituisce allo stesso tempo il temadell’anno e della cena ecumenica del2013: “La cucina delle carni da nondimenticare”.Un breve accenno ai contenuti

della Rivista che potranno esseresempre più interessanti e vari, anchenelle firme, in funzione dell’impegnodi tutti ad inviare articoli di spessoreintorno alla civiltà della tavola, e sipassa, infine, al Ricettario. CarlaChiaramoni, che ne coordina la re-dazione, ha fatto il punto sulle ricet-te ricevute, abbastanza in linea con itempi previsti, sottolineandone an-che la numerosità da cui avrà origi-ne un volume molto corposo. Hapoi ricordato di indicare le localitàda cui originano le ricette, il nomeitaliano oltre che quello dialettale edi non dimenticare la quantità degliingredienti. Proprio a propositodell’abbondanza delle ricette ricevu-te, indice dell’interesse e della con-divisione al progetto da parte delleDelegazioni, il Presidente del CentroStudi ha avanzato l’ipotesi che il vo-lume venga successivamente suddi-viso in sezioni regionali, recuperan-do anche eventuali ricette escluse.

SILVIA DE LORENZOSee International Summary page 69

INDIRIZZI DI POSTA ELETTRONICARicordiamo che il vecchio indirizzo di posta elettronica, già da tempo

non più utilizzato, è stato definitivamente eliminato.Per semplificare i contatti con i vari settori dell’Accademia,

ecco gli indirizzi e-mail ai quali inoltrare la posta.

e-mail per il Presidente:[email protected]

e-mail per il Segretario generale:[email protected]

e-mail per la Segreteria nazionale e redazione milanese della rivista:[email protected]

e-mail per la Direzione e redazione romana della rivista:[email protected]

e-mail per la Biblioteca nazionale “Giuseppe Dell’Osso”:[email protected]

Ricordiamo che l’Accademia ha un proprio sito Internet:www.accademia1953.it

da cui è possibile, tra l’altro, consultare e scaricare gli ultimi tre numeri pubblicati di “Civiltà della Tavola” in formato Pdf.

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DI ROBERTO DOTTARELLIAccademico di Roma Castelli

Anche la mitologia spiega l’organizzazione

degli spazi dedicati alle attività umane

legate al cibo.

T utte le popolazioni antiche han-no avuto i loro miti delle origi-ni. Lo sviluppo successivo delle

credenze religiose si è innestato sutali ricchi corpi mitologici, lasciandocipensare a lungo che anche essi fosse-ro riconducibili a significati religiosi.Ciò è vero solo in parte. Grazie aglistudi di Lévi-Strauss e di altri antropo-logi, si è compreso che la mitologianon è solo una forma di pensiero pri-mitivo sul “sacro”, ma è anche l’equi-valente di un’enciclopedia universale,la summa delle conoscenze e delleregole della comunità che l’avevaideata o adottata e, magari, trasforma-ta, in base alle proprie esperienze.Molto spesso la mitologia offre in-

dicazioni su come ci si debba rego-lare nelle alleanze matrimoniali, sce-gliendo tra “parentela” e “territorio”:la prima per mantenere i possedi-menti e il secondo per estenderli,stringendo alleanze con popoli vici-ni. In altri casi, i miti sono funzionalia decretare l’ordine gerarchico tra igeneri o quello interno alla comuni-tà più ampia.Nel caso dei miti che andremo a

prendere in esame, tratti da “Miti Ro-mani” di Licia Ferro e Mario Monte-leone (Einaudi, 2010), vedremo co-me essi avessero a che fare con leattività economiche, da cui dipende-va, in ultima analisi, la riproduzionedella comunità stessa.All’inizio lui c’era già: Giano, il dio

bifronte, guardiano di tutti i passaggi(ianua = porta). Quando il mondoha inizio, a poco a poco, appaiono lefonti, i fiumi, i laghi, le valli e i monticoperti di boschi. In questo mondogli unici abitanti sono le Ninfe e iFauni. Solo in un secondo momentoappare Saturno: un vecchio, con i ca-pelli e la barba fluenti, che chiedeasilo a Giano. La residenza di Saturno

diviene presto un paradiso coperto difiori, di frutti, di animali, di alberi, difiumi di latte e di miele, che goccioladall’incavo delle querce e dei lecci.Saturno (da satus, seminare) inse-

gna a Giano il suo sapere (agri cultu-ra), l’arte di avere cura dei campi,per ricompensarlo di averlo accolto edi avergli offerto un colle su cui risie-dere. Ma un giorno Saturno spariscee il suo posto viene preso da Gioveche non vuole vedere gli uomini sen-za far niente; allora Giano insegna lo-ro l’agricoltura, affinché possano be-neficiare di quelle abilità che primaerano note solo agli dei. Saturno la-scia un figlio, Pico (il Picchio), cheama la caccia e va costantemente ingiro per selve e boschi. Circe s’inna-mora di lui, ma viene respinta e perquesto lo trasforma in uccello, pur la-sciandogli lo status di numen silve-stris, divinità dei boschi, con capacitàprofetiche. Pico ha un figlio, Fauno,che come il padre è un numen silve-stris, col corpo per metà umano e permetà caprino. Come il padre è unadivinità profetica, un dio fatidicus,perché quello che diceva, si verifica-va immancabilmente. Accanto a Fau-no, o forse è un’altra sua personifica-zione, c’è un’altra divinità silvestre: èSilvano, che vive sulle montagne enei boschi e come tale lo venerano icacciatori di orsi e cinghiali, i tagliale-gna, i falegnami e i commercianti dilegname, che dai boschi traggono davivere. Silvano è il dio che per primoinsegna l’orti cultura, cioè l’arte dicoltivare alberi da frutto e ortaggi.Non sarà sfuggito, ai lettori più at-

tenti, che ognuna di queste divinitàha un legame con una delle attivitàdi sussistenza: Saturno è legato allacerealicoltura (la forma di agricolturapiù importante, nell’antichità); Picoalla caccia e alla raccolta, soprattutto

Miti, paesaggi e alimentazione

C U L T U R A & R I C E R C A

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Nel nostro cammino di vita accademica, la lenta tra-sformazione da semplici buongustai, amanti dellabuona cucina e delle sane abitudini alimentari, inAccademici culturalmente preparati, in molti di noiè ancora rallentata da una certa inerzia mentale,che ne limita la voglia di approfondire, conoscerecompiutamente e immergersi nella cultura della ta-vola e del cibo. Per capire e comprendere le più pro-fonde e remote origini culturali della cucina e dellagastronomia, è necessario fermarsi e fare una pausa,a riflettere, per poi studiare le origini di ciò che simangia. Così facendo, a mio avviso, è possibile poiintraprendere quel personale viaggio di conoscenzedelle storie e delle avventure di tutto ciò che si trovain tavola, o ci viene proposto a tavola. Da qui, il giu-sto stimolo per approfondire la nostra conoscenzadella cucina, perché tutto ciò che promuove riflessio-ni sulle nostre tradizioni culinarie, non può che ar-ricchire la nostra cultura alimentare. Anche sul piano personale si progredisce, e ci si evol-ve, solo se conosciamo le nostre origini, il nostro pas-sato e il patrimonio che rappresenta. Studiare e rin-tracciare i precedenti, le influenze e le fonti dallequali l’arte culinaria attinge, è essenziale se non fon-damentale: esse sono una documentazione di valoreinestimabile per conoscere il nostro passato, ma an-che per capire sempre di più il nostro presente. Un

materiale prezioso che va ricercato, scoperto e studia-to sia per capire perché molti dei sapori e degli aromidei nostri antenati continuino a soddisfare i nostripalati, ma anche per sapere perché, di converso, permolti altri questo non avviene. Se, in generale, è quasi impossibile stabilire con esat-tezza come, e quando, sia nato un piatto, è anchevero che ci sono ingredienti, aromi o metodi di rea-lizzazione, che, inequivocabilmente, ne tradiscono leradici e le origini. È dalla fusione di tutti gli apporti,e di tutte le influenze, che si forma e si modella unacultura gastronomica, e una cultura culinaria, a li-vello nazionale, regionale e locale, e questo vale perogni loro singolo elemento e componente. Intraprendendo questo percorso, è obbligatorio tenersempre ben presente che, con il trascorrere del tempo,si sono notevolmente modificati i metodi di prepara-zione e cottura, e contemporaneamente sono cam-biati anche le abitudini e i costumi delle persone edelle genti; i sapori si sono mescolati, e nel tempo, traquesti, alcuni hanno prevalso sugli altri, comparen-do e scomparendo nelle ricette tradizionali. In que-sto, come in tanti altri fattori e settori del nostro vive-re quotidiano, l’intervento dell’uomo è sempre statodeterminante, dove infine, oggi come ieri, cucinare èqualcosa di vivo che, sotto le sapienti mani del cuoco,si trasforma e prende corpo. (Tito Trombacco)

STUDIARE PER CAPIRE COSA MANGIAMO

del miele (Lévi-Strauss in “Dal mielealle ceneri”, 1970, Il Saggiatore, ri-porta che il picchio è un segnalatoredel miele, poiché con poche beccatesnida e mangia le api, che si nascon-dono nell’incavo delle querce); Fau-no è facilmente associabile alla pa-storizia e Silvano, come detto, all’or-ticultura. Il che ci permette di sottoli-neare come manchi la pesca e comequesta mancanza d’interesse sia con-fermata dai dati archeologici, almenonei siti dell’età del Bronzo dell’Italiacentro-settentrionale.Ma, proprio in relazione ai dati ar-

cheologici, questi miti propongonoun altro gioco di specchi. Silvano in-fatti insegna anche a marcare il terri-torio, ponendo le prime pietre diconfine ai margini dei poderi, ed èlui che definisce l’organizzazione chedeve avere la tenuta, caratterizzatada tre zone distinte, tutte e tre a luisacre. La zona orientale, ai margini

del bosco; la zona agreste, dedicataai pastori, in cui pascolano le man-drie; infine la zona domestica in cuitrovano spazio le attività agricole, gliorti, il frutteto e i campi di cereali.Ora questa organizzazione dello

spazio è molto simile a quella de-scritta da George Duby per i secoliVII e VIII, in relazione ai paesaggi ditipo germanico (in “Le origini del-l’economia europea”, 1975, Laterza).“Gli archeologi descrivono gli arativi[intorno a ciascuna tenuta] come iso-le assai ristrette, non più estese diuna decina di ettari… Questo coltivodi irrisoria estensione era coperto in-nanzitutto dagli orti situati nelle im-mediate vicinanze delle case… Al dilà di questo limite si apriva un nuo-vo, più vasto mondo… il saltus. Quile greggi pascolavano in primavera ein autunno; qui gli abitanti del villag-gio praticavano la caccia e la raccol-ta dei frutti spontanei e tagliavano la

legna per le case, per gli steccati,per gli attrezzi e per il fuoco”.Ed è ancora più simile alla situa-

zione rinvenuta dagli archeologipreistorici negli insediamenti “terra-maricoli” dell’età del Bronzo, dove ilterritorio era ripartito in tre zone: laprima, più vicina al villaggio, che eracaratterizzata da campi coltivati;l’area intermedia destinata al pasco-lo, che poteva servire anche da rota-zione alle colture cerealicole tenutea riposo e, infine, la zona perifericache era lasciata a bosco.C’insegna Duby che “l’aspetto del

paesaggio riflette non solo la densitàdel popolamento e lo stato dell’at-trezzatura, ma anche il sistema dicoltivazione, che a sua volta dipendedalle tradizioni alimentari”. Aggiungosolo che anche i miti, a loro volta,possono raccontarci tutto questo.

ROBERTO DOTTARELLISee International Summary page 69

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DI LORENA GALLINA

Il Corrado raccomandava“d’inventar sempre cose

nuove... giacché la novitàha fatto sempre

spaccio nel mondo,ed è piaciuta e piace”.

V incenzo Corrado, oritano dinascita, ascrivibile tra il 1734 eil 1736, è un personaggio ben

noto nel panorama della saggisticagastronomica del XVIII secolo. Auto-re del celebre “Il cuoco galante”,edito per la prima volta a Napoli nel1773, ricettario autonomo per stile econtenuto rispetto alla trattatisticad’oltralpe che dettò la cifra del gustonel Bel Paese per circa un secolo, ènoto anche per il suo interesse neiconfronti del cibo pitagorico a basedi verdura, frutta e dei numerosiprodotti della terra. Nel giugno 1990la nostra Accademia ha realizzato aBergamo un convegno nazionale de-dicato al cibo pitagorico nell’operadel Corrado e alla sua influenza sullacucina italiana.L’autore ha dato alle stampe anche

un agile manuale dedicato all’attivitàdel credenziere, figura chiave nellacucina del tempo. “Il credenziere dibuon gusto”, pubblicato nel 1778,sempre a Napoli, per i tipi dellaStamperia Raimondiana, è suddivisoin 8 trattati che passano in rassegnal’arte della pasticceria e distilleria, alcentro di altri celebri trattati anchenel secolo successivo: basti citarel’opera di Vincenzo Agnoletti, stam-pata a Roma nel 1830.Il Corrado, trasferitosi giovanissimo

a Napoli dove si mantenne comemaestro presso le famiglie dell’aristo-crazia locale, apre l’opera con unadedica, consueta per l’epoca, mapiuttosto ampollosa “all’eccellentissi-mo signor D. Ferdinando de Carde-nes”: in essa l’autore cita “il primomio libro del buon gusto de’ cibistampato sotto il titolo del Cuoco Ga-lante”, dedicato al Principe di Franca-villa “che grandemente lo gradì”, perpoi proseguire con la “captatio bene-volentiae” nei confronti dell’attuale

dedicatario che a detta dell’autorenon si è “lasciato punto alterare dal-l’altezza del tanto rinomato, nobilissi-mo, ed antichissimo Casato de Carde-nes”.Nella prefazione il Corrado sostiene

che l’arte del mangiare e la scienzadella gola sono da sempre le leveche hanno stimolato la curiosità versonuovi gusti e ingredienti: grazie adesse la gastronomia ha potuto scopri-re nuovi piatti e ricette, soprattutto apartire dalle produzioni locali, in-fluenzate dal clima e dalle caratteristi-che del territorio. L’autore scrive che“gli Asiatici più voluttuosi, che gli altripopoli, furono i primi, che s’impie-gassero nella preparazione delle vi-vande, adattate alle produzioni delloro clima. Il commercio ne portòl’uso a’ convicini. E così, la voluttà,l’abbondanza, la varietà e la dilicatez-za delle tavole, passò dall’Asia allaPersia, alla Grecia, e quindi agli altripopoli della terra”. Segue un ampioexcursus storico nel quale vengonopassate in rassegna numerose civiltàcon i relativi “meriti culinari”.Ancora una volta l’autore cita se

stesso ponendo l’attenzione sulla sto-ria editoriale della sua opera più ce-lebre, per poi concentrarsi sulla suaultima fatica letteraria con la qualeintende “istruire la gioventù a render-si abile, ed idonea per il servizio de’grandi, e darli gusto, e piacere”.Risulta curioso rilevare che l’auto-

re, nella stessa pagina, si pone comeun “semplice cuoco o credenziere”per poi dichiarare che le sue operestampate a Napoli vennero realizzate“per comando de’ grandi”. In chiusu-ra di prefazione il lettore trova ilconsiglio più utile e prezioso da par-te dell’autore: “… e quello sarà piùeccellente cuoco, o più rinomatocredenziere, il quale saprà più in-

Il credenziere di buon gusto

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B I B L I O T E C A N A Z I O N A L E G I U S E P P E D E L L ’ O S S O

ventare, e si saprà accomodare al gu-sto semplice, e dilicato, e non già al-la quantità delle cose. […] Procurinodunque i possessori di quest’arte,d’inventar sempre cose nuove, e pel-legrine, e stiano sicuri, che sarannosempre li più graditi, e stimati; giac-chè la novità ha fatto sempre spaccionel mondo, ed ha piaciuta, e piace”.Si entra poi nel vivo della trattazio-

ne con l’indice degli otto trattati, aloro volta suddivisi in capitoli: il pri-mo è dedicato ai giulebbi ovverosciroppi molto dolci a base di zuc-chero e fiori, frutta o altri ingredientia discrezione del credenziere: si spa-zia dalla liquirizia alle viole, dal ce-dro al caffè. Seguono le pozioni cal-de ovvero cioccolata e caffè: meritauna menzione la ricetta dell’assenzioall’oritana “Mentre l’acqua bolle nelladose di una ciotola ci si metterà unacimetta verde di assenzio, e si leveràdal fuoco. Nel bere questa pozionesi condirà con miele”.Il secondo trattato si occupa di

sorbetti, mentre il terzo è riservato adolci in forno, in stainato, e confet-tura e si apre con le ricette dei na-spri di svariati gusti, dal cioccolatoalla vaniglia al caffè alle fragole; se-guono le preparazioni per pan diSpagna e biscotti. Numerose le ricet-te dei dolci in stainato: confortini pertutti i gusti, torroncini, pignoccata,spongata e nocciole caramellatenonché confetture di ogni genere.Il quarto e il quinto trattato passa-

no in rassegna rispettivamente i fruttiin composta, giulebati e graniti, non-ché marmellate di frutta, fiori e con-fezioni. I due trattati seguenti affron-tano il tema degli spiriti e dei rosoli edelle acque di odore, aceti e profu-mi. Il trattato conclusivo ha per titolo“Idea di disporre dodici desserts, evariarli per tutti i mesi dell’anno”, apartire da maggio, e in quest’ultimotrattato emerge una volta di più lacomponente decorativa e artistica dellavoro del credenziere, votato ancheall’abbellimento e alla presentazionecoreografica delle sue preparazioni.

LORENA GALLINASee International Summary page 69

LE RICETTE D’AUTORE

MARMELLATA DI PESCHE

Pulite le pesche, e tagliate in fette si fanno bianchire in acqua con po-che goccie di sugo di limone, dopo si mettono nel zucchero primachiarificato, e freddato, ed in esso se le fanno dare pochi bolli. Il dì se-guente si farà il zucchero più restringere sopr’al fuoco, cavatene peròle pesche, le quali di nuovo si metteranno nel zucchero già ristretto efreddato, per farle altro poco bollire. L’istesso si ripeterà per quattrogiorni; ma nell’ultimo giorno si dovranno far bollire, e restringere innuovo zucchero giulebbato, col quale si conserveranno nelli vasi diCreta.

TORTA DI PERE MOSCADELLE

La pasta frolla si fa con questa proporzione: per ogni due libre di fari-na vi vogliono una libra di zucchero, ed una di sugna, sei gialli d’uo-va con una chiara, qualche senso di mandorle amare, cedrato, ocannella ed anche poche goccie d’acqua. Non bisogna troppo dime-narla, ma tirarla subito. Cotte nel zucchero chiarificato le pere mo-scadelle, e freddate, s’unificano con zucca e limoni verdi canditi etritolati, ed un poco di muschio sciolto in acqua di rose; si mettanonella cassa di pasta frolla a cuocere; e si serve la torta coverta di pa-sta di merenghe, guarnita di pere moscadelle candite.

BISCOTTI ALLA BUGNÈ

Dimenate benne cinque gialli d’uova con cinque oncie di zucchero,si mescolino con cinque chiare d’uova montate, ed un’oncia di fior difarina. Indi si faccia cuocere questa composizione lentamente al for-no in varie lunghe cassettine di carta, disposte sopra una foglia di ra-me, e polverate di zucchero; e quando si distaccheranno dalla carta,allora potranno servirsi come sono o nasprati.

BISCOTTO AMARICANTE

Pesta una libra di mandorle amare bianchite, ed asciugate, con unalibra di zucchero in polvere, e passato l’uno e l’altro per setaccio s’im-pasterà con due chiare d’uova montate, ed un’altra libra di zucche-ro; e quando questa pasta tagliata col coltello non attacchi al medesi-mo (altrimenti aggiungendosi più zucchero si sequiterà a dimenarlacon le mani bagnate in chiare d’uova montate) se ne formino picciolitortellini, quali disposti sopra la carta su di una foglia di rame si fa-ranno cuocere.

VINCENZO CORRADOIl cuoco galante, 1778

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Le proprietà del sedanoDI AMEDEO SANTARELLI

Accademico onorario di Termoli

Dalla cucina alla medicina,questo ortaggio merita,

come dice l’Artusi, un posto“tra gli erbaggi salubri”.

S ono molto frequenti le esalta-zioni del sedano, tanto sul pia-no alimentare che medicinale.

Una recente pubblicazione appaia ilsedano al porro, definendoli “prìnci-pi delle zuppe”. Per contro, da altraparte, il sedano si definisce “piantamedica” e, ancora, “re dei diureticinaturali”. Vediamo che ne diconoantichi e più moderni gastronomi,quali Apicio e Pellegrino Artusi.Nel suo “De re coquinaria”, Apicio,

maestro di salse fantasiose e stuzzi-canti, suggerisce, tra i vari modi, dicuocere il sedano in acqua salata,spremerlo per bene e tagliarlo in pic-coli pezzi unendolo al pepe tritato,origano, cipolla, vino, salsa e olio.Cuocere tutto in una pentola e uniregambi di foglie carnose: l’intingolo èpronto. Artusi, nella sua “Scienza incucina e l’arte di mangiar bene”, de-finita la “Bibbia in cucina”, cita trecontorni a base di sedano, per ac-compagnare soprattutto carni cucina-te in vario modo. Ricorda che gli an-tichi, durante i banchetti, si “incoro-navano con la pianta di sedano cre-dendo di neutralizzare con essa i fu-mi del vino”. Scrive ancora: “Il seda-no è grato al gusto per quel suo aro-ma speciale, merita un posto tra glierbaggi salubri”.Artusi, per il contorno del lesso

suggerisce: “Tagliare a pezzetti co-stole di sedano bianco, lessarle inacqua salata e soffriggerle nel burrolegandole alla fine con la Balsamella(sorta della più complessa becha-mel), cospargerle abbondantementedi parmigiano prima di servire”.È presumibile che il sedano odier-

no, nelle varietà più coltivate, di-scenda dalla specie ancestrale “seda-no palustre”, migliorato negli annidagli agricoltori. Oggi ricorronomaggiormente il sedano “dulce” e il

sedano “rapaceum”, detto sedano ra-pa, caratterizzato da un ingrossa-mento della zona del colletto, analo-go alla rapa. Il sedano si componedi fibre, proteine, glucidi, lipidi, vita-mine come la C e la K, provitaminaA e, in minor misura, B2, B1, PP edE. Poi sali minerali di potassio, so-dio, fosforo, calcio, rame e ferro.Oltre che come contorno, il sedano

si usa, notoriamente, crudo in insalatee anche per preparare succhi di co-stole, di efficace effetto antireumati-co. Recenti studi hanno accertato nelsedano una sostanza antiossidantedella famiglia dei flavonoidi, la luteo-lina, confermando la presenza dellavitamina E che, oltre a dare all’ortag-gio l’effetto rivitalizzante, sarebbe “re-sponsabile” dell’effetto afrodisiaco,percepito nel sedano dalle popolazio-ni antiche, sempre alla ricerca del-l’eterna giovinezza. Va segnalato al ri-guardo che nella Franche-Comté, re-gione centro-orientale della Francia, ilsedano ha sempre goduto, in merito,di alta reputazione, tant’è che in zonaricorre il detto: “Se l’uomo conosces-se l’effetto del sedano, ne riempireb-be il suo giardino”. Date le sue pro-prietà depurative e diuretiche, è attoa combattere la cellulite. L’infuso disemi può essere di aiuto contro lostress e l’insonnia. Il succo di costoleè anche ottimo tonificante per la pel-le e, diluito in acqua, può essere usa-to come collirio per gli occhi. Per ilsuo effetto cicatrizzante, si può utiliz-zare per gargarismi e lavaggi dellabocca contro ulcerazioni, angine, ab-bassamenti di voce. A completamen-to di tante proprietà medicinali, pos-siamo chiudere ricordando l’effettoeupeptico, stomachico, tonico nervi-no, stimolante surrenale, antisettico edimagrante.See International Summary page 69

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Una mitica tavolataDI PINO JUBATTI

Accademico di Chieti

Nel ricordo di Orio Vergani,una cena al “Bagutta”,

con il figlio Guido.

A ccadde sul finire degli anniSessanta: l’autore era ospitedi Enrico Gianeri e di Beppe

Novello. Il primo festeggiava la fre-sca uscita presso Vallecchi della sua“Storia della Caricatura Europea” e ilsecondo, che compiva gli anni, trop-po noto per illustrarne ancor più imeriti: infatti, da coetaneo e sodaleantico di Orio Vergani, aveva com-piuto, nel 1935, il più famoso deiviaggi gastronomici attraverso l’Italia,in compagnia di Paolo Monelli, nar-rato poi nel libro “Il Ghiottone Er-rante” (1937). Naturalmente, attornoal solito tavolo presso il ristorante“Bagutta” di Milano.I commensali che completavano

quella tavolata - in tutto degna diquelle divenute storiche, perchéideate e animate dal compiantoOrio, scomparso meno di un decen-nio prima - erano: Gabriele Baldini,il noto traduttore dell’opera omnia diShakespeare; Mario Vellani Marchi,pittore e autore delle celebri “liste”appese alle pareti di “Bagutta”; Gio-vannino Manca, illustratore e colla-boratore del “Corriere della Sera”;Enrico Mazzolani, anziano scultoremarchigiano, tra i fedelissimi di quelcenacolo dai tempi del fondatore;Vincenzo Buonassisi; Guido Vergani,primogenito di Orio; Giansiro Ferra-ta, critico letterario.Occorre dire subito che il futuro

“ristorante degli artisti” dei toscanifratelli Pèpori - già modesta locandain via Bagutta sin dai lontani anniVenti - si distinse attraverso le pro-poste relative alla genuinità dellecarni e dei vini toscani, con l’ovviaprevalenza della cucina di tradizionefucecchiese, per le rare estasi di uncerto Indro Montanelli; come è do-veroso aggiungere che, nel diveniredegli anni e dei suoi multietnici av-

ventori, si aggiornò saggiamente conuna buona fetta della cucina milane-se coeva. Sotto le sembianze di di-messa trattoria, con un’umile frascaper insegna, fu scoperta da RiccardoBacchelli che - assieme ad AdolfoFranci e ad alcuni colti amici deltempo -, la sera dell’11 novembre1926, vi fondò il più vecchio premioletterario italiano: il “Bagutta”.Ma veniamo al composito quanto

qualificato convivio, per dire che igusti dei commensali erano i più va-riegati, provenendo ciascuno da re-gioni diverse, ma pensò l’Alberto(Pepori) alla “unificazione” di tavola,mettendo a disposizione i capolavoridella cucina di “Bagutta”: per “primi”,rigatoni alla toscana, ribollita, zuppadi porri; per “secondo”, dispotica-mente, “fiorentina per tutti” accom-pagnata da cavolo nero stufato o dapatate in crosta; naturalmente, allapresenza degli immancabili fiaschi diChianti della casa, e degli antipasti abase di finocchiona, funghi e tartufi.Tuttavia, una cortese e del tutto

straordinaria variante venne allestita:in omaggio alla presenza del primo-genito di Orio, si volle suggerire ladisponibilità ai fornelli del celebre ri-sotto giallo milanese, memori dellefallimentari esperienze cucinarie delfiglio di Orio, confessate ripetuta-mente in pubblico e sui giornali. Maladdove l’anfitrione Alberto - stavol-ta, nelle vesti non troppo ambiguedi ristoratore interessato - esibì tuttala sua arte socio-culinaria, fu nell’ac-coppiargli, con grande sensibilità,l’ossobuco, recentissima conquista diquella cucina toscana in terra diLombardia, che mandò in visibilio iconvivianti, per la commozione diGuido Vergani, che volle dedicare il“successo” ai festeggiati.See International Summary page 69

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CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 28

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DI CLAUDIO NOVELLIAccademico di Napoli-Capri

“Lo Scalco alla moderna”di Antonio Latini

è un ponderoso manuale,a torto trascurato,

dove, per la prima volta,compare il pomodoro

in cucina.

S ono conservati nella bibliotecadella Società napoletana di sto-ria patria due preziosi tomi de

“Lo Scalco alla moderna” di AntonioLatini, stampati a Napoli, presso la ti-pografia dei fratelli Muzii, nel 1692 enel 1694. Questi volumi, pur trattan-do di cucina, chiudono simbolica-mente il secolo del viceregno spa-gnolo e del Barocco. Le ricette in es-si contenute, i consigli ai cuochi, leraccomandazioni a scalchi, trinciantie bottiglieri, oltre a riflettere la storiapersonale dell’autore, ci restituisco-no il modo di vivere(dell’aristocrazia) del-l’epoca e quello delsuo mangiare, in salutee in malattia, e ci de-scrivono banchetti esposalizi, gite fuoriporta, si fa per dire,pranzi di gala e vice-reali desinari. Una domanda sorge

subito spontanea: chidiavolo era AntonioLatini? Come egli stes-so procura di farci sa-pere - è autore infattidi una noiosissima au-tobiografia -, nasce a Coll’Amato daAntonio e Laorenza Marotti il 26maggio 1642. Rimasto orfano di en-trambi i genitori alla tenera età dicinque anni, viene preso in caricoda un parente che lo destina ai lavo-ri più umili, da pecoraio a garzonedi tintore fino a quando, nel 1656,entra come servo a casa Razzani, do-ve comincia a far pratica di cucina edove un prete gli insegna anche aleggere e scrivere. Nel 1658 si trasfe-risce a Roma a servizio del cardinalAntonio Barberini, dove fa primapratica di cucina, poi aiuto guardaro-biere, aiutante di camera del cardi-

nale, poi a servire un gentiluomofrancese ospite e infine ridestinato alservizio di cucina facendo pratica discalco e di trinciante con Pietro Pao-lo Pasqualini, scalco di S.E. Alla par-tenza del Barberini per la Francia,cominciano degli anni abbastanzaagitati per il nostro, dove a periodisaltuari alla corte dei Colonna si al-ternano fallimentari tentativi com-merciali e periclitanti incarichi ammi-nistrativi. Dopo un triennio in casadi un ricco borghese in qualità discalco, passa al servizio di Monsi-

gnor Cenammi chelo porta con sé in gi-ro per il granducatodi Toscana. Semprenel 1673, passandoal servizio di Monsi-gnor Mosti, governa-tore della città di Ma-cerata, conosce Feli-ce Buonafede, famo-so scalco, che gli for-nisce preziosi inse-gnamenti. Dal ’74all’82 è a Roma, pri-ma al servizio delmarchese del Grillo,poi di monsignor

Del Giudice, poi di Monsignor Al-temps, poi a Bologna dal cardinalRossetti e infine a Napoli, presso ilministro Carrillo y Salcedo. Nel 1692pubblica il primo volume dello“Scalco alla moderna”, nel ’93 gliviene conferito il cavalierato delloSperon d’oro, nel ’94 pubblica il se-condo volume e nel ’96 muore pres-so l’ospedale Fatebenefratelli.La suddivisione, all’interno del-

l’opera, è quella classica per i trattatidell’epoca: la parte iniziale è riserva-ta alle qualità che deve avere il cuo-co, o agli avvertimenti al bottigliereo sul “Come debbano portarsi i pa-

Le ricette del Latini

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CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 29

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droni con gli ufficiali e gli ufficialico’ i padroni”, fino ai diversi modi,tutti accuratamente descritti, di cometrinciare (“Dell’arte e del magisterodel Trinciante”) pressoché qualun-que forma di vita animale o vegeta-le: i volatili, tra cui la pollanca d’In-dia, la selvaggina, la porchetta dalatte, il cervo, la vitella, fino al pe-sce, a tutti i pesci, in specie spigolae cefalo per finire con l’anguilla. Efrutta e verdura; in questo caso ledescrizioni sono accompagnate dauna splendida e chiarificatrice tavolaillustrata.Segue un lungo elenco di come si

cucinano le parti più disparate deglianimali più diversi, dalla testa delcastrato a quella della camozza (chealtri non sarebbe che la femmina delcamoscio), alla lingua della vitella ealla “zinna” della vacca, ritenuta al-l’epoca una vera squisitezza, dai fa-gianotti agli ortolani, dai beccafichidi Cipro ai piccoli rondanini di nido,fino al pavone, che come si può fa-cilmente immaginare, viene per cosìdire “smontato”, cotto, farcito e ri-montato a trionfo della mensa.

Poi, s’insegna il modo di far “mor-selletti, brodi e sorsichi”, zuppe eminestre, fritti, pasticci d’ogni sorte,arrosti, “e del modo di farli di tuttabontà”; vari piatti compositi, salse esapori, diverse sorti d’aceti odorosi;il modo di conservare “diverse sortedi frutti per tutto l’anno”, come fare“trionfi per la tavola”. Conclude con le accuratissime de-

scrizioni di vari banchetti, e sontuosi“Pransi, regolati dall’autore in diver-se occasioni di Principi banchettati”.Nel secondo volume, come accen-

navamo, vi sono pesci, crostacei efrutti di mare, seguiti da tutta la cuci-na di magro, ovvero da quella gene-ricamente chiamata pitagorica e chesarà la punta di lancia di una nuovasensibilità gastronomica.

Si occupa degli ammalati e deiconvalescenti, e infine ci rallegracon i suoi trattati su zeppole, frittel-le, biscottini, mostaccere e mostac-cioli fino ai sorbetti e alle acqueghiacciate che da quel momento inpoi costituiranno uno dei vanti dellacucina napoletana.Ma ciò che forse più conta, è la

comparsa del pomodoro, per la pri-ma volta in un manuale di cucina,anche se solo in due scarne ricettinenelle oltre ottocento pagine del trat-tato; e nonostante il fatto che già nel1554 Andrea Mattioli, erborista italia-no, ce ne parli e ci informi dellastranezza del suo uso alimentare inItalia, con olio, sale e pepe. Ma i tempi sono maturi, è il caso

di dire: i pomodori comparirannonel 1707 nel “Panunto toscano” diFrancesco Gaudenzio e verranno de-finitivamente consacrati da VincenzoCorrado nel “Cuoco galante”.“Piglierai una mezza dozzena di

Pomadoro, che sieno mature; le por-rai sopra la brage, à brustolare, e do-pò che saranno abbruscate, gli leve-rai la scorza diligentemente, e le tri-terai minutamente con il Coltello, ev’aggiungerai le Cipolle tritate minu-te, à discretione, Peparolo pure trita-to minuto, Serpollo [timo serpillo], òPiperna [santoreggia] in poca quanti-tà, e mescolando ogni cosa insieme,l’accomoderai con un po’ di Sale,Oglio & Aceto, che sarà una Salsamolto gustosa, per il bollito, ò peraltro”. Oppure, in una preparazione

(l’unica, anche se la melanzana, ori-ginaria dell’India era stata introdottain Italia dagli arabi nel XIII secolo)delle “molignane” che ricorda tantola nostra cianfotta: “Le taglierai inpezzetti, con cipolle tritate minute, eCocuzze fresche, pur tagliate minute,e pezzetti di Poma d’oro; farai sof-friggere ogni cosa insieme, con lesue erbette odorifere, con vachid’agresta, a suo tempo, & con le so-lite spezierie, che riuscirà una mine-stra alla Spagnola assai buona”.

CLAUDIO NOVELLISee International Summary page 69

ACCADEMICI IN PRIMO PIANOL’Accademico di Imola, Massimo Montanari, ha ricevuto dalla“Fondation Européenne pour le Patrimoine alimentaire” il premio“François Rabelais”, per “l’insieme della sua opera in favore dei patri-moni culturali alimentari”.

Il Segretario Generale, Paolo Petroni, Accademico della Delegazio-ne di Firenze, ha ricevuto a Pisa il prestigioso “Premio Piazza de’Chavoli”, giunto alla XII edizione, per la sezione “Storia della Ga-stronomia” quale Presidente del Centro Studi dell’Accademia Italia-na della Cucina.

L’Accademico di Livorno, Giovanni Silvi, è stato eletto Presidente delRotary Club Livorno per l’anno sociale 2012/2013.

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L’evoluzione della cucinaDI ENZO ANGELOZZIDelegato di Pescara

Oltre alla cucina borghese è scomparsa anche quella

contadina, sostituita dalla “cucina della fretta”.

