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EXPERT PANEL REPORT

Documento di consenso:Percorsi clinici di utilizzo dell’ossigenoterapia topica nella pratica

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document:

Wounds UK Expert

Panel Report. Consensus

round table meeting:

Clinical pathway for using

topical oxygen therapy in

practice. London: Wounds

UK, 2017. Available to

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www.wounds-uk.com

PREFAZIONE

Il ruolo dell’ossigeno nella cura delle ferite è ben documentato e una ricerca recente suggerisce che i metodi di diffusione migliorati potrebbero rendere la terapia a ossigeno topico un trattamento più pratico e valido (Harding, 2016). Questo documento tratta l’utilizzo pratico della terapia a ossigeno topico e come quest’ultima possa aiutare nella cura di una gran varietà di ferite, concentrandosi sul nuovo prodotto della terapia ad ossigeno topico: NATROX (Inotec AMD Ltd).

NATROX è un dispositivo medico portatile che consente di applicare ossigeno direttamente sulla ferita, viene utilizzato nella cura di ferite croniche, o di ferite che in precedenza non mostravano segni di miglioramento. Un’esperienza preliminare nell’uso del dispositivo, in particolare nelle ulcere del piede diabetico, si è rivelata promettente. Inoltre, studi hanno dimostrato che il macchinario ha un’elevata accettazione tra i pazienti, il che potrebbe aiutare ad aumentarne il livello di conformità e a renderla più efficace dei precedenti metodi di terapia.

Un gruppo di esperti si è riunito in dicembre 2016 al fine di discutere le implicazioni cliniche di questo metodo di somministrazione della terapia e ha deciso di:

■■ Concordare sulle modalità e le tempistiche di utilizzo di NATROX

■■ Utilizzare le esperienze ricavate dall’utilizzo di NATROX sulle ulcere del piede diabetico per ampliare le indicazioni di utilizzo

■■ Concordare un percorso per il trattamento

■■ Esplorare le potenzialità dell’impatto che la terapia a ossigeno topico ha nella cura delle ferite e nella qualità della vita dei pazienti.

L’obbiettivo di questo documento è fornire ai medici le informazioni necessarie per la scelta e l’uso corretto della terapia a ossigeno topico NATROX nella pratica.

EXPERT WORKING GROUPChair: Keith Harding Dean of Clinical Innovation, Cardiff University; Medical Director, Welsh Wound Innovation Centre, Cardiff, UKSimon Barrett Tissue Viability Lead, Humber NHS Foundation Trust, East Riding of Yorkshire, UKPaul Chadwick Consultant Podiatrist, Salford Royal NHS Foundation Trust, Salford, UKJacqui Fletcher Independent Nurse Consultant, UKSarah Gardner Clinical Lead for Tissue Viability, Oxford Health NHS Foundation Trust, Oxford, UK Nicky Ivins Clinical Research Director, Welsh Wound Innovation Centre; Cardiff University, Cardiff, UKJoanne McCardle Diabetes Foot Clinical Research Fellow, NHS Lothian, Edinburgh, UKDuncan Stang Podiatrist; National Diabetes Foot Coordinator for Scotland, UK

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 1

La storia dell’ossigenoterapia nella cura delle ferite

L’importanza dell’ossigeno nella cura delle ferite è ben documentata e l’ossigeno è da tempo utilizzato nel trattamento delle ferite.

OSSIGENO IPERBARICOLa terapia iperbarica è stata utilizzata per la prima volta nel 1930 per trattare i sommozzatori affetti da embolia (Yarbrough e Benke, 1939). Questa terapia fu ulteriormente sviluppata per supportare i pazienti sottoposti a chirurgia cardiaca (Boerema et al, 1956), per trattare gangrene gassose da clostridium (Brummelkamp et al, 1961) e per i pazienti affetti da avvelenamento da monossido di carbonio (Smith e Sharp, 1962).

La terapia iperbarica fu utilizzata per la prima volta nella cura delle ferite dopo che nel 1965 fu scoperto che i pazienti con ustioni che ricevevano il trattamento per avvelenamento da monossido di carbonio guarivano più rapidamente (Wada et al, 1965). Sin da allora l’associazione tra l’ossigeno e cura delle ferite è stata investigata e applicata a molte ferite.

Il termine “iperbarico” significa “ad alta pressione”: la terapia iperbarica viene somministrata in una camera ad alta pressione. Questo genera delle limitazioni per quanto riguarda l’uso clinico, determinate da vincoli logistici e finanziari. Le camere iperbariche non sono portatili, e di conseguenza non possono essere utilizzate per somministrare una terapia a ossigeno al domicilio. Di conseguenza, l’utilizzo della camera iperbarica comporta una limitazione dello stile di vita del paziente e il trattamento viene somministrato in brevi periodi. Questo significa che i livelli di ossigeno nell’ulcera vengono innalzati di una piccola percentuale (solitamente tra il 4,5 ed il 6%) durante la settimana (Winfeld, 2014).

OSSIGENO TOPICO LOCALIZZATORecentemente, sono stati studiati metodi più localizzati per la somministrazione dell’ossigeno, come grandi cilindri pressurizzati connessi a una camera o a una sacca che circonda la regione anatomica della ferita. Questo ha rappresentato un passo avanti, ma richiedeva comunque delle ingombranti unità specializzate, che limitavano la mobilità e lo stile di vita dei pazienti durante i trattamenti, nonché la praticità delle somministrazioni. Si è però riscontrato che la terapia a ossigeno topico era uno sviluppo utile e che incrementava la cura delle ferite senza il bisogno di ricorrere a camere iperbariche (Tawfick e Sultan, 2009).

OSSIGENO TOPICO DOMICILIARENATROX rappresenta un nuovo sviluppo nella terapia a ossigeno topico, in quanto fornisce una modalità di somministrazione della terapia a ossigeno pratica e confortevole per il paziente. È leggero, piccolo (circa delle dimensioni di un telefono cellulare) e portatile, ed è in grado di fornire un continuo afflusso di ossigeno. È adatto ad essere indossato sotto gli indumenti durante il giorno e può essere posizionato in maniera confortevole per l’utilizzo notturno, facilitando l’uso continuo e adatto allo stile di vita dei pazienti.

ALTRE MODALITÀ PER MIGLIORARE L’OSSIGENAZIONE DEI TESSUTITradizionalmente i chirurghi vascolari eseguono interventi di bypass arterioso o interventi endovascolari come l’angioplastica o lo stenting al fine di correggere problemi macrovascolari. Queste procedure comportano una significativa morbilità e occasionalmente mortalità, molti pazienti con ferite croniche soffrono di comorbilità e di condizioni che non li rendono in grado di sottoporsi a chirurgia (Slovut e Lipsitz, 2012; Sinha et al, 2014). Inoltre, questo tipo di interventi sono in grado di migliorare il flusso sanguigno solo a livello macrovascolare, senza avere effetto sulle patologie microvascolari, che solitamente sono alla base della scarsa ossigenazione dei tessuti nelle ulcere croniche associate al piede diabetico o a un’ipertensione venosa cronica (Forsythe et al, 2014; Wollina et al, 2006).

