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96 uesta settimana il menu è Q Stammer a pagina 5 Cecchi a pagina 7 I colori di S.Lorenzo Il doppio volto di Louis Faurer RIUNIONE DI FAMIGLIA a pagina 4 PICCOLE ARCHITETTURE OCCHIO X OCCHIO Siliani da pagina 2 DA NON SALTARE La medicina d’amore di Noa Il cavaliere polacco Atlantismo piombinese Monaldi a pagina 6 ISTANTANEE AD ARTE Frammenti aurei Decidetevi

Cultura Commestibile 96

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Page 1: Cultura Commestibile 96

96 uesta settimanail menu èQ

VUOTI&PIENI

Stammer a pagina 5

Cecchi a pagina 7

I colori di S.Lorenzo

Il doppio voltodi Louis Faurer

RIUNIONEDI FAMIGLIA

a pagina 4

PICCOLE ARCHITETTURE

OCCHIO X OCCHIO

Siliani da pagina 2

DA NON SALTARE

La medicina d’amoredi Noa

Il cavalierepolacco

Atlantismopiombinese

Monaldi a pagina 6

ISTANTANEE AD ARTE

Frammenti aurei

Decidetevi

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.2DA NON SALTARE

Achinoam Nini, in arte Noa, hachiuso con uno splendidoconcerto lunedì 20 ottobre alteatro Verdi di Firenze

COOLt, la prima settimana della cul-tura organizzata dalla Regione To-scana. Canzoni di speranza e didisperazione (come “Uri”, dal nomedel figlio dello scrittore David Gros-sman ucciso nel 2006 da un razzo an-ticarro durante l'offensivadell'esercito israeliano in Libano),musiche tradizionali yemenite ac-canto al jazz di Pat Metheny, fino allecanzoni del suo ultimo lavoro “Lovemedicine”. Un trio di veri talenti mu-sicali: la sua chitarra storica Gil Dor,il contrabbassista Adam Ben Ezra eGadi Seri alla batteria. Noa è stata accolta da un pubblico af-fezionato, ma anche da un gruppo dicontestatori sedicenti filo-palestinesiche chiedevano di boicottare la fintapacifista Noa: persone cariche di ri-sentimento, vittime del clima d'odioe di volontà di eliminare il vicinoisraeliano o palestinese che si è ormaiinnescato in Medio Oriente e cheoperano fattivamente contro il po-polo palestinese prima ancora diquello israeliano.Indirettamente, mi sembra, che Noarisponda con questa intervista cheabbiamo raccolto alcuni giorni primadel concerto fiorentino.Prima di tutto, consentimi di ringra-ziarti per il tuo lavoro e anche peril tuo impegno per la causa dellapace e del dialogo. Nella tua re-cente “Lettera aperta al vento”(http://noa-the-singer.blog-spot.it/2014/07/lettera-aperta-al-vento.html) haidescritto la tua vita in Israelecome un incubo, nel qualeogni civile è un obiettivo,dove i bambini passano lamaggior parte del loro temponei rifugi. Ma, allo stessotempo, mostri una grandecomprensione e compassioneper la terribile vita cui sono co-stretti i Palestinesi (bambini fe-riti, madri in lacrime,devastazione, terrore), oppressidai caccia F16 di Tsahal da unlato e dagli estremisti oscuranti-sti di Hamas da un lato. Non dueparti, una contro l'altra; ma unasola parte, quella delle vittime,israeliani e palestinesi. Contrappo-sti a questa parte, l'altra, gli estremi-sti Israeliani e Palestinesi. E tu tischieri con le vittime. E politicamenteper i moderati. Vinceranno mai i mode-rati in Medio Oriente? E come dovreb-bero agire per avere una possibilità dicambiare le cose?Grazie per le tue parole. Ma permet-timi di chiarire due punti: ho de-scritto la specifica situazione durantela guerra, quando così tanti israelianostavano soffrendo, ma questo non ri-flette la vita in generale in Israele, cheè buona o cattiva come in ogni altropaese occidentale, come l'Italia. Dico

di Simone [email protected] NoaLa medicina di

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.3C.com DA NON SALTARE

questo perché mi rendo conto che an-cora oggi, molte persone qui cono-scono così poco del mio paese e dellanostra vita. Israele è un bellissimopaese con enormi potenzialità di es-sere un piccolo giardino dell'Eden sesolo potessimo avere pace!! Quantoa Gaza, posso solo immaginare qualedebba essere la loro vita quotidiana là,perché disgraziatamente conoscocosì poco di loro. Il muro che ci se-para non ci permette neppure ad unapersona curiosa e dalla mente apertacome me di attraversare il confine econoscere i vicini. Quel che è certo èche gli abitanti di Gaza hanno sof-ferto enormemente durante l'ultimaoffensiva, come ho scritto nella mialettera.Il secondo punto che voglio chiarireè il mio pensiero rispetto alla parolavittime: non mi piace questa parola.Sì, siamo vittime degli estremisti edella stupidità, degli interessi econo-mici e politici che spingono le super-potenze ad agire nonnecessariamente nell'interesse dellavita umana, e sicuramente non nel-l'interesse delle vite dei Palestinesi edegli Israeliani, e quel che è peggio,siamo vittime della nostra storia edella nostra memoria. Sebbene io ri-spetti la necessità di ricordare, sonocontraria all'uso delle tragedie delpassato per imprigionare il futuro.Dobbiamo liberarci di questo infinitosenso di vittimismo; ebrei, Israeliani,arabi e Palestinesi, tutti. Dobbiamoimpiegare la grande autocritica,ognuno nella propria parte, fare diffi-cili domande a noi stessi e ai nostrileader, educare noi stessi nel sensopiù ampio del termine e, ciò che è piùimportante, dobbiamo tenderci lamano l'un l'altro per il bene dei nostrifigli e costruire il futuro insieme. Nonè impossibile. E l'alternativa è unaguerra senza fine ed eventualmentel'annichilimento.Tu hai invocato un'alleanza per il dia-logo fra le voci moderate del mondo mu-sulmano e quelle dell'ebraismo. Masembra che la politica in Medio Orienterespinga la moderazione. Entrambe leparti sono occupate dagli estremisti; dauomini che sistematicamente tradisconoil loro popolo, che mentono al loro po-polo dicendo che essi vogliono proteg-gerlo mentre invece lo pongono incontinuo pericolo semplicemente perse-guendo i propri interessi; fanatici reli-giosi che agiscono per distruggere altriesseri umani in nome di Dio (anche secredono nello stesso Dio). Vedi alcunapossibilità che nelle due società e nellapolitica i moderati possano riprendere ilcampo?Mi incoraggia il fatto che in questitempi e in questi giorni, ci possiamoattendere l'inaspettato. Tutte le ten-denze, le profezie e le previsioni sisono dimostrati miserevoli fallimenti.Gli eventi più importanti del nostrotempo non erano stati previsti da nes-suno, dalla caduta del Muro di Ber-lino al crollo dei mercati finanziari,dalla nascita di google alle primaverearabe. Dove c'è vita umana, c'è spe-

ranza e io non ho perso la speranza.Le persone si alzeranno, assume-ranno l'iniziativa. Alcuni eventi spo-steranno le molecole, il battito d'ali diuna farfalla basterà per iniziare unotsunami di cambiamenti. La nostraresponsabilità è di essere prontiquando questo succederà, di prepa-rare lo scenario per il prossimogrande spettacolo della storia, spe-rando che sia uno spettacolo magni-fico.Cosa sta succedendo nelle società Israe-liana e Palestinese? Sono anch'esse con-quistate dal fanatismo, dalla cecità,dall'egoismo, oppure vedi della spe-ranza, dei movimenti, pensieri e azioniindipendenti che possano spingere i mo-derati di entrambe le parti a mettere

pressione sulla politica per cambiare ladirezione del Medio Oriente?Ci sono molte persone che stanno fa-cendo cose meravigliose, che lavo-rano per la pace, a costruire ponti, atendere le mani. Queste persone la-vorano silenziosamente, sono gli eroimisconosciuti dei nostri tempi. Tri-stemente, i media non prestano loroalcuna attenzione, preferendo semprepresentare lo spargimento di sanguee la violenza, per cui la loro presenzadifficilmente è avvertita come reale,ma sono la nostra grande speranza!Sul mio sito web ( http://www.noa-smusic.com/), potete trovare unalista di organizzazioni che io so-stengo, che sono solo una piccola per-centuale di tutte quelle che fanno ilbene, alle quali dobbiamo la nostrasalute e la nostra anima.Qual è il ruolo della cultura, degli arti-sti, della musica in queste società? Cosapossono fare per incrementare il dialogo,la reciproca comprensione? Tutti noi ri-cordiamo la tua collaborazione artisticacon Khaled. Ci sono movimenti cultu-rali e artistici che favoriscono la collabo-razione fra i giovani artisti Israeliani ePalestinesi?La cultura può fare molto, può aprirele menti e i cuori, costituire una alter-nativa. Io ho anni di esperienza inquesto genere di cose. Ma la culturanon può operare nel vuoto. Il solomodo per realizzare il cambiamentoè che ogni individuo si assuma la pro-pria personale responsabilità per ilsuo futuro. Se fosse per me, saremmotutti a marciare per le strade, milioni,come ai tempi di Ghandi o di MartinLuther King. Questo è quello di cuiabbiamo bisogno. Dobbiamo chie-dere a gran voce il cambiamento! Gliartisti possono essere da guida suquesta strada, possono aiutare ilsogno dandogli voce, ma è il popolo,la gente normale, non solo i leader,che devono fare il lavoro.