P er milioni di anni, la ricerca delcibo ha condizionato l’evolu-zione e la crescita delle genera-

zioni; ha ispirato lotte e guerre e hadeterminato la scoperta di nuovimondi. È certamente vero che il ci-bo, oltre alla funzione biologica enutritiva, ne ha sempre svolto un’al-tra ben importante e chiara: quellasociale e culturale.Già Orazio, nell’intrattenere i suoi

amici, tutti amanti della buona tavo-la, realizzava particolari leccornie; ePlatone elogiava Trimalchio di Sira-cusa per le sue ricette innovative. Studi recenti, come quello di Jan

Tattersall del Dipartimento di Antro-pologia dell’American Museum diStoria Naturale di New York, ci con-fermano lo stretto legame fra l’evolu-zione umana e quella alimentare,anche se, secondo il suo punto di vi-sta, l’evoluzione non fu graduale co-

me affermava Darwin, ma periodica.Certo che, anche se l’evoluzione

umana è strettamente legata a quellaalimentare, la prima è il risultato dieventi naturali, spesso legati alla ne-cessità di sopravvivenza o a coinci-denze casuali come la scoperta delfuoco. L’evoluzione alimentare, inve-ce, fu strettamente legata alla vita delleclassi sociali più elevate, e principal-mente a personaggi che dedicarono illoro ingegno alla continua ricerca, finoa trasformare la cucina in gastronomia.Forse il primo a farlo fu Apicio, al-l’epoca della Roma imperiale. Secondo alcuni la cucina del Me-

dioevo fu ritenuta rozza e poco raffi-nata, ma fu proprio in quel periodoche iniziò la ricerca dei sapori, degliodori, dei colori, e dell’abbinamentodei prodotti stagionali con le variespezie; e fu proprio in quel periodoche ebbe origine la “Panarda”, panta-gruelico rituale organizzato in occa-sione di tradizionali ricorrenze. Conl’evoluzione della cucina, nasce lacultura estetica della tavola. Nasce la“sala da pranzo”, compaiono le for-chette, i bicchieri e tutto quello cherende più gradevole il desinare. Allafine del 1600, Ludovico Antonio Mu-ratori scrisse un volume sulle “Abitu-dini alimentari” e, per l’evoluzionegastronomica, non va dimenticatal’importanza che ebbero la scopertae l’importazione di alimenti nuovidalle Indie e dalle Americhe.In epoca relativamente recente, fu-

rono introdotte le nuove tecniche diconservazione, e successivamente leinnovative tecniche di cottura. E nondimentichiamo che l’Artusi può esse-re considerato il precursore della ga-stronomia moderna, perché nel 1800codificò le solide radici delle tradi-zioni popolari regionali.Che cosa dire sulla “cucina della

civiltà contadina”, che spesso moltirimpiangono, e che a volte viene ci-tata quale riferimento gastronomicoda imitare? In verità non fu mai unavera e propria entità gastronomica,restando piuttosto una cucina chepotrebbe definirsi della “fame”. Unacucina povera, basata sulla pasta, sulpane e sui prodotti della terra edell’orto coltivati dagli stessi contadi-ni. Solo in eccezionali giorni sulla lo-ro tavola era presente la carne, e so-lo di pollo, coniglio o pecora; pecoreperaltro quasi sempre in età avanzatao accidentate, che sarebbero dovuteessere abbattute. Negli anni ’50 com-parve la carne vaccina; e spesso eracarne detta “a basso macello”, cioè dianimali soppressi per cause di forzamaggiore. Ma in particolari eventi,quali il Natale, la Pasqua, la trebbia-tura e soprattutto in occasione di ma-trimoni, la cucina della fame era so-stituita da una quantità impressionan-te di cibo che veniva preparato econsumato, quasi fosse stata organiz-zata una “Panarda”. Spesso non siriusciva a fare onore a tutte le porta-te, ed era consuetudine che la madredella sposa fornisse ad ogni donnauna busta per poter conservare lacarne non consumata a tavola, daportare a casa per il giorno successi-vo. E per anni e anni queste tradizio-ni non hanno subito mutamenti. Mada 20-30 anni risulta che la “cucinacontadina” è radicalmente cambiata,purtroppo in senso peggiorativo, finoa poter dire che è praticamentescomparsa. Il pranzo di nozze si or-ganizza ormai in ristoranti, come tuttigli eventi di rilievo. È finita la cucinadella fame. che era pur sempre unacucina assolutamente genuina; ora,purtroppo, è stata sostituita dalla cu-cina della “fretta“.See International Summary page 69

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Riscoprire il quinto quartoDI GIANNI GENTILINIAccademico di Trento

Un tema che l’Accademiaè già pronta ad affrontare

nel 2013.

L a dizione di “quinto quarto”non è poi così diffusa e, in tem-pi di appiattimento non meno

linguistico che gastronomico, meritaforse due parole introduttive di chia-rimento. È piuttosto noto che la pri-ma e fondamentale divisione dell’ani-male macellato è in due metà, otte-nute praticando il taglio lungo la spi-na dorsale. Il passo successivo vedeproseguire il frazionamento in quat-tro quarti, ossia due quarti anteriori edue quarti posteriori; sono queste leparti più pregiate e proprio da taleatto deriva il verbo italiano “squarta-re”, passato per traslato anche a si-gnificati diversi rispetto a quello ori-ginario della macelleria. Va da sé chetali parti, usualmente, hanno un valo-re commerciale maggiore, dovutoanche alla loro più lunga conservabi-lità. Rimane, però, tutto ciò che sonole interiora ed ecco allora che il para-

dossale “quinto quarto” è rappresen-tato da tutto ciò che di queste è com-mestibile. In pratica si devono ricor-dare: la trippa, della quale è più pre-giato l’omaso; il cuore, il fegato, lamilza e i rognoni, ossia i reni del-l’animale; poi ancora le animelle,composte di timo, ghiandole salivarie pancreas, e infine il cervello e lalingua. Alla lista si potrebbero ag-giungere gli zampetti di maiale o ilmusetto di vitello ma questi pezzi“minori” andrebbero più propriamen-te sotto il nome di “terzo taglio”, unadefinizione che include tutte le partimeno pregiate della carcassa.Ciò detto, potrebbe essere utile

continuare con qualche riflessione dicarattere meno tecnico e più cultura-le. Non si contano le espressioni e imodi di dire, dove gli organi internidel corpo hanno un ruolo. Si puòavere cervello o non averne, e si sacosa vuol dire; a qualcuno poi “il cer-vello” può pure “essere andato in ac-qua”, e sono guai… quanto ad “averfegato” si sa cosa significa e non èsolo un’espressione gergale italiana,ma la cosa affonda radici in un uni-verso culturale esteso e lontanissimo,poiché, presso alcune popolazioniafricane dagli usi cannibalici, il fegatodei nemici uccisi era consumato avi-damente in quanto ritenuto in gradodi trasmetterne il coraggio dimostratoin battaglia. Non v’è poi nessuno chenella propria vita non abbia avuto al-meno un’occasione di incontrare unapersona “di buon cuore” oppure, sepiù sfortunato, d’imbattersi in indivi-dui “senza cuore”.Certo è che l’evocazione di funzio-

ni fisiologiche, di credenze ancestra-li, degli stretti legami tra organi inter-ni e vita, nonché l’inevitabile consta-tazione della stretta similitudine tragli organi e le funzioni fisiologiche

dell’uomo e quelle delle sue vittimecommestibili, sugli animi che ormaidebolmente ricordano il catechismotridentino, può esercitare un certoeffetto di ripulsa. Da ultimo, alcunedelle funzioni degli organi interni,come la metabolizzazione e la depu-razione, potrebbero riecheggiare pertaluni l’idea di scarto e sporcizia. Giàtali aspetti psicologici rendevano lavita complicata al “quinto quarto” fa-cendone per molti, grazie ai bassicosti, il più sovente una necessità,che diveniva virtù attraverso sapientielaborazioni. Per altri, più rari, ilquinto quarto offriva invece una ve-ra palestra di cultura gastronomica,permettendo di esercitarsi in infinitevariazioni e squisitezze che nessunbanale muscolo permette di raggiun-gere. Ma poi è giunto anche in Tren-tino il boom economico con i suoimodelli creduti superiori, ed è alloraevidente che bistecche, fettine, bra-ciole, filetti e compagnia, ossia il“primo taglio” hanno trionfato ovun-que. Ciò ha permesso di rimuoveregli imbarazzanti spettri evocati dalleinteriora, celandoli dietro l’anonimitàdi apparati muscolari sempre simili ase stessi, ma con ciò si è confermata,anche in questo settore, la brutalemassificazione culturale tuttora im-perante. Una tendenza facilitata inarea trentina probabilmente ancheda un provincialismo vergognoso diorigini considerate “povere” e soven-te alla ricerca di modelli alimentari“estranei” considerati migliori. Se non bastasse, a “far le scarpe”

al quinto quarto ci si è messa a uncerto punto pure la “mucca pazza”che ha immediatamente eliminato ereso introvabili le cervella, scompar-se da qualsiasi bancone di macelle-ria, o gli ossibuchi. See International Summary page 69

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Un libro preziosoDI ELIO PALOMBI

Delegato di Napoli-Capri

“Gli animali commestibilidei mari d’Italia” costituisce,

ancora oggi, una fonte preziosa di informazioni.

I n occasione dell’incontro per ilventicinquennale della Delegazio-ne Napoli-Capri, riferendosi ad un

libro molto datato, dal titolo “Gli ani-mali commestibili dei mari d’Italia”, ilSegretario Generale Paolo Petroni neparlava come della “Bibbia” nellaspecifica materia, ancora di grandeattualità. Nell’ascoltarlo era palpabileil mio stupore, misto a sentimenti dipalese commozione: quel libro erastato scritto, circa quarantacinque an-ni fa, da mio padre, professore diZoologia alla Facoltà di Agrariadell’Università degli Studi di Napoli.

La materia, seguendo un’imposta-zione rigorosamente scientifica, trattadelle carni commestibili di mammife-ri, rettili, pesci, tunicati, echinodermi,molluschi e crostacei dei mari d’Italiaed è diretto “a tutti coloro che ama-no il mare, che col mare hanno rap-porti, che dal mare traggono i pro-dotti della pesca e che di questi siservono per i loro commerci”. Moltevolte ci si interroga sul nome di unpesce, sul suo pregio, sul valore eco-nomico, sul suo habitat e sulle mo-dalità di pesca. “Queste e altre do-mande del genere spesso ricorronosulle spiagge e nei porti e il pescato-re, facendo sfoggio della sua compe-tenza zoologica e biologica, risponde

usando nomi e frasi volgari che ilprofano spesso non intende e che la-sciano insoddisfatta la sua curiosità”.Quante volte a tavola, con amici

provenienti da altre Delegazioni, sonosorte animate discussioni sul nome diun pesce che noi conosciamo nelladefinizione dialettale ma che altroveviene indicato con termini diversi? Unesempio per tutti: nel golfo di Napoliè prelibata la carne della pezzogna,che in Liguria viene definita bezago,in Toscana pàrago, in Calabria mùpu,in Sicilia sparumuppu o anche mupa‘mpiriali, mentre in italiano è diversa-mente indicata con il nome di occhia-lone o fragolino occhialone, occhioneo fragolino occhione.Necessità, quindi, di indicare i no-

mi italiani, dialettali e stranieri deglianimali commestibili descritti nel te-sto, lavoro che oggi, con l’uso delcomputer, sarebbe stato agevole, mache a quei tempi, con la macchinada scrivere, costituiva una fatica (nel-l’uso letterale del termine) veramenteimproba. E infatti ricordo le tantepiccole schede, che riportavano i cir-ca quindicimila nomi degli animaliindicati nel testo, che riempivano lacasa. Il lavoro veniva supportato da-gli studi condotti presso la Stazionezoologica, l’Acquario di Napoli nellaVilla Comunale, dove in una grandestanza, aperta alla vista del golfo, sitrovavano vasche di pesci, microsco-pi e vetrini da analizzare. E la menteritorna a quella figura curva sul suoapparecchio di lavoro a ricercare, in-dagare, raccogliere dati che spesso il-luminavano il suo volto per una nuo-va scoperta. Così si lavorava un tem-po, con meticoloso impegno e tantoscrupolo, mentre oggi la modernatecnologia ha reso noi tutti forse unpoco più superficiali.See International Summary page 69

L’immagine è trattadalla copertina del volume.

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Riconvertire gli allevamenti montani

DI GIAN PAOLO PINTONAccademico di Eugania-Basso

Padovano

Un modello svizzero, applicato con successo

già da diversi anni, potrebbe offrire ai giovani

la possibilità di non lasciare i loro territori.

M i è capitato per le mani uninteressante studio di mer-cato che riguarda un pro-

gramma di riconversione e di ripo-polamento per allevamenti bovini dalatte (attivi o in fase di dismissione),nei territori montani e collinari, pertrasformarli in allevamenti di cosìdette “vacche madri” per la produ-zione di carne. “Dagli anni Settantaquesta forma di allevamento vienepraticata con successo nella vicinaSvizzera che può contare oggi più di4.800 membri che allevano circa78.000 vacche madri”, afferma Fran-co Marchesi, autore dello studio. Un aspetto positivo dell’alleva-

mento di vacche madri consistenell’accrescimento naturale deglianimali. Dopo la nascita, il vitelloresta presso la madre. L’alimentazio-ne è costituita soprattutto dal lattematerno, al quale si aggiungono poierba e fieno.In questo programma è rigorosa-

mente vietato l’impiego di additivinutrizionali per accelerare la crescita,di alimenti modificati geneticamentee proteine o grassi animali. I vitellisono allevati sempre assieme allemadri, in stalla e all’esterno. Una delle condizioni principali da

rispettare è il pascolo all’aperto inprimavera e in estate e uscite giorna-liere sia in autunno che in inverno. Icapi di bestiame si muovono libera-mente in prati e alpeggi gestiti se-condo i principi della coltivazioneestensiva. Nella scelta delle vacche madri si

fa ricorso soprattutto a razze dacarne a duplice attitudine, con lequali si mira a un buon rendimentoe a una buona qualità della carne.Ciò comporta che gli animali pro-durrebbero una carne di altissimaqualità, anche grazie ad un’alimen-

tazione estensiva basata su foraggiogrezzo.Da tempo la sopravvivenza delle

stalle “marginali” dedite alla produ-zione lattiero-casearia è messa in se-ria difficoltà dal prezzo di mercatodel latte, spesso troppo basso, perconsentire una minima redditività aiproduttori. Se ciò è vero per le stalledella pianura, l’urgenza di soluzionialternative per i produttori dellamontagna o della collina è ancorapiù pressante. È interessante offrire aquesti allevatori una seria possibilitàdi sostentamento alternativo che limetta in grado di continuare a gesti-re il proprio terreno con una finalitànuova, più adatta ai tempi moderni. Già da diversi anni il prezzo del

latte in parecchie di queste realtànon era più remunerativo. Molti alle-vatori si trovarono pertanto di frontealla seria possibilità di dover abban-donare i propri terreni per dedicarsiad altro. “In Svizzera - continua Mar-chesi - questa prospettiva allarmònon poco le autorità, che in nessunmodo potevano consentire che am-pie zone del loro territorio subisserole pesanti conseguenze dell’abban-dono dell’attività agricolo-zootecnicada parte di famiglie che da genera-zioni garantivano anche la correttagestione del territorio”. Gli sperimentatori svizzeri si trova-

rono, a cavallo degli anni Settanta-Ottanta, di fronte alla necessità dicontemperare due esigenze teorica-mente antagoniste: quella di ottimiz-zare la produzione di carne utiliz-zando però, allo stesso tempo, razzeche non perdessero la possibilità diprodurre un certo quantitativo pre-fissato di latte. Il nocciolo della que-stione stava proprio qui. Si dovevatrovare il modo di allevare bovinidestinati alla macellazione che offris-

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sero una qualità nettamente superio-re alla media, ma ad un prezzo chenon si discostasse troppo da quelloriconosciuto dalle catene dei super-mercati. Per arrivare a questo risultato, gli

esperti zootecnici svizzeri si sonoimpegnati, per oltre vent’anni, inuna attività di selezione, operandotra una grande quantità di razze bo-vine sia da carne che a “duplice atti-tudine”, alla continua ricerca dei mi-gliori incroci e delle migliori combi-nazioni possibili. Rimasero alla fineventisette razze che, sia sotto il pro-filo della purezza che per i vari in-croci possibili tra loro, formano oggila base del Libro Genealogico della“Vacca Madre Svizzera”. Questo potrebbe essere un buon

modello offerto a tutti quegli alleva-tori delle nostre zone disagiate che,in mancanza di una seria prospettivadi reddito, stanno pensando di ab-bandonare il proprio terreno per oc-cuparsi di altro.“Nelle valli della provincia di Bre-

scia, dal 1997 al 2008 - racconta Mar-chesi - si è assistito ad una sostanzia-le tenuta dei capi iscritti allevati (cir-ca 4.500 lattifere soprattutto di razzaBruna), ma gli allevatori sono passatida 450 a 330 e la media di vacche èconseguentemente aumentata da 9 a14 per stalla” (fonte “StatisticheAnarb” limitato alle vacche iscrittenel Libro Genealogico). Spesso gli allevatori sono costretti

a vendere il loro latte a prezzi moltopenalizzanti persino per i loro colle-ghi della pianura. Questo giustificaforse il senso di abbandono che oggipervade gli operatori del settore che,nell’ultimo ventennio, hanno seguitocon passione le vicende della mon-tagna bresciana e non solo. Abban-dono oggi associato ad un senso disconforto da parte dei giovani che,come nel passato, vorrebbero trasfe-rirsi nelle città di pianura, purtropposenza più trovare facilmente un’oc-cupazione. È forse proprio questa la discrimi-

nante per motivare le nuove leve di

allevatori-montanari a non lasciare iloro territori. Progetti innovativi, sesupportati da interventi mirati, po-trebbero trovare un terreno più ferti-le che in passato. Questa metodologia di allevamen-

to prevede, infatti, un diverso generedi coinvolgimento da parte dei gio-vani che potrebbero appassionarsimolto di più, essendo richiesto loroun nuovo tipo di professionalità, piùtecnologica e più interessante. Nella sua evoluzione, infatti, il

progetto prevede che le vacche ma-dri debbano essere iscritte in un Li-bro Genealogico da istituire pressol’Aia e la cui gestione verrebbe affi-data, come già avviene per gli altriHerdbooks, alle varie Apa territoriali.Realtà riscontrabile sempre nella vi-cina Svizzera. “L’obiettivo finale delprogetto è quello di creare una filie-ra che certifichi una carne di ottimaqualità, ottenuta con metodi biologi-ci legati alla tradizione”, concludeFranco Marchesi.See International Summary page 69

Il peperone fu conosciuto in Europa per merito di Cri-stoforo Colombo, che lo citò nel suo diario di bordo, ri-tenendolo frutto aromatizzante se non addiritturauna spezia. Invece nelle zone di origine era un veroalimento, preferito dagli Olmechi del Golfo Messico, ecibo dei peruviani nelle cui antichissime tombe si rin-vennero semi di peperone. Scientificamente il pepero-ne è classificato Capsicum annum, dal greco “kapto”che si traduce “mordo avidamente”, in riferimento algusto sapido e piccante del frutto. Il nome volgare “pe-perone” nacque invece successivamente, dopo la pri-ma denominazione di pepe d’India. Prima del Settecento il peperone ebbe scarsa valorizza-zione: si riteneva povero e come tale consumato solodai contadini che lo friggevano o lo arrostivano suicarboni, spolverandolo poi di sale. Un breve accennoa queste preparazioni del peperone si riscontra ne “Ilcuoco galante” di Vincenzo Corrado (1781). Ma aconferma della sua irrilevanza gastronomica si notala mancata menzione nel “Vocabolario degli Accade-mici della Crusca”, a quei tempi ritenuto il miglior Di-zionario italiano. Dopo qualche considerazione ali-mentare ottocentesca, nella prima metà del Novecentosi contavano ben 300 varietà di peperoni, nate spon-

taneamente. Da esse parte una vera e propria selezio-ne genetica che ha portato alle sapide e sgargianti va-rietà oggi coltivate. Il peperone è costituito da proteine,lipidi, glucidi, cellulosa, vitamine C, PP, B1, B2, provi-tamina A, sali minerali di zolfo, fosforo, magnesio,manganese, calcio. Per quanto riguarda il modo diusarlo in gastronomia, ricordiamo che il peperone hauna presenza rilevante e una straordinaria bontà sefarcito alla francese, imbottito alla barese, stufato colguanciale di maiale, in padella alla romana, alla gri-glia. La sua straordinaria versatilità si manifesta nel-l’impiego di contorno per ogni menu: carne, pesce,cacciagione, senza dimenticare che esistono ricettepiù territoriali che nazionali dove i peperoni, con altriortaggi, rientrano in sughi e salsine per condire riso,tagliatelle o altro. Ultimamente il peperone è entrato tra i gusti del gelato,ottenuto in una storica, artigianale gelateria romana.Esistono anche due ricette recenti che prevedono unacrema di peperoni e noci e un piatto di peperoni al-l’origano. Circa poi il peperoncino piccante si ritieneche, ai tanti articoli e alle tante esaurienti pubblica-zioni, non si possa aggiungere nulla, per cui non sene fa volutamente menzione. (A.S.)

L’ORTAGGIO VERSATILE

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C U L T U R A & R I C E R C A

Non solo a merendaDI LUIGI ALTOBELLA

Delegato di Foggia-Lucera

L’uso dei cavoli, in cucina,non è marginale,

anche per il loro basso costo.

A pprezzato fin dall’antichità,il cavolo (Brassica oleracea)viene coltivato da millenni.

Si tratta di una pianta erbacea dico-tiledone della famiglia delle Crocife-re, di cui si conoscono numerosevarietà, assai diverse fra loro, fra cuile più note sono la “forma cimosa”o “broccolo ramoso” e la “forma ca-put” o “broccolo a testa” (ricordo aquesto proposito che il terminebroccolo deriva da “brocco” che è ilnome ormai obsoleto del germo-glio). Nel broccolo ramoso i germo-gli laterali, detti cime o broccoletti,possono raggiungere anche i venticentimetri di lunghezza. Le formepiù pregiate di questa prima varietàsono il “ramoso verde calabrese” eil “broccolo nero di Napoli”. Nella forma caput, o broccolo a

testa, la parte commestibile è for-mata da inflorescenze, o cimette, di

colore variabile fra il verde e il pa-glierino. In questa varietà ricordo il“verde romano” (detto anche broc-colo di Albano) e il “broccolo di Ve-rona”. Ma da ricordare sono ancheil “cavolfiore”, con grossa inflore-scenza bianca e carnosa, coltivatonell’Italia meridionale in tutte le suevarietà e nel Settentrione solo nellevarietà precoci; il famoso “cavolettodi Bruxelles”, che ha stelo partico-larmente gemmifero con teneri ger-mogli; infine il “cavolo-rapa” che haun fusto ispessito alla base e foglierade e strette. Sebbene quella dei cavoli sia una

coltura da clima mite, si tratta di or-taggi prevalentemente invernali oprimaverili, anche perché un certogrado di freddo li rende più teneri egradevoli al palato. Sono ricchi dizolfo, sodio, potassio, magnesio, fo-sfato di calcio, vitamine A, B1, B2,C e favoriscono la produzione diemoglobina.L’uso in cucina di questi ortaggi

non è marginale, anche per il lorobasso costo. Questo mi spinge adun ricordo storico. Nell’editto diDiocleziano che, come tutti sanno,fu un lodevole tentativo nell’anticaRoma di stabilire il prezzo dei sin-goli alimenti, il cavolo, poco costo-so, figurava agli ultimi posti del-l’elenco. Ma questo fece arrabbiareCicerone il quale riteneva che, poi-ché bisognava condirlo almeno conl’olio d’oliva, che era costoso equindi figurava ai primi posti del-l’editto, il cavolo stesso era tutt’altroche un cibo economico.Lessati, cotti al vapore o ripassati

in padella, i cavoli sono alla basedi semplici contorni ma possonoessere anche utilizzati per condirela pasta, i legumi o altro. In realtànon sono facilmente digeribili, il

che ha dato il via al noto proverbio“un cavolo a merenda”, per inten-dere una qualche cosa o una qual-che azione collocate fuori tempo ofuori posto.Un etto di cavolo fornisce dalle

25 alle 35 calorie, proprio comel’insalata verde. Una caratteristicanegativa è il cattivo odore emanatodurante la cottura, a causa dellozolfo in esso contenuto ma a que-sto si può ovviare mettendo, comedicevano le nonne, del succo di li-mone nell’acqua di cottura stessa.Non meno importante è l’uso di

questo ortaggio in medicina. I Gre-ci e i Romani lo usavano per curarele più svariate malattie e lo mangia-vano crudo prima dei banchettiperché ritenevano che aiutasse l’or-ganismo a tollerare l’alcol. Nel 1500veniva usato come lassativo e il suosucco mescolato al miele per le cu-re della raucedine e della tosse. Nel 1600 il brodo di cavolo era

consigliato in tutte le affezioni pol-monari, cosa che continuò fino al1800, visto che la letteratura medicadi allora sottolineava l’uso del de-cotto di cavolo per curare raffred-dori, tosse, laringiti, bronchiti epolmoniti. Ma una proprietà medi-ca ancora oggi apprezzata è quellaanti-ulcera, perché il cavolo contie-ne il “gefanato” (una sostanza im-piegata da parecchi anni in farmacianti-ulcera) che ha la proprietà diproteggere dagli acidi la mucosagastrica.Non bisogna dimenticarne infine

l’uso cosmetico, visto che può for-nire una buona maschera rigeneran-te per il viso: basta pestare le fogliedi cavolo, raccoglierle in una garzae applicare il tutto sul viso per al-meno trenta minuti.See International Summary page 69

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Calendario romanescoDI DONATO PASQUARIELLOAccademico di Roma Appia

Da Trilussa al Belli,le usanze gastronomiche

dei romani, mese per mese.

L e pubblicazioni di scrittori epoeti locali costituiscono, spe-cie a distanza di tempo, prezio-

se memorie di vita cittadina e testi-monianze di indubbio significato so-cio-culturale. Relativamente alla cittàdi Roma, “Er Mago de Bborgo-Luna-rio pe’ ‘r 1890” - pubblicazione inromanesco con diversi sonetti di ungiovanissimo Trilussa, uno per cia-scun mese dell’anno - offriva in sim-patica forma un quadro delle tradi-zioni della Roma popolare del tem-po, annotate secondo le diverse ri-correnze religiose e civili. Di seguitose ne richiamano, nello stesso dialet-to romanesco, alcune di quelle ali-mentari e gastronomiche, per rie-cheggiare non senza un pizzico dinostalgia - come in genere accadeper le cose passate la cui memoria,rimossi i particolari di minor rilievo,migliora quasi sempre col tempo -

quel periodo in cui il popolo sem-brava vivere intensamente, più cheoggi, le manifestazioni che la città of-friva. Il Belli, a sua volta, nel sonetto“Er primo descemmre”, passa in ras-segna alcune delle ricorrenze dell’an-no proprio a partire da quella del ti-tolo (“Stanotte la Madonna entra inner mese… principia la novena deNatale… riecco le commedie e ‘rCarnovale… poi Quaresima: poi Pa-squa dell’Ova”), a conferma dell’alta-lenante gioco di eventi sacri e profa-ni, per concludere “pijja inzomma erlibbretto der lunario, e vvedi l’annoscompartito a pprova [gara] tra Ppur-cinella e Iddio senza divario”.Con inizio dal primo dell’anno, “Er

Mago de Bborgo” rammentava chein quel giorno “se dà er bon capod’anno e sse magna sette vorte, co-mincianno da le lenticchie pe’ contàcutrini tutto l’anno”, usanza mante-nuta con modalità pressoché inalte-rate sino ai giorni nostri per quantoriguarda sia lo scambio delle espres-sioni augurali e l’abbondanza delpranzo, sia il consumo dell’imman-cabile piatto di lenticchie, oggi quasisempre anticipato al canonico pas-saggio dal vecchio al nuovo anno. Il mese di febbraio era segnato dal

Carnevale: il giovedì grasso “se ma-gna er pasticcio de gnocchi” e il suc-cessivo martedì “li moccoletti, e do-po li spaghetti”; nella circostanza ve-niva sottolineato “Cumincia er Car-novale migragnoso de mo’”, per ri-badire come già in quegli anni que-sta festa, contemplante fra l’altro cor-se di cavalli lungo la centrale via La-ta, poi appunto via del Corso, si an-dasse ormai riducendo a ben pocacosa: “Pe’ le finestre manc’un appa-rato, nemmanco un parco avanti a‘na vetrina; … leva er tarappattà, le-va la ggente, leva le curze,… la bar-

doria è mmorta, er carnovale s’aridu-ce a gnente”, concludendo amara-mente “Che cciarimane mo’? ‘N parde… vejoni”.Marzo vedeva la tradizionale festi-

vità di S. Giuseppe, in cui in variechiese di Roma, dedicate al Santo,“se magneno le frittelle”, antica usan-za a prevalente carattere religiosomantenuta da ultimo, a partire daiprimi anni del Novecento, presso lachiesa di S. Giuseppe al Trionfale.Intanto aveva preso avvio la Quaresi-ma con i suoi dolci tipici romani, “limaritozzi”, che andavano consumati,secondo tradizione, in ciascuno deivenerdì del periodo, rispettivamenteda “li presciolosi”, “li sposi”, “l’inna-morati” e, buoni ultimi, ovviamente,“li disperati”.Il mese di aprile di quell’anno, se-

gnato dalle festività pasquali, presen-tava come primo appuntamento dirilievo il giovedì della settimana san-ta ove “se va ppe li seporcri e le piz-zicherie”, così mischiando sacro eprofano come da sempre d’uso nelpopolo romano. Una simpatica poe-sia del Belli, “Er giro de le pizzica-rie”, rievoca il clima festoso del gio-vedì e del venerdì santo in cui, quasia sollievo delle astinenze di Quaresi-ma, le pizzicherie della città faceva-no a gara per creare, con i loro pro-dotti, addobbi stupefacenti: “colonnede casciotte … arreggeno un’arcovaricamata a ssarsicce”, “un Mosè destrutto… in cima a una montaggnade presciutto” e “… pe’ stuzzicà lafame… un Cristo e una Madonna debbutirro drent’ a una bbella grottade salame”. Il giorno di Pasqua veni-va ricordato come occasione in cui,per tradizione, “se magna l’ovo be-nedetto e po’ er brodetto”, mentrepoco dopo il cosiddetto Natale diRoma (21 aprile) “se magneno le ce-

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 38

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rase”, per indicare la prima compar-sa nei mercati rionali di questo ap-prezzato frutto stagionale.Ricorrevano in maggio diverse im-

portanti festività: quella di San Pan-crazio, segnata come “festa de le ci-coriare”, propizia per la raccolta neicampi di questo vegetale spontaneoche trovava, nella capitale comenell’intera regione, diverse saporitesoluzioni di cucina. A seguire,l’Ascensione, durante la quale ricor-revano all’epoca diverse pratiche ri-tuali rievocanti la discesa del Reden-tore “se magna la ggiuncata, se facur cure bagarone e se mette l’ovofor de la finestra”, cui accenna pureil Belli nel sonetto “La notte dell’As-scenzione”, spiegando come il “Curricurri bbagarone” non fosse altro chela monotona nenia cantata agli sca-rafaggi cui erano stati attaccati deimoccoletti di cera per farli correre.Per finire, subito dopo la Pentecoste,la festa di S. Filippo Neri, in cui “seva a la Madonna der Divin Amore”,santuario appena fuori porta, la cuivisita, in processione dai vari rionicittadini, trova ancor oggi notevoleseguito.Il mese di giugno si presentava tra

i più ricchi di festività e di conse-guenti impegni mangerecci: si co-minciava con quella di S. Antonio,segnalata anche come “trionfo de lefravolare”. A ricordo delle feste diAdone, era antico uso che giovanidonne entrassero, cantando ritornel-li, attraverso le diverse porte dellacittà, vestite con tradizionali costumie recanti sulla testa canestri di frago-le a guisa di piccoli trionfi corredatidi “garofoli”, spargendo un odore ta-le da indurre i passanti a comprarne.Di questa usanza non è rimasta pur-troppo traccia in città, se non unaqualche sua forma nelle vicine loca-lità dei Castelli romani (Nemi, Gen-zano) rinomate per la raccolta diquesto frutto. Ancora più rilevante, alivello popolare, era la festa di S.Giovanni Battista, assai sentita dairomani per le sue manifestazioni siareligiose sia beneauguranti e discongiuro, di antica origine pagana,

rimarcate dalle espressioni riportatenel “Lunario”: “se magneno le luma-che, se va la sera a S. Giovanni e ssecrompa la spighetta, se dice er credodoppio a le crature e n’antra muc-chia de bojerie, se mette la scopa forde la porta”. Il mese non poteva chechiudersi, infine, con le festività pro-priamente cittadine di S. Pietro e diS. Paolo: in quest’ultima “se va a ffamerenna” presso la nota basilica fuo-ri le mura aureliane.Luglio e agosto erano mesi alquan-

to rilassanti riguardo alle feste: nelprimo ricorreva, come ancora oggi,sia pure in forme meno commerciali,la tradizionale festa della “Madonnade noantri” in Trastevere, seguita alivello popolare per la molteplicitàdelle sue manifestazioni; agosto pre-vedeva invece, dopo il Ferragosto,nel giorno di S. Bartolomeo, la “Fe-sta de li Vaccinari a la Regola”, sededi quella corporazione, e la tradizio-nale “gran stragge de pollastri” nelgiorno di S. Rosa, verso la fine delmese.In settembre era usanza recarsi,

come pure oggi, fuori porta, alla ri-nomata fiera di Grottaferrata, checoncentrava in quella località ungran numero di venditori ambulantie che attirava, di conseguenza, granparte della popolazione romana. Afine mese poi, nel giorno di San Mi-chele, si prevedeva di prender partealla “Festa in Trastevere da li Mic-cheletti”.Ottobre andava come sempre cele-

bre per le meravigliose “ottobrate ro-mane”, in cui era d’uso portarsi fuoriporta o nelle aree urbane a verdeper consumare il pranzo all’ariaaperta, profittando del bel tempoche questo mese sa di consueto re-galare alla città. Il sonetto di Trilussa“L’ottobrata de Nannarella”, riportatonel “Lunario”, introduce così questausanza “Giuveddì avemo fatto l’ot-tobbrata in de la vigna de li mi’ pa-droni; ciavessimo l’arosto, l’insala-ta… stassimo propio come ssignoro-ni”, che solitamente si concludeva inallegria con suoni e balli dei convita-ti. Il mese di novembre prevedeva,

proprio agli inizi, la tradizionalecommemorazione dei defunti in cui“Se va a campo Verano. Se magnenole fave”, per richiamare la doverosavisita al principale cimitero cittadinoe l’uso di consumare nella circostan-za il dolce conosciuto come “favedei morti”. Dicembre era, come sempre, il

mese del Natale: alla vigilia “se fa ercenone, se sente la messa de Natalee ss’arigetta”, per indicare l’usanzadella grande abbuffata, della messadi mezzanotte e del facile malessereconseguente al troppo cibo ingerito;il giorno della Natività, invece, “semagna pangiallo e toròne”, dolci ti-pici ancor oggi, non solo a Roma.Singolare usanza del giorno della vi-gilia di Natale era il “cottìo” (dal lati-no medievale “coctigium”), un’astadel pesce cui usavano parteciparevenditori al minuto, gestori di tratto-rie, cuochi di grandi famiglie e an-che privati, per procurarsi quantooccorrente per la cucina della cena.L’asta - che rappresentava per la po-polazione la tipica festa d’avvio delNatale, con forme di autentico spet-tacolo, cui non si sapeva rinunciare -si svolgeva all’alba, un tempo allaPescheria vecchia, vicino al ghettoebraico. I pescivendoli, muniti di tor-ce a vento, prelevavano dalla sua ca-sa il “capo cottiatore” per portarlo,tra canti e suoni, in Pescheria dovepoteva così avere inizio l’asta dellegrandi varietà di pesce, provenientidai porti laziali, bellamente esposte(come riporta il “Lunario”, storioniche parevano vivi, capitoni da man-giarsi con gli occhi, spigole che sal-tavano dalle ceste). Il rito avvenivaalla presenza di una gran moltitudi-ne di persone che non badavano aspendere pur di portare a casa, se-condo tradizione, il meglio dellespecie da cucinare. Anche quelli do-vevano comunque essere tempi diristrettezze economiche se il “Luna-rio” teneva infine a sottolineare “mamo’… se tiè da conto er centesimo ese sbavija”.

DONATO PASQUARIELLOSee International Summary page 69

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Cibo & ArchitetturaDI GIORGIO CIRILLIDelegato del Tigullio

“La qualità dello spazioin cui si mangia

ha un ruolo fondamentale per l’apprezzamento

del cibo”.

L a quotidiana assunzione del ci-bo, nei riti storici della colazio-ne e del pranzo, della merenda

e della cena, ha necessità di fruire dispazi e ambienti progettati per que-ste attività: quindi di architettura.I nostri antenati, magari ancora

nomadi, avevano a disposizione unambiente naturale integro ma nonsempre favorevole, dalla savana alghiacciaio. Poi, la successiva seden-tarietà modificò le abitudini. La casadiventò il contenitore delle funzioniquotidiane, si ebbero specifiche uti-lizzazioni degli ambienti, tra cui lospazio di cucina. Si mangiava preva-lentemente al chiuso. E si mangiavadiversamente, a seconda del cetosociale: non si può dimenticarequello che scriveva R. Luraghi in“Problemi Economici dell’Italia uni-ta”, tra 1861 e 1918: “Il contadinomangiava carne una volta l’anno,

consumava zucchero solo in caso dimalattia ... la sua alimentazione eracomposta per la maggior parte dacattivo granoturco, onde l’infuriaredella pellagra”. La borghesia viveva in condizioni

assai diverse. Nel trimestrale “La Ca-sa”, nel 1909, P. Picca osservava: “Èun fatto che la cucina della casamoderna, pur conservando tutta lasua importanza pratica, di fronte allacucina medievale ha perduto assaidi importanza estetica sia per quan-to concerne l’ampiezza e grandiositàdi costruzione, sia per quanto ri-guarda la genialità ed il valore archi-tettonico ... si mangia leggendo ilgiornale o discutendo di tutt’altroche del sapore delle pietanze e del-le salse, di guisa che la valentia delcuoco, su cui un tempo si aggirava-no le più animate discussioni deibuongustai, poco o nulla interessa icommensali”. “Se e quando la cuci-na propriamente detta sia destinataa scomparire dalla casa futura, percedere il posto ad un laboratoriochimico domestico, e se il cuoco sa-rà a sua volta rimpiazzato da un cul-tore della scienza di Lavoisier, nonsi può per ora con assoluta certezzapredirlo”.L’inurbamento, il “vivere in città”,

cambia le abitudini e i riti quotidia-ni, posti in contesti costruiti assai di-versamente rispetto al passato. Prin-cipalmente si mangiava in un am-biente progettato e costruito perquesta specifica attività, la “sala dapranzo”. Un ambiente borghese cheha dimenticato le suggestioni lette-rarie di quello della cucina, adesempio, del castello di Fratta. Nie-vo così lo descriveva: “… nero diuna fuliggine secolare, sulla qualesplendevano come tanti occhionidiabolici i fondi delle cazzeruole,

delle leccarde e delle guastade ap-pese ai loro chiodi; ingombro pertutti i sensi da enormi credenze, daarmadi colossali, da tavole stermina-te ... Là un fumo denso e vorticoso,là un eterno gorgoglio di fagiuoli inmostruose pignatte; il foco scoppiet-tava fumigante e s’ergeva a spirevorticose fino alla spranga trasversa-le di due alari giganteschi borchiatidi ottone”.Poi tutto cambia, la tavola viene

apparecchiata in un vano domesticoche ne costituisce cornice essenzia-le, di status, tale anche da influen-zare l’apprezzamento del cibo chevi si serve, assumendo carattere fa-miliare, “privato”. Con importanti ri-svolti affettivi ed educativi che sitrasmettono tra le generazioni e checonsolidano il rapporto familiarema anche di educazione alimentare.Cibo e architettura sono contestua-lizzati e la qualità dello spazio incui si mangia ha un ruolo fonda-mentale per l’apprezzamento del ci-bo. Purtroppo l’ultima frontiera, la“miniaturizzazione” degli spazi, è ar-rivata a proporre la sintesi agglutina-ta di “soggiorno-pranzo-nicchia dicottura”. Al momento privato e fami-liare, si contrappone l’attività convi-viale quando si va a “mangiare fuo-ri” e ci si trova in numerosa compa-gnia. Occasione per nuove cono-scenze, socializzazioni e per espe-rienze gastronomiche, forse anchequesto dovuto alla RivoluzioneFrancese. Però non tutti sono d’ac-cordo sull’ipotesi che la ristorazionesia stata avviata dai cuochi “disoccu-pati” dei nobili spazzati via dal cam-biamento. Qualche volta, però, l’incontro

non è soddisfacente per colpa dellacornice. Il rumore eccessivo, l’illu-minazione sbagliata, lo spazio a di-

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 40

C U L T U R A & R I C E R C A

sposizione, l’aria che si respira, l’ar-redamento, sono in grado di vanifi-care anche l’eccellenza di un buonpranzo. Colpa di un’architettura in-sufficiente. Spesso si pone l’atten-zione sul servizio di “sala” ma vienetrascurato che forse è quest’ultimaad essere inadeguata, compromet-tendo il giudizio su ciò che si èmangiato.