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2 | PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA

Interventi farmacologici mirati a migliorare flusso e ossigenazione sanguigna potrebbero risultare utili, come il vasodilatatore Iloprost, ma questi trattamenti sistemici presentano potenziali effetti collaterali e potrebbero richiedere un breve ricovero in ospedale (Abdulhannan et al, 2012). Altre terapie prevedono la somministrazione di monossido di azoto (NO) per causare la vasodilatazione (Del Rosso and Kircik, 2017); purtroppo questo metodo funziona solo nel caso in cui i vasi sanguigni siano pervi, infatti non è possibile dilatare vasi sanguigni fortemente malati o assenti.

Siccome l’ossigeno viene distribuito ai tessuti tramite l’emoglobina, un ulteriore trattamento è la terapia con emoglobina topica, studiata in anni recenti (Chadwick et al, 2015). L’emoglobina topica viene applicata sul letto della ferita, in cui si lega con l’ossigeno atmosferico e lo rilascia nei tessuti dell’ulcera (Dissemond et al, 2015). Però vi è il rischio che medicazioni umide o impermeabili impediscano all’ossigeno atmosferico di legarsi a questo tipo di presidio.

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 3

IL RUOLO DELL’OSSIGENO NELLA GUARIGIONEL’ossigeno è un elemento chiave in molti dei processi necessari per la cura delle ulcere, tra i quali:■■ Produzione di energia per alimentare il funzionamento delle cellule e le reazioni biochimiche■■ Angiogenesi■■ Sintesi del collagene e cross-link■■ Riepitelializzazione ■■ Resistenza alle infezioni (Castilla et al, 2012; Eisenbud, 2012)

La presenza di una ferita aumenta il fabbisogno corporeo di ossigeno del 20% in un paziente con una ferita detersa e del 50% in un paziente con ferita infetta (Demling, 2009). Durante la riparazione, il fabbisogno metabolico cellulare locale si moltiplica di varie volte; bassi livelli di ossigeno riducono in modo significativo la produzione di energia e quindi limitano la guarigione (Demling, 2009).

Una recente revisione sistematica ha comparato la capacità dell’indice pressorio braccio-caviglia (ABPI) e la misurazione dell’ossigeno transcutaneo (TcPO2) nella previsione dalla guarigione e del rischio di amputazione nel piede diabetico. Si è rilevato che la TcPO2 è più sensibile rispetto ai due parametri valutati; questo indica che il livello di ossigeno tissutale è positivamente correlato con il tasso di guarigione (Wang et al, 2016).

Uno studio sul trattamento delle ulcere venose delle gambe non guarite della durata di oltre 2 anni ha confrontato il trattamento standard verso l’uso della terapia a ossigeno topica mediante camera statica (Tafwick e Sultan, 2013). Lo studio confronta la percentuale di ulcere guarite dopo 12 settimane, il numero di recidive, la riduzione dell’area di ferita e il tempo per la risoluzione. Sessantasette pazienti hanno ricevuto il trattamento con ossigeno topico e 65 sono stati gestiti con elastocompressione convenzionale. Dopo 12 settimane, il 76% delle lesioni trattate con ossigeno topico era completamente risolto, rispetto al 46% nel gruppo di controllo (p<0,0001). Il tempo medio di guarigione è risultato di 57 giorni nel gruppo trattato con ossigeno topico e di 107 nel gruppo controllo (p<0,0001).

Nel follow-up dopo 36 mesi, 14 delle 30 (47%) ulcere risolte nel gruppo di controllo presentavano una recidiva, confrontato con 3 casi su 51 (6%) delle ulcere che avevano ricevuto il trattamento con ossigeno. La terapia con ossigeno topico è risultata essere efficace e utile nel trattamento delle ulcere venose delle gambe non guarite, accorciando il tempo di guarigione e riducendo radicalmente il tasso di recidive. Il collagene prodotto in ambiente ipossico ha una resistenza pari a un terzo rispetto al normale (Kominsky et al, 2010), e risulterebbe plausibile che la somministrazione di ossigeno topico migliori la qualità del tessuto cicatriziale e il tasso di guarigione.

Anche se questo studio ha dimostrato l’efficacia della terapia con ossigeno topico nella pratica, la somministrazione è avvenuta mediante camera iperbarica distrettuale. Questo ha significato una limitazione della mobilità e della qualità di vita dei pazienti.

CAUSE DI IPOSSIA L’ipossia del letto della ferita (mancanza relativa di ossigeno tissutale determinata dalla differenza tra l’ossigeno disponibile e quello richiesto localmente) è spesso multifattoriale. Può essere determinata da una ridotta disponibilità di ossigeno (cause generali o locali) e/o dall’aumento della richiesta di ossigeno dai tessuti della lesione. Nei pazienti con scarsa guarigione vari fattori possono contribuire all’ipossia tessutale. Cause di ridotta disponibilità di ossigeno possono essere:

■■ Patologie dei grossi vasi: ridotto flusso arterioso da steno-ostruzione delle arterie periferiche

o ridotta diffusione dell’ossigeno determinato dalla presenza di edema dei tessuti causato

dalla patologia venosa (Sen et al, 2009; Schreml et al, 2010)

Ossigeno e riparazione

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■■ Malattie microvascolari: l’ispessimento delle pareti capillari e/o uno shunt arterovenoso in

diabete, depositi di fibrina in ipertensione venosa cronica, vasculite (Howard et al, 2013)

■■ Infiammazione cronica della ferita: la presenza del biofilm dà inizio a uno stato infiammatorio

cronico della ferita nel quale il consumo di ossigeno da parte di cellule immunitarie quali

neutrofili e macrofagi contribuisce all’abbassamento dei livelli di ossigeno nella ferita (James

et al, 2016)

■■ Malattie sistemiche: ridotto afflusso di ossigeno arterioso causato da una malattia

respiratoria, malattia cardiaca o anemia (Sen, 2009; Schreml et al 2010).

Altri fattori che contribuiscono all’ipossia dei tessuti includono polmonite o fibrosi polmonare, alterazione del sistema simpatico, ipotermia, instabilità emodinamica, terapie per l’ipertensione, malattie cardiovascolari, malattia di Raynaud, elevata altitudine (Park et al, 2014).

Con l’aumento dell’età dei pazienti è importante accertare la presenza di fattori sottostanti che possono contribuire all’ipossia dei tessuti, tenendo conto che le ulcere croniche sono solitamente ipossiche (Harding, 2016).

