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Dispensa di psichiatria a cura di Maugeri Antonino Università dell'Insubria DISPENSA DI PSICHIATRIA A CURA DI MAUGERI ANTONINO

Dispensa Di Psichiatria

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Dispensa di Psichiatria

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Dispensa di psichiatria a cura di Maugeri Antonino Università dell'Insubria

DISPENSA DI PSICHIATRIAA CURA DI MAUGERI ANTONINO

''In un'epoca di pazzia, credersi immuni dalla pazzia è una forma di pazzia.''

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A Salah

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1. IntroduzioneQuesta dispensa vuole essere una scrematura, una semplificazione, una riorganizzazione esaustiva del supporto sul quale normalmente si studia psichiatria all'Insubria. Studia da qui e saprai tutto ciò che il prof. vuole sentirsi dire, studia da qui e saprai un po' di sana psichiatria senza fronzoli.

La psichiatria è una disciplina medica che cura persone malate e sofferenti, tuttavia è diversa dalle altre discipline perché:

-Vede al centro l'individuo nella sua soggettività

-Richiede abilità comunicative e relazionali

-Ha a che fare con individui emarginati e stigmatizzati (vedi stigma), e con pregiudizi individuali e sociali

- Deve far fronte a possibili comportamenti auto ed etero aggressivi dei pazienti

-Tratta l'irrazionalità

2.Storia della psichiatriaL'approccio alla psichiatria non può essere solo biologico-clinico ma deve essere anche storico, anche questo la differenzia da tutte le altre discipline mediche.

Antichità

Anticamente la disciplina psichiatrica ha spesso compreso elementi magici e sacerdotali. Le malattie mentali come le varie psicosi e l'epilessia erano già conosciute prima dei greci ed erano anche previsti dei trattamenti basati su un ragionamento di tipo causa-effetto. Qui di seguito una serie delle presunte cause del disturbo psichiatrico e terapie correlate.

-Intrusione di uno spirito nel corpo: la terapia consiste nel rimuoverlo (esorcismo, trasferimento dello spirito su un altro essere vivente oppure rimozione meccanica)

-Infrazione di un tabù: la terapia consiste nella confessione e nell'espiazione del peccato

-Stregoneria: la terapia è la magia riparatrice

-Assenza dell'anima: la terapia è cercarla, ritrovarla

Non mancano però approcci più scientifici anche nell'antichità, per esempio Ippocrate già descriveva malattie psichiatriche come epilessia, depressione e psicosi con un approccio più clinico e galeno (medico romano) studiava la neuroanatomia e la neurofisiologia.

Medioevo

Dopo la caduta dell'impero romano si ha un ritorno alla concezione magica della psichiatria, un esempio è quello delle donne che facilmente a quei tempi potevano essere considerate streghe e venivano bruciate vive.

Positivismo e psichiatria scientifica

Nasce a fine 1700 con gli psichiatri illuminati. Pinel (francese) fonda la psichiatria morale, che vede il malato psichiatrico come una persona sofferente che non deve essere allontanata ed emarginata ma assistita. Ma anche Tuke (inglese) e Chiarugi (italiano). In questi anni si strutturano ambienti specifici per l'assistenza e il trattamento delle malattie mentali.

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Nell'800 progrediscono gli studi anatomici e fisiologici e la psichiatria assume caratteri organicistici ( organicismo= ogni malattia ha una causa organica documentabile). Le teorie organicistiche erano sostenute da alcune scoperte. Per esempio Bayle scoprì che alcune forme di psicosi e di demenza erano dovute all'encefalite luetica e si pensava che tutte le forme in realtà avevano una causa organica che non era però ancora stata documentata.

In quel periodo Kraepelin fece la prima classificazione nosologica delle malattie psichiatriche.

Nel 1900 il modello organicistico viene messo in crisi da Freud e dalla psicanalisi, perché dimostra che la malattia mentale può non avere cause organiche. In italia la psicanalisi non ha successo se non dopo la seconda guerra mondiale, a causa del contesto socio-culturale, della chiesa, del fascismo e della rigidità degli ambienti universitari.

Il periodo dei manicomi e la sua fine

La prima legge sui manicomi in Italia è quella del 1838 di Luigi Filippo (non esisteva ancora la repubblica italiana, che è nata nel 1861), che sta alla base di quella della repubblica italiana del 1904. La legge del 1904 è la legge che istituisce i manicomi, si basa sul principio che i malati psichiatrici sono potenzialmente pericolosi per loro stessi e per gli altri e quindi vanno reclusi in una struttura specifica. Il malato è quindi stigmatizzato, cioè porta con se ''un marchio visibile di discredito e di vergogna'' legato alla malattia e in grado di compromettere la vita personale e sociale.

Negli anni tuttavia si sono dimostrati vari problemi in questo sistema:

1) Incremento del numero di ricoverati (270.000 negli anni 70) e instaurarsi di cronicità che portavano i malati a permanere per lunghissimi periodi nelle strutture.

2) Comparsa di sindromi da istituzionalizzazione (depressione e scarsa prospettiva futura e comunque peggioramento dei sintomi di base) e social breakdown-sindrome (il malato è etichettato come incompetente e pericoloso dalla società e progressivamente tende a etichettarsi anche da solo a causa del discredito sociale, in questo modo si ha un'atrofia delle capacità che comporta ulteriore discredito sociale e così via).

Inoltre ci sono stati dei cambiamenti, quali:

1) Cambiamenti sociali e politici, sensibilizzazione della popolazione sulle questioni sociali, diminuzione dello stigma.

2) Sviluppo di nuove terapie farmacologiche che permettevano di controllare i sintomi e diffusione della psicoanalisi.

Per queste ragioni nel 1978 viene promulgata una nuova legge che:

-Annulla la legge del 1904, impedisce la costruzione di nuovi manicomi e impedisce nuovi ricoveri in quelli esistenti.

-Inserisce la malattia psichiatrica nell'ambito della medicina generale e istituisce i reparti di psichiatria negli ospedali.

-Prevede che i trattamenti sanitari siano volontari e non obbligatori.

In circa 20 anni sono stati chiusi tutti i manicomi.

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3. La psichiatria di consultazione-liaison(Argomento al limite tra l'inutile e l'incomprensibile, ma non si sa mai...)

Liaison, dal francese significa ponte, collegamento. La psichiatria di consultazione-liaison è appunto quella branca della psichiatria che sta al confine tra psichiatria e medicina e collega come un ponte queste due discipline.

E' nata in America negli anni 20, si è sviluppata in Canada con Lipowsky negli anni 30, in Europa negli anni 50, in Italia negli anni 70. Dopo una fase organizzativa nei primi anni ha avuto una fase di sviluppo concettuale e infine di crescita rapida e diffusione negli anni 70. Oggi si applica principalmente nei reparti di medicina generale degli ospedali, nei medici di base e nelle relazioni con gli anziani.

Le sue finalità sono:

-Assistenza: informazione e aggiornamento ai medici non psichiatri riguardo tematiche psichiatriche e psicologiche.

-Didattica: insegnamento nel corso di laurea di medicina.

-Ricerca: in tutti i campi attinenti, come disturbi psichiatrici legati a malattie somatiche.

4. La relazione terapeutica e il colloquio clinicoVedi le slide di psicologia della Trotti, l'argomento è lo stesso.

5. Esame clinicoSi compone dell'anamnesi psicopatologica, che ricerca malattie psichiatriche in corso o passate e indaga sulla qualità delle relazioni sociali (l'ideale è raccogliere informazioni sia dal paziente che dai familiari, perché possono essere differenti) e dell'esame obbiettivo psichico. I dati si raccolgono attraverso l'ispezione e il colloquio con il paziente, inoltre si possono utilizzare anche dei test o dei questionari. Nell'esame obbiettivo si valutano le seguenti caratteristiche:

1) Aspetto generale del paziente:

-Benessere fisico, cura e igiene personale ( può essere normale, accurata, trascurata)

-Abbigliamento, può essere normale, oppure per esempio appariscente in un maniaco, dimesso in un depresso, sovrapposizione inappropriata di abiti (es. camicia sopra il maglione) nello schizofrenico, abiti indossati al contrario o in maniera scorretta nel demente.

-Mimica: l'espressione del volto può mostrare allegria, tristezza, ansia, paura, ci possono essere smorfie, rigidità e tic facciali.

-Motricità: ci può essere un rallentamento (fino alla paralisi e alla catatonia) o un accentuazione come in questi casi:

Manierismi: movimenti innaturali, non spontanei.

Stereotipie: ripetizione continua di un movimento.

Agitazione psicomotoria (vedi capitolo sull'agitazione): stato di tensione interiore che si rende note con movimenti del corpo (giocare con i capelli, mordersi le unghie).

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Iperattività: verbale o fisica, differisce dall'agitazione perché è più finalizzata alla gestualità (parlare, fare, non mordersi le unghie).

Acatisia: incapacità di stare fermi dovuta a tremori e scosse miocloniche soprattutto alle gambe, spesso effetto collaterale dei neurolettici.

Aggressività e aggressione: verbale o fisica.

2) Atteggiamento relazionale:

In base alla possibilità di comunicare la relazione può essere in sintono o in dissintono.

Il paziente può essere collaborante o avere un atteggiamento evasivo, passivo, scherzoso o reattivo.

3) Comportamento

Il comportamento deriva in parte dagli istinti innati e in parte dal carattere e dalla personalità dell'individuo. Si valutano i diversi ambiti di comportamento:

-Alimentare: anoressia, bulimia, iperfagia, picacismo (ingestione di sostanze non nutritive, es. terra)

-Sessuale: ninfomania, perversioni, dongiovannismo

-Sociale: aggressività, furto, scasso, piromania, rifiuto delle regole, bugie patologiche

-Droghe, gioco d'azzardo, tentativi di suicidio

4) Linguaggio

Del linguaggio si valuta innanzitutto se è spontaneo o se necessita di stimolazione.

Si valuta poi la quantità: mutismo (non parla per causa organica), mutacismo (causa psicopatologica) e logorrea (eloquio veloce ed eccessivo) e la qualità, cioè se c'è disfonia, disartria, ma anche se è rallentato, accellerato, interotto (balbuzie), ci possono essere stereotipie verbali, neologismi, verbigerazioni e insalate di parole.

5)Pensiero

Il pensiero è composto da una forma e dal contenuto ( il contenuto è cosa pensi, la forma è come e quanto lo pensi).

Forma: le anomalie della forma possono essere qualitative o quantitative, appunto.

1)Anomalie qualitative:

-Blocco o barrage: non riesci a portare a termine il pensiero

-Circostanzialità: incapacità di dirigere il pensiero verso uno scopo ( inizio a pensare una cosa ma aggiungo dettagli fino a perdermi)

-Tangenzialità: produzione di pensieri solo marginalmente connessi a quanto appena detto, che mi allontanano quindi dal significato di partenza. Una serie di connessioni tangenziali portano a deragliamento del pensiero (si perde totalmente il significato di partenza)

2)Anomalie quantitative:

-Tachipsicismo (tanti pensieri che si susseguono, nella mania ad esempio)

-Bradipsicismo e inibizione del pensiero (nella depressione)

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Contenuto: cioè cosa penso, le anomalie del contenuto possono essere:

1)Idee fobiche (paure ingiustificate, ad esempio continua paura dei germi)

2) Ossessioni (pensiero ricorrente, che continua a stuzzicare la mente, il paziente riesce a criticarlo, cioè capisce che quel pensiero non è vero o è illogico, ma non riesce a smettere di pensarci. Se lo ignora si inquieta e cresce l'ansia, se lo asseconda sta meglio. Il gesto dell'assecondazione è la compulsione. Esempio: il paziente è a letto, comincia a pensare che non ha spento la luce della cucina, va e controlla, è spenta, torna a letto, ma continua a pensare che forse è spenta (ossessione), sa che lo ha fatto, cioè che l'ha spenta (capacità di critica) ma il pensiero è così continuo e ossessivo che alla fine torna più volte a controllare (compulsione).

3) Delirio: è simile all'ossessione, ma viene persa la capacità di critica, non c'è critica! Quindi il paziente non si rende conto che c'è un pensiero sbagliato. Alcuni tipi di delirio:

-Persecuzione ( è convinto che lo stanno perseguitando, per ucciderlo o fargli del male)

-influenzamento ( è convinto che qualcuno o qualcosa lo costringa a fare delle cose)

-Ipocondriaco (è convinto di avere malattie)

-Di gelosia

-Di grandezza, di colpa e di rovina (sono deliri OLOTIMICI, cioè riguardano i disturbi dell'umore, rispettivamente mania e depressione)

N.B. Nel delirio viene persa la capacità di critica, ma il paziente è cosciente, se lo chiami risponde, parla, eccetera, si tratta invece di DELIRIUM se viene persa anche la coscienza.