Intervistaalla cantanteisrealianain tour in Italia

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Registrazione del Tribunale di Firenzen. 5894 del 2/10/2012

direttoresimone silianiredazione

sara chiarelloaldo frangioni

rosaclelia ganzerlimichele morrocchiprogetto graficoemiliano bacci

editoreNem Nuovi Eventi Musicali

Viale dei Mille 131, 50131 Firenzecontatti

www.culturacommestibile.comredazione@[email protected]

www.facebook.com/cultura.commestibile

“ “Con la culturanon si mangia

Giulio Tremonti

RIUNIONE DI FAMIGLIA

mentare democratico si estende all'area bal-canica, dopo l'incontro con il ministro delladifesa montenegrino Milica Pejanovic Duri-sic, a Pisa dove ha inaugurato la sede dell’as-sociazione culturale Italia-Montenegro (quiin foto): bisogna includere entro il 2015 ilMontenegro in Europa perché si sa, dopomangiato un bell'amaro ci sta bene.

Instancabile globe-trotter e raffinato stra-tega internazionale,il presidente della De-legazione Italiana presso l'Assembleaparlamentare della Nato, nonché Vicepre-sidente della Commissione Affari esteridella Camera dei Deputati, al secolo An-drea Manciulli da Piombino, è stato il pa-drino di una tanto fondamentale quantomisteriosa riunione del GSM NATO Me-diterraneo e Medio Oriente tenutasi in Ita-lia nei giorni scorso. Apodittico, eppureirrinunciabile, Manciulli dichiara urbi etorbi: “È importante che l’Italia ospiti ilGSM NATO Mediterraneo e MedioOriente in questo momento delicatissimo.Ed è significativo che il dibattito si tenga aCatania, in Sicilia, la più mediterraneadelle regioni”. Che sagacia strategica! Pareereditata dal suo antenato Andreas vonManciulsewitz, che con grande lungimi-ranza, pare sia l'autore di un presagio chedal Settecento arriva dritto al XXI secolo:“Spesso è assai difficile dire, nel caso con-creto, dove termini la forza di carattere ecominci la testardaggine”.Dopo aver regolato i conflitti secolari delGolfo di Baratti e contribuito a spegnere ibollenti spiriti (e forni) di Piombino, ora ilManciulli del XXI secolo è impegnato suipiù delicati fronti della diplomazia glo-bale. Così lo abbiamo visto risolvere bril-lantemente i conflitti in Afghanistan e inSomalia a seguito dell'incontro con i lororappresentanti all'ONU, Jan Kubis e Ni-cholas Kay, durante la 69° Assemblea Ge-nerale delle Nazioni Unite del settembrescorso, insieme ad un manipolo di intre-pidi negoziatori qui ritratti accanto a lui.Del resto l'auspicio del diplomatico parla-

LE SORELLE MARX

A salvare i grillini a Strasburgo è arri-vata la cavalleria polacca: al gruppo delParlamento Europeo cui aderiscono i 5Stelle – “Europa della Libertà e dellaDemocrazia Diretta”, ça va sans dire –aveva perso la deputata lettone IvetaGrigule e con lei il numero minimo performare un gruppo (che vuol dire, risorseeconomiche, umane e strumentali, ri- çava sans dire), ed ecco un cavaliere senzamacchia e senza paura accorrere in soc-corso: Robert Jaroslaw Iwaszkievicz. Ilbuon Jaroslaw si è fatto subito notare peressere uomo di larghe vedute. Nell'inter-vista ad un quotidiano polacco si è dettorammaricato di non aver mai picchiato ifigli, ma solo sculacciati: se lo avessefatto questo “avrebbe rafforzato il lorocarattere e li avrebbe resi capaci di com-portarsi meglio in situazioni di crisi”.Magari li avrebbe difesi anche dai rigidiinverni polacchi, chi lo sa? E poi anchealle donne qualche bel ceffone le avrebbe

aiutate a “tornare con ipiedi per terra”. Che uomo! C'è da im-maginarsi la riunione dei leader delgruppo: Iwaszkievicz, Grillo e Farangein un pub fra birra, rutti e infamie con-tro gli euroburocrati e l'euro (di cui, tut-tavia, non hanno schifo ogni 27 delmese). Nel suo programma Iwaszkieviczha la riabilitazione delle pena di morte;noi ci accontenteremmo del ripristinodella sculacciata educativa, ma per certiparlamentari europei.

I CUGINI ENGELS

Il cavaliere polaccoAtlantismo piombinese

Di personaggi bizzarri eran pieni ibar di paese per cui non si capisceperché in quel grande bar sport vir-tuale che è twitter non debba essercosì. Il problema è che allo spacconeda bar normalmente non si davanoincarichi di responsabilità nemmenonel consiglio della casa del popolo, fi-gurarsi se si facevano diventare depu-tati e persino ministri. Invece aMaurizio Gasparri han fatto faretutto questo, ignorando le teorie diLombroso, e il comune buonsenso.Una volta sbarcato su twitter, inca-pace di distinguere il ruolo istituzio-nale da quello del bullo da tastiera,ha inteso attaccarbriga con più omeno chiunquesi incrociassecol suo ac-count. Ha of-feso interenazioni (l’Inghil-terra dopo la partitadella nazionale agli ultimi mondiali),personaggi pubblici ma soprattuttoprivati cittadini. L’ultimo caso unaragazzina che aveva difeso il suoidolo, il rapper Fedez, precedente-mente attaccato dal parlamentare,apostrofata per la sua figura nonesile. Certo si potrebbe pensare aduna precisa strategia di comunica-zione di Gasparri, che dietro questesue esternazioni ci sia studio, tattica,movente; invece temiamo proprio chesi tratti di un disvelamento di un in-dole da bullo che la grisaglia parla-mentare aveva tenuto a bada e cheriemerge di fronte alla tastiera. Impe-riosa e implacabile come il braccio diPeter Seller ne il Dottor Stranamore,che si tende automaticamente a com-porre il saluto romano. Insomma sic-come presumiamo che persinoGasparri abbia qualcuno che a luitiene, gli tolga la connessione internete gli sequestri lo smartphone. Propriocome si fa ai bulletti in erba.

LO ZIO DI TROTSKY

LA GEOPOLITICA DI EUGENIO

Il bullodel paesevirtuale

Remarquable initiative

Una guida che proprio ci voleva: “Fans clubs” indica tutti i luoghi in cui gli affetti da ipo-condria si troveranno a loro agio. In primo luogo l'elenco dei medici che assecondano esviluppano i sintomi che vengono loro riferiti dai pazienti. Lo fanno con una disponibilitàche da l'impressione che credano proprio al dolore narrato, anzi lo spiegano e, natural-mente, rassicurano, la malattia è sì fastidiosa, ma non grave. Parlano, al bisogno, con i pa-renti stretti del “malato” e li pregano di prendere in seria considerazione il suo stato disalute, esagerandone la gravità. I compiacenti medici sanno benissimo che il malato è im-maginario. Categoria di persone che stanno bene solo se stanno male. L'autore indica poile farmacie dove chi è di là dal banco è così deliziosamente cortese da far uscire il “benca-pitato” con molte più medicine di quelle prescritte. Contentissimi lui e il farmacista. Infinec'è l'elenco dei luoghi, molto esclusivi, dove solo ipocondriaci, e ben selezionati, possonoavere accesso: veri luoghi di piacere dove si scambiano impressioni sulle fantastiche pato-logie che ognuno pensa di avere, dove è possibile scoprire malattie finora non temute, nondiagnosticate o sconosciute, aggiungendo serenità alla consueta preoccupazione di esseretroppo in buona salute.

Finzionariodi Paolo della Bella e Aldo Frangioni

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di John Stammer

Il quartiere di San Lorenzo a Firenzeè oggi spesso raccontato sulle crona-che cittadine. E lo è spesso più per isuoi problemi che per le sue opere

d’arte. Si parla infatti del braccio di ferrofra il Comune e i gestori delle bancarelle,che non vogliono spostarsi in altra sede,dell’infinita storia del “recupero” dell’exconvento di Sant’Orsola, e di alcuni in-terventi recentemente realizzati nella vec-chia struttura del Mercato Centraleprogettato dal Mengoni un secolo emezza fa.Il quartiere è uno dei luoghi centrali dellaFirenze Medicea. Qui non solo c’è il pa-lazzo di famiglia in via Larga (ora via Ca-vour), non solo ci sono le tombe difamiglia (nelle cappelle con le sculture diMichelangiolo, ma ci sono anche la bi-blioteca ( con la scala di Michelangiolo)e la basilica laurenziana. Insomma è ilquartiere dove i Medici avevano coltoconcentrare i “loro” luoghi di maggiorerappresentanza fno ad arrivare al CasinoBuontalentiano. Questo quartiere è, dadiversi anni, un luogo di confine fra lacittà aulica e turistica e il retro urbanodella stazione di Santa Maria Novella. E’un quartiere dove si manifesta, più che al-trove, la complessità della contempora-neità e dove il convivere urbano fradiverse culture conosce un importanteterreno di sperimentazione, che eviden-zia anche le crescenti difficoltà di questacondizione urbana.Un contesto delicato, un quartiere difrontiera dove sono stati avviati, nel re-cente passato, studi innovativi nel campodella ricerca sociologica e dell’architet-tura. Per gli aspetti sociologici MirellaLoda ha svolto un importante studio su“Morfologia sociale, comportamenti diconsumo e domanda di città nel quar-tiere di San Lorenzo a Firenze” (StoriaUrbana n°113,anno 2006). Lo studio evi-denzia in particolare come il quartiere(ma in parte questa considerazione valeper l’intero centro storico della città) siasoggetto, più che a un decremento demo-grafico, ad un vera e propria sostituzionedei residenti tradizionali con nuove com-ponenti sociali. Un fatto di per sé non ne-gativo ma che può ingenerare rischi perla coesione sociale. Che infatti puntual-mente si sono verificati. Questa conside-razione, verificata anchesperimentalmente dalla ricerca che evi-denzia come gli effettivi residenti nelquartiere siano circa il 25% in più diquelle censiti ufficialmente all’anagrafecittadina, comporta una strategia di ri-sposta che punti anche sulla qualifica-zione del contesto urbano. In questadirezione si è sviluppata un’altra ricerca,svolta con il coordinamento di GiuseppeAlberto Centauro, sulle caratteristiche delsistema urbano. Di questo studio è parti-colarmente interessante l’approfonditaanalisi morfologica e delle trasformazioniedilizie (realizzata attraverso un’innova-tiva lettura dei dati catastali) e l’allesti-mento di un abaco delle tipologie dellefacciate e dei colori, che costituisce un va-lido contributo non solo alla ricostru-zione della “immagine” del quartiere, maanche un metodo applicabile all’intero