IMPATTO DELLA BASSA OSSIGENAZIONE SULLA CURA DEI TESSUTI L’ipossia è un importante attivatore del processo di riparazione (Schreml et al, 2010). Quando è iniziato il processo di guarigione sono necessari adeguati livelli di ossigeno affinché questo proceda e si abbia una completa riepitelizzazione (Yip, 2015). Una continua ipossia della ferita, causata per esempio da una malattia vascolare, può avere effetti deleteri che favoriscono la cronicità delle ferite (Tabella 1 e Figura 1; Guo e DiPietro, 2010).

TABELLA 1: effetti della persistenza dell’ipossia nel processo riparativo (gottrup, 2004; gibson et al, 2009; sen, 2009; castilla et al, 2012; eisenbud, 2012; howard et al, 2013; zhao et al, 2016)

Effetti dell’ipossia persistente Effetti sulla riparazione

Riduzione dell’ossigeno disponibile ■■ Danneggiamento della capacità cellulare di produrre energia con

riduzione della sintesi di proteine, DNA, RNA e componenti cellulari.

Ridotta proliferazione dei fibroblasti ■■ La riduzione del numero comporta una riduzione della produzione di

collagene

■■ L’ipossia può ostacolare la differenziazione dei fibroblasti in

miofibroblasti, importanti per la contrazione dei margini di ferita.

Ridotta sintesi del collagene ■■ Sintesi, cross linking, resistenza tensile e maturazione del collagene sono alterate in ridotta disponibilità di ossigeno. Questo determina un allungamento del tempo di guarigione e una riduzione della resistenza tensile della cicatrice

Ridotta attività antimicrobica ■■ Ridotti livelli di ossigeno ostacolano la capacità delle cellule

immunitarie a produrre le specie di ossigeno reattivo per prevenire la

colonizzazione batterica e le conseguenti infezioni

■■ La crescita batterica consuma ossigeno peggiorando la condizione di

ipossia

Ridotta angiogenesi ■■ Si riduce la disponibilità di nutrienti e di ossigeno nei tessuti della ferita

Infiammazione cronica ■■ Un eccesso di produzione di proteasi può determinare un ritardo di

guarigione attraverso la degradazione della matrice extracellulare e

dei fattori di crescita

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 5

Figure 1: Effetti dell’ipossia cronica sulla guarigione delle ferite (Gottrup, 2004; Castilla et al, 2012; Howard et al, 2013; Zhao et al, 2016)

Le ricerche sui livelli di ossigeno nella cura delle ferite hanno scoperto che:

■■ I livelli di ossigeno 3-4mm al di sotto della superficie della pelle sono di circa 45-65mmHg

(Howard et al, 2013)

■■ I tessuti delle ulcere croniche hanno livelli di ossigeno tra 5 e 20mmHg (Schreml et al, 2010)

ma nell’area centrale devascolarizzata i livelli di ossigeno possono essere tra 0 e 5mmHg

(Howard et al, 2013)

■■ Le cellule dei tessuti passano a un metabolismo anaerobico quando i livelli di ossigeno

scendono al di sotto dei 20mmHg, rallentando il processo di guarigione (Howard et al, 2013).

Alcuni studi hanno dimostrato che molti processi di guarigione svolgono la loro funzione al

meglio quando vi sono alti livelli di ossigeno, ancor più che in condizioni di pelle normale:

■■ La proliferazione dei fibroblasti e la produzione di proteine è massima a livelli di ossigeno di

160mmHg (Howard et al, 2013)

■■ L’attività di un enzima fondamentale nella produzione di collagene, il prolil idrossilasi,

è massima a livelli di ossigeno di 250mmHg (Hutton et al, 1967).

IPOSSIA PERSISTENTE DI FERITA

Compromissione del processo riparativo

Angiogenesi Attività antimicrobica

Metabolismo cellulare e proliferazione

Espressione del fattore di crescita

Sintesi e qualità del collagene

Aumento della carica microbica della ferita, del rischio di infiammazione

Sintesi matrice extracellulare

Proliferazione cellulare

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Queste scoperte suggeriscono che aumentando i livelli di ossigeno della ferita al di sopra del normale si favorisce la guarigione (Howard et al, 2013).

IL METABOLISMO CELLULARE E LA PRODUZIONE DI ENERGIALe cellule necessitano di ossigeno per mantenere i processi intracellulari, oltre che per la loro sopravvivenza. Quasi la totalità dei processi cellulari utilizza energia sotto forma di adenosintrifosfato (ATP). Nei tessuti ipossici una molecola di glucosio può essere scissa generando 2 molecole di ATP, ma quando l’ossigeno è abbondante, da una sola molecola di glucosio si ricavano 36 molecole di ATP (Lordish et al, 2000). Molti degli enzimi necessari per la guarigione sono ossigeno-dipendenti. L’aumento della richiesta di energia dai tessuti in via di guarigione porta a uno stato ipermetabolico, che a sua volta porta ad un aumento della richiesta di ossigeno dei tessuti (Ichioka et al, 2008).

L’ossigeno è inoltre fondamentale per la reazione ossidativa, che rilascia le specie reattive dell’ossigeno richieste per produrre i segnali cellulari necessari per la guarigione (Sen, 2003).

Se i livelli di ossigeno sono troppo bassi (<20mmHg), le cellule iniziano il metabolismo anaerobico ed entrano in “modalità di sopravvivenza”, il che indebolisce i processi di guarigione quali la divisione cellulare quindi la riepitelializzazione, e la produzione di collagene (La Van e Hunt, 1990; Hess et al, 2003; Hunt, 1990).

Con l’andare del tempo bassi livelli di ossigeno possono causare la morte cellulare e la necrosi dei tessuti, a causa dell’impossibilità delle cellule di riparare il decadimento spontaneo dei loro componenti (DNA, RNA, proteine) e di mantenere attive le pompe del calcio (Milton e Prentice, 2007; Stys et al, 1990).

PROLIFERAZIONE CELLULARE E RIEPITELIZZAZIONELe cellule epiteliali chiudono una ferita, formando una barriera tra essa e l’ambiente esterno. Mentre l’ipossia rallenta il processo di riepitelializzazione, l’aggiunta di ossigeno puro su un’ulcera diabetica ha dimostrato di incrementare il tasso di chiusura di ferita del 69%, indicando una più rapida riepitelizzazione (Asmis et al, 2010).

È stato dimostrato come la proliferazione dei fibroblasti e la produzione di proteine siano ottimali a livelli di ossigeno di 160mmHg. Questi livelli di ossigeno sono varie volte maggiori dei livelli nei tessuti sani, indicando che l’ossigeno supplementare incrementa il tasso di guarigione delle ulcere (Pandit e Faldman, 1994).

Le cellule progenitrici endoteliali (EPC) sono essenziali alla neoangiogenesi. È stato riscontrato che i pazienti diabetici ne possiedono in minor quantità e distribuzione. Elevati livelli di ossigeno, però, invertono questi effetti (Gallagher et al, 2007).

