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GUIDA ALLE ALPI ORIENTALI di John Ball Cap. XVI Sudtirolo e Alpi Venete da e Alpine Guide, part III A Guide to the Eastern Alps Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla Montagna

Eastern Alps

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A Guide to Eastern Alps

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GUIDA ALLE ALPI ORIENTALI

di John Ball

Cap. XVI Sudtirolo e Alpi Venete

da The Alpine Guide, part IIIA Guide to the Eastern Alps

Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla Montagna

Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla MontagnaP.zza Mercato 26 - 32100 Belluno - Tel. 0437.948446

www. angelini-fondazione.it - Email [email protected]

Provincia di Belluno

Comuni di:Borca di CadoreSan Vito di CadoreSelva di CadoreVodo di CadoreZoppè di CadoreZoldo Alto

Comunità MontanaCadore Longaronese Zoldo

Comunità Montanadella Valle del Boite

GUIDA ALLE ALPI ORIENTALI

di John Ball

Cap. XVI Sudtirolo e Alpi Venete

da The Alpine Guide, part IIIA Guide to the Eastern Alps

Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla Montagna

Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla MontagnaP.zza Mercato 26 - 32100 Belluno - Tel. 0437.948446

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Comunità MontanaCadore Longaronese Zoldo

Comunità Montanadella Valle del Boite

GUIDA ALLE ALPI ORIENTALIdi John Ball

Cap. XVI Sudtirolo e Alpi Venete

daThe Alpine Guide, part III

A Guide to the Eastern Alps by John Ball, F.R.S. M.R.I.A. F.L.S.,

late president of the Alpine ClubLondon, Longmans, Green & Co., 1868, 1st ed.

a cura di Ester Cason Angeliniprogetto grafico e impaginazioneEvidenzia immagine&comunicazioneBelluno

© 2007, Fondazione Giovanni Angelini - Centro Studi sulla Montagna

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PREMESSA

Il viaggio nelle Alpi Orientali (cap. XVI della Guida) e quindi nel ter-ritorio bellunese, che qui viene considerato, fu compiuto da John Ball in fasi successive, negli anni 1857 (ultima decade di settembre, con la descrizione del Pelmo e della Val di Zoldo), 1860 (salita della Marmolada di Rocca), 1865 (vi-sita alle Carniche - Giulie e alle Dolomiti di Brenta, salita della Cima Tosa) e 1867 (Feltrino e Primiero, salita della Cima d’Asta). Dopo la descrizione della bassa valle dell’Adige (sez. 57) e della regione di Recoaro (sez. 58), l’autore si sofferma a descrivere dettagliatamente gli itinerari alpinistici ed escursioni-stici della valle del Brenta, nella sez. 59, che riproponiamo all’attenzione dei lettori in versione italiana, nei percorsi attinenti al Feltrino, in relazione col Primiero, o negli accessi all’Agordino, dall’attuale provincia di Trento, trami-te i passi alpini.

Questa parte offre al lettore immagini fantastiche e insieme informazio-ni precisissime di molte catene o gruppi montuosi, quali le Pale di San Mar-tino e le Vette Feltrine, in un tempo che precede l’avvento del turismo. Dopo la sez. 60, che si sofferma sulla regione di Fassa e sulla Marmolada, grande rilievo viene dato alla così denominata “regione del Cadore”, nella sez. 61, che contiene descrizioni superbe delle Dolomiti di Ampezzo, di Sesto, del Cadore con il Comelico, e di Zoldo, senza tralasciare la valle del Cordevole o quella del Tagliamento. Nell’opera è anche contenuta, a pag 471, una carta di grande interesse per la nostra provincia, in cui il nome dolomiti compare per la prima volta inciso su carta, dopo che gli scrittori inglesi J. Gilbert e G. Ch. Churchill alle Dolomiti avevano dedicato un importante volume nel 1864. Si tratta del-la carta “The Dolomite Alps of South Tyrol”1, ad opera dell’incisore Edward Weller, che viene qui riportata in copertina e a pag. 70.

E’ piacevole leggere a pag. 67 le note sull’ascensione al Pelmo, la prima salita in termini alpinistici, avvenuta il 19 settembre 1857, a partire da Borca di Cadore; nei giorni successivi, John Ball avrebbe percorso la strada impervia da Forni Avoltri a Cima Sappada e, di ritorno da Sappada e dal Comelico, si sarebbe diretto ad Auronzo e per la Val d’Ansiei (tutti luoghi descritti come

1 Va ricordato che il Veneto era, negli anni di viaggio dell’autore, ancora sotto la dominazione austriaca e considerato quindi parte del Tirolo, fino al 1866.