Esiste un’estetica, rigorosa e impre-scindibile, della tavola apparecchiata,che deve avere un coerente spazioall’intorno, sia che si tratti di mensecollettive, refettori, fast food o risto-ranti stellati. Nell’inconscio di ognu-no, taverne, osterie, trattorie, risto-ranti hanno un imprinting distintivoben riconosciuto e una “architetturadegli interni” che deve corrispondere

ad un diverso tipo di cucina e di ser-vizio. Forse tocca anche agli architettiadoperarsi per procedere alle neces-sarie correzioni. Chissà se sarà possi-bile: gli architetti iscritti all’Accade-mia, e quindi sensibili sia alla qualitàdell’ambiente sia a quella della cuci-na, sono in tutto 119!

GIORGIO CIRILLISee International Summary page 69

Dante, in alcuni tratti del suo viaggio attraverso i treregni, incontra golosi condannati nei cerchi dell’In-ferno e golosi penitenti che salgono il monte del Pur-gatorio, in attesa di purificazione. L’incontro con ungoloso diventa, per il poeta, un’occasione per soddi-sfare il suo desiderio di scrutare nell’animo umano econoscere uomini e fatti del suo tempo e, per un letto-re del Poema, interessato allo studio delle tradizionigastronomiche del passato, un’opportunità per sco-prire cibi, vivande e abitudini alimentari di personevissute nel basso Medioevo. Dante, ritornato in sé do-po l’incontro con Paolo e Francesca, giunge nel terzocerchio dell’Inferno dove sono punite le persone col-pevoli di avere abusato del cibo e del piacere dellagola. Fra queste, il fiorentino Ciacco Dell’Anguillaia,così chiamato (Ciacco è nome di porco) per la suagrande golosità. Il Boccaccio lo descrive, nel “Deca-merone”: “fu uomo ghiottissimo quanto alcun altrofosse giammai”. I due poeti, lasciato il girone dei go-losi, giungono sul ponte della quarta bolgia. Virgilioriconosce uno dei dannati e lo indica a Dante: è Mi-chele Scotto, indovino al servizio di Federico II. Si sadi lui che:”Essendo in Bologna ed usando con gentiliuomini e cavalieri e mangiando come s’usa fra essiin brigata a casa l’uno dell’altro quando venia lavolta a lui d’apparecchiare, mai non faceva fare al-cuna cosa di cucina in casa; ma avea spiriti a suocomandamento, che li facea levare lo lesso dalla cu-cina del re di Francia, lo rosto di quella del re d’In-ghilterra, le tramesse di quella del re di Cicilia, lo pa-ne d’un luogo ed il vino d’un altro, confetti e fruttalà onde li piacea, e queste vivande dava alla brigata”(“Commento alla Divina Commedia d’Anonimo fio-rentino del secolo XIV”, P. Fanfani, Bologna,1866).Giungono poi nel fondo della sesta bolgia dove sonopuniti gli ipocriti. Due di loro sono Catalano de’ Ca-talani, di famiglia guelfa, e Loderingo degli Andalò,di famiglia ghibellina. Entrambi bolognesi e apparte-nenti all’ordine dei frati gaudenti (inizialmente co-stituito col nome dei cavalieri di Maria Vergine glo-riosa), che il popolo, per scherno, cominciò a chia-mare: “Frati gaudenti, Capponi di Cristo e Frati mor-

tadellai”. A questi frati è attribuita la paternità diuna specialità salumaria italiana: la mortadella diBologna (vedere, a proposito, in: Sandro Bellei, “Ilgrande libro del porco”, Ed.C.D.L., Finale Emilia ein: G. Roversi, “Il maiale investito”, B.U.P., 200). Pro-seguendo il viaggio i due poeti arrivano dove si tro-vano i falsari. Ad un giudizio espresso da Dante sul-la “vanità“ dei senesi, un dannato, certo Capocchioda Siena, risponde: “Trammene Stricca, e Niccolò,che la costuma ricca del garofano prima discopersenell’orto, dove tal seme s’appicca”. I due esclusi dalnumero dei senesi “fatui e vani” sono i fratelli Striccae Niccolò, figli di Giovanni de’ Salimbeni. Niccolò,uno dei dodici fondatori della brigata “spenderec-cia”, formatasi con lo scopo di organizzare conviti efeste, fu il primo a coltivare, nel suo orto, il garofanoe il primo ad impiegarlo, con altre spezie, per cuci-nare la selvaggina: fagiani e pernici. È pure testimo-niato che questi giovani furono i primi ad usare ilpepe, i chiodi di garofano e il miele per preparare i“panes melatos et pepatos” da cui ebbero origine gliodierni panforti senesi (“Comedia di Dante degli Ali-ghieri col comm. di Jacopo della Lana bolognese”,pubblicato da L. Scarabelli, Bologna, 1866-67, e an-che in: G. Rondoni, “Tradizioni popolari e leggendedi un comune medioevale, Siena e l’antico contadosanese”, Firenze,1866). Dante e Virgilio, usciti dal“mal mondo”, iniziano la scalata del monte della Pu-rificazione. Arrivati al sesto cerchio, s’imbattono inun gruppo di golosi penitenti, ridotti, per la “dieta”, inun’orribile magrezza. Tra questi Dante riconoscel’amico Forese Donati, poeta e rimatore fiorentino, ri-cordato dai suoi concittadini per la sua golosità. Fo-rese indica a Dante alcuni suoi compagni: Bona-giunta Orbicciani da Lucca, vissuto nella secondametà del secolo XIII, uomo corrotto molto nel viziodella gola, e papa Martino IV, Simone di Brion, dettodel Torso perché fu tesoriere della cattedrale di Tours.Fu molto goloso:”Fra le sue ghiottornie si faceva torrel’anguille del lago di Bolsena, le faceva annegare nelvino della vernaccia e poi, fatte arrosto, le mangiava”(Jacopo della Lana, op. cit.). (Roberto Gandini)

PECCATI DI GOLA

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 41

C U L T U R A & R I C E R C A

Un piatto di seconda categoria?DI ALFREDO PELLE

Accademico apuanoCentro Studi “F. Marenghi”

È la polpetta, una preparazioneche sembra sempre

un rimedio, anche se ghiottissimo.

U n’intimazione minacciosa: “loriduco in polpette”; “è diven-tata una polpetta”; così si dice

di una cosa che è stata distrutta, piùo meno volontariamente. Grava sullapolpetta una colpa primigenia: nasceda carne già utilizzata per altri piatti;è irriconoscibile nella sua provenien-za: con un parlare moderno si direb-be che ci è sconosciuta la “filiera”; èuna forma di cibo che non si puòpiù mangiare, come è il lesso avan-zato, e così lo si trita e lo si amman-nisce con questa sembianza. Insom-ma è un cibo di seconda categoria. Èil ricordo del periodo militare, deglistudi in collegio, è il piatto che nes-sun ristorante presenta, mai. Si rivaluta, ma non di tanto, nella

cucina della casa e quando va tuttobene, e la mamma o la moglie simettono all’opera, usano carne maci-nata (anche qui la si ritiene di pococonto, anche se ti sei fatto macinareun pezzo magro come si deve), sem-pre che non usino avanzi del lesso;mescolano patate, pane, fanno sughidi pomodoro per rendere importanteil tutto, insomma trafficano per por-tare a termine un piatto che sembra,sempre, un rimedio, anche se ghiot-tissimo.Certo se vai a Venezia a bere

un’ombra, allora troverai sul bancoun bel vassoio di polpette, ma unbàcaro a Venezia è come casa tua,un luogo sicuro, dove non ti tradi-rebbero mai e la fiducia è intatta.Ricordo di un episodio narrato da

Virgilio Scapin, scrittore vicentinoche ha vinto un Grinzane Cavour, èstato finalista del Campiello, ha fre-quentato la cultura vicentina dei Pio-vene e quella veneta dei Comisso,dei Mazzotti, dei Maffioli. L’episodioè successo a lui stesso. Andava acomperare, per mangiare a mezzo-

giorno, qualcosa nel negozio di Ge-remia, alimentarista da quasi un se-colo in centro a Vicenza (che bacca-là!). Qui, un giorno, mentre stavaper comperare, dalla vicina piazzadei Signori arriva alla porta del ne-gozio un piccione e Geremia,d’umore storto, prende una polpettadal vassoio che troneggia sul bancoe la scaglia contro il volatile, ovvia-mente mancandolo. La polpetta roto-la in strada, rimbalza contro il muroe ritorna verso il negozio fermando-si, quasi sulla porta, intatta. VirgilioScapin la guarda, guarda Geremia econ perfetto aplomb chiede: “Mi daiquattro misteriose?”. Geremia servìin un vassoietto quattro polpette,senza fiatare…E non solo c’è questa aria di ne-

gletto, nelle polpette, c’è anche unproblema ben più importante: quellodel nome. Non in tutta Italia, adonor del vero: in Lombardia la “pol-pett” è un involtino. Se ne troval’origine già in una ricetta della metàdel Trecento del Maestro Martino daComo che parla di togliere la “carnemagra dalla cossa e battila bene so-pra un tagliero ... e involtela” e, aitempi di Napoleone, Agnoletti, cuo-co di Maria Luigia d’Austria mogliedell’imperatore, similmente scrive di“Polpette involtate alla catanzarese”che sono, sempre, involtini. Per indicare quelle che sono le ita-

liche polpette, si parla, in Lombar-dia, di “mondeghili”. Termine, que-sto, che è di origine spagnola ed è lamilanesizzazione di “albondinga” e“albondeguita” cioè polpette e pol-pettine. I 150 anni di dominazionespagnola hanno lasciato, evidente-mente, un’influenza linguistica cheancora dura. Così ne parla MarcoGuarnaschelli Gotti in un suo librosulla cucina milanese.

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 42

C U L T U R A & R I C E R C A

Quanto poco ci sia da dire sullapolpetta lo dimostra anche il “Dizio-nario del dialetto veneziano” delBoerio, del 1856, che, alla voce pol-pèta dichiara soltanto: “vivanda no-ta”. Punto.E poi cita un proverbio: “Tor la

polpèta zo del piròn a qualcun” cioèlevar la cosa ad un altro, che stavaper conseguirla. E sentite cosa ne dice l’Artusi,

quello del quale si dice che contri-buì grandemente all’unità d’Italiacon il suo libro “La scienza in cucinae l’arte di mangiar bene” (siamo nel1892): “Non crediate che io abbiapropensione d’insegnarvi a far lepolpette. Questo è un piatto che tuttilo sanno fare cominciando dal ciuco,il quale fu forse il primo a darne ilmodello al genere umano”. Avete ca-

pito bene: l’Artusi trova un rapportodi forma fra le polpette e la m…d’asino! E non è il solo: il Giachi chescrisse, nello stesso periodo, il “Me-dico in Cucina” precisa che le pol-pette vengono “preparate in formadi certi modelli che stampano gli asi-ni e i cavalli…”.Certo che la polpetta ha secoli di

vita nell’alimentazione umana e la siritrova in tutta Europa: ne aveva par-lato Apicio e, saltando i millenni, untesto cecoslovacco del XVI secolo(“Raccolta di ricette stampate da Se-verin il Giovane”) ci tramanda unaricetta di polpette molto elaborata,che prevede pancetta affumicata,zafferano, noce moscata, cottura inbrodo vegetale. Il “Libretto alemanno della buona

vivanda”, manoscritto dell’inizio del

XV secolo, trovato a Monaco di Ba-viera, ci fornisce una modernissimaricetta di polpette di vitello da servi-re con una salsa alla menta, e unmanoscritto austriaco della fine delXV secolo, non pubblicato, chiamato“Anonymes Kochbuch”, fornisce unaricetta per polpette di pesce per lazuppa. Dobbiamo, tuttavia, ricordarci che

la cucina dei poveri, dei contadini,dei piccoli artigiani non è stata scrit-ta. Per questo, anche se a partire dalDuecento cominciano ad essere an-notate vere e proprie ricette, si trat-tava di piatti destinati a nobili e fraquesti la polpetta poco ci entrava. E se vogliamo guardare nel passa-

to più vicino a noi troveremo che,nel secolo XVII, dietro l’abside delDuomo a Milano, nel mercatino fattodi baracche dove è l’odierna piazzaFontana, ve ne erano alcune dove sivendeva “carne usata”. Proprio così,i servi delle grandi case, nutritisi de-gli avanzi dei padroni, rivendevano irimasugli, ossa e tutto: non era gran-ché ma qualcosa restava… Anche daqui, forse, si trovava materia per farepolpette: cosa volete che ne scrivanoi grandi cuochi?Una curiosità: nei paesi africani

che si affacciano sul Mediterraneo,l’uso della polpetta (di carne e/o ve-getale) era ed è molto diffuso. Que-sto nasce dal fatto che il modo diqueste popolazioni arabe di mangia-re con le mani, privilegia questi pic-coli bocconi che sono comodissimida portare alla bocca. Sono infatti,per questa bisogna, molto più picco-li delle nostre polpette. Insomma: ogni mondo è paese e

la polpetta ne fa parte a pieno titolo.Tanto che in Meridione, quandoqualcuno si trova a rimpiangere diaver fatto una cosa, gli si dice “T’asparasti ‘a purppetta?” Cioè “Hai vo-luto fare questa cosa? ora affrontanele conseguenze.”Da noi, più sportivi, si dice: “Hai

voluto la bici? Pedala!” Restiamo piùmagri e più sani…

ALFREDO PELLESee International Summary page 69

IL VALZER DELLE ALICILa notte non è “soltanto” contemplazione del cielo ma “anche” con-templazione del cielo. E questa notte è principalmente “pesca”. Ladanza, il valzer delle alici, si snoda sotto la volta stellata. Le lampareintorno al peschereccio sembrano danzare nel cobalto cristallino delmare e invece è la trappola. La luce stasera è la trappola che porteràil pesce nella rete. La danza continua, si ferma, riprende. La luce del-la lampara scende vorticosamente nel fondo, lo illumina, ne viola leprofondità più recondite. E il turchese si staglia ghiacciato. A un co-mando la rete viene calata dagli argani. In venti minuti i movimentisincronizzati di parecchie mani si susseguono veloci, precisi. La fati-ca si legge sui volti tesi. Ecco l’argento guizzante delle alici illuminail turchese, lo rende fosforescente. I corpi tesi raccolgono e rivoltano eportano nella barca tutta la pesca.I riflettori, che fino a quel momento avevano illuminato la scena, sispengono, ma il movimento degli uomini continua. Sembra ora che ilbuio non debba mai finire ma poi sorge pian piano l’alba, e illuminaavvolgendo quei gesti in un bianco rosato, ed esaltando quest’angolodi paradiso. Ed ecco, portati dalla luce allo scoccare del raggio verde, che al toccodel sole sull’orizzonte si leva, quasi speranza di giorni migliori, i voltidi coloro che non ho conosciuto, ma dei quali si avverte la presenzanei racconti di quelli che sono rimasti qui. Li hanno visti partire ungiorno in cerca di quella fortuna che molti di loro hanno trovato maa un prezzo molto alto: quello di recidere le proprie radici. E domani il rosso dell’alba scriverà ancora sul bianco del cielo i pro-fili, ne staglierà come montagne quel duro dei tratti, che il tempo hafermato. Poi sorge il sole. I pescatori ci parlano. Pare che la stanchez-za di poco prima sia scomparsa di colpo. È giorno. (Maria MonicaMartino)

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 43

S I C U R E Z Z A E Q U A L I T À

Le bistecche di cavallo

U na volta la carne di cavalloera considerata un alimentopovero, di basso prezzo e

non molto gradito. In effetti, era car-ne ricavata da animali ormai adulti,sfruttati al massimo, non più adatti altiro perché vecchi e stremati. Dove-va essere venduta in appositi eserci-zi per ben distinguerla dalle altrecarni più pregiate. Oggi la qualità della carne equina

è molto migliorata, ne sono indici ilprezzo di vendita e il gradimento diun buon numero di consumatori chela considera a ragione ottima e salu-tare. Questa carne contiene ferro eproteine in quantità pari, se non su-periore, ad altri generi di carni. Èpiù magra, avendo una percentualedi grasso trascurabile, anche se il sa-pore, tendente al dolciastro, non èmolto gradito ad alcuni consumatori.Contiene poco colesterolo, moltiaminoacidi essenziali e proteine, ele-menti preziosi per la crescita deibambini. La carne equina deriva ormai solo

da cavalli allevati esclusivamente peressere destinati alla macellazione ingiovane età e, quindi, in ottimo statodi sviluppo muscolare e di nutrizione.Tutto ciò ora è compromesso

sull’onda emotiva del rispetto deglianimali. Ci si preoccupa dei cani edei gatti, perfino delle galline e deiloro sistemi di allevamento, affinchétutti non soffrano inutilmente per ladisattenzione dell’uomo. Perché allo-ra trascurare il cavallo? Da qualche tempo si ventila una

proposta di legge tendente a vietarela macellazione degli equini, metten-doli al livello degli animali destinatialla vivisezione o ad altre pratiche diuccisione. La carne di cavallo spariràdalle tavole italiane? In effetti, il set-tore richiederebbe una regolamenta-

zione e un controllo più efficaci, perevitare la macellazione di animaliprovenienti dai circuiti ippici di cor-sa o di gare agonistiche, che posso-no essere trattati con farmaci altri-menti vietati e quindi non adatti alconsumo alimentare. Necessiterebbeanche un’etichettatura che dia asso-luta certezza della provenienza geo-grafica della carne. Sta, comunque,di fatto che il consumo di carne dicavallo tende a crescere: nei primimesi del 2012 si è registrato un in-cremento del 25%.

QUALITÀ ITALIANA

La nostra industria alimentare, purnel momento di crisi, mantiene alto ilsuo prestigio per l’eccellenza dellaqualità dei suoi prodotti. Il falso “made in Italy” dilagante su

molti mercati esteri, se da un latoconcorre disonestamente, è anche lapiù evidente dimostrazione del suc-cesso delle nostre produzioni. In Europa siamo al primo posto

per i riconoscimenti conseguiti. Se-condo dati Istat, a dicembre delloscorso anno, potevamo contare su239 prodotti Dop, Igp e Stg. I settoricon il maggior numero di riconosci-menti sono gli ortofrutticoli e cereali(94 prodotti), i formaggi (43), gli oliextravergini di oliva (42) e le prepa-razioni di carni (36). Se sui mercati esteri ci sono pro-

dotti che traggono in inganno sullaloro provenienza, utilizzando tricolo-ri e diciture di assonanza italiana,esiste anche un pericolo “sotterra-neo” da non sottovalutare, che forsepotrebbe essere messo in atto dal-l’industria alimentare locale. Il piùdelle volte, infatti, facendosi fortidelle norme europee a tutela dellasalute dei consumatori, si attacca lapubblicità di prodotti italiani chevantano presunte proprietà salutari.Pubblicità invero disinvolta, che pro-clama sani e salutari alimenti comele merendine, le creme a base dinocciole e cioccolato, le preparazio-ni a base di latte ecc. In propositosono state segnalate denunce, spe-cialmente in Germania.In Italia, a volte, spot televisivi

vantano addirittura proprietà medi-che ai prodotti. Benefici per l’abbas-samento del colesterolo, per le diffi-coltà digestive, per le carenze vita-miniche ecc. Se il consumatore nonè preparato e avvertito, è facilmenteindotto in inganno, con conseguen-ze per la salute che potrebbero esse-re non proprio “salutari”. La vigilan-za delle associazioni dei consumatoriè molto attiva al riguardo ma nonsufficientemente cautelativa. È auspi-cabile una più attenta regolamenta-zione del messaggio pubblicitarionell’indirizzare i consumi.

GABRIELE GASPARRODelegato di Roma

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 44

N O T I Z I A R I O

ARGENTO E BRONZOALLA NAZIONALEITALIANA CUOCHI

La Nazionale Italiana Cuochiha portato a casa due medaglied’argento e due di bronzo dalleOlimpiadi di Cucina che si so-no svolte a Erfurt, in Germania.La squadra junior, che ha pre-sentato come starter, di grandeeffetto cromatico, un “involtinovegetale al latte di mandorlefarcito di funghi su crema den-sa di zucca e arancia con ortag-gi marinati”, e per “main-cour-se”, molto appetitoso,“merluz-zo carbonaro in crosta di par-migiano ed erbette, salsa vicen-tina, raviolo ripieno di gamberirossi e brunoise di zucchine,con giardinetto di ortaggi”, haguadagnato il secondo posto ela medaglia d’argento. Alla prova successiva, di cucinafredda, gli “azzurrini” hannomeritato invece la medaglia dibronzo. Stessi risultati per lasquadra senior. I campioni ita-liani, che hanno combattutocontro 36 Paesi, hanno merita-to nella gara di cucina freddala medaglia d’argento, classifi-candosi subito dopo la Svezia,e in quella di cucina calda, vin-ta dalla Norvegia, la medagliadi bronzo. Starter, “trancio dibaccalà in manto di melanza-ne, pomodoro confit e finoc-chio selvatico con crema di se-dano rapa, cannolo di seppiaripieno di gamberi rossi e ma-scarpone con olio al lime e pa-vé di lattuga con verdure easparagi“; main course: “lombodi manzo piemontese al fornocon croccante di pane all’extra-vergine ed erbe aromatiche,salsa vegetale al porro, guan-ciale di vitellone al Chianti consfera di semolino ai funghi,crema solida di zucca con ra-dicchio trevigiano al balsamicoe ortaggi trifolati”; dessert: ”ba-varese con cioccolato al latte emandarino siciliano su frolla albacio, morbidone alle mandor-le con salsa di Passito di Pan-telleria, semifreddo al coccocon frutta fresca”.

ANCHE IL TARTUFOPATRIMONIODELL’UMANITÀ?

Certamente rappresenta unpatrimonio il prelibato tartufo,con i suoi profumi e sapori, eanche con il suo valore eco-nomico (fino a 4.000 euro alchilo). Ma ora si vuole andareoltre: San Giovanni d’Asso, inToscana, e Alba, in Piemonte,in rappresentanza di tutti i ter-ritori più importanti per il tar-tufo italiano (da Acqualagnanelle Marche a Norcia, in Um-bria, a San Miniato, ancora inToscana, per citare i più cele-bri), hanno firmato, nella citta-dina piemontese, un protocol-lo d’intesa per la candidaturadella cultura del tartufo a “Pa-trimonio Immateriale del-l’Umanità”. Chissà se la Com-missione, inebriata dai profu-mi del tartufo, non darà primao poi il suo parere positivo?

AUTOCHTONA 2012

Oltre 300 etichette di vini au-toctoni, con una particolareattenzione per i vitigni più rarie le produzioni legate ai terri-tori, e 76 espositori tra azien-de, consorzi, enti di tutela eassociazioni di produttori: so-no stati questi i numeri dellanona edizione di Autochtona,il Forum nazionale dei viniautoctoni che si è tenuto aFiera Bolzano. Tra le centinaiadi vini presentati, anche alcu-ne bottiglie ottenute da vitigniregionali insoliti o ricercati, equelle provenienti da aziendebiologiche.

I SAPORI DEL TERRITORIOENTRANO AL MUSEO

Su iniziativa di Confesercentie della Regione Toscana, incollaborazione con la Rete deiMusei della Toscana, è statoelaborato un progetto chevuole unire concretamente isapori del territorio e le gran-

di ricchezze artistiche. Un mo-do diverso di raccontare laToscana e le sue bellezze, chemette a disposizione di turistie appassionati d’arte la possi-bilità di gustare i vini, i pro-dotti tipici e i piatti di un terri-torio cucinati dagli chef, all’in-terno di alcuni dei più impor-tanti e prestigiosi musei delterritorio. È la ricetta di “Il gu-sto dell’arte (ovvero l’arte delgusto)”, per “Vetrina Toscanaa tavola”, marchio che riuni-sce 750 tra ristoratori e botte-ghe del gusto. Il progetto sisvilupperà in maniera più am-pia nel 2013, e già si registra-no le prime “candidature” adospitare l’iniziativa da partedel Museo del Tessuto di Pra-to, di quello archeologico diCortona, quello archeologicodi Grosseto e del Castello Ma-laspina di Massa, per citarnealcuni. Un primo passo che sipotrebbe replicare in tutta Ita-lia, dove cibo di qualità e artesono due delle risorse piùpreziose e diffuse.

GASTRONOMIA VIENNESEA ROMA

In collaborazione con l’Amba-sciata d’Austria, si è svolto, alSt. Regis Luxury Hotel di Ro-ma, il “Galà Rose del Sud” adinaugurare, come ogni anno,la rassegna di specialità ga-stronomiche austriache eviennesi. Il ricco menu, stu-diato da antropologi della cu-cina internazionale, per riba-dire che quest’arte non haniente a che vedere conl’odierno “mordi e fuggi”, haprevisto: terrina di foie grascon pere confit; crema di zuc-ca, condita con olio di zucca,e frittella; filetto di luccio conpiselli; ravanelli e crema al ba-con; filetto di vitello con fun-ghi; verdure e soffiato di pata-te; schnitzel viennese con pa-tate al prezzemolo e, infine,torta Mozart, nocciole e pi-stacchio, con spuma di marza-pane e ciliegie al miele. Alla

presenza dell’Ambasciatored’Austria, Christian Berlako-vits, per celebrare l’inizio del-la settimana gastronomicaviennese, a mezzanotte, con ilcoro di Roma Tre, il direttored’orchestra Maria Isabella Am-brosini ha diretto il brindisi:“Viva il vino spumeggiante”,dalla Cavalleria Rusticana diPietro Mascagni.

LOTTA ALLO SPRECO

Celebrando la “Giornata mon-diale dell’Alimentazione”2012, la Fao ha messo in evi-denza che, da un lato, il12,5% della popolazione mon-diale (870 milioni di persone)vive in condizione di denutri-zione, dall’altro, un terzo dellaproduzione mondiale di cibo,pari a 1,3 miliardi di tonnella-te, finisce ogni anno nellaspazzatura. Sono questi i nu-meri per cui passa la lotta allafame e alla malnutrizione nelmondo, e in base ai quali laFao porta avanti l’obiettivo didimezzare la proporzione dipersone affamate entro il2015, perché “se le nazioni siimpegneranno ad aumentare iloro sforzi, può essere ancoraraggiunto”, spiega il direttoregenerale José Graziano da Sil-va, nonostante i progressi, dal2007 ad oggi, abbiano comin-ciato a stagnare. Colpa dellacrisi, che ha distolto attenzio-ne e risorse, ma per il Mini-stro degli Esteri Giulio Terzi,“problemi globali come lamalnutrizione, ma anche lospreco di risorse e la cattivapratica di coltivazione dei ter-reni”, sono ancora al centrodell’agenda politica interna-zionale. Una sfida che sembraimpossibile ma, se si pensache solo in Italia, ogni anno,rimangono sul campo più di15 milioni di tonnellate difrutta e verdura, è facile capi-re da dove partire: dalla lottaallo spreco.

a cura diSILVIA DE LORENZO

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 45

I N L I B R E R I A

QUANDO IN PENTOLABOLLE LA STORIAdi Luigi Altobella

Artigrafiche Di Palma& Romano, FoggiaFuori commercio

Il volumetto è una raccolta direlazioni e conferenze in temadi storia della gastronomia, te-nute dall’autore, Delegato diFoggia-Lucera, in occasione divari congressi. Si inizia con ipiatti che si gustavano neibanchetti della Magna Grecia,alcuni dei quali non differiva-no molto da varie preparazio-ni attuali nel Sud d’Italia, co-me le lagane con i legumi, lefreschissime cagliate in fogliedi fico e i mostaccioli. Si passa poi alla cucina roma-na dell’età imperiale, i cui ele-menti principali, come nelleepoche precedenti, erano ilgrano, l’olivo e la vite. Le clas-si abbienti, inoltre, facevanopazzie per i pesci e, soprattut-to, per i crostacei. Ma nonmancavano, sulle mense, car-ni, formaggi, frutta e dolci,questi ultimi consumati fuoripasto. La storia che “bolle inpentola”, continua il suo cor-so, attraverso le parole di Al-tobella, arrivando ai nostrigiorni. Gli ultimi due capitolisono dedicati a due alimenti:il pesce nella storia dell’ali-mentazione mediterranea e iformaggi, dalla “oxygala” del-la Magna Grecia alla burratapugliese.

I FUNGHI NELLACUCINA VENETAdi Giovanni Capnist

Scripta edizioni, Veronawww.scriptanet.net€ 14,50

Si tratta della riedizione, forte-mente voluta dalla figlia Anna,del volume pubblicato nel1984 (ed. Franco Muzzio &C.), che ripropone, attraversoun’approfondita ricerca storicadell’autore nell’ambito dellagastronomia del territorio ve-neto, un prezioso patrimoniodi ricette. Queste sono precedute da in-teressanti annotazioni sullastoria della gastronomia mico-logica, sulla classificazione deifunghi, sul trattamento di que-ste “creature vissute in fretta”affinché possano conservaretutto il loro aroma, il gusto ele qualità alimentari, e sullaraccomandazione di non con-sumarli crudi. Il volume riporta molte ricette,tutte rigorosamente venete, apartire dalle salse a base difunghi, conservate nella tradi-zione popolare e familiare ve-neta “Coi fonghi mori anca ipoareti gà magnar da siori”. Epoi le minestre, legate all’anti-ca usanza dell’utilizzo di in-gredienti casalinghi, ma anco-ra in uso in tempi odierni; itortini; i primi piatti, dove ifunghi diventano protagonisti,fino all’impiego del tartufo ne-ro, come condimento prezio-

so, ottimo correttivo di piattigià ricchi oppure poveri daarricchire.

SCIROCCU, MALANOVAE PISCISTOCCUa cura di Lucio Falcone e Giuseppe Buzzanca

Pungitopo editriceMarina di Patti (Messina)www.pungitopo.com€ 12,00

In realtà il protagonista delvolume è il “piscistoccu mes-sinisi” del quale è riportatoanche il lungo viaggio che dalgelo lo porta ad allietare le ta-vole dei messinesi, ma ad es-so si aggiungono altri due in-gredienti che fanno partedell’essenza di Messina e dellasua gente: lo scirocco e la“malanova”. Sono, questi ulti-mi, due elementi intimamenteconnessi con la cultura esi-stenziale della popolazionedella città: “il vento caldo,umido e appiccicoso che sot-trae forza e volontà” e la ma-lanova, “cupa maledizione”lanciata a chi osa “sconvolge-re il riposante endemico tor-pore dei messinesi”. È comun-que al pesce stocco che sonodedicate le storie, le curiosità,i ricordi e naturalmente le ri-cette. Queste, a causa della“malanova” del terremoto del1908, in cui molti ricettari sisono persi, sono il frutto diuna ricerca sul campo, attin-

gendo alla memoria di perso-ne appassionate e attendibili,che hanno reso possibile an-che annotare le diverse ver-sioni di una stessa ricetta,“dettate da un aggiustamentoal gusto di casa”.

GAMBERI E GOMENE90 ricette trovatenelle piccole isole italianedi Gabriele Isaia e Adriano Bacchella

Priuli & Verlucca editori,Ivrea€ 29,90

Novanta ricette “rubate” acuochi stellati o alle cucinepiù semplici per raccontare leisole “minori” italiane e i loroincontri con navigatori, eserci-ti, pirati, conquistatori, re efuggitivi. Attorno a questo“piatto principale”, scalinate,vicoli e ricordi, il sole scintil-lante, spiagge inimmaginabilio pareti a precipizio sul mare,profumi, colori, vento, mare,ginestre, fiori e il calore dellagente. “Gamberi e gomene”non è solo un titolo, è un“manifesto”. Gamberi dice chequi si parla di cibo perché losi sperimenti a casa, per cu-riosità o per nostalgia. Gome-ne (è il nome della cima chetiene unita la nave alla ban-china) parla di incontri fisicied emotivi, tra isolani e viag-giatori, tra terra e mare, tral’isola e il mondo.

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LA DIETA SORRENTINOdi Nicola Sorrentino

Mondadori, Milano, 2012www.librimondadori.it€ 14,90

Nicola Sorrentino, dietologo enutrizionista noto al grandepubblico per la sua partecipa-zione a diverse trasmissioni te-levisive e radiofoniche, propo-ne la sua “vera dieta salutareper dimagrire e stare bene”. Sitratta di una dieta equilibrataper dimagrire in salute, senzastrafare, che lascia molta liber-tà di interpretazione e combi-nazione dei cibi. La pasta èsempre presente perché, se-condo Sorrentino, non fa in-grassare, mentre sono limitatele quantità di carne (soprattut-to rossa) e di derivati del latte.In modo chiaro e facilmentecomprensibile, il libro illustraattraverso una serie di ricette esuggerimenti come perderepeso e ritrovare una perfettaforma in 30 giorni. Senza di-menticare che da un’alimenta-zione sana, varia ed equilibra-ta dipendono anche la capaci-tà di affrontare gli impegniquotidiani con energia ed effi-cienza, la resistenza alle malat-tie e la qualità della vita. Bastaquindi modificare le proprieabitudini alimentari per garan-tirsi a ogni età un fisico sano euna forma invidiabile.

CONSIGLI & RICETTE PER PICCOLI GOURMETdi Heinz Beck e Giuseppe Mele

Edizioni Medico ScientifichePavia

Sesto titolo della collana “Di-dattica della Salute”, questo li-bro nasce dalla consapevolez-za che i primi anni di vita sonoquelli che gettano le basi perla salute in età adulta. Scritto aquattro mani dal celebre cuocoHeinz Beck e da GiuseppeMele, Presidente Fimp (Fede-razione Italiana Medici Pedia-

tri), con la collaborazionescientifica di Adima Borghini(pediatra specialista in Neona-tologia) il volumetto, dopo inecessari brevi capitoli intro-duttivi (ruolo della famiglia,raccomandazioni nutrizionali,alimenti e sviluppo del gusto),passa a declinare le ricette peri 7 giorni della settimana. Seiricette al giorno: per colazione,spuntino, pranzo, merenda,cena e dessert. Dalla graficaassai gradevole (anche per iltarget cui si rivolge) e ben illu-strato, il libro è pensato per ibambini tra i 5 e gli 8 anni. Ibambini che, com’è noto, sonospesso più recettivi degli adultie meno suscettibili ad abitudinialimentari scorrette già instau-rate, potranno così essere me-glio stimolati. La curiosità adapprendere li avvicinerà ainuovi sapori e a cibi più sani. Ifondamenti di una buona nu-trizione in fondo sono sempli-ci: alimenti naturali, tanta frutta

e verdura. Tuttavia per moltigenitori stimolare nei lorobambini la curiosità e l’abitudi-ne ad una alimentazione sananon è così facile. Spesso sonogli adulti che si adattano, a ta-vola, alla monotonia e all’ali-mentazione poco equilibratadei loro figli. Nella prefazioneGiuseppe Mele afferma che iproblemi fondamentali sonodue: “i bambini tendono sem-pre più a mangiare poche co-se, spesso di scarso valore nu-trizionale, e gli adulti a tavolanon sono in grado di stimolarliproponendo piatti che coniu-ghino gusto e sana alimenta-zione”. Il libro rappresenta losforzo congiunto di realizzareuna serie di piatti che abbininola fantasia di uno chef comeHeinz Beck (il cui credo è che“ogni piatto rispetti il corpo el’anima”) alle conoscenzescientifiche per fornire piattinutrizionalmente equilibrati,facili da realizzare, innovativinel gusto. C’è da stare tranquil-li, poiché l’artefice, HeinzBeck, ha a cuore da sempre ilvalore delle materie prime el’effetto che hanno sull’organi-smo. Ogni sua creazione, dallapiù semplice alla più alta, re-gala emozioni uniche in pienorispetto della salute. I piatti so-no inoltre proposti sia per ibambini che per gli adulti(cambiano le quantità), poichéla condivisione del pasto rap-presenta uno degli elementifondamentali dell’avvio di unaalimentazione sana, del rap-

porto tra genitori e figli, che ri-scoprono insieme il piaceredel gusto e dello stare a tavola.

LA MIA CUCINA KASHERdi Giuliana Giannetti

Sovera Multimedia srl, Romawww.soveraedizioni.it€ 19,00

Vasta raccolta di ricette, tratteda vecchi ricettari trovati nellesoffitte e nei cassetti delle ca-se di famiglia dell’autrice. Al-tre sono invece trascritte dalei stessa, dopo aver assaggia-to pietanze a casa di amici,nel corso degli anni; molte so-no quelle più note della cuci-na tradizionale e internaziona-le, rivisitate e proposte inchiave kasher. Il ricettario,con piccolo glossario, diventacosì anche una sorta di viag-gio nel tempo e una lettura didiverse consuetudini culturali.

