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Provvedimenti della P.A. Il danno da ritardo: tra risarcimento ed indennizzo CONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1406 - Pres. ff. Leoni - Est. Taormina - F. s.r.l. c. Comune di D. Il ritardo nell’emanazione di un provvedimento amministrativo e ` elemento sufficiente a configurare un danno ingiusto, ristorabile, quante volte il procedimento sia da conclude- re in senso favorevole per il privato, atteso che anche il tempo costituisce, di per se ´, un bene della vita. Nondimeno, la risarcibilita ` della lesione di tale interesse pretensivo, iscri- vendosi nell’alveo dell’art. 2043 c.c., necessita della prova, a cura del danneggiato, ai sensi dell’art. 2696 c.c., di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, oggettivi e sogget- tivi, costituendo il superamento del termine di definizione del procedimento solo un mero indice presuntivo, ma non integra la piena prova del danno. (Omissis). 1. L’appello e ` parzialmente fondato, e deve essere parzial- mente accolto, nei termini che verranno analiticamente indicati nella motivazione che segue. 1.1. Contrariamente a quanto richiesto dall’appellata am- ministrazione comunale non ritiene il Collegio di aderire alla richiesta di riunione del gravame in epigrafe n. 5419/ 2010 proposto dalla societa ` F. s.r.l. avverso la sentenza n. 859/2009 con i ricorsi in appello n. 5223/2008 e n. 5493/ 2008 proposti dalla stessa societa ` odierna appellante F. s.r.l. e dall’amministrazione comunale di Desenzano avver- so la sentenza n. 279/2008 e del pari chiamati in decisione alla odierna pubblica udienza trattandosi di fattispecie con- nesse unicamente sotto il profilo ‘‘storico’’ che presentano problematiche giuridiche e fattuali distinte e che, pertanto, e ` opportuno esaminare separatamente. 2. Cio ` premesso, la prima complessa doglianza che e ` op- portuno scrutinare riguarda i capi della gravata decisione merce ´ i quali il primo giudice ha ritenuto di respingere la censura incentrata sulla asserita mancanza di un titolo vin- colante che imponesse alla appellante societa ` la cessione al Comune dell’area destinata a parcheggio pubblico dal PRG. 2.1. Tale porzione del ricorso in appello e ` palesemente in- fondata. L’appellante supporta la propria critica alla gravata senten- za attraverso tre prospettazioni, richiamandosi addirittura alle disposizioni di cui all’art. 23 e 42 della Costituzione. Si e ` sostenuto infatti che non v’era alcun obbligo di legge incombente sulla stessa che la onerasse a cedere le dette aree al comune; che alla dichiarazione di cessione sotto- scritta dal proprio legale rappresentante non poteva attri- buirsi il detto significato (e che, sostanzialmente, detta di- chiarazione era stata dal Comune ‘‘forzosamente ottenuta’’) e che neppure un simile obbligo era ascrivibile alla propria dante causa, tanto che non era mai stato trascritto ne ´ ri- portato nel permesso di costruire a quest’ultima rilasciato. In ogni caso per i contratti sottoscritti dall’amministrazione era prevista la forma scritta (imposta ad substantiam, a pena di nullita ` dell’atto) per cui ogni pattuizione relativa era nulla. 2.2. Rileva il Collegio (seppur nei limiti della cognizione spettante sulla questione che la difesa dell’appellante pone) che gli argomenti difensivi - a tratti confondendo la que- stione della opponibilita ` a terzi delle pattuizioni stipulate in materia urbanistica dall’amministrazione con i privati con quella del vincolo nascente sull’acquirente o sulla par- te che per prima ebbe ad impegnarsi - prospetta censure del tutto inconsistenti. Stabilisce l’art. 1489 del codice civile che «se la cosa ven- duta e ` gravata da oneri o da diritti reali o personali non apparenti che ne diminuiscono il libero godimento e non sono stati dichiarati nel contratto, il compratore che non ne abbia avuto conoscenza puo ` domandare la risoluzione del contratto oppure una riduzione del prezzo secondo la disposizione dell’articolo 1480». Ne discende che nulla puo ` essere obiettato se la previsione sia contenuta nell’atto di acquisto e/o se della sussistenza del ‘‘vincolo’’ l’acquirente fosse stato edotto: egli e ` anzi te- nuto a rispettare detta previsione. Nel caso di specie nel rogito di acquisto dell’area del 20 novembre 1997 rep. 13070 notaio Rottoli era espressa- mente specificato, al punto 5 che «esiste l’obbligo di cede- re gratuitamente al Comune di Desenzano del Garda le parti dei terreni acquistati come risulta dalla planimetria allegata al citato atto di provenienza sotto la lettera B e che ‘‘parte acquirente’’ si dichiara edotta ed accetta tutti i patti e le condizioni riportati nel citato atto di provenienza o dallo stesso richiamati». Appare incontestabile pertanto che: l’obbligo predetto era sussistente in capo alla dante causa dell’acquirente, e non risulta che la cedente lo abbia mai contestato innanzi al giudice civile competente; che di detto obbligo l’odierna appellante fu resa edotta; che esso vincolava espressamente quest’ultima; che, coerentemente con detto impegno an- che quest’ultima abbia provveduto a darvi corso con sepa- amministrativo AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA n 1200 IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013

Danno Da Ritardo

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sul danno da ritardo nel rilascio di provvedimenti amministrativi

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Provvedimenti della P.A.

Il danno da ritardo:tra risarcimento ed indennizzoCONSIGLIO DI STATO, Sez. IV, 7 marzo 2013, n. 1406 - Pres. ff. Leoni - Est. Taormina - F. s.r.l. c.Comune di D.

Il ritardo nell’emanazione di un provvedimento amministrativo e elemento sufficiente aconfigurare un danno ingiusto, ristorabile, quante volte il procedimento sia da conclude-re in senso favorevole per il privato, atteso che anche il tempo costituisce, di per se, unbene della vita. Nondimeno, la risarcibilita della lesione di tale interesse pretensivo, iscri-vendosi nell’alveo dell’art. 2043 c.c., necessita della prova, a cura del danneggiato, aisensi dell’art. 2696 c.c., di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie, oggettivi e sogget-tivi, costituendo il superamento del termine di definizione del procedimento solo un meroindice presuntivo, ma non integra la piena prova del danno.

(Omissis).1. L’appello e parzialmente fondato, e deve essere parzial-mente accolto, nei termini che verranno analiticamenteindicati nella motivazione che segue.1.1. Contrariamente a quanto richiesto dall’appellata am-ministrazione comunale non ritiene il Collegio di aderirealla richiesta di riunione del gravame in epigrafe n. 5419/2010 proposto dalla societa F. s.r.l. avverso la sentenza n.859/2009 con i ricorsi in appello n. 5223/2008 e n. 5493/2008 proposti dalla stessa societa odierna appellante F.s.r.l. e dall’amministrazione comunale di Desenzano avver-so la sentenza n. 279/2008 e del pari chiamati in decisionealla odierna pubblica udienza trattandosi di fattispecie con-nesse unicamente sotto il profilo ‘‘storico’’ che presentanoproblematiche giuridiche e fattuali distinte e che, pertanto,e opportuno esaminare separatamente.2. Cio premesso, la prima complessa doglianza che e op-portuno scrutinare riguarda i capi della gravata decisionemerce i quali il primo giudice ha ritenuto di respingere lacensura incentrata sulla asserita mancanza di un titolo vin-colante che imponesse alla appellante societa la cessioneal Comune dell’area destinata a parcheggio pubblico dalPRG.2.1. Tale porzione del ricorso in appello e palesemente in-fondata.L’appellante supporta la propria critica alla gravata senten-za attraverso tre prospettazioni, richiamandosi addiritturaalle disposizioni di cui all’art. 23 e 42 della Costituzione.Si e sostenuto infatti che non v’era alcun obbligo di leggeincombente sulla stessa che la onerasse a cedere le dettearee al comune; che alla dichiarazione di cessione sotto-scritta dal proprio legale rappresentante non poteva attri-buirsi il detto significato (e che, sostanzialmente, detta di-chiarazione era stata dal Comune ‘‘forzosamente ottenuta’’)e che neppure un simile obbligo era ascrivibile alla propriadante causa, tanto che non era mai stato trascritto ne ri-portato nel permesso di costruire a quest’ultima rilasciato.In ogni caso per i contratti sottoscritti dall’amministrazione

era prevista la forma scritta (imposta ad substantiam, a penadi nullita dell’atto) per cui ogni pattuizione relativa eranulla.2.2. Rileva il Collegio (seppur nei limiti della cognizionespettante sulla questione che la difesa dell’appellante pone)che gli argomenti difensivi - a tratti confondendo la que-stione della opponibilita a terzi delle pattuizioni stipulatein materia urbanistica dall’amministrazione con i privaticon quella del vincolo nascente sull’acquirente o sulla par-te che per prima ebbe ad impegnarsi - prospetta censuredel tutto inconsistenti.Stabilisce l’art. 1489 del codice civile che «se la cosa ven-duta e gravata da oneri o da diritti reali o personali nonapparenti che ne diminuiscono il libero godimento e nonsono stati dichiarati nel contratto, il compratore che nonne abbia avuto conoscenza puo domandare la risoluzionedel contratto oppure una riduzione del prezzo secondo ladisposizione dell’articolo 1480».Ne discende che nulla puo essere obiettato se la previsionesia contenuta nell’atto di acquisto e/o se della sussistenzadel ‘‘vincolo’’ l’acquirente fosse stato edotto: egli e anzi te-nuto a rispettare detta previsione.Nel caso di specie nel rogito di acquisto dell’area del 20novembre 1997 rep. 13070 notaio Rottoli era espressa-mente specificato, al punto 5 che «esiste l’obbligo di cede-re gratuitamente al Comune di Desenzano del Garda leparti dei terreni acquistati come risulta dalla planimetriaallegata al citato atto di provenienza sotto la lettera B eche ‘‘parte acquirente’’ si dichiara edotta ed accetta tutti ipatti e le condizioni riportati nel citato atto di provenienzao dallo stesso richiamati».Appare incontestabile pertanto che: l’obbligo predetto erasussistente in capo alla dante causa dell’acquirente, e nonrisulta che la cedente lo abbia mai contestato innanzi algiudice civile competente; che di detto obbligo l’odiernaappellante fu resa edotta; che esso vincolava espressamentequest’ultima; che, coerentemente con detto impegno an-che quest’ultima abbia provveduto a darvi corso con sepa-

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rata e successiva dichiarazione indirizzata all’amministrazio-ne comunale.In contrario senso rispetto alle emergenze processuali, l’ap-pellante ipotizza che - quanto all’atto del 2007 dalla stessasottoscritto - il significato del medesimo non fosse quellodesumibile dal tenore letterale; che quest’ultimo le sia sta-to sostanzialmente ‘‘estorto’’ dal comune; che nessun vin-colo incombeva su se stessa e neppure sulla propria dantecausa. Senonche, in disparte la circostanza che la preesi-stenza del vincolo a cedere l’area al comune non e maistata contestata, davvero non e agevole riscontrare in basea quale iter logico possa essere prospettata la detta doman-da.Argomentando per pura comodita espositiva ipotizzandoche l’obbligo non preesistesse a carico della propria dantecausa, una volta inserito nell’atto di acquisto lo stesso inte-gra obbligo perfetto ed efficace in capo all’acquirente.L’appellante sostiene che non si era in presenza di alcunaconvenzione urbanistica e che pertanto non sarebbe trasla-bile alla vicenda il principio per cui «l’obbligo di ‘‘facere’’,previsto in una convenzione a carico della parte lottizzan-te, consistente nella realizzazione delle opere e nella conse-guente cessione delle aree, ai sensi dell’art. 8, comma 5, n.2 e comma 7, della legge 6 agosto 1967, n. 765 ha naturadi prestazione patrimoniale imposta e di obbligazione ‘‘am-bulatoria’’ o ‘‘propter rem’’ dal lato passivo, gravante, quin-di, sugli aventi causa degli originari lottizzanti, per cui, dinorma e salva diversa pattuizione negoziale, l’avente causadel lottizzante assume tutti gli oneri a carico di quest’ulti-mo in sede di convenzione di lottizzazione, compresi quellidi urbanizzazione ancora dovuti. In sintesi, la natura ‘‘rea-le’’ dell’obbligazione riguarda i soggetti che stipulano laconvenzione, quelli che richiedono la concessione, quelliche realizzano l’edificazione e poi i loro aventi causa».(T.A.R. Calabria Catanzaro, Sez. I, 19 settembre 2011, n.12259).Ma cio non integra affatto l’unico ‘‘titolo valido’’ in baseal quale e possibile convenire una cessione di aree all’am-ministrazione comunale.Cio in disparte la circostanza che l’appellante medesima,con un atto di univoco tenore, cedette l’area stessa al Co-mune: il Collegio ritiene che la censura sia del tutto sforni-ta di qualsivoglia fumus di accoglibilita.Ne riveste possibile motivo di accoglimento della pretesala (asseritamente vana) ricerca del ‘‘titolo sotteso’’ in baseal quale la propria dante causa ritenne di essere obbligataalla cessione di un’area al Comune: detto elemento infattirisulta del tutto ininfluente, ben potendo la propria dantecausa essersi determinata alla detta cessione per qualsivo-glia ragione e, financo, per spirito di liberalita ed anche incarenza di alcun preesistente impegno, per la prima volta,allorche cedette l’area alla odierna appellante.La circostanza che tale obbligo sia stato inserito nel titoloin base al quale l’appellante avente causa e divenuta pro-prietaria, e che la detta appellante, stipulando il negozio dicompravendita, si sia impegnata a rispettare, tra l’altro, det-ta pattuizione implica che sia incontestabile la sussistenzadi un obbligo sulla stessa incombente, a tutto concederesecondo lo schema del contratto a favore di terzo.Tutto cio - lo si ripete - a tacere del fatto che successiva-mente il legale rappresentante dell’appellante sottoscrisseun analogo atto d’obbligo avente identico contenuto eche non risulta sia stato chiesta innanzi al competente giu-dice civile la declaratoria di inefficacia dello stesso inquanto affetto da vizio del consenso.