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affascinanti), per raggiungere il 23 settembre Cortina, che viene definita “il centro naturale” della regione, e che era allora un piccolo villaggio di poche case e qualche fienile, con una chiesa imponente, come appare nel disegno di Gilbert riportato a pag. 38. Josiah Gilbert e G. Cheetan Churchill (v. nota 3) furono di grande aiuto per John Ball, nella compilazione della Guida, con le loro accurate descrizioni, accompagnate da schizzi ed acquerelli preziosi: ma egli li precedette nel primo, per noi importante, viaggio del 1857, che aperse la via alla conoscenza del Pelmo.

Ampi resoconti dei viaggi di John Ball, non solo tratti dalla Guida, in-sieme ad un profilo completo della figura dell’alpinista-scienziato2 irlandese e degli alpinisti a lui contemporanei, con note molto accurate, sono contenuti in Pelmo d’altri tempi di Giovanni Angelini, Nuovi Sentieri 1987, cui si rimanda, che, insieme con Civetta, per le vie del passato, rimane l’Opera completa, ed insuperabile, sull’alpinismo ai primordi nelle nostre Dolomiti.

Il libretto viene stampato in occasione delle celebrazioni del 150° an-niversario della prima salita alpinistica del Pelmo. Nella traduzione, è stato seguito il criterio della fedeltà allo stile ottocentesco dello scrittore, con tradu-zione letterale, avendo cura di riportare, tra parentesi quadre, alcuni toponimi corretti e qualche riferimento geografico. Sono state omesse le parti del cap. XVI della Guida non attinenti alla provincia di Belluno o di scarso interesse alpinistico.

2 John Ball fu anche eminente botanico e molte descrizioni della Guida Alpina contengono do-cumentazione interessante sulla flora di alta quota esistente nella nostra regione. Nel capitolo qui considerato sulle Alpi Orientali, egli dimostra di conoscere anche la geografia e la geologia del territorio attraversato e di possedere una cultura sorprendente, considerando la precocità del periodo di stesura della guida.

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INDICE

Sezione 59 Valle del Brenta Route D da Bassano a Feltre per il Monte Grappa Route E da Bassano a Primiero per Primolano e Fonzaso Route H da San Martino di Castrozza a Borgo di Val Sugana.

Salita della Cima d’Asta Route K da Agordo al Primiero per il Passo della Cereda Route L da San Martino di Castrozza a Cencenighe

Sezione 60 Regione di Fassa Route A da Trento a Caprile per la valle di Fiemme e Fassa.

Salita della Marmolata

Sezione 61 Regione del Cadore Route A da Brunico a Conegliano per Cortina d’Ampezzo Route B da Cortina d’Ampezzo a Schluderbach per il Monte Cristallo Route C da Cortina a Belluno per Agordo Route D da Feltre a Forni Avoltri in Friuli Route E da San Stefano a Cortina per Auronzo. La Croda Malcora Route F da San Vito a Pieve di Cadore. Il Monte Antelao Route G da San Vito a Longarone per la Val di Zoldo. Monte Pelmo. Monte Civetta

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Sezione 59Valle del Brenta

Route DDa Bassano a Feltre attraverso il Monte Grappa (da 9 a 10 ore di cammino, escluse le soste)

Il viaggiatore che non disdegna una lunga passeggiata diurna, può go-dere di diversi scenari e di una vista molto bella, seguendo la via diretta da Bassano a Feltre, attraverso la sommità del Monte Grappa (5,817 piedi), la cima più alta della catena esterna delle Alpi [Prealpi] che si eleva al di sopra della pianura veneta. Essa si rivela interessante anche per il botanico, che può raccogliere molte piante rare caratteristiche di questa regione. Se l’escursione parte da Bassano, si consiglia di muoversi presto, poiché l’ascesa delle lunghe e scoscese pareti del Grappa, col sole a picco, è piuttosto faticosa. La via più facile è quella che procede da Borso, un villaggio che si trova sulla sinistra della strada per Possagno, non distante da Bassano; ma il botanico e l’alpinista preferiranno una mulattiera alquanto più ardua che sale la ripida parete sud della montagna, da Crespano. La vetta domina un suggestivo panorama alpi-no verso nord, ma più interessante è la vista a sud, poiché la cima sovrasta la maggior parte della pianura di Venezia e non esiste punto migliore per osser-vare le lagune che, col bel tempo, sono visibili come su di una carta geografica. Il monte Cesen [Cesén], che si eleva ad est del Piave, si situa alla stessa distanza da Venezia; ma è più basso di 700 piedi.