6) Percezione

I disturbi della percezione possono essere illusioni, allucinazioni, depersonalizzazione e derealizzazione.

L'illusione è una percezione errata di uno stimolo, ad esempio, vedo una giacca appesa e per un attimo credo che sia una persona, poi mi accorgo (illusione visiva), oppure sento un rumore e lo scambio per una voce (illusione uditiva). Non sono patologiche. Si dicono Pareidolie quando compaiono in soggetti con disturbi emotivi particolarmente suggestionabili.

L'allucinazione è la percezione SENZA lo stimolo, ad esempio vedo una persona che però non c'è (visiva) oppure sento delle voci che non ci sono (uditiva), sento degli odori che non ci sono (olfattiva, la più frequente), sento che qualcuno mi tocca ma non c'è nessuno (tattile)... eccetera. Sono patologiche, se avvengono prima di addormentarsi (ipnagogiche) o al risveglio (ipnopompiche) sono meno gravi e possono essere dovute allo stress. Si dicono pseudoallucinazioni se non hanno una componente sensitiva ma sono dentro la mente, ad esempio voci interne.

La depersonalizzazione, tipica della schizofrenia, consiste nel non sentire il proprio corpo come proprio, come se lo stai guardando dall'esterno.

La derealizzazione, tipica anche questa della schizofrenia consiste nella visione distorta della realtà, del mondo esterno e delle altre persone.

7) Umore e affettività

Si valuta il tono dell'umore, il paziente può essere normale, depresso (diminuzione) oppure maniaco (aumento)

Per la sfera affettiva si ricercano ansia, paura, angoscia, euforia e altro.

Di particolare interesse è la condizione di ambivalenza affettiva, tipica della schizofrenia, nella

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quale il paziente prova 2 sentimenti contrapposti nello stesso momento (gioia-dolore, calma- inquietudine) e magari ride mentre piange. Un'altra situazione particolare è l'anaffettività, tipica della depressione, dove il paziente nega di provare qualsiasi sentimento, non prova nulla.

8) Critica

La critica è la capacità del paziente di giudicare i suoi pensieri e il suo comportamento (vedi ossessioni e deliri), ma anche la capacità di valutare il suo stato di salute o di malattia (si parla in questo caso di ''insight'')

9) Coscienza

la coscienza comprende 2 componenti, una quantitativa, detta vigilanza, determinata dalla formazione reticolare e determinata anche dal ritmo sonno/veglia (quanto sei cosciente? Dormi, sei sonnolento o sei sveglio?) e una qualitativa, che prende il nome di coscienza propriamente detta (per cosa sei cosciente? La realtà, il tuo corpo?)

Le alterazioni della vigilanza sono: in senso di riduzione crescente la sonnolenza, l'obnubilamento, la letargia, lo stupor e il coma; in senso di aumento l'ipervigilanza.

La coscienza propriamente detta ha a sua volta due componenti:

-Una quantitativa: che comprende il campo (cioè l'ambito che contiene tutti gli elementi, definisce quindi l'ampiezza della coscienza) e l'intensità (la messa a fuoco su ciascun elemento, definisce la lucidità)

-Una qualitativa che comprende la consapevolezza di se e l'orientamento spaziotemporale.

10) Funzioni superiori

-Memoria: amnesia (anterograda se da qui in avanti non fisso più ricordi, retrograda se dimentico cose già successe, può essere anche retroanterograda), ipermnesia (eccessiva rievocazione di ricordi)

-Intelligenza: capacità cognitive di vario tipo, lettura, scrittura, visivospaziali. Il deficit può essere dovuto a un disturbo dell'apprendimento (ritardo mentale) o ad una demenza progressiva.

6. Psicomotricità e schema corporeo

Psicomotricità

La motricità è l’insieme di tutte le espressioni motorie del corpo (movimenti, gesti, postura, atteggiamenti).

Il movimento è il risultato dell’interazione di diverse componenti che lo determinano, queste sono:

-Informazioni sensoriali superficiali e profonde

-Afferenze vestibolari e dei fusi neuromuscolari per il controllo dell’equilibrio

-Afferenze visive e uditive

-Aspetti cognitivi e psicologici

La psicomotricità studia le componenti psicologiche della motricità, quindi non soltanto l’atto motorio ma tutto ciò che lo ha determinato e il suo significato per l’individuo. Queste componenti

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sono:

-La motivazione e la progettazione dell’atto motorio (voglio tirare per fare goal e mi preparo)

-L’aspettativa e piacere del gesto (goal fatto)

-Il suo valore relazionale (il goal serve per far vincere la partita alla squadra)

E’ importante perché esistono sintomi psicomotori (es. agitazione) ma anche terapie psicomotorie.

Schema corporeo

Lo schema corporeo è ‘la rappresentazione mentale della struttura del corpo e della interiorizzazione delle caratteristiche affettive e emozionali’ (è l’idea che tu hai di quello che sei, non solo morfologicamente ma anche emotivamente e affettivamente). E’ un concetto dinamico e complesso, perché ogni azione viene normalmente impostata sulla base della conoscenza dello schema corporeo, ma ogni azione può anche modificare lo schema corporeo stesso.

Schema corporeo

Azione

Informazioni sensoriali esperienza emotiva

Lo schema corporeo si caratterizza per: (PADRE)

-Plasticità: capacità di percepire stimoli anche se non sono ricevuti direttamente dal corpo (sentire il foglio di carta con la penna, sentire le gocce di pioggia con l’ombrello)

-Adattabilità: capacità di adattare facilmente lo schema corporeo in varie situazioni (i vestiti indossati vengono percepiti come parte di sé e non come qualcosa di estraneo)

-Dinamicità: capacità di modificarsi nel tempo in base alle emozioni ed al contesto (un contesto elegante può influenzare il nostro modo di atteggiarci)

-Relazionalità: si può modificare anche in base al contesto (come ti comporti a casa tua è diverso che a casa di altri)

-Estensibilità: capacità di estendersi, di allargarsi (se guidi la macchina quella diventa parte del tuo schema corporeo, se ti investono dirai infatti: mi è venuto addosso! Non dirai: è andato addosso alla mia macchina)

Carino l’esempio della pallacanestro: il giocatore sente la palla come se fosse parte di se stesso (estensibilità), sente il parquet sotto il rimbalzo della palla e l’impulso di lancio quando gliela passano (plasticità), modifica i movimenti in base agli stimoli emotivi (dinamicità) e sensitivi (adattabilità) e al contesto relazionale, cioè pubblico, avversari e compagni (relazionalità).

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7. Psicopatologia e nosografia psichiatrica

Psicopatologia

La psicopatologia studia le manifestazioni patologiche della malattia mentale, studia quindi le alterazioni della normalità. Non studia però soltanto ciò che c’è di patologico nella psiche ma anche cosa c’è di psicologico nella malattia, esulando quindi dal campo medico.

L’interpretazione delle manifestazioni patologiche della malattia mentale non è semplice e può essere influenzata dal contesto (ad esempio: A l3 C D E F , l2 l3 l4 l5, lo stesso simbolo l3 può essere interpretato come B o come 13 a seconda del contesto):

-Contesto clinico: in un reparto di psichiatria tenderemo più a pensare che un sintomo sia di origine psichiatrica, viceversa in un altro reparto faremo fatica a pensarlo (effetto ‘alone’)

-Contesto culturale

-Conoscenze personali

Oggi esistono vari modelli di interpretazione psicopatologica dei sintomi:

-Psicobiologico: è il modello più scientifico, secondo il quale la patologià è un alterazione biologica rilevabile dal punto di vista neuroanatomico, neurofisiologico o biochimico, gode di ottimi consensi ma è limitato (poche sono le malattie mentali con una base biologica nota).

-Psicologico: la malattia è causata dalla storia del paziente e dalle sue caratteristiche individuali ed è individuabile con il colloquio clinico e la psicanalisi.

-Sociologico: la follia è considerata come frutto della repressione sociale su soggetti più deboli, è un disturbo degli insiemi (famiglia, organizzazione sociale)

-Epidemiologico: studia incidenza prevalenza e distribuzione delle malattie psichiatriche e permette di valutare possibili correlazioni di queste con particolari condizioni socio- economiche.

Negli anni 80 si è arrivati al concetto di ‘dimensione psicopatologica’, cioè un’alterata funzione che è espressa da un insieme di sintomi che sono specifici per la funzione alterata. Il concetto di dimensione psicopatologica permette di correlare più semplicemente la sintomatologia con l’alterazione biologica e di studiare farmaci più mirati alle dimensioni psicopatologiche specifiche. Nella schizofrenia ad esempio abbiamo 3 dimensioni psicopatologiche:

-Distorsione della realtà

-Impoverimento ideoaffettivo

-Disorganizzazione logica e comunicativa

Nosografia

La nosografia è la disciplina che si occupa di classificare le malattie. Uno dei primi tentativi in psichiatria è stato fatto da Kraepelin nel 1883. Storicamente la nosografia ha avuto criteri anatomopatologici o clinici. Il problema è che qualunque approccio si usi si rischia di cadere nel ‘fissismo’, cioè la negazione di possibili quadri intermedi (o una malattia c’è o no, nessuna via di mezzo) e nella costrizione troppo schematica delle malattie.

Ad esempio nell’800 Pinel e Bayle discutevano su come classificare il vaiolo, Pinel dal punto di vista clinico separava due forme (confluente e discreto) poiché una portava a morte e l’altra no, Bayle invece non le separava perché dal punto di vista anatomopatologico le alterazioni erano le

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stesse. Oggi la classificazione è in continua evoluzione e si affida principalmente all’ ICD (International classification of desease) e al DSM (Disgnostic an Statistical Manual of mental disorder).

L’ICD esiste dal 1948 ed è scritto dall’OMS, negli anni sono stati fatti vari aggiornamenti (oggi siamo all’ICD10) ma non ha mai cambiato la sua forma.

Il DSM esiste dal 1952, è scritto dall’APA (American Psichiatric Association), sono stati fatti anche per il DSM numerosi aggiornamenti (oggi siamo al DSM-IV-TR) sconvolgendo però spesso i criteri di classificazione. Si tratta di un manuale ateoretico e statistico. Dal DSM III il sistema di classificazione è stato cambiato e si è passati dalle sole categorie diagnostiche all’innovativo ‘sistema multiassiale’ di classificazione (sistema che valuta i disturbi secondo 5 assi). Questi sono:

ASSE I: Disturbi clinici (temporanei e non strutturali) (es. schizofrenia e nevrosi)

ASSE II: Disturbi di personalità e ritardo mentale (es. personalità borderline e paranoide)

ASSE III: Condizioni mediche acute e disturbi fisici associati alla malattia

ASSE IV: Condizioni psicosociali e ambientali che favoriscono il disordine

ASSE V: Valutazione globale del funzionamento

I primi 3 assi si avvalgono di criteri diagnostici CATEGORIALI (c’è o non c’è una condizione) gli altri 2 sono definiti DIMENSIONALI (quanto c’è).

In sostanza prima di fare una diagnosi definitiva secondo il DSM devo valutare il paziente dal punto di vista dei 5 assi, dopodiché potrò formulare la diagnosi più probabile.

8. Psicosi

Definizione e caratteristiche

Una psicosi è una qualsiasi malattia mentale nella quale si ha un alterato rapporto con la realtà, il paziente non è più in grado di comprendere il significato della realtà e questo comporta gravi deficit personali (benessere e autonomia) e sociali. Alcuni sintomi tipicamente psicotici sono allucinazioni e deliri (in entrambi i sintomi infatti c'è un alterato rapporto con la realtà)

Una nevrosi invece è una qualsiasi malattia mentale che può causare sofferenza psichica, personale e sociale ma non compromette mai il rapporto con la realtà.