I N L I B R E R I A

CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 46

I DONATORI DELLA BIBLIOTECA NAZIONALE “G. DELL’OSSO”Anna Capnist, “I funghi della cucina veneta” di Giovanni Capnist(Verona: Anna Capnist Dolcetta e Scripta edizioni, 2012)Circo-lo Teatro del Sale - Firenze, “Soffriggo per te” di Fabio Picchi (Roma, Rai Eri, 2012)Delegazione di Udine, “Cinquant’anni di valorizzazione della cultura gastronomica” acura di Silvano Bertossi(Udine, Accademia Italiana della Cucina, Delegazione di Udine, 2012)Gianfranco Porrà - Accademico di Livorno“Dolci a corte dipinti ed altro” di Giovanna Giusti Galardi (Livorno, Sillabe, 2001)Lucillo Bernardis - Accademico di Pordenone“Friuli-Venezia Giulia: via dei sapori: i solisti del gusto” di Walter Filiputti(Friuli-Venezia Giulia Via dei sapori editore, 2012)

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

CUNEO-SALUZZO21 settembre 2012

Ristorante “Osteria Pasche-ra” di Manuela Rovera, fon-dato nel 1894. �FrazionePaschera San Defendente62, Caraglio (Cuneo);�0171 817286; coperti 40�Parcheggio custodito; pre-notazione necessaria; ferieprima quindicina di luglio;chiusura lunedì. �Valutazio-ne 8,30; prezzo € 35; fami-gliare, accogliente, rustico.

Le vivande servite: salamecon il burro; acciughe al ver-de; vitello tonnato; cotechi-no con lenticchie; funghiporcini al verde; tagliatelle alsugo di culumbot (piccionida voliera); culumbot al for-no; coniglio alla cacciatora;zabaione con torta di noci emandorle amare; cioccolatiniripieni di pera madernassa;pesche sciroppate.

I vini in tavola: Furmentinfermo; Furmentin vivace;Dolcetto della casa.

Commenti: Alla ripresa del-la pausa estiva, nuova serataa tema dedicata al culumbot,ossia al piccione da voliera.Gli Accademici hanno potu-to apprezzare la semplicità ela bravura dei titolari Manue-la e Carlo, in un locale so-brio ma accogliente, natonel 1894. Il Simposiarca Fer-ruccio Franza, con la colla-borazione del consultore Er-manno Mauro, ha introdottola serata soffermandosi sullaspecialità del locale, ossiasui culumbot. Manuela eCarlo hanno incantato la se-rata in un crescendo di gustie di profumi, con materieprime della propria aziendaagricola e prodotti di altaqualità. Sublimi le tagliatellefatte in casa con un delizio-so sugo di culumbot. A sor-presa e con somma gioia de-gli Accademici, a fine antipa-sto, è stato offerto un piattonon previsto: i funghi porci-ni (raccolti in giornata) alverde. Così come, a fine ce-na, sono stati molto graditi i

cioccolatini di Carlo ripienidi pera madernassa: una ve-ra chicca. Serata indimenti-cabile.

ALBENGA E DELPONENTE LIGURE9 agosto 2012

Ristorante “San Teodoro” diMatteo Formento e MilenaKarpowicz (cuoca), fondatonel 2010. �Piazza della Erbe1, Albenga (Savona); �0182555990, anche fax; coperti20+30. �Parcheggio zona pe-donale; prenotazione consi-

gliabile, necessaria; ferie va-riabili in inverno; chiusuramai (giugno-settembre). �Va-lutazione 7,2; prezzo € 35;in una delle più belle piazzedi Albenga.

Le vivande servite: tradi-zionale polpo con patate; ta-gliatelle di pasta fresca contriglie nostrane; fritto mistocon il pescato del giorno;meringata ai frutti di bosco.

I vini in tavola: ProseccoDoc cuvée Treviso (Valled’Arfanta, Conegliano Vene-to); Ribolla Gialla Doc Tenu-ta Casate 2010 (Az. agricolaEnzo Lorenzon, San Canziand’Isonzo, Gorizia).

Commenti: Una convivialeall’aperto, in una piazza trale più belle del centro stori-co di Albenga, ha allietatogli Accademici, che hannopotuto provare questo risto-

rante, la cui caratteristica èquella di offrire piatti sem-plici della tradizione liguredi Ponente, con il pescatodel giorno di una pescheriaa pochi metri: pesce scelto emangiato. I piatti propostisono stati tutti apprezzati,con molti complimenti allagiovane cuoca e a suo mari-to che ha curato il servizio.

ALTO MILANESE24 settembre 2012

Ristorante “Lo Scudiero” diElida Gjoka, fondato nel

2003. �Via Fabio Filzi 13,San Giorgio su Legnano (Mi-lano); �0331 407245, an-che fax; coperti 80. �Par-cheggio incustodito, insuffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie agosto; chiusu-ra lunedì. �Valutazione 8,2;prezzo € 30; accogliente, ru-stico.

Le vivande servite: baston-cini di carote nere, bruschet-te, parmigiano, salame no-strano, salame piccante, po-lipetti su letto di pesto concoriandoli di pomodorini ementuccia; risotto con petalidi rose e pistilli di zafferano;tagliolini al nero di seppiacon scampi e calamaretti avapore; filettino di vitello alcurry in un nido di tagliatelledi verdure; composizione difrutti di bosco su crema pa-sticciera; petali di fico congelato.

I vini in tavola: SpumanteBellussi Extra Dry, Proseccodi Valdobbiadene Doc.

Commenti: Il cibo viene ap-prezzato con l’olfatto e conla vista prima che con il gu-sto e gli chef prestano moltaattenzione alla composizionedel piatto. La Delegazione havoluto affrontare il tema delcolore degli alimenti e la lo-ro importanza per la salute.Lo staff del ristorante, giàben noto agli Accademici, haquindi creato una serie dipiatti privilegiando i coloriautunnali. Il Delegato ha fat-to la relazione introduttivaevidenziando anche l’utilitàsalutistica di assumere cibiricchi di flavonoidi, come hasottolineato anche il dott.Lanfranco Roviglio (dietolo-go), che era presente alla ce-na. Tutti i convitati hannoapprezzato le carote nere, ipolipetti affiancati dai colorie dai sapori del pesto, deipomodorini e della salsa allamentuccia. Molto graditi i ta-gliolini seguiti dal filetto conun tripudio di tagliatelle diverdure e infine i fichi (pro-venienti dall’orto di un’Acca-demica). Insomma un trionfodi colori, di sapori e di sod-disfazione.

MILANO NAVIGLI26 settembre 2012

Ristorante “Del Vuoto Mo-dern Bistrò” di Enrico Orlan-delli, fondato nel 2012. �Via

PIEMONTE

LIGURIA

LOMBARDIA

VITA DELL’ACCADEMIA INDICE

Piemonte, Liguria, Lombardia pagina 47

Trentino-Alto Adige 48

Veneto, Friuli-Venezia Giulia, Emilia Romagna 49

Toscana 50

Marche, Umbria 52

Lazio 53

Abruzzo, Molise, Campania 54

Puglia, Basilicata, Sicilia 55

Sardegna, Europa 56

Nel mondo 58

CARNET DEGLI ACCADEMICI 60

DALLE DELEGAZIONI 62

Ai Delegati: imprescindibili ragioni editoriali rendono necessariomantenere i “Commenti” delle riunioni conviviali in uno spazio li-mitato. La direzione della rivista ha provveduto a tagliare i “Com-menti” che superano il limite, indicato (peraltro da sempre) sulleschede prestampate, di 800 (massimo 1000) caratteri, spazi inclu-si. La decisione è stata presa nella convinzione che le ragioni difondo che l’hanno determinata verranno comprese e applicate.

CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 47

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del Giambellino 12, Milano;�02 94555592; coperti 30.�Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile;chiusura domenica. �Valu-tazione 7,5; prezzo € 45;elegante.

Le vivande servite: polpocon melanzane al fumo dirosmarino e pane abbrustoli-to; risotto con zucca, cedrocandito e cardamomo; coni-glio, carote e cumino deiprati; cioccolato con croc-cante alle nocciole e gelatoal caramello.

I vini in tavola: MüllerThurgau Eisacktaler 2011(Kellerei St. Magdalena, Bol-zano); Dolcetto d’Alba 2010(Silvio Grasso, La Morra).

Commenti: Un ristorantenuovo, ambiente giovane earredamento alla moda, chenel corso delle prove di mo-nitoraggio ha saputo subitoconquistare i palati e che siè confermato all’altezza inoccasione della riunioneconviviale. Tutto viene cuci-nato sotto vuoto e i piattiprovati nel corso della seratahanno dimostrato che que-sto tipo di cottura riesce adesaltare i sapori. Decisamen-te il più apprezzato è stato ilrisotto, in quanto la cotturasotto vuoto ha permesso allazucca di mantenere al massi-mo i suoi profumi e sapori.Un ristorante partito con ilpiede giusto, in crescita emeritevole per l’impegno.L’acustica è da migliorare.Servizio 7,5, rapporto quali-tà/prezzo 7.

SABBIONETATERRE DESTRA OGLIO

13 settembre 2012

Ristorante “Osteria Valle” diMaria Grazia Cimardi, fon-dato nel 1905. �Via CaseSparse 13, Valle di Casalmag-giore (Cremona); �0375254000; coperti 100. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione consi-gliabile; ferie gennaio; chiu-sura martedì. �Valutazione7; prezzo € 35; rustico.

Le vivande servite: lattariniin frittura con polenta abbru-stolita; torta fritta con salumi(prosciutto di Parma, spallacotta di San Secondo, pancet-ta, salame); giardiniera dellacasa; sorbir d’agnoli; guancia-

lino arrosto con spinaci alburro; dolci della casa.

I vini in tavola: Malvasiasecca Doc Colli piacentini(Cantina Manzini); Lambru-sco mantovano (AziendaCorte dei Frati di Sarzi Ama-dè); Gutturnio frizzante DocColli piacentini (CantinaManzini); Gutturnio fermoDoc (La Valorosa).

Commenti: Il locale è notoda anni per la sua cucina tra-dizionale con prodotti delterritorio. Nell’attesa della ce-na gli Accademici hanno gu-stato croccanti e asciutti pe-sciolini fritti accompagnati dapolenta abbrustolita e unbicchiere di spumante. A se-guire gli ottimi salumi, inparticolare la pancetta e ilprosciutto crudo di Parma,anche se un po’ giovane co-me stagionatura. Gradite atutti l’ottima giardiniera diproduzione propria e la gon-fia, leggera e asciutta tortafritta. Gli agnoli, che hannocostituito il primo, avrebberoavuto bisogno di un ripienocon un gusto più deciso. Ot-timi il guancialino arrosto e ilcontorno. Una varietà dibuone crostate e la classicatorta sbrisolona hanno costi-tuito il piatto dei dolci. Diqualità accettabile i vini, inparticolare il Gutturnio fer-mo. Servizio cortese in tempiaccettabili. Rapporto quali-tà/prezzo nella norma. Il giu-dizio finale è stato positivo.

VALLECAMONICA28 settembre 2012

Ristorante “Agroittica SanFiorino” di Stefania Fanti,fondato nel 2012. �Via Mila-no 46, Borno (Brescia);�0364 312123, anche fax;coperti 50. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie metà novembree metà febbraio; chiusura lu-nedì. �Valutazione 7; prezzo€ 35; caratteristico.

Le vivande servite: marina-ta di iridea, trittico di affumi-cati, paté di iridea salmona-ta; carpione di Fontinalis,pomodori gratinati, peperonial Silter, zucchine agli ama-retti, sfogliatine al profumodi rosmarino, marmellata dipetali di rose, salsa al pepeverde con pane casereccioall’origano; tagliolini fatti incasa con porcini e pancetta

affumicata; filetto di salmeri-no alle nocciole con insalatanovella; filetto di salmonatain crosta d’alloro con polen-ta della Valgrigna; biscotti al-la vaniglia; delizia di SanFiorino.

I vini in tavola: Crudoo(Giorgi); Pinot Nero O.P.Doc (Giorgi); Passito Il Sant(Rocche dei Vignali).

Commenti: Salendo versogli impianti sciistici di Borno,a 1.100 metri d’altezza, sitrova, ai piedi della chiesa diSan Fiorino, un agriturismodedicato all’allevamento delpesce d’acqua dolce. Per gliAccademici camuni, abituatia piatti tipici basati sui salu-mi, la carne e la polenta,l’approccio a questa realtàha rappresentato motivo digrande interesse. Il locale ècostituito da un’unica salacon vista sulla cucina che èseparata da un vetro. I pro-dotti provengono dall’alleva-mento sottostante e rappre-sentano una piacevole sor-presa al palato, dando unasensazione di genuinità. Ilmenu è stato interamente ca-ratterizzato dai prodottidell’allevamento accompa-gnati da altre materie primelocali.

VARESE20 settembre 2012

Ristorante “Il Sole” di Davidee Andrea Brovelli, fondatonel 1850. �Piazza Venezia,Ranco (Varese); � 0331976507; coperti 70. �Par-cheggio incustodito; prenota-zione consigliabile; ferie danovembre a gennaio; chiu-sura lunedì. �Valutazione 8;prezzo € 50; familiare, raffi-nato.

Le vivande servite: millefo-glie di trota fario affumicatacon formaggella del Lago diMonate; tagliatelle verdi conlavarello affumicato e barba-bietola; spiedino del nostropersico alle erbe fresche;croccante liquido alle noc-ciole e cipolla di Tropea;crema cotta di frutto dellapassione, cocco e gelato alloyogurt.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (Drusian);Bianco delle Regine Selex IlSole 2011 (Castello delle Re-gine); Sangiovese Selez Il

Sole 2003 (Castello delle Re-gine); Moscato d’Asti 2011(La Caudrina).

Commenti: Nonostante ilpassare degli anni e dellepersone che si sono succe-dute, sempre di famiglia(siamo alla quarta generazio-ne), sembra che il temponon sia trascorso all’internodi questa oasi sul lago, salvol’immensa quantità di miglio-rie apportate al ristorante eall’albergo. Avremmo volutogustare, durante la cena, ilbel panorama sul lago, malo abbiamo potuto intrave-dere solo dall’interno delcomplesso a causa di unaserata un po’ fredda. Lo chefe nuovo patron Davide, fi-glio dello stellato Carluccio,ha proposto le sue nuove in-venzioni come la millefogliee le tagliatelle verdi e haconsigliato, come secondopiatto, lo spiedino di persi-co, invenzione della nonnache, pur straordinario comepresentazione, è risultato unpo’ morbido e poco sapori-to. Ottimi sono stati i pre-an-tipasto e il pre-dolce, carat-teristica del locale. Servizioimpeccabile.

VIGEVANOE DELLA LOMELLINA14 settembre 2012

Trattoria “Da Carla” di Giu-seppina Bologna, fondatonel 1996. �Frazione Molinod’Isella, Gambolò (Pavia);�0381 641002, fax 0381641779; coperti 85. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie 16-30 agosto;chiusura mercoledì. �Valu-tazione 7,80; prezzo € 40;tradizionale.

Le vivande servite: frittinidi verdure, mignon di verdu-re, polpettine di melanzanein crosta di sedano, tartellet-te al salmone; vol au ventcon polpa di granchio; tarti-ne di camembert e pinoli,bocconcini allo spiedo di lu-ganega e patate, prugne av-volte nel bacon; ravioli confarcia di brasato conditi consugo di brasato; filetto dimaiale con speck e tortinodi pomodoro e zucchine; ta-gliata di frutta fresca con ge-lato al limone.

I vini in tavola: Pinot nerobrut (Azienda Anteo, Rocca

de Giorgi); Bonarda OltrepòPavese Doc 2011 (AziendaFaravelli, Santa Maria dellaVersa); Moscato Oltrepò Pa-vese Doc 2011 (Azienda Fara-velli, Santa Maria della Versa).

Commenti: Sapori agrestidel Parco del Ticino apronole porte della trattoria, accol-ti amabilmente dalla signoraGiuseppina che ha prepara-to, sotto il portico, una su-perba e gioiosa tavola diverdure e di carni, calde efredde, che hanno appagatonon solo gli occhi ma ancheil piacere di godere di unabuona tavola con gli amici.Assisi a mensa ecco servitiravioli con farcia e sugo dibrasato (è stato richiesto unsecondo passaggio); sapidoe dalla carne tenera il filettodi maiale; molto gradita latagliata di frutta fresca. I vinibene abbinati, buono il rap-porto qualità/prezzo/servi-zio. Maurizio Campiverdi,Delegato di Bologna San Lu-ca e Presidente dell’Associa-zione menu storici, ha con-segnato alla Delegazione ilPremio Volpicelli 2012, che,meritatamente, è stato ritira-to da Enrico Carnevale checon un’interpretazione per-sonale illustra i menu dellaDelegazione. La serata è sta-ta conclusa da Campiverdicon una simpatica conversa-zione sull’evoluzione storicae artistica dei menu negli ul-timi centocinquant’anni.

TRENTO20 settembre 2012

Ristorante “Ma dela Fam” diLuca Boscheri, fondato nel2007. �Via Stella 18, Trento;�0461 920600, fax 0461349114; coperti 30+120.�Parcheggio buono; preno-tazione consigliabile; chiu-sura mai. �Valutazione 7,2;prezzo € 45; tradizionale.

Le vivande servite: crostinialle follie dello chef; polmo-ne e porcini croccanti; trippein brodo alla trentina; risottocon fegatini di pollo; fritto

TRENTINO - ALTO ADIGE

LOMBARDIA segue

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

CIVILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 240 • PAGINA 48

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d’animelle e cervella; linguaal naturale brasata in agro-dolce con cipolla rossa e se-nape con contorno Paciugol;semifreddo al croccante.

I vini in tavola: Müller, Tre-bolle e Rosso Rubio (tuttidell’Azienda agricola Masdela Fam).

Commenti: La riunioneconviviale è stata organizzataottimamente dagli Accade-mici Gianni Gentilini e Stefa-no Hauser nell’antico masosituato sulle stupende collinea sud di Trento, immerso nelverde delle vigne da cui siricavano i premiati vinidell’Azienda agricola di pro-prietà del ristoratore. Il temadel convivio è stato un”viaggio nell’interiorità” conla degustazione del cosiddet-to “quinto quarto”. GianniGentilini ha egregiamente il-lustrato il tema a tavola. In-teressanti le discussioni. Ilgiudizio complessivo degliAccademici su questa cucinadella tradizione, curata dallochef Vernazza, è stato soddi-sfacente.

BELLUNO-FELTRECADORE

16 settembre 2012

Ristorante “La Stadiera” diLucia Merlin, fondato nel1980. �Via Reane 36, Au-ronzo di Cadore (Belluno);�0435 401013, anche fax;coperti 35/40. �Parcheggiosi; prenotazione consigliabi-le; chiusura lunedì e marte-dì. �Valutazione 7,5; prezzo€ 45.

Le vivande servite: cremadi zucca con speck d’anatracroccante, torta salata congialletti e formaggio Valco-melico, cappucci con lardorosolato, rotolo di tacchinofarcito con salsiccia con salsaalle rape; pappardelle all’uo-vo con porcini e grana, tor-telli ripieni di stracchino alburro fuso, salsiccia e bucciadi limone; tortino con perecotte nel vino rosso e spezie.

I vini in tavola:. ProseccoBellenda; Sauvignon delFriuli “la Tunella”; CorvinaVeronese 2011 (Azienda San-t’Antonio); Recioto della Val-pantenna 2006.

Commenti: Risalire lungo ilPiave fino ad Auronzo di Ca-dore allarga il cuore: sullosfondo delle Tre Cime di La-varedo, il ristorante ha accol-to la Delegazione, sotto laguida del Simposiarca Pier-giorgio Monti. Piccolo edelegante ambiente, dove Lu-cia Merlin e le sue collabora-trici propongono una seriedi antipasti e di primi auten-ticamente “sfiziosi”. Più chebuoni i giudizi degli Accade-mici, sia per quanto riguardal’ambiente, che il servizio enaturalmente la cucina. Mol-to interesse hanno suscitato itortelli ripieni di stracchino,con salsiccia e limone: al dilà delle preferenze personalisullo spessore della sfoglia(facile spunto di “infuocate”discussioni), l’abbinamentodella salsiccia ad un piattoconsiderato di magro ha de-stato qualche perplessità. Inconclusione una cucina otti-mamente impostata, in cui sipercepiscono la voglia el’entusiasmo di una ricercacontinua. Da tenere d’oc-chio!

TREVISO20 settembre 2012

Ristorante “La Panoramica”di Eddy Furlan, fondato nel1966. �Via VIII Armata 28,Nervesa della Battaglia (Tre-viso); �0422 885170; coper-ti 60. �Parcheggio custodito;prenotazione consigliabile;chiusura lunedì e martedì.�Valutazione 6,30; prezzo €35; caratteristico.

Le vivande servite: fritturinadall’orto e dal bosco; tegami-no gratinato di porcini e gor-gonzola; agnolotti di ricotta ezucchine in fiore al burro esalvia; coniglio del Montelloal prosecco e profumi di ti-mo; semifreddo ai frutti dibosco con salsa ai lamponi.

I vini in tavola: Proseccodella casa col fondo 2011;Manzoni Bianco 2011 (Sera-fini e Vidotto, Nervesa dellaNattaglia); Phigaia 2007 (Se-rafini e Vidotto); Moscatod’Asti 2011 (Saracco, Casti-glione Tinella).

Commenti: Locale tra i piùamati dai trevigiani per le gi-te fuori porta sin da fine an-ni ‘60. È gestito dal figlio deifondatori e mantenuto ad unlivello decoroso. Tutti i pro-dotti sono a km 0 e le pastefatte in casa. La moglie deltitolare propone in cucinapiatti tradizionali con qual-che innovazione, così primadei tradizionalissimi agnolot-ti burro e salvia e coniglioarrosto, viene servito un te-gamino di porcini e gorgon-zola, accostamento incon-sueto pur nel già esploratofilone funghi-formaggio.Gradevole il dessert.

VICENZA22 settembre 2012

Ristorante “Rifugio Val For-mica” di Alessandro Pergola-to & C. �Cima Larici, Alto-piano di Asiago (Vicenza);�0424 463618; coperti 80.�Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile. �Valutazione7,5/8; prezzo € 35; caratte-ristico.

Le vivande servite: cosciot-to di capriolo affumicato, pa-té di pernice rossa, linguasalmistrata affumicata consalsa verde; tagliolini conporcini freschi di Cima Lari-ci; ravioli caserecci con ku-mo selvatico; lombata di cer-vo con emulsione alle erbet-te e limone; patate di Rotzo;strudel di mele con salsa allavaniglia e frutti di bosco.

I vini in tavola: “Maybe”spumante brut VSQ, “Perla-to” da uve Rulander 2011,“Rosso Val Formica” 2008(uvaggio merlot, cabernet,sauvignon e lagrein), “CastelBeseno” moscato giallo 2011(tutti dell’Azienda agricolaSalizzoni in Caliano, TN).

Commenti: Giornata nel-l’Altopiano dei Sette Comu-ni, Asiago, con inizialeescursione alla Malga Dossodi Sotto per uno “spuntino”.Nel rinnovato rifugio ValFormica, 1653 m, ottima ac-coglienza agli Accademicicon antipasti prealpini; co-sciotto di capriolo affumica-to, paté di pernice rossa elingua salmistrata affumicatadi vacca grigia alpina. A se-guire tagliolini conditi coneccezionali porcini freschi,raccolti in mattinata, ravioli

con kumo selvatico e lomba-ta di cervo con emulsionealle erbette e limone. Men-zione particolare alla patatadi Rotzo (uno dei sette Co-muni), varietà tipica a bucciabianca o rossa, caratterizzatada un’alta percentuale diamidi. Per commiato: strudeldi mele, caffè e vari ammaz-zacaffè, tra cui il cimbro kra-nebet (letteralmente “graniamari”, antica denominazio-ne del ginepro in cimbro), li-quore ricavato dalle bacchedi ginepro.

UDINE15 settembre 2012

Ristorante “La di Moret”.�Viale Tricesimo 276, Udine;�0432 545096; coperti 100.�Parcheggio comodo; preno-tazione consigliabile; ferieultima settimana di luglio eprima di agosto. �Valutazio-ne 8; prezzo € 55; elegante,familiare.

Le vivande servite: suppet-ta di porro croccante, “Kom-pier”, bocconcini di lepre,“pita”, polenta, frittata e lat-te, frico secco, frico carnicomorbido, “toc’ di Voras”,“salviade”, “shultar” di Ti-mau, prosciutto crudo affu-micato di Sauris; cjalsòns alleerbe di Cercivento; guancia-le di maiale affumicato con“rosti” e salsa di mele; tortadell’anniversario.

I vini in tavola: RibollaGialla Brut (Collavini); Friu-lano (Livio Felluga); Schiop-pettino Romain (Rodaro);Verduzzo Friulano (Roncodei Pini).

Commenti: Con la cena inonore del Presidente Ballari-ni, si sono concluse le cele-brazioni per il cinquantena-rio della Delegazione. Il me-nu, egregiamente preparatodal cuoco Stefano Basello,aveva come tema la cucinadelle Comunità alloglotte diSauris, Timau, di Resia edelle Valli del Torre e Nati-sone.

BORGO VAL DI TARO8 settembre 2012

Ristorante “Solari” di PaolaSolari, fondato nel 1960. �Ce-reseto di Compiano (Parma);�0525 824801; coperti 150.�Parcheggio incustodito; pre-notazione consigliabile; feriemai; chiusura lunedì sera.�Valutazione 7,70; prezzo €30; famigliare.

Le vivande servite: assaggidi salume con torta fritta,torta d’erbe, di riso e patate;zuppa di porcini; tortelli dipatate al sugo di porcini;crocetti al sugo di cinghiale;arrosto di vitello farcito; car-tocci di vitello; salame dicioccolato, semifreddo allozabaione.

I vini in tavola: bianco friz-zante Invito, rosso fermoGutturnio Superiore (Azien-da Il Casello).

Commenti: In occasionedella riunione conviviale ce-lebrativa del “Settembre ga-stronomico”, organizzata dalSimposiarca Ferdinando Bo-ve, si è ricordato come lacucina della tradizione, nelleValli del Taro e del Ceno,costituisca un elemento di ri-chiamo enogastronomicoper il territorio, visto il suc-cesso che ogni anno ottiene.Un’esposizione, quella diFerdinando Bove, ricca dianeddoti, che ha riscossoenorme successo. Gradita lapartecipazione delle autoritàlocali, del Sindaco di Bardi edi imprenditori che hannoapprezzato, unitamente agliAccademici, la sapiente pre-parazione dei piatti, ricchi disapori e profumi, ispirati allibro di Sara Lusardi “La cu-cina della tradizione in Valta-ro e Val Ceno”. Il più ap-prezzato è stato l’arrosto divitello farcito. Amabile l’ab-binamento dei vini, di buonaqualità. Prelibati i dolci. Sod-disfacente il servizio, corret-to il rapporto qualità/prezzo.Il Simposiarca ha elogiato icuochi per la presentazionedelle pietanze e ringraziato il

VENETO

FRIULI - VENEZIA GIULIA

EMILIA ROMAGNA

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Sindaco di Bardi per il con-tributo intellettuale fornitoalla celebrazione.

CENTO-CITTÀDEL GUERCINO23 settembre 2012

Ristorante “Dogana” di ValterLucchini, fondato nel 1972.�Via Virgiliana 1, Pilastri diBondeno (Ferrara); �053283320; coperti 40. �Parcheg-gio incustodito, sufficiente;prenotazione consigliabile;ferie 1 settimana a gennaio e1 settimana a luglio; chiusu-ra martedì. �Valutazione7,40; prezzo € 40; tradizio-nale, famigliare, accogliente.

Le vivande servite: tortinodi zucchine con crema digrana padano Dop e pro-sciutto Parma Dop croccan-te; gnocchi di zucca conguanciale, grana padanoDop e gocce di aceto balsa-mico; maccheroni al torchiocon sugo di lepre; filetto divitello con la sua salsa e pa-tate ripassate al forno; zuppainglese destrutturata.

I vini in tavola: Fortana ro-sé (Az. Vinicola Mattarelli);Pignoletto frizzante Igt 2011(Corte d’Aibo); ‘Rùbico’ La-crima di Morro d’Alba Doc2010 (Morotti Campi); ‘Vul-caia Apres’ Passito di Sauvi-gnon Igt 2007 (Inama).

Commenti: Il SimposiarcaFerruccio Pagnoni ha sceltoquesto ristorante di confine,tra Ferrara, Mantova e Mo-dena (il nome ‘Dogana’ neattesta la locazione), per laripresa dell’attività accade-mica della Delegazione, do-po l’interruzione estiva. Ilbenvenuto agli Accademici,con aperitivo servito in can-tina, e assaggio di ottimiprodotti del territorio, è sta-to graditissimo. Il tortino dizucchine ha ottenuto unani-me consenso ed elevatopunteggio: giudicato perfet-to nell’esecuzione e nell’otti-ma presentazione. La zuppainglese servita in modo in-novativo, con i componentiseparati, ha suscitato sorpre-sa e affascinato per la sa-piente preparazione e spet-tacolare presentazione. Otti-ma la scelta dei vini, servitianche in modo puntuale. Ilservizio inappuntabile e at-tento si giova della garbatapresenza in sala di Valter

Lucchini, professionale e di-sponibile.

PARMA-BASSAPARMENSE

26 settembre 2012

Ristorante “Locanda Sten-dhal” di Giorgio Zanichelli,fondato nel 1946. �LocalitàSacca 80, Colorno (Parma);� 0521 815493, anche fax;coperti 100. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile. �Valu-tazione 7,5; prezzo € 45;elegante, tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: piccoloaperitivo con salumi e par-migiano e Prosecco; flan diparmigiano con salsa al briee funghi porcini; risottomantecato al culatello, ridu-zione di aceto balsamico diModena Igp; rosa di Parmacon patate al forno; moussedi cioccolato con pere cottee zabajone.

I vini in tavola: Malvasia afermentazione naturale (IlGruppetto); Lambrusco Sten-dhal (produzione propria).

Commenti: Piacevolissimaserata alla scoperta dei sapo-ri più tradizionali della cuci-na parmigiana. I successi dellocale nascono dalla grandepassione di Bruno; già neglianni ’50, i clienti erano nu-merosi e i piatti cominciaro-no a diventare tradizione. Ilristorante ebbe la sua consa-crazione ufficiale come“Stendhal”, nel 1958, conl’apposizione sulla facciatadi una lapide al termine diun convegno sullo scrittore,che suggellò così il legameindissolubile tra la cultura eil cibo. Il Delegato MassimoGelati, dopo l’apertura deilavori e il saluto al Questoredi Parma, dott. Longo, ha in-trodotto un relatore d’ecce-zione, il dott. Riccardo Carel-li, Amministratore Delegatodi Alma, la Scuola Interna-

zionale di Cucina italiana, ilpiù affermato e famoso cen-tro di formazione gastrono-mica d’Italia. Il relatore habrillantemente esposto le ul-time tendenze della ristora-zione italiana, stimolando uninteressante dibattito.

RICCIONE-CATTOLICARIMINI

26 settembre 2012

Ristorante “Le Vele” di FabioVenturini, fondato nel 1999.�Via Litoranea sud, SpiaggiaZona 70, Misano Adriatico(Rimini); �0541 611399,anche fax; coperti 80+20.�Parcheggio incustodito;prenotazione necessaria; fe-rie gennaio; chiusura merco-ledì. �Valutazione 8,50;prezzo € 50; elegante.

Le vivande servite: zuppet-ta di quadrucci alle canoc-chie e datterini; tutto crudo...composizione di pesci incarpaccio e crostacei secon-do mercato; risotto alla vec-chia maniera al sugo di pe-sce e “poveracce”; seppioli-ne nostrane alla griglia conmisticanza all’aceto; sorbettoal frutto della passione, gra-nita di limone e lamponi;piccola pasticceria.

I vini in tavola: “Santa Bar-bara” vino spumante brut,“Animale celeste” Sauvignon2011, “Le Vaglie” Verdicchiodei Castelli di Jesi Doc 2011,“Lina” Verdicchio dei Castellidi Jesi Passito Doc 2008 (tuttii vini sono dell’Azienda San-ta Barbara, Barbara, AN).

Commenti: Le due Delega-zioni hanno partecipato in-sieme alla riunione convivia-le, risultata molto piacevolee interessante sia per i lega-mi particolari che le unisco-no, sia per i gradevolissimipiatti serviti. Il ristorante,ben noto agli Accademici,ha nell’occasione conferma-to le sue ottime credenziali.Le preparazioni, ispirate alpescato di stagione, hannoottenuto il generale apprez-zamento: deliziosi la zuppet-ta di quadrucci, il risotto“rosso” alla vecchia manierae il sorbetto; ottimi il crudoe le seppioline gratinate. Ap-prezzati anche i vini (illustra-ti sapientemente nel corsodella serata) e il loro abbina-mento. Sobrio e gradevolel’ambiente, efficiente il servi-

zio nonostante il notevolenumero di Accademici. Haconcluso la bella serata l’in-contro con l’intera brigata dicucina, alla quale è statoespresso con calore il meri-tato apprezzamento.

APUANA21 settembre 2012

Ristorante “Cima” di Giovan-na Cima, fondato nel 1985.�Via del Fagiano 1, Roma-gnano (Massa Carrara);�0585 830835, anche fax;coperti 100. �Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie settembre;chiusura lunedì (da ottobre amaggio). �Valutazione 6,18;prezzo € 35; rustico.

Le vivande servite: sele-zione di salumi nostrani confesa marinata e sformatini diverdure; lasagne stordellate;prosciutto di maiale al fornocon patate arrosto; torta diriso; bavarese ai frutti di bo-sco.

I vini in tavola: Archigi2008, Vermentino Nero 2008,Candia San Lorenzo 2001(tutti i vini sono dell’Aziendaagricola Cime Aurelio).

Commenti: Riunione convi-viale dedicata al centenariodella morte di Giovanni Pa-scoli, che soggiornò e inse-gnò a Massa e che in diversiscritti ricorda il cibo e il vinodi questa terra, il Candia. Siè scelto un ristorante nel belmezzo delle colline dovequesto vino si produce. Lacena non è stata all’altezzadelle aspettative anche se ipiatti proposti erano tipicilocali e usuali in tutte le fa-miglie di Massa e di Carrara.L’Accademico Alfredo Pelleha tenuto una relazione sulPascoli alla quale è interve-nuta anche la Presidente delComitato pascoliano masse-se. Al termine della cena, unattore ha recitato alcunepoesie del Pascoli con musi-ca di sottofondo tratta dalleopere di Puccini.

AREZZO30 agosto 2012

Ristorante “La Capannaccia”di Ilaria e Cristina Ottaviani,fondato nel 1964. �Loc.Campriano 51/c, Campriano(Arezzo); �0575 361759,anche fax; coperti 120.�Parcheggio custodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie 2 settimane va-riabili a luglio; chiusura do-menica sera e tutto lunedì.�Valutazione 7; prezzo €37; rustico.

Le vivande servite: crostinineri; bruschetta di pomodo-ro e panzanella; pappardelleal sugo di ocio; risotto con ifunghi; pollo e coniglio allagriglia; cipolle cotte sotto lacenere; radicchio con fagioli;zuppa inglese; anguria conmousse al limone. Amari diproduzione del ristorante.

I vini in tavola: Chianti diCampriano (Azienda AgicolaOttaviani, Campriano).

Commenti: Riunione convi-viale di fine estate. Il localeha mantenuto negli anni l’at-mosfera della cucina di unagrande casa colonica e più diogni altro rispecchia la tradi-zione della cucina rurale are-tina. Famoso per ogni tipo dicarne alla griglia e per i ragùdi carne, ha mantenuto leaspettative. Piacevolmente in-novativo il radicchio con i fa-gioli, squisita la zuppa ingle-se. La cucina è affidata a tuttala famiglia, in particolare adIlaria. Serata piacevole e di-vertente, totalmente informa-le anche se alla fine il nume-ro degli Accademici ha piace-volmente superato ogniaspettativa, trattandosi ancoradi un mese di vacanza. Nien-te cartaceo ma voto corale!

ELBA31 agosto 2012

Ristorante “La Grotta” di To-sca Sardi, fondato nel 1972.�Loc. Madonna delle Grazie,Capoliveri (Livorno); �0565939131; coperti 60. �Par-cheggio incustodito; prenota-zione consigliabile; ferie daottobre ad aprile; chiusuramai. �Valutazione 7,5; prez-zo € 40; famigliare, rustico.

Le vivande servite: sautédi vongole e cozze; spaghet-ti alla marinara; frittura mista

TOSCANA

EMILIA ROMAGNA segue

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di calamari e gamberi; ver-dure di stagione grigliate;pesce spada alla griglia.

I vini in tavola: Falanghinadel Sannio Doc.

Commenti: Serata informaledi fine estate, che vede riuni-ta tutta la Delegazione in unvecchio locale gestito dalla si-gnora Tosca Sardi dai primianni ’70, insieme alla fami-glia. Siamo in località Madon-na delle Grazie e proprio sul-la spiaggia. Ospiti d’onore ilPresidente Ballarini e il Diret-tore del Centro Studi del-l’Emilia Tito Trombacco.L’oggetto della serata è laconsegna del diploma di 25anni di appartenenza all’Ac-cademia della carissima Acca-demica Carmela Radice Fos-sati, che viene insignita deldistintivo d’argento dal Presi-dente. La cucina che il localepropone è quella tipica, conun menu di poche portatema sempre fresche, e perquesto è sempre affollato. Lasignora Tosca, con una solaaltra persona. dedica tutte lesue risorse alla cucina. Tuttoquesto ci impone di ritornareper poter valutare meglio lepotenzialità del locale che ri-sultava sconosciuto alla granparte degli Accademici.

EMPOLI12 settembre 2012

Ristorante “Papaveri & Pape-re” di Paolo Fiaschi, fondatonel 2009. �Via Dalmazia159/d, San Miniato (Pisa);�0571 409422; coperti50/80. �Parcheggio incusto-dito; prenotazione consiglia-bile; chiusura domenica acena. �Valutazione 7,5;prezzo € 33; accogliente.

Le vivande servite: carpac-cio di chianina marinato alleerbette con pomodorini eolive taggiasche; insalata dimuscolo con aromi di cam-po; pancotto del pescatorecon gambero viola; oro diPisa, cannolo di cecina ripie-no di pesce; gnudi di ricottae pecorino con tartufo esti-vo; tortello di patate e ver-durine; filetto di maiale incrosta di nocciole con melaspadellata; tortino di fichiverdini e gelato alla crema.

I vini in tavola: Chardonnay(Cantina Terlano); Chianti(Fattoria di Piazzano).