La via più breve dalla cima del Grappa a Feltre consiste nel continuare diretti verso nord finché non si arriva alla Val di Seren, una lunga gola che corre a nord-est e che riceve le sue acque dal torrente Stizzone [Stizzón]. Da lì in poi un sentiero accompagna il torrente nel suo corso. Lo Stizzone è il prin-cipale dei diversi torrenti che, congiungendosi nei pressi di Feltre, formano la Sonna. Raggiunto il villaggio di Seren [del Grappa] (1,268 piedi), vicino all’imbocco della gola dove il torrente piega ad est verso Feltre, il viaggiatore può seguire un sentiero lungo la riva destra, ma c’è una via più breve che porta alla riva opposta e di lì alla strada principale, a circa 5 miglia da Feltre.

Un accenno alla strada da Primolano a Feltre si trova descritta nella Route seguente.

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Route EDa Bassano al Primiero attraverso Primolano e Fonzaso (carrareccia fino a Fonzaso, mulattiera fino a Pontetto, carrareccia di qui al Primiero)

La bella valle di Primiero deve aver acquistato celebrità al giorno d’og-gi, nonostante rimanga in disparte rispetto alle direzioni seguite dai turisti comuni, e si presenta come relativamente difficile da raggiungere soprattutto dal lato meridionale. Il governo austriaco ha deciso di recente di costruire una strada militare che va da Predazzo alla Val di Fiemme, e ciò aprirà la valle ai viaggiatori di qualsiasi classe sociale; ma, anche senza tale facilitazione, non vi è ostacolo alcuno al fatto che i turisti inglesi possano prendere confidenza con una delle più belle - secondo chi scrive, la più bella - valli delle Dolomiti. I viaggiatori inglesi hanno un debito nei confronti dell’interessantissima pub-blicazione dei signori Gilbert e Churchill3, cui spesso si farà riferimento nei capitoli successivi. Il montanaro desidererà ulteriori informazioni riguardo alle cime più elevate che “incontrerà” leggendo quel volume. Sia chiaro che nonostante sia la più diretta, la via descritta in questa Route, rappresenta an-che la via per certi versi più difficile per i montanari apprensivi: a causa della ripidità e impervietà del sentiero percorribile solo a cavallo tra Fonzaso e la frontiera tirolese, non si troveranno a proprio agio a percorrerlo, seppur per poche miglia. La strada più facile è senza dubbio quella che passa per Agordo, di cui si rende conto nella Route K.

A Primolano, dove la strada per Feltre lascia la direzione principale della Val Sugana (Route A), la strada nuova risale, per una lunga serie di zig-zag, l’alquanto ripido ma breve pendio che permette di portarsi al livello dell’ampia valle che si estende fino a Feltre, rappresentando il prolungamento orografico della valle del Piave. Il geologo troverà difficile conciliare il corso attuale dei fiumi, qui, così come in altre parti delle Alpi orientali, con la visione di coloro che attribuiscono la formazione delle valli e dei rilievi ora esistenti soprattutto all’azione erosiva sotterranea. La nuova strada è conosciuta come “La Scala di

3 J. Gilbert e G.Ch. Churchill compirono numerosi viaggi nell’area qui considerata negli anni 1858 e 1861, 1862, 1863 e descrissero in modo estremamente preciso gli itinerari (corredati an-che di disegni e preziosi acquerelli ad opera di Gilbert) nel volume “The Dolomite Mountains” London, Longman, Green, Longman, Roberts & Co. 1864 (traduzione italiana “Le Montagne Dolomitiche”, Trieste, M. Bolaffio edit e Sez. CAI di Fiume, 1981): per primi essi adottarono il nome “Dolomiti” nel descrivere i picchi rocciosi, che attualmente sono riconosciuti come tali, nel Bellunese e nel Trentino-Alto Adige.