La psicosi è una malattia dell'IO (EGO nell'immagine), che è la struttura psichica sia conscia che inconscia che regola il rapporto con la realtà conciliando le pulsioni generate dall'ES (ID nell'immagine) con la realtà stessa. Per fare un esempio: ho fame e vedo una scatola di biscotti sopra una mensola, l'ES ( che è inconscio) mi genera la pulsione di prenderla, ma non mi dice come, se non avessi l'io continuerei a saltare piangendo sotto la mensola perché la voglio ma non riesco a prenderla. L'IO è quella struttura psichica che invece mi permette di razionalizzare il problema, quindi prendo una sedia e raggiungo la scatola. L'ultima struttura cioè il SUPERIO è la struttura psichica morale che mi dice di non mangiare perché se no ingrasso. Per una spiegazione più dettagliata su questa teoria vedi psicologia.

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La psicosi è quindi risultato di una destrutturazione dell'IO e dell'identità, ed è di solito caratterizzata da:

-Disturbo dell'intersoggettività: il paziente psicotico tende ad andare in contrasto con le credenze e i valori del gruppo sociale di appartenenza. Questo contrasto non è però costruttivo o creativo e il paziente tende a vivere privatamente le proprie idee (privatizzazione dell'esperienza) e questo può portare all'emarginazione sociale.

-Radicale negazione dei bisogni: manca l'insight, cioè la capacità di capire che si sta male, quindi il paziente non chiederà aiuto.

-Angoscia terebrante: il paziente è inquieto, ha paura e panico, questa sensazione è definita come 'terrore senza nome', è probabilmente dovuta alla percezione del rischio di una catastrofe psichica nella mente del paziente.

-Percezione di un clima minaccioso: il paziente è delirante e vede all'esterno continui pericoli per la propria vita. Questa percezione è frutto di una proiezione all'esterno di un disagio interno. Questo meccanismo è detto proiezione delirante ed è un sistema che pur essendo patologico permette al paziente di alleviare l'angoscia della catastrofe psichica, perché è più facile fronteggiare un pericolo esterno di uno interno. Il delirio può essere di vario tipo (persecuzione, influenzamento ecc.).

-Annullamento delle differenze tra interno ed esterno: c'è un' indifferenziazione tra il soggetto e gli altri e tra il soggetto e la realtà. Elementi interni vengono trasposti all'esterno (la proiezione delirante ne è un esempio) ed elementi esterni vengono considerati interni.

-Aggressività: il paziente mette in atto comportamenti aggressivi per difendersi dalle minacce del mondo esterno.

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Eziopatogenesi

Abbiamo detto che le psicosi sono disturbi dell'IO e dell'identità. Il bambino nei primi mesi di vita non ha ancora sviluppato la sua identità (non sa distinguere se stesso dal resto del mondo), crede infatti che il seno della madre, per esempio, è parte di lui e non qualcosa di esterno. Il seno però non è sempre disponibile quando e come vuole, a volte c'è, a volte no. Quindi il bambino continua ad illudersi (quando il seno c'è) e a disilludersi (quando non c'è) fino a quando capisce che lui e il seno sono due cose diverse. Si può dire quindi che il bimbo in una certa fase dello sviluppo è psicotico ((annullamento delle differenze tra interno e esterno (seno) e angoscia (quando il seno non c'è)). La psicosi può essere quindi intesa e interpretata in certi aspetti come una regressione della mente del paziente alle modalità di funzionamento di quando era un bambino.

Le cause di questo fenomeno spesso non sono note. Esistono delle droghe come la mescalina, la psilobicina e l'LSD che possono determinare psicosi temporanee (con allucinazioni), queste interferiscono con la neurotrasmissione dopaminergica e serotoninergica soprattutto. Anche alcuni esperimenti di deprivazione sensoriale (isolamento percettivo e assenza di gravità) possono portare a sintomi psicotici temporanei, così come sofferenze organiche del snc (infezioni, tumori ecc)

Il modello eziologico della psicosi è quindi complesso. Si può dire che in ogni soggetto esiste un sottofondo psicotico che può emergere in condizioni particolari di predisposizione genetica , condizioni sociali e relazionali sfavorevoli e fattori ambientali (quali droghe o patologie organiche) determinando la psicosi.

Classificazione

Le psicosi sono tradizionalmente classificate in:

1) Psicosi legate a sofferenza del tessuto nervoso (traumi, patologie vascolari, infezioni sifilitiche o di altri tipo, tumori), sono spesso associate a ritardo mentale e demenza.

2) Psicosi esogene: sono dovute a una condizione sistemica che può determinare sofferenza del snc, possono essere infiammatorie (delirio febbrile), tossiche (alcolismo) e discrasiche (disturbi endocrini, iperazotemia). Sono in genere associate a confusione

3) Psicosi endogene: non associate a patologie o alterazioni organiche. Queste ultime sono divise grossolanamente in psicosi maniaco-depressive (che hanno di solito andamento accessuale con periodi di remissione) e psicosi schizofreniche (che possono progredire fino alla demenza).

9. Disturbi mentali dovuti a condizioni mediche generali

Definizione

Per disturbi mentali legati a condizioni mediche generali si intendono una serie di manifestazioni psichiatriche legate a situazioni mediche presenti e documentabili.

Eziologia

Gli insulti al snc possono dare manifestazioni psichiatriche oltre che neurologiche. In genere tuttavia quelle psichiatriche sono aspecifiche e non dipendono dalla causa che ha determinato il danno. Le cause possono essere malattie infettive (virali batteriche o micotiche), autoimmunitarie, sostanze tossiche (droghe), alterazioni metaboliche, carenze nutrizionali, malattie neoplastiche, patologie vascolari e traumi.

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Classificazione

A livello clinico si distinguono in:

-Delirium

-Demenza

-Disturbo amnestico o cognitivo

-Altri disturbi

Clinica

Distinguiamo sintomi psichiatrici, quali:

-Sintomi psicotici: deliri e allucinazioni

-Alterazioni della sfera emotiva: ansia

-Alterazioni dell'umore: depressione e mania

-Alterazioni della coscienza: stati onirici o crepuscolari

-Alterazioni della memoria e dell'operatività mentale (attenzione, concentrazione)

-Alterazioni della personalità

E alterazioni del comportamento, quali:

-Agitazione

-Aggressività/violenza

-Affaccendamento

-Disinibizione

10. Abuso di sostanze stupefacenti e tossicomania

Definizione e classificazione

Per tossicomania si intende uno stato di intossicazione periodica o cronica provocato dall'uso di una sostanza stupefacente che può portare gravi problemi a livello personale e sociale perché l'abuso della sostanza si sostituisce ad ogni altra attività piacevole.

Le sostanze stupefacenti sono delle sostanze in grado di avere degli effetti a livello del snc utilizzate perché provocano piacere. Si dividono in sostanze eccitanti (cocaina, anfetamine) e deprimenti (oppioidi, cannabinoidi, barbiturici), ma anche in droghe ''leggere'' (sigaretta, alcool, marijuana e hashish) e droghe ''pesanti'' (eroina, cocaina, allucinogeni).

Epidemiologia

L'abuso di sostanze era tipico un tempo degli operai e del sesso maschile, oggi è in aumento nelle donne, negli immigrati o comunque in soggetti che si trovano in condizioni di isolamento sociale.

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Dispensa di psichiatria a cura di Maugeri Antonino Università dell'Insubria

Eziologia

Sono diversi i fattori che possono condurre all'abuso di sostanze, tra questi:

-Isolamento sociale (casalinghe e immigrati)

-Bassi strati socioeconomici con condizioni lavorative/ambientali disagevoli (operai)

-Voglia di essere inclusi e accettati da un gruppo o voglia di trasgredire alle regole della società (giovani)

Clinica

Queste sostanze possono provocare:

-Intossicazione acuta e cronica

-Dipendenza (fisica e psicologica), con relative sindromi da astinenza

-Disturbi psichiatrici di vario tipo

11. Alcolismo cronicoL'alcolismo è uno dei principali abusi, riguarda il 15% degli uomini in occidente, poco meno le donne.

Le sindromi associate all'alcolismo cronico sono numerose:

Delirium tremens

Non è una sindrome da astinenza, ma una manifestazione parossistica dell'alcolismo cronico. Spesso la condizione è scatenata da stress, traumi o shok emozionali, a volte ma non sempre può essere preceduta da un breve periodo di astinenza spontanea.

Si caratterizza per sintomi:

-Fisici: Febbre, sudorazione con squilibrio elettrolitico (k e mg), polipnea e rifiuto del cibo (sitofobia)

-Neurologici: atassia, disartria, tremori

-Psichici: Insonnia, eccitamento psicomotorio e onirismo terrifico con allucinazioni visive (spesso di tipo zooptico, soprattutto insetti)

Può essere mortale, se trattato con acido gammaidrossibutirrico (GHB) può risolvere con un sonno restauratore. Va in diagnosi differenziale con l'encefalopatia epatica del cirrotico.

Encefalopatia di Wernike

E' una poliencefalite emorragica che interessa soprattutto il tronco encefalo. E' legata al deficit di vitamine del gruppo B che si osserva nell'alcolista. A livello clinico determina:

-Oftalmoplegia

-Ipertono

-Decerebrazione e morte

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Pseudo-paralisi alcolica

E' una demenza che si accompagna però a disartria e rigidità dei riflessi pupillari (e va in diagnosi differenziale con la paralisi luetica).

Sindrome di Korsakoff

Disturbo amnestico legato a carenza di vitamine B.

Delirio di gelosia, alcool allucinosi e altro

12. Agitazione

Definizione

L'agitazione è uno stato di nervosismo spesso presente in pazienti psichiatrici ma possibile osservarlo in vari ambiti. E' caratterizzato da una tensione emotiva interiore (paura, angoscia) che si traduce spesso in irrequietezza dei movimenti, che spesso sono afinalistici ed insensati (toccarsi i capelli, mordersi le unghie, sfregare le mani o i vestiti, sbattere i piedi ecc).

I pazienti agitati possono anche essere non collaboranti e aggressivi.

Eziologia

A livello eziologico le agitazioni si classificano in:

-Incomprensibili o incontrollabili: quelle che si verificano in pazienti con mania, disturbo depressivo maggiore, demenza ed epilessia)

-Comprensibili e controllabili: quelle che si osservano nei disturbi di personalità borderline o antisociale, negli attacchi di panico e nelle crisi di nervi (nella crisi di nervi si ha anche iperespressività e disorganizzazione psicomotoria)

Gestione del paziente agitato (DDDD)

Quando c'è un paziente agitato bisogna:

-Determinare la causa che porta all'agitazione

-Delineare il contesto biopsicosociale dell'individuo

-Documentare l'entità dell'agitazione: esistono diverse scale per valutarlo, per esempio la CMAI (Cohen-Mansfield Agitation Inventory) e la BARS (Brief Agitation Rating Scale). La prima ha 29 parametri, la seconda ne ha 10, è più rapida.

-Delineare una terapia: prima di procedere con la terapia bisogna cercare di gestire l'agitazione in altro modo. E' opportuno prima di tutto un ambiente confortevole, non promiscuo e silenzioso, possibilmente illuminato dalla luce del giorno. Il paziente se possibile non deve restare da solo ma in compagnia di un familiare o di personale. Se il paziente è aggressivo o non si calma si possono usare farmaci (Benzodiazepine, antipsicotici nei casi gravi) e il contenimento fisico (lo leghi al letto).

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13. Schizofrenia

Definizione

La schizofrenia è una malattia psichiatrica a carattere psicotico (cioè con gravi problemi di rapporto con la realtà) caratterizzata da una frammentazione della vita psichica e da importanti alterazioni della personalità. Il termine schizofrenia è stato inventato da Bleuler nel 1911 e deriva dall'unione delle due parole greche Sxizo (divido) e frein (mente), proprio perché in questa malattia si possono osservare specifici meccanismi di divisione, frammentazione, delle varie funzioni mentali, soprattutto del pensiero e della sfera affettiva.

La frammentazione delle funzioni mentali porta il paziente a ripiegarsi su se stesso e a vivere le esperienze mentali (che sono spesso fantasiose e contraddittorie) interamente nel suo mondo interiore (una specie di autismo).

Per questo quando ci si relaziona con uno schizofrenico si prova spesso una caratteristica sensazione di disagio e imbarazzo (che può essere addirittura di valore diagnostico) proprio dovuta al suo comportamento relazionale bizzarro e contraddittorio. Si può dire quindi che la schizofrenia è una malattia del singolo individuo ma è in grado di influenzare anche la vita del gruppo di appartenenza, in particolar modo della famiglia del malato.