Da qualsiasi angolo prospettico la si valuti, la doglianza vasicuramente disattesa.3. Vanno adesso partitamente vagliate le ulteriori doglian-ze articolate dall’appellante ed investenti i capi della impu-gnata decisione reiettivi (o soltanto parzialmente accogliti-vi) delle censure articolate nel mezzo di primo grado ed in-vestenti le limitazioni introdotte dal Comune nel permessodi costruire n. 12893 del 30 luglio 2007 rispetto al proget-to presentato, la determinazione del contributo di costru-zione e la quantificazione risarcitoria.3.1. Possono essere esaminate congiuntamente le censurerubricate ai nn. 2 e 3 dell’atto di appello.3.2. La prima di esse e volta a ribadire la tesi secondo cuila pretesa del Comune di computare il seminterrato adibi-to a ristorante nella SLP, e quindi nella volumetria, viole-rebbe l’art. 2 comma 1 della L.R. 12/1997 e l’art. 4 delleNTA vigenti all’epoca dei fatti.La disposizione di cui all’art. 2 comma 1 della L.R.12/1997 cosı prevedeva (essa risulta confermata dallasopravvenuta legge n. 15/2007, art. 22). «Sono aziende al-berghiere le aziende organizzate per fornire al pubblico,con gestione unitaria, alloggio in almeno sette camere oappartamenti, con o senza servizio autonomo di cucina, edaltri servizi accessori per il soggiorno, compresi eventualiservizi di bar e ristorante.Le aziende alberghiere si distinguono in:a) ‘‘alberghi’’ quando offrono alloggio prevalentemente incamere;b) ‘‘residenze turistico-alberghiere’’ (R.T.A.) quando offro-no alloggio in appartamenti costituiti da uno o piu locali,dotati di servizio autonomo di cucina.L’appartenenza all’una o all’altra tipologia viene determi-nata dalla prevalenza nel computo della capacita ricettivatra camere ed appartamenti, fermo restando che per leRTA, la durata del periodo di permanenza non puo essereinferiore a sette giorni».Sulla valenza di tale disposizione v’e contrasto, atteso che,ad avviso del primo giudice, «la definizione delle attivitaaccessorie data dalla legislazione regionale con finalita clas-sificatorie non implica che sul piano urbanistico l’abbina-mento di attivita alberghiere e attivita di ristorazione vedasempre le prime come principali e le seconde come acces-sorie. Il vincolo di accessorieta deve comunque essere valu-tato in concreto sulla base della prevalenza economica. Di-versamente vi sarebbe sovrapposizione di un criterio legalealla situazione effettiva con il rischio di risultati urbanisticiirragionevoli».Il punto nodale della motivazione reiettiva, non si ravvisa,tuttavia, nella sopradetta affermazione, in quanto il respon-sabile dell’Area Servizi al Territorio nella nota del 21 feb-braio 2006, aveva preso atto che l’attivita di ristorazioneera meramente ausiliaria di quella alberghiera.Superato l’ostacolo della ‘‘accessorieta’’ in relazione allapresa di posizione dell’Amministrazione cio avrebbe impli-cato in via teorica la possibilita di avvalersi della ‘‘deroga’’di cui all’art. 4 delle NTA vigente al momento del rinno-vo della concessione edilizia il quale escludeva dal compu-to della SLP le parti interrate o seminterrate che fosserostate vincolate ad attivita accessorie a quella alberghieramediante un atto di asservimento registrato e trascritto.Senonche, ha osservato il primo giudice, quando il per-messo di costruire era stato rilasciato (30 luglio 2007) que-sta norma era ormai stata sostituita dal nuovo art. 7 delleNTA, il quale introduceva un limite ulteriore consenten-do la deroga soltanto per i locali interrati e non piu anche

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per i seminterrati come il ristorante in questione. In salva-guardia l’art. 7 delle NTA era in vigore dal 7 febbraio2005, e poiche la valutazione circa il computo della SLP edella volumetria si era svolta all’interno dell’esame dellavariante presentata il 23 dicembre 2005 non vi erano ele-menti che potessero collegare l’aspettativa della originariaricorrente alla piu favorevole disciplina anteriore. Il fattoche la prima concessione edilizia fosse del 1990 e il rinno-vo del 2004 non poteva cambiare questa conclusione.Nell’atto di appello ci si duole di tale argomentare e, insintesi, si sostiene che il diritto era sorto in capo all’appel-lante nel 2004 in quanto i titoli illo tempore formatisi pre-vedevano che il ristorante fosse ubicato nel seminterrato,in forza della equiparazione tra interrato e seminterrato illotempore esistente.La censura e fondata per due ordini di ragioni: una di essee endemicamente connessa alla specifica situazione di fat-to; l’altra si fonda sul principio desumibile dall’invocatoart. 15 del d.P.R. n. 380/2001.Come e incontestato tra le parti, la necessita in capo al-l’appellante di presentare una variante nel dicembre 2005si fondava sulle sopravvenute disposizioni (poi annullatedal T.A.R. con la decisione n. 279/2008 gravata merce iricorsi n. 5223/2008 e n. 5493/2008 proposti dalla stessasocieta odierna appellante F. s.r.l. e dall’amministrazionecomunale di Desenzano e del pari chiamati in decisione al-la odierna pubblica udienza). E quindi non condivisibilel’affermazione per cui - a fronte di una previsione di alloca-zione del ristorante nel seminterrato gia contenuta nel per-messo di costruire del 2004 - possa affermarsi che «non visono elementi che potessero collegare l’aspettativa dellaoriginaria ricorrente alla piu favorevole disciplina anterio-re». Cio si coniuga con il principio generale previsto exart. 15 comma 4 del d.P.R. n. 380/2001 («Il permesso de-cade con l’entrata in vigore di contrastanti previsioni urba-nistiche, salvo che i lavori siano gia iniziati e venganocompletati entro il termine di tre anni dalla data di ini-zio») espressivo della possibilita che, a particolari condizio-ni, anche una costruzione collidente con sopravvenute di-sposizioni possa essere comunque portata a compimento.Se cosı e, non potendo la necessita di presentare una va-riante al permesso di costruire (discendente dalla introdu-zione di una norma poi reputata illegittima perche illogicaed arbitraria in sede giudiziale) ridondare in pregiudiziodell’originario ricorrente vincitore, e non potendosi farecarico a questi della circostanza di avere presentato una va-riante, pare al Collegio che non fosse applicabile, nellospecifico caso, la disciplina in salvaguardia sopravvenuta exart. 7 delle NTA.E appena il caso di precisare, per altro, che l’odierna appel-lante non avrebbe dovuto impugnare la disposizione dellaneointrodotta Nta in salvaguardia in quanto - secondo ilproprio angolo prospettico - la propria posizione non sog-giaceva alla disposizione in ultimo introdotta in epoca suc-cessiva al rilascio del permesso di costruire ed antecedentealla presentazione della detta variante.La censura va quindi accolta, non essendovi alcuna neces-sita (come dal primo giudice ipotizzato) di ‘‘estendere laprevisione dell’art. 7 delle NTA superveniens ai seminterra-ti in via interpretativa’’ ma dovendosi applicare all’appel-lante la antevigente previsione contenuta di cui all’art. 4delle NTA (certamente vigente al momento del rinnovodella concessione edilizia) il quale escludeva dal computodella SLP le parti interrate o seminterrate che fossero statevincolate ad attivita accessorie a quella alberghiera me-

diante un atto di asservimento registrato e trascritto (co-me, peraltro,in prima battuta ritenuto dallo stesso comune,che richiese l’atto di asservimento).Cio ovviamente, tenendo conto della circostanza che l’ac-cessorieta dell’attivita di ristorazione a quella alberghieraera stata positivamente riconosciuta dall’Amministrazionecon la nella nota del 21 febbraio 2006 del responsabiledell’Area Servizi al Territorio.3.3. Quanto invece alla connessa doglianza - relativa alcontestato obbligo di inserire l’alloggio del custode nellacubatura - rubricata al n. 3 dell’appello, il Collegio noncondivide la critica dell’appellante.L’invocato art. 22 delle NTA si limita a consentire nellezone destinate agli alberghi (edificate e inedificate) la rea-lizzazione di un alloggio di servizio di non piu di 95 mqnetti: la circostanza che esso venga definito ‘‘alloggio diservizio’’ non e di per se decisiva per assimilarlo alle altreparti accessorie escluse dal computo della volumetria.Prova di cio ne e la circostanza che detto alloggio non ecerto neutro sotto il profilo del peso insediativo, a differen-za delle altre parti accessorie (scale, vano ascensore, etc.)cui l’appellante ritiene esso debba essere assimilato.Come si e visto prima, il Collegio concorda con la tesiesposta dal primo giudice secondo la quale l’esclusione diuna particolare tipologia di locali dal computo della SLP edella volumetria, ha natura eccezionale e deve quindi esse-re espressamente prevista: l’art. 22 delle Nta non si prestaa tale espressa esclusione e, pertanto, la doglianza va disat-tesa, non risultando probante in senso contrario la norma-tiva fiscale in punto di categoria di accatastamento.4. La quarta censura si incentra sul disposto di cui all’art.48 della legge regionale lombarda n. 12 del 2005.Tale prescrizione in ultimo citata cosı statuisce: «Il costodi costruzione per i nuovi edifici e determinato dalla Giun-ta regionale con riferimento ai costi massimi ammissibiliper l’edilizia agevolata.Nei periodi intercorrenti tra i provvedimenti della Giuntaregionale, di cui al comma 1, il costo di costruzione e ade-guato annualmente ed autonomamente dai comuni, in ra-gione dell’intervenuta variazione dei costi di costruzioneaccertata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), condecorrenza dell’importo aggiornato dal 18 gennaio successi-vo.Il contributo relativo al costo di costruzione comprendeuna quota di detto costo, variabile dal 5 al 20 per cento,che viene determinata dalla Giunta regionale in funzionedelle caratteristiche e delle tipologie delle costruzioni e del-la loro destinazione ed ubicazione.Per gli interventi con destinazione commerciale, terziariodirettivo, turistico-alberghiero-ricettivo, il contributo e pariad una quota non superiore al 10 per cento del costo do-cumentato di costruzione da stabilirsi, in relazione alle di-verse destinazioni, con deliberazione del consiglio comuna-le.Per gli interventi destinati ad impianti sportivi e ricreativiil contributo del 10 per cento e rapportato unicamente alcosto degli edifici posti al servizio o annessi all’intervento.Per gli interventi di ristrutturazione edilizia non compor-tanti demolizione e ricostruzione il costo di costruzione edeterminato in relazione al costo reale degli interventi stes-si, cosı come individuato sulla base del progetto presentatoe comunque non puo superare il valore determinato per lenuove costruzioni ai sensi dei commi da 1 a 5.La quota di contributo relativa al costo di costruzione, de-terminata all’atto del rilascio, ovvero per effetto della pre-

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sentazione della denuncia di inizio attivita, e corrisposta incorso d’opera, con le modalita e le garanzie stabilite dal co-mune e comunque non oltre sessanta giorni dalla data di-chiarata di ultimazione dei lavori».Il primo giudice ha motivato in senso reiettivo consideran-do i precetti di cui ai commi 4 e 6 una specificazione deldisposto di cui al comma 1.Cosı non appare al Collegio, in adesione alle doglianze diparte appellante che ha buon giuoco nel sottolineare cheil ‘‘costo reale e documentato’’ (ovviamente presumibilesecondo un giudizio ex ante) previsto ai commi 4 e 6 (che,stante la natura dell’intervento, e la tipologia e destinazio-ne dell’immobile certamente trovano applicazione alla fat-tispecie in esame) costituisce un parametro diverso daquello previsto al comma 1 ed escludente quest’ultimo.La esigenza di ‘‘uniformare il costo di costruzione che deri-verebbe dalla natura di questa prestazione patrimoniale,che deve essere ascritta alla categoria dei tributi locali’’ estata evidentemente ritenuta dal legislatore regionale reces-siva rispetto ad una quantificazione caso per caso che ten-ga conto della specificita delle opere progettate.Di tale diversa aspirazione, che rientra nella lata discrezio-nalita del legislatore regionale, afferendo alle modalita de-terminative non si puo che tenere conto, e pertanto la pri-ma parte della doglianza, afferente al criterio determinativofondato sul costo reale documentato va accolta.Non colgono nel segno, invece, le doglianze articolate nel-la seconda parte della motivazione contenuta nel decisumdi primo grado: ivi il T.A.R., seppur con un ragionamentodi natura ipotetica, ha evidenziato che (si riporta integral-mente il testo del decisum di primo grado in parte qua) «l’o-perazione di calcolo del costo di costruzione effettuata dallaricorrente non puo essere condivisa neppure nel metodo,in quanto se lo scopo perseguito era di ottenere la spesa ef-fettiva la verifica doveva essere effettuata su ogni singolavoce di costo. La ricorrente ha invece effettuato una gene-ralizzazione della media del risparmio calcolato su 13 vocisenza dare alcuna dimostrazione della congruenza di questapercentuale rispetto alla parte residua dei costi».Il Collegio condivide in pieno tale articolazione della mo-tivazione: non si tratta, come ingenerosamente sostenutoda parte della appellante societa di ‘‘pretendere la massimaanaliticita’’.Si tratta invece di applicare la norma a buon diritto invo-cata dall’appellante medesima: il ‘‘costo reale degli inter-venti stessi’’ di cui al sesto comma del citato art. 48 nonpuo essere determinato ricorrendo a valutazioni di sintesie/o forfettarie, siccome preteso dall’appellante.In quest’ultimo percorso argomentativo la doglianza deveessere quindi disattesa ed in sede di rideterminazione suc-cessiva alla rieffusione del potere il meccanismo di deter-minazione dovra analiticamente tenere consto di ogni vo-ce di costo e congruentemente dimostrata.4.1. Va del pari parzialmente accolto (con riguardo ai loca-li adibiti a ristorazione e con esclusione dell’alloggio delcustode, non ritenuto ‘‘accessorio’’) il riproposto originariosettimo motivo di censura con il quale ci si doleva dellacircostanza dalla base di calcolo degli oneri di urbanizzazio-ne non sia stata scorporata la SLP relativa alle attivita ac-cessorie. Il primo giudice ha affermato il principio per cuidovendo i locali accessori essere computati nella SLP enella volumetria complessiva, e corretto anche il loro inse-rimento nella base di calcolo degli oneri di urbanizzazione,in quanto si tratta di edificazioni che accrescono le esigen-ze di infrastrutturazione del territorio.