LA SINTESI DEL COLLAGENEIl collagene funge da “impalcatura strutturale” della pelle, oltre a esserne il principale componente, dato che rappresenta il 70-80% del suo peso a secco. Il collagene è avvolto in fibre (come i fili in una corda) intrecciate come in un tessuto, che possono essere allungate in più direzioni (Hunt, 1990).

La figura 2 mostra come la sintesi del collagene sia ossigeno-dipendente, in quanto richiede molti enzimi che per funzionare necessitano ossigeno (Gordillo e Sen, 2003). Alte concentrazioni di ossigeno aumentano sia la quantità di collagene prodotto sia la sua resistenza

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 7

Figura 2: Ossigeno e sintesi del collagene (modificata da Sen, 2009; Shoulders & Raines, 2009)

alla tensione (Stephens e Hunt, 1971). La massima produzione di collagene occorre a livelli di ossigeno di 250mmHg, che superano i livelli presenti nelle normali ferite (spesso attorno ai 30-40mmHg; Hutton et al, 1967)

Il collagene formato in condizioni ipossiche ha dimostrato avere una resistenza pari al 30% del collagene formato in ambiente normossico (Kominsky et al, 2010). È probabile che ciò abbia effetto sulla qualità della cicatrice e potrebbe indicare come mai le ferite croniche di difficile guarigione abbiano un tasso relativamente alto di recidiva.

ATTIVITÀ ANTIBATTERICA L’ossigeno è essenziale per la reazione ossidativa dei neutrofili e dei macrofagi che producono le specie reattive di ossigeno (ROS), importanti per l’attività battericida ed il controllo del carico microbico. La reazione ossidativa dipende dall’ossigeno per il suo corretto funzionamento (Wang et al, 2007). Conseguentemente, l’ipossia è associata a un aumento del rischio di infezione (Eisenbud, 2012). Questo genera un ciclo vizioso, in quanto la crescita dei batteri nella ferita porta a un maggior consumo di ossigeno, che incrementa l’ipossia (Eisenbud, 2012).

La produzione massima di ROS si ha a livelli di ossigeno maggiori di 300mmHg (Allen et al, 1997). Questi livelli possono essere raggiunti solo mediante la somministrazione di ossigeno supplementare. È quindi probabile che la rimozione dei batteri si possa accelerare con la diffusione di ossigeno topico e gli effetti si potrebbero manifestare anche in una ferita non ipossica.

Assemblaggio della tripla elica

Formazione della tripla elica del collagene

Formazione di legami covalenti fra le triple eliche per la formazione delle fibrille di collagene

La fase iniziale della sintesi del collagene richiede ossigeno

O2

O2

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In termini di impatto sul carico batterico l’efficacia di somministrazioni di ossigeno supplementare su ulcere ipossiche o facilmente infettabili è stato dimostrato essere pari alle somministrazioni antibatteriche (Knighton et al, 1984). Questa scoperta è particolarmente interessante, dato l’aumentare della resistenza agli antibiotici.

ANGIOGENESI E RIVASCOLARIZZAZIONEL’angiogenesi è la formazione di nuovi vasi sanguigni, fondamentale per la crescita dei tessuti in via di rigenerazione. La velocità e la qualità della crescita di nuovi vasi sanguigni sono direttamente influenzate dai livelli di ossigeno; con la somministrazione di ossigeno supplementare si ha un accelerazione della crescita dei vasi sanguigni (Knighton et al, 1981).

L’angiogenesi è inoltre connessa alla formazione di collagene di buona qualità. La velocità di angiogenesi è direttamente proporzionale ai livelli di ossigeno nei tessuti danneggiati, mentre la velocità di deposizione del collagene aumenta anch’essa proporzionalmente ai livelli di ossigeno (Hopf et al, 2005).

Vedere il box 1 per una sintesi degli effetti della terapia di ossigeno topico sulla guarigione della ferita

BOX 1: effetti della terapia con ossigeno topico sul processo di guarigione

Ossigenoterapia topica:

■■ Abilita la produzione di energia per la proliferazione cellulare e stimola il processo di guarigione in ferite

croniche o in blocco

■■ Aumenta l’angiogenesi e la rivascolarizzazione

■■ Aumenta l’attività antibatterica riducendo il tasso di infezione e la formazione del biofilm

■■ Migliora la stabilità e la qualità del collagene, determinando una miglior qualità di cicatrice in grado di ridurre

l’incidenza di recidive

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 9

NATROX è un dispositivo medico di classe IIb brevettato secondo la Direttiva 93/42/CEE sui dispositivi medici, che permette ai medici di prescrivere ossigeno puro umidificato applicato direttamente sulla ferita al fine di favorire la guarigione di ulcere croniche o non guarite (Figura 3).

Il dispositivo per la terapia a ossigeno NATROX si compone di un generatore di ossigeno (OG) e di un sistema di diffusione dell’ossigeno (ODS). Il dispositivo contiene una piccola batteria ricaricabile che fa funzionare un concentratore di ossigeno, che genera il 98% dell’ossigeno tramite l’elettrolisi dell’acqua naturalmente presente nell’atmosfera.

L’energia prodotta dalla batteria crea una carica positiva su un lato della membrana all’interno dell’OG e una carica negativa sull’altro lato. Questa carica divide l’idrogeno e l’ossigeno che formano l’acqua, attraendo gli ioni positivi dell’idrogeno da una parte e gli ioni negativi dell’ossigeno dall’altra. Gli ioni di idrogeno si ricombinano poi con le molecole di ossigeno presenti nell’aria generando altra acqua, che verrà poi divisa sulla membrana. Gli ioni di ossigeno si accoppiano per formare molecole, che si accumulano e iniziano a scorrere attraverso i tubi fino all’ODS.

L’ossigeno generato viene somministrato a una velocità di circa 15ml all’ora attraverso un tubo sottile e morbido fino a un sistema di distribuzione dell’ossigeno (ODS) appositamente progettato, da posizionare sopra la ferita. L’ossigeno viene diffuso poi in maniera uniforme e continua finché il dispositivo è in funzione.

La leggerezza e compattezza del dispositivo lo rendono portatile e facile da usare in ogni momento, dato che può essere indossato sotto i vestiti di giorno e venire comodamente posizionato per la notte. Questa modalità di diffusione, comparata ad altri metodi di somministrazione topica dell’ ossigeno, fa sì che l’ossigeno possa essere utilizzato in maniera pratica e confortevole e tollerato meglio (Tabella 2). In uno studio pilota condotto a Cambridge e a Londra, i pazienti con DFU hanno valutato l’accettabilità dell’utilizzo di questo dispositivo posizionato giorno e notte, assegnando un punteggio di 9.9/10 (dati di archivio, Inotech AMD Ltd).