Epidemiologia

E' una patologia che inizia di solito in età giovanile (seconda decade), non ha prevalenza in uno dei due sessi ma di solito esordisce più precocemente nei maschi e in età più avanzata nelle donne. Ha una prevalenza dell'1% sulla popolazione generale. Sembra che sia prevalente nelle classi sociali più basse, ma questo è dovuto in realtà alle conseguenze della malattia (la malattia porta a deriva sociale, cioè se diventi pazzo è facile che poi perdi il lavoro e ti emargini).

Eziopatogenesi

La patogenesi della schizofrenia è complessa e ancora poco conosciuta, esistono tuttavia dei fattori di rischio che aumentano le possibilità di sviluppare la malattia:

-Avere un familiare di primo grado malato di schizofrenia (c'è una componente ereditaria, i gemelli omozigoti hanno infatti una concordanza del 50% per questa malattia).

-Essere nati nei mesi invernali.

-Stress materno durante la gravidanza, complicanze ostetriche e separazione materna precoce.

Al di là dei fattori di rischio nella patogenesi della malattia sono sicuramente coinvolti fattori biologici e psicosociali. Tra le alterazioni biologiche:

-Si osservano spesso una dilatazione dei ventricoli cerebrali e alterazioni della densità parenchimale.

-Studi con PET dimostrano una riduzione dell'attività corticale del lobo frontale e della corteccia prefrontale. Sembra che i pazienti abbiano un aumentata sensibilità agli stimoli sensitivi che viene compensata da una riduzione dell'attività corticale.

-Sembra ci sia un eccesso dell'attività dopaminergica, confermato dal fatto che gli antipsicotici che inibiscono i recettori D2 hanno effetto mentre farmaci che aumentano la trasmissione dopaminergica aumentano la psicosi (levodopa, allucinogeni).

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Tra quelle psicosociali:

-Alcuni autori ritengono che ci sia un problema nella formazione dell'identità (vedi psicosi) per cui il paziente non è riuscito a differenziare se stesso dal mondo che lo circonda, non ha quindi sviluppato la ''stabilità degli oggetti'' (cioè la cognizione della propria identità e del resto delle cose). Sembra che questi problemi di sviluppo dell'identità siano legati a rapporti con madri eccessivamente ansiose che impediscono un positivo attaccamento materno da parte del bimbo durante queste fasi di sviluppo. L'identità è quindi instabile e stimoli successivi ambientali possono far regredire la mente del paziente allo stadio psicotico di sviluppo.

-Il mondo occidentale con i suoi valori e la sua cultura (competizione, arrivismo) facilita l'insorgenza di esperienze schizofreniche.

Clinica

I sintomi principali sono i seguenti:

-Depersonalizzazione: sensazione di estraneità da se stesso, il paziente dice di essere separato da se stesso, sente il suo corpo come estraneo, non lo sente suo.

-Derealizzazione: visione alterata della realtà che viene vista come ignota, estranea e inaccessibile, il paziente non fa parte della realtà, non si sente parte di questa.

-Ambivalenza affettiva (il paziente prova sentimenti contrapposti insieme) o addirittura anaffettività (negazione dei sentimenti, il paziente non prova più nulla).

-Perdita della capacità di critica, il pensiero diventa onnipotente e non viene criticato, non è quindi logico e può assumere caratteristiche magiche, illogiche.

I successivi sono uguali a quelli descritti nel capitolo Psicosi, e sono:

-Disturbo dell'intersoggettività

-Negazione dei bisogni

-Angoscia

-Percezione di un ambiente minaccioso (proiezione delirante), questo vale anche per le relazioni, che vengono viste pericolose e minacciose (il paziente oscilla tra il bisogno di una relazione e la paura di averla)

-Confusione tra il mondo interno e quello esterno

-Aggressività

Evoluzione

Un tempo si riteneva che tutte le schizofrenie evolvessero verso la demenza (kraepelin), in realtà solo alcune forme portano a demenza, altre non lo fanno e possono rimettere spontaneamente e altre possono essere controllate con la terapia. Le possibili evoluzioni sono quindi:

-Guarigione completa

-Guarigione con remissione dei sintomi ma possibili ricadute nel tempo

-Guarigione sociale ma con residui sintomi, il paziente potrà avere una vita sociale quasi ''normale'', ma avrà comunque sempre problemini che richiederanno assistenza oltre che possibili ricadute.

-Cronicizzazione dei sintomi

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-Progressione fino ad un quadro particolare di demenza

Le forme con esordio acuto, anche con sintomi gravi e le forme con esordio in età avanzata tendono ad avere una prognosi migliore. Le forme progressive mostrano principalmente sintomi progressivi di impoverimento ideo-affettivo, con riduzione delle capacità intellettive e disturbi dell'affettività (anaffettività e ambivalenza) associati a delirio, allucinazioni (soprattutto cenestesiche) e comportamenti ossessivi.

Classificazione

A livello clinico si possono distinguere 5 tipi di schizofrenia:

1) Schizofrenia paranoide: prevalgono i sintomi positivi come allucinazioni (uditive, tattili, cenestesiche) e deliri (di persecuzione, di furto e pseudoscientifici o mistico-religiosi). Se ben trattata la prognosi è buona.

2) Schizofrenia residua: esordio giovanile e subacuto, prevalgono i sintomi negativi (impoverimento ideo-affettivo ed emotivo). Risposta alle terapie limitata.

3) Schizofrenia ebefrenica (o disorganizzata): è quella più legata a familiarità che esordisce più precocemente, i primi sintomi possono essere lo scarso rendimento a scuola e il ritiro sociale, poi prevalgono disturbi del pensiero, affettivi e comportamenti bizzarri. La prognosi è sfavorevole, spesso progredisce e molti pazienti si suicidano.

4) Schizofrenia catatonica: caratterizzata da alternarsi di fasi di arresto psico-motorio (detto stupor catatonico) con episodi di agitazione e aggressività. Più che un sottotipo è una possibile evoluzione delle altre forme di schizofrenia.

5) Schizofrenia indifferenziata

Terapia

Antipsicotici, quelli di nuova generazione hanno migliori effetti sui sintomi negativi. Spesso si ricorre a somministrazioni intramuscolari a rilascio prolungato (esempio aloperidolo decanoato) per evitare che il paziente non rispetti la terapia.

14. Disturbo delirante

Definizione

Il disturbo delirante è una malattia psichiatrica caratterizzata dalla presenza di deliri (pensieri continui irrazionali che non vengono criticati dal paziente) che possono essere di vario tipo (persecuzione, grandezza, colpa, gelosia, erotici, ipocondriaci ecc) e che compaiono cronicamente in pazienti lucidi e intellettualmente sani, addirittura spesso i pazienti mostrano ipervigilanza (sono troppo attivati). Sono pazienti che possono avere delle relazioni interpersonali normali, anche se a volte possono essere più litigiosi o sospettosi di altri.

Epidemiologia

Sono più frequenti nelle donne e l'età di esordio è in genere 40 anni, la prevalenza è dello 0,03%.

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Eziopatogenesi

Alcuni studi rivelano delle componenti genetiche, a livello psicologico il delirio può essere inteso come un meccanismo di difesa, perché è un sintomo che permette di mantenere seppur in maniera patologica un rapporto con la realtà, infatti quando il delirio si spegne il paziente si sente vuoto e può anche arrivare al suicidio. Il delirio può essere considerato come una soluzione patologica ad un problema di vario tipo.*

In ogni caso questi disturbi si manifestano tipicamente in soggetti insicuri, che necessitano di autostima e tendono spesso a essere molto rigidi e accusatori verso gli altri.

Clinica

In persone predisposte, con i tratti di personalità sopra descritti i deliri si manifestano spesso dopo*eventi negativi, traumatici o flustrazioni. Spesso questi eventi (che prendono il nome di intuizioni deliranti) si pongono come nucleo centrale del tema del delirio (per esempio mio nonno muore di cancro e mi inizia un delirio ipocondriaco che mi convince di averlo).

Il delirio iniziale si elabora nel tempo e ciascun evento e ciascuna persona assume mano mano un ruolo all'interno del delirio, costituendo la cosiddetta ''società della paranoia'' (ad esempio mi convinco che la polizia mi sta cercando e penso che i miei amici sono dei collaboratori della polizia infiltrati). Alcune persone o eventi possono essere considerati come alleati e non come nemici, e possono costituire, sempre all'interno della mente del paziente un ''delirio protettivo'' che si contrappone a quello di partenza.

Il delirio è un disturbo del pensiero, che però influenza il comportamento, che può diventare paranoico, il paziente può diventare sospettoso e aggressivo verso oggetti o persone.

La diagnosi differenziale si fa con la schizofrenia (che è più frequente), con la demenza e con il delirium (dove però si ha un alterazione della coscienza).

Terapia

Antipsicotici, a volte anche in regime di trattamento sanitario obbligatorio se i pazienti diventano aggressivi.

15. Depressione

Definizione

La depressione è un disturbo dell'umore caratterizzato dalla riduzione patologica del tono dell'umore associata o meno ad ansia. Se si alternano periodi di depressione a periodi di mania si parla di disturbo bipolare. Il termine depressione in realtà oggi viene utilizzato per definire varie cose:

-Una semplice alterazione non patologica del tono dell'umore equivalente alla tristezza

-Un sintomo di una qualsiasi condizione psichiatrica o non

-Una malattia (in psichiatria)

La depressione intesa come malattia è una tristezza patologica, ben differente dalla tristezza normale, perché è indipendente dal contesto (il paziente è triste senza motivo, non è morto il gatto, non l'ha lasciato la ragazza ecc.) o se dipende dal contesto è comunque estremamente sproporzionata. Inoltre spesso è associata ad un grande senso di colpa e a una grave svalorizzazione di se, degli altri, del mondo e di qualsiasi possibilità di aiuto per fuoriuscirne. Il depresso vive

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congelato nel presente e nel passato, non pensa e non vede vie d'uscita e possibilità future.

Epidemiologia

La depressione è la quarta causa di disabilità nel mondo ed è un fenomeno in crescita. Attualmente ogni individuo ha una probabilità del 30% di sviluppare un disturbo depressivo nell'arco della vita. La depressione ha una prevalenza nella popolazione adulta del 15% (un po' meno nei giovani), ed è più frequente nelle donne (2:1).

Eziopatogenesi

Nello sviluppo della depressione sono coinvolti fattori biologici, genetici, psicologici e sociali.

-Genetici: Il disturbo bipolare ha una componente ereditaria, i parenti di primo grado hanno maggiore probabilità di ammalarsi.

-Biologici: sembra che nella depressione ci siano delle componenti neuroendocrine, questo fatto è stato dimostrato da diverse constatazioni:

a) La menopausa è associata ad un aumento di incidenza di depressione

b) Farmaci come la reserpina sono in grado di provocare una sindrome simile alla depressione, questo ha porta a pensare che nella depressione ci sia una sensibilità ridotta alle ammine biogene (noradrenalina, serotonina e dopamina) o un deficit di ammine biogene. La ridotta sensibilità o il deficit potrebbero essere congeniti o acquisiti (legati per esempio ad un sovraccarico emozionale). Conferma è data dal fatto che i farmaci che agiscono sulle monoammine curano la depressione.

c) Nel 50% dei depressi ci sono anomalie nel test di soppressione con desametasone, cioè l'asse ipotalamo ipofisi in questi pazienti non viene soppresso.

d) Nei depressi si ha ridotta secrezione notturna di melatonina, ridotta concentrazione di FSH, LH e testosterone basali.

-Psicologici: ci sono diversi modelli psicologici di interpretazione della depressione. Secondo Freud la depressione nell'adulto rimanda ad un episodio analogo (triste e spiacevole) nell'infanzia, ad una flustrazione orale, come lo è per esempio lo svezzamento. Sappiamo già che il bambino crede che le tette della mamma siano parte di lui, quando le tette non ci sono più il bambino si rende conto che le ha perse e inconsciamente le odia. Per questo, dato che erano parte di lui, nascono il senso di colpa e la sensazione di lutto e di abbandono, che sono caratteristiche della depressione. Uno sviluppo della teoria di Freud è dato da Klein. Klein definisce che durante lo sviluppo della mente il bambino passa attraverso una fase depressiva (che è successiva alla fase psicotica dove crede che tutto ciò che vede è parte di lui). Proprio quando si accorge che il piacere (presenza del seno, presenza buona, che soddisfa) e il dispiacere (assenza del seno, presenza cattiva, che non soddisfa) sono in realtà legate ad un unica entità (la madre) il bambino entra in conflitto perché prova amore e odio per la stessa persona. Qui inizia la cosiddetta fase depressiva, che secondo Klein si risolve con lo sviluppo della comprensione e del senso di colpa che permettono di riparare il rapporto. Klein sostiene quindi che la depressione nasce come un mancato superamento di questa fase, che si accompagna quindi ad un cattivo rapporto (non restaurato) con la madre. Tutto ciò avviene nel bambino piccolo, ma si riattiva nell'adulto (regressione) nel momento in cui si verificano esperienze di lutto, di perdita, o comunque spiacevoli. Il depresso non ha quindi sviluppato la necessaria tolleranza/indulgenza che lo permette di stare in pace con se stesso. L'ossessivazione, la mania, la tossicomania (che viene vista come un recupero affettivo orale), che spesso si associano alla depressione, assumono nel depresso, secondo queste teorie, un significato di ''difese antidepressive'', che servono a riempire il sentimento di vuoto che ha il paziente.