PICCOLE ARCHITETTURE PER UNA GRANDE CITTÀ

I coloridi San Lorenzo

centro storico. Questo studio sui colori della città, ri-corda a tutti che la città monocromaticaè un’invenzione dell’età moderna. Bastasolo “guardare” le immagine delle cittàrappresentate negli affreschi e nei dipintidel passato per averne conferma. E ci ri-corda citando G.A.Centauro che “ I co-lori dell’architettura realizzano anche i

colori della città, svolgendo un ruolo fon-damentale nei processi identificativi eculturali dei diversi insediamenti umani”.La riscoperta di una città “colorata” e di-pinta può essere un elemento che aiutaanche a migliorare la qualità del vivere ur-bano, in quanto ne migliora i processiidentitari. Dallo studio sono emersi valu-tazioni e documenti che sono lasciati al-

l’attenzione di chi, in futuro, avrà a cuorel’interesse per la città e per il quartiere diSan Lorenzo. In particolare si riportanoqui alcune tavole dello studio che eviden-ziano il senso cromatico di alcune cortineedilizie, gli aspetti compositivi e formalidi alcune facciate, oltre alla bellissima fac-ciata dipinta del Palazzo Benci in PiazzaMadonna degli Aldobrandini.

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cose al mondo, l’artista reinventa il pro-prio linguaggio pittorico, facendo delframmento un punto di partenza, unavia di fuga e un ancoraggio dal qualemuoversi in direzione e prospettivesempre diverse.Frammenti aurei è un climax ascen-dente e una parafrasi del sentire quoti-diano, in cui lo spettatore può riflettersiper trovarsi in un intimo specchio, lon-tano dalla complessità contempora-nea, a cui affidare le più inconfessabilisensazioni, in un dialogo intimo e unviaggio estetico dal gusto diaristico.

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Nel corso della sua attività arti-stica, Elisa Zadi è stata in gradodi donare allo spettatore laforte sensazione di immergersi

visivamente in un mondo interiore,denso di opportunità comunicative,espressive e sensoriali. La sua intimacomplessità si offre alla tela, comespinta esistenziale a una completa ade-renza al mondo e al sentire quotidiano,in un luogo in cui le distanze fra pub-blico e privato si annullano, in virtù diun tacito dialogo e di una concreta ecoerente comunione universale e spi-rituale con l’altro. Frammenti aurei è l’opera dell’artistache supera la tradizionale bidimensio-nalità del quadro, procedendo in mododinamico – ossia evolvendosi verso l’al-tro in una spirale logaritmica – alla sco-perta di verità misteriose, ignote,spesso nascoste, e difficilmente com-prensibili. La citazione della sezioneaurea rispecchia la ricerca di perfezionee armonia, che l’artista indaga nell’attoe nell’attimo stesso della creazione pit-torica, con quelle semplici pennellatedi colore, di luce e contorni che carat-terizzano il suo personalissimo stile. Losguardo allo specchio – da cui deriva ilritratto – scruta nell’orizzonte più scon-finato dello spirito umano e nella telarivive in tutta la sua energia vitale.Tempo e Spazio si amalgamano e siconfondono nell’attimo della medita-zione e della contemplazione: il Tuttosi articola in un assemblaggio dinamicoed evolutivo che richiama il cambia-mento, in quanto scoperta e continuainvestigazione di sé, del mondo e del-l’attuale epoca contemporanea. Nelmomento in cui tutto cambia a una ve-locità tale da rendere il quotidianociclo vitale caotico, quasi a perdersi epercepirsi solo nella staticità e nellamancanza di una piena aderenza delle

di Laura [email protected]

ISTANTANEE AD ARTE

In alto Frammenti Aurei, in mostra aQuadro 0,96 a Fiesole, via del Cecilia4 fino al 25 novembre. Al centro ElisaZadi e Giulia Huober - Le vie di Mi-chelangelo - Palazzo Medici Riccardi– Firenze. A fianco un particolaredell’opera

Frammenti

aurei

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.7C.com OCCHIO X OCCHIO

di Danilo [email protected]

Nella vita (e nell’opera) di ogniserio professionista intellettualeesistono sempre almeno duevolti, due aspetti, due modi di

esistere diversi e talvolta contraddittori.Da una parte c’è il lavoro (talvolta anchecreativo) svolto per conto dei commit-tenti, dei clienti, o comunque di unpubblico pagante. Dall’altra parte c’è illavoro (spesso ancora più creativo)svolto per noi stessi, senza incarico,senza scadenze, senza contratto, soprat-tutto senza vincoli, e senza l’ansia di do-vere in qualche modo accontentare (oper lo meno incontrare) il gusto, le esi-genze e l’approvazione di qualcuno. I fo-tografi, in quanto professionistiintellettuali, non fanno eccezione, anzi.Avere fra le mani uno strumento poten-zialmente creativo come la fotocamera,e doverlo utilizzare per registrare gliaspetti visibili di un mondo che non èil loro e che non gli appartiene, apparespesso insopportabile. Così molto foto-grafi utilizzano il proprio strumento edil proprio tempo libero per quelle “ri-cerche personali” che magari non sonosufficienti per sopravvivere, ma che rie-scono a dare un senso alla vita. LouisFaurer (1916-2001) è uno di quei per-sonaggi che trovandosi per le mani unafotocamera ed una serie di relazioni im-portanti, inizia nei primi anni Quarantaa fotografare la moda per riviste comeHarper’s Bazaar, Vogue, Mademoisellee Glamour, ma anche Look e Life, econtinua questa attività per una ventinadi anni. Amico di Robert Frank e diWalker Evans, Faurer sviluppa in paral-lelo le proprie “ricerche personali” vaga-bondando per le strade di Philadelphia,sua città di origine, e per quelle di NewYork, sua città di adozione fino alla finedegli anni Sessanta, quando comincia apreferire città come Parigi, abbando-nando la fotografia professionale per de-dicarsi all’insegnamento. Le sue“ricerche personali” si fermano definiti-vamente nel 1984, quando rimane coin-volto in un incidente stradale e decidedi smettere di fotografare. Nel suo errarefotografico Faurer esperimenta a fondoi diversi aspetti del linguaggio fotogra-fico e delle sue possibili applicazioni, dalmosso ai riflessi, dalla grana alle doppieesposizioni, dalla luce ambiente ai di-versi tipi di pellicola, fino alle diverse eraffinate tecniche di stampa. Oggi Fau-rer, piuttosto che per le sue foto dimoda, all’epoca abbastanza poco con-venzionali, è conosciuto per le sue im-magini scattate nelle strade, immaginiche sono incentrate sull’umanità, suipersonaggi, sulle figure che passano, so-stano, si incontrano o si scontrano nel-l’ambiente urbano. Immagini talvoltacrude, un poco malinconiche, forte-mente caratterizzate psicologicamente,quasi sempre evocative di una esistenzain bilico fra la solitudine e la frenesiadella vita, fra il movimento di persone,auto, insegne luminose, cinema, vetrineilluminate, e la individualità esasperatadi personaggi sempre poco coinvolti,quasi estranei, ripiegati su se stessi. I per-

sonaggi di Faurer sono gente comune,passanti anonimi, talvolta coppie beneo male assortite, coppie di gemelli, pic-coli gruppi di persone in atteggiamentimai troppo definiti, creature crepusco-lari o notturne, figure che apparten-gono all’ambiente urbano, così comeappartengono allo sguardo del foto-

grafo che lentamente le fa uscire dallasemi oscurità di cui si nutrono peresporli alle luci fredde dei neon. Nonlavorando per i giornali, né in vista dipubblicazioni, esposizioni, fotolibri omostre (a cui tuttavia partecipa) , Fau-rer realizza immagini del tutto perso-nali, dotate di uno stile individuale, che

non mancano di influenzare i fotografisuoi contemporanei e quelli più gio-vani. Per molti Faurer è stato un mae-stro, ma più che un maestro difotografia, un maestro di coerenza. Per-ché ancora prima di essere un foto-grafo, ha dimostrato di essere un uomolibero.

doppio voltoLouis Faurer

Ildi

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.8ICON

vare pietre o fiori particolari, mi affasci-navano i colori e le forme, capire comepotevo fare a ricrearli con la stessa lucen-tezza. Il seme va bollito, il fiore va essic-cato, la pietra schiacciata e la terramacinata. Alcune materie prime le rac-colgo durante i viaggi all’estero. Anchenei nostri boschi ci sono tanti colori cheattendono solo di essere scoperti. E’un’emozione unica veder spuntare unanuova tonalità dopo mesi di ricerca". Ad oggi sono oltre 130 i colori scopertida Vidà, che vengono estratti dai pig-menti presenti in natura nel laboratorioaperto al pubblico a Gaiole in Chianti(Castello di Meleto).Dal 2005 a oggi l’artista ha partecipato anumerose mostre collettive e personaliin Italia e all’estero: Firenze, Milano,Capri, Parigi, Reims, Dortmund sonosolo alcune delle tappe. L’artista è in con-tinua evoluzione e sperimentazione ditecniche e materiali nuovi, per questo lasua arte è avanguardista senza allonta-narsi troppo dal classicismo del suobackground culturale. I temi da lui trat-tati sono quelli che ci accompagnano peruna vita intera: l’amore, la vita, la pas-sione, l’arte stessa che diventa soggettodei suoi quadri, la natura che incon-triamo in tutte le sue manifestazionicome il vento, la pioggia, la tempesta, lamareggiata…L’artista non è spettatoredel mondo, ma ne è immerso e lo vive apieno cogliendone tutte le sue espres-sioni. Le sue opere sono sempre visiona-bili presso il “Bar Cristina” (via Pisana274 - Scandicci) oppure sul sitowww.thevida-art.it.