La terapia a ossigeno topico NATROX

Figura 3: il dispositivo NATROX

BatteriaPad di somministrazione

Generatore di ossigeno

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10 | PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA

TABELLA 2: terapie basate sull’ossigeno, confronto (Tafwfick & sultan, 2012; Eggleton et al, 2015; dati di archivio Inotech AMD Ltd)

Ossigeno iperbaricoPerfusione locale in minicamere

Terapia a ossigeno topico NATROX

% settimanale di trattamento ** 4 21 96

Ore di esposizione giornaliera 1.5 5 23

Livelli di ossigeno locale durante il

trattamento, stima (mmHg). *1800 800 650

* Calcolato su 100% di ossigeno a 1 atmosfera = 760 mmHg

** Calcolato su un trattamento di 5 gg/sett per la terapia iperbarica e di 7 giorni su 7 per la terapia topica

Anche se l’ossigeno iperbarico è in grado di determinare alti livelli di ossigeno plasmatico, ha faticato a essere accettato nel Regno Unito, parzialmente a causa della mancanza di prove sulla sua efficacia (Margolis et al, 2013). Un motivo importante per la sua mancanza di efficacia è dovuto al fatto che le ferite sono sottoposte ad alti livelli di ossigeno solo per un breve periodo di tempo durante la settimana, lasciando che la ferita ritorni ipossica per la maggior parte del tempo. Inoltre, la terapia a ossigeno iperbarico è costosa e richiede un considerevole impegno da parte del paziente (Johnston et al, 2016).

L’ossigeno somministrato da NATROX è in grado di penetrare la cute sana, come dimostrato nella figura 4. In questa figura, i livelli più bassi di emoglobina ossigenata sono blu, mentre quelli più alti sono mostrati in rosso. Il cambiamento di colore nella figura 4b (con NATROX in funzione) mostra come l’ossigeno sia penetrato nei tessuti fino a entrare nel letto capillare e a legarsi all’emoglobina.

L’ossigeno si diffonde all’interno del letto della ferita grazie al gradiente di concentrazione (maggiore sulla superficie della ferita e minore all’interno dei tessuti); non viene forzato nei tessuti con la pressione. Nelle ferite di maggiori dimensioni, come per esempio le ulcere venose alle gambe, l’ossigeno si diffonde sulla totalità della ferita. Tuttavia, potrebbe impiegare più tempo per raggiungere una concentrazione ottimale di ossigeno, quindi è importante che il trattamento sia continuo.

Figure 4: livelli di ossigenazione dell’emoglobina nella cute sana con Natrox spento (A) e attivo (B) - fare riferimento al testo per chiarimenti (dati in archivio, Inotec AMD Ltd)

A B

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 11

Vedere Tabella 3 per un sommario delle evidenze cliniche specificatamente per la terapia di ossigeno topica usando NATROX

TABELLA 3: sintesi delle evidenze cliniche di NATROX

Autore Titolo Tipologia di studio Punti chiave

Yu et al (2016) Topical oxygen therapy results in complete wound healing in diabetic foot ulcersu

RCT su NATROX

(n=10) con

controllo non

placebo (n=10) in

pazienti con DFU

■■ La durata media delle lesioni prima dell’inizio dello studio era di 76 settimane

■■ Il trattamento standard per entrambi i gruppi prevedeva lo scarico

■■ A 8 settimane il 90% delle ulcere trattate con NATROX risultava risolto, contro il 20% del gruppo di controllo

Kaufman (2016) A new approach in oxygen wound therapy: an overview of NATROXTM

experience in Israel

Studio osservazionale in ulcere di varia eziologia: ulcere venose alle gambe, arteriopatia, DFU, ferite traumatiche, decubiti e ustioni.(n=75)

■■ Per tutte le lesioni: la durata media del trattamento è stata di 36 giorni; la riduzione dell’area durante il periodo di trattamento è stata del 56% (p<0.001)

■■ Ulcere venose alle gambe: durata media del trattamento 42 gg, riduzione dell’area 80% (p<0.0001)

■■ DFU e arteriopatia: durata media del trattamento 28 gg, riduzione dell’area 18% (p<0.05)

■■ La terapia NATROX è stata molto ben tollerata

Hayes et al

(2015)

Topical oxygen therapy helps healing of diabetic foot ulcers

Casistica di DFU

trattate con

NATROX (n=10)

■■ La durata mediana delle DFU era di 25 settimane (media 43 settimane)

■■ Dopo 8 settimane di trattamento con NATROX, la dimensione mediana dell’area era ridotta del 53% e 7 ulcere su 10 erano considerate in via di guarigione

Curran et al

(2016)

27 years of non-healing wounds – 5 patients’ lives transformed by topical oxygen therapy

Casistica di

pazienti con

ischemia critica

degli arti e ulcere

croniche. (n=5)

■■ La durata totale delle cinque ulcere croniche era di oltre 25 anni

■■ Tutte le lesioni sono guarite durante il trattamento e i pazienti hanno riferito un miglioramento della qualità di vita

■■ La durata media del trattamento per ottenere la guarigione è stata di 22,4 settimane

■■ I pazienti hanno espresso un elevato livello di soddisfazione nei confronti del trattamento

■■ Il costo totale del trattamento con NATROX per i 5 pazienti è risultato £9.856 rispetto al costo dei precedenti trattamenti, pari a £120.144

TODFU-2 Collaborators (2016)

Topical Oxygen in Diabetic Foot Ulcers-2: 18 centre, UK-wide study

Studio osservazionale in corso in pazienti con DFU (n=40)

■■ La DFU ha una durata media di 19 mesi■■ La riduzione dell’area mediana della lesione del

50% ha richiesto 6,3 settimane di trattamento con NATROX

■■ A 24 settimane, l’area mediana si è ridotta da 1,75 cm2 a 0,11 cm2 (p<0,01)

Mani (2010) Topical oxygen therapy for chronic wounds

Studio osservazionale in pazienti con ulcere venose alle gambe (n=10)

■■ L’area si è ridotta in media del 58,9% nel periodo

di studio di 6 settimane

■■ Non si sono evidenziati eventi avversi

■■ Il dolore si è ridotto in tutti i pazienti

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L’Expert Working Group ha concordato che la scienza alla base della terapia a ossigeno topico è convincente e che le prove cliniche e l’esperienza odierna mostrano come NATROX abbia un ruolo importante nella gestione delle ulcere del piede diabetico, con studi preliminari che mostrano un miglioramento nelle tempistiche di guarigione di questa eziologia (Yu et al, 2016).