Commenti: Menu vario einteressante organizzato dal-la Simposiarca ElisabettaGuerrieri. Inconsueto l’”orodi Pisa”, un cannolo di ceci-na ripieno di pesce; moltobuono il carpaccio di chiani-na con olive taggiasche, ap-prezzato tra le pur numerose(forse troppe) portate. Icommensali hanno trovatouna cucina dalla filiera corta,nel complesso innovativa eda provare, anche se i lega-mi col territorio di apparte-nenza sono labili, assaporatisoprattutto negli gnudi con iltartufo estivo, prodotto tipi-co del Samminiatese.

FIRENZE PITTI11 settembre 2012

Ristorante “Osteria Toscanel-la” di Roberto, Donatella,Luisa e Giovanni Gori, fon-dato nel 2012. �Via Tosca-nella 34/36/38 R, Firenze;�055 285488; coperti 50.�Parcheggio incustodito,scomodo; prenotazione con-sigliabile; ferie settimana diferragosto; chiusura domeni-ca. �Valutazione 7,61; prez-zo € 45; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: crostinitoscani “fatti da voi”; pasta ececi accompagnata da acciu-gata; taglierini freschi all’orti-cello; prosciutto porchettatoin salsa camellina con fagio-li; bianco mangiare alla can-nella e pistacchi.

I vini in tavola: Vin RuspoRosato di Carmignano Doc2011 (Capezzana - ConteContini Bonaccossi, Carmi-gnano); Trefiano Carmigna-no Docg 2006 (Capezzana -Conte Contini Bonaccossi);Vinsanto del Chianti Doc Ri-serva (Cantine Manetti,Quarrata, PT).

Commenti: L’osteria occupaquegli ambienti che un tem-po furono il luogo di pas-saggio e ritrovo di alcuni de-gli uomini più importantinella storia della civiltà occi-dentale. La loggia e il porti-cato si affacciano su via To-scanella che prende il nomedall’antica famiglia fiorentinaa cui appartenne Paolo dalPozzo Toscanelli, al quale sideve la scoperta dell’Ameri-ca con i suoi studi e le suecarte. L’antico pozzo chedette il nome alla famiglia

Toscanelli è stato poi ritrova-to e si può ammirare all’in-terno del ristorante. Il prof.Ugo Barlozzetti ha illustratoil legame e il percorso diquesti luoghi tra la famigliaToscanelli e Ottone Rosaiche ha poi avuto qui il suostudio. Il menu, che si riface-va anche a reminiscenze ri-nascimentali, è stato moltoapprezzato, ottimi i crostinie la salsa acciugata, bell’ab-binamento del prosciuttocon la salsa camellina.

MONTECATINI TERMEVALDINIEVOLE20 settembre 2012

Ristorante “Golf Club La Pie-vaccia di Montecatini” diMassimo Incerpi, fondato nel2007. �Via dei Brogi, Pie-vaccia, Monsummano Ter-me (Pistoia); �0572617376; coperti 50+150.�Parcheggio incustodito,sufficiente, nell’area club;prenotazione consigliabile;ferie 7-21 gennaio; chiusuramartedì (1 nov-22 gen).�Valutazione 7,5; prezzo €35; accogliente.

Le vivande servite: sforma-tino di funghi porcini supassata di fagioli bianchi;zuppa di farro con i fagiolirossi di Sorana; tagliata dimanzo con fagioli di Soranaall’olio; cialda con gelato dicrema e frutti di bosco.

I vini in tavola: Chianti deiColli Senesi 2010 (Guicciar-dini Strozzi); Rosso di Casti-glioni 2009 (Frescobaldi);Malvasia di Annone (Pala-din).

Commenti: La riunioneconviviale si è svolta, perspontanea iniziativa dei sociDami e Albertacci, in questopiacevole locale, già noto,confortevole e ben gestito.Protagonista del menu il fa-giolo di Sorana, a marchioIgp, prodotto d’eccellenzadel territorio, di cui ha par-lato uno dei coltivatori,Mauro Carreri, illustrandonezona di produzione, caratte-ristiche, peculiarità. La cenaha avuto buon successo siaper numero di partecipantisia per la scelta del sempli-ce, gustoso e autoctono me-nu, ben accompagnato daivini selezionati. Diffusa emeritata approvazione han-no riscosso lo sformatino, la

minestra di farro e “rossi” diSorana (sconosciuti ai più) eil buonissimo dessert, men-tre la buccia sottile dei fa-gioli di contorno ha un po’tradito gli addetti alla cottu-ra, che avrebbe dovuto es-ser più breve. Buono ilprezzo, in linea con la pre-stazione offerta. La chiac-chierata “aperta” a fine pa-sto ha favorito anche qual-che intervento dei convitati,confermando il clima cor-diale e amichevole.

PISA7 agosto 2012

Ristorante Trattoria “La Ta-verna dei Gabbiani” di Di-no, Mario e Gabriele Giaco-ni, fondato nel 1995. �ViaTullio Crosio 2, Marina diPisa; �050 34180; coperti50. �Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie fine otto-bre - inizio novembre; chiu-sura lunedì. �Valutazione7,55; prezzo € 43; acco-gliente.

Le vivande servite: aperiti-vo con appetizer; mantecatodi pesce bianco, bruschetta,vellutata con salsa di pescein conchiglie Saint Jacques;taglierini afromare; pennettealla “Taverna” (seppie no-strali e polpo di scoglio); pe-sce al forno (secondo pesca-to del giorno) con verdure;macedonia di frutta con ge-lato alla crema.

I vini in tavola: “Savjo IgtToscano, Vermentino in pu-rezza” (Az. Agricola “Il Gal-lettino”, Chianni, PI).

Commenti: La Delegazioneha voluto visitare questo lo-cale che propone una cuci-na marcatamente marinara,nella quale sapori e piattidella tradizione si coniuganocon la passione per l’innova-zione. Estremamente piace-vole e gustoso l’aperitivo,comodamente servito nel-l’ampia terrazza accurata-mente allestita e riservataagli Accademici. Hanno fattoseguito altrettanti ottimi anti-pasti e, successivamente,molto apprezzate le “pennet-te alla Taverna”. Orate e spi-gole di grosse dimensioni,“pescato del giorno” senzauna minima frollatura, han-no purtroppo tradito il cuo-co nella cottura, risultando

in alcuni casi stoppose enon molto saporite; unasemplice ma fresca e artigia-nale macedonia ha conclusola successione delle vivande.La serata ha visto la graditapartecipazione di FrancoCocco, Coordinatore Territo-riale per la Toscana Occi-dentale, e di Alfredo Pelle,Segretario del Centro Studi“Franco Marenghi”.

SIENA VALDELSA18 settembre 2012

Ristorante “Babette” di Ma-ria Mormile, fondato nel1992. �Via Irlanda 2/h, Bel-lavista-Poggibonsi (Siena);�0577 979533, anche fax;coperti 60+50. �Parcheggioincustodito, sufficiente; pre-notazione consigliabile; feriefebbraio; chiusura martedì.�Valutazione 7,35; prezzo €40; accogliente.

Le vivande servite: fantasiedi mare dello chef con sal-mone marinato al profumodi pompelmo, crostone conmoscardini affogati, insalatadi mare, polpo agli agrumi,pepatina di cozze e vongoleveraci; scialatielli trafilati albronzo con astice; paccherialle vongole in crema dizucca gialla; gamberoni lar-dellati su letto di scarola; ba-bà al Rhum.

I vini in tavola: 448 s.l.m.Igt 2011 (Girlan); MüllerThurgau Doc 2011 (Girlan).

Commenti: Per questa riu-nione conviviale è stato alle-stito un interessante menudi pesce in un locale che siera fatto conoscere per spe-cialità marinare e che, dopoun periodo di chiusura, hasubito un recente cambio digestione. Buon livello di ri-storazione e accoglienza eun discreto servizio. L’origi-ne napoletana dello chefAntonio Proteo ha consenti-to di assaporare fragranzenon proprio comuni al no-stro territorio, peraltro moltogradite ai numerosi Accade-mici. Maggiormente apprez-zati gli antipasti e concordeè stato il positivo giudiziosul rapporto qualità/prezzo.La dott.ssa Agnese Pane,Comandante provincialedella Polizia Stradale di Sie-na, ha tenuto un’interessanterelazione sull’uso delle be-vande alcoliche connesso al-

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la guida degli autoveicoli.La serata si è conclusa conla consegna delle insegne,da parte del Delegato, alnuovo Accademico LucioPalma.

VALDARNOFIORENTINO

19 settembre 2012

Ristorante “Chef Claudio” diClaudio Piantini, fondatonel 2003. �Via San Martino20, Figline Valdarno (Firen-ze); �055 951112, fax 0559597727; coperti 26. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie 10 giorni a gen-naio; chiusura domenica ininverno. �Valutazione 7,95;prezzo €35,00; famigliare,accogliente.

Le vivande servite: taresecon purea di patate di Ceti-ca; sformatino di prosciuttodi cinta con melone; zuppadi farro e fagioli con l’oc-chio; costata di chianina consucco d’uva Sangiovese;spuma di mascarpone conpurea di pesca cotogna delPoggio.

I vini in tavola: Rosso diMontepulciano 2010 (FossoLupaio); Chianti Classico Ri-serva “Il grigio” 2008 (San-felice).

Commenti: Riunione convi-viale in un ristorante moltocaratteristico e familiare si-tuato su una collina che do-mina Figline Valdarno. L’am-biente, caldo e accogliente,ha visto gli Accademici riuni-ti come nella ‘sala da pran-zo’ di casa. I piatti, indivi-duati dalla Simposiarca Ta-tiana Di Martino, hanno ri-scontrato un ottimo apprez-zamento evidenziato anchedal voto finale. All’inizio del-la riunione conviviale, laSimposiarca ha brevementeparlato dei prodotti e degliingredienti del menu, tuttidel territorio e tutti acquistatisecondo il principio della ‘fi-liera corta’. Graditi gli anti-pasti e molto apprezzata lacostata di chianina per laparticolare interpretazionedella cottura. Ottimo il dol-ce. La serata si è svolta inuna generale allegria e altermine il Delegato RuggeroLarco ha offerto il guidonci-no dell’Accademia al bravochef Claudio Piantini.

VERSILIA STORICA25 settembre 2012

Ristorante “Da Lorenzo” diLorenzo Viani, fondato nel1981. �Via Carducci 61/c,Forte dei Marmi (Lucca);�0584 874030; �Parcheg-gio incustodito; ferie 16 di-cembre - 31 gennaio; chiu-sura martedì. �Valutazione9; prezzo € 60; elegante.

Le vivande servite: croc-chette di gamberetti e pe-scetti fritti; insalatina tiepidadi mare con crostacei, mol-luschi, dadolata di pomodo-ro e julienne di asparagi; fa-gioli rossi di Sorana con bri-ciole di rana pescatrice invellutata di farro della Garfa-gnana; bavette sul pesce(pasta risottata con scampet-ti, totanini, seppiette e gam-beretti biondi); cupola dibranzino pescato ripiena dipatate con spinaci croccanti;millefoglie con crema chan-tilly e frutti rossi.

I vini in tavola: Champa-gne brut selection (GastonChiquet); Erbaluce di Caluso2011 (Az. agricola Orsolani);Broy 2009 (Az. agricola Col-lavini); Moscato d’Asti Bian-cospino 2011 (Az. agricolaLa Spinetta).

Commenti: La riunioneconviviale a conclusione del-la cerimonia per il PremioPepe si è svolta in un am-biente elegante e raffinato,con un menu a base di pe-sce, secondo la tradizionelocale. Gli Accademici e gliospiti hanno apprezzato inumerosi piatti propostiesprimendo un giudizio digenerale apprezzamento an-che per l’attenta cura nellapresentazione. L’abbinamen-to con i vini è stato eccellen-te, il servizio attento e pun-tuale, curato personalmentedal titolare Lorenzo Viani, hasuggellato la piacevolezzadella serata.

VIAREGGIO VERSILIA21 settembre 2012

Ristorante “Lombardi” diPaola ed Enrico Mencarini,fondato nel 1890. �Via Au-relia 127, Torre del LagoPuccini (Viareggio); �0584341044; coperti 100. �Par-cheggio incustodito, suffi-ciente; prenotazione neces-saria; ferie mai; chiusura

martedì. �Valutazione 7,50;prezzo € 40; elegante, acco-gliente.

Le vivande servite: “grandebuffet di Lombardi” con pre-gustativi caldi (tagete, fiori dizucca) e freddi (cuore dibranzino con sfoglie di man-dorle tostate su purea di to-pinambur e fiori eduli); risoCarnaroli con pere “cosce”,gamberi e fiori eduli (petalidi rosa, bocche di leone, ta-gete); maaccheroni di “pastadelle donne di Puccini” al-l’uovo con branzino, veraci,e pioppini; orata alla “greca”con olive, pachino e fioredel cappero; verticale di fra-gole, crumble e crema almascarpone (menta, gera-nio, nasturzio).

I vini in tavola: “Torre deiVescovi” Lessini Durello spu-mante brut magnum (per gliaperitivi); Müller Thurgau Al-to Adige Doc 2011 (josephHofstätter).

Commenti: La Delegazioneha ripreso la sua attività conuna cena speciale che il Sim-posiarca della serata RobertoCeccatelli ha fortemente vo-luto. L’evento è il risultato diun progetto lungamente ac-carezzato e finalmente rea-lizzato con il concorso entu-siasta della chef Paola Men-carini, del fratello Enrico e diMarco Carmazzi, titolaredell’omonima Azienda floro-vivaistica di Torre del Lago.Protagonisti della serata so-no stati i “fiori eduli”, o fioricommestibili, che, nonostan-te fossero già apprezzati da-gli antichi Egizi, oggi sonopoco conosciuti. L’evento neha mostrato la potenzialità

nell’alta gastronomia e con-tribuirà ad una loro miglioreconoscenza. La chef ha rea-lizzato un’intera cena con ifiori eduli, dai pregustativi fi-no al dessert. Una cena sto-rica nel suo genere, a cui,oltre agli Accademici, sonointervenuti tanti ospiti, incu-riositi dal tema inconsuetodella serata.

ASCOLI PICENO28 settembre 2012

Ristorante “Baia Blanca Cha-let Ristorante” di Sandro DiDonato, fondato nel 2005.�Lungomare De Gasperi 28,Grottammare (Ascoli Pice-no); �0735 631650, anchefax; coperti 40+40. �Parcheg-gio incustodito; prenotazioneconsigliabile; ferie 9-31 gen-naio; chiusura lunedì e do-menica sera (inverno). �Va-lutazione 6,50; prezzo € 40;suggestivo.

Le vivande servite: oliveripiene di pesce; zamponedi calamaro piccante; pol-pette di triglia; cuore di ric-ciola con patate e cicoria;guazzetto di sogliola e me-lecche; alici ripiene con ci-polla al pepe rosso; pappar-delle alla Sasà; mezzi pac-cheri con carciofi e scampi;frittura di paranza; insalata;praline di gelato con frutta.

I vini in tavola: Passerina“Tufilla” (Cantina San Savi-no); Pecorino “Ciprea”(Cantina San Savino).

Commenti: Il locale è in re-altà uno stabilimento balnea-re, sulla spiaggia; ci si acce-de attraverso un suggestivovialetto d’ingresso contorna-to di palme e sapientementeilluminato, così come l’interastruttura che offre un magicoquanto romantico scenario.La qualità del servizio è ap-parsa ineccepibile, all’inse-gna della cortesia. Lo chef,che è anche il titolare, hamostrato grande entusiasmo,anche nel rispondere alledomande del Delegato Pao-lo Ulissi e del SimposiarcaVincent Mazzone. Le portatesono state sapientementepresentate; da rilevare, lo“zampone di calamaro confarcitura piccante” e le “aliciripiene” fra gli antipasti,mentre tra i primi sono risul-tate appetitose le “pappar-delle alla Sasà”; la frittura, in-fine, molto gradevole.

GUBBIO29 agosto 2012

Ristorante “Agriturismo Bor-go Medievale Pascelupo” diCarlo Crociani, fondato nel2010. �Via Circonvallazione22, Pascelupo (Perugia);

MARCHE

UMBRIA

TOSCANA segue

L’Accademia ha fatto realizzare un piat-to in silver plate, in formato grande edelegante, che reca inciso, sul fondo, iltempietto accademico, il tutto circondatoda una corona di stelle traforate che in-tendono rappresentare l’universalità del-la nostra Accademia. Questo oggetto

simbolico è consigliato come omaggio da consegnare ai ristoratori visi-tati che si siano dimostrati particolarmente meritevoli. Per ogni ulterio-re notizia in merito e per le eventuali richieste i Delegati possono rivol-gersi alla Segreteria di Milano ([email protected]).

IL PIATTO D’ARGENTO DELL’ACCADEMIA

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 53

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

�075 9220790, anche fax;coperti 100. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione consigliabile; feriegennaio; chiusura lunedì.�Valutazione 7,4; prezzo €25; familiare, rustico.

Le vivande servite: brusten-go con salame di cinghiale,fagioli e cotiche; tagliatelle“smenate” con salsicce espugnoli; spezzatino di cin-ghiale, patate al forno, erbacotta; brustenga.

I vini in tavola: bianco erosso locale, Vinsanto e “Vi-sner” di produzione propria.

Commenti: Nel borgo di Pa-scelupo, in passato un castel-lo, opera un agriturismo cheoffre una cucina povera, maricca di sapori, con apprez-zabili aderenze cucinarie alletradizioni. Raro e lodevoleesempio di legame al territo-rio e alla coltivazione/alleva-mento da parte dei proprie-tari e della cuoca (Vera Ver-gara), che ha fatto egregiouso delle erbe aromatichedella zona. Le proposte chearrivano dalla cucina non so-no numerose ed elaboratema tutte improntate all’osser-vanza di antiche ricette, alsapiente uso di erbe aromati-che raccolte nella zona e, so-prattutto, alla voglia della“buona tavola tradizionale”.Familiare il servizio. Buono ilrapporto qualità/prezzo.

GUBBIO25 settembre 2012

Ristorante “Il Tramonto” diStefano Trinei, fondato nel2010. �Monte della Dea diCasacastalda, Valfabbrica(Perugia); �349 8054010;coperti 40. �Parcheggio in-custodito, sufficiente; preno-tazione necessaria; feriemai; chiusura mai. �Valuta-zione 7,8; prezzo € 25; instruttura agrituristica.

Le vivande servite: tagliolinidi magro; baccalà in umidocon patate; baccalà arrosto;baccalà fritto; contorni di sta-gione, dolce della casa a ba-se di yogurt; fregnacce; frutta.

I vini in tavola: Verdicchiodi Matelica; Rosso di produ-zione locale.

Commenti: Riunione convi-viale a tema: “onore e gloria

al baccalà”, presentato nelletre versioni più in uso nellacampagna eugubina (umido,arrosto e fritto). A riscoprireprofumi e sapori di tempipassati, resi attuali dalla pas-sione e l’abilità di chi operain cucina, basandosi sullasemplicità, senza invenzionio fantasiose elaborazioni. Lagenuina mancanza di prete-se è stata a favore della sem-plicità dei cibi ben eseguiti.Se ne è avuta la prova inquesta giovane struttura agri-turistica dove, immersi nelverde e nella quiete più as-soluta, l’ambiente è davverofamigliare e ospitale. Dallacucina è arrivata, a chiusuradella riunione conviviale,che ha riscosso unanimiconsensi, la proposta basatasu un’antica ricetta del po-sto: le fregnacce. Una speciedi tortino molto basso cottoal forno con farina di mais egrano, zucchero, mele miste,fichi secchi, semi di anice,cannella, noci, uvetta, pinolie Mistrà. Ottimo il rapportoqualità/prezzo.

TERNI12 settembre 2012

Ristorante “Osteria dell’Anfi-teatro” di Daniele Giangior-dano e Bianca Zanfir, fon-dato nel 2011. �Piazza SanGiovanni Decollato 3/4, Ter-ni; �0744 432521; coperti30/50. �Parcheggio incusto-dito; prenotazione consiglia-bile; ferie 12-20 agosto; chiu-sura mercoledì. �Valutazio-ne 8; prezzo € 35; caratteri-stico.

Le vivande servite: tortinodi patate e tartufo con vellu-tata di parmigiano (8,50);tortelloni fatti a mano, farciticon carni bianche e crudo diNorcia, saltati con sughettoalla cacciatora (7); filetto dimanzo alla cipolla rossa diCannara brasata al Sagranti-no (8); bavarese al caffè concrema inglese al Grand Mar-nier (7).

I vini in tavola: Santagosti-no Bianco Baglio Soria 2011,Catarratto-Chardonnay (Az.Firriato Agro, Trapani); San-tagostino Rosso Baglio Soria2010, Nero d’Avola-Sirah(Az. Firriato Agro, Trapani);L’Ecrù 2007, Zibibbo e pic-cola parte di Malvasia (Az.Firriato Agro, Trapani, Tenu-ta Borgo Guarini).

Commenti: I SimposiarchiAlessandro e Federico Carlihanno selezionato un risto-rantino nuovo, in pieno cen-tro, condotto da due ragazzi,Daniele Giangiordano eBianca Zanfir. Daniele, lochef, è figlio d’arte, e sa pro-porre bene cucina e cantina.Si inizia con il miglior piattodella serata: il tortino di pa-tate, morbido e sapido, lieveprofumo di tartufo, in armo-nia con la vellutata di parmi-giano; seguono i tortelloni:buono il ripieno, la sfogliatirata a mano non è ruvidacome si conviene e non rie-sce a trattenere il sugo diper sé non troppo pregnan-te. Nulla da eccepire al filet-to di manzo, tenera la carne,equilibrato il sugo alla dolcecipolla rossa di Cannara bra-sata al Sagrantino: la cotturaottimale, la scelta di duegrandi prodotti umbri evi-denziano il piatto. Un po’anonima la bavarese, accom-pagnata però da uno splen-dido “L’Ecrù” passito digrande struttura e carezzevo-li profumi. Ottimi anche il“Santagostino” bianco e ros-so. Buono il servizio, moltogradito il locale esclusiva-mente riservato alla Delega-zione.

ROMA19 settembre 2012

Ristorante “Ba Ghetto” diAvi, Ilan, Eran e Amid Da-bush, fondato nel 2008.�Via del Portico di Ottavia57, Roma; �06 68892868;coperti 130+40. �Parcheggiosufficiente; prenotazioneconsigliabile; ferie in occa-sione della festività ebraiche;chiusura venerdì a cena esabato a pranzo. �Valuta-zione 8; prezzo € 45; etnico,caratteristico.

Le vivande servite: hum-mous e tahina (creme di cecie di sesamo), falafel (polpet-te fritte e speziate, a base difave e ceci, con porro, aglio,cumino e coriandolo); siga-rim (rotolini di pasta con ri-

pieno di carne), accompa-gnati da pita (pane tipo ara-bo); cous cous alla berberacon carne, condito con variesalse e verdure; cous couscon carne e fagioli; shish-ke-bab, shawarma e mergaz(grigliate miste); taboule (in-salata con semola di granoduro, cipolle, pomodori,menta e prezzemolo); dol-cetti misti tipici.

I vini in tavola: BarkanSauvignon Bianco e Barkanrosso (provenienti dai kib-butz della Galilea).

Commenti: La riunioneconviviale si è tenuta nelcuore del Ghetto ebraico diRoma. Simposiarca della se-rata l’Accademico Alessan-dro Pini, che ha scelto unmenu prettamente medio-rientale. Dopo i saluti agliospiti e le comunicazioni suifuturi appuntamenti da partedel Delegato Gabriele Ga-sparro, il Simposiarca ha te-nuto una relazione dal titolo:“Israele in tavola: un tesoroda scoprire”, durante la qua-le ha illustrato le caratteristi-che della comunità ebraicadi Roma, la storia del Ghettoe i suoi monumenti più im-portanti, e le rigide normeche regolano l’alimentazionequotidiana degli ebrei orto-dossi. La conversazione haillustrato le maggiori festivitàebraiche, per concludersicon la descrizione delle sin-gole portate del menu, che -insieme ai vini - erano tutterigidamente “Kasher”, cioèprodotte sotto stretta osser-vanza rabbinica. Ospiti dellaserata il colonnello StefanoRega, l’ing. Sandro Longo, ilDelegato di Roma Nomenta-na Alessandro Di Giovanni.Molto apprezzato il menu.

ROMA EUR25 settembre 2012

Ristorante “Italia” di Eataly,fondato nel 2012. �Piazzale12 ottobre 1492, Roma; �0690279240; coperti 60. �Par-cheggio custodito; prenota-zione consigliabile; ferie mai;chiusura mai. �Valutazione8; prezzo € 80; elegante.

Le vivande servite: insalati-na di frutta e verdura; passa-tina di fagioli borlotti confrutti di mare crudi e cotti:ostriche, vongole, cozze, fa-solari, cannolicchi e tartufi di

mare (Veneto); maccheronial ferretto (pasta fresca di ac-qua e farina realizzata conun bastoncino di ferro a se-zione quadrata, oggi prati-camente introvabile) concalamaretti, peperoni cru-schi (peperoni rossi dolciessiccati e poi fritti), fiori dizucca e limone (Basilicata);baccalà all’aquilana e passa-tina di zucchine alla scape-ce (Abruzzo); bunet al cioc-colato con caramello (Pie-monte); piccola pasticceria.

I vini in tavola: Alta LangaDoc millesimato 2007 (Fon-tanafredda); “Ribolla gialla”Colli Orientali del FiuliVqprd Doc (Le Vigne diZambò, Manzano, UD); “Ma-rin 2009” Bianco delle Lan-ghe Doc (Fontanafredda,Serralunga d’Alba, CN).

Commenti: Riunione convi-viale alla scoperta del risto-rante forse più discusso delmomento, a pochi mesi dal-l’inaugurazione del comples-so di Eataly Roma. Esamesuperato a pieni voti, secon-do il giudizio pressochéunanime degli Accademici,grazie soprattutto all’impe-gno e alle capacità di RudyTravagli (sommelier e maîtrede salle), Gianluca Esposito(chef) e dell’intero staff disala e di cucina. I convitatihanno degustato piatti diquattro diverse regioni italia-ne, selezionati dal Delegato,Simposiarca della serata, traquelli componenti la cartadel ristorante. Apprezzati iprimi piatti: la passatina difagioli per l’originalità dellapreparazione, il connubiodei sapori e l’assoluta fre-schezza delle ostriche e deicannolicchi (crudi), e i mac-cheroni al ferretto per l’aro-ma conferito al piatto dai pe-peroni cruschi. Ottimo l’abbi-namento dei vini, accurato ilservizio anche se leggermen-te rallentato dal numero deiconvitati. Suggestivo l’am-biente. Il giudizio finale pre-mia la sostanza della cucina,di livello elevato, mentre laforma potrebbe essere ulte-riormente migliorata.

LAZIO

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 54

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

PESCARA26 settembre 2012

Ristorante “La Rete” di Bru-no Giansanto, fondato nel1986. �Via De Amicis 41,Pescara; �085 4213111,fax 085 27054; coperti 40.�Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie 1 settimana agosto/di-cembre; chiusura domenicasera e lunedì a pranzo. �Va-lutazione 7,5; prezzo € 35;accogliente, caratteristico.

Le vivande servite: antipa-sto “mare”(insalata di mare,un ciuffo di scampi al limo-ne e alici marinate), riso ne-ro grigliato con scampi e ca-lamaretti; spaghetti alle von-gole; frittura di paranza; ta-gliata di frutta; gelato confrutti di bosco caldi.

I vini in tavola: Cerasuolo(cantina Cataldi Madonna);Pecorino (cantina Bosco).

Commenti Particolare il se-condo antipasto: riso nerogrigliato su un letto di radic-chio e rucola scottati, consopra scampi e calamarettitagliati piccolissimi, perfetta-mente amalgamati con il risoe il radicchio. Semplici glispaghetti alle vongole, ese-guiti magistralmente, convongole nostrane (paparaz-ze), qualche pachino, e lievesapore di aglio e prezzemo-lo. Perfetta la frittura di “pa-ranza”, con merluzzetti, pic-cole triglie, calamaretti, alicie scampi. A seguire, un’as-sortita tagliata di frutta di sta-gione e un gelato di cremaveramente buono, copertoda frutti di bosco caldi. Viniottimi che si sposavano per-fettamente con questo tipodi menu. L’indice di gradi-mento è stato abbastanza al-to: il punteggio si è avvicina-to più all’“8” che al “7”.

PESCARA ATERNUM29 settembre 2012

Ristorante “Antichi Sapori” diOPS di Sergio Di Clemente e C.

snc, fondato nel 1995. �C.daCerrone 2, San Valentino (Pe-scara); �085 8541234, fax085 8544053; coperti 140.�Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliabile; feriemai; chiusura giovedì. �Valu-tazione 7,5; prezzo € 35; ele-gante, accogliente.

Le vivande servite: carpac-cio di pecorino di Roccamo-rice con miele e pinoli e in-salata di farro della Majella;raviolini di borragine consalvia; maccheroni alla chi-tarra con ragù di verdure;suprema di pollo farcita conricotta di pecora e zucchinesu velluto di zafferano diNavelli; patate al coppo everdure; ciambella ai semi difinocchietto; gelato al Mo-scatello di Castiglione.

I vini in tavola: CerasuoloDoc (Filomusi Guelfi); Mon-tepulciano d’Abruzzo Doc(Filomusi Guelfi).

Commenti: Giornata piace-vole in un ristorante ai piedidella Majella, montagna sa-cra degli Abruzzesi. Il Sim-posiarca Bruno Catena, diconcerto con la signora Em-ma Barone, ha proposto unmenu particolare, a base dierbe tipiche dei luoghi. Piat-ti equilibrati, con materieprime di qualità e servizioinappuntabile di grande cor-tesia. Specialmente apprez-zati i maccheroni al ragù diverdure. Originale il gelatoal Moscatello di Castiglione.La riunione conviviale è sta-ta impreziosita dalla relazio-ne introduttiva da parte deldott. Enzo Fimiani, Direttoredella Biblioteca Provincialedi Pescara, che ha rievocatoi pasti consumati dal corteoreale, in fuga da Roma nelsettembre 1943, presso ilCastello di Crecchio, aggiun-gendo testimonianze origi-nali e aneddoti che hannointeressato moltissimo i con-venuti e hanno smentito al-cuni luoghi comuni circa lepietanze effettivamente ser-vite ai reali d’Italia primadella partenza per il porto diOrtona.

TERAMO21 settembre 2012

Ristorante “Osteria dal Moro”di Francesco Gialluca, fon-dato nel 1986. �LungomareSpalato 74, Giulianova Lido

(Teramo); �085 8004973,anche fax; coperti 60. �Par-cheggio incustodito; prenota-zione necessaria; ferie 1 set-timana a settembre e 15giorni a gennaio; chiusuramartedì (in inverno anchemercoledì). �Valutazione8,5; prezzo € 35; rustico.

Le vivande servite: antipa-sto settembrino freddo, mari-nato e caldo; risotto alla ma-rinara; mezze maniche fre-sche alla pescatora servitecon un ottimo sugo rosso al-lo scoglio; coppa “Moro”.

I vini in tavola: Trebbianod’Abruzzo (Az. Agricola Fa-raone).

Commenti: “La pesca dopoil fermo biologico”, questo iltema della riunione convi-viale organizzata da RobertoRipani. Il menu è stato pre-parato, con i pesci trovati al-la riapertura del mercato,dallo chef Francesco che,con abilità e fantasia, purseguendo la classica tradi-zionale cucina giuliese, sidistingue per un pizzico diinventiva. Una carrellata diantipasti ha aperto la cena,con un crescendo di sapori:insalatina di pesce, bru-schetta con piccoli tranci ditonno, alici, sgombri marina-ti allo zenzero, alici a scotta-dito, uno dei piatti più gra-diti, piccole triglie fritte,spiedini di calamari caldi edal gusto sublime, cozze ri-piene, gratinate, scampi emazzancolle. Due primipiatti hanno concluso il me-nu e, per rinfrescare il pala-

to, julienne di frutta mista,condita da gelato al limone.I locali angusti ma piacevoli,il servizio rapido, una cenapiù che ottima, l’ingegno diFrancesco, applauditissimo,hanno decretato il successodella serata.

ISERNIA10 settembre 2012

Ristorante “da Adriano” diAdriano Scarpitti, fondato nel1976. �Via Napoli 14, Caro-villi (Isernia); �0865838688; coperti 40. �Par-cheggio incustodito; prenota-zione consigliabile; ferie asettembre, giorni variabili;chiusura lunedì sera e marte-dì. �Valutazione 5,9; prezzo€ 30; tradizionale, familiare.

Le vivande servite: formag-gi dell’Alto Molise; scamorzaal tegamino; purea di patatecon funghi e formaggio; pol-pettina “cacio e ova”; polen-ta, salsiccia e peperoni;agnello impanato con patatee peperoni arrostiti; pizza dipan di Spagna.

I vini in tavola: “Fannia”Falanghina Igp Terra degliOsci (Cantine Valerio Monte-roduni, IS); “Sannazzaro”

Rosso del Molise Doc (Canti-ne Valerio Monteroduni, IS).

Commenti: Suggerita dallaconsegna agli Accademicidella guida ai “Ristoranti del-la tradizione”, la Delegazio-ne è tornata da “Adriano”, ri-storante di nuovo inserimen-to nella pubblicazione 2012.Si festeggia anche la nominadei tre nuovi Accademici: N.Lombardi, A. Valerio e D.Apollonio, accolti con lasoddisfazione di tutta la De-legazione intervenuta moltonumerosa, e dei quali ven-gono ascoltate le qualificaterelazioni d’ingresso. Questavolta si rivela una serata“no” per il ristoratore, disat-tento in tutto. In particolare,nel servizio lento e svogliatoe nei piatti banalizzati nelgusto e nella presentazione:evidentemente un fatto delu-dente occasionale, vista lasua abituale capacità.

PENISOLASORRENTINA31 agosto 2012

Ristorante “Da Donna Fer-nanda” di Fernanda D’Espo-sito, fondato nel 2012. �ViaCapo d’Arco 12, Nerano -Massa Lubrense (Napoli);

MOLISE

ABRUZZO

CAMPANIA

OSS DE MORD

Ingredienti: 300 g di mandorle (o nocciole), 250 g di zuc-chero semolato, 200 g di farina bianca. 3 chiodi di garofa-no, burro, cannella, Marsala secco. Preparazione: Dopo aver scottato le mandorle in acqua bol-lente, sbucciarle e, in parte (50 g circa), tagliarle a filetti,frullando il resto con lo zucchero, i chiodi di garofano e unpizzico di cannella. Aggiungere la farina e il Marsala,quanto occorre per legare gli ingredienti in una pasta piutto-sto soda. Lavorare l’impasto per alcuni minuti, formare deirotoli lunghi 5 cm, infilando in ciascuno qualche filetto dimandorla. Stesi i rotoli nel supporto di cottura, imburrato,cuocere in forno per mezz’ora a 180°. I dolcetti si conserva-no a lungo e si gradiscono imbevuti in vino dolce.

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 55

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

�081 8081797; coperti 50�Parcheggio custodito; pre-notazione necessaria; feriemai; chiusura mercoledì.�Valutazione 7,50; prezzo €35; tradizionale, accogliente.

Le vivande servite: polpet-tine di baccalà su gelatina dipomodoro, flan di cozze, ri-cotta al forno, insalata diseppie con sedano e noci diSorrento; linguine con tartufidi mare e lavanda di Venzo-ne; filetto di pesce serra alleerbe mediterranee su letto dipatate e salsa maionese al-l’arancia; torta di ricotta epere.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene (Bortolotti);Verdicchio “vigna di Gino”(Fattoria San Lorenzo); Re-noso Bianco (Azienda Agri-cola Dettori).

Commenti: Un ristorantechiuso da anni, sulla via diNerano, che dallo scorsogennaio ha riaperto i battenticon una nuova coraggiosagestione, guidata da una gio-vane chef (Fernanda), coa-diuvata in cucina dalla mam-ma Maria, esperta cuocafrancese, e in sala dal fratel-lo, valido sommelier. Grazieal consultore Carlo Marzo,Simposiarca della serata, so-no state gustate delle pietan-ze ben cucinate e ben pre-sentate, accompagnate da ot-timi vini, nonostante il servi-zio ai tavoli fosse stato ral-lentato dall’arrivo del primoviolento temporale di fineagosto. La simpatica coppiadi Accademici di Biella,Gianni Maffeo e sua moglie,capitati per caso nel locale, siè simpaticamente unita allanostra comitiva, creando cosìun feeling Sorrento-Biella. Altermine della serata il Dele-gato ha consegnato il gui-doncino alla giovane cuoca,augurando alla famigliad’Esposito le migliori fortune.

PENISOLASORRENTINA

21 settembre 2012

Ristorante “Vela Bianca” diLuigi e Saverio Gargiulo,fondato nel 1910. �Via Ma-rina Piccola 11-13, Sorrento(Napoli); �081 8781144;coperti 66. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; ferie da novembread aprile; chiusura mai.

�Valutazione 7,50; prezzo €36; tradizionale, rustico.

Le vivande servite: seppieall’insalata con granella dinoci e sedano a julienne;paccheri di Gragnano conragù di gallinella (coccio); ri-sotto ai gamberi al profumodi limone; scaloppa di denti-ce su scarole e coroncina dipatate; delizia mignon ai li-moni di Sorrento e babà concrema chantilly; limoncinodella casa.

I vini in tavola: Biancolellad’Ischia (Casa D’Ambra,Ischia); Spumante Maximi-lian I (Cantina del Soave, Ve-rona).

Commenti: Riunione convi-viale organizzata dal Consul-tore Raffaele Zito, Simposiar-ca della serata. La “VelaBianca” è uno dei più anti-chi locali di Sorrento, risaleagli inizi del 1900 ed è statosempre gestito dalla famigliaGargiulo, ora giunta alla ter-za generazione. Ottima laqualità di tutte le portate;buono il servizio; un po’ len-ta la preparazione dei piattiche ha portato a lunghe atte-se tra una portata e l’altra. Altermine il Delegato ha offer-to alla brigata di cucina ilpiatto in silver con gli ap-plausi dei convitati.

FOGGIA-LUCERA28 settembre 2012

Ristorante “Osteria Utz” diGianni Ferramosca, fondatonel 2000. �Corso Garibaldi103, Lucera (Foggia); �3355828602; coperti 50. �Par-cheggio non custodito; pre-notazione consigliabile; feriein luglio; chiusura domeni-ca. �Valutazione 8; prezzo€ 35; rustico ma romanticoe accogliente.