Il Collegio ribadisce il detto convincimento, che pero, perle gia chiarite ragioni non puo riguardare l’alloggio del cu-stode, ma soltanto la parte seminterrata adibita a ristorantein applicazione dell’art. 4 delle NTA vigenti al momentodel rinnovo della concessione edilizia.5. Restano adesso da scrutinare - con riguardo alle censuredi merito - le critiche relative alla quantificazione del con-tributo relativo alla piscina non realizzata e quelle relativiallo spostamento della fognatura.5.1. Ritiene il Collegio che quanto alla problematica dellapiscina, si rammenta che il primo giudice ha gia dato par-zialmente ragione all’appellante, affermando il diritto dellastessa ad esigere che il costo della piscina al piano terra siacompensato, in tutto o in parte, con il costo della piscinasul piano di copertura gia utilizzato in precedenza come ba-se di calcolo per definire il contributo sul costo di costru-zione.L’appellante censura la seconda parte del ragionamentosvolto dal primo giudice, che -in termini che appaiono alCollegio del tutto condivisibili- ha affermato che dettacompensazione poteva riguardare «solo il costo di costru-zione della piscina vera e propria sul piano di copertura enon quello dei pilastri rinforzati e delle altre opere accesso-rie, che essendo al servizio dell’intero edificio devono rima-nere al loro posto e non possono essere oggetto di rivisita-zione nei calcoli. Il costo di costruzione della piscina delpiano di copertura deve poi essere ridotto dell’importo cor-rispondente alla struttura che sulla copertura ha sostituitola suddetta piscina».Pare al Collegio che la pretesa dell’appellante non sia cor-retta: se i pilastri vennero originariamente progettati inprevisione di dovere sopportare un carico maggiore la scel-ta di ‘‘eliminare’’ il detto carico superiore e esclusivamenteascrivibile ad una opzione della appellante: come esatta-mente rilevato dal T.A.R. in primo grado i pilastri rinfor-zati e le altre opere accessorie, che essendo al servizio del-l’intero edificio devono rimanere al loro posto non posso-no essere oggetto di rivisitazione nei calcoli.Del pari merita conferma la affermata necessita di sottrarredal valore da scomputare il costo della pavimentazione ap-posta in luogo della piscina: l’appellante non contesta lalogica di tale affermazione (che ritiene ‘‘puntigliosa’’) mavi oppone circostanze (la diminuizione di tre voci di spesaeffettuata, a suo dire, pro bono pacis) che, oltre a non essereoggetto di compiuta dimostrazione non elidono la fonda-tezza dell’affermazione giudiziale (fondata sulla mera con-statazione della sostituzione di un opera con un’altra): nepossono assumere rilievo le eventuali opere di contorno al-la piscina stessa (scalini, etc.) in quanto non mai realizzate.La censura va dunque respinta, nei termini suindicati.5.2. Deve del pari essere integralmente respinta la doglian-za relativa al preteso diritto di parte appellante a scomputa-re gli oneri relativi allo spostamento della fognatura: nonsussiste elemento alcuno per affermare che v’e prova che ilComune ha occupato una porzione di area di pertinenzadell’appellante per la realizzazione del marciapiedi e dellapista ciclabile. La incontestata circostanza che l’appellantenon abbia proposto azioni a tutela della proprieta non puoche determinare (anche) la conseguenza che la spesa perlo spostamento della fognatura comunale interferente conil parcheggio interrato gravi su quest’ultima: ne puo esserecontestata la circostanza che l’occasione che ha determina-to la necessita dello spostamento della fognatura sia statadeterminata dal progetto in variante presentato in carenzadi una statuizione accertativa della circostanza che il co-

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mune abbia abusivamente occupato un’area dell’appellantee vi abbia edificato il marciapiedi e la pista ciclabile, l’one-re dello spostamento della fognatura non puo a questi esse-re addossato.Anche tale doglianza, pertanto, va pertanto, disattesa.6. Cosı conclusa la disamina delle singole doglianze affe-renti le partite obiezioni mosse dall’appellante avverso i ca-pi della impugnata decisione che avevano ritenuto legitti-mo l’operato dell’amministrazione comunale in sede di rila-scio del permesso di costruire in punto di computo deglioneri di urbanizzazione e del costo di costruzione, puo pro-cedersi all’esame delle residue critiche investenti il quan-tum del petitum risarcitorio riconosciuto in primo grado.6.1. A tal proposito, il Collegio deve farsi carico in viaprioritaria di esaminare la obiezione mossa dall’amministra-zione comunale secondo la quale la domanda risarcitoriaarticolata in appello e del tutto nuova e diversa da quellaarticolata in primo grado e, come tale, sarebbe inammissi-bile impingendo nel disposto di cui all’art. 345 c.p.c. e 104del c.p.a.6.2. La eccezione coglie soltanto parzialmente nel segno.6.2.1. Muovendo dalla incontestata ed incontestabile con-statazione per cui la odierna parte appellante, allorche pro-pose il ricorso di primo grado, procedette ad una analiticaelencazioni delle voci di danno ‘‘risarcibile’’ il Collegiocondivide e fa proprio il costante orientamento della giuri-sprudenza civile di legittimita che, a far data dalla impor-tante decisione della Terza Sezione della Cassazione Civile9 maggio 1988, n. 3403, ha costantemente affermato ilprincipio per cui «in tema di risarcimento dei danni da re-sponsabilita civile, l’unitarieta del diritto al risarcimento edil suo riflesso processuale dell’ordinaria infrazionabilita delgiudizio di liquidazione comportano che, quando un sog-getto agisce in giudizio per chiedere il risarcimento deidanni cagionatigli da un determinato comportamento delconvenuto, la domanda si riferisce a tutte le possibili vocidi danno originate da quella condotta; tuttavia, tale princi-pio non puo trovare applicazione quando l’attore ‘‘ab initio’’o durante il corso del giudizio abbia esplicitamente esclusoil riferimento della domanda a tutte le possibili voci didanno, dovendosi coordinare il principio di infrazionabilitadella richiesta di risarcimento con il principio della do-manda. Ne consegue che, qualora nell’atto di citazione sia-no indicate specifiche voci di danno e tra le stesse non siaindicata quella relativa ai danni materiali, l’eventuale do-manda proposta in appello e inammissibile per novita,mentre deve intendersi abbandonata se precedentementeformulata e non riproposta nella precisazione delle conclu-sioni». (Cass. civ., Sez. III, 7 dicembre 2004, n. 22987, inpunto di danno biologico, ma si veda anche, ancora di re-cente, Cass. civ. Sez. III Sent., 22 agosto 2007, n. 17873e, soprattutto, Cass. civ. Sez. III Sent., 20 febbraio 2007,n. 3936).Alla stregua del superiore principio (e con esclusivo riferi-mento alle richieste articolate nell’atto di appello, non po-tendosi a fortiori proporre domande ‘‘nuove’’ con semplicememoria in corso di giudizio) deve essere dichiarato inam-missibile, in quanto nuovo e non mai proposto in primogrado il petitum di cui al punto 3.1. esposto alle pagg. 35 e36 dell’atto di appello (relativo alla perdita di valore azien-dale concernente alla perdita di cubatura relativa all’arearistorante ed all’alloggio del custode- peraltro con riferi-mento a tale ultimo locale la censura e stata respinta nelmerito-).6.2.2. Quanto alle ulteriori doglianze investenti la quantifi-

cazione del danno ed elencate nell’atto di appello, questeultime non integrano domanda ‘‘nuova’’ ma specificazionedella domanda gia articolata in primo grado e, pertanto so-no certamente ammissibili e possono essere scrutinate nelmerito.6.3. A tal proposito, non ritiene il Collegio che sia accogli-bile la censura fondata sull’asserito danno da ritardo con ri-guardo alla tempistica del rilascio del permesso di costruireda parte del Comune.6.3.1. Rimarca a tal proposito il Collegio che gia in passatola Sezione ha affermato che «una volta ammessa la risarci-bilita del danno per lesione di interessi legittimi, non puonegarsi la risarcibilita del danno subito dall’amministratoin presenza di una lesione direttamente conseguente dal-l’atto illegittimo. Il solo ritardo nell’emanazione di un attoe elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto,con conseguente obbligo di risarcimento, nel caso di pro-cedimento amministrativo lesivo di un interesse pretensivodell’amministrato, ove tale procedimento sia da concluderecon un provvedimento favorevole per il destinatario»(Cons. Stato, Sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1699).Cio in quanto «il risarcimento del danno ingiusto cagiona-to dalla pubblica amministrazione in conseguenza dell’inos-servanza dolosa o colposa del termine di conclusione delprocedimento presuppone che il tempo e un bene della vi-ta per il cittadino e il ritardo nella conclusione di un qua-lunque procedimento ha sempre un costo» (si veda Cons.Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271 proprio con riferi-mento al caso di ritardo nel rilascio di un permesso di co-struire in variante).La successiva evoluzione giurisprudenziale ha chiarito chela richiesta di accertamento del danno da ritardo ovverodel danno derivante dalla tardiva emanazione di un prov-vedimento favorevole, se da un lato deve essere ricondottaal danno da lesione di interessi legittimi pretensivi, perl’ontologica natura delle posizioni fatte valere, dall’altro, inossequio al principio dell’atipicita dell’illecito civile, costi-tuisce una fattispecie sui generis, di natura del tutto specifi-ca e peculiare, che deve essere ricondotta nell’alveo del-l’art. 2043 c.c. per l’identificazione degli elementi costituti-vi della responsabilita. Di conseguenza, l’ingiustizia e la sus-sistenza stessa del danno non possono, in linea di princi-pio, presumersi iuris tantum, in meccanica ed esclusiva rela-zione al ritardo nell’adozione del provvedimento ammini-strativo favorevole, ma il danneggiato deve, ex art. 2697c.c., provare tutti gli elementi costitutivi della relativa do-manda (si veda Cons. St., sez. IV, 4 maggio 2011, n.2675, ma si veda anche Cons. Stato Sez. V, 21 marzo2011, n. 1739).In particolare, occorre verificare la sussistenza sia dei pre-supposti di carattere oggettivo (prova del danno e del suoammontare, ingiustizia dello stesso, nesso causale), sia diquello di carattere soggettivo (dolo o colpa del danneg-giante): in sostanza, il mero ‘‘superamento’’ del termine fis-sato ex lege o per via regolamentare alla conclusione delprocedimento costituisce indice oggettivo, ma in integra‘‘piena prova del danno’’.La valutazione e di natura relativistica, deve tenere contodella specifica complessita procedimentale, ma anche - insenso negativo per le ragioni dell’amministrazione intima-ta- di eventuali condotte dilatorie: si e detto pertanto che«il ritardo della P.A. non puo essere giustificato con esi-genze di sentire e risentire gli addetti ai lavori. La mancataorganizzazione dell’ufficio e il ritardo nelle risposte alle le-gittime esigenze del privato comporta una responsabilita

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del Comune che ritarda il rilascio del permesso di costruirein variante con il risarcimento a favore del privato non so-lo del danno patrimoniale, ma anche di quello non patri-moniale». (Cons. Stato, Sez. V, 28 febbraio 2011, n.1271).6.3.2. Secondo l’appellante, l’approdo reiettivo del primogiudice sarebbe errato in quanto: il procedimento sottesoalla variante presentata non era complesso; i termini di de-finizione del procedimento furono abbondantemente supe-rati; l’Amministrazione andrebbe censurata anche per ilsuo indulgere in atteggiamenti dilatori.6.3.3. Il Collegio non condivide tali valutazioni e non ri-tiene ravvisabile alcuna colpa nell’operato dell’amministra-zione comunale appellata.6.3.4. La tempistica procedimentale, (si fa riferimento allacompiuta ricostruzione dei passaggi procedimentali sottesial rilascio del permesso di costruire contenuta ai punti 3-10 della gravata decisione del T.A.R. Brescia n. 859/2009,da intendersi in parte qua integralmente trascritti in questasede ed il cui materiale richiamo si omette al solo fine dinon appesantire il presente elaborato) consente agevol-mente di comprendere che la pluralita di modifiche pre-sentate, i successivi esami che si resero necessari, le integra-zioni documentali predisposte dalla societa richiedenteescludono alcun atteggiamento dilatorio in capo al comu-ne.Il Collegio condivide la tesi per cui il danno da ritardo po-trebbe in via teorica sussistere anche nel caso di riscontratalegittimita della statuizione finale reiettiva o parzialmentereiettiva: senonche in un caso quale quello all’esame dalCollegio, caratterizzato dalla continua interlocuzione tra leparti (come e bene che sia, al fine di evitare il proliferaredi inutili e dispendiosi contenziosi) non puo certo affer-marsi la speciosita o dilatori eta delle richieste di chiari-menti del Comune, sol che si consideri che taluni di essierano diretti a provvedere a richieste dell’impresa appellan-te che hanno poi formato oggetto di domanda giudiziale eche sono state in parte respinte dal T.A.R. e da questoCollegio.Ne dicasi - come sostiene parte appellante - che dalla cir-costanza che il progetto di variante riguardava soltanto il10% della superficie complessiva dell’immobile, e che trat-ta vasi di semplice variante di completamento possa infe-rirsi la circostanza che ci si trovava al cospetto di una pra-tica ‘‘facile da adempiere’’.Al contrario, il progetto era ben complesso, e presuppone-va il necessario esame di molti dettagli: ne appare ex secensurabile il metodo seguito dalla competente Ammini-strazione riposante nella parziale disamina delle singoleparti del progetto, apparendo lo stesso semmai, manifesta-zione di accurata attenzione.Secondo l’appellante (pag. 34) il primo giudice avrebbe‘‘individuato in F. S.r.l. l’unico responsabile del ritardo’’.Il Collegio non rinviene alcuna affermazione atta ad avva-lorare tale arbitraria conclusione: il primo giudice - e que-sto Collegio condivide tale approdo - ha unicamenteescluso che il ritardo nella definizione del procedimento,seppur sussistente, fosse colposamente ascrivibile all’ente,tanto piu che non irragionevoli, del resto, erano apparsianche gli argomenti posti dal Comune a sostegno dei ‘‘pa-reri sospensivi’’ (ai quali la ditta ben frequentemente prestosostanziale acquiescenza) a riprova della non palese illegit-timita di tale modus operandi.In considerazione di quanto fin qui esposto, appare eviden-te che, tenuto anche dei tempi tecnici legati all’esame del