“Perchè un pittore toscanoespone i suoi quadripresso un’enoteca diDortmund?”

Qesta è la prima domanda che ha rivoltoun giornalista a Davide Vinattieri, in arteVidà, durante l’inaugurazione della per-sonale all’ Enoteca Villa Grimaldi di Dor-tmund. Vidà ha risposto: “grazieall’amicizia con Vincenzo (titolare del lo-cale) e alla Toscanità”. Ebbene, sì perchèVincenzo, innamorato della Toscana,dopo aver conosciuto Davide non volevaproprio farsi sfuggire l’occasione di “im-portare un nuovo prodotto” da far cono-scere ai suoi concittadini tedeschi. Da quinasce l’idea della mostra personale .Dopo il Bistrot “Les Halles” di Reims,un’ enoteca tedesca, luoghi nuovi dovepoter far conoscere le opere di Vidà adun pubblico non canonico, forse menoesperto, ma indubbiamente attento e cu-rioso. Davide Vinattieri, in arte Vidà, artista to-scano, intuitivo, autodidatta. Il suo per-corso è iniziato dalla passione per illegno. A lungo ha prodotto artigianal-mente oggetti di arredo ispirati alle vec-chie forme della tradizione italilana, cheha cominciato poi ad arricchire con de-corazioni varie mettendo infine su tela leimmagini che la sua fantasia gli suggeriva. L’arte di Vidà si fonda su un’attenta ri-cerca del colore. Ogni elemento presentenella natura è per l’artista fonte di ispira-zione e materia prima da cui estrarresempre colori nuovi, sfumature inesplo-rate da liberare su tavole di legno. "Tutto è partito dalla ricerca del colore.Da bambino ho sempre cercato di sco-

Pare si chiami anche picchiotto, maanche “battaglio”, “mazzapicchio” e“bussarello”, tutti nomi suggestivi dellasua destinazione d’uso, battere ad unaporta chiusa per segnalare e presenza edesiderio che essa ci venga aperta. Que-sto nostro è all’incirca di metà ‘800 edha il leone in ghisa e l’anello in ferro.Pare che esistessero anche in epocagreco-romana, inizialmente di formemolto semplici, hanno acquisito nei se-coli, soprattutto dopo il ‘400, valenzesempre più decorative ed artistiche, neesistevano esemplari di ferro finementescolpiti ed elaborati. Nell’800 si diffon-dono quelli in ghisa che rappresentanofigure di animali, meduse o elementidecorativi di ispirazione egiziana.Molto in uso anche,successivamente, larappresentazione della mano nell’attodi battere. Poichè a loro si è da sempreattribuita una magica funzione di prote-zione della casa da spiriti maligni e ma-locchi, spesso venivano scelti soggetticon espressioni minacciose o animaliferoci. Il nostro infatti è un leone. Laghisa è una lega ferrosa che, grazie allasua maggiore resistenza alla ruggine, èstata impiegata per la costruzione di ar-redi urbani e decorazioni esterne dellecase, panchine, cancellate, ringhiere.Fra i vari Musei della Ghisa, ove anche i

battenti fanno bella mostra di sè, scelgodi parlare del MAGMA di Follonica, ri-cavato nell’edificio che fu l’Altofornoche ha visto passare tutto il ferro del-

l’Elba e che si chiama di San Ferdi-nando, nei suoi tre piani si trovano,oltre ad una collezione di bellissimi edelaborati oggetti, due altri percorsi che

Battente narrano storia del luogo e del lavoro chevi si svolgeva. In milanese “el ghisa” è ilVigile Urbano, forse per la divisa nera,come la ghisa o per uno stemma dighisa sul cappello o per la forma cheesso aveva nel 1860, un alto cilindro si-mile ad un tubo di ghisa. Sempre gio-cando con le parole si chiamano“battenti” ,perchè camminando scalzibattono i piedi a terra in modo ritmato,quei fedeli che, il Lunedì dell’Angelo,percorrono le strade che conducono alSantuario della Madonna dell’Arco, nelComune di S.Anastasia vicino a Napoli.Essi sono vestiti, come da antichissimatradizione, completamente di biancocon una fascia azzurra che reca il voltodella Mamma Celeste a tracolla ed unarossa, cioè del colore del sangue uscitodalla sua ferita al volto, in vita. Il cam-mino per moltissimi inizia a nottefonda e il sacrificio del pellegrinaggio èvolto a ringraziare la Vergine di unaqualche grazia ricevuta. Questa tradi-zione nasce nel 1460 quando, si narra,nel corso di un litigio fra due giocatoriuno di essi scagliò via con forza la suabiglia che andò a colpire il volto dellaMadonna di un vicino tabernacolo cheiniziò a sanguinare dalla ferita. Il tiglio acui il reo doveva essere impiccato seccòall’improvviso...La ricchezza di eventisacri e presagi indicò l’opportunità dipresevare e glorificare con adeguatoSantuario la miracolosa immagine....

a cura di Cristina [email protected]

BIZZARRIA DEGLI OGGETTI

Dalla collezione di Rossano

Da Scandiccia Dortmund

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.9C.com VISIONARIA

di Simonetta [email protected]

Il 27 ottobre si inaugurerà a Parigila nuova sede della Fondation LuisVuitton al Bois de Boulogne. Unevento importante perché l’edifi-

cio progettato dall’architetto FrankGehry viene già considerato uno deifuturi simboli della città al pari dellaTour Eiffel o della Piramide del Lou-vre. La mostra di apertura sarà ap-punto dedicata allo straordinarioprogetto architettonico con un per-corso visuale e sonoro che parte daiprimi schizzi fino ad arrivare ai mo-delli che, stagliati su uno sfondo nero,daranno la sensazione di galleggiare inun ambiente liquido.Frank Gehry, visionario architettonato nel 1929 in Canada, è uno deimaggiori esponenti del decostrut-tivismo caratterizzato da un processodi scomposizione degli edifici in unitàvolumetriche ricomposte poi tra loroin un’apparente illogicità. I risultati perquanto riguarda Gehry sono dirom-penti: parallelepipedi sospesi nelvuoto, geometrie “arruffate” che sem-brano sfidare la forza di gravità, solu-zioni volumetriche avveniristiche osemplicemente sorprendenti come“La casa danzante” a Praga dove tuttol’edificio sembra seguire, in mezzo allealtre facciate banalmente immobili, ilritmo sfrenato di una musica o ilmuseo Guggenheim, incredibile co-struzione rivestita in titanio che hatrasformato l’anonima Bilbao nella se-conda città turistica della Spagna. Nel2007 il regista Sydney Pollack gli hadedicato un documentario dal titoloFrank Gehry creatore di sogni. Natural-mente sarebbe impossibile arrivare aquesti risultati senza la possibilitàdella progettazione virtuale. Per la co-struzione della Fondation Luis Vuit-ton l’assemblaggio dei 3.600 pannellidi vetro e dei 19.000 pannelli di ce-mento sono stati simulati durante laprogettazione utilizzando tecnichematematiche e modelli digitali 3D ot-tenuti attraverso un nuovo software el’impegno del team dell’architetto dioltre 400 persone tra tecnici, inge-gneri, informatici...Del resto la sfidatecnologica di Gehry, nei 11.700 mq.a disposizione, era questa volta rivo-luzionare l’uso del vetro per crearecon 12 enormi vele una nave di lucesulle quali riflettere il giardino acqua-tico dell’ingresso, gli alberi del boscoe i cambiamenti di luminosità duranteil giorno. All’interno un jardin d’accli-matation, romantica citazione degliedifici in vetro con giardino della tra-dizione del XIX secolo, e le sale espo-sitive nelle quali le opere si integranoal paesaggio circostante ben visibiledalle grandi vetrate. L’edificio è statoclassificato HQE, Alta qualità am-bientale, perché risponde a tutti i 14requisiti di bioedilizia (scelta dei ma-teriali, armonizzazione con l’am-biente, riduzionedell’inquinamento...) che vengono ri-chiesti per ottenere questo ambito ti-tolo. Un gioiello architettonico voluto

dalla Fondation che porta avanti il suomecenatismo industriale per promuo-vere l’arte contemporanea da oltre 20anni. Dal 2006, prima di questoenorme salto di immagine, gli artistivenivano presentati in raffinate mo-stre nell’ Espace Culturel, al settimopiano dell’edificio sugli Champs Ely-sées dove si trova la boutique storicadi Luis Vuitton, aperta nel 1913. Perarrivare all’Espace, mimetizzato dietroun enorme specchio, c’era il memora-bile ascensore ideato da Olafur Elias-son, star dell’arte contemporanea,intitolato La perdita dei sensi. Nell’in-tenzione dell’artista il breve tragitto dipoche decine di secondi nell’ascen-sore, insonorizzato dalle pareti nere,completamente immersi nel buio do-vevano invitare alla riflessione sul con-trasto che si svelava all’arrivonell’accecante luminosità dello spazioespositivo. Chissà se Eliasson si è ispi-rato all’esperienza mistica creata dacerti antichissimi stupa birmani dovechi entra è costretto a procedere inuno spazio angusto completamente albuio per poi arrivare in un largo am-biente inondato dalla luce del sole. Inqualche caso il passato veramente re-moto continua ad avere qualcosa dainsegnare...

