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I 7-1099 Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici D. Varin, M. Levy Soussan, A. Chabert La «gestione» di un paziente che beneficia di cure palliative integra una valutazione rigorosa, nel quadro più globale dell’iter palliativo. Questa valutazione, clinica e di laboratorio, permette un bilancio delle esigenze della persona malata e la proposta di misure appropriate. Queste riguardano in particolare i sintomi invalidanti avvertiti o espressi dal paziente, tenendo sempre conto dei suoi desideri e della fase evolutiva della malattia. L’espressione «cure palliative» pone in primo piano il fatto che esse si integrano in un quadro di cure, pertanto multiprofessionale e multidisciplinare, al quale si associa la partecipazione di volontari. Esse riguardano il paziente che soffre di una malattia grave ed evolutiva, in un approccio bio- psico-socio-spirituale, vale a dire di una persona, malata, che vive in un ambiente sociale e familiare, con le sue credenze filosofiche o religiose e la sua psiche. Le cure palliative si organizzano e si istituzionalizzano progressivamente e sono disciplinate in Francia da differenti leggi e decreti. Questo capitolo tratterà essenzialmente la terapia. Va da che tutte le indicazioni al trattamento o le astensioni da esso sono poste secondo lo stato del paziente, i suoi desideri e le informazioni raccolte presso le persone vicine. © 2013 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati. Parole chiave: Cure palliative; Dolore; Dispnea; Idratazione; Confusione Struttura dell’articolo Principi di gestione dei sintomi 1 Gestione del dolore 1 Valutazione 1 Principi terapeutici 2 Trattamenti dei dolori per eccesso di nocicezione 2 Dolori ossei 4 Dolori neuropatici 4 Trattamenti non farmacologici 4 Cure ed esplorazioni dolorose 4 Disturbi digestivi 5 Patologie della cavità orale 5 Disturbi del transito 5 Nausea e vomito 6 Disfagia 6 Singhiozzo 6 Carcinosi peritoneale 6 Anoressia. Cachessia. Alimentazione. Idratazione 6 Problemi cutanei 7 Disturbi respiratori 7 Tosse 7 Dispnea 8 Emottisi 8 Infezioni respiratorie basse 8 Versamenti pleurici 8 Rantoli agonici 8 Disturbi neuropsichici 9 Ansia 9 Depressione 9 Disturbi del sonno 9 Sindrome confusionale 9 Altre manifestazioni 9 Conclusioni 10 Principi di gestione dei sintomi I trattamenti sintomatici utilizzati nelle cure palliative sono spesso fuori dall’autorizzazione all’immissione in commercio (AIC) sia come indicazioni che come vie di somministrazione. Questi trattamenti, parte integrante dell’approccio palliativo [1] , derivano, il più delle volte, da pratiche professionali e più rara- mente da studi validati, difficili da realizzare per ragioni sia pratiche che etiche. Le opere di Lassaunière [2] e di Watson [3] hanno contribuito alla redazione di questi principi terapeutici. Gestione del dolore Il dolore è un sintomo la cui gestione inizia con la valutazione. Il primo elemento è di credere al paziente. Il meccanismo, spesso multifattoriale, del dolore è importante da determinare, in quanto può condizionare la strategia terapeutica. Valutazione La valutazione di un dolore si basa su cinque domande: Dove: quale è la sede del dolore (localizzazioni a volte multiple, irradiazioni, proiezioni)? Da quando: data e circostanze della sua comparsa? Quando: si manifesta in circostanze particolari (cure, movi- menti, presenza o assenza di un terzo, ecc.); orari: dolore meccanico o infiammatorio, permanente e/o per crisi? EMC - Trattato di Medicina Akos 1 Volume 15 > n 2 > giugno 2013 http://dx.doi.org/10.1016/S1634-7358(13)63941-8

Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici

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� I – 7-1099

Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici

D. Varin, M. Levy Soussan, A. Chabert

La «gestione» di un paziente che beneficia di cure palliative integra una valutazione rigorosa, nel quadropiù globale dell’iter palliativo. Questa valutazione, clinica e di laboratorio, permette un bilancio delleesigenze della persona malata e la proposta di misure appropriate. Queste riguardano in particolare isintomi invalidanti avvertiti o espressi dal paziente, tenendo sempre conto dei suoi desideri e della faseevolutiva della malattia. L’espressione «cure palliative» pone in primo piano il fatto che esse si integranoin un quadro di cure, pertanto multiprofessionale e multidisciplinare, al quale si associa la partecipazionedi volontari. Esse riguardano il paziente che soffre di una malattia grave ed evolutiva, in un approccio bio-psico-socio-spirituale, vale a dire di una persona, malata, che vive in un ambiente sociale e familiare, con lesue credenze filosofiche o religiose e la sua psiche. Le cure palliative si organizzano e si istituzionalizzanoprogressivamente e sono disciplinate in Francia da differenti leggi e decreti. Questo capitolo tratteràessenzialmente la terapia. Va da sé che tutte le indicazioni al trattamento o le astensioni da esso sonoposte secondo lo stato del paziente, i suoi desideri e le informazioni raccolte presso le persone vicine.© 2013 Elsevier Masson SAS. Tutti i diritti riservati.

Parole chiave: Cure palliative; Dolore; Dispnea; Idratazione; Confusione

Struttura dell’articolo

■ Principi di gestione dei sintomi 1■ Gestione del dolore 1

Valutazione 1Principi terapeutici 2Trattamenti dei dolori per eccesso di nocicezione 2Dolori ossei 4Dolori neuropatici 4Trattamenti non farmacologici 4Cure ed esplorazioni dolorose 4

■ Disturbi digestivi 5Patologie della cavità orale 5Disturbi del transito 5Nausea e vomito 6Disfagia 6Singhiozzo 6Carcinosi peritoneale 6Anoressia. Cachessia. Alimentazione. Idratazione 6Problemi cutanei 7

■ Disturbi respiratori 7Tosse 7Dispnea 8Emottisi 8Infezioni respiratorie basse 8Versamenti pleurici 8Rantoli agonici 8

■ Disturbi neuropsichici 9Ansia 9Depressione 9Disturbi del sonno 9Sindrome confusionale 9

■ Altre manifestazioni 9■ Conclusioni 10

� Principi di gestione dei sintomiI trattamenti sintomatici utilizzati nelle cure palliative sono

spesso fuori dall’autorizzazione all’immissione in commercio(AIC) sia come indicazioni che come vie di somministrazione.

Questi trattamenti, parte integrante dell’approccio palliativo [1],derivano, il più delle volte, da pratiche professionali e più rara-mente da studi validati, difficili da realizzare per ragioni siapratiche che etiche. Le opere di Lassaunière [2] e di Watson [3]

hanno contribuito alla redazione di questi principi terapeutici.

� Gestione del doloreIl dolore è un sintomo la cui gestione inizia con la valutazione.

Il primo elemento è di credere al paziente. Il meccanismo, spessomultifattoriale, del dolore è importante da determinare, in quantopuò condizionare la strategia terapeutica.

ValutazioneLa valutazione di un dolore si basa su cinque domande:

• Dove: quale è la sede del dolore (localizzazioni a volte multiple,irradiazioni, proiezioni)?

• Da quando: data e circostanze della sua comparsa?• Quando: si manifesta in circostanze particolari (cure, movi-

menti, presenza o assenza di un terzo, ecc.); orari: doloremeccanico o infiammatorio, permanente e/o per crisi?

EMC - Trattato di Medicina Akos 1Volume 15 > n◦2 > giugno 2013http://dx.doi.org/10.1016/S1634-7358(13)63941-8

I – 7-1099 � Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici

• Come: la precisione dei caratteri del dolore può orientare versoun dolore neuropatico (scarica elettrica, bruciore, pugnalata,ecc.), per eccesso di nocicezione o misto. Questa distinzioneè importante per adattare il trattamento. Indagare il “come”consiste anche nel valutare le ripercussioni di questo dolore sulsonno, sulle attività, sul morale, ecc., così come gli adattamenticomportamentali del paziente.

• Quanto: la misura dell’intensità del dolore si basa su scale vali-date: scala visiva analogica (VAS), scala numerica (SN) oppure,per i pazienti che non possono comunicare, scala Algoplus,scala Doloplus 2® e scala comportamentale di valutazione deldolore nella persona anziana (SCPA) (validate in geriatria). Que-ste scale non hanno lo scopo di confrontare un paziente con unaltro, ma di valutare l’evoluzione e l’efficacia di un trattamentoper uno stesso paziente.Il trattamento stesso deve essere oggetto di una valutazione e

di una rivalutazione, tanto nella sua efficacia quanto nella suatolleranza.

Principi terapeutici

È importante privilegiare l’assunzione orale fin quando questaresta possibile ed efficace. Le terapie antalgiche sono prescritte aorari fissi, con l’eccezione delle intradosi (cfr. infra). Il trattamentoè personalizzato e dettagliato e rispetta i livelli dell’OrganizzazioneMondiale della Sanità (OMS); è inutile restare più di 24 ore su unlivello terapeutico se questo è insufficiente a posologia massima.