progetto nonche alle attivita istruttorie necessarie perprovvedere sull’istanza (attivita anch’esse, per quanto sopraevidenziato, tali da rendere congrui i tempi impiegati),davvero non si ravvisa nella condotta dell’Amministrazio-ne la sussistenza di manifeste violazioni di legge colposa-mente commesse, il che esclude la risarcibilita del dannolamentato (ex multis: «la domanda di risarcimento del dan-no da ritardo, azionata ex art. 2043 c.c., puo essere accoltadal giudice solo se l’istante dimostra che il provvedimentofavorevole avrebbe potuto o dovuto essergli rilasciato giaab origine e che sussistono tutti i requisiti costitutivi dell’il-lecito aquiliano, tra i quali elementi univoci indicativi del-la sussistenza della colpa in capo alla pubblica amministra-zione». Cons. Stato Sez. IV, 29 maggio 2008, n. 2564).Vanno pertanto respinte le censure proposte sub parte Bdel ricorso in appello, al punto 2 (pagg. 28 - 35) ed aipunti da 3.2. ai punti 3.2.7. in quanto costituenti specifica-zione delle voci riconducibili al ritardo nell’approvazionedella variante al permesso di costruire.6.4. In ultimo, parte appellante contesta nel quantum lastatuizione risarcitoria relativa al motivo del mezzo di pri-mo grado accolto, per la mancata installazione dell’impian-to fotovoltaico.6.4.1. A tale proposito, l’appellato comune ha ripropostola eccezione secondo cui la sentenza di primo grado (cheha riconosciuto fondato nell’an il petitum avanzato con ilmezzo di primo grado) sarebbe errata, non avendo tenutoconto della circostanza che l’appellante ebbe a rinunciarealla realizzazione dell’impianto medesimo sponte propria.L’eccezione (pagg. 10 ed 11 della memoria del comune da-tata 20 dicembre 2012) non ha pregio, in quanto a frontedi un intendimento negativo dell’amministrazione manife-stato su una parte di un progetto il privato puo avere prio-ritario interesse a modificare il progetto secondo le indica-zioni ricevute per determinare il pronunciamento definiti-vo dell’amministrazione ma conserva la facolta di contesta-re il provvedimento finale nelle parti non condivise. Per-tanto il fatto che la originaria ricorrente abbia cancellatodal progetto l’impianto fotovoltaico non poteva impedirela proposizione del ricorso non integrando in alcun mododefinitiva acquiescenza.6.4.2. Cio premesso, sostiene parte appellante censura ilpunto c) della specifica motivazione del primo giudicequanto a tale aspetto, laddove si e stabilito che «in viaequitativa la durata della perdita risarcibile decorre dal 1ottobre 2007 (ossia circa due mesi dopo il rilascio del per-messo di costruire, per tenere conto dei tempi di installa-zione e attivazione dell’impianto) e terminera alla data incui inizieranno a essere erogati dall’autorita competente gliincentivi per l’impianto realizzato. E onere della ricorrente(e condizione per conservare il diritto al risarcimento perla durata sopra indicata) chiedere tempestivamente l’appli-cazione dei suddetti incentivi».L’appellante sostiene che, in realta, il danno sarebbe per-manente (e di durata ventennale) ed ormai irrimediabilein quanto gli incentivi non sarebbero ormai piu dalla stessaconseguibili: essa tuttavia non ha dimostrato alcuna di talicircostanze.In particolare se non e ormai revocabile in dubbio - inquanto regiudicato - il punto di partenza della statuizionerisarcitoria favorevole all’appellante che costituiva il pre-supposto originario della doglianza (il fatto, cioe, che i det-ti incentivi le sarebbero stati certamente erogati ove l’in-stallazione del fotovoltaico fosse stata tempestivamenteautorizzata dal comune) non risulta provata ne la circo-

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stanza che in tempo successivo non siano state previste ul-teriori forme di incentivi (e notorio invece che sono statepreviste delle tariffe incentivanti, pari a 0,365 per Kwhprodotto, previste dai decreti ministeriali per gli impiantimessi in esercizio entro 31 dicembre 2010) ne il mancatoconseguimento degli stessi.In particolare non e stato dimostrato che tale impossibilitaa godere degli incentivi consegua di necessita anche inipotesi di presentazione del progetto approvato/approvabilea seguito della statuizione del T.A.R., mentre il danno ‘‘dadecremento di valore’’ dell’immobile discendente dalla pe-nalizzazione nella classificazione energetica costituisce unafattispecie accessoria che segue la previsione principale.Esso avrebbe potuto essere risarcibile nella ipotesi in cuil’appellante avesse dovuto alienare l’immobile durante l’ar-co temporale (esattamente individuato dal primo giudice)necessario per realizzare l’impianto giovandosi della prescri-zione accoglitiva contenuta nella sentenza del T.A.R.: taleevenienza, tuttavia non e stata neppure prospettata, di gui-sa che l’evento dannoso resta prospettazione del tutto ipo-

tetica, mentre, per il prosieguo, non e stato dimostrato cheuna migliore classificazione energetica non sia (piu) in al-cun modo conseguibile laddove vengano/venissero installa-ti i pannelli fotovoltaici, siccome consentito a seguito dellastatuizione demolitoria del T.A.R., mentre i danni da‘‘omesso ritorno pubblicitario’’ a cagione dell’avvenuta co-struzione di un hotel energeticamente autosufficiente costi-tuiscono, per il vero, evenienza indimostrata ma, pare po-tersi affermare, anche indimostrabile e come tale nonquantificabile ne risarcibile.Le censure da 3.3.1. a 3.3.3 vanno pertanto disattese,mentre la infondatezza di quella di cui al punto 3.4. di-scende dalla non ritenuta sussistenza di un ritardo colposonella definizione del procedimento di rilascio del permessodi costruire ascrivibile all’amministrazione comunale.7. Conclusivamente, l’appello va parzialmente accolto, neitermini di cui alla motivazione che precede e, in parzialeriforma della decisione di primo grado, deve essere accoltoil ricorso di primo grado.(Omissis).

Il commentodi Paola Cosmai

Ormai sdoganata, sotto il profilo dogmatico, l’annosa questione della risarcibilita degli interessi legitti-mi, pretensivi, e, tra questi, soprattutto quelli correlati al danno da ritardo, negli ultimi tempi il dibattito,tanto politico, quanto giurisprudenziale, si e incentrato sulla ricerca di un punto di equilibrio in grado dievitare, per un verso, di accordare ristori in assenza di danno effettivo, colpevole, e, per l’altro, di de-negarlo in toto. Baricentro quanto mai instabile, risentendo della mutata concezione sociale dell’Am-ministrazione pubblica, sotto il duplice profilo della necessita e della correttezza del suo potere funzio-nale, e, tuttavia, quanto mai necessario, essendo evidente la ricaduta economica, collettiva, oggi in-sostenibile, insita nell’opzione di una risarcibilita spinta fino ad includere il danno da ritardo.

La questione

Con la decisione in commento i Giudici di PalazzoSpada fissano con estrema linearita i presupposti e i limitidel risarcimento dei danni agli interessi legittimi, di natu-ra pretensiva, cagionati dalla pubblica amministrazione,trovando un sapiente punto di equilibrio tra le piu estre-me teoriche, di segno opposto, che nel corso dell’ultimodecennio si sono fronteggiate, anche in ragione della la-titanza legislativa.

Tema, quello che ne occupa, quanto mai spinoso, in-vestendo i rapporti tra cittadini ed Amministrazione, conimplicazioni economiche potenzialmente serie, cui fa dasfondo il modo stesso di concepire la pubblica ammini-strazione e lo svolgimento del suo potere funzionale, oggisempre piu incline al liberismo e, indi, a ritenerlo se nondannoso, quanto meno superfluo e da ridimensionare.

La genesi della problematica

E noto che, prima dello storico intervento delle SezioniUnite che, con la sentenza n. 500, del 22 luglio 1999, ab-batterono il dogma dell’irrisarcibilita degli interessi legitti-mi, tanto la dottrina, quanto la giurisprudenza li riteneva-no esclusi dall’ambito applicativo dell’art. 2043 c.c., rife-ribile, secondo la predominante cd. concezione sogget-tiva dell’illecito aquiliano, esclusivamente alle ipotesi di

nocumento ingiusto arrecato a diritti perfetti, l’unico inte-grante il duplice requisito del danno non jure (ossia, in-giusto) e contra jus (ossia, lesivo di una posizione giuridi-camente riconosciuta e tutelata dall’ordinamento) (1).

Corroborava la citata impostazione anche la tradizio-nale struttura bifasica del sistema di giustizia amministrati-va, in ragione della quale nel mentre il giudice ordinarioaveva il potere di conoscere dei danni arrecati ai fini ri-sarcitori, era tuttavia sfornito di giurisdizione laddove cor-relati ad interessi legittimi, i quali, non di meno, seppuresindacati da quello amministrativo, ove pure indebita-mente compressi, risultavano sprovvisti di siffatta formadi tutela essendo il giudice privo del potere di condannaal risarcimento del danno.

Conclusioni che, sul piano pratico, non risultavano di-verse anche nella successiva variante giurisprudenzialedella Suprema Corte, secondo cui, pur avendo il Giudi-ce ordinario potere cognitorio, avrebbe dovuto non dimeno rigettare nel merito la domanda di ristoro in casodi lesione di interesse legittimo, non essendo essa con-templata in senso favorevole dall’ordinamento (2).

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Note:

(1) Cass. civ., sez. un., 23 novembre 1985, n. 5813.

(2) Cass. civ., sez. un., 23 ottobre 1997, n. 10453.

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Ordinamento che, invero, in parte qua, aveva pre-corso il diritto pretorio nel settore degli appalti pubblici,prevedendo all’art. 13, della legge 19 febbraio 1992, n.142, il ristoro delle posizioni, ritenute di interesse legitti-mo, dei concorrenti che avessero subito danni per viola-zione del diritto comunitario o delle norme di recepimen-to interne, sia pure nel rispetto dei tradizionali criteri di ri-parto delle giurisdizioni, poc’anzi ricordati.

Tuttavia, l’intervento parlamentare non e valso ad in-durre gli operatori ad aprire alla risarcibilita degli interessilegittimi, ritenendolo, piuttosto, confermativo del piu ge-nerale diniego, in ragione della sua eccezionalita, nonessendo esteso, peraltro, a tutto il settore, ma solo aquello degli appalti di rilievo comunitario, con esclusio-ne, dunque, di quelli sottosoglia.

E pero risultato sufficiente ad incrinare il granitico di-niego, poi definitivamente abbandonato sul finire deglianni novanta, attraverso la graduale inclusione nel no-vero dei diritti soggettivi, perfetti, ristorabili, anche diquelli cd. suscettibili di affievolimento, quali gli interessioppositivi, nonche, in prosieguo, dei diritti fievoli ab origi-ne.

Posizioni giuridiche, entrambe, che, in quanto intac-cate da provvedimenti autoritativi, poi dichiarati illegitti-mi ed annullati dal Giudice amministrativo, avevano atti-tudine a riespandersi nei diritti soggettivi originari, suscet-tibili, questi, di ristoro innanzi al Giudice ordinario (3) perl’indebita compressione medio tempore subita.

Lenta evoluzione, quella sinteticamente tratteggiata,culminata nel revirement delle Sezioni Unite, che, muo-vendo dal definire l’art. 2043 c.c. quale clausola genera-le, primaria, atta a disciplinare qualsivoglia ipotesi didanno ‘‘ingiusto’’, conclude per la risarcibilita di qualun-que posizione cui l’ordinamento attribuisce rilevanzagiuridica, ivi incluso, quindi, l’interesse legittimo, definitodalla Corte come «la posizione giuridica di vantaggio ri-servata ad un soggetto in relazione ad un bene della vi-ta oggetto di un provvedimento amministrativo e consi-stente nell’attribuzione a tale soggetto di poteri idoneiad influire sul corretto esercizio del potere, in modo darendere possibile la realizzazione dell’interesse al bene».

Definizione attraverso la quale, dunque, il Giudice delriparto gli conferisce, accanto alla tradizionale valenzaprocessuale, sub specie di legittimazione al ricorso av-verso gli atti amministrativi, lesivi, anche una natura so-stanziale, correlandolo al bene della vita agognato e ri-spetto al quale la Pubblica Amministrazione si interpone,in quanto titolare del potere o di assegnarlo o di dene-garlo, oppure, ancora, di comprimerlo o conformarlo.

La natura della responsabilita della P.A.: aqui-liana ...

Agere publicum (4), che, allorquando in violazionedel principio del neminem laedere, «abbia determinatola lesione dell’interesse al bene della vita al quale l’inte-resse legittimo effettivamente si collega e che risulta me-ritevole di protezione alla stregua dell’ordinamento» radi-ca, a giudizio delle Sezioni Unite, la responsabilita risarci-toria della Pubblica Amministrazione, dovendo ritenersi,infatti, che «la lesione dell’interesse legittimo e condizio-ne necessaria, ma non sufficiente, per accedere alla tu-tela risarcitoria ex art. 2043 c.c., poiche occorre altresıche risulti leso, per effetto dell’attivita illegittima (e colpe-vole) della P.A., l’interesse al bene della vita al quale l’in-

teresse legittimo si correla, e che il detto interesse sia me-ritevole di tutela alla luce dell’ordinamento positivo» (5).

La predetta impostazione, dunque, che assegna na-tura extra contracto (6) alla responsabilita della PubblicaAmministrazione, ancora tuttavia la risarcibilita dell’inte-resse legittimo alla ricorrenza in concreto di tutti i presup-posti di cui all’art. 2043 c.c., vale a dire: l’antigiuridicitadella condotta (rectius: l’agere illegittimo della P.A.), l’e-sistenza di un evento dannoso (7) ingiusto, eziologica-mente riconducibile alla condotta della P.A., in base alprincipio della cd. causalita ipotetica (8), ed alla stessacolpevolmente imputabile a titolo di dolo o colpa, cui,nel caso di lesione di interessi legittimi pretesivi si ag-giunge la verifica, mediante giudizio prognostico, dacondurre in base alla normativa di settore, della fonda-tezza o meno dell’istanza rivolta all’amministrazione e, in-di, dell’effettiva spettanza del bene della vita ingiusta-mente da questa denegato.

Giudizio tanto piu arduo, quanto piu ampio e il margi-ne di discrezionalita che il legislatore riconosce alla P.A.nell’ambito di riferimento e, percio, secondo il Giudice dilegittimita «da condurre in riferimento alla normativa disettore, sulla fondatezza o meno dell’istanza, onde stabi-lire se il pretendente fosse titolare non gia di una meraaspettativa, come tale non tutelabile, bensı di una situa-zione suscettibile di determinare un oggettivo affida-mento circa la sua conclusione positiva, e, cioe, una si-tuazione che, secondo la disciplina applicabile, era de-stinata, secondo un criterio di normalita, ad un esito fa-vorevole e risultava quindi giuridicamente protetta» (9).