Vuitton: la nave di luce

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.10LUCE CATTURATA

di Alessandro [email protected]

MUSICA MAESTRO

Nel panorama musicale italiano tro-viamo molti pianisti che vengono defi-niti “di frontiera”, cioè caratterizzati dalinguaggi che rifiutano le etichette: arti-sti eterogenei come Remo Anzovino,Ludovico Einaudi e Fabrizio Otta-viucci, tanto per fare qualche esempio.Sebbene si tratti di un panorama domi-nato dalle figure maschili, esistonoanche diverse donne che non devonoessere trascurate. Una di queste è Ales-sandra Garosi, pianista e compositricedi solida formazione classica, semprespinta dalla curiosità e dall’apertura neiconfronti dei linguaggi più diversi. Nelpassato prossimo della musicista senesespicca una delle esperienze più lumi-nose degli ultimi vent’anni, quella delgruppo cameristico Harmonia Ensem-ble, attivo dal 1992 al 2008. Nato come trio, questo la vedeva ac-canto ad altri musicisti di ottimo livellocome Orio Odori (clarinetto) e Da-miano Puliti (violoncello). Con Ulixes(Materiali Sonori, 2002), realizzato in-sieme a una fanfara macedone, la Ko-cani Orchestar, si aggiungeva ilbatterista Paolo Corsi.Nei nove CD pubblicati l’HarmoniaEnsemble non ha proposto soltantomateriale proprio, ma ha rielaboratocon gusto quello di compositori molto

diversi: da Nino Rota a Roger Eno, daFrank Zappa a Gavin Bryars. Dopo loscioglimento del gruppo AlessandraGarosi ha imboccato con decisione una

strada molto interessante che si è dira-mata in varie direzioni. Insieme all’at-trice teatrale Lorella Serni ha realizzatoil CD Teresa Wilms Montt. Diario(EMA, 2009), dedicato alla scrittriceanarchica cilena del primo Novecento.Ha soggiornato più volte in Australia,dove ha collaborato con vari musicistilocali.

Al tempo stesso, però, non ha perso ilgusto di misurarsi con l’opera di altrimusicisti, come faceva al tempodell’Harmonia Ensemble.

Lo conferma Chansons et ca-rillons (EMA, 2014), dove lapianista rielabora musiche diGiorgio Gaslini. In genere sitratta di pezzi tratti dal suorepertorio più recente emeno legato al jazz. Sulla co-pertina si nota un dettaglioeloquente: il nome di Ales-sandra Garosi non compare.Lo si legge sul retro, ma ac-canto a quello degli altri mu-sicisti, senza che abbia unrilievo particolare. Al contra-rio, il nome di Gaslini è sem-pre in evidenza. In unmondo dove tanti musicisti

si affannano per apparire, la modestia èun’espressione di stile.Accanto ad Alessandra troviamo unbatterista jazz (Paolo Corsi), una can-tante legata al repertorio popolare(Francesca Breschi) e un flautista clas-sico (Stefano Parrino). Questa varietàstilistica è un omaggio alla “musica to-tale” teorizzata e praticata da Gaslini,

come a sottolineare che esiste una fortesintonia fra i due musicisti. All’iniziale “Les carillons fou”, fatta dibrevissime pennellate, Garosi rispondecon “Le carillon perdu”, quattro com-posizioni originali perfettamente into-nate all’architettura complessiva deldisco. Nella parte finale, “Le voyage”, spicca labatteria di Corsi.La “Suite elisabettiana”, con testi di au-tori inglesi dell’epoca, viene proposta inuna versione più breve rispetto all’origi-nale. La voce di Francesca Breschi passacon disinvoltura dal canto popolare aquello di sapore rinascimentale. Umorijazz e classici si rincorrono e si intrec-ciano fecondamente in vari brani.Un musicista serio e appassionato nonsmette mai d’imparare. Dopo il primomaestro, quello dal quale apprende i ru-dimenti della musica, ne trova semprealtri. A quel punto non si tratta più dimaestri in senso stretto, ma di fratellimaggiori. È proprio questo lo spiritocon cui la pianista si è accostata algrande jazzista milanese. Chansons et ca-rillonsnon è soltanto il frutto di unostudio attento, ma anche un omaggiosincero che nasce dal cuore.

Un omaggio che nasce dal cuore

di Stefano [email protected] I confini dei luoghi

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.11C.com

Non sono frequenti le belle no-tizie nel campo del teatrocome in quello dell'editoria,per cui il numero zero della

nuova rivista trimestrale della Fonda-zione Toscana Spettacolo, “Il teatro eil mondo”, è una festa. Una rivista chea noi di “Cultura Commestibile” è ap-parsa subito simpatica perché nell'edi-toriale del direttore Curzio Malteseabbiamo sentito toni e concetti a noifamiliari, come quando si propone di“trasformare la retorica del petrolioitaliano in atti concreti legislativi perfavorire lo sviluppo della più granderisorsa di cui gode il nostro paese”.Una rivista di teatro per quel “mondosenza limiti” (Sara Nocentini) nelquale gli spettatori in un anno sonopiù di quelli che seguono la serie A dicalcio e nel quale lavorano oltre 250mila addetti. Eppure un mondo“altro”, ritenuto lontano, irreale, lon-tano dalla vita quotidiana, astruso avolte, un sogno; ma forse proprio perquesto così affascinante, indistrutti-bile, necessario. La rivista trimestraleintende addentrarsi in questo mondo“altro” per renderlo vicino, aperto, ac-cogliente, senza che se ne perda lamagia. Nell'occasione del 25° dellaFondazione Toscana Spettacolo, essasi dota di un altro strumento per com-piere la sua missione di infrangere lebarriere fra il teatro e il territorio, lepersone e i non-spettatori, come pro-grammaticamente spiega in un bel-l'editoriale la presidente BeatriceMagnolfi: non solo per i 180.000 spet-tatori della stagione 2013-2014, masoprattutto per loro, i “lontani” che de-vono essere contagiati “col vizio delteatro”. C'è bisogno di ricostruzioneculturale, scrive Magnolfi, e nessuno– neppure la teatralmente colta e po-polare Toscana – può chiamarsi fuoriperché in questi anni di crisi e disim-pegno dei soggetti pubblici dall'impe-gno diretto in cultura, il teatro puòinvece costituire l'antidoto, un biso-gno primario non un lusso perché pri-maria è la necessità di una capacità diriflessione critica sul mondo in cui vi-viamo. Appunto, il Mondo contempo-raneo, la sua complessità, le suecontraddizioni eppure la sua estremavitalità, anche a latitudini lontanedalle nostre: il teatro è ancora uno deipochi alfabeti in grado di operare una“trascrizione critica del contempora-neo”, per consentirci qualche parzialeeppure profonda forma di compren-sione di questo mondo, soprattutto“qui ed ora, di fronte alla dittatura deltempo reale che sembra aver banditola complessità”.Così, il numero zero ci presenta unabella intervista di Gabriele Salvatoressulla sua esperienza, passione, allonta-namento e annunciato prossimo ri-torno al teatro; Alvaro Piccardi,testimone diretto, rievoca i tempi dellaBottega Teatrale di Gassman a Fi-renze; Nicola Piovani delle difficoltàdel teatro musicale in Italia e di espe-rienze nuove come il Valle Occupato

ICON

di Simone [email protected] Il teatro il mondo

E’ notte Lesbia. Ma non dormo. Pensavo: è morto il pas-sero! Mi è dispiaciuto tanto. Non vorrei mai vedere iituoi occhi rossi di pianto. Anche il leprotto ha intrapresola via dell’Ade. E la pernice non è più fra noi. L’usignologiace ai piedi della quercia e solo ieri avevo posato duefiori gialli sulla tomba del mio grillo. E una rosa su quelladella tua cicala. A proposito di cicala, quando ci ve-diamo? Ti penso sempre. In modo ellenistico s’intende.Quando ero più giovane, i carmi calmavano le mie pul-sioni. Quanti carmi mi sono fatto pensando a te, Lesbia!Anche più di cinque ogni giorno. Mi avevi detto che mipreferivi a Giove, e invece mi hai tradito! Stronza! Quemnunc amabis? Quem basiabis? Cui labella mordebis?Ah! Sono fragili le promesse degli amanti! Lo so. Sonoscritte sul vento. Sull’acqua che scorre. Anche Ciceroneha parlato male di te, Lesbia. Quel vecchio trombone!Quindi, deinde, ti amo e ti odio ma ti ho perdonato. Vi-vamus. Amemus. Cosamus. E allora dammi mille baci,poi cento, poi altri mille, poi ancora cento, deinde mille,poi centum, mille, centum…siamo a quattromilaquat-trocentum…deinde usque altera mille, deinde cen-tum… e siamo a cinquemila seicentum…sono stancodi contare baci e pecorine…tanto non dormo…tuo…Catullo.