Trattamenti dei dolori per eccessodi nocicezioneLivello 1: per i dolori di bassa intensità

Questa categoria di analgesici è rappresentata da:• paracetamolo, utilizzabile alla dose di un grammo per quattro

volte al giorno, a 4 ore di intervallo;• acido acetilsalicilico alla stessa posologia;• ibuprofene, alla dose di tre assunzioni di 400 mg/die, distanziate

di 6 ore (posologia dell’adulto);si deve tenere conto degli effetti secondari possibili e delle con-

troindicazioni;• nefopam, utilizzabile per via iniettabile (intramuscolare o endo-

venosa, la via sottocutanea è possibile, ma fuori AIC, comeanche la via sublinguale), alla dose di 20 mg ogni 4-6 ore.

Livello 2: per i dolori di intensità moderataQuesto gruppo di analgesici è costituito dagli oppioidi deboli.Il dextropropossifene, sempre associato al paracetamolo, è pre-

scritto alla posologia di un’assunzione di due capsule per tre volteal giorno, a 4-6 ore di intervallo. Questo oppioide è in principioritirato dal mercato.

La codeina, da sola in due somministrazioni giornaliere (formaa liberazione prolungata) oppure in associazione con il paraceta-molo, è prescritta in tre o quattro somministrazioni giornaliere diuna-due compresse a 4 ore di distanza. Le associazioni disponibilinon comportano tutte la stessa dose di codeina; quelle più adattecontengono 500 mg di paracetamolo e 30 mg di codeina. È inte-ressante notare che, per essere attiva, la codeina è metabolizzatain morfina; ora, il 10% della popolazione non possiede gli enziminecessari per questa metabolizzazione.

Infine, si può usare il tramadolo, in associazione fissa con il para-cetamolo o utilizzato da solo, o a liberazione immediata alla dosedi 50-100 mg per assunzione per tre-quattro somministrazioni algiorno o a liberazione prolungata alla dose di 100-200 mg ogni12 ore; esiste una forma a monosomministrazione quotidiana(Monoalgic® LP).

Livello 3: per i dolori intensiA questo livello si usano gli oppioidi forti. Varie molecole sono

disponibili in questa classe. Occorre notare che non vi è alcuninteresse ad associare morfinici deboli e morfinici forti.

MorfinaSolfato di morfina ad assunzione orale. Esistono delle

forme a liberazione immediata (Actiskenan®, Sevredol®, sciroppoAguettant®, Oramorph®) e delle forme a liberazione prolungata(Skenan LP® e Moscontin®, la cui durata d’azione è di 12 ore,e Kapanol® su 24 ore). Le capsule di Skenan®, Actiskenan® eKapanol® possono essere aperte e il loro contenuto viene som-ministrato con un alimento semiliquido o attraverso una sondadi alimentazione enterale; la sonda deve essere sciacquata; lecompresse di Moscontin® non devono essere né schiacciate némasticate.

Cloridrato di morfina. Esso è utilizzato per via sottocutaneao endovenosa, in utilizzo continuo o discontinuo.

Per un paziente che non ottiene sollievo con la posologia mas-sima di un analgesico di livello 2, la dose iniziale giornaliera dimorfina per via orale è di 60 mg, distribuita su 24 ore in fun-zione della formulazione galenica scelta. Tuttavia, in un pazienteanziano o fragilizzato, con insufficienza renale, cachessia o disi-dratazione, il trattamento è iniziato a dose più bassa (20-40 mg per24 ore), prevedendo delle intradosi. Idealmente, in un pazienteesposto in precedenza alla morfina, è opportuno procedere a unfrazionamento per via orale o, meglio, per via endovenosa. In unpaziente anziano o fragilizzato, il frazionamento per via orale èrealizzato utilizzando delle emidosi di morfina.

La dose giornaliera orale può, quindi, essere ripartita inun’assunzione (Kapanol®), due assunzioni a 12 ore di intervallo(Skenan LP®, Moscontin®) o sei assunzioni a 4 ore di differenza(morfina a liberazione immediata). La dose quotidiana inietta-bile di cloridrato di morfina può essere somministrata in manieradiscontinua ogni 4 ore o continua, preferibilmente con siringaelettrica o con una pompa per patient controlled analgesia (PCA)(analgesia controllata dal paziente) (cfr. infra), assicurando unflusso più regolare di una perfusione classica. Il passaggio da unavia di somministrazione a un’altra deve tenere conto delle dosiequianalgesiche.

Le interdosi sono delle assunzioni supplementari di morfiniciforti, somministrate in caso di dolori incidenti (che devono esseresistematicamente ricercati). Questi dolori possono essere preve-dibili (cure, mobilizzazione, cinesiterapia, ecc.) e prevenuti oimprevisti e trattati. La posologia di un’intradose di morfina cor-risponde a 1/6 della dose giornaliera, somministrata per via orale,sottocutanea o endovenosa (tenendo conto delle equianalgesie) eripetibile dopo 1 ora in caso di insuccesso.

Come prevenzione di un atto doloroso, occorre tenere contodel tempo d’azione della morfina in funzione della sua via disomministrazione.

Il citrato di fentanil in compressa sublinguale (Abstral®),in compressa transmucosa (Actiq®), in compressa gengivale(Effentora®) o, ancora, in nebulizzazione nasale (Instanyl®,Pecfent®) è utilizzabile per questi accessi dolorosi. Queste moda-lità di somministrazione hanno il vantaggio di un tempo d’azionebreve. A causa di un’assenza di corrispondenza con il trattamentodi fondo, è indispensabile un frazionamento. Inoltre, non esi-ste similitudine di dose tra queste diverse forme e il passaggioeventuale dall’una all’altra richiede un nuovo frazionamento. Laxerostomia è, a volte, un limite all’utilizzo delle compresse gengi-vali o transmucose di citrato di fentanil, come anche la stanchezzaper le compresse transmucose.

Il trattamento morfinico di fondo è riadattato quotidianamentein funzione della sua efficacia e della sua tolleranza. In assenza disollievo del dolore e di intradosi, è aumentato del 50%. Se sonostate usate delle intradosi, la loro quantità consumata (a ecce-zione di quella prevista prima di un atto dolente) sarà aggiuntaalla posologia quotidiana e ripartita in funzione della modalità disomministrazione scelta. La nuova posologia delle intradosi terràconto del riaggiustamento del trattamento di fondo.

OssicodoneSi tratta di un morfinico che esiste anche a liberazione prolun-

gata (Oxycontin® LP in compressa) o a liberazione immediata(Oxynorm® in capsula o in compressa orodispersibile) oppuresotto forma iniettabile (Oxynorm®). Le compresse LP non devonoessere né masticate né schiacciate, le capsule possono essere apertee il loro contenuto è somministrato con un alimento semiliquido

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“ Punto importante

Frazionamento della morfina• Frazionamento per via orale:

◦ 5 mg di solfato di morfina a liberazione immediata daripetere dopo 1 ora in caso di efficacia insufficiente

◦ dose quotidiana orale = dose che conduce al sollievodel dolore × 6

• Frazionamento endovenoso:◦ una fiala da 1 ml e 10 mg di cloridrato di morfina in

9 ml di soluzione fisiologica, iniezione endovenosa mlper ml (mg per mg) a intervalli di 5-7 minuti finoal sollievo del dolore (sospensione se intolleranza oaddormentamento)

◦ dose giornaliera endovenosa = dose frazionata effi-cace × 6

• Dosi equianalgesiche di morfina in funzione della via disomministrazione:

◦ per via orale: 1◦ per via sottocutanea: 1/2◦ per via endovenosa: 1/3

Tempo d’azione della morfinaPer via orale: 1 oraPer via sottocutanea: da 40 minuti a 1 oraPer via endovenosa: 5-10 minuti

o attraverso una sonda di alimentazione enterale (risciacquodella sonda dopo somministrazione). L’ossicodone è prescrittoex novo o come passaggio dalla morfina, tenendo conto, allora,dell’equianalgesia (molecole e via di somministrazione).

L’Oxycontin LP® è prescritto nel trattamento di fondo, a 12ore di intervallo. L’Oxyconorm® orale, il cui tempo d’azione è dicirca 1 ora e la cui durata è di 4 ore, può essere prescritto tra ledosi (intradosi) in caso di dolori intercorrenti nelle stesse condi-zioni della morfina o, ancora, nel trattamento di fondo a intervalliregolari di 4 ore.

IdromorfoneL’idromorfone è disponibile sotto forma di capsule a liberazione

prolungata (Sophidone LP®). Esso è prescritto in sostituzione dellamorfina o di un altro morfinico, tenendo conto dell’equianalgesia.

Le capsule possono essere aperte e il loro contenuto è sommi-nistrato in un alimento semiliquido o attraverso una sonda dialimentazione enterale.

FentanilCome abbiamo visto, può essere utilizzato in intradosi (citrato

di fentanil). Il fentanil esiste anche sotto forma iniettabile (endo-venosa o sottocutanea) non disponibile al di fuori dell’ambienteospedaliero. I medici generici dispongono di patch transdermicidi fentanil (Durogesic®). Questi non sono utilizzabili per eseguireun frazionamento e sono prescritti come passaggio da un altromorfinico, tenendo conto dell’equianalgesia.