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Primolano”, ma il nome La Scala fu dato nel passato ad un castello contiguo eretto dagli Scaligeri ed ora in rovina. Una volta raggiunta la sommità a Fastro (1,160 piedi), la strada attraversa un piano roccioso ondulato, senza incontrare alcun torrente da entrambe le parti, oltrepassa il paese di Arsié (1,076 piedi) e discende per circa 150 piedi per incontrare il Cismone [Cismón]. Questo torrente, che sgorga dalla gola sopra Fonzaso, di cui si riferisce più avanti, at-traversa l’ampia valle e scompare poi verso sud attraverso le ancor più strette gole, da cui fuoriesce a Cismone [Cismon del Grappa] (Route A). La strada per Feltre segue una direzione nord-est per un breve tratto, poi piega verso est, su-perando il livello, prossimo, della vallata che sembra essere stata parzialmente riempita da depositi sedimentari recenti, di origine marina o di origine fluvia-le. A dispetto della supposizione di alcuni geologi che la valle del Piave da qui a Belluno fosse una volta un lago, si potrebbe obiettare che i depositi di ghiaia che coprono la superficie, o che rimangono sotto forma di terrazzi ai fianchi della valle, anche se al primo sguardo sembrano allo stesso livello, non sono in realtà proprio orizzontali. (Dal punto in cui la strada per Fonzaso lascia la direzione principale, la distanza da Feltre è di circa 8 miglia. Poco dopo Arten lo Stizzone proveniente dal Grappa, si butta nella valle per voltare, poi, verso est. Dopo aver ricevuto alcuni torrenti minori, assume, dopo Feltre, il nome di Sonna, e infine si congiunge con il Piave in prossimità di Sanzan (737 piedi)).

La diligenza da Primolano a Feltre solitamente compie una deviazione di circa 1 miglio e ½ per Fonzaso, un grosso villaggio con una misera locanda rurale (Sant’Antonio) e un’altra (da Angelo), che forse merita la preferenza. Fonzaso si situa alla base dei ripidi margini rocciosi del Monte Avena, dove si produce un vino forte, piuttosto aspro di cui c’è molta richiesta.

Qui vi è una strada, compatibile con una piccola carrettina, che da Fon-zaso porta a Lamon (2,060 piedi), un villaggio posto sopra la riva destra del Cismone, a sole 6 miglia dal confine tirolese. Scrivendo a Primiero, o facendo-si precedere da una richiesta scritta, è possibile avere a disposizione un veicolo per attraversare la frontiera. Ma il sentiero da Lamon attraversa la gola del Cismone, con conseguenti salite e discese; oltre a ciò, le autorità doganali ita-liane richiedono che i bagagli attraversino la frontiera a Zorzoi. Quindi quasi tutto il traffico passa dal fianco sinistro del Cismone e dalla cosiddetta Via dello Schener, da Zorzoi a Pontett [Pontét]. Non è facile trovare muli adatti alle signore a Fonzaso, del resto la strada è in buon parte talmente impervia che esse farebbero meglio ad andare a piedi, se possibile. L’iter migliore da seguire per coloro che non possono farlo, è scrivere in precedenza a Primiero

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per ordinare uno o più cavalli al proprietario dell’Aquila Nera. Ciascun ca-vallo potrebbe procedere attaccato ad una carrettina (piccolo veicolo per due passeggeri più il guidatore) fino alla frontiera, ed essere usato come mezzo di passaggio tra quel luogo e Fonzaso. Bonetti, il signore della locanda [Aquila Nera] sopra menzionato, promette di rifornirsi per il futuro almeno di una sella per signore.

Lasciando Fonzaso, il viaggiatore non dovrebbe tentare di imboccare il sentiero vicino al fianco sinistro del Cismone, ma seguire invece la stretta carraia lungo il margine della collina finché, dopo meno di un miglio, non giungerà ad una gola chiusa tra rocce scoscese sulle quali cresce abbondante la Phyteuma comosum. La gola si apre di lì a poco e la strada scende subito verso un nuovo ponte sul Cismone, da cui sale a Lamon. La strada per Zorzoi si tiene sul lato est della valle e monta su da presso il ponte fino ad un punto elevato, con un dislivello di 1,800 piedi, da cui per la prima volta si può avere una visione complessiva delle montagne circostanti. Si è visto come il bacino, che si estende verso nord per 3 o 4 miglia , sia stato, in un periodo relativamen-te recente, riempito a una grande profondità (di almeno 500 piedi) con terra alluvionale e ghiaia alluvionale e da allora il Cismone, con gli altri torrenti minori, ha scavato profonde gole attraverso questo materiale incoerente. La presenza di massi caduti dalle pareti delle valli del Cismone e del Vanoi sulla superficie del pianoro dimostra che il ghiacciaio, che un tempo doveva riem-pire la vallata inferiore, non è riuscito a spianare o a scavare in profondità il deposito su cui era avanzato.