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-Sociali: la depressione si manifesta spesso dopo eventi stressanti, come la perdita di un genitore o la perdita del coniuge. Può essere più frequente in ambienti rurali dove è più tipico il modello della famiglia rigida e conservatrice.

Clinica

I pazienti depressi hanno una mimica rigida, scarsa attenzione e linguaggio, documentabili al colloquio. Sono individui ordinati, con una tendenza al voler essere perfetti e un grande senso del dovere. I principali sintomi che accomunano le varie forme sono i seguenti (sono spesso più gravi al mattino e meno gravi alla sera):

-Tristezza, disperazione

-Rallentamento psico-motorio

-Calo delle motivazioni, degli interessi, del sonno, dell'appetito e della libido. (SMAIL)

-Senso di colpa patologico, che può diventare a volte delirio di colpa (è definito delirio olotimico, perché è legato all'umore) anche con allucinazioni associate, soprattutto olfattive (odore di spazzatura) e uditive (fischi e insulti). Un esempio di delirio di colpa può essere la falsa convinzione di essere la causa della morte di qualcuno.

-Stipsi

-Possibile agitazione, aggressività (anche omicidio) e tentativi di suicidio.

Classificazione

Le depressioni si possono classificare a livello clinico in 8 gruppi:

1) Sindrome affettiva bipolare: in questa sindrome si ha oscillazione eccessiva dell'umore che va dalla depressione alla mania. L'oscillazione è dovuta a fenomeni interni, psichici, non esterni.

Frequenti sono i deliri (di colpa, di peccato, di rovina) e le allucinazioni. Di solito le fasi depressive durano circa 6 mesi, ma a volte si cronicizzano e possono portare alla sindrome di Cotard (convinzione di essere morti).

2) Depressione dell'età involutiva: compare dopo i 40 anni, in genere è associata ad ansia, tende ad essere cronica e talvolta porta a decadimento psichico.

3) Episodio depressivo di gravità lieve o media: meno grave delle precedenti, ma può compromettere il funzionamento sociale e lavorativo.

4) Episodio depressivo grave senza sintomi psicotici: è più grave e spesso associato ad agitazione e angoscia, ha un possibile rischio di suicidio.

5) Episodio depressivo grave con sintomi psicotici: uguale a quello che può verificarsi nella fase depressiva del disturbo bipolare, con allucinazioni e deliri.

6) Depressioni reattive: forme depressive associate a eventi particolari, come lutti, separazioni, emigrazione, pensionamento o altro.

7) Equivalenti depressivi e depressioni mascherate: forme con sintomi atipici, come potomania, tossicomania o disturbi sessuali. A volte i pazienti si possono presentare per sintomi somatici come turbe gastroenteriche, disturbi muscoloscheletrici, respiratori, cefalea, vertigini, astenia. Il sintomo ci può essere ma l'attenzione che il paziente rivolge al sintomo è eccessiva. Spesso ci sono disturbi del sonno e accentuazione della sintomatologia al mattino che possono aiutare nella diagnosi di sepressione.

8) Sindromi depressive persistenti: forme blande, croniche e fluttuanti, tra queste la ciclotimia

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(lievi alterazioni cicliche di esaltazione e depressione dell'umore) e la distimia (solo in senso depressivo).

Terapia

A volte può essere indicato il ricovero per evitare il rischio di suicidio. Si usano poi gli antidepressivi SSRI, SNRI, e misti (duloxetina). Antipsicotici per le forme con deliri e allucinazioni.

16. Mania

Definizione

La mania è un disturbo dell'umore caratterizzato da un innalzamento patologico del tono dell'umore (euforia) e dall'aumento dell'attività fisica e mentale.

Epidemiologia

La mania è abbastanza diffusa poichè può essere isolata ma spesso è associata al disturbo bipolare (che ha una prevalenza del 3%) o alla ciclotimia.

Eziopoatogenesi

Non è nota, ma alcuni studi suggeriscono una aumentata attività dei recettori dopaminergici D2, della via dell'inositolo trifosfato e della proteina kinasi C. E' stato dimostrato che l'amigdala dei pazienti maniaci è più attiva, mentre è meno attiva la corteccia fronto-orbitaria.

A livello psicologico si può interpretare la mania come un tentativo di negare il senso di colpa, infatti spesso i maniaci sono spesso angosciati e, in fondo in fondo, depressi.

Clinica

La mania si può presentare come:

-Ipomania: forma blanda difficilmente distinguibile dalla normalità

-Mania senza sintomi psicotici

-Mania con sintomi psicotici

La clinica delle varie forme si può così riassumere:

-Il pazienti maniaci sono euforici e disinibiti. Socialmente sono coinvolgenti e scherzosi.

-La loro comunicazione è vivace, ma spesso superficiale e monotematica.

-Mostrano un aumento dell'appetito, della libido e insonnia.

-Quando la mania diventa importante il paziente può diventare dapprima invadente e prepotente (vuole parlare solo lui, essere al centro dell'attenzione e vuole avere sempre ragione), poi litigioso e addirittura aggressivo. Poi perde il controllo, diventa talmente attivo che la sua mente continua a pensare a tantissime cose (tachipsicismo), spesso poco concrete e irrealizzabili che tra l'altro non vengono approfondite perché da un idea la mente del paziente passa subito ad un altra (fuga delle idee ).

-Nelle forme con sintomi psicotici si osservano deliri olotimici (di grandezza, di fama e di successo soprattutto) e allucinazioni.

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Terapia

Antipsicotici e stabilizzatori dell'umore (litio).

17. Disturbi d'ansia e nevrosi

Definizioni

L'ansia è un senso spiacevole di apprensione, inquietudine e nervosismo che si accompagna spesso a sintomi somatici e si può osservare praticamente in qualsiasi patologia psichiatrica (schizofrenia, depressione, demenza, tossicomanie) ma anche come componente di molti disturbi organici (infarto, asma, ipertiroidismo, feocromocitoma, emicrania). Nelle nevrosi tuttavia l'ansia è il sintomo principale.

L'ansia può essere fisiologica oltre che patologica. L'ansia fisiologica rappresenta infatti un ottimo sistema di allarme che aiuta a individuare e prevenire i pericoli (è molto vicina per definizione quindi alla paura) e insorge spesso in situazioni nuove (cambiamenti) o minacciose (pericoli).

Le nevrosi sono quindi una categoria di disturbi psichiatrici caratterizzatai da una sintomatologia di tipo ansiogeno e a differenza delle psicosi non alterano il rapporto con la realtà.

Il termine nevrosi fu inventato alla fine del 1700, per classificare una serie di sintomi psichici causati da una non meglio precisata patologia del snc. Nel 1900 Freud attribuì invece al concetto di nevrosi una patogenesi di tipo psicologico.

Epidemiologia

I disturbi d'ansia nel loro insieme hanno una prevalenza del 5% sulla popolazione e sono più frequenti nel sesso femminile. La probabilità di avere un disturbo d'ansia nel corso della vita è maggiore del 10%.

Eziopatogenesi

Diversi sono i modelli che interpretano la patogenesi dell'ansia e delle nevrosi:

-Modello psicobiologico: sostiene che esista un particolare assetto, una predisposizione neurobiologica che, stimolata da fattori ambientali può dare origine alla nevrosi. Tre vie di neurotrasmissione sono principalmente coinvolte: noradrenergica, serotoninergica e gabaergica. A favore di questo modello gioca il fatto che le terapie dei disturbi d'ansia funzionano agendo proprio su queste tre vie (benzodiazepine, SSRI, SNRI), inoltre è stato dimostrato che esistono alcuni individui maggiormente predisposti allo sviluppo di attacchi di panico, tanto che questi attacchi possono essere indotti molto più facilmente in questi soggetti con la somministrazione di lattato di sodio o anidride carbonica rispetto alla popolazione generale. Il disturbo di panico mostra inoltre anche delle caratteristiche di ereditarietà, ed è più probabile svilupparlo se un parente di primo grado lo ha. Altri studi rivelano come le nevrosi a volte si accompagnano a difetti del lobo temporale e della regione dell'ippocampo e confermano quindi la possibile patogenesi anche organica e biologica del disturbo.

-Modello psicogenetico: Freud sostiene che la nevrosi nasce come conseguenza di un conflitto tra ES e SUPERIO (che si verifica durante le fasi dello sviluppo della mente). Questo conflitto viene rimosso nell'inconscio (RIMOZIONE) perchè è fastidioso e inaccettabile.Dall'inconscio genera un angoscia, un ansia inspiegabile e di conseguenza si verificano i sintomi nevrotici, che sono lo sfogo di questa angoscia. Alcune circostanze sfavorevoli dolorose o traumatiche del presente possono far precipitare i sintomi nevrotici tramite il meccanismo di REGRESSIONE, attraverso il quale la

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mente del paziente regredisce e rivive il conflitto che era stato rimosso nel passato. La terapia psicanalitica si basa proprio su questa teoria patogenetica. Lo scopo è quello di scoprire qual'è questo conflitto tramite l'analisi dei sogni e altri metodi che possono rendere studiabile l'inconscio, per portarlo al conscio, farlo rivivere al paziente e farglielo superare.

-Modello Sociogenetico: la cosiddetta corrente Neofreudiana sostiene che alla base di questi disturbi non ci sia soltanto un conflitto intrapsichico tra ES e SUPERIO, ma anche un conflitto tra l'individuo e le grandi contraddizioni del mondo esterno (capitalismo, disumanità, arrivismo, problemi sociali, guerre).

Clinica

A livello clinico le nevrosi in generale si manifestano con vari sintomi, ma l'ansia è quello sicuramente predominante.

L'ansia si manifesta con sintomi fisici e psichici

1)Sintomi fisici:

-Muscolari: ipertono, tremori, iperreflessia

-Cardiorespiratori: tachicardia, polipnea e dispnea, precordialgia, costrizione toracica.

-Viscerali: diarrea, stipsi, nausea, vomito, polliachiuria

-Centrali: vertigini, cefalea, lipotimia

-Sessuali: impotenza, eiaculazione precoce, frigidità, vaginismo, dispareunia

-Cute e mucose: pallore o rossore, secchezza delle fauci

2)Sintomi psichici

-Stato di allarme e paura

-Irritabilità

-Disagio

-Insonnia

Altri sintomi delle nevrosi possono essere:

-Tic, balbuzie, movimenti impacciati

-Insoddisfazione (i pazienti non si sentono realizzati)

-Labilità dell'umore

-Immaturità affettiva (incapacità di costruire e mantenere relazioni mature)

-Alterazioni dell'appetito e del comportamento alimentare

-Comportamento polemico e oppositivo

Classificazione

Le nevrosi e i disturbi d'ansia si classificano come segue:

1) Sindrome da attacco di panico: si caratterizza per ricorrenti episodi di ansia intensa (attacchi di panico) indipendenti dal contesto e imprevedibili. Possono avere esordio acuto nell'età adulta o essere preceduti da un ansia crescente che si manifesta con sintomi già nell'infanzia o nell'adolescenza (sindrome ansiosa generalizzata).

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2) Nevrosi fobica: una fobia è una paura irrazionale e invincibile verso un oggetto o una situazione. Sembra sia dovuta alla proiezione di un disagio inconscio all'esterno (il problema è interno ma viene proiettato all'esterno, in un oggetto). Le fobie possono essere distinte in:

-Fobie specifiche: centrate su un oggetto (di solito animale: topo, serpente, ragno) o una situazione (guidare, trovarsi in luoghi chiusi, prendere l'aereo) particolare.