Il suo tempo d’azione ottimale è di 12 ore e il patch è sostituitoogni 72 ore quando è continuato il trattamento. Esso è applicatosu una cute glabra, non rasata. In caso di febbre, esiste un rischio disovradosaggio per accelerazione del passaggio transdermico. Peralcuni pazienti, la durata d’azione del patch può non superare le48 ore e i patch devono, allora, essere sostituiti ogni 2 giorni.

In caso di dolori incidenti, possono essere somministrate delleintradosi di morfina, di ossicodone o di citrato di fentanil, nellecondizioni precedentemente descritte, tenendo conto delle equia-nalgesie.

Morfina, ossicodone, idromorfone e fentanil sono degli agonistimorfinici puri, per i quali non esiste una dose massima. Il meta-done, altro agonista puro, fuori AIC in questa indicazione, possiedeun’azione marcata sui dolori neuropatici.

La nalbufina è un agonista parziale per il quale esiste una dosemassima, non disponibile in medicina ambulatoriale. La buprenor-fina sotto forma iniettabile, utilizzo ospedaliero, o di compressesublinguali dosate a 0,2 mg (Temgesic®) è un altro agonista par-ziale. La durata d’azione della buprenorfina è di 6-8 ore e la dosemassima è di cinque compresse per assunzione. Essa è poco uti-lizzata in Francia.

L’associazione di un agonista puro e di un agonista parziale ècontroindicata. Gli agonisti parziali non sono antagonizzati dalnaloxone (cfr. infra).

“ Punto importante

Equianalgesia ossicodone• Morfina orale: 1• Ossicodone orale: ½• Ossicodone iniettabile: 1/3Equianalgesia idromorfone• Morfina orale: 1• Idromorfone orale: 1/7,5Equianalgesia fentanil• Morfina orale: 60 mg/24 ore• Fentanil: 25 �g/hEquianalgesia buprenorfina• Morfina orale: 1• Buprenorfina sublinguale: 1/37,5• 20 mg di morfina orale = 0,6 mg di buprenorfina sublin-guale

La PCA si rivolge ai pazienti senza disturbi cognitivi.Essa è praticabile con l’ausilio di una «pompa» adeguata. Èrealizzabile per via endovenosa (preferibilmente) o sottocuta-nea. Essa permette l’adattamento più preciso del trattamentoantalgico.

“ Punto importante

PCA• Endovenosa: dose di fondo su 24 ore, boli uguali a 1/24della dose quotidiana, periodo refrattario (che separa 2boli) di 10 minuti• Sottocutanea: boli pari a 1/6 della dose quotidiana,periodo refrattario di 40 minuti

La rotazione degli oppioidi è la sostituzione di un oppioidecon un altro, a dose equianalgesica. Tuttavia, le dosi necessariesono spesso minori e, in caso di cambiamento di morfinico, siimpongono, pertanto, un monitoraggio e una valutazione. Essaè indicata in caso di inefficacia di un morfinico (sotto riserva diuna valutazione e di una compliance corrette) o di effetti inde-siderabili non controllati. Anche il cambiamento della via disomministrazione, conservando la stessa molecola, è un modo dirotazione.

Gli effetti secondari dei morfinici sono identici, qualunque sial’oppioide. La stipsi è costante e deve essere prevenuta sistematica-mente (dieta, emollienti tipo polietilene glicole [PEG] e stimolantidella peristalsi). Le nausee o i vomiti sono frequenti, incostantie spesso transitori e sono trattati con metoclopramide, dompe-ridone o, meglio, con basse dosi di clorpromazina (Largactil®)(sono generalmente sufficienti cinque gocce tre volte al giornoo 25 mg per via sottocutanea o endovenosa in continuo). La son-nolenza è frequente all’inizio del di trattamento, collegata a unafase di recupero del sonno; essa può essere anche il primo segno di

EMC - Trattato di Medicina Akos 3

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sovradosaggio e può, allora, accompagnarsi a depressione respiratoria(in realtà eccezionale, se le modalità di prescrizione dei morfinicisono rispettate).

Si utilizza, allora, il naloxone (Narcan®) e il trattamento morfi-nico è rivalutato.

“ Punto importante

• Antagonizzazione della depressione respiratoria con ilnaloxone: una fiala da 0,4 (1 ml) in 9 ml di soluzione fisio-logica. Iniezione endovenosa ml per ml, ogni 3 minuti finoa una frequenza respiratoria superiore a 14 per minuto• Somministrazione intramuscolare di una dose identicaoppure infusione continua alla dose di 3,3 �g/min

La ritenzione di urina è un altro effetto secondario importanteda ricercare. Il prurito è meno frequente nell’adulto e risponde apiccole dosi di nalbufina o di naloxone. Dipendenza e assuefazionesono praticamente inesistenti alle dosi necessarie all’analgesia perun dato paziente. Sono possibili delle allucinosi, che possono costi-tuire dei fattori limitanti. La comparsa di mioclonie può portarea ridurre le dosi di oppioidi, come può accadere anche per lacomparsa di dolori diffusi tipo allodinia o iperpatia.

I disturbi cognitivi sotto morfinici devono sempre far ricercareun’altra origine.

Lo miosi è soltanto un segno di impregnazione morfinica.

“ Punto importante

Eziologie di disturbi cognitivi sotto oppioidi• Globo vescicale• Fecaloma• Disturbi ionici• Disidratazione• Ipercalcemia• Medicinali• Eventualmente morfinico

CoanalgesiciIn associazione con gli analgesici, tali molecole possono

potenziare l’effetto antalgico di questi. I coanalgesici sono essen-zialmente rappresentati dagli antinfiammatori non steroidei,particolarmente interessanti nel quadro dei dolori ossei metasta-tici, e dai corticosteroidi. Anche gli antispasmodici (trimebutinae foroglucinol, Spasfon®, e tiemonium, Soma®) fanno parte diquesta classe terapeutica.

Inoltre, i miorilassanti hanno la loro indicazione nell’ambitodella spasticità.

Dolori osseiUn ruolo particolare deve essere accordato alla gestione dei

dolori ossei metastatici. Al di fuori delle possibilità terapeuticheprecedentemente descritte, sono possibili dei trattamenti più spe-cifici. Fra questi, si possono citare i bifosfonati, anche al di fuoridi ogni ipercalcemia. L’acido pamidronico (Aredia®) è prescrittoin perfusione endovenosa di 90 mg, ogni 4 settimane, se è neces-sario e se è efficace, o, ancora, l’acido zoledronico (Zometa®) èprescritto alla dose di 4 mg in infusione endovenosa (cfr. Vidal®);un’idratazione adeguata è necessariamente associata a questi trat-tamenti.

La radioterapia a scopo antalgico è un altro ottimo strumento ditrattamento dei dolori da metastasi ossee, quando i siti sono poco

numerosi, come anche la radioterapia metabolica (Strontium® esamarium, Quadramet®), in caso di localizzazioni dolorose multi-ple.

Infine, anche le osteosintesi o la cementoplastica possono esseredelle soluzioni, in particolare in caso di rischio di frattura.

“ Punto importante

Una vigilanza aumentata, una rivalutazione e un riadat-tamento dei trattamenti morfinici sono indispensabili inoccasione di questi trattamenti specifici.

Dolori neuropaticiGli antalgici classici sono, di solito, inefficaci su questi dolori;

tuttavia, tramadolo, ossicodone e metadone hanno una certaazione sui dolori neuropatici.

Degli anticonvulsivanti e degli antidepressivi triciclici sono utiliz-zati in questa indicazione, a volte fuori AIC.

Il gabapentin (Neurontin®) è utilizzato a dosi progressive, conun aumento di 300 mg ogni 3 giorni fino a 900 mg. La posolo-gia è, in seguito, adattata in funzione dell’efficacia e può essereportata a 3 600 mg/die in tre somministrazioni (dose massimaraccomandata nel paziente anziano: 900 mg o anche meno, infunzione della clearance della creatinina). Anche la carbamaze-pina (Tegretol®) è prescritta a dosi progressive, con una posologiainiziale di 200-400 mg, sotto forma di liberazione prolungata (duesomministrazioni) o classica (due o tre somministrazioni). La pre-gabalina (Lyrica®), da iniziare a basse posologie (50-75 g), puòessere raddoppiata in funzione dell’efficacia e della tolleranzadopo 1 settimana, fino a 600 mg per 24 ore. Anche il clonazepam(Rivotril®) è utilizzato fuori AIC in caso di dolori neuropatici; il suocarattere sedativo è ben più interessante del suo potere analgesico.

Gli antidepressivi triciclici sarebbero efficaci soprattutto sullacomponente continua del dolore neuropatico. Essi sono utilizzatia basse dosi iniziali (10-20 mg/die), aumentando progressiva-mente la posologia (a scalini di 5-7 giorni). Gli effetti secondarisono spesso limitanti in questa indicazione. La clomipramina(Anafranil®), l’amitriptilina (Laroxyl®) e l’imipramina (Tofranil®)sono prescritti in particolare in questo tipo di dolore. Gli anti-depressivi con altri meccanismi d’azione non hanno dato provadella loro efficacia in questa sintomatologia, a eccezione delladuloxetina (Cymbalta®), buona alternativa in questi dolori.