Le vivande servite: crostinodi pane di Monte Sant’Ange-lo con alici di sottocosta;murici su crema di zuccad’orto e veli di ricotta stagio-nata; lagane fatte a mano

con ceci di collina; cefalo“garza d’oro” al forno con ri-pieno di erbette spontaneedi campo; patata cotta sottola cenere e olive cotte su te-gola d’argilla; percoca al vi-no bianco.

I vini in tavola: Rosato ebianco di Nero di Troia (Can-tina “Duca d’Ascoli”, Castel-luccio dei Sauri, Foggia).

Commenti: Un piacevole ri-torno in questo ristorante delcentro storico di Lucera, cheporta il nome del personag-gio di un romanzo delloscrittore inglese Bruce Chat-win. Prima della cena, dopoalcune comunicazioni delDelegato, gli Accademicihanno discusso e stabilitol’organizzazione e la sededella cena ecumenica. Otti-ma la realizzazione del me-nu tipico del territorio maopportunamente rivisitato.Garbato il servizio ai tavoli,gestito dalla consorte delproprietario che accoglie gliospiti con cortesia e simpa-tia. Particolarmente apprez-zato dagli Accademici il rap-porto qualità/prezzo. La riu-nione si è conclusa conun’ottima valutazione e icomplimenti ai titolari.

POLLINOPOLICASTRO30 agosto 2012

Ristorante “La Cantinella sulmare” di Mario Riccardi,fondato nel 2006. �CorsoItalia 129, Vibonati fraz. Vil-lammare (Salerno); �0973365442, anche fax; coperti24 �Parcheggio incustodito,sufficiente; prenotazione ne-cessaria; ferie gennaio e feb-braio; chiusura domenicasera e lunedì. �Valutazione8,50; prezzo € 40; raffinato,elegante.

Le vivande servite: cappuc-cino di mare (trito di seppiaal suo nero con vellutata dipatate di cava calcarea e ca-viale mujjol); strascinata algambero rosso del golfo con

pomodorino e indivia selvati-ca; lasagnetta di mare conpescato del giorno, crema ditaccole e pomodoro; timbal-lo di alici di manaica conprovola di Tramonti, fior diricotta di bufala e culìs di po-modoro San Marzano; tirami-sù al limone; crème brulée;chicca di carota con yogurt.

I vini in tavola: Poggi reali- Beneventano FalanghinaIgt 2010 (Guido Marsella,Summonte, Avellino); Poggireali, Beneventano Falanghi-na Igt 2009 (Guido Marsella,Summonte, Avellino).

Commenti: Riuscitissimariunione conviviale di fineestate. Il locale situato sullungomare, piccolo e acco-gliente, lo è stato ancor dipiù, avendo il patron MarioRiccardi sistemato tutti gliospiti intorno ad un unicotavolo imperiale, apparec-chiato elegantemente. Primadella cena il Simposiarca Ce-sare Pifano ha brevementeintrattenuto gli Accademicisul mangiare povero deitempi passati e le differenzefra la cucina del mare equella della collina nellostesso comune di Vibonati.Le pietanze, preparate conmaestria, hanno unito novitàe tradizione nella giusta mi-sura, facendo assaporare gu-sti antichi di piatti tradizio-nali, presentati però congiusta modernità anche este-tica. Ottimo il vino, una se-lezione di Falanghina dellacantina Guido Marsella diAvellino. Insomma una bellaserata che sarà ricordata alungo.

VULTURE9 settembre 2012

Ristorante “Locanda del Gi-glio d’Oro” di Domenico Gi-glio. �C.da Serra di Sant’An-drea 2, Ruvo del Monte (Po-tenza); �0976 97516.�Parcheggio sufficiente; pre-notazione consigliata; ferie10-20 novembre; chiusuralunedì. �Valutazione 7;prezzo € 25; famigliare, ac-cogliente.

Le vivande servite: antipa-sti di salumi e formaggi; as-saggio di primi: strascinati alsugo di pomodori e salsic-cia, ravioli di ricotta al sugocon mentuccia, lasagna alforno, orecchiette alle rape;

piatto misto di carni: agnelloai carciofi, maiale ai pepero-ni, coniglio alle erbettedell’orto; bocconcini di vitel-lo al vino bianco; crostatacon marmellata di prugne;frutta di stagione.

I vini in tavola: Aglianicodel Vulture Doc “CarpeDiem” 2006 (Consorzio viti-coltori associati del Vulture,Barile).

Commenti: La Delegazioneha organizzato un’escursionealle cascate formate dal tor-rente Bradano. La visita, im-pegnativa sia per il percorsoche per l’aria fine del bosco,ha stuzzicato l’appetito. GliAccademici si sono quindirecati alla “Locanda del Gi-glio d’Oro” che dista pochichilometri dalle cascate eche avevano già deciso dimonitorare. Le pietanze han-no confermato le caratteristi-che tradizionali della cucinacondotta dalla signora MariaArmineto, moglie del titola-re: rustica e legata ai prodot-ti del territorio. Buono il rap-porto qualità/prezzo. Sem-pre cordiale il clima. Attentoil servizio.

CATANIA EST19 settembre 2012

Ristorante “I Cuti Lisci”, fon-dato nel 2001. �Via San Gio-vanni Li Cuti 69, Catania;�095 372558. �Parcheggiopubblico; prenotazione con-sigliata; ferie mai; chiusuramartedì a mezzogiorno.�Valutazione 7,8; prezzo €30; ristorante pizzeria sullungomare di Catania.

Le vivande servite: crostonicon tuma, cipollina e miele,con ragusano Dop e mar-mellata di fichi; cous cousincocciato a mano di pescefresco misto e crostacei, converdure, spezie e peperonci-no; riso Basmati con boc-concini di pollo bio al sesa-mo e verdure speziate; yo-gurt greco con pistacchio diBronte e miele d’acacia.

PUGLIA

BASILICATA

SICILIA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

I vini in tavola: La Segretabianco e rosso (Planeta).

Commenti: Piacevole cena-re all’aperto ai bordi del por-ticciolo di San Giovanni LiCuti, nel piccolo ristoranteche prende nome dai ciottolilevigati dal mare e spinti sul-la spiaggia dalle onde. Il te-ma della serata era “l’in-fluenza araba sulla cucina si-ciliana” e, in funzione di ciò,si sono scelti dei piatti, sem-pre presenti nel menu del ri-storatore, che, sia per l’utiliz-zo delle materie prime (mie-le, pistacchi, sesamo, spezie,fichi), sia per l’abbinamentodi altre (il cous cous con ilpesce), hanno fornito lospunto per una chiacchieratasull’argomento. Delicato eben riuscito l’abbinamento,nell’antipasto, di marmellatadi fichi e miele con i for-maggi freschi appena grati-nati in forno sui crostoni;delicato nei sapori e sostan-zioso nella quantità di pesce(meno i crostacei) il piattounico a base di cous cous alprofumo di cannella (nonapprezzato da tutti). Legge-ro, anche se calorico, lo yo-gurt con pistacchi e miele achiudere la cena. Purtroppoil servizio, non celere e pocoattento in sala, ha influitosulla votazione.

ENNA4 agosto 2012

Ristorante “Al Fogher” di An-gelo Treno. �Contrada BelliaS.S 117 bis, Piazza Armeri-na (Enna); �0935 684123,fax 0935 686705; coperti 80.�Parcheggio incustodito;prenotazione consigliabile;ferie 25 giugno - 10 luglio;chiusura lunedì. �Valutazio-ne 8,30; prezzo € 50; raffi-nato, rustico.

Le vivande servite: aspara-gi aciduli, frittella di ceci conrosmarino, prugne aspre;macco di fave con frumento;maiale al miele di castagnecon castagne e cicoria; coni-

glio affumicato al profumodi pigne; lattuga saltata sulfuoco; datteri rosolati al mie-le e cosparsi di pepe nero;mousse di crema di ricottacon croccantino.

I vini in tavola: Syrah Moli-no a Vento (Azienda Orestia-di, Sicilia).

Commenti: Guidati dall’ar-cheologa dott.ssa RossellaNicoletti, la visita alla splen-dida “Villa del Casale” aPiazza Armerina, cui ha par-tecipato anche il Vice Presi-dente Benito Fiore, ha datospunto alla riunione convi-viale e ha ispirato la listadelle vivande, elaborate dal-lo chef Angelo Treno. LaSimposiarca Maria AntoniettaNapoli ha curato la scelta el’illustrazione dei cibi e hapredisposto un susseguirsi dipietanze legate al territorioche ha fatto, idealmente, ri-vivere un “convivium”. Tragli antipasti eccellente la “la-gana cicerum cum rosmari-no”, croccante e morbidanello stesso tempo. Ottimo ilmacco di fave profumato difinocchietto selvatico. Moltogradevoli sia il coniglio affu-micato sia il maialino conmiele di castagno. Dulcis infundo, i datteri ripieni difrutta secca serviti insiemead una delicatissima e frescamousse di ricotta al croccan-tino. Il “Fogher” conferma diavere ben meritato il diplo-ma di cucina eccellente.

SIRACUSA21 settembre 2012

Ristorante “Villa Fanusa” diLuigi Assenza, fondato nel2012. �Via Impellizzeri 82,C.da Fanusa (Siracusa);�0931 722205, cell 3475964542; coperti 150. �Par-cheggio incustodito, comodo;prenotazione consigliabile;ferie mai; chiusura mai.�Valutazione 8,75; prezzo €40; elegante, accogliente.

Le vivande servite: fiori dizucca in pastella e conchi-glie dello Jonio; tagliatellecon cimette di cavolfiore,gamberoni e ciliegino di Pa-chino; ricciola in crosta dipatata di Siracusa su cremadi zafferano e fiori di gelso-mino; caponata; cassatella diricotta all’acqua di fiorid’arancio e pallina di ciocco-lato.

I vini in tavola: “Frappato”2011 Igt Sicilia (Az. Agr. Cos,Rg); “Rosolio” (Distilleria F.lliRusso, Ct).

Commenti: Il Delegato An-gelo Tamburini, in avviodell’incontro, ha dato il ben-venuto e consegnato le inse-gne al nuovo socio Sebastia-no Mangiafico, accolto daun caloroso applauso. Hapreso, quindi, la parola laSimposiarca, il ConsultoreRosalia Sorce, per presenta-re la relatrice dott.ssa PinaFrazzica, che ha proposto“Percorsi gastronomici flo-reali”. In sintonia anche ipiatti in tavola. Il maestro dicucina Massimiliano Ruffinosi è prestato con entusiasmoa questa esperienza con ri-sultati molto positivi, sia perquanto attiene la confezioneche per la curata e artisticapresentazione delle portate,in buon abbinamento con ilFrappato di Vittoria. Curato,sollecito e attento il serviziodiretto da Michela Galioto.

GALLURA30 settembre 2012

Ristorante “Nuovo Limbara”di Antonio Scanu. �VicoloCoghinas 1, Berchidda (Ol-bia-Tempio); �079 704165,fax 079 705030; coperti 100.�Parcheggio incustodito, in-sufficiente, scomodo; preno-tazione consigliabile; ferienovembre; chiusura venerdìsera. �Valutazione 7,5; prez-zo € 35; tradizionale, fami-gliare.

Le vivande servite: coppa,lonza, salsiccia e porchettaberchiddese; ricotta insapori-ta con erbe aromatiche eolio extravergine d’oliva di”Sena de sal multas”; zuppaberchiddese; cinghiale di”Casteddu” alla cacciatora;raviolini di cinghiale; verdu-re grigliate e in costine; bru-gnoli di formaggio e ricottacon miele millefiori del Lim-bara; sospiri al mirto; liquoredi mirto (Distilleria LucrezioR., Berchidda).

I vini in tavola: Tancarèbianco frizzante dei Colli delLimbara Igt, Nastarrè rossodei colli del Limbara Igt, Ter-ra saliosa rosso dei Colli delLimbara Igt, Lughente passi-to vendemmia tardiva Collidel Limbara Igt (tutti i vinisono della Cantina Gioganti-nu, Berchidda).

Commenti: Pranzo convi-viale domenicale, Simposiar-ca l’Accademica Giusy Bala-ta Achenza, dedicato all’anti-ca e tradizionale zuppa ber-chiddese il cui disciplinare,elaborato dalla Delegazione,è stato registrato dalla Giun-ta Comunale di Berchidda(Olbia - Tempio). Il Delega-to Luigi Collu ha dato ilbenvenuto al Sindaco diBerchidda on. SebastianoSannitu, e agli Assessori si-gnora M. Raimonda Apeddue dott. Mario Meloni. Haquindi presentato la dott.ssaMaria Domenica Sanna, con-sigliere comunale, appassio-nata e dotta conoscitricedelle antiche tradizioni eno-gastronomiche berchiddesi,che ha brillantemente illu-strato ingredienti, dosi emodalità di preparazionedella zuppa. Gli Accademicigalluresi, oltre alla deliziosae abbondante zuppa, hannoparticolarmente apprezzatola succulenta porchetta, ledelicate e cremose ricottebiologiche e gli squisiti bru-gnoli di formaggio, il tuttoabbinato sapientemente dal-la Simposiarca ai profumatie raffinati vini. Attento, pun-tuale, cortese e familiare ilservizio.

NUORO14 settembre 2012

Ristorante “Don Chisciotte” diAntonello Puddu, fondato nel2008. �Piazza Veneto 31-33,Nuoro; �0784 257061, an-che fax; coperti 110. �Par-cheggio sufficiente; prenota-zione consigliabile; ferie no-vembre; chiusura lunedì.�Valutazione 7,12; prezzo €35; accogliente.

Le vivande servite: sgom-bro marinato con crema aipeperoni di pieno campo;tartara di tonno con insalatapanarea e crostini agliati; tor-tino di alici; gnocchi di pata-te al pesce spada e pestovantaggiato; trancio di tonnoin crosta di frutta secca con

tortino di riso all’orientale;coppa di ricotta e pompia.

I vini in tavola: Talai Ver-mentino di Sardegna (Azien-da Colle Nivera di FlavioBoe, Lula); Perdera Monicadi Sardegna Doc (cantina Ar-giolas, Serdiana).

Commenti: Riunione con-viviale all’insegna del pesceazzurro, che, pur nella suafama di alimento povero, èstato sapientemente prepa-rato dallo chef AntonelloPuddu risultando, così, pie-tanza genuina e al contem-po raffinata e gustosa. I varipiatti sono stati presentati insequenza ordinata e in sin-tonia tra loro: un particolareplauso al primo piatto(gnocchi di patate al pescespada) senza togliere lodealle altre portate. Il serviziopuntuale e discreto, l’am-biente, un po’ affollato, è ri-sultato piacevole.

BELGIO

BRUXELLES27 settembre 2012

Ristorante “La Forchetta” diAntonio Fracasso, fondato nel2008. �Rue Tasson Snel 35,Bruxelles; �322 5384262;coperti 25. �Parcheggio sco-modo; prenotazione consi-gliabile; ferie mai; chiusuradomenica e sabato a mezzo-giorno. �Valutazione 7,52;prezzo € 58; famigliare.

Le vivande servite: stuzzichi-ni vari; melanzane alla sicilia-na; orecchiette alle cozze conpomodorini al profumo dimenta; trio di mare alla grigliacon insalata mista; fagottino dimele con gelato alla vaniglia.

I vini in tavola: VillagrandaProsecco Doc (Dogarina, Tre-viso); Campogrande 2011 Or-vieto classico Doc (Antinori);Tralcetto 2010 Montepulcianod’Abruzzo Doc (Zaccagnini).

Commenti: La cucina sem-plice ma autentica ha con-

SARDEGNA

SICILIA segue

EUROPA

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

quistato il folto gruppo diAccademici riunitisi con en-tusiasmo dopo la pausa esti-va. Merito dello chef AntonioFracasso, già cuoco di rino-mati ristoranti a Bruxelles,che ha aperto il locale nel2008. Di origini pugliesi, hariversato nei suoi piatti il gu-sto mediterraneo, con sobrie-tà e senza compromessi conil gusto “locale”. L’ambienteè semplice e collocato in unavia al di fuori dei luoghi turi-stici della città, ma vicina aduna delle piazze alla modadi Bruxelles; il locale sicura-mente merita una visita. Lacena è stata apprezzata per ipiatti tradizionali, con ingre-dienti di prima qualità e pre-parati in modo impeccabile,fedelmente alla tradizioneitaliana. Molto gradito in par-ticolare il dessert.

FRANCIA

PARIGI19 settembre 2012

Ristorante “L’Assaggio” diStarhotels. �33-37 Rue Cam-bon, Parigi; �01 44584442;coperti 30. �Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile. �Valutazione7,72; prezzo € 70; raffinato,elegante.

Le vivande servite: SanDaniele bottega del prosciut-to 16 mesi con crostino aiporcini e cipolline borretaneal balsamico; timballino dipasta alla siciliana; involtinodi filetto di sogliola e cape-sante con salsa di astici; se-mifreddo allo zabaione croc-cante e scagliette di ciocco-lato amaro servito con salsadi frutta.

I vini in tavola: ClassicoSpumante Doc (Selegras Nu-ragus, Argiolas); Barberad’Asti Doc (Le Orme, Miche-le Chiarlo).

Commenti: Riunione convi-viale di riapertura della “sai-son” dopo la pausa estiva.Vivace partecipazione degliAccademici e dei loro amiciper dare il benvenuto al Se-gretario Generale Paolo Pe-troni in visita ufficiale. Dopoun aperitivo nel salonedell’Hotel Castille, la riunioneè proseguita in un’elegantesala, messa interamente a di-sposizione, che ha permessoil più ampio scambio fra i

commensali. Apprezzata lacucina se pur con qualche ri-serva sul timballino di pastaalla siciliana, un po’ anoni-mo, e soprattutto sull’involti-no di filetto di sogliola damolti giudicato di improntatroppo francese. Eccellenti ilSan Daniele e lo zabaione alMarsala. Ottimi i vini. Servi-zio attento e veloce.

OLANDA

AMSTERDAM-LEIDEN8 settembre 2012

Ristorante “L’Ozio” fondatonel 2009. �Ferdinand Bol-straat 26, Amsterdam; �0204708183; coperti 60. �Par-cheggio a pagamento, nellevicinanze; prenotazione gra-dita ma non obbligatoria.�Valutazione 7,5; prezzo €60; tradizionale.

Le vivande servite: assag-gio di salumi bresciani, pe-peroni verdi ripieni alle noci,pomodori verdi fritti, terrinadi verdure con mousse al ba-silico, robiolina alla griglia(smorzasoel) con misticanzae tartufo; casoncelli alla bre-sciana; risotto con rosmarinoe salsiccia bresciana; manzoall’olio di Rovato con patati-ne novelle al forno e patatelesse; semifreddo al croccan-te con salsa mou; torta sbri-solona fatta in casa; zabaglio-ne con cantucci artigianali.

I vini in tavola: Franciacor-ta Brut la Montina (aperiti-vo); Lugana Maiolo (Proven-za); Groppello (Costaripa);Terre di Franciacorta RossoDoc “Roncat”; Moscato d’Asti(La Caudrina).

Commenti: Il locale è situa-to in uno dei quartieri piùanimati di Amsterdam. La cu-cina, tradizionale, è nelle ma-ni di Sandra Bombardieri,chef già popolare nel Bre-sciano, ora trasferitasi ad Am-sterdam. Ed è proprio unacucina tipica bresciana quellaproposta agli Accademici. Siinizia con una serie di affetta-ti misti, proseguendo con po-modori verdi fritti di partico-lare croccantezza, per finirecon una gustosa robiolina al-la griglia con misticanza etartufo nero, giudicati tutti ec-cellenti. Il piatto forte di San-dra arriva con doppio assag-gio di casoncelli alla brescia-na e di uno spettacolare ri-sotto con rosmarino e salsic-cia bresciana che ha ricevutovolti altissimi. Si proseguecon il manzo all’olio tradizio-nale di Rovato, una ricettache risale al 1500: un pezzodi copertina di spalla bovina(taglio detto anche “cappellodel prete”) cotto in acqua fi-no ad evaporazione, conaglio, olio, acciughe, verduree pepe, affettato e copertodalla salsa di cottura. Infine,uno strepitoso piatto di dolci.La cucina genuina e tradizio-nale, abbinata all’ottimo ser-vizio, ha fatto dimenticare larumorosità del locale che si èriconfermato validissimo ri-storante italiano con propostecurate e di qualità.

UTRECHT8 settembre 2012

Ristorante “Jammo Jà” diGiovanni d’Apice e SalvatoreGallo, fondato nel 2011.�Voorstraat 60a, Beesd(Utrecht); �001345 680110;

coperti 24. �Parcheggio suf-ficiente; prenotazione consi-gliabile; chiusura martedì.�Valutazione 7,5; prezzo €54; tradizionale, accogliente.

Le vivande servite: Prosec-co con i crostini; antipasto“Jammo Já”; paccheri di Gra-gnano al Corbarino e provo-lone del monaco; filetto diorata alla costa di Amalfi;dolci emozioni napoletane;limoncello fatto in casa.

I vini in tavola: Prosecco diValdobbiadene Doc (Bolla);Eó Pecorino Igt (Bio); Gra-gnano della penisola Sorren-tina Doc (La Grotta del Sole);Falanghina del BeneventanoDoc (la Guardiense); Agliani-co Doc (la Guardiense); Pas-sito di Pantelleria Doc (Tenu-te Guicciardini Strozzi).

Commenti: Il locale si trovain un piccolo paesino. I pro-prietari hanno avuto il co-raggio e l’orgoglio di iniziareproprio qui l’attività con unpiccolo ristorante napoleta-no. La cena organizzata dalSimposiarca Aris Spada è ini-ziata con un buon Proseccoe crostini di buona qualità.L’antipasto, una combinazio-ne di diverse specialità par-tenopee, è stato molto ap-prezzato dai commensali pergusto e freschezza. I pacche-ri, per alcuni forse un po’troppo al dente, hanno sod-disfatto gli Accademici con ilsapore del Corbarino e pro-volone del monaco, comecosì è stato anche per la de-licatissima orata all’amalfita-na. Il dessert ha rappresenta-to una magnifica chiusuradella cena con una composi-zione di deliziosi babà al li-

moncello e una ricetta didessert “della nonna”. L’ab-binamento con i vini è statovincente. Bello riscoprireuno schiumoso Gragnano,un’eccellente Falanghina eun sempre mitico Passito diPantelleria. La serata è stataallietata da una conferenzadel dott. Rainier Speelmansulla storia, usi e costumi diNapoli.

SPAGNA

BARCELLONA26 settembre 2012

Ristorante “Donizetti” diMarcello Di Prinzio, fonda-to nel 2004. �Diputación137, Barcellona; �0034934514287-675861124; �Par-cheggio pubblico prossimo;prenotazione non necessa-ria; ferie 1-15 agosto; chiu-sura mercoledì. �Valutazio-ne 7,80; prezzo € 30; fami-gliare.

Le vivande servite: stuzzi-chini italiani e bruschetta; ri-gatoni all’amatriciana; raviolidi spinaci al burro e salvia;tagliata di vitello e rucola; ti-ramisù della casa.

I vini in tavola: ChiantiPoggio de’ Vigneti.

Commenti: Piccolo ristoran-te gestito con servizio atten-to, che punta sulla cucinatradizionale italiana. Le vi-vande non sono precotte,ma preparate al momento, ilche garantisce la qualità delrisultato gastronomico. GliAccademici hanno valorizza-to questa filosofia nel pun-teggio, che è stato superiorealla media dei ristoranti ita-liani di Barcellona. Si trattadi un locale che, ancorchépiccolo, si presenta conun’offerta veramente tuttaitaliana e che unisce buonacucina e simpatica acco-glienza. Forse sarebbe consi-gliato un ampliamento dellasua enoteca.

UNGHERIA

BUDAPEST20 settembre 2012

Ristorante “Da Mario” diAlessandro Manna, fondatonel 2012. �Vecsey utca 3,Budapest; �00361 3010967;coperti 50+60. �Parcheggio

Il vigneto sotto scortaÈ quello della “Champagne”, una gioielleria a cielo aperto, almenostando alle misure di sicurezza prese dalla Garde républicaine, che hamandato tra i filari i cavalieri della caserma des Célestins di Parigi perprevenire le centinaia di furti che, ogni anno, in tempo di vendemmia,decimano la raccolta di molte aziende. Per rendersi conto, basti pensa-re che il valore delle uve, qui, è di 6,50 euro al chilo, e che una solacassa equivale a quaranta chili: il conto è presto fatto, e, se tra i filaric’è un tesoro, a proteggerlo, nelle ore più sensibili, ci sarà uno spiega-mento di forze imponente, con 160 militari dislocati su 268 comuni co-ordinati da un elicottero dell’aeronautica di Metz.

CURIOSITÀ

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V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie mai; chiusuramai. �Valutazione 7,1; prez-zo € 52; tradizionale, acco-gliente.

Le vivande servite: aperiti-vo di benvenuto con sfizi;tonno rosso con carciofi inconfit e mazzancolle; cava-telli freschi ai frutti di maresu crema di favetta pugliese;cannellone ripieno con far-cia di orata e scampi; ranapescatrice gratinata su orzoperlato e verdurine grigliate;mattonella di nocciole diGiffoni al profumo d’arancia.

I vini in tavola: ProseccoDoc (Cantine Bortolomiol);Sauvignon del Veneto 2011;(Cantina Torresella); Pinotgrigio 2011 (Cantina Torre-sella); Cirò rosato 2011 (Te-nuta Liprandi); Tokaji Aszu 3puttonyos.

Commenti: Centralissimo,tra il Parlamento e la piazzaSzabadsag, questo ristoranteha aperto i battenti da pocotempo, per iniziativa di tregiovani che hanno volutoassociarsi per intraprenderequesta nuova attività di ri-storazione. Con la guida delgestore Mario de Stefani, digrande esperienza, il localeha saputo subito imporsiper i cibi con sapori italianie la varietà del menu offertodallo chef Alessandro Man-na. Da menzionare, inoltre,il dessert preparato dal gio-vane pasticciere Davide De-ligio. L’arredo è smart-ca-sual e nella bella stagione lapossibilità dei tavoli esterniin zona pedonale è certa-mente di grande appeal. Icibi erano ben presentati eserviti al tavolo dal persona-le molto attento e disponibi-le, nonostante il locale fossepieno. Veramente gradevolii vini in abbinamento. Moltointeressante la breve rela-zione tenuta dal Simposiar-ca Viktor De Maio sul tema:“Importanza del servizio intavola”.

ARGENTINA

BUENOS AIRES10 settembre 2012

Ristorante “L’Adesso” di Leo-nardo Fumarola, fondatonel 2011. �Bulnes, 1248 -Palermo, Buenos Aires;�011 48643189; coperti 26.�Parcheggio scomodo; pre-notazione consigliabile; feriedue settimane a gennaio;chiusura domenica sera emartedì. �Valutazione 7,5;prezzo € 53; elegante.

Le vivande servite: spritzcon Campari; caprese 2012;burrata pomodori confittati egelatina di pesto; raviolonidi ragusano affumicato emaggiorana con salsa di me-lanzane e pomodoro al basi-lico; rotolino di coniglio allacacciatora e flan di broccolicon mandorle tostate; crosta-tina con crema di limone,fragole e salsa di menta.

I vini in tavola: Rose Canari2010 (Bodega Avarizia); Ca-bernet 2008 (Bodega Villase-ca); Malbec 2009 (BodegaVillaseca); Vino Champana(Altavista).

Commenti: La riunioneconviviale ha avuto luogo inun ambiente accogliente.Dopo il saluto del DelegatoAlberto V. Lisdero, è statoconsegnato il diploma diBuona Cucina a LeonardoFumarola, chef e proprieta-rio del ristorante. La ricono-scenza era stata propostanell’incontro conviviale deldicembre 2011 dal SegretarioGenerale dell’Accademia,Paolo Petroni, previo parerefavorevole della Consulta

della Delegazione di BuenosAires. La consegna del diplo-ma premia lo sforzo e lagrande maestria dimostratinell’elaborazione del menuartusiano degustato nel cor-so dell’incontro conviviale.

BRASILE

SAN PAOLO13 agosto 2012

Ristorante “Attimo” di Ernestoe Marcelo Fernandes, fondatonel 2012. �Rua Diogo Jàcome341, San Paolo; �005511/5059999; coperti 60.�Parcheggio custodito; preno-tazione consigliabile; ferieNatale e Capodanno; chiusu-ra domenica sera. �Valuta-zione 7,5; prezzo € 76; acco-gliente, ambiente moderno.

Le vivande servite: capresedell’orto; risotto agli asparagifreschi; coniglio alla cacciato-ra con legumi; dolce di zuc-ca con gelato al mascarpone.

I vini in tavola: Vernacciadi San Gimignano Docg2011 (Cesani); Grotta RossaCarignano del Sulcis Doc2009 (Santadi); ValpolicellaSuperiore Doc Ripasso Ca’del Laito 2007 (Bussola).

Commenti: Il ristorante ènuovo, ma Jefferson Rueda èuno degli chef più premiatidel Brasile. Per oltre 8 anni èstato titolare del “Pomodori”,prima di incontrare i soci at-tuali e decidere di crearequesto “Attimo”. La sua cuci-na quindi è a metà strada fraquella italiana e brasiliana,ma senza rinunciare ai pro-dotti di qualità come la fari-na, la pasta di grano duro eil riso importati dall’Italia. Enon mancano ovviamentegli ingredienti freschi, in par-te raccolti dal piccolo ortoaccanto al locale e a vistadei clienti. La SimposiarcaLia De Giacomo, come alsolito, si è impegnata nellaconduzione della serata e haricevuto i complimenti per lascelta del menu, che comegran finale prevedeva unmeraviglioso dolce di zuccacon gelato al mascarpone.

SAN PAOLO24 settembre 2012

Ristorante “Terraço Itália” diConrado Ruivo (Gruppo Co-

molatti), fondato nel 1967.�Avenida Ipiranga 344, 41°piano, San Paolo; �00551121892929; coperti 70.�Parcheggio custodito; pre-notazione consigliabile; feriemai; chiusura mai. �Valuta-zione 8,5; prezzo € 76; raffi-nato, elegante, tradizionale,con vista panoramica dellacittà.

Le vivande servite: gambe-roni con lardo di Colonnata;pici al ragù di cinghiale;spalla d’agnello con patatineal rosmarino; gelato al cara-mello con ficchi flambati.

I vini in tavola: VermentinoOcchio a vento Igt Toscana2011 (Rocca delle Macie);Rosso di Montalcino Campoai sassi Doc 2009 (Frescobal-di); Guidalberto Igt Toscana2009 (Tenuta San Guido);Vin Santo del Chianti Classi-co Doc 2006 (Antinori).

Commenti: In occasionedel 45º anniversario del ri-storante “Terraço Itália”, unvero simbolo di San Paolo, èstata realizzata una riunioneconviviale da non dimentica-re, considerata la più belladegli ultimi anni. Con la ma-gnifica cornice della città il-luminata e la sala elegante-mente arredata, è stata servi-ta una cena, preparata congrande passione dal nuovochef Pasquale Mancini, arri-vato a marzo da Montefollo-nico (Siena) ma che in pochimesi è già riuscito a conqui-stare molti ammiratori. Daglistupendi gamberoni con lar-do di Colonnata ai tradizio-nali cantucci, abbinati a vinidi pregiati produttori toscani,tutte le portate hanno meri-tato voti altissimi. Il DelegatoOnorario Marco Marmiroli,dopo aver parlato dell’im-portanza del “Terraço Itália”nella storia della gastrono-mia locale e in quella dellaDelegazione di San Paolo,ha consegnato una targa diriconoscimento al locale. Laserata è stata conclusa congrandi applausi al Simposiar-ca Sergio Comolatti.

STATI UNITI

ATLANTA15 settembre 2012

Ristorante “La Grotta”. �2637Peachtree Road NE, Atlanta,GA 30305; �404 2311368;

coperti 150. �Parcheggio cu-stodito; prenotazione consi-gliabile. �Valutazione 7,5;prezzo $ 80; elegante, congiardino, accogliente.

Le vivande servite: tartaredi vitello e carpaccio dimanzo con parmigiano; ri-sotto con funghi selvatici;sella d’agnello con polentadi mascarpone; formaggipiemontesi assortiti.

I vini in tavola: Gavi di Ga-vi (Stefano Massone, VignetoMasera), Barbera d’Alba (Re-nato Ratti); Nebbiolo di Lan-ghe (Casina Adelaide); Dol-cetto d’Alba (Renato Ratti).

Commenti: Lo chef catala-no Antonio Abizanda beneinterpreta, in questo ristoran-te, i criteri e i sapori dellacucina italiana che proponecon piatti gustosi, equilibratie curati, che mettono in evi-denza gli aromi, il gusto e laqualità delle materie primeimpiegate, senza compro-messi, con certe preferenzelocali in termini di condi-menti e di quantità. Partico-larmente apprezzata la tarta-re di vitello. Forse un po’sfuggita di mano la cotturadel risotto. Una nota di meri-to per il Gavi di Gavi servitocon l’antipasto. Servizio cu-rato e attento forse solo unpo’ lento, sul finale, in unaserata di grande affluenza.

NEW YORK SOHO17 settembre 2012

Ristorante “Via Emilia” diWilliam Mattiello, fondatonel 2004. �47E - 21 Street,New York; �212 5053072;coperti 70. �Parcheggio in-custodito; prenotazione con-sigliabile; ferie mai; chiusuramai. �Valutazione 8; prezzo$ 90; accogliente.

Le vivande servite: gnoccoe tigelle con affettati e for-maggi; trittico di primi: lasa-gna, caramelle di Castelvetroe tortellini alla panna; polloalla cacciatora; braciola allabrace con verdure grigliatecondite di aceto balsamicostagionato 25 anni; torta ba-rozzi con mascarpone, fra-gole e aceto balsamico.

I vini in tavola: Lambruscodi Sorbara; Frizzantino bian-co Modenese; Ancellotta Igtrosso di Reggio Emilia; Ram-bela bianco di Ravenna.

UNGHERIA segue

NEL MONDO

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 59

V I T A D E L L ’ A C C A D E M I A

Commenti: Lo chef proprie-tario William Mattiello, emi-liano Doc, è conosciuto daisuoi clienti per gli ottimi pri-mi piatti di tradizione regio-nale. La cena è stata unapasseggiata tra gusti e saporidell’Emilia Romagna. Moltoapprezzato l’antipasto dignocco fritto e tigelle accom-pagnati da un profumatoprosciutto di Parma. Nel trit-tico di primi, il consensounanime è andato alla succu-lenta lasagna, dagli ingre-dienti tutti freschi e saporiti.Discussione sul pollo allacacciatora: alcuni lo hannotrovato un pochino insipido.Convergenza totale sulla bra-ciola alla brace e la torta diSorbara, saporitissime le ver-dure alla brace condite daun ottimo aceto balsamicostagionato per ben 25 anni. Ivini, tutti molto buoni, hannoaccompagnato divinamentele pietanze. Eccezionale l’An-cellotta Igt rosso di ReggioEmilia, una piccola cantinadi ottima qualità. Come sem-pre la serata si è chiusa conil tocco della campana delDelegato Berardo Paradiso.

SAN FRANCISCO25 agosto 2012

Ristorante “Alex RistoranteItaliano” di Alessia e Ales-sandro Sbrendola. �1140Rutherford Road, Ruther-ford; �707 967 5500; coper-ti 50. �Parcheggio nella pro-prietà; prenotazione consi-gliata; ferie mai; chiusuralunedì. �Valutazione 8;prezzo $ 100.

Le vivande servite: piadinacon prosciutto di San Danie-le e stracciatella; sformatinodi pecorino con funghi dellacampagna trifolati; cavatellial ragù antico; galletto arro-tolato con pancetta e contor-no di verdure grigliate; frit-telle alla siciliana con mar-mellata e zabaglione.

I vini in tavola: Erbaluce2009 di Caluso Ferrando (LaTorrazza); Dolcetto d’Alba2010 (Cascina Bruciata); Mo-nica di Sardegna 2008 (SantaLucia la Palma); Moscatod’Asti 2011 (Saracco).

Commenti: Per la riunioneestiva la Delegazione si è re-cata nella vallata di Napa, inun nuovo locale gestito dauna giovane coppia italiana:

Alessia e il marito sommelierAlessandro Sbrendola. In cu-cina Nick Ritchie, uno chefche in passato ha lavoratonei migliori locali della zona.Il ristorante è molto acco-gliente, con sala unica e unbel camino che dà ancor piùallegria. All’esterno un pic-colo patio offre la possibilitàdi cenare sotto le stelle. Giu-dizi molto positivi sullo sfor-matino di pecorino con fun-ghi (8,5). Perfetta la cotturadei cavatelli fatti a mano (7)con sugo di ragù da talunigiudicato troppo pesante.Ottimo il galletto arrotolato(9), anche se le verdure chelo accompagnavano eranopiuttosto salate (6). Buona lascelta dei vini presentati daAlessandro con ogni portata.

VIRGINIA26 agosto 2012

Ristorante “Flint Hill” di JohnGruber, fondato nel 1986.�675 Zachary Taylor Hi-ghway, Flint Hill; �540 6751700; coperti 94. �Parcheggioabbondante; prenotazioneconsigliata; ferie mai. �Valu-tazione 8,5; prezzo $ 75.

Le vivande servite: arancinie antipasti caldi; spaghetti al-la Norma; pesce spada gri-gliato su letto di lattuga; in-salata siciliana con agrumi;frutta fresca assortita.

I vini in tavola: Prosecco(Cantina Montelliana); Rossotoscano 2010 Fossetti (Mon-talcino); Chardonnay delleVenezie 2010 (Cielo).

Commenti: La Delegazioneha continuato a peregrinare,alla ricerca di buon cibo, invecchie e tradizionali locan-de con un alto livello gastro-nomico di chef giovani e in-traprendenti. L’ultimo dellaserie è lo chef della “FlintHill Public House”, MarvinSwaner, che si è cimentatocon successo in un pranzosiciliano, portando in tavolail pesce spada. Il ristorante èstato ricavato in una vecchiascuola aperta nel 1906. Lascuola chiuse nel 1960 e lacasa venne adibita a risto-rante con il nome di “SchoolHouse restaurant”. Nel 2011venne totalmente ristruttura-to acquisendo il carattere diuna “country inn” ma nonabbandonando lo spiritodella “public house”, locan-da tipica della Virginia colo-niale. Le Simposiarche, JudyLloyd e Carole Fox, hannovoluto rendere omaggio allaSicilia ricordando che nel-l’isola si mangia spesso ciboprodotto a brevissima distan-za dalla tavola dei commen-sali. Greci, romani e arabihanno influito sul cibo checompare oggi sulla tavola si-ciliana arricchita da gusti se-colari.