-Agorafobia: paura dei grandi spazi e della folla. La paura scaturisce dal fatto che il soggetto in situazioni di affollamento (concerti, metropolitana, cinema) ha paura di non poter essere aiutato in caso di malessere o incidenti. Questo può influire notevolmente sulla qualità della vita e sull'autonomia dell'individuo.

-Fobia sociale: paura del giudizio degli altri, che comporta di conseguenza isolamento sociale. E' grave e si manifesta spesso con attacchi di panico.

3) Disturbo ossessivo-compulsivo: in questo disturbo il paziente ha un pensiero ossessivo che continuamente lo stuzzica, continua a presentarsi. Il soggetto si può opporre, lo può criticare, ma alla fine cede all'ossessione e agisce di conseguenza (compulsione). I temi ossessivi più frequenti sono i dubbi (luce accesa, gas aperto in cucina), il contagio (ossessione di essere sporchi e infetti), l'ordine (ossessione che tutto sia precisamente in ordine), il sesso e altro. Se il paziente non asseconda l'ossessione sale l'ansia e sta male.

4) Sindromi dissociative: sono disturbi caratterizzati da perdita dell'integrazione di varie funzioni mentali, come la memoria, l'identità, le sensazioni o i movimenti corporei. Si distinguono in:

-Amnesia dissociativa: perdita temporanea di memoria relativa ad alcuni avvenimenti recenti (quasi mai si tratta di un amnesia generalizzata)

-Fuga dissociativa: è un amnesia dissociativa associata ad un allontanamento da casa o dal lavoro (a volte il soggetto si costruisce una nuova e temporanea identità)

-Stupore dissociativo: riduzione o assenza dei movimenti e delle risposte agli stimoli esterni.

-Sindromi dissociative dell'attività motoria e della sensibilità: possono esserci sintomi motori come atassia, afonia, paralisi e convulsioni; oppure sintomi sensitivi come parestesie, sordità, anosmia. La disabilità può essere un meccanismo di difesa che aiuta il paziente a sfuggire a situazioni spiacevoli (vedi film ''il grande cocomero'')

-Sindrome di trance e di possessione: il paziente perde temporaneamente l'identità, a volte riferisce di essere posseduto da un'altra persona, da uno spirito o una forza esterna.

-Sindrome di Ganser e di personalità multipla.

5) Disturbi somatoformi: il paziente lamenta sintomi somatici, e richiede numerosi consulti medici ed esami diagnostici nonostante le ripetute rassicurazioni da parte dei medici e gli esiti negativi degli esami che certificano un origine non organica dei sintomi. Si distinguono:

-Sindrome da somatizzazione: il paziente lamenta continui sintomi somatici che variano nel tempo (sensazioni cutanee, disturbi gastro-intestinali, disturbi mestruali), spesso in questi casi c'è un disturbo misto ansioso-depressivo di sottofondo.

-Nevrosi d'organo: è un disturbo psicosomatiche che riguardo un organo in particolare (cuore, stomaco o intestino soprattutto). I sintomi possono essere vari, quali dolore, diarrea, aritmie e cardiopalmo. In questi casi l'eccessiva tensione emozionale manda in cortocircuito un organo lasciando invece indenne la mente.

-Sindrome ipocondriaca: il paziente crede di avere una malattia e richiede continue visite ed esami, all'inizio è solo una paura, che può essere sfatata con gli esami, ma nelle forme più gravi il paziente può diventare psicotico e arrivare al delirio ipocondriaco, che si può

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accompagnare ad allucinazioni percettive (sente sintomi e vede alterazioni che non ci sono).

Terapia

Farmaci antidepressivi SSRI e SNRI per disturbo ossessivo compulsivo e attacchi di panico. Benzodiazepine per controllare l'ansia.

Sono poi disponibili diversi tipi di Psicoterapia che possono rivelarsi utili (per dettagli vedi psicologia):

-ipnosi (per le forme acute e reattive)

-psicoanalisi e psicoterapia psicanalitica

-Psicoterapia breve (si focalizza sul problema principale del paziente)

-Psicoterapia di gruppo e della famiglia

-Terapia comportamentale (per disturbi fobici, sessuali, alimentari)

-Terapia cognitivo-comportamentale (disturbi di panico, somatoformi, ossessivo- compulsivi)

-Terapie di rilassamento

18. Disturbi di personalità

Definizioni

La personalità è definibile come l’insieme delle caratteristiche emozionali e comportamentali che contraddistinguono un individuo. Questa è determinata dal temperamento (che è costituzionale, genetico) e dal carattere (che invece si sviluppa in base alle esperienze della vita e alle caratteristiche dell’ambiente).

I disturbi di personalità sono quindi definibili come delle varianti delle caratteristiche caratteriali e temperamentali che vanno oltre i limiti di normalità. A differenza di tante malattie psichiatriche i disturbi di personalità sono ego-sintonici (ben accettati dal paziente), non provocano generalmente ansia e sono alloplastici (cioè i pazienti tentano di adattare l’ambiente esterno in base alle proprie esigenze e non a cambiare se stessi), quindi i pazienti con questi disturbi difficilmente si presentano spontaneamente dallo psichiatra.

Epidemiologia

Nel loro insieme i disturbi di personalità hanno una prevalenza che sfiora il 10% nella popolazione. I più frequenti sono il NAS (non altrimenti specificati), il distubo paranoide e la personalità borderline.

Eziopatogenesi

A livello biologico per molti di questi disturbi ci sono sicuramente delle componenti genetiche. Inoltre le lesioni cerebrali minime dell’infanzia aumentano il rischio di sviluppo di disturbo di personalità, soprattutto il tipo antisociale.

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A livello psicologico Freud ritiene che il disturbo di personalità sia dovuto ad una fissazione del paziente ad uno degli stadi dello sviluppo psicosessuale. Freud identifica 5 fasi dello sviluppo psicosessuale, denominate in base alla sede di maggior investimento libidico (maggior interesse) di quel momento della vita (nell’ordine sono: fase orale, anale, fallica, fase di latenza e fase genitale). Il bambino non supera una di queste fasi e ci rimane quindi ‘’fissato’’. In questo modo vengono definiti da Freud vari tipi di disturbi di personalità, come il carattere orale (passivo e dipendente, perché fissato alla fase nella quale è dominante la dipendenza dal cibo), il carattere anale (ostinato e parsimonioso, perché è fissato alla fase di controllo degli sfinteri), eccetera.

Un’altra visione vede i disturbi di personalità come il risultato di una anormale risposta al conflitto creatività-realtà (che è quel conflitto nella mente del bambino tra le forze pulsionali dell’ES e la realtà). Alcuni esempi di possibile conflitto sono le cosiddette frustrazioni precoci (fame, sete, sonno, accudimento, quindi ad esempio pulsione di nutrirsi contro la realtà, cioè l’assenza temporanea di cibo). Ad ogni modo, questo conflitto può:

-Risolversi attraverso l’adattamento e definire uno sviluppo normale della personalità.

-Non risolversi ed essere rimosso a livello inconscio, costituendo la base delle nevrosi.

-Risolversi attraverso la ‘’formazione reattiva’’, cioè invece che una mediazione del conflitto il bambino sceglie di orientarsi rigidamente verso uno dei due termini conflittuali (non tanto la fame o l’assenza di cibo, ma in generale la pulsione o la realtà, la creatività o le forze la contrastano), integrandolo nella propria personalità in maniera ego-sintonica e definendo quindi un potenziale disturbo di personalità.

Classificazione

Nel DSM IV i disturbi di personalità sono nell’asse II e vengono distinti in 3 gruppi:-Gruppo A: comprende il disturbo paranoide, schizoide e schizotipico. I soggetti sono tipicamente eccentrici e stravaganti.

-Gruppo B: comprende il disturbo antisociale, borderline, istrionico e narcisistico. I soggetti sono emotivi e spesso hanno scompensi psicotici temporanei.

-gruppo C: comprende il disturbo evitante, dipendente, ossessivo-compulsivo e NAS. Sono pazienti spesso molto timorosi.

Clinica

I pazienti con disturbo di personalità in generale hanno i seguenti sintomi:

-Labilità affettiva ed emotiva (le loro emozioni e i loro sentimenti sono instabili e facilmente stravolgibili)

-Instabilità del comportamento (che è spesso impulsivo e a volte distruttivo, auto ed etero aggressivo, nei vari ambiti, alimentare, sessuale, relazionale, criminalità, eccetera)

-Problemi sociali ed emarginazione (i soggetti come già detto sono ego-sintonici e alloplastici quindi pensano che gli altri siano sbagliati e non loro stessi, quindi accusano gli altri e vedono la causa dei loro problemi all’esterno).

In particolare poi ogni disturbo di personalità ha le sue caratteristiche cliniche specifiche, qui di seguito si spiega la personalità borderline, perché è un fenomeno in crescita (le altre non le chiede).

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I sintomi di questa, secondo il DSM, sono:

-Paura di abbandono

-Senso di vuoto

-Rabbia senza motivo e problemi di controllo della rabbia

-Paranoia e dissociazione legati allo stress

-Relazioni, identità e sfera affettiva altamente instabili

-Comportamento impulsivo in almeno due ambiti (soldi, sesso, droga, guida, cibo o altro)

-Comportamenti autolesivi e tentativi di suicidio

Terapia

Psicoterapia e farmaci ansiolitici, neurolettici e antidepressivi combinati a basso dosaggio.

19. Reazioni psicogene e disturbi dell’adattamento

Definizione

Le reazioni psicogene sono un gruppo di manifestazioni patologiche psichiatriche caratteristicamente acute e che insorgono in individui generalmente sani in seguito ad eventi stressanti di vario tipo.

Epidemiologia

Il disturbi reattivi hanno una prevalenza del 5% ma possono arrivare al 50% se consideriamo sottogruppi di popolazione esposti a traumi emotivi gravi.

Eziopatogenesi

Il legame con un evento stressante è ben noto, questo può essere di vario tipo:

1) Evento catastrofico (catastrofe naturale, militare, incidenti o altro) che ha messo in serio pericolo la vita del paziente o di persone care (che a volte possono essere anche morte)

2) Disagio affettivo legato a fasi di cambiamento della vita come la scolarizzazione, la pubertà, l’adolescenza, il matrimonio, avere dei figli, la morte di un

3) Eventi che limitano le capacità operative dell’individuo come la disabilità, una malattia, ma anche per esempio l’anzianità o l’immigrazione.

Clinica

Clinicamente queste condizioni si distinguono in questo modo:

-Reazione acuta da stress: è quella caratteristica degli eventi catastrofici.

A livello clinico prevale la componente psicomotoria che può essere un rallentamento, un blocco (il paziente si paralizza fino a sembrare quasi morto) oppure può esserci una fuga cieca e finalistica. Tipica l’iperattivazione del sistema neurovegetativo con i sintomi ad essa associati (tachicardia, tremore, sudorazione, vertigini, eccetera). In genere può risolvere spontaneamente con l’allontanamento dal fattore stressante dopo 2/3 giorni.

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-Reazioni con alterazioni dello stato di coscienza: sono quelle tipiche dei deficit di operatività.

C’è uno stato confusionale, un obnubilamento che progredisce e può arrivare fino a un quadro simil-demenziale. A volte risolve, a volte invece può portare a breakdown somato-psichico e morte del paziente.

-Sindrome post-traumatica da stress: è una risposta ritardata (può presentarsi a distanza di settimane o mesi, a volte come evoluzione di una reazione acuta da stress) a situazioni di stress acuto o cronico. Clinicamente il paziente ha continui ricordi intrusivi dell’evento (flashback), incubi notturni e una sensazione continua di paura, a volte con crisi di panico. Generalmente ha un andamento variegato ma regredisce spontaneamente, possibili complicanze sono la depressione e l’abuso di sostanze.

-Sindrome da disadattamento: è quella legata ai cambiamenti della vita (tipica degli adolescenti). I pazienti hanno tratti depressivi, sono ansiosi e tendono a non avere prospettiva per il futuro. Di solito risolve ma può cronicizzare.

Terapia

La terapia è mirata a contenere l’ansia con ansiolitici ma è fondamentale anche un supporto psicologico per fornire un ascolto e per riattivare le interazioni sociali che si sono interrotte.

20. AnoressiaI disturbi del comportamento alimentare sono l’anoressia nervosa, la bulimia nervosa e i disturbi alimentari non altrimenti specificati (come l’iperfagia prandiale e l’alimentazione selettiva).

Definizione

L’anoressia è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da rifiuto del cibo e dalla paura ossessiva di ingrassare.