La ketamina, non disponibile in medicina ambulatoriale, è par-ticolarmente interessante nel quadro di alcuni dolori neuropatici,delle algie indotte dai morfinici o in caso di cattiva tolleranza aforti dosi di questi ultimi.

Trattamenti non farmacologiciIn primo luogo e banalmente, una posizione confortevole per

il paziente ha delle virtù antalgiche, analogamente, a volte, allapresenza e all’ascolto. La fisioterapia, la mobilizzazione attiva opassiva e i massaggi sono degli apporti utili, purché siano adeguatialla situazione del paziente. Approcci psicoterapeutici, ipnosi,rilassamento e così via sono interessanti.

Cure ed esplorazioni doloroseUna cura o un’esplorazione potenzialmente dolorose devono

essere oggetto di un trattamento preventivo e il tempo d’azionedella molecola utilizzata è preso in considerazione prima della lororealizzazione. Inoltre, e in primo luogo, è opportuno interrogarsisempre sulla pertinenza degli esami, compresi i prelievi ematici,e, nella misura del possibile, raggrupparli.

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� Disturbi digestiviI disturbi digestivi sono frequenti e diversi. Noi tratteremo in

questo capitolo anche l’idratazione e l’alimentazione, nonché iproblemi orali.

Patologie della cavità oraleLa secchezza orale può essere facilitata dalla radioterapia, dalla

chemioterapia o da altre terapie. Una disidratazione può com-plicarsi con una secchezza orale. Essa è frequente in fin di vita.Mantenere una buona umidificazione orale è essenziale, qualun-que sia lo stadio evolutivo del paziente, assicurando comfort efavorendo alimentazione e comunicazione. Tuttavia, le cure oralidevono essere non traumatizzanti e avvenire con il consenso delpaziente. L’umidificazione della bocca è facilitata dall’assorbimentofrequente di piccoli sorsi di liquidi; masticare o succhiare pic-coli pezzi di ananas fresco permette di lottare contro la secchezzaorale. Una brumizzazione ripetuta di acqua minerale sulla facciainterna delle guance può rivelarsi molto efficace, come pure lanebulizzazione di Artisial® o di Bioxtra®.

In caso di bocca crostosa, una soluzione che associa 100 ml diacqua ossigenata a 10 volumi per 100 e 300 ml di soluzione fisio-logica fornisce un certo giovamento. Il ricorso alla Coca Cola®

oppure all’ananas fresco è un’altra possibilità.Di fronte a una candidosi orale, sono utili delle cure o degli

sciacqui orali con la seguente preparazione: bicarbonato di sodioisotonico 400 ml e nistatina 24 ml, eventualmente associati a unantisettico tipo exetidina (Hextril®) 75 ml. La stabilità di questasoluzione è di 3 giorni. Il fluconazolo (Triflucan®) in sospensioneorale è una soluzione, costosa ma possibile.

Una bocca infettata può essere trattata con un’associazione di125 ml di soluzione fisiologica, di 125 ml di glicerina e di 125 ml diEludril® (sciacqui orali). Tuttavia, questa miscela è una soluzionealcolica e il suo utilizzo in caso di ferite della cavità orale può, perquesto motivo, provocare dolore.

Un rimedio in caso di bocca nauseabonda che associa 120 ml dimetronidazolo (Flagyl®) al 4% e 480 ml di acqua distillata per-mette spesso un netto miglioramento.

In caso di sanguinamento orale, è preconizzato il sucralfato insospensione bevibile, sotto forma di sciacqui orali o di applica-zione locale, come anche l’acido tranexamico (Exacyl®).

Il sucralfato può anche essere utile in caso di ulcerazioni o diafte, caso in cui le soluzioni alcoliche sono da proscrivere.

Disturbi del transitoStipsi

La stipsi è frequente, eventualmente favorita dai trattamentifarmacologici, in particolare dagli oppioidi, o dall’allettamento.

“ Punto importante

Ogni terapia morfinica richiede una prevenzione dellastipsi.

Essa è valutata ricercando in particolare degli elementi cli-nici a favore di un’ostruzione (tumorale o su briglia) per laquale i lassativi stimolanti non sono indicati o, addirittura,sono controindicati. Individuare un fecaloma fa parte di que-sta esplorazione, come anche la ricerca di disturbi metaboliciscatenanti (ipokaliemia, ipercalcemia, ecc.). Ricordiamo che unasindrome confusionale recente può testimoniare l’esistenza di unfecaloma. Il trattamento è in primo luogo preventivo, basato,nella misura del possibile, sul mantenimento di un’attività, diun’alimentazione ricca di fibre e di un’idratazione soddisfacente.È utile anche un massaggio del quadro colico, in senso orario. I las-sativi utilizzabili possono essere di tipo osmotico, come il macrogol

(Forlax®, Movicol®), preferibilmente in una sola assunzione quoti-diana, o, ancora, il lattulosio, poco utilizzato nel quadro delle curepalliative a causa della sua tolleranza ridotta (dolori addominali,meteorismo, ecc.), così come il sorbitolo. I lassativi lubrificantie di massa sono da evitare nei pazienti sottoposti a cure pallia-tive a uno stadio evolutivo importante della loro malattia. Altremolecole, i lassativi stimolanti, sono invece utilizzabili. Il bisaco-dile (Contalax®) e gli antracenici, senna, aloe, frangola e cascara, siannoverano tra questi, come anche il docusato sodico (Jamylene®)o dei lassativi salini, ma questi ultimi sono associati ad altri tipi diprodotti (paraffina in particolare). In pratica, quando le feci sonodure, è preferibile un lassativo emolliente. In caso di feci molli o diatonia intestinale, è più indicato un lassativo stimolante. La stipsiindotta dai morfinici giustifica spesso il ricorso a un’associazionedi lassativi osmotici e stimolanti. L’utilizzo di purganti per via ret-tale, nel quadro delle cure palliative, è poco indicato, a eccezionedi casi particolari (fecaloma, lesione midollare). Se si rivela neces-saria l’evacuazione manuale di un fecaloma, essa deve avveniresotto trattamento antalgico. Raramente, è possibile essere portatia prescrivere del macrogol in preparazione per colonscopia o unperistaltico potente, la piridostigmina (Mestinon®), controindi-cata in caso di ostacolo.

DiarreaLa diarrea può avere una ripercussione fisica, psicologica e rela-

zionale sul paziente. Essa è poco frequente nelle cure palliative,favorita dai lassativi. Non deve essere confusa con le «false diarree»su fecaloma od ostacolo. La radioterapia e le infezioni (sindromedell’immunodeficienza umana [AIDS] in particolare) sono delleeziologie possibili. La correzione delle perdite idroelettrolitichepuò rivelarsi utile o, anche, necessaria e deve essere valutata infunzione dello stadio evolutivo e del comfort del paziente. Iltrattamento è sintomatico e gli oppioidi prescritti per un’altraindicazione o la loperamide sono efficaci, come anche l’acetorfan(Tiorfan®). Le diarree attiniche sono una particolarità in cui lacolestiramina (Questran®), in tre somministrazioni giornaliere di2-4 g, e l’alfatocoferolo (Toco 500®), alla dose di una a due capsuleal giorno, possono risultare efficaci.

Ostruzione e sindrome subocclusivaL’ostruzione e la sindrome subocclusiva hanno una frequenza

variabile, elevata nel caso delle neoplasie dell’ovaio. Le loro riper-cussioni devono essere valutate. Esse possono essere in rapportocon un’ostruzione intrinseca o con una compressione estrinsecao, anche, con una briglia e una carcinosi peritoneale. La terapiacorticosteroidea in boli è, talvolta, efficace. Può essere utile distin-guere le occlusioni alte, dove il vomito è spesso importante, dalleocclusioni basse, con notevole distensione addominale. In fun-zione dello stadio evolutivo della malattia iniziale, dell’eziologiadell’ostruzione, dello stato fisiologico del paziente e dei suoi desi-deri espressi, è ipotizzabile un ricorso chirurgico. Possono essereposizionate una sonda di aspirazione nasogastrica e, perfino, unagastro- o una digiunostomia «di scarico». La loro indicazione devesempre essere discussa in questo quadro. Il loro utilizzo mira alsollievo di vomiti incoercibili o fecaloidi e anche al manteni-mento di un’alimentazione «di piacere»; è opportuno, allora, ecome sempre, informare il paziente e informarsi dei suoi desiderie di ciò che è accettabile per lui. I trattamenti medici possonoessere associati diversamente. Antalgici e spasmolitici sono utili(cfr. supra) e la scopolamina per via sottocutanea presenta ildoppio vantaggio di essere spasmolitica e antisecretiva. Essa èutilizzabile alla dose di una-sei fiale da 0,5 mg/die, in infusionecontinua, preferibilmente con l’ausilio di una siringa elettrica. Gliantiemetici hanno un ruolo importante, in particolare i neurolet-tici tipo aloperidolo e clorpromazina (cfr. infra). Domperidonee metoclopramide (Primperan®) sono tipicamente controindicatiin caso di occlusione, ma la metoclopramide può essere tentataper 24 ore e sospesa in caso di aggravamento dei dolori addo-minali. Ondansetron (Zophren®) e ganisetron (Kytril®) non sonoindicati in questo quadro, ma possono essere tentati in caso diinsuccesso degli altri trattamenti. L’octreotide (Sandostatine®) pervia sottocutanea, alla posologia di 300-1 200 �g, si rivela spessoefficace su vomiti, dolori e distensione addominale. La terapia

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corticosteroidea, in genere sotto forma di un bolo iniziale aforte dosaggio, 1-4 mg/kg di metilprednisolone (Solu-Medrol®,Medrol®), utilizzabile per via sottocutanea fino a 120 mg puòessere utile, ma il suo proseguimento a dosi più basse deve esserevalutato.