Tuo…Catullo

di Massimo [email protected]

SCAVEZZACOLLO

e

a Roma; Manuela D'Angelo ci pre-senta un teatro sconosciuto ai piùnella periferia di Toscana, il “Gu-glielmi” di Massa; Gabriele Rizzapone a confronto generazioni lontanedi “teatranti”; Emilio Campolunghi ciporta a conoscere il teatro contempo-

raneo austriaco.Una rivista necessaria, da leggere dav-vero (sia online che su carta), viva e at-tiva, che rappresenta una realtàpulsante, in continuo fermento comeancora oggi è il teatro, nonostante ladieta dimagrante impostagli, come a

tutta la cultura, in questo schizofre-nico paese che dichiara ipocritamentepetrolio una cosa e poi la lascia mar-cire in fondo al pozzo. Alla Fonda-zione Spettacolo Toscana e alla suarivista i nostri auguri di buona e lungavita.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.12

17 ottobre 2014, Roma. Due auto di-strutte da un incidente, nel cuore dipiazza Montecitorio, riprendono vitagrazie ai colori degli studenti. E con lorodue pittrici di eccezione: la presidentedella Camera, Laura Boldrini, e la presi-dente della Rai, Anna Maria Tarantola.Si tratta di Crash Art l'installazione-pro-getto dell'artista Alexander Jakhnagievche è stata realizzata a piazza Monteci-torio per sensibilizzare sul tema della si-curezza stradale e del rispetto della vita.Nel 2012 ci sono stati circa 3600 morti equasi 260.000 feriti sulle strade italiane.La gran parte delle vittime degli inci-denti, sono giovani o giovanissimi. l'Eu-ropa, nel programma 2010-2020, hachiesto ai paesi aderenti di dimezzare ilnumero delle vittime attraverso tuttauna serie di iniziative, tra le quali anchel'educazione stradale e la diffusione dellacultura della sicurezza. La performanceè stata organizzata da Rai Isoradio incollaborazione con Aci e Polizia stradalee patrocinata dalla Camera dei Deputati.

di Paolo [email protected]

TEMPO RITROVATO

Siamo agli inizi del 1943. Treitaliani, prigionieri di guerranel campo inglese di Nanyuki,in Kenya, dopo lunga prepara-

zione e comunque male equipaggiatievadono per conquistare la vetta delmonte Kenya. La raggiungono, vipiantano il tricolore, riscendono, tor-nano sui propri passi e si riportano ra-pidamente entro i reticolati delcampo per consegnarsi alla inevita-bile (ma ammirata) punizione. Conciò hanno affrontato, malnutriti, milleperipezie; a tutti gli effetti si può direuna follia se non fosse che leggendo“Fuga sul Kenya” (Corbaccio, 2012)si scopre che l'autore, Felice Benuzzi,uno dei protagonisti, l'ha rappresen-tata per ciò che già era: l'impresa diuna vita, “una vittoria sulla quotidia-nità inerte della prigionia, sulla passi-vità, sul presente schiacciante eimmutabile che incombeva su di noida due anni”. Nella bellezza e nel si-lenzio dei cinquemila i tre si sono ap-propriati di una ricchezza chenessuno mai potrà loro sottrarre. Mac'è di più, c'è molto da imparare: fon-damentalmente, qui si è compiuto ilmiracolo di concepire dal nulla ciòche difficilmente avrebbero osato al-pinisti di ben altra fama, tecnica-mente superiori e magari “allenati,ben nutriti, serviti da portatori, in-somma da uomini liberi”; dunque sipossono fare grandi cose anche conniente, sol che si sia animati da unfuoco interiore; anche nelle situazionile più anguste, le più scomode – am-monisce Benuzzi - “esiste un futuro!Se si sa crearlo, se si sa osare (…). Tupuoi rimettere in moto il tempo se tisai impegnare a fondo con tutto sestesso”. Una volta nella vita Felice,Enzo e “Giuàn” sono stati quello chedesideravano essere, liberi, spregiudi-cati e senza compromessi di sorta. Epoi, vi sembran poco l'entusiasmo(“eravamo felici, giovani, leggeri,come non ci eravamo sentiti da chi saquanti anni”), l'umanità, l'amicizia,quella capacità di stupore tipica-mente infantile, l'amore per il creatoe l'“inesauribile desiderio di purezza”che sollecitano l'anima via via che lalettura procede?La vicenda della prigionia non è poidiversa da quella di una vita intera.“Per veramente nascere occorre mo-rire”: il diario dell'impresa diventa av-ventura interiore, spirituale, semprecon un pensiero rivolto 'lassù', nel-l'ammirazione e nel senso di inde-gnità dinanzi allo spettacolo“dell'inesauribile vena del Creatore”. Eppure, quando tenta il bilancio del-l'impresa, quest'uomo mostra unequilibro disarmante: “il bilancio èquesto: riprendi il tuo fardello e ridi-scendi ai reticolati (ognuno vi vedapure i propri, di 'reticolati', ndr). Atuo agio in questo mondo non ti tro-verai mai, perché il tarlo che ti rode èanelito, aspirazione all'Eterno”. Se per il biblico Giobbe “l'uomo, natodi donna, breve di giorni e sazio di in-

ICON

Arte per la sicurezza sulle strade

quietudine, come un fiore spunta eavvizzisce, e fugge come un'ombra”,non possiamo non rispondere, con ildivin Poeta, che fatti non fummo “aviver come bruti ma per seguir vir-tute e canoscenza”. E allora a tutti i'grandi', ai 'generosi' che la vita hachiuso (più o meno momentanea-mente) nella 'tenaglia', mi permettodi suggerire una 'fuga sul Kenya'. Sedovessero lasciarsi assalire dalla ten-tazione dell'antidepressivo... questafuga è più potente di qualunque pa-sticca. L’im

presadella vita

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.13C.com HORROR VACUI

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L’insetto narcisista èun kamikaze per dispe-razione: sa che solotuffandosi e morendo,può fuggire dal buioche lo attanaglia.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.14

di Marco [email protected]

ODORE DI LIBRI

Non capita spesso di leggere ungiallo e trovarci dentro moltopiù di semplici arguzie narra-tive, colpi di scena o suspence

interminabili. Scovare piuttosto i sen-timenti più profondi dell’animoumano, i moti che regolano lo spessoirrazionale agire dell’uomo tra le pa-gine di quello che di primo impatto sipresenta come unlibro di tutt’altrogenere, consonoalla trasmissione diben altre emozioni,rende ancor più pia-cevole e riflessiva lalettura, di per sé giàintrigante, di “Goticofiorentino”, l’ultimolavoro di GiacomoAloigi. Tra le pagine diquello che inizia e sisviluppa a tutti gli ef-fetti come il racconto divicende intricate, nellequali il protagonistaviene costretto dalle cir-costanze a rivangare unpassato pesante che , conla fuga dalla sua Firenze,aveva cercato di seppellirepiù di vent’anni prima in-sieme alla morte di Lodo-vico, si intrecciano varipiani di lettura ai quali le fre-quenti digressioni temporali

MENÙ

Preparazione:1. Disponete la farina a fontana eunitevi al centro vino, olio e lievitosciolto in un poco di acqua tiepida.Impastate e unite il sale, per poimescolare ancora almeno 15 mi-nuti. Lasciate riposare per almeno2 ore fino a far raddoppiare il vo-lume dell’impasto.2. Nel frattempo mondate le ci-

di Michele [email protected]

Prepariamo la ricetta del calzone dicipolla alla barese, una torta salatamolto gustosa da preparare con fa-cilità ma con un procedimento unpo’ lungo per far lievitare per benela pasta. Si tratta di una torta salatamolto simile alla tiella di Gaeta perla forma ma ripiena di cipolle insa-porite con olio, formaggio, olivesnocciolate e pomodorini. Per la ri-cetta originale pugliese sarebberonecessari gli sponsali, in altre pa-role dei cipollotti bianchi e diforma allungata, ma delle cipollebianche possono andare beneugualmente. Il calzone è un rusticodi assoluta bontà, per nulla pe-sante, adatto per ogni occasione.Ingredienti per il calzone di cipolla:400 g di farina 00100 g di olio di oliva1 bicchiere di acqua100 ml di vino bianco1 pezzo di lievito di birra2 cucchiaini di sale finoPer il ripieno:800 g di cipolle bianche150 g di olive snocciolate2 cucchiai di formaggio parmi-giano grattugiato100 ml di olio extra vergine500 g di pomodori ciliegina SalePepe q.b.

forniscono materiale e spunti nonsolo per una più chiara lettura delle vi-cende narrate, bensì per una visione atutto tondo della personalità di tutti ipersonaggi. La narrazione in tal sensoè un punto di partenza interessanteper l’autore per raccontare la “vera”storia, o almeno la storia parallela aquella della vita, cioè quella dei senti-menti e in particolare del sentimentopiù alto, l’amore, non nella sua pu-rezza ma piuttosto nelle sue sfaccetta-ture più varie e nei suoi rovesci spessoconfusi. Fa da sfondo all’intreccioun’accurata panoramica della musica

dell’epoca, la new wave,così come traspare dai ri-cordi dei protagonisti,dalla memoria di quegliadulti che ritrovano nellevecchie incisioni, nei luo-ghi clou, nient’altro cheun’occasione in più per farrivivere qualcosa che nonesiste più nella realtà mapulsa ancora vivida e sem-pre viva nella memoria.Una morte che dà inizio atutto, oggetti e personeche sbucano da luoghi estorie quasi dimenticate, omeglio volute dimenti-care, e la costante ricercadel protagonista, ancorprima che di risposte sui

misteri continui, di sé stesso, coinvol-gono e sorprendono ad ogni pagina dipiù il lettore.

L'intricatoGotico

fiorentino

polle eliminandone la parteesterna, tagliatele a fette sottili e la-sciatele in ammollo per circa 30 mi-nuti in acqua. Poi scolatele easciugatele con carta assorbente dacucina e fatele insaporire in oliofino a farle ammorbidire. Salate epepate, unite le olive. i pomodorinitagliati a metà, il formaggio e me-scolate.