Modus procedendi, che, tuttavia, mostra il fiancoladdove finisce con l’intersecare il sindacato giurisdizio-nale, con l’esercizio del potere amministrativo, rispetto al

amministra

tivo

Note:

(3) Sebbene, per un breve scorcio di tempo, fino alla declarato-ria di incostituzionalita della Consulta, con sentenza 8 maggio1998, n. 165, l’art. 35, del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, avesseespressamente attribuito alla giurisdizione al Giudice amministra-tivo il potere di conoscere delle questioni risarcitorie riconnessealle materie di sua competenza e di cui agli artt. 33 e 34 del me-desimo decreto.

(4) A. Di Majo, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, 212 e ss.

(5) Cass. civ., sez. un., 22 luglio 1999, n. 550.

(6) Conf. Chieppa, Viaggio di andata e ritorno dalla fattispeciedi responsabilita della Pubblica Amministrazione alla natura del-la responsabilita per i danni arrecati nell’esercizio dell’attivitaamministrativa, in Dir. proc. amm., 2003, 683.

(7) T.A.R. Napoli, 23 gennaio 2013, n. 479, secondo cui: «in temadi responsabilita della P.A. per atto illegittimo, la domanda di ri-sarcimento del danno e regolata dal principio dell’onere dellaprova di cui all’art. 2697 c.c., in virtu del quale spetta al danneg-giato fornire in giudizio la prova di tutti gli elementi costitutivi del-la fattispecie risarcitoria, e quindi del danno di cui si invoca il ri-storo per equivalente monetario, con la conseguenza che, lad-dove la domanda di risarcimento danni non sia corredata dallaprova del danno da risarcire, la stessa deve essere respinta».Conf. Cons. Stato, Sez. III, 30 novembre 2011, n. 6342 e n. 6343;T.A.R. Potenza, 11 maggio 2012, n. 205; T.A.R. Firenze, 29 agosto2011, n. 1315; T.A.R. Roma, 1 agosto 2011, n. 6887.

(8) Cons. Stato, Ad. Plen., 23 marzo 2011, n. 3; T.A.R. Bologna, 7gennaio 2013, n. 6; Cass. civ., sez. III, 16 ottobre 2007, n. 21619.

(9) In termini, piu di recente: Cass. civ., sez. III, 23 febbraio 2010,n. 4326.

n AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA

IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013 1207

quale, salve le ipotesi di giurisdizione di merito, il primo ecd. debole o estrinseco, non potendo spingersi sino ascelte di tipo comparativo e discrezionale.

Esposizione che, pero, il diritto pretorio ha prudente-mente risolto, per un verso, sottraendo la cd. discreziona-lita tecnica da quella cd. amministrativa pura, cosı da ri-condurla nell’alveo del suo potere cognitorio, anche, sedel caso, per tramite del consulente tecnico, e, per l’al-tro, ricorrendo alla tecnica della chance (10), ossia delgrado, serio, di probabilita (11) per il privato di consegui-re materialmente il bene anelato, apprezzabili o comun-que superiori al cinquanta per cento, per l’impostazionepiu prudente (12).

La verifica della spettanza del bene della vita ai fini ri-sarcitori, e stata, di contro, ritenuta dai piu superflua nelcaso di lesione di interessi legittimi oppositivi, stante lagia dimostrata acquisizione del bene della vita nella sfe-ra giuridica del titolare, ancorche successivamenteablatone per effetto di un provvedimento amministrati-vo, poi annullato.

Conclusione che, in tempi piu recenti, e stata tuttaviain parte rivisitata, sull’onda delle preoccupazioni (13)manifestate dalla dottrina e tutt’altro che peregrine, delrischio di dilatare (14) il perimetro della risarcibilita diquegli interessi oppositivi ‘‘riespansi’’ a seguito di provve-dimenti ablatori dichiarati sı illegittimi, ma solo in ragionedi vizi esclusivamente formali, tali da non poter escluderela non spettanza del bene della vita indebitamente ac-quisito al patrimonio dell’amministrato.

Preoccupazioni accolte e condivise dalla giurispru-denza di prossimita e, soprattutto, dal Consiglio di Stato,laddove ha prudentemente concluso che, anche nelcaso degli interessi legittimi oppositivi, il giudice deve va-gliare la ‘‘definitiva spettanza del bene della vita’’ affin-che possa accordare il ristoro dei danni postulati, non es-sendo a tal fine sufficiente l’annullamento del provvedi-mento ablatorio, essendo necessario riscontrarne anchel’ingiustizia sostanziale, cosı da escludere che, nel rieser-cizio del potere, l’Amministrazione possa adottarne unodi analoga portata (15).

Ancorche, in tempi ancor piu recenti, i Giudici di Pa-lazzo Spada, in un revirement, hanno viceversa statuitoche in caso di nocumento ad interessi oppositivi il ristoroe sempre ammesso, non essendo necessaria una pro-gnosi sull’esito favorevole delle aspettative dell’interessa-to, in quanto il collegamento con il bene della vita si egia consolidato in virtu di un precedente provvedimentoe «tanto basta a pretendere la riparazione delle conse-guenze sfavorevoli dell’illegittimita dell’azione amministra-tiva, anche in ipotesi di successivo (legittimo) ri-eserciziodel potere amministrativo sempre in senso sfavorevole alprivato» (16); precisando, altresı, quanto al nesso psicolo-gico, che nel caso di acclarata illegittimita dell’atto lesi-vo al privato non e richiesta alcun altro sforzo probatorio,costituendo detta illegittimita una presunzione semplicedella presenza della colpa, salvo che l’Amministrazionedimostri essersi trattato di un errore scusabile, per contrastigiurisprudenziali di carattere interpretativo sulla normaapplicata, ovvero per la sua recente introduzione nell’or-dinamento, ovvero, ancora, per la sua successiva espun-zione per incostituzionalita dalla Consulta (17).

E da contatto

Il suesposto impianto, frutto di un prudente equilibriotra le istanze risarcitorie del privato e le esigenze di con-

tenimento della spesa pubblica e, per l’effetto, del prez-zo sociale dell’illegittimo uso del potere, e stata successi-vamente soggetta a revisione da quella parte della dot-trina e, in minore misura, di quella parte della giurispru-denza piu inclini a ripensare in chiave paritetica al rap-porto tra cittadino ed amministrazione, evidenziando lafunzione strumentale della seconda rispetto alle esigen-ze del primo, anche sulla scorta delle radicali, quantocomplessive, innovazioni introdotte nell’ultimo decenniodal legislatore nell’apparato burocratico statale e nonsolo, nonche nella disciplina della relativa azione.

Sotto il primo profilo, infatti, l’assetto burocratico estato profondamente rivisitato attraverso l’introduzionedella cd. contrattualizzazione del rapporto di lavoro conle Pubbliche amministrazioni, che, iniziata sul finire deglianni novanta, con accelerate ed arresti, tra il D.Lgs. 3febbraio 1993, n. 29 (18), e il D.Lgs. 31 marzo 1998, n.80 (19), culminata con il varo del Testo Unico nei primianni duemila, con il D.Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, e poiterminata in fase discendente con il D.Lgs. 27 ottobre2009, n. 150 (20), che ha piuttosto introdotto principi di

amministrativo

Note:

(10) Tecnica impiegata soprattutto in materia di appalti e, piu ingenerale, di concorsi pubblici: T.A.R. L’Aquila, 29 gennaio 2003,n. 13; T.A.R. Veneto, 27 aprile 2002, n. 1605; T.A.R. Milano, 11 di-cembre 2000, n. 7772. In altri ambiti: Cons. Stato, Sez. VI, 29 apri-le 2013, n. 2335; T.A.R. Firenze, 20 dicembre 2012, n. 2075; T.A.R.Catania, 11 luglio 2013, n. 2005.

(11) In termini, la recente Cons. Stato, sez. V, 2 maggio 2013, n.2399, secondo cui: «il riconoscimento del danno da perdita dichance non puo intendersi subordinato all’offerta in giudizio daparte dell’interessato di una prova in termini di certezza, perchecio e oggettivamente incompatibile con la natura di tale voce didanno, risultando quindi sufficiente che gli elementi addotti, in vir-tu del principio contenuto nell’art. 2697 c.c., consentano una pro-gnosi concreta e ragionevole circa la possibilita di vantaggi futuri,invece impediti a causa della condotta illecita altrui». Conf. Cons.Stato, 2 maggio 2013, n. 2388 e Cons. Stato, 18 aprile 2012, n. 225.

(12) Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2974; Cons. Stato,Sez. VI, 7 febbraio 2002, n. 686.

(13) Caranta, La pubblica amministrazione nell’eta della respon-sabilita, in Foro it., 1999, I, 3201.

(14) Sul danno in re ipsa: T.A.R. Bari, 10 gennaio 2011, n. 19 eT.A.R. L’Aquila, 17 giugno 2010, n. 481.

(15) Cons. Stato, Sez. VI, 12 marzo 2004, n. 1261, con nota di Car-parelli, Il risarcimento del danno da disturbo, in www.lexitalia.it. Intermini T.A.R. Brescia, 9 luglio 2007, n. 616. Contra: T.A.R. Lecce,18 aprile 2002, n. 1569, nonche Cons. Stato, Sez. V, 30 giugno2009, n. 4237, in tema di cd. danno da disturbo, ossia del dannocagionato dalla Pubblica Amministrazione per l’indebita com-pressione dell’esercizio di un diritto gia in godimento del privatoe rispetto al quale la colpa di questa e, indi, il diritto al ristoro, sipresume, salva la prova contraria. Sul danno da disturbo, piu direcente, T.A.R. Catanzaro, 15 novembre 2011, n. 1376, in www.di-rittoilsole24ore.it e www.ilmerito.it con nota della scrivente.

(16) Cons. Stato, Sez. V, 23 gennaio 2013, n. 265.

(17) Sub 16.

(18) Su legge delega 23 ottobre 1992, n. 241, che segna la cd.prima privatizzazione del pubblico impiego.

(19) Su legge delega 15 marzo 1997, n. 59, che ne segna la se-conda tappa.

(20) Su legge delega 4 marzo 2009, n. 15, che, per quanto in ri-lievo in parte qua ha introdotto rilevanti modifiche anche sull’a-zione amministrativa.

AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA n

1208 IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013

gestione e valutazione aziendale in ambito pubblico, neltentativo di ridurre la spesa dell’apparato pubblico e, alcontempo, di incrementarne la produttivita marginale ela trasparenza di gestione, sia delle risorse economiche,che umane.

In tale, mutato, contesto normativo, quindi, sul pre-supposto che nel caso dell’agere publicum difetterebbel’estraneita tra danneggiante e danneggiato propria del-la responsabilita aquiliana, in ragione dell’identificabilitadei due soggetti in ragione del loro coinvolgimento in undeterminato procedimento amministrativo, una partedella dottrina (21) e della giurisprudenza (22) hanno rite-nuto di assimilare la responsabilita in cui l’amministrazio-ne incorrerebbe in caso di illegittimo esercizio del poterea quella contrattuale, ove il vincolo obbligatorio sarebbeinsito nell’iter che astringe ed interessa entrambi, sebbe-ne in ruoli differenti.

Legame, inoltre, particolarmente qualificato, in quan-to nell’espletamento delle sue funzioni la Pubblica Am-ministrazione non sarebbe libera di agire coi soli limiti, ge-nerali, degli obblighi di correttezza e buona fede cheastringono i privati secondo il codice civile, bensı e forte-mente conformata dai piu stringenti criteri della econo-micita, efficienza, efficacia e trasparenza, di matrice co-stituzionale e declinati in dettaglio dalla legge 7 agosto1990, n. 241 e ss. mm. ed ii.

In tal guisa, il menzionato orientamento, da un lato,allarga le maglie della risarcibilita dei danni da lesionedi interesse legittimo (tanto pretensivo, quanto oppositi-vo) svincolandola dai rigidi presupposti richiesti dall’art.2043 c.c. e riconducendola nell’ambito applicativo del-l’art. 1218 c.c. e, dall’altro, la sottrae ai limiti ed ai rischidell’accertamento prognostico, con giudizio ex ante,per l’accertamento dell’effettiva spettanza del benedella vita che il privato assuma denegato dal poterepubblico.

Sottrazione che reca in se anche la dequotazionedella natura formale o sostanziale dei vizi riscontrati nelprovvedimento compressivo, in quanto in ogni caso exse sufficienti ad accordare il ristoro postulato dall’ammi-nistrato che ne sia stato destinatario, in quanto ricondu-cibile in ogni caso alla violazione dei cd. obblighi di pro-tezioni, che, secondo la dottrina civilistica, caratterizzanotutti i rapporti senza obblighi primari di prestazione, qualiquelli di specie, e che rinvengono il loro fondamento giu-ridico nell’art. 1173 c.c. (23).

L’orientamento, peraltro, e stato condiviso anche dalGiudice di legittimita (24), sebbene in isolate pronuncenelle quali ha rimarcato la sopravvenuta insufficienzadel tradizionale paradigma della responsabilita aquilia-na per inquadrare quella in cui incorre la Pubblica Am-ministrazione nel dispiegare il suo potere funzionale nei ri-guardi del cittadino, atteso che esso si dipana attraversoun iter procedimentale seguito da un complesso appa-rato strutturato ormai in chiave aziendalistica, «che nonpuo non avere riflessi sull’impostazione del problema del-la responsabilita della Pubblica Amministrazione», laddo-ve «il contatto del cittadino con l’Amministrazione e oggicaratterizzato da uno specifico dovere di comporta-mento nell’ambito di un rapporto che in virtu delle ga-ranzie che assistono l’interlocutore dell’attivita procedi-mentale, diviene specifico e differenziato».

Di talche, il fenomeno della violazione delle regoledell’agere publicum tradizionalmente ricondotte nell’al-veo della responsabilita contrattuale, e viceversa mag-

giormente assimilabile alla responsabilita contrattuale, einduce a poter affermare che «l’interesse al rispetto diqueste regole che costituisce la vera essenza dell’inte-resse legittimo, assume un carattere del tutto autonomorispetto all’interesse al bene della vita: l’interesse legitti-mo si riferisce a fatti procedimentali. Questi, a loro volta,investono il bene della vita, che resta, pero, ai margini,come punto di riferimento storico».

Tuttavia quest’ultima teorica (25), attualmente rima-sta, infatti, residuale, non e stata immune da critiche, se-gnatamente incentrate sul rischio di dover risarcire an-che danni da violazioni di interessi legittimi di tipo esclusi-vamente procedimentale prive, pero, di sostanziale no-cumento; sulla paventata reviviscenza dell’interesse allalegalita dell’agere publicum in quanto tale, prescinden-do da un effettivo interesse personale, attuale e concre-to del suo destinatario; e, non ultime, sulle difficolta ap-plicative, essendo evanescenti i criteri di quantificazionedi danni meramente procedimentali scevri di una rica-duta lesiva effettiva e concretamente misurabile.