Epidemiologia

E’ un fenomeno in crescita, che ha una prevalenza dello 0,5%, è più frequente nel sesso femminile con un rapporto 10:1, esordisce di solito tra i 13 e i 25 anni.

Eziopatogenesi

A livello psicologico sembra che l’anoressia sia dovuta all’incapacità di separarsi psicologicamente dalla madre.

La figura materna viene vista dal paziente come introiettata e invadente (come se avesse invaso la sua mente e il suo corpo) e la privazione del cibo ha un significato inconscio di distruzione, di arresto dell’invasione materna. I desideri orali che il paziente si nega (non mangia più) vengono proiettati spesso su altri soggetti (i familiari), infatti gli anoressici di solito cucinano bene.

Al di la di questo spesso il disturbo anoressico si presenta in seguito a eventi stressanti come lutti o frustrazioni.

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Clinica

A livello clinico si osservano:

-Comportamento anoressico: riduzione meticolosa dell’apporto alimentare diretto (mangiare meno) e indiretto (vomito indotto, uso di lassativi). Spesso i pazienti tendono a non rendere evidente il rifiuto del cibo (lo nascondono, fanno finta di mangiarlo)

-Calo ponderale: di solito >10kg in 6 mesi. Nonostante il calo ponderale e il decadimento fisico i pazienti sono fisicamente iperattivi e non sentono la fatica. Solo nelle fasi terminali diventano deboli e stanchi. Nonostante il calo il paziente continua a vedersi grasso (distorsione dell’immagine corporea).

-Amenorrea: può essere il sintomo d’esordio, non è dovuta alla malnutrizione ma a cause psichiche non meglio specificate che alterano l’asse ipotalamo-ipofisi. Con l’amenorrea compaiono tutti i disturbi secondari simili alla menopausa.

La morte può sopraggiungere di solito per deperimento.

Terapia

L’allontanamento dalla famiglia e un viaggio con il padre possono essere d’aiuto.

21. Bulimia

Definizione

La bulimia è un disturbo del comportamento alimentare caratterizzato da un’alimentazione eccessiva e dall’uso di una serie di metodi per non metabolizzarlo quali vomito indotto, lassativi ed esercizio fisico intenso.

Epidemiologia

In Italia la bulimia colpisce circa l'1% delle giovani donne tra i 13 e i 25 anni.

Eziopatogenesi

I bulimici hanno spesso una storia di vissuti difficili nell’infanzia e nell’adolescenza. Si può notare spesso una difficoltà di separazione dalle figure che si occupavano di loro, spesso è rilevabile l’assenza di un oggetto transizionale (è un oggetto che serve a distaccarsi dalle figure genitoriali, di solito un peluche o una bambola, che sostituisce temporaneamente l’assenza dei genitori e che favorisce un distacco più graduale e meno traumatico). Alcuni studi ritengono che l’oggetto transizionale dei pazienti bulimici è il paziente stesso e che la difficoltà della separazione dai genitori emerge proprio nel comportamento alimentare: mangiare rappresenta un desiderio di unirsi ai genitori mentre vomitare esprime inconsciamente il desiderio di separazione.

Clinica

A differenza degli anoressici i pazienti bulimici tendono di più a chiedere spontaneamente aiuto ad un medico. Le caratteristiche cliniche sono:

-Comportamento impulsivo e collerico (anche per questo la famiglia del bulimico, a differenza di quella dell’anoressico è poco unita e conflittuale).

-Mangiano moltissimo e poi vomitano.

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-Possibile abuso di sostanze e tentativi di suicidio

La morte può sopraggiungere per complicanze come rottura dell’esofago (per esofagite cronica) o suicidio.

22. Sindrome premestruale

Definizione

Per sindrome premestruale si intende un complesso di sintomi fisici e psichici correlati alle fasi del ciclo mestruale che compare per almeno due cicli successivi nei giorni immediatamente precedenti il mestruo (di solito circa 6 giorni).

Il disturbo disforico premestruale è un disturbo invece più grave che oltre ad avere sintomi fisici e psichici che alterano la qualità della vita ha un impatto funzionale sull’operatività delle pazienti (non escono di casa, non lavorano bene, hanno problemi relazionali, sociali, eccetera)

Epidemiologia

Disturbi premestruali di vario tipo (non problematici che non interferiscono con le attività quotidiane) si osservano nel’80% delle donne fertili. La sindrome premestruale, che invece influisce sulla qualità della vita e può richiedere un trattamento farmacologico, si osserva nel 20% delle donne fertili. Il disturbo disforico premestruale, infine, si osserva nel 5% delle donne.

Eziopatogenesi

E’ un disturbo multifattoriale, sicuramente ci sono dei fattori neuroendocrini legati al ciclo mestruale, ma anche fattori psicologici, sociali e culturali.

Clinica

A livello clinico, in base alla gravità dei sintomi si distinguono:

-Sindrome premestruale di grado lieve

-Sindrome premestruale di grado moderato

-Sindrome premestruale franca

-Disturbo disforico premestruale (che come già detto implica limitazioni sociali, lavorative)

I principali sintomi sono distinguibili in sintomi fisici, psichici e comportamentali:

1)Fisici:

-Gonfiore e dolore al seno, gonfiore e dolore addominale

-Aumento dell’appetito, della sete e del peso corporeo

-Stipsi o diarrea

-Cefalea e vertigini

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2)Psichici:

-Labilità emotiva

-ansia e depressione

-sonnolenza e disturbi del sonno

3)Comportamentali:

-Deficit di performance sociale/lavorativa (assenze, calo concentrazione)

-Uso di analgesici

In base al prevalere di un sintomo rispetto ad un altro, distinguiamo 3 tipi di pazienti. In realtà molte donne hanno sintomi misti, comunque i tipi sono:

Tipo A: dove prevale l’ansia

Tipo B: prevalgono gonfiori e dolori

Tipo C: prevale l’aumento di appetito

Tipo D: prevale la depressione

Terapia

Soppressori dell’ovulazione (contraccettivi orali, bromocriptina, danazolo, Gnrh agonisti) per ridurre le problematiche del ciclo mestruale. Ansiolitici e antidepressivi per controllare i sintomi.

23. Pseudociesi

Definizione

La pseudociesi (o gravidanza isterica) è un disturbo caratterizzato dalla presenza dei sintomi e dei segni della gravidanza senza che questa sia provabile clinicamente con esami strumentali.

Epidemiologia

E’ una condizione rara, in calo nei paesi occidentali, ma ancora frequente in alcune zone (in Sudafrica si osserva 1 caso ogni 200 gravidanze vere).

Eziopatogenesi

L’eziologia è complessa, alcuni fattori sicuramente predisponenti sono:

-Il basso livello intellettivo e culturale

-Desiderio di avere un figlio o pressioni coniugali/familiari per averlo

-Desiderio di sentirsi giovane e fertile per rafforzare l’identità di donna

-Abusi sessuali

-Aborti spontanei multipli

-Premenopausa e fibromatosi uterina

A livello biologico sembra che ci sia un aumento (su base psichica) di liberazione di prolattina e una riduzione del FSH, questo comporta una persistenza del corpo luteo e un aumento dei livelli di

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progesterone e di estrogeni.

Clinica

Sono presenti quasi tutti i possibili sintomi e segni di gravidanza:

-Distensione addominale (rilascio dei uscoli addominali e accentuazione della lordosi lombare) e aumento di peso

-Alterazioni mestruali o amenorrea

-Aumento del volume dell’utero e della sua vascolarizzazione

-Ingrandimento mammario e galattorrea

-Alterazioni delle concentrazioni ematiche ormonali (vedi sopra)

-Nausea

-percezione soggettiva dei movimenti fetali

-Sintomi di travaglio

La diagnosi differenziale della pseudociesi si fa con:

-Delirio di gravidanza (c’è solo una convinzione mentale, senza sintomi e segni)

-Disturbi endocrinologici

-Tumori pelvici

Terapia

Si cerca di dimostrare alla paziente che non è incinta con le tecniche di imaging (a volte ci crede, a volte crede di aver perso il bambino) ma è fondamentale poi un supporto psicologico. Per la cura dell’amenorrea si possono usare estroprogestinici.

24. Maternity blues

Definizione

Il maternity blues è una condizione transitoria (dura fino a 2 settimane) di disagio psichico che si osserva nella maggior parte delle donne subito dopo il parto.

Epidemiologia

Si osserva nell’80% delle donne dopo il parto.

Eziopatogenesi

La gravidanza è un momento di importanti cambiamenti psicologici e fisici. Nel primo trimestre la donna deve accettare psicologicamente il feto, questo è un processo complesso e conflittuale, infatti spesso in questa fase si osservano sintomi come nausea e vomito (che hanno un chiaro significato inconscio di espulsione). Nel secondo trimestre si ha una concretizzazione (attraverso l’ecografia e la percezione dei movimenti fetali) dell’idea del figlio e psicologicamente la madre vive un’iniziale separazione dell’idea del figlio da se stessa. Quando la gravidanza volge al termine si manifestano spesso nella madre la paura della morte per il parto, la paura di riportare danni genitali permanenti o

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di perdere il controllo dell’utero (paura di svuotamento indefinito) e la paura inconscia della separazione con il figlio.

Dopo il parto la madre deve accettare l’immagine del figlio (che può essere diversa da quello che si aspettava) e deve instaurarci una nuova simbiosi, basata sull’accudimento (non più un cordone ombelicale fisico, ma psichico e sociale, che richiede competenze materne che spesso la madre ha paura di non avere). Questo processo può essere è traumatico e causa il maternity blues, che può essere più accentuato e frequente in pazienti già depresse o che hanno una storia di disturbo disforico premestruale.

Clinica

I sintomi principali sono:

-Labilità emotiva e facilità al pianto

-Ansia e irritabilità

-Astenia, cefalea e leggero stato confusionale

Terapia

Tende a risolvere spontaneamente, ma è opportuno fornire un supporto e rassicurazioni. Il monitoraggio è importante per valutare l’evoluzione, dato che è possibile una progressione in depressione puerperale (uguale ad altri tipi di depressione, ma insorge dopo il parto, di solito dopo un mese).

25. Psicosi puerperale

Definizione

La psicosi puerperale è un grave disturbo psichiatrico di tipo psicotico che insorge nelle donne successivamente al parto.

Epidemiologia

Complica un parto su 1000, la percentuale di ricaduta per una seconda gravidanza è del 50%.

Eziologia

Sembra essere dovuta all’incapacità della madre di accettare l’immagine del bambino reale, che è diversa da quella che si aspettava quando pensava al bambino durante la gravidanza.

Clinica

I sintomi insorgono da 2 a 6 settimane dopo il parto e iniziano come labilità emotiva e confusione mentale (simile al maternity blues).

Successivamente si fanno strada sintomi più gravi come:

-Ansia e paure sproporzionate per la salute del bambino

-Disinteresse, estraneità nei confronti del bambino

-Sensazione di inadeguatezza come madre

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-Deliri (di solito persecutori e di colpa) e allucinazioni (soprattutto uditive).

-Suicidio (5%) e infanticidio (5%)

Terapia

E’ un emergenza psichiatrica ed è previsto il ricovero. All’inizio la terapia si basa sull’uso di antipsicotici e ansiolitici, poi finito l’episodio acuto si usano gli antidepressivi.

26. Menopausa

Definizione

La menopausa è l’interruzione del ciclo mestruale dovuta alla cessazione dello sviluppo di ovuli nell’ovaio (atresia ovarica).

La perimenopausa è il periodo che intercorre tra i cicli irregolari che precedono la menopausa e l’interruzione definitiva dei cicli. Le alterazioni della menopausa sono sia fisiche che psichiche e possono essere ben tollerate o richiedere intervento di un medico o di uno psicologo.

Eziopatogenesi

E’ fisiologica se compare tra i 44 e i 55 anni, è detta precoce o tardiva se insorge prima o dopo. Le cause di menopausa tardiva possono essere la sindrome metabolica e l’obesità, quelle di menopausa precoce sono invece in generale tutti gli ipogonadismi (sia ipogonadotropi che ipergonadotropi).

Le alterazioni fisiche sono dovute alla cessazione della produzione ciclica di ormoni, quelle psichiche hanno eziologia complessa.

La perdita della fertilità viene vista spesso dalla donna come la perdita del suo ruolo sociale (il ruolo riproduttivo e di potenziale madre) e si accompagna quindi ad una crisi della sua identità femminile ed a una riduzione dell’autostima. Il disturbo psichiatrico più tipico è la depressione, questa è più frequente se:

-La perimenopausa è lunga

-La paziente ha una storia di qualunque forma di depressione o di disturbo disforico premestruale o di malattie croniche debilitanti.