VIRGINIA29 settembre 2012

Ristorante “Il Palio” di Micha-el O’Connor, fondato nel2010. �2 West Market Street,Leesburg; �703 7790600;coperti 130. �Parcheggio an-tistante; prenotazione consi-gliata; ferie Natale, Capodan-no e 4 Luglio. �Valutazione8,5; prezzo $ 85.

Le vivande servite: nervet-ti, paté di vitello, salame diFelino, rotolini di bresaolacon mousse di caprino; so-gliola reale con polpa digranchio in salsa alle san-guinelle e rosmarino; osso-buco con risotto alla milane-se; crema doppia.

I vini in tavola: Franciacor-ta spumante (Ca’ del Bosco);Rosato I Greco savù; MüllerThurgau 2009 (Zeni, VignetoLe Croci); Montepulcianod’Abruzzo 2006 (Rosso delDuca); Moscato d’Asti 2011(Vigna senza Nome).

Commenti: Grande ritornodella Delegazione in un risto-rante che aveva lasciato unbuon ricordo e che ha stabili-to un’ulteriore tappa di altaqualità grazie al suo nuovochef Antonio Iazzetti, milane-se, scrupolosamente fedelealle tradizioni della cucinadella sua città. I piatti sonostati pienamente all’altezza

sia per la perfetta cottura siaper la qualità degli ingredien-ti. La riunione conviviale hariscosso voti altissimi e incon-sueti anche per la bontà degliabbinamenti dei vini. Simpo-siarca della riunione convi-viale Elizabeth Quinn, che hatracciato un breve ma effica-ce quadro della storia di Mi-lano, dai tempi dei Celti finoad oggi. Il convivio è statorallegrato e reso quanto maiinteressante da un esteso dia-logo tra gli Accademici e lochef milanese. Antonio ha ri-sposto con interessanti osser-vazioni sulle sfide che unochef italiano incontra negliStati Uniti, dimostrando unospirito di adattamento che èchiaramente il segreto delsuo successo.

WASHINGTON13 settembre 2012

Ristorante “Bonaroti” di Ser-gio Domestici, fondato nel1982. �428 Maple AvenueEast, Vienna; �703 2817550,fax 703 2817587; coperti 150.�Parcheggio scomodo; chiu-sura domenica. �Valutazione8; prezzo $ 100; tradizionale.

Le vivande servite: stuzzi-chini; insalata di frutti di ma-re; trofie al pesto; zuppa dipesce; bocconcini di vitellocon funghi; macedonia difrutta con gelato.

I vini in tavola: Vermentino2010 (Colli di Luni); Dolcettod’Alba 2010 (Pio Cesare).

Commenti: In un locale ditipo classico tradizionale si èsvolta la riunione convivialed’autunno, nei dintorni dellacittà. Genovese il proprieta-rio e chef e genovese la buo-nissima cena. L’aperitivo conil Prosecco corretto da unospruzzo leggermente amaroera originale e accompagna-to da una gustosa varietà distuzzichini. La cena è iniziatacon un’insalata di frutti dimare seguita da una preliba-ta zuppa di pesce. Tutto gu-stoso e molto apprezzato:una cucina tradizionale chepareva uscita da un manualedi cucina genovese. Le trofiecon il pesto, servite in unpiatto che ricordava le naviantiche, erano meravigliose,il vitello buono ma meno ca-ratteristico, il tutto accompa-gnato da un Vermentino ro-tondo e delicato.

ZUPPA DEI MORTI

Ingredienti (per 6 persone): Mezzo cavolo verza (800 g), 2 ltdi brodo di carne, 300 g di pane raffermo, 150 g di salsiccia,100 g di grana grattugiato, olio, burro, sale, spezie, 1 spic-chio d’aglio, cipolle.Preparazione: Mondare il cavolo delle coste e farlo bollire inacqua salata. In un altro tegame cuocere la salsiccia sbricio-lata e le cipolle, scolando il grasso in eccedenza. Sistemare inun recipiente di cottura (originariamente di terracotta) fettedi pane raffermo di buona consistenza, alternandole con lefoglie di cavolo bollite, tagliate grossolanamente, la salsicciacotta e abbondante formaggio grattugiato, formando piùstrati. Coprire di brodo, dare un bollore e poi lasciare cuoce-re a bassa fiamma (in piemontese: “mitonè” dal terminefrancese “mitonner” = cuocere a lungo a fuoco lento). La-sciar riposare una ventina di minuti prima di servire.Come in tutte le ricette di un tempo esistono variazioni perquanto riguarda alcuni ingredienti, ad esempio lardo anzi-ché salsiccia, toma più disponibile anziché grana.

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 60

NUOVI ACCADEMICI

VALLE D’AOSTA

AostaElmo Cavagnet

PIEMONTE

Torino LingottoRosetta Clara Cavalli d’Olivola Roberto Fasci Alessandro Giachino

LIGURIA

Riviera dei Fiori Pier Carlo Croce Stefano Gobbi Rodolfo Leone

EMILIA ROMAGNA

Cesena Oreste Di Giacomo Gustavo Girotti Alessandro Malossi Amedeo Manuzzi

TOSCANA

ArezzoArsenio Comparini

Pisa Tiziana Centonze Pietro Galeone Umberto Laffi Filippo Motta

Viareggio Versilia Claudio Puccini

LAZIO

Formia-Gaeta Ugo Lena

ViterboLuigi Narduzzi Giuseppe Muzio

ABRUZZO

AtriRuggero BalducciGianluca CandeloroAnnapaola Di CamilloAntonio Di FrancescoLuigi LaguardiaAlfonso Mazzocchitti

CALABRIA

Reggio CalabriaLaura CapuaFerdinando Perelli

SICILIA

SiracusaSebastiano Mangiafico

AUSTRIA

ViennaLeonardo Campanelli

CINA

ShanghaiGianluca D’AgnoloGiulia La Paglia

PRINCIPATO DI MONACO

MonacoGlendalyn Demaria

ROMANIA

BucarestLuca Tosto

STATI UNITI

San FranciscoAlfred ChiantelliMariangela Guarienti-Torello

SUD AFRICA

JohannesburgSergio La VerghettaGianluca Marus

SVEZIA

StoccolmaEvelyn Malzani

TRASFERIMENTI

LOMBARDIA

Milano BreraSalvatore Ettorre (da Budapest)

EMILIA ROMAGNA

Parma Giada Furlan(da Roma Valle del Tevere-Flaminia)

TOSCANA

LuccaDavide Poli(da Garfagnana-Val di Serchio)

Versilia StoricaVelleda Tommei (da Viareggio Versilia)

VARIAZIONE INCARICHI

EMILIA ROMAGNA

BolognaDelegatoGuido Mascioli

TOSCANA

Versilia Storica Vice DelegatoErmanno CervoneConsultore SegretarioStefano PeraConsultore TesoriereBruno Toni

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 61

ConsultoriMaria Luisa VeneriAmina Tinghi Buglia Sforza

CAMPANIA

Penisola SorrentinaVice DelegatoGiuseppe De SimoneConsultoreSalvatore Iovieno

STATI UNITI

AtlantaConsultore SegretarioAntonio Allegranzi

Los AngelesDelegata Francesca HarrisonVice DelegataElisabetta ContiConsultore TesoriereCaterina Magrone

San FranciscoDelegatoClaudio TarchiConsultore Segretario TesoriereAntonio Valla

TURCHIA

IstanbulDelegatoGianluca Alberini

UNGHERIA

BudapestConsultore TesoriereValentina De MarcoConsultore SegretarioStefano Accornero

NON SONO PIÙ TRA NOI

EMILIA ROMAGNA

Bologna Dei BentivoglioSalvatore Saccone

TOSCANA

Maremma - GrossetoAnna Maria Briganti

SICILIA

MarsalaDomenico Lipari

AUSTRALIA

MelbourneAlessandro Sorrentino

BRASILE

San PaoloAntonio Garbarino

Aggiornamenti a cura diCarmen Soga

Ilenia Callegaro Lorena Gallina

C A R N E T D E G L I A C C A D E M I C I

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 62

D A L L E D E L E G A Z I O N I

VENETO

EUGANIA-BASSOPADOVANO E LEGNAGO-BASSO VERONESE

NEL SEGNO DELPROSCIUTTO VENETOBERICO EUGANEO DOP

Nella splendida cornice dellavilla veneta di proprietà diGiannantonio Visentin, presi-dente del Consorzio Prosciut-to Dop Veneto Berico Euga-neo e Accademico di Legna-go, in quel di Crosare di Pres-sana, nel territorio al confinetra le due Delegazioni, si èsvolta una riunione convivia-le, ideata dai due DelegatiPietro Fracanzani e UmbertoParodi. Si è trattato di unoscambio di cortesie tra duesodalizi accomunati dallosplendido prosciutto crudodolce, la cui zona di produ-zione attraversa trasversal-mente i confini delle provincedi Padova e Verona. Gli Acca-demici e gli ospiti si sono ri-trovati nel giardino della villaper degustare un gran buffetdi benvenuto che abbinavapesce freschissimo con il dol-ce prosciutto, innaffiato da unDurello Brut. Negli ampi saloni è stato poiservito il pranzo con un menumolto raffinato: vellutata di pi-sellini con filettini di faraona,prosciutto crudo “Crosare”dell’azienda del padrone dicasa, risotto agli asparagi sucartoccio di prosciutto crudo,filetto di vitello avvolto nelprosciutto Dop Veneto BericoEuganeo, con pasta sfoglia esalsa di porcini, e dulcis infundo un cestino di sfogliacon fragole e gelato. Dallacantina, Soave Doc 2011 CàRugate, Valpolicella ClassicoDoc Buglioni, e Moscato ColliEuganei Fiord’arancio. Al le-var delle mense i Delegati Pa-rodi e Fracanzani hanno elo-giato lo chef Roberto Bragadell’Hotel Sanguinetto e le bri-gate di sala e di cucina.

TREVISO ALTA MARCA

PREMIATALA LATTERIA PERENZIN

La serata dedicata alla conse-gna del Premio Villani, attri-buito alla Latteria Perenzin diBagnolo (San Pietro di Felet-to), ha visto gli Accademiciriuniti nel locale, aperto di re-cente proprio nella Latteria,che propone con equilibrio efantasia piatti in cui i formag-gi diventano protagonisti atutto campo. Per la circostan-za non poteva mancare unavisita al reparto stagionatura,dove il titolare e sua mogliehanno spiegato tutte le attivitàconnesse con la Latteria, chevanno dal reperimento dellatte, rigorosamente di primascelta, alla lavorazione, sala-tura e stagionatura. L’Aziendaè nata circa 100 anni fa ed èsempre stata della famigliaPerenzin che è orgogliosadelle proprie origini. Lo stes-so orgoglio è riscontrabile intutti i formaggi, che riesconoa offrire ai clienti più svariatiche vengono da ogni partedel mondo. Nel corso del convivio è statomesso in risalto, sia dal Dele-gato che dal Prefetto di Trevi-so, come la lavorazione arti-gianale e la difesa dei propriprodotti, basati sulla genuinitàe sull’autenticità, fanno sem-pre la differenza in qualsiasimercato. Il formaggio premia-to, San Pietro in cera d’api, èstato distribuito in tavola perun’adeguata degustazione, as-sistiti dalla signora Perenzincon una spiegazione tecnicasulle qualità che ne hannodeterminato il riconoscimentoaccademico. Il San Pietro in cera d’api èstagionato in un anno o pocopiù. È fatto con latte vaccino,ricoperto per la stagionaturacon la cera delle api che con-ferisce al prodotto particolariprofumi e mantiene la pastaomogenea e mai troppoasciutta durante l’invecchia-

mento. La cera, appunto, im-permeabilizza la parte internaconservandone la giusta umi-dità. Particolarmente interes-sante è stato il dessert: un “ti-ramesù” all’olio di oliva cheha lasciato tutti sorpresi per ladelicatezza dei sapori. Al ter-mine della riunione convivia-le, l’attestato di prodotto dieccellenza, rappresentato dalPremio Villani, è stato conse-gnato dal Delegato alla pre-senza del Prefetto di Treviso,del Coordinatore Territorialedel Veneto, del Sindaco diSan Pietro di Feletto e delrappresentante del Comunedi Conegliano. Gli Accademici, con tantiospiti, sono stati la giusta cor-nice alla serata d’onore, perquesto evento che deve servi-re da stimolo a tutti per capi-re come la qualità sia un va-lore irrinunciabile in tutti isettori e in particolar modo inquello alimentare. (NazzarenoAcquistucci)

VENEZIA MESTRE

ALLA MENSADEI POETI BURLESCHI

Riunione conviviale celebratain uno dei locali storici dellatradizione: “da Nalin” di Ser-gio e Francesco Tuzzato, aMira, ristorante inserito nelle“Buone tavole della tradizio-ne” e con diploma di cucinaeccellente dell’Accademia. Siè voluto iniziare l’incontrocon una riflessione culturaleavviata da un’interessante re-lazione della prof.ssa LauraGiannetti, dell’Università diMiami, tratta dalla sua pubbli-cazione “Alla mensa dei poetiburleschi: parodia letteraria einterpretazioni di culture”. Sul tema: “Dalla fava al maia-le: conviti libreschi e immagi-nario alimentare”, gli Accade-mici hanno ascoltato un mira-bile esempio di quella conta-minazione tra cultura classicae cultura popolare che ha ca-

ratterizzato molta parte dellapoesia burlesca del Cinque-cento, con l’utilizzo del cibo edei prodotti della terra comeespliciti riferimenti erotici uti-lizzati in chiave satirica e diapprezzamento o dileggio diautori più o meno famosi. Il Rinascimento italiano, infat-ti, come ha lucidamente espo-sto la professoressa Giannetti,rappresenta un momento pro-fondamente innovativo nel-l’approccio al cibo e alla con-vivialità perché comincia il di-stacco dai modelli umanistici,di imitazione dell’antichità, esi dà inizio a una tradizionegastronomica e conviviale de-cisamente più originale. La re-lazione della professoressaGiannetti ha permesso al De-legato di anticipare l’avvio,nel 2013, del “Focus biennaledella cultura dell’alimentazio-ne e della tavola”.Dopo la relazione seguitacon estremo interesse dagliAccademici, il ristorante “Na-lin” ha saputo offrire l’ennesi-ma dimostrazione del suo va-lore nel settore della ristora-zione a base di pesce. Nono-stante il difficile momentovissuto dalla pesca a livelloitaliano e mondiale, conl’apertura dell’attività alieuticadopo il periodo di fermo pe-sca, ottima la qualità del cru-do offerto con i cicchetti ve-neziani, ostriche, scampi ecarpacci vari, così come lapreziosa granseola e la gri-gliatina di capesante, seguitida un risotto “ de gò” cui di-fettava forse la mantecatura,e un misto di sogliola, sep-pioline di porto e scampi subraci di legna. Gran finale con tortino dicioccolato e pere del giardinodei Tuzzato. Il tutto accom-pagnato da una serie impres-sionante di vini di ottimaqualità della fornitissima can-tina di Nalin. Un grazie since-ro ai tre Simposiarchi: CarloCaoduro, Plinio Danieli e Pie-ro Schiavon. (Ettore Bonal-berti)

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CIV ILTÀ DELLA TAVOLA 2012 • N. 243 • PAGINA 63

D A L L E D E L E G A Z I O N I

VERONA

CULTURA IN CANTINAE IN CUCINA

D’accordo con il Delegatodella Riviera Veronese delGarda, Giuseppe degli Alberti-ni, la Delegazione si è recataalle Cantine di Castelnuovodove circa 260 produttori por-tano le uve per produrre i vinitipici della zona. Durante lavisita, organizzata in pienavendemmia, si è potuto vede-re come vengono consegnati iconvogli di uva, ognuno tara-to e controllato con una sin-golare tecnica avanzata per-ché il prodotto finale nondebba subire eventuali rifiuti(specie dagli Stati Uniti, estre-mamente severi nel controllodi tutti i componenti nellabottiglia). Il Custoza, il Chia-retto, il Bardolino, i tre vini ti-pici, hanno avuto un costanteprogressivo aumento del mer-cato negli ultimi 20 anni, pro-prio per la cura con cui ven-gono prodotti e controllati.Dopo la lavorazione, sino airecipienti di raccolta a riposo,gli Accademici sono stati con-dotti nella sala degustazioneove il Direttore Generale dellaCantina ha illustrato metodi eluoghi di lavorazione, a voltecon curiosità tipo “il vino diuna sola notte” come è statodefinito il Chiaretto, ottenutodall’uva Corvina, che dopo laspremitura ha una sola nottein compagnia bucce-mostoper poi seguire la proceduradella vinificazione in bianco. Ultimati gli assaggi, gli Acca-demici si sono riuniti alla trat-toria “Al Dosso”, a Sandrà,ove si è gustato un menu stu-diato dal Simposiarca AlbertoBianchi. Con gli antipasti, bac-calà mantecato su crostone eluccio in salsa con polenta ab-brustolita, è stato servito unsapido Custoza della cantinavisitata. Con le tagliatelle confunghi del Monte Baldo e il ri-sotto con tartufo della Lessiniasi è gradito l’accompagnamen-

to di un ottimo Chiaretto,mentre con il coniglio in umi-do con polenta fresca ed er-bette di campo, vero capola-voro dello chef, si è godutoun gustoso Bardolino. Con iformaggi della Lessinia conmiele di acacia e “fugassa sul-la gradela” (dolce secco inpezzi, piatto saporito di vec-chia cucina tradizionale) si èavuto il piacere di sorbire unPassito di Custoza. (CesareMuttoni)

VICENZA

FORMAGGI DI MALGA

Giornata nel vicentino Alto-piano dei Sette Comuni, dettoanche di Asiago, isola lingui-stica cimbra, idioma di originetedesca, organizzata dal-l’esperto Siniscalco Gigi Costa,con iniziale escursione allamalga “Dosso di Sotto”, fab-bricato adibito all’attività dimonticazione. In questo terri-torio, il numero delle malghee l’estensione dei pascoli co-stituiscono il più importantesistema d’alpeggio di tuttol’arco alpino. In malga, “spun-tino” ristoratore, distribuito dauna vera istituzione: il “giova-ne” gestore-assegnatario è, in-fatti, l’ottantaduenne “casaro”Tarquinio Marini. Veniva pro-posto un formaggio Asiagopressato fresco a pasta semi-cruda dal sapore di erba ap-pena sfalciata, un formaggioAsiago d’allevo mezzano (sta-gionatura 3 mesi) a pasta se-micotta, e la tosella, “formag-gio” freschissimo, quasi anco-ra una “cagliata”, ricco di sie-ro. La tosella si deve cuoceree consumare al massimo entrodue giorni dalla preparazione,ma in tale circostanza è statadegustata ancora in fase “debojon” (in piena bollitura),non appena estratta dalle tipi-che caldaie aperte. È seguitala riunione conviviale vera epropria nel rinnovato “RifugioVal Formica” (toponimo detta-

to dalla presenza di un im-pressionante numero di formi-cai, la cui costruzione è favori-ta dalla tipologia dell’habitat),in località Cima Larici. La gior-nata si è svolta all’insegnadell’amicizia, nelle alte terrevicentine, luoghi ricchi di sto-ria, ove le popolazioni cimbrehanno dato origine alla Spetta-bile Reggenza dei Sette Comu-ni, prima organizzazione con-federata in Europa (sorta difatto nel 1259 e cessata nel1807). L’accogliente atmosferacreatasi ha così consentito allaDelegazione di immedesimarsiappieno nel motto della Reg-genza: “Dise saint Sibe, AlteKomoine, Prudere Liben”(Questi sono i sette antichiComuni, fratelli cari). (PaoloPortinari)

EMILIA ROMAGNA

CENTO-CITTÀ DEL GUERCINO

NEI TERRITORIDI CONFINE

Il Delegato Salvatore Alberghi-ni ha consegnato il diploma eil distintivo d’argento all’Acca-demico Antonio Proni, per isuoi 25 anni di appartenenza,nel corso di una interessanteriunione conviviale che il Sim-posiarca Ferruccio Pagnoni haorganizzato presso il ristorante“Dogana” di Pilastri di Bonde-no (Ferrara). Alberghini hacolto poi l’occasione per sot-tolineare l’impegno e la re-sponsabilità che competono atutti gli Accademici in questoparticolare momento evoluti-vo della cucina italiana; e loha fatto commentando l’edito-riale del Presidente GiovanniBallarini “Analfabetismo ga-stronomico”, pubblicato su unrecente numero della Rivista.Il Simposiarca ha intrattenutobrevemente gli Accademici e iloro ospiti con la lettura e laconsegna di una copia di unastorica “Notifica Pontificia” ri-

salente al 1846, riguardante la“dogana” di Pilastri, che alloraera sul confine tra Emilia Ro-magna e Lombardia. Oggi latrattoria “Dogana” è un validoristorante, da quarant’annicondotto dalla famiglia Luc-chini. Di quale cucina e diquale territorio si può parlarein quest’area di confine? GliAccademici della Delegazionehanno scelto una lista di vi-vande con riferimento alle tra-dizioni ferraresi, mantovane emodenesi, rendendosi contoche nei territori di confine sipuò mangiare egregiamentenel rispetto delle tradizioni edegli “usi e consumi” locali:assaggiando, commentando,riassaggiando. E via così. A fi-ne pranzo, i commensali han-no manifestato la loro soddi-sfazione al gestore Valter Luc-chini, al cuoco Alberto Gui-detti e al valido personale diservizio. (Ferruccio Pagnoni)

FERRARA

A LEZIONE DI BACCALÀ

Da tempo la Delegazione me-ditava una puntata in terra ve-neta per approfondire unacultura che nel territorio ferra-rese viene apprezzata solomarginalmente. Grazie all’inte-resse sull’argomento del Se-gretario Luca Padovani e aisuoi contatti con la DogaleConfraternita del Baccalàmantecato, oltre ovviamentealla solidarietà del Delegato diMestre Ettore Bonalberti, gliAccademici hanno potuto go-dere di una delle più bellegiornate dell’anno, percorren-do l’incantevole riva del Bren-ta. Dopo la visita a Villa Pisanie al suo stupendo parco, ac-compagnati dall’amico Lazza-ro Marini che ne ha illustratol’importanza storica, si arrivapresso uno dei ristoranti affi-liati alla Confraternita, il “Bac-caladivino” di Gazzera (Me-stre) con il titolare e chefFranco Favaretto e sua moglie

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Paola ad accoglierci. Il locale,bello e ben arredato, anche semoderno è intonato alla vec-chia casa di paese in cui sitrova. Il menu è stato impo-stato interamente sul “pesceche ha cambiato la storia delmondo” (M. Kurlansky). L’im-portanza storica e la sua evo-luzione gastronomica, da pe-sce povero a prelibatezza, so-no state illustrate dal socio Lo-renzo Pavan della Confraterni-ta, che ha permesso di far ap-prezzare, con un minimo dicultura, un menu che ancoraoggi viene ricordato con am-mirazione per come è statobilanciato, in un crescendoperfetto di sapori. Si iniziacon un tris di mantecati conschiacciata calda, caviale dibaccalà nei suoi crostini, spie-dino di frittelle di baccalà. Siprosegue con un gratinato difiletto di stoccafisso, gnoc-chetti di patate con ragù diventresca di baccalà, olivetaggiasche e capperi; bis dibaccalà alla vicentina e vene-ziana con polentina di Mara-no, concludendo con un se-mifreddo al mascarpone eamaretti con fragole fresche.I vini in abbinamento: SoaveVicentini Vigneto Terrelunghe,Soave classico Docg VicentiniIdea Bacco, Recioto di SoaveVicentini Agostino.Particolarmente graditi i com-menti e i suggerimenti dellochef che ha illustrato le diffe-renti caratteristiche del bacca-là. Appuntamento a Ferrara,concordato con gli amici ve-neti, per ampliare la loro co-noscenza di alcune paste edei salumi, tra cui la salamina

da sugo, di cui pochi al difuori di Ferrara conoscono leorigini e la peculiarità dei sa-pori. (Victor C. Dana)

TOSCANA

ELBA

CONSEGNATI I PREMI“DINO VILLANI” E “GIOVANNI NUVOLETTI”

La Delegazione ha assegnato idue importanti riconoscimentiper il 2012 all’Azienda Agrico-la “Ballini” di Cavo e a PublioFontana, titolare del ristorante“Publius” di Poggio. Due gior-nate molto importanti per laDelegazione che per la primavolta ha avuto l’opportunità dipremiare due eccellenze dellamagnifica isola d’Elba.La prima premiazione è avve-nuta alla presenza del Presi-dente Giovanni Ballarini, ilquale ha premiato l’AziendaBallini per la produzione delmiele “Gariga” che si producenella zona del Volterraio, pro-dotto molto noto in tutto il ter-ritorio e già pluripremiato inconcorsi nazionali di settore.Gariga indica la fioritura dipiante spontanee della mac-chia mediterranea, che in que-sto caso sono situate sullependici del monte del Volter-raio, nella parte est dell’isola,con una grande abbondanzadi elicriso. La consegna delpremio è avvenuta nel corsodi una riunione convivialepresso il ristorante “Da Giaco-mino” a Portoferraio, alla pre-senza, oltre del Presidente Bal-larini, anche del CoordinatoreTerritoriale Franco Cocco e diautorità locali, fra cui l’assesso-re Provinciale dott.ssa CatalinaSchezzini e il comandante delCompartimento Marittimo diPortoferraio cap. Andrea Santi-ni. È stato invece il SegretarioGenerale Paolo Petroni a insi-gnire Publio Fontana del pre-stigioso premio “Giovanni Nu-voletti”, in occasione di una

riunione conviviale successiva.Publio Fontana è il titolare delristorante “Publius”, che gesti-sce con la propria famiglia. Ri-storatore dai primi anni Settan-ta, ha mantenuto sempre unbuon livello di ristorazione, tu-telando e preservando le tradi-zioni enogastronomiche locali.La riunione conviviale per laconsegna del premio è statamolto partecipata dagli Acca-demici locali e non, ospite, ol-tre al Segretario Generale, an-che qui il Coordinatore Terri-toriale Franco Cocco. Grandela soddisfazione degli Accade-mici che si sono tutti prodigatiper la buona riuscita delle dueimportanti manifestazioni, co-ordinati dal Vice DelegatoLeonello Balestrini, soprattuttodopo aver ricevuto l’apprezza-mento per il lavoro svolto, siadal Presidente che dal Segreta-rio Generale.La Delegazionequindi ricomincia, dopo que-ste due cerimonie, a lavorare,per i premi del prossimo an-no, alla selezione delle nume-rose produzioni locali e dellepersone che, con il loro impe-gno, tanto fanno per far cono-scere nel mondo la cucina el-bana, così ricca di tradizioni.(Rossana Galletti)

MONTECATINI TERME -VALDINIEVOLE

L’ALTA QUALITÀDEL FAGIOLO DI SORANA

La Delegazione ha colto l’oc-casione di una riunione convi-viale per approfondire la co-noscenza del fagiolo di Sora-na, prodotto d’eccellenza delterritorio (precisamente la val-le del torrente Pescia, a montedell’omonima città), insignitoanche del marchio Igp. Seb-bene tutti i convitati già neconoscessero la straordinariabontà, ben gradite e apprez-zate sono state le informazionie le notizie che Mauro Corrie-ri (intervenuto insieme al pre-sidente dei produttori) ha for-

nito, descrivendo il microcli-ma della ristretta zona di pro-duzione, le peculiarità dellacoltivazione, le rigorose nor-me che la disciplinano, le ca-ratteristiche che aiutano a “dif-fidare delle imitazioni”: i ri-flessi perlacei della buccia li-scia, lucida e sottile, il confe-zionamento in vetro o cello-phane con l’antico stemmadella contrada e… il sapore.Per molti, poi, è stata una sco-perta apprendere (e constata-re) che, oltre al classico “piat-tellino”, esiste anche l’“anticorosso”, dal gusto altrettantobuono. La conversazione ha poi rie-vocato testimonianze di illustriestimatori del fagiolo di Sora-na, spesso ospiti della vicinaMontecatini, da Rossini, che lipretese a compenso d’un la-voro, a Verdi, che li elogiò piùvolte. Lo amarono, quasi sim-bolo della terra d’origine, ilGiusti, che raccomandava dimandargli “quei legittimi”, eIndro Montanelli, come ha te-stimoniato un convitato, chene udì personalmente le lodi.Al termine, il Delegato Gio-vannini ha ringraziato gli ospi-ti di Sorana e il relatore, assi-curando la fedeltà di tutti alloro prodotto. (A.G.)

PRATO

CENARE IMMERSINEL MEDIOEVO

In occasione della riunioneconviviale estiva, la Delegazio-ne si è recata a “La tavernadella Rocca”, un gradevole ri-storante che la famiglia Mar-chese gestisce dal 1979. Il lo-cale, che per la sua collocazio-ne ha riportato alla mente deicommensali il fascino del gran-dioso Medioevo toscano, sitrova nella piazza del Castello,sulla sommità del colle diMontemurlo dominato da unamassiccia rocca. La sua posi-zione strategica consentiva dicontrollare tutta la piana di Fi-

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renze, Prato e Pistoia. Vicendepolitiche e militari provocaro-no numerosi cambiamenti allarocca, che, tuttavia, non hannoalterato il fascino dell’interonucleo. Il ricordo di queste vi-cende e l’armonioso contestoambientale hanno regalato agliAccademici una magica atmo-sfera in cui consumare l’ottimacena resa ancor più gradevoledall’impeccabile servizio ai ta-voli. Alfio Marchese e i suoicollaboratori, in gran parte fa-miliari, avevano preparato congrande cura il convivio, sceltodai Simposiarchi Brunero Be-gliomini e Riccardo Pierattini:ogni piatto è stato realizzatocon maestria e con materie ec-cellenti. Il menu conciliavaperfettamente il desiderio diestate e l’origine siciliana deiMarchese. Tutto è iniziato condei tentacoli di polpo lessonella salsa siciliana di salmori-glio e delle vongole veraciscottate in vino bianco, aglio,peperoncino e prezzemolo.Molto apprezzata la portata difresine di Gragnano all’astice efiori di zucca, cui ha fatto se-guito un gustoso branzino dimare marinato. La cena si è conclusa con unasplendida cassata sicilianaespressamente venuta da Pa-lermo. Dalla cantina ben forni-ta si sono fatti salire lo Sca-brezza Antinori 2010 (Pinotbianco e grigio) e il TorricellaRicasoli 2010 (Chardonnay); lacassata è stata innaffiata dal ra-ro Passito di Pantelleria di Gio-vanni Galfano. (Giampiero Ni-gro)

VERSILIA STORICA

ALLA DELEGAZIONEIL PREMIO ETTORE PEPE

Presso il locale “La Capanninadi Franceschi” in Forte deiMarmi, si è svolta la cerimoniadi consegna del “Premio Pe-pe” alla Delegazione. Come ènoto, il premio è riservato aduna Delegazione dell’Accade-

mia che abbia dimostrato unaparticolare efficienza operati-va. La Delegata Anna Ricci hasalutato il Segretario GeneralePaolo Petroni, il CoordinatoreTerritoriale della ToscanaOvest Franco Cocco e l’Acca-demica Elena Pepe membrodella Consulta. Erano presentianche il Vice Sindaco di Fortedei Marmi Michele Molino eun amministratore del Comunedi Seravezza, Stefano Farabo-schi. La Delegata, consideran-do l’evento molto significativo,non solo per la Delegazionema anche per il territorio dellaVersilia Storica, ha ritenuto op-portuno invitare anche unarappresentanza di studentidell’Istituto Alberghiero Ipssar“G. Marconi”, sede distaccatadi Seravezza. La dirigente sco-lastica dell’istituto, unitamentealle autorità accademiche, haconsegnato, al miglior studentedell’anno scolastico 2011-2012,una borsa di studio patrocinatadalla Delegazione e finanziatadai ristoratori locali. È seguita poi la cerimonia verae propria e il Segretario Gene-rale ha presentato ai convenutila signora Elena Pepe, promo-trice del premio istituito in me-moria di suo marito Ettore Pe-pe, Segretario del Consiglio diPresidenza nel 1984. Paolo Pe-troni ha poi letto le motivazio-ni e ha consegnato alla Dele-gazione della Versilia Storica ildiploma dell’Accademia, fa-cendo notare la recente costi-tuzione di questa Delegazionee le molte attività svolte nelbreve periodo dalla sua nasci-ta. Elena Pepe ha espresso lasua soddisfazione e con l’occa-sione ha voluto leggere unpensiero di Giovanni NuvolettiPerdomini su Ettore Pepe. La Delegata ha ringraziato ilSegretario Generale, lusingata,assieme a tutta la Delegazione,per l’assegnazione di un cosìimportate riconoscimento, conla promessa di continuare adiffondere sul territorio gliobiettivi fondamentali dell’Ac-cademia. (Anna Ricci)

VIAREGGIO VERSILIA

UNA CENAA BASE DI FIORI

Una riunione conviviale deltutto speciale è stata realizzatadalla Delegazione, in una se-rata organizzata dal Simposiar-ca Roberto Ceccatelli, che hacoinvolto nell’iniziativa la chefPaola Mencarini del ristorante“Lombardi” di Torre del Lago(Lucca) insieme a Paola Car-mazzi e al marito Marco, tito-lare dell’omonima azienda flo-rovivaistica di Torre del Lago.La chef già da tempo utilizza-va i fiori eduli (coltivati e for-niti dall’Azienda Carmazzi),ma solo per pochi piatti neiquali, però, il Simposiarca hatrovato peculiarità meritevolidi essere conosciute meglio. Ifiori eduli erano ben noti giàagli Egizi, per non parlare de-gli ampi usi che ne facevanole élite asiatiche e indoeuro-pee, come attestato anche daMarco Polo nel suo “Il Milio-ne”. Nel tempo, l’uso comme-stibile dei fiori si è sviluppato:i fiori d’acacia, il glicine o identi di leone, ad esempio,sono deliziosi da gustare e, sesapientemente preparati, pos-sono diventare l’ingredienteprincipale di una cena fanta-siosa dal successo garantito.Esistono circa 50 specie diffe-renti di fiori eduli, anche se al-cuni, senza saperlo, li consu-miamo già (è il caso di carcio-fi, fiori di zucca, cavolfiori ezafferano). Quelli da preferirein cucina, profumati e dolci,danno una forte caratterizza-zione alle preparazioni, ag-giungendo alla specificità de-corativa, qualità aromatiche epersino terapeutiche. Chef fa-mosi ne propongono l’utilizzoin alcune preparazioni: unesempio per tutti, quello diHeinz Beck del ristorante “LaPergola” di Roma con il suo“filetto di vitello alle erbe suverdure e fiori eduli”. Gli stu-diosi del settore dicono chel’insieme di fattori, quali il gu-

sto, la vista e l’olfatto, determi-na e sviluppa nel commensalela dopamina, l’ormone del be-nessere e della felicità. Dallaconstatazione, però, che laproduzione dei fiori eduli èancora di nicchia, si deduceche le opportunità offerte dal-la dopamina non sono sfrutta-te appieno. Con l’evento cele-brato al ristorante “Lombardi”,la Delegazione ha voluto ri-mediare a queste manchevo-lezze, con un menu pensato einteramente realizzato con unaserie di magnifici fiori eduli,usati dai pregustativi fino aldessert (tageti, garofanini, pe-tali di rosa, bocche di leone,calendula, agerantum, menta,geranio e nasturzo). Un menuprobabilmente unico nel suogenere. L’ambiente romanticoe l’uso dei fiori eduli, che han-no inebriato con il loro profu-mo e sapore tutti i commensa-li, hanno contribuito a creareun piacevole senso di felicità ebenessere. (Roberto Ceccatelli)

UMBRIA

TERNI

BUON RITORNODALLE VACANZE

La Delegazione è solita intitola-re così la prima riunione convi-viale settembrina, in passatodedicata ad una gita domenica-le “tanto per prolungare l’atmo-sfera delle vacanze“, da accom-pagnare ad un evento culturaleo alla visita di un museo. Neparla il Delegato, che ha pro-posto sulla copertina del menudella riunione conviviale svol-tasi all’“Osteria dell’Anfiteatro”,un’immagine del 2008, scattataa Capalbio. Ha ricordato inoltrele successive riunioni convivialie le visite ad altrettanti piace-voli luoghi, sempre di ritornodalle vacanze, nel corso deglianni. E trascinato dai ricordi haauspicato di riprendere, in fu-turo, la tradizione della gita set-tembrina. (Guido Schiaroli)

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LAZIO

ROMAE ROMA NOMENTANA

GITA “FUOR DI PORTA”

Una delle tradizioni delle “ot-tobrate romane”, la gita fuoriporta, quest’anno ha visto ledue Delegazioni recarsi nellabella cittadina di Tivoli, conl’occasione della visita allamostra “Le Magnificenze a ta-vola del banchetto rinascimen-tale” curata dall’Accademica diRoma June di Schino, promos-sa dalla Soprintendenza delLazio e dal Ministero per i Be-ni Culturali. Nella mostra sono esposti qua-dri, libri sulla gastronomia ita-liana, credenze con sculture inzucchero, tovaglioli piegati adarte, saliere, coltelli, fiaschette,piatti e vasi da pompa in cera-mica e metalli preziosi cheadornavano le tavole dei ric-chi banchetti. La sede dellamostra è nella splendida Villad’Este, nota in tutto il mondoper la magnificenza dei suoigiardini e delle opere d’arteche racchiude. La stessa Junedi Schino, coadiuvata dall’Ac-cademico Mauro Gaudino, hacondotto il gruppo nella visita,illustrandone tutti gli aspetti ela particolare rarità degli og-getti esposti. Dopo l’interes-sante visita, si è consumato uneccellente pranzo accademico,presso il noto ristorante “La Si-billa”, che si colloca in unodei punti più suggestivi dellaTivoli medievale, sotto l’impo-nente Tempio della Sibilla. Illocale, che è attivo dal 1720,ha una lunga e prestigiosa tra-dizione ed è stato visitato dapapi e reali, da famosi poeti,scrittori e artisti e mantiene altoil suo prestigio fatto di elegan-za, ottima cucina, servizio per-fetto e prestigio dell’ambiente.La Simposiarca June di Schino,con lo chef Franco Perna, haproposto un menu della cucinatipica della zona. Un ricchissi-mo antipasto di panzerotti, fo-

caccine, prosciutto e altre spe-cialità locali, seguito da ottimefettuccine con tartufo e pro-sciutto croccante. Dopo un secondo di maialinoarrosto con patate, eccezional-mente semplice e buono, untris di sorbetti ha chiuso ilpranzo. I vini ottimi, tutti dellaCantina Casale del Giglio. Unservizio spedito e cortese,un’apparecchiatura elegantecon sottopiatti di rame battutodi antica produzione artigianaletiburtina, hanno contribuito alsuccesso della riunione convi-viale. Molti gli Accademici del-le due Delegazioni, presenteanche, in rappresentanza diRona Eur, Francesco Ricciardi.Ospiti il signor Ross Pago conAmy Lenti, il signor OsvaldoRighi e il dottor Antonio Capo-casa, dirigente Rai. (G.G.)