Nausea e vomitoLe nausee e i vomiti sono frequenti, sommando insieme tutte le

patologie, soprattutto se si pensa a informarsi presso il paziente.La loro frequenza sembra aumentare con l’età. La ricerca diun’eziologia permette di essere più efficaci, così come la cono-scenza del meccanismo fisiopatologico in causa facilita la sceltaterapeutica.

Essi possono essere di origine iatrogena (morfinici, il dolore èesso stesso fonte di questi sintomi, antineoplastici, antibiotici,radioterapia addominopelvica, ecc.), di origine metabolica (iper-calcemia, ipokaliemia, iponatriemia, insufficienza renale, ecc.) oin rapporto con un’occlusione, una stipsi, una stasi gastrica oun’ipertensione intracranica o, anche, con dei disturbi vestibolari.Anche l’ansia è fonte di nausea o vomito, spiegazione possibile deivomiti anticipatori delle chemioterapie.

I neurolettici agiscono attraverso il loro effetto antidopaminer-gico. Essi sono attivi su nausea e vomito di origine centrale(metabolici, farmacologici) o viscerale. Possono essere procine-tici (metoclopramide, via sottocutanea possibile, domperidone,cfr. supra), ma sono controindicati in caso di ostacolo digestivo,anche se molto utili in caso di stasi gastrica o senza effetto proci-netico. È il caso dell’aloperidolo e della clorpromazina, usati allaposologia di 1-5 mg per via orale (la forma in gocce è molto adatta)tre volte al giorno o per via sottocutanea alla dose di 25 mg/die,in infusione continua alla siringa elettrica. Il loro utilizzo deveessere evitato in caso di stasi gastrica ed è opportuno tenereconto degli effetti sedativi di queste molecole. La scopolamina, ilcui effetto è essenzialmente anticolinergico, potrebbe essere utilequando l’origine dei disturbi è viscerale. In pratica, essa è utiliz-zata soprattutto, in questa indicazione, nel caso di una sindromesubocclusiva (cfr. supra) oppure se l’origine di nausea e vomito èvestibolare. I setroni (ondansetron, granisetron) hanno un’azioneantiserotoninergica; essi agiscono a livello dei centri cerebrali. Laloro indicazione è teoricamente riservata alla profilassi e al tratta-mento di nausea e vomito indotti dalla chemioterapia; essi sonoprescritti sui ricettari dei farmaci di eccezione. La terapia cortico-steroidea (metilprednisolone) è indicata in caso di disturbi emeticicausati dalla chemioterapia, dalla radioterapia, da una sindromesubocclusiva o da un’ipertensione intracranica. È possibile un trat-tamento delle nausee anticipatorie delle chemioterapie con unabenzodiazepina, in particolare il lorazepam (Temesta®), alla dosedi 0,5-1 mg ogni 8 ore. È, a volte, indispensabile l’associazione didue molecole. Altre misure possono risultare necessarie, come lariduzione o, anche, la sospensione degli apporti orali e delle cureorali, un’idratazione parenterale e il trattamento specifico di undisordine metabolico o di un’infezione. Una sonda nasogastricadi aspirazione o una gastrostomia sono raramente indicate in que-sto contesto. Infine, degli approcci psicocomportamentali e l’ipnosisono dei coadiuvanti utili, in particolare per i disturbi indotti dalleterapie.

Come sempre, la gestione terapeutica è adattata allo stato fisio-logico del paziente, tenendo conto dei suoi desideri.

DisfagiaLa disfagia può essere legata a un tumore, per compressione od

ostruzione, iatrogena (radio- o chemiomucite) e in rapporto conun cattivo stato della cavità orale. Ne sono, a volte, responsabilidei disturbi neurologici (paralisi del IX, sclerosi laterale amiotro-fica [SLA], demenza a uno stadio terminale, ecc.) o, anche, l’ansia.Essa può associarsi a disturbi della deglutizione e a false strade,con il rischio di infezione respiratoria bassa associata. La ricercadi un’eziologia, così come la valutazione delle conseguenze, con-dizionano la gestione.

Il metilprednisolone è indicato nelle ostruzioni esofagee tumo-rali, inizialmente per via iniettabile (1-4 mg/kg al giorno durante

1 settimana, via sottocutanea possibile fino a 120 mg), con pas-saggio alla via orale alla dose di 1 mg/kg al giorno. Possono essereindicati e discussi la ricanalizzazione mediante dilatazione, lasero radioterapia e il posizionamento di un’endoprotesi.

I disturbi della deglutizione derivano dal trattamento di unapatologia della cavità orale (cfr. supra bocca) o da un dolore.Essi possono anche giustificare un adattamento della strutturadell’alimentazione e dell’idratazione per via orale o anche lasospensione di queste, con un passaggio alla via enterale o paren-terale da discutere. Gli alimenti caldi o freddi (non tiepidi) e lebevande gassate sono deglutiti più facilmente. Anche la posi-zione, seduta con il capo inclinato sul torace, aiuta la deglutizione.Una rieducazione logopedica può essere pertinente in caso di talidisturbi. Per ripeterci, è importante adattarsi alla situazione delpaziente e ai suoi desideri.

SinghiozzoIl singhiozzo è di frequenza variabile e la sua origine può essere

digestiva o extradigestiva, in particolare cerebrale. Può esserefastidioso per l’alimentazione e la parola e fonte di astenia e diinsonnia.

Un versamento pleurico o peritoneale è un’origine possibile ela puntura lo può alleviare.

Il trattamento sintomatico fa ricorso a diversi tipi di mole-cole, in primo luogo, in caso di stasi gastrica, la metoclopramideo il domperidone. Quando il singhiozzo è ribelle, l’aloperidolo(5 mg per via orale o in iniezione endovenosa o sottocutanea)e la clorpromazina (fuori AIC, 25 mg per via orale, in infusioneendovenosa o sottocutanea) si rivelano spesso efficaci. Il baclo-fene (Lioresal®) è un altro prodotto attivo in questa indicazione(una mezza compressa tre volte al giorno). Infine, il midazolam(Hypnovel®, Versed®) si rivela efficace (2 mg o 2,5 mg sottolin-guali e, se necessario, ripetizione di questa assunzione o infusionesottocutanea alla dose minima efficace).

Carcinosi peritonealeLa carcinosi peritoneale, la cui frequenza non è trascurabile

nell’evoluzione comune delle neoplasie digestive e ovariche, puòessere fonte di stipsi o di occlusione, di nausea o vomito o, ancora,di dolori la cui gestione non è specifica (cfr. supra). È possibileanche la comparsa di un’ascite, che aggrava la prognosi. Il trat-tamento di un’ascite metastatica (o chilosa per lesione linfatica)è difficile e i diuretici tipo spironolattone sono efficaci in modomolto incostante. La sua gestione si basa, il più delle volte, supunture iterative, quando diviene sintomatica (fastidio, dispnea,dolore).

Anoressia. Cachessia. Alimentazione.IdratazioneAnoressia

L’anoressia (perdita di appetito) e la perdita di peso che ne derivasono quasi ineluttabili nei pazienti che sono sottoposti a curepalliative terminali, indipendentemente dal fatto che la patolo-gia iniziale sia o meno neoplastica. Esse sono fonte di ansia per ifamiliari e di alterazione della propria immagine corporea per ilpaziente.

“ Punto importante

Anoressie «curabili»• Mucite• Micosi oroesofagea• Dolore• Nausee, stipsi• Depressione

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Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici � I – 7-1099

Un’eziologia curabile è sempre ricercata e trattata. I corticoste-roidi hanno un effetto di stimolo dell’appetito in modo transitorio(massimo 8 settimane) e 15-30 mg di prednisolone possono essereprescritti in questa indicazione. Il megestrolo (Megace®) alla poso-logia di una-tre compresse al giorno migliora l’appetito e haun’azione favorevole sul peso.

CachessiaLa cachessia è facilitata dalla riduzione degli apporti proteo-

calorici, dall’ipercatabolismo indotto dalla patologia iniziale odalle eventuali superinfezioni o complicanze cutanee (escare inparticolare) o, ancora, dal malassorbimento associato ad alcunepatologie digestive (diarree infettive o postattiniche, per esempio).Essa favorisce la comparsa di complicanze cutanee e infettive.