Le tesi mediane e le conseguenze derivantidalle diverse opzioni

Tra i due orientamenti, poi, se ne sono formati alcunimediani, tra i quali quello che riconduce la responsabili-ta de qua nell’ambito di quella precontrattuale (26), exart. 1337 c.c., che, tuttavia, essendo assimilata gia dalladottrina civilistica a quella aquiliana (27), ne partecipadell’impostazione e delle critiche; nonche quello che ladefinisce una forma di responsabilita sui generis, non as-similabile ne a quella contrattuale, ne a quella extracon-trattuale, come del resto comprovato dal mancato ri-chiamo, da parte dell’art. 35, commi 1 e 4, del D.Lgs. n.80, del 31 marzo 1998, delle disposizioni e dei principi delcodice civile su cui si incentrano dette forme di respon-sabilita (28).

Teoriche in ogni caso recessive rispetto alle due po-c’anzi prospettate, dalle quali non di poco rilievo sono ledifferenze sostanziali e processuali conseguenti.

Infatti, optando per la natura extra contracto, sotto ilprofilo sostanziale, ne discenderebbe il piu breve terminedi prescrizione quinquennale dell’azione risarcitoria, ilsuo accoglimento solo in presenza di tutti i requisiti pre-

amministra

tivo

Note:

(21) Scoca, Per un’amministrazione responsabile, in Giur. Cost.1999, III, 4045; Vaiano, Pretesa di provvedimento e processo am-ministrativo, Milano, 2002.

(22) Cons. Stato, Sez. IV, 14 giugno 2001, n. 3169, Cons. Stato,Sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 340.

(23) Castronuovo, L’obbligazione senza prestazione ai confini tracontratto e torto, in La nuova responsabilita civile, Milano, 1997.

(24) Cass. 10 gennaio 2003, n. 157.

(25) Cons. Stato, Sez. VI, 20 gennaio 2003, n. 204, T.A.R. Venezia,20 novembre 2003, n. 5778.

(26) Per un dettagliato excursus Roberto Garofoli e Giulia FerrariManuale di diritto amministrativo ed. Nel Diritto Editore, 2009,nonche Francesco Caringella, Corso di diritto amministrativo, Mi-lano, 2008.

(27) Massimo Bianca, Diritto Civile, voll. 3 e 5, ed. Milano.

(28) Tesi, questa, seguita dal Cons. Stato, sez. VI, 14 marzo 2005,n. 1047.

n AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA

IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013 1209

scritti dall’art. 2043 c.c., innanzi citati, mentre, sotto il pro-filo processuale, il relativo onere probatorio ricadrebbesull’amministrato - danneggiato, alla stregua dell’art.2697 c.c., col temperamento dell’applicazione della re-gola della cd. pregiudizialita, che, dunque, in ultimaanalisi, porterebbe ad escludere il ristoro quante volte ilgiudice amministrativo accertasse la non spettanza delbene della vita, pur se l’Amministrazione non avesseprovveduto ovvero avesse provveduto con un atto legit-timo.

Gli interessi legali, inoltre, sarebbero computabili adecorrere dal fatto illecito (29).

Viceversa, aderendo alla tesi della responsabilita excontacto ovverosia contrattuale, il termine di prescrizio-ne sarebbe decennale, l’onere probatorio sarebbe piufacilmente assolto, dovendo l’amministrato - danneggia-to provare esclusivamente l’esistenza di un provvedi-mento illegittimo, ovvero l’omessa emanazione del prov-vedimento da parte della Pubblica Amministrazione, cuiresiduerebbe la probatio quasi diabolica dell’impossibili-ta di fare altrimenti, ex art. 1218 c.c., sarebbe assoluta-mente ininfluente il previo accertamento della spettanzao meno del bene della vita denegato dall’amministra-zione, come pure sarebbe irrilevante guardare alla natu-ra e alla portata del vizio inficiante l’atto di diniego, es-sendo sufficiente il mancato rispetto di una delle regoleprocedimentali dettate dal legislatore.

Gli interessi, infine, sarebbero esigibili a far data dalladomanda e la rivalutazione sarebbe liquidabile nei limitidell’art. 1224 c.c.

Il particolare caso del danno da ritardoe da ritardo mero ante riforma ...

Premesso che tra i due prevalenti orientamenti suesposti quello maggiormente consolidato e il primo, chequalifica la responsabilita per i danni cagionati nell’eser-cizio del potere funzionale come aquiliana, a lungo si ediscusso se vi potesse trovar spazio, oltre alla specie deldanno da ritardo, anche la sub-specie del danno da ri-tardo mero.

Il primo derivante dalla ritardata adozione di un attoampliativo della sfera giuridica del destinatario, il secon-do conseguente all’omesso rispetto del termine a prov-vedere, indipendentemente dall’esito finale del relativoiter.

Secondo la tradizionale impostazione dei Giudici diPalazzo Spada (30) la fattispecie de qua si configura eallorquando vi sia mera inerzia nel provvedere, e quantevolte il provvedimento venga adottato tardivamente, inquest’ultimo caso, poi, potendo avere contenuto tantosfavorevole al destinatario, ancorche legittimo, quantofavorevole.

Nel primo caso, potendo l’aspirante trovare piena tu-tela tramite lo specifico rimedio del ricorso avverso il si-lenzio, conseguendo, se del caso, il provvedimento po-stulato, cui, in caso di lassismo colposo o doloso, somma-re il ristoro economico medio tempore subito, ove prova-to (31).

Nel secondo caso, viceversa, nell’ipotesi di provvedi-mento favorevole, ma tardivo, gli sara del pari accorda-bile il ristoro alle condizioni anzidette, mentre, qualora siadi contenuto sfavorevole, ma legittimo, si profila il ritardomero, come tale, secondo la legislazione ratione tempo-ris applicabile, privo di tutela risarcitoria, stante l’acclara-

ta, mancata spettanza del bene della vita auspicato,non costituendo il rispetto del termine in se un valore as-surto a dignita giuridica nel nostro ordinamento (almenosino alla recente novella del 2009).

Gli assunti poc’anzi delineati sono stati peraltro con-fermati dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato,con la pronuncia 15 settembre 2005, n. 7, nella quale,pur ammettendo che un sistema giuridico particolar-mente attento alla tempestivita dell’azione amministrati-va potesse attribuire particolare rilievo al rispetto deitempi di emanazione dei provvedimenti da parte dellaPubblica Amministrazione, sanzionandone in vario modola lentezza, cio non di meno aveva fermamente esclusosiffatta possibilita difettando uno specifico riferimentonormativo sul punto ed evidenziando che «il sistema ditutela degli interessi pretensivi consente il passaggio a ri-parazioni per equivalente solo quando l’interesse preten-sivo, incapace di trovare realizzazione con l’atto, in con-giunzione con l’interesse pubblico, assuma a suo ogget-to la tutela degli interessi sostanziali e, percio, la manca-ta emanazione o il ritardo nell’emanazione di un provve-dimento vantaggioso per l’interessato (suscettibile di ap-pagare un ‘‘bene della vita’’)».

Il Supremo Consesso, tra l’altro, traeva dette conclu-sioni anche dal mancato esercizio della delega pur con-tenuta nell’art. 17, comma 1, lett. f), della legge 15 marzo1997, n. 59 a tenore della quale il Governo avrebbe po-tuto prevedere «forme di indennizzo automatico e forfet-tario per i casi di mancato rispetto del termine del pro-cedimento e di mancata o ritardata adozione del prov-vedimento».

Conforme la prevalente giurisprudenza successiva,che ha negato strenuamente autonomo rilievo e dignitagiuridica al mero decorso del termine ed alla certezzadei tempi di conclusione del procedimento amministrati-vo (32), malgrado le aperture mostrate dalla dottrina piuautorevole, incline a conferire piena dignita al tempo,quale autonomo bene della vita, di guisa da ammetter-ne il ristoro quante volte la burocrazia sforasse i tempi diconclusione del procedimento, in ragione della violazio-ne dell’affidamento del privato sulla certezza degli stessi,dovendo prescindersi dell’accertamento della meritevo-lezza o meno del bene della vita che la sua istanza miraa conseguire (33).

Conclusioni sorrette da una postulata essenza con-trattuale o da contatto della responsabilita della Pubbli-ca amministrazione.

Nonostante in una successiva apertura, ancorcheanteriore alle riforme legislative in materia, il Consiglio diStato, riguardo alla risarcibilita del danno da ritardo me-

amministrativo

Note:

(29) Dies a quo che decorre dal passaggio in giudicato dellasentenza che abbia accertato l’illegittimita del silenzio serbatodalla P.A. ed il correlato obbligo di provvedere, ovvero che ab-bia annullato il provvedimento impugnato. Conf. Ex plurimis:Cons. Stato, Sez. V, 2 marzo 2009, n. 1162.

(30) Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2005, n. 875.

(31) T.A.R. Milano, 17 giugno 2013, n. 1574, che accorda il ristoroper il mancato conferimento di un incarico professionale.

(32) Conf. Cons. Stato, Sez. VI, 30 gennaio 2006, n. 321, noncheCons. Stato, Sez. IV, 29 gennaio 2008, n. 248.

(33) Scoca, Risarcibilita e interesse legittimo, in Dir. Pubbl. 2000,1, 35.

AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA n

1210 IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013

ro, ha ritenuto esistente e tutelabile l’interesse del privatoall’esercizio tempestivo e nel rispetto delle regole proce-dimentali della funzione amministrativa, indipendente-mente dal contenuto dell’atto finale (34).

Prima dell’intervento parlamentare del 2009, dunque,la giurisprudenza amministrativa maggioritaria, tanto diprime, quanto di seconde cure, ha, da un lato, teso adescludere il danno da ritardo mero e, dall’altro, a conte-nere il risarcimento dei danni da ritardo sia riconducendolinell’alveo dell’art. 2043 c.c., sia richiedendo la stringenteprova, a carico del ricorrente, secondo i rigidi criteri di ri-parto prescritti dall’art. 2697 c.c., di tutti gli elementi costi-tutivi dell’illecito aquiliano, ivi incluso il previo accertamen-to giurisdizionale dell’illegittimita dell’inerzia della P.A. (35),nonche il positivo accertamento, a mezzo di giudizio pro-gnostico, sulla spettanza del bene della vita (36).

Per tale via, quindi, ha escluso che il ritardato conse-guimento di quest’ultimo arrecasse danni risarcibili quan-te volte fosse imputabile ad obiettivi impedimenti, qualiun reticolato normativo particolarmente complesso onuovo da applicarsi ed atto a rendere scusabile ed im-mune da colpa l’error in procedendo incorsa laP.A. (37), alla stregua dell’art. 1227 c.c., ovvero laddoveil danno emergente o da lucro cessante, del pari, nonfossero stati sufficientemente comprovati nell’an e nelquantum (38).

Portata dirompente sugli argini imposti dalla piu ac-corta giurisprudenza amministrativa, hanno tuttavia avu-to i successivi tentativi di apertura legislativa, nel solcodella rilevanza, anche ai fini risarcitori, del rispetto del ter-mine finale del procedimento da parte della P.A.

Invero, un primo tentativo, si era gia manifestato conla legge delega 1997, n. 59, che ipotizzava «forme di in-dennizzo automatico e forfettario per i casi di mancatorispetto del termine del procedimento e di mancata o ri-tardata adozione del provvedimento», disposizione, tut-tavia, rimasta priva di seguito governativo e, pertanto,fallita, che, non di meno, conteneva l’esposizione debi-toria dell’apparato pubblico attraverso la previsione diun indennizzo forfettario e non gia della forma succeda-nea di adempimento integralmente satisfattiva, senza alcontempo frapporre distinzioni tra danni ingiusti o meno,tutti accomunati dalla previsione indennitaria, atta a co-prire il rischio insito nell’attivita burocratica.

Tentativo reiterato, altrettanto infruttuosamente, a di-stanza di quasi dieci anni, con il disegno di legge, mu-tuato dal decaduto d.d.l. cd. Nicolais (A.S. 1859), a suotempo approvato dal Consiglio dei Ministri nella sedutadel 22 settembre 2006, a tenore del quale, introducendol’art. 2 bis, nella L. 7 agosto 1990, n. 241, rubricato «Con-seguenze per il ritardo dell’amministrazione nella conclu-sione del procedimento»: «1. Le pubbliche amministrazio-ni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1 ter, sono te-nuti al risarcimento del danno ingiusto cagionato in con-seguenza dell’inosservanza dolosa o colposa del terminedi conclusione del procedimento indipendentementedalla spettanza del beneficio derivante dal provvedi-mento richiesto. 2. Indipendentemente dal risarcimentodel danno di cui al comma 1 e con esclusione delle ipo-tesi in cui il silenzio dell’amministrazione competenteequivale a provvedimento di accoglimento dell’istanza,in caso di inosservanza del termine di conclusione delprocedimento, le pubbliche amministrazioni e i soggettidi cui all’articolo 1, comma 1 ter, corrispondono ai sog-getti istanti, per il mero ritardo, una somma di danaro

stabilita in misura fissa ed eventualmente progressiva, te-nuto conto anche della rilevanza degli interessi coinvoltinel procedimento stesso».

Disponendo, altresı, che la mancata emanazione delprovvedimento nei termini costituisse elemento di valuta-zione della responsabilita dirigenziale, anche ai fini dellacorresponsione dell’indennita di risultato (39).

E post riforma del codice di rito

Sul finire dello scorso decennio, il legislatore ha rece-pito le istanze emerse in dottrina e in giurisprudenza, co-gliendo le insofferenze ormai sempre piu spinte avversoun certo, sia pur limitato, modus operandi della compa-gine pubblica, positivizzando il diritto al ristoro di quantifossero vittime del suo ingiustificato lassismo.

Segnatamente, l’art. 7, comma 1, lett. c), della legge18 giugno 2009, n. 69 (40), ha introdotto l’art. 2 bis, nellalegge sul procedimento amministrativo, disponendo, te-stualmente, al primo comma, che «1. Le pubbliche am-ministrazioni e i soggetti di cui all’articolo 1, comma 1 ter,sono tenuti al risarcimento del danno ingiusto cagionatoin conseguenza dell’inosservanza colposa o dolosa deltermine di conclusione del procedimento», e, al secon-do comma, fissando il relativo termine di prescrizione incinque anni ed assegnandone le controversie al Giudiceamministrativo, in via esclusiva.