Un possibile metodo di utilizzo di NATROX (Figura 5) è stato sviluppato dall’Expert Working Group. L’esperienza clinica dell’utilizzo di NATROX nelle ulcere del piede diabetico è stata utilizzata per includere ferite croniche di ogni tipo e altre ferite a rischio di cronicità. L’uso di NATROX può essere preso in considerazione su pazienti che soffrono di problemi di ossigenazione sistemica o locale, con ferite con alta probabilità di lenta o nulla guarigione. Questo metodo di utilizzo prende in considerazione:■■ Cronicità: NATROX è indicato su ferite croniche e ulcere del piede diabetico che non guariscono.

L’Expert Working Group ha definito queste ferite come ulcere impossibilitate a ridurre la propria area del 40-50% dopo 4 settimane di trattamento standard (WUWHS, 2016).

■■ Grado di infezione: l’uso di NATROX è sconsigliato su ferite con infezioni gravi o sistemiche, ma può essere utilizzato su ulcere con infezioni localizzate.

■■ Profondità: NATROX può essere utilizzato su ferite profonde, ma è controindicato qualora vi sia la presenza di tessuto osseo esposto o di profonde sottominature e/o fistole.

■■ Livelli di essudato: NATROX potrebbe non essere adatto a ferite con alti livelli di essudato.■■ Qualità del letto della ferita: l’elemento di diffusione dell’ossigeno del dispositivo NATROX

deve essere in contatto diretto con la ferita e non deve essere utilizzato qualora vi sia la presenza di tessuto necrotico.

La misurazione della TcPO2 è un test clinico relativamente diretto che ha dimostrato un alto indice

predittivo del tasso di cura delle ulcere del piede diabetico (Wang et al, 2016). Con ulteriori ricerche, le misurazioni di TcPO

2 potrebbero essere incorporate nei trattamenti dei pazienti con NATROX come

un modo per identificare i pazienti che potrebbero beneficiare della terapia a ossigeno topico.

ANGIOPLASTICA E NATROXL’Expert Working Group ha discusso la possibilità di usare NATROX con la speranza che riossigenare le ferite sia sufficiente al fine di evitare l’angioplastica. Al giorno d’oggi, i chirurghi vascolari e i radiologi interventisti svolgono interventi al fine di migliorare il flusso sanguigno e l’ossigenazione dei tessuti agli arti inferiori per il trattamento delle ulcere. Questi interventi sono associati con morbilità e occasionalmente mortalità, oltre ad avere un costo considerevole. L’Expert Working Group ha valutato che NATROX potrebbe essere un’utile terapia aggiuntiva per migliorare le condizioni delle ferite pre- e post-angioplastica.

Indicazioni per l’utilizzo di NATROX sulle ulcere del piede diabetico e oltre

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PERCORSI CLINICI DI UTILIZZO DELL’OSSIGENOTERAPIA TOPICA NELLA PRATICA | 13

Rivalutazione

Ferite acute compreso DFU

In guarigione, ad es:■■ Assenza o buon

controllo delle patologie associate

■■ ben nutrito, non fumatore

■■ Normopeso■■ Attivo■■ Assenza di

infezioni■■ Breve durata■■ Assenza di storia di

ulcere■■ Sede ben definita■■ Chirurgia pulita

Trattamento standard

■■ Revisioni regolari secondo i protocolli locali e del tipo di ferita

Considerare 6 settimane di trattamento con NATROX:in particolare nei pazienti con ipossia o a rischio■■ Continuare il trattamento standard appropriato per il tipo di ulcera,

incluso, se indicato, elastocompressione e offloading

■■ Monitorare la lesione e rivalutare periodicamente durante le 6 settimane

■■ Assicurare che la ferita sia correttamente detersa in assenza di necrosi

■■ Il diffusore di ossigeno deve essere a contatto con la ferita

■■ Non utilizzare in ferite con profonde sottominature o fistole

■■ Non utilizzare in ferite neoplastiche

■■ Non utilizzare in ferite molto essudanti

Ferite croniche (e.s. ulcere venose alle gambe, decubiti, DFU)

Dopo 4 settimane di terapia si è ottenuta una riduzione dell’area del 40–50%?

FERITA

Continua con standard care

Dubbia guarigione, ad es:■■ A rischio ipossico

■■ Multipla comorbilita

■■ Diabete

■■ Polifarmacologia

■■ Infezioni

■■ Ischemia

■■ Storia di pregresse ulcere

■■ Immobilità

■■ Lesioni vaste e complesse

■■ Letto della ferita non ben preparato

■■ Malnutrizione o alterazioni ponderali

Rivalutare ogni 6 setti-

mane

Figure 5: Il ruolo potenziale di NATROX nel trattamento delle ferite

NO SI

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PROTOCOLLO DI RIVALUTAZIONE: LA SFIDA DELLE 6 SETTIMANE Su qualunque ferita, dopo un trattamento di 6 settimane con NATROX, rivalutare il paziente e la ferita e considerare le opzioni di trattamento. Dopo 6 settimane il trattamento deve essere valutato in base agli obbiettivi preposti all’inizio della cura.

L’esperienza clinica ha dimostrato come sia comune che le ferite si allarghino durante le prime settimane di trattamento, quando i tessuti danneggiati vengono rimossi dai macrofagi e neutrofili. Di conseguenza, anche se dopo 6 settimane non sembrino esserci grandi miglioramenti, e a meno che la ferita non si deteriori, è consigliabile continuare il trattamento, poiché potrebbero verificarsi miglioramenti a lungo termine dovuti alla produzione di collagene di migliore qualità.

Se il trattamento riesce a raggiungere con successo gli obbiettivi prefissati (ad esempio, se la ferita migliora o se la terapia sta aiutando a gestire il dolore o altri sintomi) si può considerare un’estensione di altre 6 settimane prima della rivalutazione.

Nelle ferite croniche inclini a recidive, è utile definirne la guarigione utilizzando il modello dei Leg Club, che non classifica un’ulcera come ufficialmente “guarita” fino a due settimane dopo la chiusura, a causa della fragilità del tessuto rigenerato (Lindsay, 2004). Il modello dei Leg Club fa riferimento alle ulcere venose alle gambe, ma il concetto potrebbe essere applicato anche ad altri tipi di ulcere. L’uso continuo della terapia a ossigeno topico potrebbe aiutare l’attività dei fibroblasti e la maturazione del collagene nei tessuti sotto l’epitelio neoformato, riducendo possibilmente il rischio di recidiva.

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Casi clinici

I casi seguenti illustrano buoni risultati in ulcere del piede diabetico post-operatorie e sono stati presi da studi controllati randomizzati condotti a Cardiff, che comparano l’uso di NATROX con l’uso di procedure standard.

L’esperimento è in corso: a oggi l’83% dei partecipanti ha raggiunto una piena riepitelizzazione e nessuno ha recidivato alla fine delle 24 settimane. Solamente il 14% ha sviluppato gli aspetti clinici dell’infezione. Sia i pazienti sia i medici hanno asserito la facilità d’uso di NATROX.