AlimentazioneL’alimentazione orale deve essere privilegiata. Alla fine della

vita, essa mira soprattutto al comfort e al piacere del paziente edeve essere adattata al suo stato e ai suoi desideri. Supplementiipercalorici e iperprotidici possono essere discussi, anche in que-sto caso in funzione della condizione fisiologica del paziente,delle sue opinioni relativamente a questa e dei suoi desideri.L’alimentazione è, a volte, fonte di tensione tra il paziente, che siaccontenta di mangiare poco, e le persone intorno a lui, desiderosedi una sovra-alimentazione.

L’alimentazione enterale o parenterale deve essere discussa infunzione della volontà del paziente, dell’attesa circa il miglio-ramento del benessere che essa può apportare, dello stadioevolutivo e delle possibilità terapeutiche della malattia inizialeo dell’episodio intercorrente, nonché dell’aspettativa di vita pre-vedibile.

IdratazioneL’idratazione pone dei problemi simili, quanto alle decisioni

terapeutiche [1]. La disidratazione può essere provocata dalla mag-gior parte dei disturbi digestivi già passati in rassegna, nonché daun’eventuale ipercalcemia. È, quindi, pertinente trattare gli uniper ridurre l’altra. L’indicazione a una reidratazione deve tenereconto dello stato di evoluzione del paziente. Al di fuori della faseterminale, essa si può giustificare in caso di una sindrome con-fusionale o di un’agitazione, di cui sarebbe responsabile. In faseterminale, i fabbisogni idrici sono ridotti. In un paziente apire-tico, sono sufficienti 500 ml di una soluzione isotonica di clorurodi sodio al giorno, per via sottocutanea o su un sito impiantabile.Un’infusione solo notturna può avere il vantaggio di conservareuna certa autonomia diurna. È importante associare delle cure edelle umidificazioni orali. I trattamenti, in particolare morfinici,sono ridotti al fine di evitare i sovradosaggi. Degli apporti idricitroppo importanti possono aumentare le secrezioni tracheobron-chiali con l’ingombro e il fastidio che ne derivano.

Problemi cutaneiEscare, piaghe neoplastiche, prurito o, ancora, edemi possono

manifestarsi durante l’evoluzione di un paziente sottoposto a curepalliative.

EscareLe escare sono favorite in particolare dalla disidratazione, dalla

denutrizione, nonché dal ricovero a letto o dall’immobilizzazione.Noi insisteremo soprattutto sulla loro prevenzione. Questa si basainnanzitutto sull’esame cutaneo regolare del paziente. Sono anchenecessari, generalmente, un coprimaterasso o un materasso anti-decubito, come, nella misura del possibile, la variazione regolaredelle zone di pressione, permettendo cambiamenti di posizionedel paziente, idealmente ogni 2-3 ore. Mentre è possibile lo sfiora-mento cutaneo, i massaggi e le frizioni sono vietati, come anchel’alternanza ghiaccio/phon. Anche assicurare un’igiene cutaneaadeguata ed evitare macerazioni (urine, feci, ecc.) fanno parte diquesta prevenzione. Alimentazione e idratazione possono esserenecessarie in questa gestione, con i limiti descritti in precedenza.

Ricordiamo, infine, che le escare sono dolorose e che questo doloredeve essere trattato, sia al momento delle cure mediante intradosiche in maniera continua.

Piaghe neoplasticheLe piaghe neoplastiche possono essere tumorali o in rapporto

con il trattamento specifico (epitelite della radioterapia o sin-drome mani/piedi della chemioterapia). Come anche per le escare,la prima fase è la loro valutazione. Le piaghe tumorali sonooggetto di un trattamento locale, ma la loro evoluzione è in fun-zione del trattamento antineoplastico. Le medicazioni devono,tra l’altro, avere un ruolo protettivo «effetto paraurti». Le piaghemaleodoranti possono provocare l’emarginazione del paziente; lemedicazioni al carbone attivo o il metronidazolo a uso locale ogenerale sono interessanti in questa indicazione.

PruritoIl prurito deve essere oggetto di un’indagine e, se possibile, di un

trattamento eziologico. Un’ostruzione biliare e un’insufficienzarenale possono essere alla sua origine, ma anche una sindromeparaneoplastica o, anche, una parassitosi o un’intolleranza agliindumenti oppure un’allergia. Deve essere distinto dalle pareste-sie dei dolori neuropatici. Al di fuori dei trattamenti specifici,le terapie sintomatiche sono numerose e, a volte, deludenti. Inprimo luogo, lottare contro la secchezza cutanea con l’ausilio diemollienti (Dexeryl®, per esempio) è un fattore non trascurabile dimiglioramento. Al contrario, i dermocorticoidi sono da evitare aldi fuori del prurito associato ad alcune dermatosi. Gli antistaminiciH1, clorfeniramina (Polaramin®), cetirizina (Zyrtec®), oxatomide(Tinset®) e così via, hanno un’efficacia variabile; gli ultimi natisono considerati meno sedativi, ma la sedazione è, talvolta, utilein questa sintomatologia. La doxepina (Quitaxon®), antidepres-sivo con delle azioni antistaminiche H1 e H2, alla posologia di10-75 mg/die, porta spesso a una scomparsa del prurito. Altri anti-depressivi si sono dimostrati attivi, almeno parzialmente, come gliantipruriginosi, in particolare la paroxetina (Deroxat®) alla dosedi 10 mg/die o, ancora, la mirtazapina (Norset®). Quest’ultimaè utilizzata in particolare nel caso dei pruriti legati ai linfomi,alle colestasi maligne o alle insufficienze renali terminali. In casodi prurito colestatico, la colestiramina può rivelarsi attiva, comeanche alcuni androgeni, come noretandrolone (Nilevar®), alla dosedi 20 mg/die, o danazol (Danatrol®), alla dose di una-due capsulegiornaliere, ma il rischio di virilizzazione causato da questi ultimipuò limitarne l’indicazione.

� Disturbi respiratoriI disturbi respiratori sono frequenti, in particolare nel periodo

terminale, qualunque sia la patologia iniziale.

TosseLa tosse, meccanismo di difesa di fronte a un’irritazione delle

vie aeree, è frequente o anche grave in numerosissime patologieoncologiche, tanto più se è presente una lesione tumorale bronco-polmonare. Secca o produttiva, essa può accompagnarsi a emottisio a vomito. È fonte possibile di dolore, di dispnea, di ansia, diinsonnia o di astenia.

È ricercata un’eziologia, patologia tumorale, infezione respira-toria bassa, versamento pleurico, embolia polmonare, ma ancheinsufficienza cardiaca e reflusso gastroesofageo o, più banalmente,trattamento con inibitore dell’enzima di conversione.

Deve sempre essere discusso un trattamento specifico, asso-ciato a una gestione sintomatica. Nel caso di una tosse produttiva,l’efficacia e l’innocuità dell’umidificazione dell’aria inspirata sonomolto imprecise, come anche quelle dei mucolitici (carbo- o acetil-cisteina), in particolare in assenza di tosse efficace. Una fisioterapiarespiratoria, se lo stato del paziente lo autorizza, è utile.

Gli aerosol di �-2-mimetici sono interessanti in caso di bron-cospasmo associato. In caso di ingombro tracheobronchiale,in particolare nel periodo terminale, deve essere presa in

EMC - Trattato di Medicina Akos 7

I – 7-1099 � Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici

considerazione una restrizione degli apporti idrici, che precedel’utilizzo di anticolinergici (scopolamina) oppure in associazionecon questi. Può rivelarsi necessaria un’aspirazione, ma essa va, sepossibile, evitata, in quanto è una fonte importante di fastidio.Essa è, tuttavia, utile prima dell’introduzione degli anticolinergiciantisecretori.

Gli antitussigeni non sono, di solito, indicati in questa circo-stanza, eccezion fatta per la tosse produttiva che compare nelperiodo terminale e associata a una debolezza estrema. La tossesecca può trarre beneficio da un’umidificazione dell’aria inspirata(aerosol) e dal ricorso agli antitussigeni, rappresentati essenzial-mente dagli oppioidi. Il destrometorfano è prescritto alla dosedi 15-30 mg per assunzione, quattro volte al giorno a un inter-vallo di tempo di minimo 4 ore. La codeina è utilizzata nellestesse condizioni e anche la folcodina e la diidrocodeina sonovalide. Se il paziente che riceve un trattamento antalgico conmorfina presenta una tosse secca, è pertinente adattare le dosidi questa a scopo antitussigeno, limitando il numero di molecolesomministrate. In questo caso, la posologia è identica a quelladelle intradosi, nel quadro del dolore, e il trattamento di fondoè, in seguito, adattato in funzione dell’efficacia di questa terapia,tenendo ovviamente conto della sua tolleranza (cfr. effetti secon-dari dei morfinici). Una terapia corticosteroidea tipo prednisolonein un’assunzione mattutina di 30-60 mg può ridurre al minimouna tosse stizzosa, se questa è in rapporto con una patologia tumo-rale toracica. Produttiva o secca, la tosse può essere migliorata daun cambiamento di posizione del paziente nel letto.

DispneaLa dispnea, come il dolore, è un sintomo molto ansiogeno.