Comma secondo poi abrogato dal D.Lgs. 2 luglio2010, n. 104, recante il nuovo Codice del processo am-ministrativo (di qui in poi anche c.p.a.), e trasfuso, conmodifiche, in parte nell’art. 30 ed in parte nell’art. 133del medesimo decreto.

amministra

tivo

Note:

(34) Cons. Stato, Sez. VI, 12 gennaio 2009, n. 65.

(35) Previa notifica dal ricorrente dell’atto di diffida, necessariaai fini della formazione del silenzio - rifiuto prima della modificadell’art. 2, della L. n. 241/90 ad opera dell’art. 3, del D.L. n. 35,del 14 marzo 2005, conv. con L. n. 80, del 14 maggio 2005.

(36) E da registrarsi che a fronte di un costante orientamentogiurisprudenziale che esclude la rilevanza della cd. pregiudizialeamministrativa nei casi di danno da ritardo, il T.A.R. Bari, 13 gen-naio 2005, n. 56, ha deciso in segno opposto, peraltro con ap-profondita argomentazione.

(37) Per una compiuta disamina degli elementi dell’illecito aqui-liano e dei criteri di riparto dell’onere probatorio, si veda: Cons.Stato, Sez. V, 20 ottobre 2008, n. 5124, che mutua il proprio re-strittivo convincimento anche dalla giurisprudenza comunitariache riconosce portata esimente all’errore di diritto, in analogiaall’elaborazione penale in tema di buona fede nelle contrav-venzioni (Corte di Giustizia CE 5 marzo 1996, nei giudizi nn. 46 e48 del 1993, ivi citati).

(38) In tal senso T.A.R. Roma, 16 marzo 2009, n. 2694, che, tutta-via, pronunciandosi in maniera opinabile per l’inammissibilitadella domanda, piuttosto che per la sua infondatezza, ha aper-to la strada alla riproponibilita della domanda risarcitoria in pri-mo grado, allorquando l’edificio venga ad esistenza, coi soli li-miti della prescrizione, eventualita viceversa esclusa in caso diuna pronuncia di merito, di rigetto.

(39) Atti Senato n. 1082/09.

(40) Zerman, Il risarcimento del danno da ritardo: l’art. 2 bis dellalegge 241/199 introdotto dalla legge n. 69/2009, in www.giusti-zia-amministrativa.it; Fusco, Brevi note sul risarcimento del ‘‘dan-no da ritardo’’ alla luce del nuovo codice del processo ammini-strativo, ibidem.

n AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA

IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013 1211

Disponendo, quest’ultimo, che «il risarcimento deldanno ingiusto cagionato in conseguenza dell’inosser-vanza dolosa o colposa del termine di conclusione delprocedimento amministrativo» sia devoluta al Giudiceamministrativo, in via esclusiva, ed il primo, per quantoqui in rilievo, che «4. Per il risarcimento dell’eventualedanno che il ricorrente comprovi di aver subito in conse-guenza dell’inosservanza dolosa o colposa del termine diconclusione del procedimento, il termine di cui al com-ma tre (ossia il termine di decadenza di centoventi giorniper la proposizione della domanda, n.d.r.) non decorrefintanto che perdura l’inadempimento. Il termine di cui alcomma 3 inizia comunque a decorrere dopo un annodalla scadenza del termine per provvedere» (41).

La traslazione nel codice di rito, in uno alle su visteaddende sostanziali, di dettaglio, ha indotto parte delladottrina (42) ad enfatizzarne la portata dirompente sul-l’ormai pacifica esclusione del diritto pretorio del ristorodei danni da ritardo mero.

Orientamento innovativo basato soprattutto sullascelta legislativa di codificazione espressa e sulla positi-va valenza giuridica del tempo, assurto ad autonomobene della vita (43), indipendentemente dall’esito delprocedimento cui afferisce (44), nonche sulla cognizioneesclusiva delle questioni del Giudice amministrativo, sin-tomatica della sua natura di diritto soggettivo, autono-mo rispetto contenuto del provvedimento auspicato etardivamente intervenuto o non intervenuto affatto.

Conclusioni, viceversa, contestate dalla piu attentadottrina e giurisprudenza che, ridimensionando la porta-ta innovativa della legge 2009 cit., piuttosto enfatizzan-done quella ricognitiva, hanno optato per la coerenzadella novella con i collaudati approdi del diritto pretorio,soprattutto nella permanenza degli elementi psicologi-ci (45) ed eziologici richiesti ai fini della fondatezza delladomanda, nonche dell’ingiustizia del danno postulato,in continuita con il generale paradigma della responsa-bilita aquiliana, soprattutto a fronte della distonia delprecedente, fallito, tentativo di riforma recato dal dise-gno di legge Nicolais che testualmente indennizzava il ri-tardo puro, prescindendo dalla spettanza del beneficioderivante dal provvedimento auspicato, in applicazionedel principio ubi lex voluit, dixit.

Le recenti precisazioni del Consiglio di Stato

Il Consiglio di Stato, fugando ogni dubbio, con la re-cente pronuncia in epigrafe, torna a riaffermare la validi-ta della piu prudente e testuale soluzione ermeneuticaseguita dalla giurisprudenza in punto di danno da ritar-do (46), ribadendone la risarcibilita solo nei limiti in cui visia un’effettiva lesione sofferta dal privato nel ritardatoconseguimento dell’atto ampliativo della sua sfera giuri-dica (47), rimarcando che, posta la natura aquiliana del-la relativa responsabilita dell’Amministrazione, esso nonpuo essere disgiunto dal paradigma delineato dall’art.2043 c.c., con il correlato sistema probatorio a caricodel, presunto, danneggiato, alla stregua dell’art. 2697 c.c.

Di conseguenza, l’ingiustizia e la sussistenza stessa deldanno non possono, in linea di principio, presumersi iuristantum (48), in meccanica ed esclusiva relazione al ritar-do nell’adozione del provvedimento amministrativo fa-vorevole, essendo il danneggiato onerato della rigorosaprova, ex art. 2697 c.c., di tutti gli elementi costitutivi ri-chiesti al fine dell’accoglimento della domanda di risto-ro.

Segnatamente dovendo allegare la sussistenza deipresupposti di carattere sia oggettivo, quali il danno (sot-to il duplice elemento dell’an e del quantum), la sua in-

amministrativo

Note:

(41) In dottrina: Chieppa, Il danno da ritardo (o da inosservanzadei termini di conclusione del procedimento, in www.giustizia-amministrativa.it; Caringella - Protto, Codice del nuovo processoamministrativo, Roma 2010; Caringella - Protto, Manuale di dirit-to processuale amministrativo, Roma 2011; Fusco, Brevi note sulrisarcimento del ‘‘danno da ritardo’’ alla luce del nuovo codicedel processo amministrativo, in www.giustizia-amministrativa.it;Quinto, Il risarcimento del danno da ritardo: un passo avanti eduno indietro, ibidem; id., Il codice del processo amministrativoed il danno da ritardo: la certezza del tempo e l’incertezza dellegislatore, ivi; Soricelli, La codificazione della disciplina specialedella responsabilita della P.A. per danno da ritardo?, ibidem;Spezzati, Giurisdizione in materia di risarcimento del danno da ri-tardo della P.A., in Urb. App., 2010, 7, 791; Galvagno, Ancoraun’occasione mancata per il danno da ritardo: l’errore scusabi-le esclude il risarcimento del tempo perduto, in Giur. it., 2009, 4,1004.

(42) Zerman, Il risarcimento del danno da ritardo: l’art. 2 bis dellalegge n. 241/1990 introdotto dalla legge n. 69/2009, in www.giu-stizia-amministrativa.it.

(43) Consiglio di Stato, 28 febbraio 2011, n. 1271, secondo cuianche il tempo e un bene della vita per il cittadino e il ritardonella conclusione di qualsiasi procedimento e sempre un costo,ristorabile.

(44) In termini: C.G.A. Sicilia, 4 novembre 2010, n. 1368, che, aproposito del’iter per l’ammissione a finanziamenti pubblici, haritenuto che l’inosservanza del termine massimo di conclusionedel procedimento comporta, quale immediata e pregiudizievo-le conseguenza, l’assoluta imprevedibilita dell’azione ammini-strativa e quindi l’impossibilita per il soggetto privato di rispettarela programmata tempistica dei propri investimenti.

(45) In termini la recentissima T.A.R. Piemonte, 16 settembre2013, n. 1007, secondo cui «secondo un principio comunementeaffermato, non vi e luogo per la condanna al risarcimento deldanno da ritardo nel caso in cui non sia ravvisabile alcuna col-pa nell’operato dell’Amministrazione e la ricostruzione dei fatticonsenta agevolmente di comprendere che le modifiche ap-portate e le integrazioni documentali imposte al richiedenteescludono un atteggiamento dilatorio in capo al responsabiledel procedimento». Conf. Cons. Stato, Sez. IV, 7 marzo 2013, n.1406.

(46) Conf. Cons. Stato, Sez. IV, 23 marzo 2010, n. 1699, secondocui «una volta ammessa la risarcibilita del danno per lesione diinteressi legittimi, non puo negarsi la risarcibilita del danno subitodall’amministrato in presenza di una lesione direttamente conse-guente dall’atto illegittimo. Il solo ritardo nell’emanazione di unatto e elemento sufficiente per configurare un danno ingiusto,con conseguente obbligo di risarcimento, nel caso di procedi-mento amministrativo lesivo di un interesse pretensivo dell’ammi-nistrato, ove tale procedimento sia da concludere con un prov-vedimento favorevole per il destinatario». In termini Cons. Stato,Sez. V, 28 febbraio 2011, n. 1271, che, spingendosi oltre, ha affer-mato che: «il risarcimento del danno ingiusto cagionato dallapubblica amministrazione in conseguenza dell’inosservanza do-losa o colposa del termine di conclusione del procedimentopresuppone che il tempo e un bene della vita per il cittadino eil ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento hasempre un costo». Tra i Giudici di prossimita: T.A.R. Catanzaro, 14maggio 2012, n. 450; T.A.R. Umbria, 9 marzo 2012, n. 80; T.A.R.Napoli, 26 ottobre 2011, n. 4942.

(47) Piu recentemente, in punto di danno per ritardata assunzio-ne: Cons. Stato, Sez. III, 4 giugno 2013, n. 3049.

(48) In termini: T.A.R. Lecce, 12 luglio 2012, n. 1544.

AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA n

1212 IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013

giustizia ed il nesso eziologico, che soggettivo, sub spe-cie di dolo o colpa.

Costituendo lo sforamento del termine di conclusioneex lege del procedimento un mero indizio (49), di per senon sufficiente a fondare l’esistenza del danno non jure,affatto implicito o presumibile.

Indizio, viceversa, che dovra essere corroborato,chiarisce il Collegio, tenendo conto della specifica com-plessita procedimentale, come pure delle eventuali con-dotte sterilmente dilatorie serbate dall’Amministrazioneprocedente, o imputabili esclusivamente alla sua disor-ganizzazione o incapacita gestionale (50).

I citati approdi sono stati ripresi e dettagliati dalla suc-cessiva giurisprudenza, tanto di primo (51), quanto di se-condo grado (52), per quanto concerne l’assolvimentodell’onere probatorio ed la qualificazione giuridica deldanno.

Esso, a mente degli artt. 74 e 88, comma 2, lett. d),c.p.a. (53), nel giudizio risarcitorio che si svolge davantial giudice amministrativo, deve rispondere al principiogenerale sancito dal combinato disposto degli artt. 2697c.c. (secondo cui chi agisce in giudizio deve fornire laprova dei fatti costitutivi della domanda) e 63, comma 1e 64, comma 1, c.p.a. (secondo cui l’onere della provagrava sulle parti che devono fornire i relativi elementi difatto di cui hanno la piena disponibilita), non potendo,dunque, avere ingresso il c.d. metodo acquisitivo tipicodel processo impugnatorio.

Di talche il ricorrente che chiede il risarcimento deldanno da cattivo (o omesso) esercizio della funzionepubblica, deve fornire la prova dei fatti base costitutividella domanda.

Quanto alla qualificazione giuridica del danno dequo, essa rientra nello schema della responsabilita extracontrattuale disciplinata dall’art. 2043 c.c., di guisa che,per accedere alla tutela, e indispensabile, ancorchenon sufficiente, che l’interesse legittimo sia stato leso daun provvedimento o da un comportamento illegittimodell’amministrazione reso nell’esplicazione o nell’inerziadi una funzione pubblica e la lesione deve incidere sulbene della vita finale, che funge da sostrato materialedell’interesse legittimo e che non consente di configura-re la tutela degli interessi c.d. procedimentali puri, dellemere aspettative o dei ritardi procedimentali, salvoquanto sancito dall’art. 2 bis, della legge n. 241 del 1990.

Disposizione, quest’ultima che, riconoscendo che an-che il tempo e un bene della vita per il cittadino, rafforzala tutela risarcitoria nei confronti dei ritardi dell’agere pu-blicum laddove stabilisce il ristoro del danno ingiusto ca-gionato in conseguenza dell’inosservanza dolosa o col-posa del termine di conclusione del procedimento, acondizione che tale danno: sussista, sia ingiusto (ovveroincida su un interesse materiale sottostante), venga pro-vato e sia escluso che vi sia stato il concorso del fattocolposo del creditore ex art. 1227 c.c.

Ne consegue, chiarisce la consolidata giurisprudenzaamministrativa, che, in relazione ai danni da mancatotempestivo esercizio dell’attivita amministrativa, spetta alricorrente fornire in modo rigoroso la prova dell’esistenzadel pregiudizio, specie perche ha natura patrimoniale,«non potendosi invocare il c.d. principio acquisitivo inquanto surroga l’onere di allegazione dei fatti; e se an-che puo ammettersi il ricorso alle presunzioni sempliciper fornire la prova dell’esistenza del danno e della suaentita, e comunque ineludibile l’obbligo di allegare cir-

costanze di fatto precise e, quando il soggetto oneratodi tale allegazione non vi adempie, non puo darsi ingres-so alla valutazione equitativa del danno a norma del-l’art. 1226 c.c. perche tale norma presuppone l’impossi-bilita di provare l’ammontare preciso del pregiudizio su-bito, ne puo essere invocata una consulenza tecnicad’ufficio, diretta a supplire al mancato assolvimento del-l’onere probatorio da parte del privato» (54).

Prova, quella inerente al danno, che deve intervenireall’esito di una verifica del caso concreto che facciaconcludere per la sua certezza, la quale, a sua volta,presuppone: l’esistenza di una posizione giuridica sostan-ziale; l’esistenza di una lesione che e configurabile, nonsolo nell’evento di fatto, ma anche allorquando, comeinnanzi precisato, vi sia una rilevante probabilita di risul-tato utile frustrata dall’agire o dall’inerzia illegittima del-l’Amministrazione.