CASO 1Paziente maschio affetto da diabete di tipo 1, insufficienza cardiaca, malattia arteriosa periferica e pregressa angioplastica. Presenta un DFU post amputazione. La terapia a ossigeno topico è iniziata 4 settimane dopo l’intervento (Figura 6). Il trattamento è durato 6 settimane prima che il paziente fosse ritirato a causa di un evento avverso all’arto controlaterale. È stato riscontrato un miglioramento della ferita durante la terapia NATROX (Figura 7). Figura 6: Caso 1 all’inizio della terapia NATROX Figura 7: Caso 1 al termine della terapia NATROX

Figura 8: Caso 2 all’inizio della terapia NATROX Figura 9: Caso 2 al termine della terapia NATROX

CASO 2Paziente femmina affetta da diabete di tipo 1, che ha subito una amputazione sotto il ginocchio alla gamba Dx. Ha inoltre una storia di angioplastica e malattia arteriosa periferica. A seguito di molteplici amputazioni alle dita dei piedi e di una pianta del piede indolente da DFU nel piede sinistro datante 6 mesi, ha avuto inizio il trattamento NATROX (Figura 8) che si è prolungato per 6 settimane (Figura 9).

CASO 3Paziente femmina affetta da diabete di tipo 2 e da neuropatia periferica. Ha una anamnesi di DFU recidive complicate con osteomielite. Impiego di calzature su misura. La terapia con NATROX ha avuto inizio 12 settimane post-trauma sul DFU nel piede Dx del paziente (Figura 10) e si è prolungata per 4 settimane fino a guarigione (Figura 11).

Figure 10: Caso 3 all’inizio della terapia NATROX Figure 11: Caso 3 al termine della terapia NATROX

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Le prove raccolte dall’uso di NATROX nel trattamento delle DFU possono essere estrapolate e applicate a una maggiore varietà di ulcere, fornendo benefici sia ai pazienti sia ai medici. Una considerevole esperienza è già stata acquisita sulle ulcere venose e sulle ferite a eziologia mista. Sono in corso prove per raccogliere informazioni sui benefici che questa terapia potrebbe avere su altri tipi di ferita, come le piaghe da decubito e le deiscenze di ferita chirurgica.

ULCERE DELLE GAMBEIl dispositivo NATROX ha dimostrato buoni risultati nella gestione delle ulcere venose alle gambe (Tabella 3, pagina 11). Il dispositivo può essere usato in tutti i pazienti con ulcere venose alle gambe, anche in combinazione con terapia compressiva e in presenza di edema o atrofia bianca. Potrebbe anche essere usato su ferite ischemiche o a eziologia mista.

Una recente meta-analisi ha rilevato che la prevalenza di biofilm nelle ferite è del 78,2% (Malone et al, 2017). Siccome la terapia a ossigeno incrementa l’attività antibatterica, potrebbe essere particolarmente utile nella cura di infezioni e sospetti biofilm nelle ulcere croniche degli arti inferiori. Il biofilm è comune nelle ulcere venose alle gambe è può fungere da precursore di infezioni, rallentando il processo rigenerativo. Quindi la prevenzione e rottura del biofilm è un elemento chiave nella cura delle ferite croniche (Phillips et al, 2010). Fattori di rischio dovuti al biofilm e il conseguente ritardo nella riparazione delle ulcere venose alle gambe comprendono ischemia dei tessuti e necrosi (anche se questi sono rari nelle ulcere venose alle gambe), scarsa nutrizione e comorbilità che indeboliscono le funzioni immunitarie. Pazienti affetti da ulcere venose alle gambe con questi fattori di rischio sono potenzialmente dei buoni candidati all’utilizzo di NATROX.

I pazienti con ulcere venose alle gambe presentano ripetuti cicli di ulcera, guarigione e recidiva (Wounds UK, 2016). Un’ulcera venosa alle gambe cronica può impiegare settimane o mesi a guarire e la recidiva è un problema ricorrente: il tasso di recidiva in un periodo di 12 settimane è stimato tra il 18% e il 28% (Ashby et al, 2014). Di conseguenza, le condizioni della pelle e la qualità delle cure in pazienti affetti da ulcere venose alle gambe sono un problema significativo. I miglioramenti nella qualità del collagene prodotto durante la terapia a ossigeno topico potrebbero essere di supporto alle cuti fragili che sono frequentemente soggette a recidiva.

Le indicazioni per l’uso nelle ulcere degli arti inferiori riguardano i pazienti con ulcere non infette o con infezioni localizzate in ulcere non venose degli arti inferiori e con bassi valori di ABPI. Si raccomanda ai medici di valutare l’uso di NATROX e di utilizzare l’approccio della “sfida delle 6 settimane” (pagina 14): se non vi sono miglioramenti dopo 6 settimane, il trattamento deve essere interrotto; se invece vi sono dei miglioramenti valutare il proseguimento dell’uso di NATROX per un periodo di trattamento definito.

Inoltre, in pazienti con ulcere degli arti inferiori e valori normali di ABPI, laddove non vi sia un miglioramento durante un periodo di 6 settimane, o dove il miglioramento sia lento (ad esempio, una riduzione dell’area di ferita inferiore al 40% nel corso di 6 settimane), il dispositivo NATROX deve essere valutato come nuovo metodo di terapia. In ogni caso, NATROX deve essere utilizzato assieme a trattamenti standard come il debridement, l’elastocompressione e il microambiente umido.

FERITE CHIRURGICHE E DEISCENZE ADDOMINALILa maggior parte degli interventi chirurgici ha come risultato la rottura della naturale barriera protettiva della pelle, aumentando il rischio di contaminazione batterica e altre complicazioni (Milne et al, 2012). Le complicazioni delle ulcere post operatorie comportano una significativa

Indicazioni per l’uso su altre ferite

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morbilità e mortalità, nonché l’incombenza di costi aggiuntivi, ma la maggior parte di esse può essere prevenuta. L’infezione del sito chirurgico è la più comune, seguita dalle vesciche post operatorie e dalla deiscenza (Mline et al, 2012).

NATROX può essere utilizzato in caso di deiscenza di ferite addominali e potrebbe essere particolarmente utile in casi in cui vi è probabilità di estesa cicatrizzazione. In ulcere post operatorie l’eventualità di un miglior collagene potrebbe essere utile al processo di riparazione e per limitare la cicatrizzazione ottimizzando la perfusione, ad esempio nelle ustioni, nelle incisioni ortopediche ad alto rischio (specialmente in protesi di anca e ginocchio), ulcere da amputazione e ferite da chirurgia bariatrica. Può anche essere utile nella prevenzione delle infezioni.

CONSIDERAZIONI GENERALI Valutando NATROX per la cura di ogni tipo di ferita, l’Expert Working Group ha suggerito che bisognerebbe tenere in considerazione potenziali fattori di rischio che ritardano la guarigione, specialmente quelli che causerebbero un’ipossia dei tessuti, come deficienze respiratorie (o cardiache) o malattie vascolari (casella 2). Le controindicazioni a NATROX sono elencate nella casella 3.