L’ansia può provocarla o aggravarla. Essa si accompagna o menoa segni obiettivi, al primo piano dei quali vi è la polipnea. Non ènecessariamente in rapporto con la gravità della malattia causale,ma è un fattore di prognosi infausta. La sua frequenza aumenta nelperiodo terminale. Acuta e, allora, raramente di origine neopla-stica, salvo in caso di trombosi della vena cava superiore, cronicao progressiva, essa deve essere valutata, sia nella sua intensità chenelle sue ripercussioni. La valutazione ricerca dei segni associatiche orientano l’indagine eziologica: dolore toracico, cianosi, tosse,rantoli bronchiali o polmonari, flebite, insufficienza cardiaca ecosì via. Le indagini alla ricerca di una’eziologia sono adeguateallo stato clinico del paziente. Fra queste eziologie, al di fuori deitumori delle vie aeree o delle compressioni estrinseche di queste,si possono riscontrare in particolare infezioni, anemia, embolia,edema polmonare acuto (EPA), lesioni neurologiche, sequele tera-peutiche e ansia, in particolare serotina, e la lista non è esauriente.

Il trattamento della dispnea ha lo scopo di migliorare il comforte di ridurre l’ansia del paziente e dei familiari. Sono sempre attuatedelle tecniche non farmacologiche: rassicurare e informare, posizionesemiseduta, calma, rilassamento e controllo respiratorio, flussod’aria nella stanza. La prescrizione di terapie sintomatiche farma-cologiche, come anche quella di un’eventuale terapia eziologica,è in funzione dello stadio evolutivo della malattia, dei desideriespressi dal paziente e dei benefici attesi. L’ossigenoterapia, al difuori della prosecuzione di un trattamento precedente, è moltocontroversa, anche quando esiste una desaturazione ematica inossigeno. Essa può avere un effetto rassicurante per il pazientee i familiari, ma ha l’inconveniente di ridurre la motilità delpaziente e di provocare una secchezza delle mucose. L’erogazionecon inserto nasale è preferita a quella con maschera, che riduce lepossibilità di comunicazione. La morfina, riducendo la frequenzarespiratoria e la percezione del disagio generato, è di grande inte-resse. La via orale è sempre privilegiata. Se essa è impossibile, èpossibile la somministrazione sottocutanea o endovenosa (se esi-ste un sito impiantabile) nelle stesse condizioni di dosaggio usateper l’equianalgesia.

Nel caso di una dispnea continua, può essere instaurato oppureriadattato un trattamento di fondo. Le benzodiazepine a basse dosipossono migliorare la dispnea con il loro effetto ansiolitico e mio-rilassante. Il lorazepam (Temesta®) è rapidamente efficace per viasublinguale alla dose di 0,5-1 mg e la sua emivita permette, senecessario, una somministrazione biquotidiana. Se la via orale è

impossibile, sono realizzabili iniezioni o infusioni endovenose osottocutanee con diazepam (Valium®) alla dose di 5-10 mg per 24ore o, meglio, con midazolam (Versed®, Ipnovel®), alla posologiadi 5-20 mg per 24 ore (frazionamento necessario). La terapia corti-costeroidea (prednisolone, metilprednisolone) è di interesse medionelle dispnee per compressione tumorale delle vie aeree o dellavena cava superiore o, ancora, in caso di linfangiti carcinoma-tose. I broncodilatatori, sotto forma di aerosol, sono utili quandoesiste un broncospasmo associato.

“ Punto importante

Morfina orale e dispnea• Paziente non esposto in precedenza a morfina: 2,5 mgdi morfina, al bisogno, 1 ora minimo tra ogni assunzione.Efficacia per 4 ore• Paziente sotto morfinico debole: 5-10 mg, al bisogno,nelle stesse condizioni• Paziente sotto morfina: principio delle intradosi oaumento del trattamento di fondo del 30%

EmottisiLe emottisi sono oggetto di una gestione differenziata in fun-

zione della loro importanza, della loro eziologia e dello statofisiologico del paziente. Il trattamento eziologico di un’emboliapolmonare o di un’infezione respiratoria bassa si può giustifi-care in funzione dei benefici attesi per il paziente. Una dispneaassociata deve essere trattata. Se di abbondanza scarsa o media, èpossibile il ricorso all’acido tranexamico (Exacyl®) alla dose di 1 g3 volte al giorno. Una radioterapia localizzata a scopo emostaticoè possibile dopo la localizzazione fibroscopica della lesione emor-ragica, se lo stato del paziente lo permette. Le emorragie massivedel periodo terminale sono di gestione difficile (cfr. infra).

Infezioni respiratorie basseIn caso di infezioni respiratorie basse si giustifica una terapia

antibiotica ad ogni stadio evolutivo. In effetti, mentre essa è indi-scutibile al di fuori della fase terminale, essa migliora il benesseredel paziente in fin di vita, senza influire sull’evoluzione. In questocaso, è spesso efficace un’iniezione unica endovenosa o sottocuta-nea di un antibiotico ad ampio spettro (ceftriaxone, cefotaxima).Essa può essere rinnovata se i sintomi di fastidio respiratorioricompaiono. Inoltre, è intrapreso il trattamento della febbre, diuna dispnea o della tosse.

Versamenti pleuriciI versamenti pleurici possono essere oggetto di aspirazione o di

drenaggio o, anche, di trattamenti più incisivi, in funzione deldisagio causato, e, anche in questo caso, dello stato fisiologico delpaziente.

Rantoli agoniciLa gestione dei rantoli agonici, particolarmente penosi per le

persone vicine, tanto per i familiari che per il personale sanitario,si basa sull’informazione fornita a questi ultimi: in rapporto conuna tosse inefficace o assente, poiché il paziente incosciente nonha la percezione di questi rantoli, essi non gli causano fastidio.Il posizionamento in decubito laterale, con il torso leggermentesollevato, è una misura semplice ed efficace; un’aspirazione oro-faringea delicata può avere un certo interesse. Gli apporti idricisono ridotti; è utile la prescrizione precoce di antisecretori (scopo-lamina, atropina, 0,25-0,5 mg sottocute, ogni 6 ore, se necessario).

8 EMC - Trattato di Medicina Akos

Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici � I – 7-1099

� Disturbi neuropsichiciAnsia

L’ansia è frequente nelle cure palliative, in tutti gli stadi evolu-tivi, talvolta sotto la maschera di dolore, di nausea o di dispnea,oppure può essere provocata da questi ultimi. Essa può accompa-gnare una sindrome depressiva o confusionale o esserne il primosegno. Il suo trattamento è istituito rapidamente e fa ricorsoa un approccio non farmacologico (rilassamento, verbalizzazione,tocco-massaggio, ecc.) e alla farmacopea. Sono preferite le benzo-diazepine a emivita breve e, se possibile, senza metaboliti attivi,somministrate per via orale (alprazolam, lorazepam, oxazepam).Anche il midazolam è utilizzabile come ansiolitico. Le azioni ipno-tiche, amnesizzanti e miorilassanti di queste molecole possonoessere dei freni o delle indicazioni supplementari alla loro pre-scrizione. Ricordiamo la loro azione anticonvulsivante, così comel’inutilità dell’associazione di due benzodiazepine. Altrettanti ele-menti possono guidare la scelta della molecola. Segnaliamo,infine, le reazioni paradossali che possono determinare. Inoltre,esistono altre molecole ansiolitiche: degli antidepressivi o dei neu-rolettici e, in alcuni casi, i carbamati. Il meprobamato (Equanil®)è un’alternativa. La mequitozina (Atarax®), eccellente sedativo, èpoco ansiolitica. Queste molecole possono interferire con altre adazione centrale, in particolare i morfinici. Il ricorso a uno psichia-tra o a uno psicologo può rivelarsi appropriato, purché il pazientesia d’accordo.

DepressioneLa depressione, la cui prevalenza sarebbe del 50% circa nei

pazienti cancerosi, è di diagnosi difficile nelle cure palliative.In effetti, i segni e i sintomi elencati nel DSM IV o nel CIM 10possono essere in rapporto con la patologia iniziale o, ancora,con le terapie. Il ricorso allo psichiatra o allo psicologo è pre-zioso sia per l’aiuto diagnostico che per la gestione terapeutica.Fattori di rischio importanti sono rappresentati dall’esistenza diun sintomo non controllato, dalla dipendenza, dalla perdita deirapporti sociali, dalla paura relativa al futuro della famiglia o,ancora, dal sentimento di inutilità e di essere un peso. Il tratta-mento passa attraverso la regolarizzazione dei problemi sintomatici esociali eventuali. L’ascolto e la presa in considerazione del pazientesono fondamentali, preferibilmente con l’aiuto di persone dispo-ste alla collaborazione nell’ambiente che circonda il paziente. Sulpiano farmacologico, sono utilizzabili varie molecole: gli antide-pressivi triciclici, i cui effetti secondari restano importanti, ma chepossono avere il vantaggio di un’attività sui dolori neuropatici.Gli inibitori del reuptake della serotonina (IRS) hanno globalmenteuna buona tolleranza, come anche gli IRSNA (serotonina e nora-drenalina), come milnacipran (Ixel®), venlafaxina (Effexor®) eduloxetina (Cymbalta®), o, ancora, gli α-2-bloccanti presinaptici(mianserina, Athymil®, mirtazapina, Norset®). La scelta dellamolecola può essere dettata dal suo potere sedativo (mianserina,paroxetina, amitriptillina) o, al contrario, stimolante (fluoxetinae minalcipran, per esempio). Paroxetina (Deroxat®), citalopram(Seropram®) e clomipramina (Anafranil®) sono, inoltre, efficacinegli attacchi di panico. Infine, mianserina e mirtazapina sonooressigenici e l’ultima molecola è poco o affatto sedativa. Gli anti-depressivi richiedono 3 settimane per essere efficaci (sei in unpaziente anziano). Esistono delle interazioni tra gli antidepressivie numerose molecole utilizzate nelle cure palliative o in oncologia(cfr. Vidal®).