Condotta, che, tuttavia, dovra essere valutata nel-l’orbita dell’art. 2 della Costituzione e dei canoni di soli-darieta sociale e di dovere di correttezza, tenendo cioein debita considerazione anche quella serbata dalleparti allo scopo di prevenire disfunzioni o errori.

Le nuove aperture del cd. decreto del fare

Evidente essendo il risvolto negativo sul funzionamen-to e lo sviluppo economico-sociale del cronico ritardodella Pubblica amministrazione nell’esercizio delle suefunzioni, di recente il d.l. 21 giugno 2013, n. 69, recanteDisposizioni urgenti per il rilancio dell’economia, anchedenominato cd. decreto del fare, ha introdotto all’art.28, l’indennizzo da ritardo nella conclusione dei procedi-mento, in buona parte recependo gli insegnamenti giuri-sprudenziali formatisi in materia.

In particolare, stigmatizzando il lassismo di certa buro-crazia, che, evidentemente, nemmeno la privazione o ri-duzione dell’indennita di risultato dirigenziale, gia con-templata dal D.Lgs. n. 69/2009, ha spronato, il menziona-to articolo, cosı come modificato in sede di conversionedalla legge 9 agosto 2013, n. 98, innovando l’art. 2 bisdella legge sul procedimento, sancisce che: «1. La pub-blica amministrazione procedente o, in caso di procedi-menti in cui intervengono piu amministrazioni, quella re-sponsabile del ritardo e i soggetti di cui all’art. 1, comma1 ter, della legge 7 agosto 1990, n. 241 in caso di inosser-vanza del termine di conclusione del procedimento am-ministrativo iniziato ad istanza di parte, per il quale sussi-ste l’obbligo di pronunziarsi, con esclusione delle ipotesidi silenzio qualificato e dei concorsi pubblici, corrispon-dono all’interessato, a titolo di indennizzo per il mero ri-

amministra

tivo

Note:

(49) Sulla possibilita di ricorrere alle presunzioni semplici di cui al-l’art. 2729 c.c., sia pure nei limiti in cui il danneggiato abbia peroallegato circostanze di fatto precise: Cons. Stato, Sez. V, 12 giu-gno 2012, n. 3441.

(50) Al riguardo: Cons. Stato, Sez. IV, 29 maggio 2008, n. 2564.

(51) T.A.R. Bari, 10 settembre 2013, n. 1318.

(52) Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3405.

(53) Ex multis: Cons. Stato, Ad. Plen., 19 aprile 2013, n. 7; Cons.Stato, Sez. V, 12 giugno 2012, n. 1441 e 28 febbraio 2011, n. 1271;Cons. Stato, Sez. IV, 22 maggio 2012, n. 2974 e 2 aprile 2012, n.1957.

(54) Cons. Stato, Sez. V, 21 giugno 2013, n. 3405.

n AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA

IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013 1213

tardo, una somma pari a 30 euro per ogni giorno di ritar-do con decorrenza dalla data di scadenza del terminedel procedimento, comunque complessivamente nonsuperiore a 2.000 euro. 2. Al fine di ottenere l’indennizzo,l’istante e tenuto ad azionare il potere sostitutivo previstodall’art. 2, comma 9 bis, della legge n. 241 del 1990 neltermine perentorio di venti giorni dalla scadenza del ter-mine di conclusione del procedimento. Nel caso di pro-cedimenti in cui intervengono piu amministrazioni, l’inte-ressato presenta istanza all’amministrazione procedente,che la trasmette tempestivamente al titolare del poteresostitutivo dell’amministrazione responsabile del ritardo.2. I soggetti di cui all’articolo 1, comma 1 ter, della me-desima legge individuano a tal fine il responsabile delpotere sostitutivo. 3. Nel caso in cui anche il titolare delpotere sostitutivo non emani il provvedimento nel termi-ne di cui all’articolo 2, comma 9 ter, della legge 7 ago-sto 1990, n. 241, o non liquidi l’indennizzo maturato finoalla data della medesima liquidazione l’istante puo pro-porre ricorso ai sensi dell’articolo 117 del codice del pro-cesso amministrativo di cui all’Allegato 1 al decreto legi-slativo 2 luglio 2010, n. 104, e successive modificazioni,oppure, ricorrendone i presupposti, dell’articolo 118 dellostesso codice. 4. Nel giudizio di cui all’articolo 117 delcodice di cui all’Allegato 1 al decreto legislativo 2 luglio2010, n. 104, e successive modificazioni, puo proporsi,congiuntamente al ricorso avverso il silenzio, domandaper ottenere l’indennizzo. In tal caso, anche tale doman-da e trattata con rito camerale e decisa con sentenzain forma semplificata. 5. Nei ricorsi di cui al comma 3,nonche nei giudizi di opposizione e in quelli di appelloconseguenti, il contributo unificato e ridotto alla meta econfluisce nel capitolo di cui all’articolo 37, comma 10,secondo periodo del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98,convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011,n. 111, e successive modificazioni. 6. Se il ricorso e di-chiarato inammissibile o e respinto in relazione all’inam-missibilita o alla manifesta infondatezza dell’istanza cheha dato avvio al procedimento, il giudice, con pronun-cia immediatamente esecutiva, condanna il ricorrentea pagare in favore del resistente una somma da duevolte a quattro volte il contributo unificato. 7. La pronun-cia di condanna a carico dell’amministrazione e comu-nicata, a cura della Segreteria del giudice che l’ha pro-nunciata, alla Corte dei conti al fine del controllo di ge-stione sulla pubblica amministrazione, al Procuratore re-gionale della Corte dei Conti per le valutazioni di com-petenza, nonche al titolare dell’azione disciplinare versoi dipendenti pubblici interessati dal procedimento ammi-nistrativo. 8. Nella comunicazione di avvio del procedi-mento e nelle informazioni sul procedimento pubblicateai sensi dell’articolo 35 del decreto legislativo 14 marzo2013, n. 33, e fatta menzione del diritto all’indennizzo,nonche delle modalita e dei termini per conseguirlo, esono altresı indicati il soggetto cui e attribuito il poteresostitutivo e i termini a questo assegnati per la conclusio-ne del procedimento. 9. All’articolo 2 bis della legge 7agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni, dopo ilcomma 1 e inserito il seguente: «1bis. Fatto salvo quantoprevisto dal comma 1 e ad esclusione delle ipotesi di si-lenzio qualificato e dei concorsi pubblici, in caso di inos-servanza del termine di conclusione del procedimentoad istanza di parte, per il quale sussiste l’obbligo di pro-nunziarsi, l’istante ha diritto di ottenere un indennizzo peril mero ritardo alle condizioni e con le modalita stabilite

dalla legge o, sulla base della legge, da un regolamen-to emanato ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della leg-ge 23 agosto 1988, n. 400. In tal caso le somme corrispo-ste o da corrispondere a titolo di indennizzo sono detrat-te dal risarcimento». 10. Le disposizioni del presente arti-colo si applicano, in via sperimentale e dalla data di en-trata in vigore della legge di conversione del presentedecreto, ai procedimenti amministrativi relativi all’avvioe all’esercizio dell’attivita di impresa iniziati successiva-mente alla medesima data di entrata in vigore. 11. Glioneri derivanti dall’applicazione del presente articolo re-stano a carico degli stanziamenti ordinari di bilancio diciascuna amministrazione interessata. 12. Decorsi diciot-to mesi dall’entrata in vigore della legge di conversionedel presente decreto e sulla base del monitoraggio rela-tivo alla sua applicazione, con regolamento emanato aisensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto1988, n. 400, su proposta del Ministro per la pubblica am-ministrazione e la semplificazione, di concerto con il Mini-stro dell’economia e delle finanze, sentita la Conferenzaunificata, di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28agosto 1997, n. 281, e successive modificazioni, sono sta-biliti la conferma, la rimodulazione, anche con riguardoai procedimenti amministrativi esclusi, o la cessazionedelle disposizioni del presente articolo, nonche eventual-mente il termine a decorrere dal quale le disposizioni ivicontenute sono applicate, anche gradualmente, ai pro-cedimenti amministrativi diversi da quelli individuati alcomma 10 del presente articolo» (55).

Conclusioni

Le recenti riaffermazioni di principio del massimo Con-sesso amministrativo risultano non solo aderenti al tenoredella riforma del 2009, ma valgono ad individuare l’esattobaricentro tra l’apprezzamento del decorso, infruttuoso,del termine e l’effettiva imputabilita dello stesso a fatto ecolpa del plesso burocratico procedente, mediata dalprincipio di autoresponsabilita del privato, presunto dan-neggiato, che, in sede giudiziaria, dovra fornire prova ri-gorosa di tutti gli elementi costitutivi della fattispecie dicui all’art. 2043 c.c. e, per converso, di assenza di quellicontemplati dall’art. 1227 c.c. in tema di riduzione deldanno per fatto o concorso causale dello stesso debitore.

Quanto innanzi, tenuto conto, sotto il profilo stretta-mente processuale, che, mutuando gli approdi della giuri-sprudenza civilistica, nel mentre la totale ascrivibilita a fat-to e colpa del creditore - danneggiato e eccezione rile-vabile anche d’ufficio, interrompendo il nesso causale e,indi, incidendo su uno degli elementi costitutivi della fatti-specie, il concorso di responsabilita, come pure l’aggra-vamento del danno, sono rilevabili su eccezione di parte.

In tale ultimo caso significando che dovra essere cu-ra dell’Amministrazione sollevarla con tempestivita, for-nendo le relative allegazioni, pena, in caso di condan-na, un ulteriore profilo di danno erariale oltre quello giainsito nel colposo o doloso sforamento del termine perl’emanazione del provvedimento.

A cio dovendo aggiungersi, sullo sfondo e sotto il di-verso aspetto sostanziale, che, allo stato, le esigenze di

amministrativo

Nota:

(55) Volpe, Silenzio inadempimento e tutela indennitaria - notea margine dell’art. 28 del d.l. 21 giugno 2013, n. 69, in www.giu-stamm.it.

AMMINISTRATIVO . IN EVIDENZA n

1214 IL CORRIERE DEL MERITO N. 12/2013

contenimento finanziario e di spending review, che han-no imposto tagli anche all’apparato burocratico ed allerisorse strumentali ed economiche della Pubblica Ammi-nistrazione, sia pure con l’invarianza dei servizi e dellefunzioni erogate alla collettivita, rendono necessario, perun verso, tenere fermi i prudenti approdi giurisprudenzialiatti a contemperare la dignita giuridica del bene ‘‘tem-po’’, con l’esigenza, realistica, di evitare un’ingiusta lo-cupletazione del privato, in danno del pubblico erario e,per altro verso, di ripensare, nel momento applicativodei cardini poc’anzi tratteggiati, all’effettiva incidenzascriminante dell’aspetto organizzativo sulle dinamicheprocedimentali de quibus, atteso che, oltre un certo limi-te, e noto che la produttivita marginale di ciascun ele-mento concorrente (sia esso umano o meno) tende adecrescere, di guisa che, non e realistico attendersi ilraggiungimento efficace ed efficiente degli obiettivi(anche temporali) prefissati stressando oltre misura i sog-getti deputati a raggiungerlo (56), salvo aumentare pro-porzionalmente il termine finale dei procedimenti o di uncospicua parte di essi (57).

Essendo, altresı, evidente che i costi sociali derivantidal riconoscimento della risarcibilita del danno da ritar-do, in ultima analisi ripartiti tra tutti i cittadini, e opportu-no che vengano limitati ai cd. rischi di impresa, secondoil principio dell’homo ejusdem professionis et condicionis,nonche ai soli danni concretamente ed ingiustificata-mente patiti dal singolo cittadino, per le chiare ricadutesulla finanza pubblica.

Limiti da garantirsi mediante la previsione di mecca-nismi di controllo interno ed esterno alla P.A. piu incisivied obiettivi, nonche mediante un miglioramento del-l’apparato burocratico - amministrativo che giocoforzapassa attraverso un diverso modo di intendere e di gesti-re la P.A., sotto il duplice aspetto delle risorse strumentalied umane, oltre che delle modalita di reclutarle (58).

Peraltro, non impinge la validita degli approdi la re-cente novella recata dal cd. decreto del fare laddove

introduce un indennizzo forfettario, massimo, di duemilaeuro, essendo tutt’altro che assimilabile al risarcimentoda attivita illegittima (sub specie di sforamento dei termi-ni di conclusione del procedimento), piuttosto inqua-drandosi tra le ipotesi di compensazione di una com-pressione della sfera giuridica del privato non tale da as-surgere ad apprezzabile nocumento, secondo il tradizio-nale paradigma dell’art. 2043 c.c.

La qual cosa, per un verso, esime l’amministrato, dal-l’assolvimento del rigoroso onere probatorio richiesto intema di risarcimento danni da illecito aquiliano, conse-guendo automaticamente una somma tangibile, anchein ipotesi di scarsa o pressoche nulla serieta degli effettiderivanti dall’inerzia pubblica; e, per l’altra, non escludeche, in caso di un ben piu concreto sacrificio, egli possaagire, nel rispetto delle incombenze sostanziali e proces-suali innanzi esplicitate, per il risarcimento dell’effettivoed ulteriore pregiudizio subito.

amministra

tivo

Note:

(56) Sugli effetti delle recenti riforme di stabilizzazione finanziaria:Cosmai, Palazzo Vidoni spiega i tagli alle P.A., in Guida pubblicoimpiego, 2013, n. 1-2, 44, id., Il Ministero dell’Economia indirizzasui tagli alle spese, ibidem, 2013, n. 3, 20; id., Incostituzionali latassa di solidarieta e l’opera di previdenza in danno dei soli di-pendenti pubblici, Azienditalia - Il Personale, 2012, 12, 583.

(57) Procedimenti molti dei quali dilatati per il Ministero dell’Inter-no oltre il termine di novanta giorni con il recente D.P.C.M. 21marzo 2013, n. 58 in G.U. 27 maggio 2013, n. 122.

(58) Ripensamento che include, ab interno, al contempo, diver-se e piu selettive forme di accesso e progressione del personale,unitamente alla predisposizione di incentivi destinati alla suaparte piu meritevole e, ab esterno, un miglioramento nell’otticadella razionalizzazione e della semplificazione del sistema nor-mativo, spesso caotico e recante una serie di sovrapposizioni dicompetenze e di adempimenti tali da impattare negativamen-te sul corretto ed efficiente operato delle amministrazioni.

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