3. Una volta pronta la pasta stende-tela con un mattarello per rica-varne due cerchi del diametro dicirca 28 cm. Disponete un cerchioin conformità a una teglia unta diolio, disponetevi il ripieno e richiu-dete stando attenti a far aderire ibordi.4. Infornate il calzone di cipolla a200°C in forno preriscaldato per al-meno 40 minuti o fino a che la su-perficie sarà ben dorata. Servitetiepida.

Calzone alla barese

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.15CITTÀ DI CULTURA

Da poco ho saputo che la capitaleeuropea non sarà nostra. Nostracome Toscana, intendo. Mi di-spiace, perché ci tenevo a che

fosse rappresentata la mia regione. Mapenso anche che noi siamo una terra for-tunata. Senza falsa modestia, credo diabitare in uno dei luoghi più belli che mipoteva capitare. La cultura contadinadietro l’angolo, le città comeuniversi compiuti, le campagne morbide,i colori naturali del senese, l’aura selvag-gia del maremmano, le aspirazioni liguridel carrarino, le rivalità rituali del livor-nese-pisano, la ritrosia lucchese, la sor-presa del volterrano, l’opulenzafiorentina. Ho vissuto metà della mia vitain una città così carica di storia da poterlasentire come un liquido amniotico.Anche nel vicolo del biciclettaio e nelparcheggio a gettone. Di ogni città nuovadove vado, quello che mi preoccupa è ri-trovare questo stesso respiro. “Il buonstorico - sosteneva Bloch - somiglia al-l’orco della fiaba: là dove fiuta la carneumana, sa che è la sua preda”. Non possoe non voglio giudicare me stessa, ma soper certo che questo istinto all’umano misi è radicato dentro ed è diventato po-tente. Forse anche per la terra dove misono formata. Leggere la storia sui murie nei reticoli delle strade è come avereuna finestra interiore sempre aperta sulpanorama umano. Ché poi è la cosa piùinteressante che possa capitare. C’è unsenso di continuità intrinseco nella storiache spinge a rivolgere lo sguardo verso ilfuturo. Gli storici sono gli astronauti deltempo. Amare la storia non significa op-porsi alle trasformazioni, tantomeno inquesto periodo. E’ una gioia autentica ve-dere qualcosa rinascere dalle macerie diquesti anni bui. Nel piccolo delle nostrecittà bastano alla gratitudine una caffet-teria nuova, una merceria, un panettiere,una libreria che riapre, un alimentari cheritorna in vita al posto delle trappole perturisti. Tutto ciò è umano ed è nostro:fatto a misura di  noi che viviamo unpaese piccolo, sgarrupato e  prezioso.Reso fecondo dalla varietà innumere-vole e dall’irriducibile singolarità. E’ perquesto che mi piace la nomina di Matera,con la sua storia unica, eppure così signi-ficativa per tutti. Matera è parte di quelpanorama umano da cui trare forzaquello che oggi siamo e ne è la figura perantonomasia. E’  bello osservare  tuttociò che si sta muovendo intorno a questanomina di capitale europea della cultura.L’ambizione realizzata di una città è di-ventata l’ambizione di tutti, in un mo-mento storico tanto  difficile etanto  speciale come quello che vi-viamo. C’è fermento nel paese, sta succe-dendo qualcosa. Non è un fenomenoche ha un nome. E’ più un sentire co-mune, come una speranza condivisa. Ri-nascono faticosamente attività einiziative. Ci vorrà una forza straordina-ria. Ed è proprio questa voglia di risalireche Matera incarna. Basta guardare il suoprofilo per avvertire la presenza recentedi Pasolini. Quel Pasolini che raccontavale città come organismi viventi.

di Ilaria [email protected]

L’APPUNTAMENTO

Per Matera, per tutti

Anda e rianda in Olanda

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CCUO

.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.16C.com KINO&VIDEO

di Francesco [email protected]

Non è facile, immaginiamo, fareun film su Leopardi. Martonesi cimenta in un’opera ciclo-pica, ovvero nella trasposi-

zione cinematografica della vita delsommo poeta. “Il giovane favoloso”ha il grande merito di restituirci unLeopardi ironico, tagliente, pur nellasua caustica e determinata conce-zione del meccanicismo naturale edel pessimismo che governa i destinidi uomini, piante e bestie. In realtà citroviamo di fronte ad un film abba-stanza strano, ad una creazione am-bigua e controversa. Gli elementisurreali e visionari rampollano asprazzi, per poi venire riassorbitidalla cornice classica della narra-zione, giacché Martone concepiscel’opera in maniera prettamente dida-scalica, seguendo un percorso rigoro-samente biografico ed unafocalizzazione deii tratti salienti dellavita tormentata del poeta di Recanati.A tal proposito mi sovviene lo straor-dinario inizio (da un punto di vistasquisitamente visivo, ché cominciarecon la siepe e l’allucinata declama-zione del poeta non depone affattobene), con la camera che alterna le ri-prese in soggettiva  (à la Von Trier di“Idiots") del delirio leopardiano ri-volto agli alberi, ai boschi, alla selva.O ancora, la scena dello sconcertanteconfronto con la personificazione gi-gantesca della Natura medesima,dalle edipiche fattezze della severa edanaffettiva madre. Sono splendidisquarci che denotano però una sortadi schizofrenia stilistica che non ri-scontriamo in altri film di Martone.Il quale peraltro gira magnificamente,soprattutto quando si tratta di farmuovere la camera negli spazi aperti,con sublimi inquadrature dall’alto. Ilcostante, pedissequo richiamo alle vi-cende della vita di Leopardi, che pa-iono costringere la stessa creativitàdel regista entro il  canovaccio pro-gettuale della sceneggiatura (scrittadallo stesso Martone), finisce cosìper determinare una sorta di strania-mento nello spettatore, che rimaneesitante fra le differenti pulsioni nar-rative. In ciò non aiuta di certo lascelta infelice delle musiche di SaschaRing, invadenti per tutta la primaparte del film (la sequenza di accordicol synth a fare da bordone è decisa-mente insostenibile). Anche qui no-tiamo una certa incoerenza stilistica.La straordinaria prova di Elio Ger-mano inoltre, non trova sempre ilcontrappunto armonico con gli altriattori comprimari, fatta forse ecce-zione per le figure del padre, Il ConteMonaldo e dello zio, Carlo Antici(buone le prove di Massimo Popoli-zio e Paolo Graziosi, anche se un po’troppo affettate). Il film fa comunquebreccia, ma non sapremmo dire seper ragioni relative al fascino intrin-seco esercitato da Leopardi, o se permerito di Martone e del suo anelitodescrittivo. Propendo più per laprima ipotesi: siamo di fronte a

quella che Furio Jesi definirebbe “tec-nicizzazione del mito”, o meglio“macchina mitologica”. In questocaso, della vita “mitologica" di Gia-como Leopardi, qui "messa in scena”nel paradosso didascalico che finiscecol divenire deriva mitopoietica. Indefinitiva, potremmo considerare “Ilgiovane favoloso” come una sorta diragionieristico zibaldone, troppoaderente e prossimo alla morfologiadella vita e delle opere di Leopardi.Manca, in buona sostanza,   losguardo distante, il disincanto parte-cipe che fa di ogni trasposizione ci-nematografica un’opera prima.

Eclettico Spazi d'Arte  presenta Tolettabagno retrospettivo con una selezione dipezzi unici. L’allestimento del PopUpShow Toletta all’interno della gallerianegozio fiorentino propone 4 consolledella collezione composta da 14 pezziunici, a stretto contatto con la selezioned’arredo di Design del XX secolo eopere di fotografia e arte contempora-nea, che lo spazio espone. L’interagamma dei prodotti di Toletta si può vi-sualizzare nel nuovosito:www.toletta.net

ICON

La schizofreniastilisticadel giovanefavoloso

Bagnid’autore

L’alluminio come palinsesto idealeper sperimentazioni su luce e colore,ma soprattutto come mezzo di ri-flessione sulla figura umana e sulrapporto tra mondo terreno e ultra-terreno. L’artista slovacco RobertHromec espone per la prima volta aLucca con la mostra personale daltitolo “Mani di luce”, allestita nelLu.C.C.A. Lounge fino al 2 novem-bre 2014 (ingresso libero), e chesarà inaugurata alla sua presenza ve-nerdì 10 ottobre alle ore 18. Nellesue opere, che giocano con l’illu-sione ottica, ricorre frequentementeil simbolo della mano. Espressionedell’idea di attività, di emblema re-gale, di strumento di autorità, di po-tenza e di dominio, la mano siassocia anche, nella cultura del-l’Estremo Oriente, ad azioni legateall’accoglienza spirituale e all’espe-rienza interiore. “Robert Hromec –sottolinea Maurizio Vanni, direttoredel Lu.C.C.A. –, prima ancora dimanifestare segni e simboli, macchiedi colore in una superficie conside-rata parte attiva, si appropria di unospazio, più mentale che fisico, tra-

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Manidi luce

sformandolo nella dimensione delqui e ora dove la composizione siapre ai nostri occhi quasi come unenigma da decifrare”. Nelle opere del-l’artista di Bratislava è come se sicomponesse una sorta di danza dellemani legata sia ai movimenti e alleforme che esse assumono sulla su-perficie dei suoi lavori, sia per la loroposizione rispetto al resto del corpo.“Hromec – continua Vanni – utilizzaspesso la simbologia delle mani, laloro differente postura, il diverso po-sizionamento delle dita, e la loro rela-zione con lo spazio e tra loro stesse.In modo quasi ossessivo, le mani sitrasformano in tracce esistenziali, inorme cerebrali che sembrano volercisuggerire qualcosa di primordiale emagico”.