Disturbi del sonnoI disturbi del sonno hanno una frequenza variabile a seconda

degli studi e delle patologie iniziali. L’insonnia di addormenta-mento, con risvegli notturni o mista, è la più segnalata. Deveessere ricercata un’eziologia: depressione, ansia, dolore o altro sin-tomo o, più semplicemente, una cattiva posizione nel letto inun paziente che non può muoversi. Il suo trattamento si basa sumisure non farmacologiche volte al benessere fisico, ambientalee sonoro, rispettando o ripristinando l’habitus del paziente. La

farmacoterapia, la cui instaurazione non è sistematica, è, primadi tutto, quella della causa dell’insonnia. Essa tiene conto delleterapie già instaurate per ridurre il numero delle molecole som-ministrate e gli effetti avversi. Il zolpidem, la cui emivita è breve,è molto adatto alle difficoltà di addormentamento. Il zopiclone,a emivita più lunga, è molto indicato in caso di risvegli notturnio di insonnia mista. Ricordiamo che queste due molecole, ben-ché non siano delle benzodiazepine, ne possiedono le proprietà.Le benzodiazepine e gli antidepressivi sedativi (in particolare lamianserina alla dose di 10-20 mg di sera) sono delle alterna-tive possibili. Segnaliamo, in quanto poco rilevate, ma, a volte,molto invalidanti per il paziente, le ipersonnie, associate o menoall’astenia.

Sindrome confusionaleLa sindrome confusionale, delirium del Diagnostic and Statisti-

cal Manual Disorder IV (DSM IV), vede la sua frequenza aumentarein fase terminale. Essa associa dei disturbi cognitivi, compor-tamentali (agitazione o letargia) e della vigilanza (diminuzioneo esacerbazione) o, anche, delle allucinazioni. Questi sintomifluttuano durante la giornata, con una frequente recrudescenzaserotina. Deve essere ricercata un’eziologia, in particolare farma-cologica. Ricordiamo che i morfinici, spesso incriminati, sonomolto raramente in causa, il che giustifica di ricercare sempreun’altra origine (cfr. supra). Ipercalcemia, disidratazione, iperten-sione intracranica, fecaloma, globo vescicale e infezioni, ancheal di fuori del nevrasse, sono spesso causa di delirium, senzaparlare del dolore o delle astinenze farmacologiche. Sono spessonecessari esami complementari, al di fuori della fase terminale.Il trattamento, se possibile associato a quello dell’eziologia, sibasa sulla realizzazione di un ambiente calmo e rassicurante, for-nendo spiegazioni e orientamento al paziente. Le contenzioni,fonte di aggravamento, sono evitate. Un trattamento neurolettico,preferibilmente orale, è, talvolta, utile o, anche, urgente, in parti-colare in caso di una pericolosità del paziente (per sé o per altri).Sono utilizzabili aloperidolo (0,5 mg tre volte al giorno, da adat-tare all’efficacia), risperidone (1-2 mg in un’assunzione al giorno)oppure olanzapina (in particolare Zyprexa Velotab®, orodisper-sibile, 5-10 mg in un’assunzione quotidiana). In caso di ansiaimportante, possono essere associati a una benzodiazepina. Laprosecuzione di questo trattamento è da rivalutare in funzionedei sintomi [4].

� Altre manifestazioniSenza voler essere esaustivi, è necessario descrivere alcune mani-

festazioni.L’astenia, molto frequente, iatrogena e collegata a un’anemia

o idiopatica, è difficile da vincere. I corticosteroidi, prescritti perun’altra indicazione, sono, talvolta, efficaci. Studiato in questa cir-costanza, il Ritalin® sembra promettente. I disturbi urinari hannouna frequenza variabile. Il trattamento di un’infezione urinaria èidentico a quello generalmente utilizzato; in fase terminale o ago-nica può non essere giustificato e una contaminazione battericaè costante su un catetere di più di 5 giorni e richiede un trat-tamento solo in caso di segni generali. L’incontinenza urinaria, avolte sintomatica (infezione urinaria o fecaloma in particolare),può richiedere in ultimo ricorso il catetere a dimora, allo scopodi proteggere la cute. La ritenzione di urina, dolorosa, deve sem-pre essere ricercata e trattata; morfinici e parasimpaticolitici lafavoriscono. Ricordiamo che un catetere urinario può ostruirsi.Un’ematuria può richiedere una consulenza urologica; è utilizza-bile l’acido tranexamico.

Le urgenze palliative, anche in fase terminale, sono una realtà. Ladispnea, il dolore, un globo vescicale, un’agitazione o un’ansia gravene sono delle dimostrazioni. Le emorragie costituiscono un altrocaso di urgenza palliativa. Al di fuori della fase terminale, restalecito proporre un trattamento specifico, per esempio la radiotera-pia per un’emottisi o un’ematuria o una sclerosi di varici esofagee.Il trattamento sintomatico può fare ricorso all’acido tranexamico.

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Un’emorragia importante in fase terminale, molto ansiogena, puògiustificare una sedazione; l’utilizzo di tovaglioli di colore bluscuro o verde scuro permette di assorbire il sangue occultandoloal meglio. Inoltre, le emergenze mediche nelle cure palliative nonterminali possono beneficiare della stessa gestione terapeutica uti-lizzata al di fuori di questo contesto.

� ConclusioniI trattamenti nelle cure palliative, farmacologici e non farma-

cologici, sono dei trattamenti attivi, proporzionati e adeguati allacondizione del paziente. Essi rispettano i desideri di quest’ultimoe tengono conto delle persone che gli sono vicine (compresoil personale sanitario). Non sono dispensati esclusivamente aipazienti in fase terminale, ma riguardano qualsiasi persona affettada una malattia incurabile. Essi presuppongono la valutazionepiù completa possibile della situazione e si integrano in un soste-gno globale del paziente e dei suoi parenti. Le molecole utilizzatedevono essere il meno numerose possibile e avere il minimo dieffetti secondari. La loro prescrizione utilizza al meglio i loro mol-teplici effetti.

� Riferimenti bibliografici[1] Varin D, Levy-Soussan M, Chabert A. Soins palliatifs et accompagne-

ment : une démarche aux enjeux essentiels. EMC (Elsevier MassonSAS, Paris), Traité AKOS, 7-1098, 2012: 4p.

[2] Lassauniere JM. Guide pratique de soins palliatifs. T1 : aspects médi-caux. Paris: John Libbey Eurotext; 2005.

[3] Watson MS, Lucas C, Hoy A. Oxford handbook of palliative care.Oxford: Oxford University Press; 2005, 819 p.

[4] Reich M, Lassauniere JM. Prise en charge de la confusion mentale(delirium) en soins palliatifs : l’exemple du cancer. Médecine palliative2002;2:55–70.

Per saperne di piùCentre de ressources national Francois-Xavier Bagnoud : www.cdrnfxb.org.Fédération nationale des centres de lutte contre le cancer : www.fnclcc.fr.Modalités de prise en charge de l’adulte nécessitant des soins palliatifs :

www.has-sante.fr/portail/display.jsp?id=c 272224.Soins palliatifs : spécificité d’utilisation des médicaments courants hors

antalgiques : http://www.afssaps.fr/var/afssaps site/storage/original/application/d7f206c6f9061f563037cb8ad763119e.pdf.

National Library for Health: http://www.cks.nhs.uk/home.Société Francaise d’accompagnement et de soins palliatifs : www.sfap.org.S.O.R. Traitements antalgiques médicamenteux des douleurs cancéreuses

par excès de nociception chez l’adulte. Paris: John Libbey Eurotext;2003.

http://www.sor-cancer.fr/Mini DSM-IV Critères diagnostiques. Paris: Masson; 2002.www.portail-soins-palliatifs.fr.www.palliativedrugs.com.Prévention et traitement des escarres de l’adulte et du sujet âgé : www.has-

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pdf.

D. Varin ([email protected]).M. Levy Soussan.A. Chabert.Unité mobile de soins palliatifs, Hôpital de la Pitié-Salpêtrière, 83, boulevard de l’Hôpital, 75013 Paris, France.

Ogni riferimento a questo articolo deve portare la menzione: Varin D, Levy Soussan M, Chabert A. Cure palliative nell’adulto: aspetti clinici. EMC - Trattatodi Medicina Akos 2013;15(2):1-10 [Articolo I – 7-1099].

Disponibile su www.em-consulte.com/it

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