ROMA APPIAE ROMA CASTELLI

MENU-DEGUSTAZIONEAI CASTELLI

Presso il ristorante “Il Monti-cello” (Monte Porzio Catone -Roma) si sono riuniti a pranzoi Direttivi delle due Delega-zioni per provare un menu-degustazione al fine di stabili-re quello della cena ecumeni-ca dedicato alla “Cucina delleerbe e degli aromi”. Il risto-rante è posizionato in una lo-calità silenziosa e poco abitatada dove si gode una spettaco-lare vista su Roma. Dopo una breve conversazio-ne con una dei proprietari dellocale (Angela Intreccialagli),sulla storia del ristorante e sulrazionale del menu-degusta-zione, Delegati e Accademicihanno gustato: sformatino dizucca con patate, salvia e fun-ghi turini alla maggiorana,polpettine di abbacchio conmenta romana e supplì con ri-gaglie di pollo; tagliolini tiratia mano con ovoli e prezze-molo; tagliolini tirati a manocon cacio e pepe e porro

croccante; risotto al ragù dipiccione con olive di Gaetaed erbette miste; maialino di-sossato aromatizzato con ro-smarino e semi di finocchiocon fegatelli di maiale conditicon alloro e aceto balsamico;misticanza con alici, torta dimele e noci. Su consiglio diun altro proprietario del loca-le (Erasmo Intreccialagli), spe-cializzato in vini, sono statiabbinati alle pietanze: unbianco (“Uis Blanc 2010” delFriuli) e un rosso (“Montepul-ciano d’Abruzzo 2009”) e infi-ne un Passito bianco (“TreGrome 2011” dei Castelli) peril dolce. Al termine, con lochef, il terzo fratello-proprie-tario Valerio Intreccialagli, checura con passione la ricercaautoctona di erbe e aromi, gliAccademici hanno concordatoun menu simile a quanto pro-posto, ove siano però mag-giormente esaltate nel saporee nel gusto le erbe e gli aro-mi. Un piacevole pranzo inquesto locale che ricerca l’ec-cellenza in tutte le sue mani-festazioni, come trovare mate-rie prime di qualità. (ClaudioDi Veroli)

ROMA-VALLE DEL TEVEREFLAMINIA

INCONTRO SUL TEVERE

Dopo la pausa estiva, la Dele-gazione si è ritrovata, per unacolazione in riva al fiume, alristorante dell’AssociazioneSportiva di Tiro a Volo Lazio,sulla via Tiberina. Una scam-pagnata, in un locale fuoriporta, come ai tempi che furo-no, dove gli Accademici han-no gustato un menu romane-sco “de tèra”. All’aperitivo,consumato sul greto del Teve-re, il Delegato Antonio Berta-ni, salutando gli amici, ha illu-strato una serie di impegni ac-cademici, per il prosieguodell’anno. Quindi, come daprogramma, il pranzo previsto

comportava un certo impegnoe coraggio per i tempi checorrono, dove la dieta è sem-pre all’ordine del giorno. Ilmenu comprendeva, infatti,piatti golosamente un po’massicci, propri della cucinatradizionale ma onestamenteimperdibili, come: caponata;ricotta al forno; frittata conzucchine; trippa alla romana;fagioli con le cotiche; mezzemaniche alla gricia; piccionifarciti allo spedo o rosticciata,insalata dell’orto di Marcello;strudel e vini bianchi e rossi diMimmo. Insomma, in una re-cuperata atmosfera del passa-to, gli amici Accademici si so-no ritrovati, spensierati, pienidi idee e impegni nuovi da di-scutere. In fondo, l’arte cuci-naria si abbina da sempre conla scienza della vita e della sa-lute, anche in questa riunionedella Delegazione. (Hilde Ca-talano Gonzaga Ponti)

ABRUZZO

TERAMO

LA PESCA DOPOIL FERMO BIOLOGICO

Questo è stato il tema dellariunione conviviale organizza-ta dal Simposiarca Roberto Ri-pani, presso l’osteria “dal Mo-ro” di Giulianova Lido, tregiorni dopo la riapertura dellapesca nel mare Adriatico. “Misembrava doveroso - ha dettoil Simposiarca - tenere unariunione conviviale in uno deilocali selezionati dalla nostraDelegazione per la guidadell’Accademia”, anche se, inverità, sono proprio in pochia non conoscere questo risto-rante mitico per la cucina ca-salinga ma particolare, per ladifficoltà di riuscire a trovareun tavolo libero, date le pic-cole dimensioni del locale,chenulla tolgono al suo fascino,per l’arredo semplice, rusticomarinaro, e per la vista delmare. Il menu è stato quasi a

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sorpresa, impossibile stabiliredei piatti in anticipo, quandoancora lo chef non sa cosatrova nel mercato di recenteriapertura. Si è solo stabilito difare una carrellata di antipasti,per dare agli ospiti la possibi-lità di apprezzare l’abilità del-lo chef Francesco, e due pri-mi. Il pesce pescato dopo ilfermo, soprattutto in quest’an-no, è di piccola taglia, preva-lentemente costituito da pesceazzurro: quindi alici, sgombri,e neanche di qualità eccezio-nale, ma Francesco è stato ingrado di creare una cena su-perba. Dopo l’insalata di pe-sce, servita con una bruschet-ta di pomodorini, tonno e tri-glie fritte all’aceto balsamico,è stato un susseguirsi di piattiparticolari, come lo sgombromarinato allo zenzero, dellesuperbe alici alla scottadito,cozze ripiene al peperone,cozze gratinate, spiedini di ca-lamaretto aromatizzato da unolio incredibile, ancora unafrittura di pesce, mazzancolleal pomodoro e tanti altri piat-ti. La particolarità di Francescoè che, pur seguendo la classi-ca cucina del pesce giuliese,mette del suo, rinnovando ipiatti, dando sapori e aromidel tutto particolari. Nonostante il numero degliospiti, il servizio è stato celeree curato. I due primi piatti aseguire, risotto alla marinara emezze maniche fresche allapescatora, hanno degnamenteconcluso questa serata che siè svolta in un clima allegro ecordiale, animato dal buonTrebbiano d’Abruzzo del-l’Azienda Faraone. Unico neodi questo locale che promettesempre di più, è la mancanzadi una lista dei dolci: agli Ac-cademici è stata servita lacoppa Moro, una julienne difrutta fresca, ammorbidita dagelato al limone, semplice, mainusuale. Al termine della se-rata, Francesco ha ricevuto ilgiusto riconoscimento dallaDelegazione, con applausi esoprattutto la raccomandazio-

ne di riuscire a trovar postopiù facilmente per il futuro.(Luigi Marini)

CAMPANIA

BENEVENTO

PERCORSO DIDATTICONEL MONDO DEL CIBO

La Delegazione ha tenuto lariunione conviviale d’autunnoa Solopaca, antico comune al-le pendici del Taburno, nellaprestigiosa cornice del Museoenogastronomico (MEG). IlSindaco, prof. Antonio Santo-nastaso, e il Vice Sindaco,dott.ssa Teresa Ciarlo, hannoaccolto la Delegata Milly PatiChica e gli Accademici, dandoinizio alla visita, sotto la guidadel dott. Antonio Iadonisi, bi-bliotecario del museo. Il MEG,situato all’interno di PalazzoCutillo, edificio neoclassicodel 1826, si presenta ai visita-tori come un percorso didatti-co nel mondo del cibo attra-verso tre sezioni tematiche. Laprima è dedicata al rapportotra l’arte e la produzione eno-gastronomica nazionale e in-ternazionale, dalla fine dell’Ot-tocento agli anni ’60 del seco-lo scorso. La seconda sezioneè dedicata al “falso alimentare”e consente al visitatore di co-noscere le più ricorrenti formedi inganno che possono na-scondersi in molti alimentiche, più o meno quotidiana-mente, ognuno di noi consu-ma. Infine, la terza sezione èdedicata al rapporto tra cibo esalute. Al termine della visitasi è svolto il convivio nel pic-colo ma accogliente ristorante“Osteria Symposium San Mar-tino”, sempre all’interno di Pa-lazzo Cutillo. Il menu, sapien-temente realizzato dal cuocoGiovanni Iannucci, ha previstopietanze della tradizione solo-pachese. Lo “strusciolo” -struffolo salato e fritto in oliodi oliva - ha accompagnatotocchetti di prosciutto crudo; a

seguire: la pasta fatta a manoal ragù di carni miste locali, ilpeperone imbottito al vinocotto, il “ciambotto” - minestradi fagioli, cime di rapa e paneraffermo - e infine i dolci sec-chi alle noci e nocciole. I viniserviti in tavola sono stati of-ferti dalla prestigiosa CantinaSociale di Solopaca. La Dele-gata ha fatto dono alla biblio-teca del MEG del gradevolissi-mo volumetto “Antichi saporidel Sannio”, di Amelia Fragola,madre dell’Accademico Massi-mo Fragola, in cui sono rac-colte ricette del passato dellacucina povera e contadina delterritorio sannita, preparatedalle famiglie del luogo, e del-l’opuscolo “L’etichettatura de-gli alimenti”, prodotto dall’Os-servatorio regionale per la Si-curezza alimentare della Re-gione Campania. Sicuramentel’iniziativa della Delegazione èriuscita non solo a favorire laconoscenza di uno spaccatostorico, sociologico e tecnicodella cucina italiana, ma anchea rendere concreto l’intentoculturale, emozionale e creati-vo dell’Accademia. (DanilaCarlucci e Milly Pati Chica)

PENISOLA SORRENTINA

SAPORI MEDITERRANEI

La Delegazione ha organizza-to, in collaborazione con laUCMed (Università della Cuci-na Mediterranea), una riunio-ne conviviale al Grand Hotel“Conca Park” di Sorrento. Ilconvivio si è svolto in occa-sione di un incontro di studiocon lo chef-giornalista VittorioCastellani (chef “Kumalè”),ospite della Delegazione, cheha accompagnato gli Accade-mici in uno speciale tour allascoperta delle profonde diffe-renze tra le culture gastrono-miche delle cucine mediterra-nee, preparando, con i suoiassistenti, piatti di diversi Pae-si del Mediterraneo, tra Orien-te e Occidente.

SALERNO

RITROVARSIIN AMICIZIA

Gli Accademici si sono ritro-vati “da Ciccio e l’osteria” nel-la piazza Flavio Gioia comu-nemente detta La Rotonda, difronte alla porta dell’antico in-gresso alla città e alle edicoledi S. Maria della Porta. Eranopresenti molti ospiti e simpa-tizzanti e futuri soci dell’Acca-demia con la semplicità e ildesiderio di stare insieme. E ilmenu, nella sua linearità, ri-fletteva proprio il desiderio diritrovarsi, di scambiare opinio-ni, agganciare ricordi. Così è stato e sostenuti dal-l’ospitalità piacevole del pro-prietario del ristorante Pa-squale D’Antonio, il tempo èvolato tra un antipasto di ma-re, un risotto alla pescatora,un rombo con pomodorini epatate, un babà alla crema eun tronchetto con nutella epanna, preparati dallo chefEnzo Marciano. Il tutto innaf-fiato da un Fiano di AvellinoVilla Raiano. Il Delegato Raf-faele Martino ha consegnatoal proprietario il piatto in sil-ver dell’Accademia, dando lavotazione di 8. (Raffaele Mar-tino)

SICILIA

SIRACUSA

ITINERARI GASTRONOMICIFLOREALI

Particolarmente vivace e par-tecipato il primo incontro sim-posiale d’autunno della Dele-gazione. Il Delegato AngeloTamburini ha dato il benvenu-to e consegnato le insegne ac-cademiche a Salvatore Man-giafico, chimico, accolto daun caloroso applauso; ha poibrevemente riferito sulla co-municazione del PresidenteGiovanni Ballarini con le sol-lecitazioni culturali in prospet-

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D A L L E D E L E G A Z I O N I

tiva del 60° dalla fondazionedell’Accademia, nel 2013. Hapreso, quindi, la parola il Sim-posiarca dell’incontro, il Con-sultore Rosalia Sorce, per pre-sentare la relatrice dott.ssa Pi-na Frazzica, la quale ha pro-posto il tema “Percorsi gastro-nomici floreali”. “Quando siparla di cucina e si dice fiori,si pensa automaticamente aquelli di zucchina, i fiori piùusati ai fornelli”, ha esordito,“ma la gamma floreale chepuò finire nel piatto è infinita-mente più vasta e, con sem-pre maggior frequenza, i cuo-chi danno forma a piatti ricchidi colori e profumi, in cui ifiori vengono apprezzati peressere belli da guardare quan-to buoni da mangiare. La prima menzione registratasull’utilizzo dei fiori per scopiculinari risale al 140 a.C., co-me elemento aromatizzante,come ingrediente per tisane ebevande e come alimento. Ifiori eduli sono molti più diquanti si creda, senza contarel’incredibile fonte di aromiche sono i fiori delle erbe aro-matiche stesse. Dal punto divista nutrizionale, i fiori con-tengono spesso benefiche so-stanze, ma la piccola quantitàche se ne assume apporta alnostro organismo pochi prin-cipi nutritivi. Sono ricchi so-prattutto di antociani e flavo-noidi, importanti sostanze an-tiossidanti”. L’attenzione e l’in-teresse per il tema hanno avu-to in riscontro uno spaccatoculturale sintetico ma esausti-vo, con cui sono stati in sinto-nia anche i piatti in tavola: an-tipasto di fiori di zucca in pa-stella e conchiglie dello Jonio;tagliatelle con cimette di ca-volfiore, gamberoni e ciliegi-no di Pachino; ricciola in cro-sta di patata di Siracusa sucrema di zafferano e fiori digelsomino; caponata e, infine,cassatella di ricotta all’acquadi fiori d’arancio e pallina digelato di cioccolato. Piccolipani aromatizzati hanno com-pletato il menu. Il maestro di

cucina Massimiliano Ruffino siè prestato con entusiasmo aquesta esperienza, con risulta-ti molto positivi sia per quan-to attiene la confezione cheper la curata e artistica pre-sentazione delle portate, inbuon abbinamento con ilFrappato di Vittoria - Cos e ilRosolio dei f.lli Russo di Cata-nia. Curato, sollecito e attentoil servizio diretto da MichelaGalioto. (Angelo Tamburini)

OLANDA

AMSTERDAM - LEIDEN

RITORNO ALLATRADIZIONE CULINARIA

È il titolo di un video su DVDrealizzato da Vincenzo Tosca-ni, Accademico della Delega-zione, presentato in occasionedella riunione conviviale al ri-storante “L’Ozio”. Per realiz-zarlo, Toscani ha preso spun-to dall’editoriale di GiovanniBallarini, intitolato “Analfabe-tismo gastronomico”, in cui ilPresidente denuncia appuntoquesto “analfabetismo” incontinua ascesa e del quale ècorresponsabile anche la co-municazione televisiva. “Glianalfabeti culinari insegnanoagli altri quello che non san-no”, commenta giustamenteBallarini, che poi conclude af-fermando “l’Italia e anchel’estero sono sempre più po-polati da analfabeti funzionaliche ignorano il vero tesorodella nostra cultura, frutto disecoli e secoli di intenso eprofondo lavoro”. Toscani hapensato di visualizzare questasituazione attraverso il mon-

taggio di diversi spezzoni vi-deo in cui si vedono alcuninoti cuochi che si cimentanoin preparazioni “italiane” chenon hanno niente a che vede-re con la cucina italiana, macostituiscono piuttosto unaspettacolarizzazione inutile econtroproducente del mestieredel cuoco. Ma quali sono lecaratteristiche necessarie per-ché un cuoco diventi un gran-de chef? Toscani preferisce af-fidare la risposta agli esperti,montando nel video una seriedi brevi interviste a diversicuochi tra cui Massimo Botturadell’“Osteria Francescana” unodei più premiati anche all’este-ro, �e la cuoca de “L’Ozio”,Sandra Bombardieri, che dauno dei migliori ristoranti diBrescia giunge ad Amsterdamper trasferire la sua sapienzaculinaria in Olanda, per il pia-cere dei palati fini italiani eolandesi. Il discorso proseguecon un’intervista ad AuroraMazzucchelli del ristorante“Marconi”, eletta nel 2012 mi-glior cuoco donna per “Identi-tà Golose” (il congresso italia-no di cucina e pasticceriad’autore). Alcuni spezzoni dicelebri film e di una serie tele-visiva, incentrati sulla figuradel cuoco, in qualche modo il-lustrano, con metodo artisticoe umoristico, i diversi aspettidelle caratteristiche di ungrande chef. I commensalihanno apprezzato questo vi-deo che ha saputo affrontareun argomento così serio contono leggero ma corretto eche ha suscitato un’interessan-te discussione. Il video non hascopi commerciali ed è dispo-nibile gratuitamente su richie-sta. (Alberto Gianolio)

UTRECHT

SERATA DEDICATAA NAPOLI

La Delegazione ha organizzatouna serata napoletana al risto-rante “Jammo Jà” di Beesd. In

questa occasione è stato rela-tore il dott. Rainier Speelman,un olandese innamorato dellanostra cultura. Egli ha ricorda-to come, fra le molte città cheportano un nome derivantedal greco “Neapolis” (famosefra l’altro Napoli di Romania eNapoli di Malvasia), “Napule”ha esercitato un ruolo di gran-de fascino come principaleporto mediterraneo e città co-smopolita per eccellenza, cheha avuto anche una grandevalenza nella cultura italiana.Nella sua lunghissima storia havisto molti padroni: dagli anti-chi Greci e Romani fino agliSvevi, Francesi, Aragonesi eCastigliani. Molti elementi han-no contribuito all’arte e allacultura della città, ma la sualingua è unica. Anche in un periodo di deca-denza politica, sotto gli Spa-gnoli, fiorirono pittura e archi-tettura, mentre nasceva gra-dualmente anche una ricca let-teratura. Ma per molti reste-ranno da ricordare i due spiritimaggiori, i filosofi Vico e Cro-ce. Fra tutti i famosi luoghi diNapoli, spicca la piccola isoladi Capri, residenza imperialesotto Tiberio. Nel mondo delteatro e del cinema, Napoligode di una giusta fama comepatria della commedia all’ita-liana, ma il maggior contributointernazionale di Napoli è nelcampo musicale, specialmentein quello della canzone, famo-sa in tutto il mondo. In cucina,poi, abbiamo la pizza, presen-te ora in cinque continenti, lacui bontà si è potuta apprez-zare nel corso della serata ac-cademica. (Raniero Speelman)

EUROPA

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Dear Academicians, The unraveling oftraditions and the eclipse of

bourgeois cuisine may elicit perplexity,discomfort and concern in manyAcademicians. But above all they begthe question: what can we do about it?We can only try to provide an answer byhaving a clear schematic vision of thepresent.There is no doubt that bourgeoiscuisine is in a state of decline, but it isunclear to many which cuisine (orcuisines) could replace it. Any attempt toanswer this question can be facilitatedby examining the current situation inItaly and in the majority of theindustrialized countries, and trying toprovide a schematic picture. In thebroad sense we can say that in theindustrialized world today there is not asingle cuisine but many cuisines, andthey can be systematically arranged as a“kitchen system” in the form of a graphthat has five bars which developrelationships among themselves in acontinuous and rapid way. None of thefive system bars functions independentlyand each one develops its role inrelation to the others, therefore thesystem sustains itself through itsinteractions. In this system there is nosingle dominant cuisine. In the pastbourgeois cuisine didn’t refer to a systembut rather a social class centered aroundthe home and the family. This singlelarge unit can be defined as a “kitchensystem” graph. The five bars of thegraph are: the cook, the food critic,communication, the food industry andthe consumer. All five merit a word. Thecook has become an artisan, if not anartist, who works autonomously and nolonger dependently, and seldomprimarily in service to the family or evena restaurant. Today it is increasingly thechef that qualifies a restaurant and notvice-versa. Since the power relationshipbetween restaurant and chef has beeninverted, the two have had to embark ondifferent paths. The first is that ofcontinuous creation and innovation, withincreasing experimentation that is not

infrequently ill-advised when it attemptsto reinterpret traditions, regions, seasons,individual foods and so on. The otherpath involves the growing importance ofcommunication, which still cannot, oronly with difficulty, be independent. Thefood critic, in his essential role as “socialcommunicator” with the chef, constitutesthe second bar in the system graph. It isimportant to point out once again thatthe chef-critic duo has a complicatedrelationship and often a conflicting one.It should not be underestimated that inorder to reach the consumer, the criticcannot work alone, but must utilize themedia, and he is at risk of becomingdependent on it, if not dominated by it.However sometimes the samecommunication media creates thechannel of communication.Communication makes up the third baron the graph. Having gone beyond thelimits of oral diffusion that was donethrough books on cuisine (primarilycookbooks) the ways of using,preparing, and presenting foods in alltheir aspects as well as everythingaround them, constitute a separate“communications genre” that iscontinually seeking new outlets. Audio-visual communication is dominant, andis putting at risk of extinction even thenewer segments of the print media suchas Guidebooks, starting with the mostfamous one, the Michelin Guide. It is ameans of communication that, withunheard of speed, has transformedcooking into exhibitionism, and haspaved the way for “cuisine as spectacle”.Many industries, not justcommunications but also design andhome furnishings have begun tounderstand the importance of cuisine.They are encouraged by cooks’ constantthirst for new technologies andinventions that initially streamline thecooking process, but end up becominginnovators, through a process thatinteracts and synergizes withcommunication and showmanship. It’scertainly no accident that scientific

cooking, (improperly referred to“molecular” cuisine) is closely associatedwith new techniques that utilize liquidnitrogen or prolonged cooking at(relatively) low temperatures. The foodindustry is an increasingly importantsector that not only preserves andtransforms foods but also develops anddistributes intermediate products (forexample sauces and condiments etc.)final products (dried and stuffed pasta)and ready-to-serve foods (sometimesquite elaborate). It constitutes a trueindustrial cuisine that is utilized by therestaurant industry as well as theOrganization of Large Retailers (GDO).Finally, the fifth bar on the graphrepresents the consumer, a term thatbelies its passive and exploited role. It isa consumer that exists in a consumersociety that continually pushes him tobuy more and more, to the point ofwastefulness and buying falsifiedproducts that betray our traditions. Thismakes for an increasingly isolatedconsumer, who eats casually and attimes thoughtlessly or based on a dietthat is built upon his own ideas orideologies, or stimulated by advertising.The “kitchen system” that we haveoutlined above can be seen asunrealistic, but it is useful to compare itwith the other arts that are consideredmore “noble” than cuisine, such aspainting or music. Even these latteremerged from bourgeois homes. Thefamily portraits that came to be replacedby good photographs are today totallyabsent from middle class homes.Families no longer make music together,but listen to recorded music on theirindividual devices, as prescribed byadvertisers. So what is the role of therestaurant and of tradition in today’sworld? In the days when bourgeoiscuisine prevailed, good restaurants alsowere responsible for conserving,interpreting and improving tradition. OurAcademy has and will continue to pointout which restaurants are still carryingout that function, but it is clear that theyare fewer and farther between. Perhapstoo many of today’s restaurants presentthemselves as places of gastronomicinnovation and even showmanship.They don’t offer a dish but an“experience”. Is this a development thatshould lead us to abandon the path set

D E A R A C C A D E M I A M E M B E R S . . .see page 3

FROM THE BOURGEOIS KITCHENTO THE KITCHEN SYSTEM

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forth by the founders of the Academy?Just the opposite! Indeed the existenceof a “kitchen system” that has replacedbourgeois cuisine makes our job ofstudying the values and traditionsaccumulated over the centuries andapplying them to the new system moreimportant than ever.

GIOVANNI BALLARINI

FOCUSTHE GALLIVANTING

GREAT CHEFS AND THE DECLINEOF THE TRATTORIA

see page 4

Once upon a time chefs stayed in thekitchen and supervised their pots andtheir sous-chefs as they prepared dishes.With an attentive eye they followed everystep, tasting and sometimes creating newrecipes and ideas along they way. Todaythe big stars of the kitchen have willinglyisolated themselves in a kind ofgastronomic laboratory where theymeditate, experiment and bustle aboutwith various gadgets. They study trends,the culinary influence of Spain, Swedenand South America, and then they givebirth to their own creations that areimmediately handed over to theircapable and most trusted assistants. Thenthey travel around the world, dotelevision shows, hold conferences, grantinterviews and write columns. Theirpresence in the kitchen and dining roomis no longer really necessary. Therestaurant that made them famous haspractically become a mere accessory; itno longer matters if it employs people orif it generates income. Their moneycomes from private VIP dinners,television appearances, sponsorships andpublicity, or from restaurant branchesopened in new locations around theworld or right next door. However thatgame doesn’t always pan out; in spite ofpraise from guides and critics sometimesthey just don’t make it and they wind upas virtual cooks, consultants, or mere setdécor. Obviously it doesn’t always workout this way, and many are still workingchefs. But the Olympus of the great ispopulated by these peripatetic cooks. Butas troubling as this elitist trend is, we aremuch more concerned about what ishappening in the world of the trattoria.

Beaten down by the economic crisis,many of them are no longer able to offergenuine local cuisine. But in fact, manyof them just don’t want to bother. In thegreat art cities that are overrun by hordesof “eat and run” tourists, trattorias nowoffer unacceptable dishes prepared withlow quality ingredients that have nothingto do with local cuisine. One only has tolook at what is happening in Venice tounderstand the depths to which localcuisine has fallen. But today Florence,Rome and Naples are also afflicted. It isincreasingly difficult to find a goodribollita or “tonnarelli cacio e pepe” or anauthentic pizza. Chefs no longer have anincentive because the clientele will settlefor less; they don’t know how to judge adish because they have no point ofreference. So why bother? Might as wellleave well enough alone. Maybe so, butby not bothering we are destroying thevery base of our traditions, rather thankeeping them alive in the places wherethey were born. Only truly great cookscan be the stewards of our traditions andthe development of our cuisine, freeingus from the burden of poorly preparedfood that is no more than a bad facsimileof the original.

PAOLO PETRONI

DEFENDING OUR CUISINE ABROADsee page 5

The prestigious Orio Vergani Prizeawarded by the Academy celebrates bothcultural and gastronomic values. The2012 Prize was presented to the VirtualGroup of Italian Cooks in Milan during apress conference at the CatellaFoundation. President Mario Caramellaaccepted the award for havingcontributed to diffusion, promotion anddefense of traditional Italian cuisinearound the world.

THE TASTE OF THE DAWNsee page 8

Crotone Delegate Adriana Liguori Protoextols the virtues of mullet, a fish blessedwith luminous pink scales and a delicateand delicious flavor. It is no coincidencethat many gourmets consider this fishwith lacy fins to be one of the tastiestmorsels our seas have to offer.

THE GREAT BOLLITO MISTOFROM PIEDMONT

see page 9

Turin Academician Renzo Pellatidescribes the origins and characteristicsof an important traditional dish that mustbe enjoyed slowly: the great “boileddinner” of Piedmont. For some time theAsti Delegation has codified the idealcharacteristics of the meat used in thisdish: veal from the Piedmontese Fassonebreed of cattle. The Delegation has alsolaid out the 7 preferred cuts of meat, the7 vegetables added and the 7 sauces tobe served.

THE MUSHROOM THAT GROWSIN THE BASEMENT

see page 11

There are several varieties of ediblemushrooms that can be gathered in theautumn woods, fields and countryside.Today the Polyporus Tuberaster variety islooked down upon because of thetoughness of the adult specimens, butonce it was a highly prized mushroom,in part because it could be grownindoors in the basement.

THE PASTAOF THE SEVENTEENTH CENTURY

see page 12

Turin Academician Elisabetta Cocitodescribes an interesting little book thatincludes recipes for pasta and differentkinds of sauces. It is a curious testamentto the use of dried pasta in the PiedmontRegion, in particular one called Clypeodel Gentiluomo (Gentleman’s shield). It is the only known reference to thefrugal and “secret” cuisine of the time,edited in 1618 by Guglielmo Prato, a local grocer and pharmacist, whodefined it as a “shield” for defendingone’s health.

THE COUPLINGOF FOOD AND WINE

see page 13

The conferral of the 47th Verdicchiod’Oro award in Stoffolo (Ancona) wasreceived with great interest on the part ofthe public and especially the cultural andeno-gastronomic world. The fame the

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prize has gained throughout its longhistory is due to the broad spectrum ofthe conference that accompanies theceremony that confers the award onimportant personalities from the culturalworld of wine, gastronomy and themedia. This year’s recipients included thepainter Bruno di Arcevia who is wellknown beyond the borders of theMarche Region, Carlo Cambi, wine andgastronomy writer known for hisknowledge of the restaurant business,and Professor Andrea Grignaffini, anexpert in the field of wines.

THE POLYGLOT COMMUNITYOF THE FRIULIsee page 14

The celebration of the 50th Anniversaryof the Udine Delegation was opened bya conference held in the ProvincialCouncil Hall of the Belgrado Palace. The Cuisine of the Polyglot Communityof the Friuli was inspired by the presencein the region of a number of ethnicminorities that have jealously guardedtheir ancient languages, culture andtraditions for centuries.

THE PATRON SAINTOF ITALIAN COOKS

see page 15

Together with the town of Agnone, theIsernia Delegation organized aconference devoted to San FrancescoCaracciolo, Patron Saint of Italian Cooks.The life of the saint, who was born inVilla Santa Maria in Abruzzo in 1563 anddied in Agnone in Molise, wascommemorated in both regions withceremonies that recalled his spiritualityand love for his fellow man.

REESTIMATING “CHIOCCIOLE”see page 17

The tiny “chiocciole” snails were one ofthe most consumed foods of ourancestors. The ancient Greeks were soenthusiastic about this food that theyinvented a special narrow fork to eatthem more easily. They also attributedaphrodisiac powers to them. Animportant nutritional resource in the past,today they may constitute an interestingelement of alternative diets.

“COCOZZELLA” IN THE FRESCOESOF HERCULANEUM

see page 19

The decorative painting found in Stabiaand Oplonti, two of the large residentialcomplexes of Herculaneum, haverecently been made even more valuableby the discovery of a fascinating series of small still lifes that depict not only allkinds of game and many varieties of fishbut also an “explosion” of an impressivequantity of fruit. Among the paintings inthe mural in Herculaneum’s sumptuousCasa dei Cervi one detail stands out: two white apples and a narrow fruitsimilar to an extremely long zucchiniknown as cocozzella in Campania,immersed in a glass jar filled with liquid.

CULTURE: ALWAYS A PRIORITYsee page 21

Many members of the Franco MarenghiResearch Center and the Regional StudyCenters gathered in Milan to meet,exchange ideas, accept suggestions, askquestions and provide answers. From the outset President Ballariniemphasized how the brainstorming that takes place at such meetings leads to the emergence of creative ideas.

ROMAN MYTHS AND NUTRITIONsee page 23

Rome-Castelli Academician RobertoDottarelli analyzes the myths explored inLicia Ferro and Mario Monteleone’s bookRoman Myths (Einaudi, 2010), to seehow they related to the economicactivities upon which, in the last analysis,the survival of the community depended.

THE STEWARD OF GOOD TASTEsee page 25

Vincenzo Corrado was a well knownrepository of 18th Century gastronomicwisdom. He was author of the celebratedThe Gallant Cook, first published inNaples in 1773. Corrado also publishedanother book devoted to the work of thesteward, a key figure in the cuisine of thetime. The Steward of Good Taste,published in Naples in 1778, is dividedinto 8 treatises that review the arts

of pastry making and distillery, and wasreferenced by many other works in latercenturies.

THE HEALTH PROPERTIESOF CELERYsee page 27

Celery is often praised both for itsnutritional and medicinal properties. Arecent publication pairs celery with theleek, and defines them as “princes ofsoups”. On the other hand, celery can beconsidered a medicinal plant, even as“king of natural diuretics”. We take a lookat what both ancient and moderngastronomes have had to say aboutcelery, from Apicius to Pellegrino Artusi.

A MYTHICAL TABLEsee page 28

Chieti Academician Pino Jubatti recalls adinner at Bagutta in the late 1970s withGiudo Vergani, in memory of his fatherOrio. Several of the restaurant’s signaturedishes were served, but the mostmemorable one offered to the son ofOrio Vergani was their famous RisottoMilanese.

THE RECIPES OF THE LATINIsee page 29

The library of the Neapolitan NationalHistory Society contains two valuablevolumes of Antonio Latini’s The ModernSteward, printed in Naples. As Naples-Capri Academician Claudio Novelliexplains, the work is a ponderousmanual, unfortunately badly neglected, inwhich the tomato appears for the firsttime.

THE EVOLUTION OF CUISINEsee page 31

For millions of years, man’s search forfood influenced his evolution andexpansion. Recent studies confirm theclose link between human evolution andnutrition. Pescara Delegate EnzoAngelozzi demonstrates that in additionto the decline of bourgeois cuisine,peasant, or “hunger based” cuisine haslargely disappeared. This genuine cuisinehas been replaced by a culture of fastfood.

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NOVEMBRE 2012 / N. 243

DIRETTORE RESPONSABILEGIOVANNI BALLARINI

VICEDIRETTORE E DIRETTORE ARTISTICOFRANCESCO RICCIARDI

COORDINAMENTO REDAZIONALE

SILVIA DE LORENZO

SEGRETERIA DI REDAZIONETILDE MATTIELLO

IMPAGINAZIONEMARIA TERESA PASQUALI

IN QUESTO NUMERO SCRITTI E RICETTE DILuigi Altobella, Enzo Angelozzi, Sandro Bellei,Giancarlo Burri, Maria Cristina Carbonelli di Letino, Giorgio Cirilli, Elisabetta Cocito, Vincenzo Corrado, Silvia De Lorenzo, Gianni Di Giacomo, Roberto Dottarelli, Gianni Fossati,Lorena Gallina, Roberto Gandini, Gabriele

Gasparro, Gianni Gentilini, Giuseppe Guadagno,Pino Jubatti, Adriana Liguori Proto, Mauro

Magagnini, Giovanna Maria Maj, Maria MonicaMartino, Renzo Mattioni, Claudio Novelli,

Elio Palombi, Donato Pasquariello, Renzo Pellati,Alfredo Pelle, Paolo Petroni, Gian Paolo Pinton,

Amedeo Santarelli, Tito Trombacco.

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EDITOREACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

VIA NAPO TORRIANI 31 - 20124 MILANOTEL. 02 66987018 - FAX 02 66987008

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Rivista associataall’Unione StampaPeriodica Italiana

CIVILTÀDELLATAVOLAACCADEMIA ITALIANA DELLA CUCINA

REDISCOVERINGTHE “FIFTH QUARTER”

see page 32

Trento Academician Gianni Gentiliniexplains the meaning of the “fifthquarter”. After an animal was butcheredand quartered in to the four “noble” cuts,all that is left are the entrails. The “fifthquarter” is comprised of all these partsthat are edible: tripe, heart, liver, spleen,kidneys, sweetbreads, and finally thebrain and tongue.

A VALUABLE BOOKsee page 33

On the occasion of the 25th Anniversaryof the Naples-Capri Delegation, SecretaryGeneral Paolo Petroni referred to a veryold book entitled The Edible Animals ofthe Italian Seas as a veritable bible on thesubject and one that is still valid. Thebook was written nearly 45 years ago bythe father of Naples-Capri Delegate ElioPalombi, who was a professor of zoologyin the University of Naples’ Agriculturedepartment.

CONVERTING MOUNTAIN CATTLE FARMSsee page 34

Eugania-Basso Padovano AcademicianGian Paolo Pinton describes aninteresting market study that deals with areconversion and repopulation programin hilly and mountainous areas destinedto transform dairy cattle farms into“Mother Cow Programs” for meatproduction.

THE VIRTUES OF CABBAGEsee page 36

The culinary use of cabbage iswidespread, owing to its low cost.Appreciated since ancient times, cabbagehas been cultivated for millennia. This

vegetable is rich in vitamins and mineralsand can also be used medicinally. Notsurprisingly it also makes an excellentregenerating facial mask.

A ROMAN CALENDARsee page 37

Collections of the precious memories oflocal poets describing life in the city areof great socio-cultural significance.Through works of poets from Trilussa toBelli, Rome-Appia Academician DonatoPasquariello describes the year-roundgastronomic customs of the Romans,month by month.

FOOD AND ARCHITECTUREsee page 39

We require places and spaces to carry outour daily consumption of food during theancient rituals of breakfast and lunch, teaand dinner. Therefore, man developedarchitecture. Tigullio Delegate GiorgioCirilli affirms that the quality of the spacein which we eat plays an important rolein our appreciation of the food.

A SECOND-CLASS DISHsee page 41

The stain of original sin has been visitedon the meatball: it was created with meatutilized for other dishes; it has anuncertain provenance. In modern dayparlance we would say it has nopedigree. It is a dish no longer eaten asoriginally conceived - chopped leftoverboiled meat pressed together to resemblethe original cut. But as ApuanoAccademician Alfredo Pelle points out,it’s a small world and the meatball hasearned a place in it.

TranslatorsNICOLA LEA FURLAN AND DONALD J. CLARK

SummarizedFEDERICA GUERCIOTTI

I N T E R N A T I O N A L S U M M A R Y

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