-La paziente ha un basso livello di scolarizzazione

Clinica

Alla menopausa si accompagnano una serie di modificazioni fisiche e psichiche.

Tra quelle fisiche le principali sono:

-Atrofia della mucosa del tratto urogenitale e riduzione delle secrezioni, che può comportare prurito, aumentato rischi di infezioni e dispareunia.

-Incontinenza vescicale

-Vampate di calore e vertigini

-Osteoporosi, aterosclerosi.

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Tra quelle psichiche invece si riscontrano:

-Riduzione della libido

-Insonnia

-Ansia, depressione

Terapia

La terapia della menopausa per ridurre i sintomi fisici può essere la terapia ormonale sostitutiva, per i sintomi psichici si usano gli antidepressivi SSRI, SNRI e misti.

26. Suicidio

Definizione

Il suicidio è l’atto cosciente di autoindursi la morte.

E’ da distinguere dal tentativo di suicidio (il paziente ci ha provato ma non è riuscito a compiere l’atto, per esempio si è messo sul cornicione ma non si è buttato), dal mancato suicidio (il paziente si è buttato ma non è morto) e dal parasuicidio (comportamenti particolari autolesivi, come non seguire le terapie per malattie croniche o i follow-up)

Epidemiologia

E’ un fenomeno in crescita, attualmente l’incidenza annuale è di 15/100.000. L’1% della popolazione mondiale muore per suicidio ed è tra le prime 10 cause di morte nel mondo, addirittura tra le prime 3 nei giovani.

Eziopatogenesi

I comportamenti suicidari non sono considerati come una malattia psichiatrica, tuttavia spesso possono essere un sintomo o una complicanza di una di queste. Il 90% di chi si suicida, infatti, ha una malattia psichiatrica. L’interpretazione psicologica del suicidio è complessa, ma in generale il paziente vede nella morte la soluzione migliore per lui in quel momento.

I fattori di rischio per i suicidi sono numerosi e sono distinti in primari, secondari e terziari.

1)I primari sono quelli strettamente correlati al suicidio e sono quelli che possono essere influenzati dalle terapie, tra questi:

a) Comunicazione di intenzione

suicidaria b)Le malattie psichiatriche, tra

le quali:

-Depressione, soprattutto bipolare (aumenta il rischio di 20 volte).

-Abuso di sostanze (20 volte)

-Schizofrenia (10 volte)

-Alcolismo (5 volte)

-Disturbi post-traumatici

-Disturbi di personalità (soprattutto gruppo B)

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2)I secondari non sono così correlati e non sono influenzati dalle terapie ma aumentano molto il rischio se c’è un fattore primario, tra questi si riconoscono lutti, isolamento sociale e difficoltà economiche.

3)I terziari hanno valore solo se sono presenti i primari o secondari e sono età e sesso.

Clinica

Il suicidio si sviluppa tipicamente in una serie di fasi:

1) Ideazione suicidaria: il paziente pensa al suicidio come possibile soluzione ai suoi problemi, non necessariamente è patologico, può capitare a tutti in momenti difficili, è un'idea come un'altra e quasi sempre il suicidio poi non avviene.

2) Intenzionalità suicidaria: dall’idea, dall’immaginazione, si passa alla concretizzazione del pensiero. Il paziente pensa a quando (magari il giorno di un anniversario) e come si suiciderà. Qui siamo nel patologico e si parla di ''sindrome presuicidaria''.

3) Atto suicidario: può essere rapido e improvviso (il paziente per esempio si accoltella in un momento di disperazione) come avviene negli schizofrenici o nei pazienti con disturbo di personalità, oppure può essere lento e meticolosamente preparato come avviene nei pazienti depressi.

Terapia

Il ricovero in ospedale è previsto se:

-C’è intenzione suicidaria

-C’è stato un suicidio mancato

-In casi particolari (ad esempio pazienti psicotici) dopo un tentato suicidio

La terapia per il suicidio per definizione non può esistere, ma si parla invece di prevenzione. Questa si può fare:

1) Sulla popolazione generale

-Educando la popolazione, anche a scuola sui problemi legati alle malattie mentali

-Educando i medici a riconoscere i pazienti a rischio

-Sfruttando i mezzi di informazione per diffondere informazioni sul problema del suicidio

-Riducendo la disponibilità di mezzi per il suicidio (armi da fuoco, gas tossici ad uso civile)

-Organizzando centri di assistenza e di supporto psicosociale

2) Su popolazioni particolari (con tassi di suicidio superiori alla popolazione generale) quali:

-Pazienti psichiatrici

-Anziani

-Soggetti con precedenti tentativi di suicidio

-Carcerati

-Gruppi professionali ad alto rischio (medici, farmacisti, infermieri, dentisti, veterinari)

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Dispensa di psichiatria a cura di Maugeri Antonino Università dell'Insubria

27. Il paziente HIV

Il problema del paziente HIV è complesso, perché

-E’ a cavallo tra la psichiatria (che studia le malattie della mente) e la psicologia clinica (che studia la mente del malato, in questo caso di HIV)

-E’ a cavallo tra la psichiatria e la neurologia dato che il paziente HIV può avere frequentemente sia lesioni organiche al snc, che manifestazioni di tipo psichiatrico- psicologico. Ogni sintomo richiede quindi un’accurata diagnosi differenziale.

A livello organico le principali problematiche sono infezioni (meningiti, encefaliti), sia batteriche (vari patogeni) che virali (virus CJ, CMV e anche l’HIV stesso) e tumori (linfomi soprattutto)

A livello psicologico invece prevale una sorta di disturbo dell’adattamento, che comporta ansia, depressione, disturbi della memoria e possibilità di tentativi di suicidio.

Il problema è che il trattamento delle malattie mentali in un paziente HIV è difficile, in quanto:

-I neurolettici aggravano i sintomi della demenza associata all’ AIDS ( che prende il nome di Aids Dementia Complex) e hanno molti effetti collaterali

-Le benzodiazepine causano sedazione e deficit cognitivi

-I triciclici sono di solito mal tollerati e anche questi causano sedazione, gli unici farmaci quindi utili e poco dannosi sono gli SSRI e SNRI.

Sembra che il modo migliore per trattare i disturbi psichici del paziente HIV non sia quindi la terapia farmacologica, ma un adeguato supporto mediato da figure conosciute (familiari). La psicoterapia, il counselling familiare e la terapia di gruppo possono rivelarsi altrettanto utili.

28. L’organizzazione dei servizi psichiatrici

L’organizzazione in Italia

I servizi psichiatrici dipendono dalle aziende ospedaliere e dalle ASL (aziende sanitarie locali).

L'organizzazione dei servizi psichiatrici prevede una serie di presidi che fanno parte delle UOP (unità operative di psichiatria) del territorio e che sono coordinati dal Dipartimento di Salute Mentale. Questi presidi sono:

-Centri psicosociali (CPS), per l'esecuzione di interventi sul territorio;

-Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC), per l'assistenza ospedaliera;

-Centri Diurni e Day hospital per attività riabilitative in regime semi-residenziale;

-Strutture per attività riabilitative residenziali come il CRT (centro riabilitativo terapeutico) e le CP (comunità protette)

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Il CPS è il presidio che si occupa delle attività ambulatoriali psichiatriche e psicoterapeutiche e dell’indirizzamento del paziente psichiatrico nelle altre varie strutture. Al CPS ci si può presentare spontaneamente o su richiesta del medico di base. Il CPS inoltre effettua:

-Visite domiciliari

-Sostegno individuale e familiare

-Attività di gruppo

I SPDC sono servizi ospedalieri sfruttabili nei casi gravi che non possono essere trattati in altre sedi. Il SPDC ha un posto letto ogni 10.000 abitanti e di norma il ricovero è volontario (salvo casi particolari). Vi si può accedere tramite:

-Pronto soccorso

-Medico di base

-Invio da struttura private

-Invio da altra struttura territoriale pubblica

Il Day-Hospital è una struttura ospedaliera di assistenza semi-residenziale per prestazioni diagnostico/terapeutiche di breve-medio termine. Serve anche per evitare eccessivi ricoveri psichiatrici.

I CRT e le CP sono strutture residenziali o semi-residenziali che offrono ai pazienti percorsi riabilitativi per il reinserimento sociale dopo la malattia. Forniscono:

-Supporto socio-assistenziale

-Aiuto nel rapporto con le famiglie

-Terapie di gruppo

I Centri Diurni sono infine delle strutture intermedie con funzioni terapeutiche e riabilitative di tipo semi-residenziale, le attività si svolgono infatti di giorno e i pazienti tornano a casa la sera. Le attività svolte in questi centri sono numerose (laboratori, disegno, cucina, attività motorie, giardinaggio, eccetera) e sono mirate sempre alla riabilitazione psicosociale.

I trattamenti sanitari obbligatori

La legge del 1978 ha modificato la concezione del trattamento psichiatrico e da quel momento il trattamento è stato volontario e non obbligatorio. Esistono tuttavia delle eccezioni che permettono di trattare il paziente anche contro la sua volontà, cioè in regime di trattamento sanitario obbligatorio (TSO). Questo è possibile quando sono presenti tutte le seguenti condizioni contemporaneamente:

-Esistono alterazioni psichiche che richiedono un trattamento urgente

-Il paziente si rifiuta di trattarle

-Non è possibile trattarle in strutture extraospedaliere.

In questi casi la procedura è complessa ed è così articolata per evitare un abuso del TSO:

1) Qualunque medico che ritiene necessario il TSO può compilare un certificato medico apposito (che si chiama ‘’proposta di TSO’’).

2) Un secondo certificato (che si chiama ‘’convalida TSO’’) deve essere fatto da un medico dipendente nel settore pubblico per confermare la correttezza del primo.

3) Il sindaco del paese dove deve avvenire il ricovero, riceve la convalida ed emette

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l’ordinanza di ricovero.

4) Il sindaco avvisa entro 48 il giudice tutelare che verifica la regolarità della procedura.

29. Psicofarmaci e il loro uso in gravidanza e allattamento

Psicofarmaci

Rivedere farmacologia: antidepressivi, ansiolitici, antipsicotici e stabilizzatori dell'umore.

Gravidanza

Sono in aumento le donne schizofreniche che hanno figli ma anche in generale i soggetti che assumono psicofarmaci di vario tipo, quindi sempre più spesso si pone questo problema.

I rischi per il bambino sono di vario tipo:

-Teratogenesi morfologica

-Tossicità neonatale

-Astinenza neonatale

-Conseguenze a lungo termine

Un breve riassunto delle principali conseguenze dell'uso degli psicofarmaci in gravidanza:

-Gli ansiolitici possono dare palatoschisi e labbro leporino, oltre che astinenza neonatale.

-I triciclici possono dare ostruzione intestinale, ma non sono teratogeni

-Gli SSRI e SNRI sembrano sicuri

-Tra gli antipsicotici le fenotiazine sono teratogene, clozapina e aloperidolo sembrano invece sicuri.

-Gli stabilizzatori dell'umore sono sicuramente teratogeni: il litio provoca alterazioni cardiache, la carbamazepina e il valproato causano difetti del tubo neurale e alterazioni scheletriche

Allattamento

La possibilità di danno per il bambino dovuto ad un farmaco che la madre assume durante l'allattamento dipende:

1)Dallo stato di salute del bambino

2)Dalla biodisponibilità orale del farmaco

3) Dalla concentrazione che questo raggiunge nel latte, che è più alta se:

-la dose è alta

-l'emivita del farmaco è lunga

-la molecola è di piccole dimensioni

-il farmaco è liposolubile

-il farmaco ha un basso legame con le proteine plasmatiche

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-il PH del farmaco è basico

4) Dal tipo di farmaco: esiste una classificazione che definisce il grado di sicurezza dei vari farmaci durante l'allattammento: la classificazione secondo Hale . Questa definisce 5 categorie:

L1 I più Sicuri (fans)

L2 Sicuri (ansiolitici)

L3 Moderatamente sicuri

L4 Potenzialmente pericolosi (litio)

L5 Controindicati (antiblastici, farmaci radioattivi)

La scelta migliore è quindi la monoterapia a basse dosi con farmaci sicuri (L1 L2), che riduce al minimo la possibilità di tossicità e di effetti collaterali nel bambino allattato.