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.17C.com REBUS ISPANICO

di Fabrizio [email protected]

Premetto che il legame di questa sto-ria con Firenze è evidentementemolto labile, solo il fatto che l’A1passa anche sul territorio comunalefiorentino, oltre che su quello di qual-che altro centinaio di Comuni. Mapoiché, come ho potuto constatare, sista perdendo il ricordo di quei fatti,avvenuti tutto sommato non moltis-simi anni fa, mi è parso giusto pro-porla perché, secondo me, è una“grande” storia, anche se non in “pic-coli” spazi.Sono le 12:30 circa del 18 Giugno1973; è una giornata caldissima e,sull’A1, un piccolo corteo di mac-chine ha appena superato Bologna eprosegue per Roma via Firenze. E’l’ora di pranzo e le auto si fermano alMotta Grill di Cantagallo: è inten-zione dei loro occupanti pranzare efare rifornimento di benzina.Il gruppetto di uomini entra nell’Au-togrill, ma un barista riconosce unodi loro: è Giorgio Almirante, segreta-

rio del Movimento Sociale e gli altrisono suoi collaboratori e guardie delcorpo. Proprio in quel periodo Almi-rante aveva denun-ciato per diffamazione L’Unità, cheaveva pubblicato un bando dei tempidella Repubblica Sociale, a sua firma,che comminava la pena di morte airenitenti alla leva (nel 1974 il pro-cesso avrebbe stabilito che i giornali-sti dell’Unità avevano “dimostrato laveridicità dei fatti”).La voce si sparge in un attimo: c’è il“fucilatore di partigiani” e immedia-tamente il personale del bar e del ri-storante entra in sciopero e si rifiutadi servire i missini; stessa sorte ancheper il rifornimento, con i benzinaiche incrociano le braccia. Il grupporiparte a pancia vuota e con le mac-chine in riserva.L’episodio ebbe numerosi strascichi:il 21 giugno “spedizione punitiva”,

guidata dal deputato missino PietroCerullo, con diversi feriti fra i dipen-denti del Motta Grill e l’arresto di unattivista del FUAN; il 22 telefonataanonima che segnala una bomba; il24 manifestazione conclusiva dellaFesta dell’Unità a Venezia: a Canta-gallo si fermano centinaia di pullmancon la gente che scandisce lo slogan

“Almirante sciacallo digiuno a Canta-gallo”; il 25 due studenti di estremadestra picchiati a Bologna; il 26 fini-sce all’ospedale Giorgio Cremaschi,delle Federazione Universitaria delPCI Inoltre 16 lavoratori vengono in-credibilmente denunciati per viola-zione della legge sugli scioperi.Il Canzoniere delle Lame, gruppomusicale di Bologna, produsse quasiin tempo reale un 45 giri con la can-zone “All’armi siam digiuni” (la tro-vate fra le canzoni raccolte dahttp://www.ildeposito.org/) e regalòil disco ai lavoratori denunciati che lovendevano sottobanco ai clienti delGrill per sostenere le spese proces-suali: qualche tempo dopo furonotutti assolti perchè “il fatto non costi-tuiva reato”.Fra i benpensanti che stigmatizza-rono l’azione spontanea dei lavora-tori, si distinse il “Resto del Carlino”,ma, come chiude la canzone “Poc dafèr mo’ què a Bulagna pr’i fasestaan’gn’è gnanc un panein" (ovvero “C'èpoco da fare, qui a Bologna per i fa-scisti non c'è nemmeno un panino”)

Autostrada del Sole

Sciopero

di Valentina [email protected]

Non di solo pane vive l’uomo...e infatti, da quando è iniziatoil Festival della Gastronomia“Tapapiés”, a Madrid strafo-

garsi di tapas è un imperativo catego-rico, prima di tutto perché ir de tapasè quasi uno sport nazionale e poi per-ché adesso è persino low-cost. Nelcentralissimo quartiere di Lavapiés,dal 17 al 26 ottobre, si tiene infatti lafiera gastronomica più multietnica edeconomica della penisola, con 90 tipidi tapas provenienti da ben 21 paesi asolo un euro l’una.Per chi non avesse dimestichezza congli usi e costumi della gastronomiaspagnola ecco un ultile prontuario.La Real Academia Española, alla vocetapas, recita: “piccole porzioni di ciboda condividere e che accompagnanola bibita”. La parola chiave della defi-nizione e’ “condividere”. A me è sempre piaciuto il concetto dicondivisione: condividere una casa inaffitto durante gli anni dell’università,condividere le spese, condivi-dere l’ufficio con un collega, laconnessione wireless con unvicino, condividere gioie edolori con amici e con pa-renti, condividere un tavoloal bar… ma qui si esageradavvero! Perché in Spagna, algrido di compartir es vivir (con-dividere è vivere), le forchette affon-dano all’unisono, a casa come al bar oal ristrorante, in uno stesso piatto co-mune e si condivide persino un’insa-lata o delle sugose albondigas -polpettine di carne cucinate con unasalsa a base di pomodoro spezie, ci-polla, carote ecc. ecc…- per non par-lare della paella domenicale, servitanella tradizionale e immancabile pael-

chistani, nepalesi… Quale cornicemigliore, quindi, per ospitare tapas in-ternazionali e fusion e fare un bel gi-retto fra le cucine di mezzo mondo!L’occasione è letteralmente troppoghiotta e così andiamo di bar in bar as-saggiando le tapas più originali e gliaccostamenti più insoliti, tutto rigoro-samente da condivi-dere. E fra un boccone e l’altro, passiamoper i Paesi Baschi, con il Pane di maiscon gelatina di pomodoro e il Baccalàmarinato con cipolla e acciughe rico-perto di basilico e olive, poi per ilGiappone, rappresentato dalla TartarWashoku di salmone e medusa e dallaGalizia, con le sardine al peperoneverde, per approdare infine in Italiacon le Barchette di pizza ai peperonie scamorza… il tutto irrigato dalla no-strana birra Estrella Damm, sponsordi Tapapiés, a solo 1€ la bottiglia. Quando barcollando decidiamo di av-viarci verso la metro, siamo investitidalle note di una samba che ungruppo di artisti di strada sta suo-nando non lontano, e anche stavolta,come poco prima davanti al PolloThai in salsa di mandorle, non resi-stiamo e sgomitiamo fra la folla. Dopodi loro canterà un’artista senegalese epoi ci sarà la performance di un trio diballerini colombiani e i ritmi balcanicidi un quartetto di musicisti. In totale,secondo il programma, sono previsti60 concerti en plein air per tutta la du-rata del Festival. Ormai siamo in ballo e non ci restaaltro che ballare, ma quando ci la-sciamo prendere dai ritmi caraibicinon sappiamo ancora che il nostroviaggio non è finito lì e che il Messico,la China e l’Andalusia ci aspettano aun tavolino dall’altra parte dellastrada…

GRANDI STORIE IN PICCOLI SPAZI

Di tapain tapa

lera a centro tavola.Con queste premesse, all’ora

X del giorno X ci ritroviamo 5amici nel quartiere più multiculturaledella città, Lavapiés. Nome curioso ineffetti: la leggenda vuole che il quar-tiere debba questo nome alle cerimo-nie che gli ebrei facevano nella piazzacentrale prima di entrare nel tempio efra queste, per l’appunto, anche la la-vanda dei piedi da cui il nome “Lava-piedi”. Quando poi gli ebrei vennero

espulsi, nel 1492, durante il regno diIsabella La Cattolica, molti si conver-tirono al cristianesimo e cambiaronoil proprio nome in Manuel o Manuela,da lì la tradizione ancora in voga dichiamare gli abitanti del quartiere Ma-nolos. Oggi però, più che Manolos cisono tanti Mustafà, Abdul, Jiang, Xu,Wei, Amal, Raji… con le loro relativeattività commerciali: saloni di bellezzacinesi, ristoranti indiani, egiziani, ma-rocchini e negozietti di alimentari pa-

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.com sabato 18 ottobre 2014no95 PAG.18L’ULTIMA IMMAGINE

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Dall’archivio di M

aurizio Be

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iSan Jose, California, 1972

Pesantezza e leggerezza, questo rappresentano ai mieiocchi le due immagini scattate durante il mio primoviaggio in California. Tutte e due riprese dal sediledell’auto su cui in quel momento mi trovavo. Per ciòche riguarda la visione quotidiana il sedile di un’autoè uno dei punti di vista più comuni da queste parti e,anche se i momenti sono molto diversi, il punto divista rimane sempre più o meno lo stesso. Il contrastotra le due immagini è decisamente evidente e mi pace

per questo il loro accostamento. Una strada di grandecomunicazione la prima, con suoni, rumori, trafficopesante e inquinamento, visioni molto frequenti inquesta area industriale della città. Il senso di pesan-tezza sonora e fisica balza all’occhio con grande evi-denza e mi ha spinto per converso all’accostamentocon l’immagine in basso. Qui ero fermo, seduto al vo-lante, in attesa che mia moglie tornasse alla macchinadopo aver fatto un po’ di shopping. Con la coda del-

l’occhio mi sono accorto che questa ragazzina “down”stava correndo verso l’onnipresente “U.S. Mailbox”, lacassetta delle poste che noi abbiamo imparato a co-noscere attraverso le pellicole americane. Sono statoimmediatamente colpito dal senso di grande legge-rezza e dalla delicatezza con cui si apprestava a conse-gnare alla posta quello che ho sempre volutoimmaginare come un messaggio per lei molto impor-tante!