CASELLA 2: Fattori da tenere in considerazione prima della terapia a ossigeno topico

■■ Diabete

■■ Malattie cardiache, respiratorie o vascolari

■■ Utilizzo prolungato nel tempo di certi farmaci (es. steroidi)

■■ Età avanzata

■■ Fumatori attivi

■■ Pazienti bariatrici

■■ Storia di ricorrenti ulcere e/o rottura della pelle e/o ferite

■■ Aumento del rischio di cicatrizzazione patologica

CASELLA 3: Controindicazioni a NATROX

Il sistema NATROX è controindicato nei seguenti casi:

■■ Ulcere trattate con unguenti o creme topiche

■■ Ulcere con debridement non adeguato

■■ Ferite con fistole profonde o sottominature o con tessuto osseo esposto

■■ Pazienti incapaci di tollerare medicazioni occlusive/adesive

■■ Ferite o ulcere potenzialmente neoplastiche

PUNTI DI CONDIVISIONE SUL TRATTAMENTOÈ stato concordato sia dai pazienti che dai medici che NATROX sia facile da utilizzare e non ingombrante. Generalmente, membri dell’Expert Working Group con esperienza con NATROX hanno dato feedback positivi, specialmente in vista di miglioramenti notevoli della guarigione e di aspetti che influivano sulla qualità di vita del paziente come il dolore, l’odore e la gestione dell’essudato (vedi casella “Cosa aspettarsi dal trattamento” pagina 18).

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La terapia a ossigeno topico verrà generalmente utilizzata come terapia aggiuntiva in concomitanza con altri trattamenti e medicazioni ed è importante che venga usata correttamente al fine di ottimizzare il trattamento.

PREPARAZIONE DEL LETTO DELLA FERITAAffinché la terapia NATROX funzioni correttamente, è necessario che l’elemento di distribuzione dell’ossigeno sia a contatto diretto con l’ulcera e che tutte le barriere fisiche che ne impediscano l’efficacia vengano rimosse. Un debridement appropriato e una corretta preparazione del letto della ferita sono elementi chiave per un utilizzo efficace della terapia a ossigeno topico.

SELEZIONE DELLE MEDICAZIONI È importante selezionare una medicazione secondaria appropriata da usare in concomitanza con il dispositivo. La medicazione serve per proteggere la ferita, assorbire l’essudato, promuovere il comfort e mantenere il sistema in posizione.

È consigliata una medicazione non aderente e occlusiva, anche se ferite più grandi o umide potrebbero richiedere medicazioni più assorbenti. Evitare prodotti a base di gel, in quanto potrebbero interferire con la diffusione dell’ossigeno.

Consigli per la terapia NATROX: cose da fare e da non fare

Da non fare: usare in concomitanza con creme o simili, in quanto possono bloccare l’assorbimento di ossigeno

Da fare: considerare il posizionamento del tubo per ridurre il rischio di potenziali danni da pressione; assicurarsi che il tubo sia lontano dal paziente e che la pelle circostante sia protetta

Da fare: assicurarsi che l’elemento di diffusione dell’ossigeno sia a contatto diretto con il letto della ferita e che un debridement appropriato abbia rimosso tutte le barriere

Da fare: scegliere le medicazioni appropriate

Da fare: considerare il proseguimento del trattamento per un breve periodo dopo la chiusura della ferita

Cosa aspettarsi dal trattamento NATROX basandosi sull’esperienza clinica

■■ Come risultato del trattamento, le ferite si potrebbero allargare prima dell’inizio del processo di guarigione e i livelli di essudato potrebbero aumentare. Approssimativamente il 50-60% delle ulcere trattate con l’ossigeno topico ha evidenziato un aumento dell’area prima di incominciare a guarire e rimpicciolirsi.

■■ È importante notare che i livelli di fluidi/essudato aumentano nelle prime 2 settimane dall’inizio del trattamento con ossigeno topico, è quindi consigliabile aumentare la frequenza di cambio della medicazione per evitare macerazioni. Ad esempio, se precedentemente le medicazioni venivano cambiate 2 volte a settimana è consigliabile aumentare a 3 volte a settimana finché i livelli di essudato non diminuiscono. La parte soggetta ad usura del NATROX, il sistema di diffusione dell’ossigeno (ODS), deve essere sostituita a ogni sostituzione della medicazione.

■■ In principio si è osservato un cambio nell’aspetto del tessuto granulato; il tessuto potrebbe cambiare/scurirsi, rassomigliando un tessuto di ipergranulazione, prima di trasformarsi in tessuti di buona qualità con la guarigione.

■■ Molti gruppi hanno riportato in via aneddotica una riduzione del dolore durante l’utilizzo della terapia a ossigeno topico, anche se formalmente non vi sono ancora pubblicazioni a riguardo. Nelle ulcere venose alle gambe questo potrebbe essere utile al fine di far accettare ai pazienti la terapia compressiva

NATROX: Consigli per l’uso

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Il ruolo centrale dell’ossigeno nella cura delle ferite è da tempo riconosciuto e le innovazioni nel metodo di somministrazione marcano un potenziale nuovo sviluppo nell’applicazione della terapia a ossigeno topico.

Prove iniziali e casi clinici indicano un promettente utilizzo di NATROX come sistema di diffusione di ossigeno topico. Il suo formato portatile e leggero potrebbe aumentare l’accettabilità e il comfort dei pazienti.

L’esperienza nell’utilizzo di NATROX su ulcere del piede diabetico potrebbe essere estrapolata e adattata a una gran varietà di altre ferite, oltre che essere sviluppata al fine di aiutare la prevenzione nei pazienti con fattori a rischio e ridurre il rischio di recidiva in pazienti con cute fragile.

I suoi effetti positivi sui tempi di cura, i tassi di infezione e la qualità della guarigione potrebbero avere una varietà di benefici, come tempistiche e costi ridotti per i medici, oltre che a vantaggi nell’esperienza dei pazienti e nella loro qualità di vita.

Sommario

Potenziali sviluppi futuri

■■ Sviluppo del ruolo di NATROX per evitare rivascolarizzazioni o amputazioni

■■ Sviluppo del ruolo di NATROX per evitare cronicizzazione nelle ulcere degli arti inferiori

■■ Sviluppo del ruolo di NATROX per migliorare l’ossigenazione e favorire la cicatrizzazione in ferite

chirurgiche a rischio

■■ Sviluppo del ruolo di NATROX nella chirurgia plastica per aumentare l’adesione dei graft e gli interventi di

ricostruzione mammaria

■■ Sviluppo del ruolo di NATROX per il trattamento delle cisti pilonidali

■■ Utilizzo di NATROX in contemporanea o a seguito del trattamento con pressione negativa.

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