Il viaggiatore si trova ben presto a fronteggiare gli esiti più evidenti dei fenomeni geologici sopra riportati. Il torrente Ausore [Ausór], proveniente dalle Vette di Feltre [Vette Feltrine], attraversa proprio la sua strada così che si rende necessaria una ripida discesa per un orribile sentiero roccioso e una ascesa poi di circa 700 piedi per raggiungere il paese di Sorriva (1,982 piedi). Questo passaggio è particolarmente duro per le bestie da soma, e la maggior parte di un’ora viene spesa nel percorrere una distanza non superiore a mezzo miglio in linea diretta. Da Sorriva a Zorzoi si compie una passeggiata molto piacevole su di un plateau con bella vista sulle montagne circostanti e con apparizioni occasionali dell’orrido scavato dal Cismone. La montagna che si trova dal lato opposto della valle, a nord di Lamon, è il Monte Coppolo, talora visitato dai botanici, ma la cui flora non è paragonabile a quella delle Vette di Feltre, alcune delle quali sono visibili non molto lontano, verso destra.

Zorzoi è l’ultimo paese dalla parte italiana della frontiera e perciò stazio-

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ne doganale. Ha un’osteria molto povera. Il plateau diluviale sul quale passa il tracciato, per un certo tratto, è stato scavato da torrenti e scompare nel punto in cui la valle, a nord di Zorzoi, si restringe gradualmente fino a divenire una gola. Il sentiero di passaggio monta dolcemente lungo il pendio e viene por-tato quasi a livello per una distanza considerevole. Presso il punto più alto raggiunto, il sentiero sorpassa la torre in rovina dello Schener [Schenèr], una volta usata per riscuotere il dazio dai passanti, che ha dato il nome alla strada. Il sentiero non si può definire brutto ma, dato che è piuttosto stretto e spes-so su rocce precipiti quasi sospese sopra il letto del Cismone, un viaggiatore apprensivo non si trova a proprio agio nel superare quel passaggio. Vicino a Schener, sale una strada da Lamon per raggiungere la nostra4.

Un torrente da destra ha scavato un solco profondo sul fianco della mon-tagna [il Rosna, che forma la Val Rosna] e il sentiero è forzato a compiere un circuito considerevole e con qualche saliscendi, di qui in avanti, fino a rag-giungere il livello del Cismone. Lo scenario è a dir poco affascinante. Per un po’ di tempo il viaggiatore ha davanti a sé il Monte Tatoga [Totoga], dalla forma di un gigantesco cuneo, tagliato fuori dalle montagne da entrambi i lati, con una fenditura profonda. Dalla parte occidentale, sgorga il Vanoi, che discende da Caoria (v. Route H), mentre il Cismone bagna abbondantemente il suo basamento orientale. A circa ½ miglio dalla confluenza dei due torrenti, il sentiero, che si tiene sempre sulla parte sinistra del Cismone, raggiunge la frontiera, denominata Pontetto, per la presenza nel luogo di un piccolo ponte di pietra che sormonta un torrente, il quale sgorga a sua volta da una gola sul lato destro [Val Cesilla].

[...]5. Il Primiero divenne famosa nel XV-XVI secolo per le sue miniere d’argento, ora esaurite. L’unica traccia della sua passata ricchezza è rappresen-tata da una massiccia offerta votiva d’argento, 2 piedi d’altezza, presentata dai minatori alla chiesa parrocchiale: quest’ultima vale una visita, rappresentando un esempio precoce di architettura tedesca a guglia. Dalla parte opposta a La Fiera [Fiera di Primiero] sulla riva orientale del Cismone, si trova il paese di

Transacqua, con annesso il gruppo di casolari di Ormanico: la chiesa parrocchiale contiene un dipinto di San Marco, la cui testa viene attribuita a Tiziano.

4 Probabilmente la mulattiera che dal villaggio di Roe (di Sovramonte), attraversato il Cismon sale al paese di Pugnai (di Lamon) e, di qui, traversando in direzione sud, raggiunge Lamon

5 L’Autore, dopo breve descrizione della frontiera, del gruppo di case di Tauferi, di Imèr, Mez-zano e Fiera di Primiero, si sofferma sull’intero Primiero e la Valle di Primiero

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Il Cimon della Pala e la Cima Vezzana, D.W. Freshfield, da Le Alpi italiane: schizzi delle monta-gne del Trentino, trad. da Italian Alps (2 vol.), Trento, Soc.Alpinisti Tridentini 1971

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Miniere di ferro sono ancora lavorate a Primiero, ma il costo crescente del combustibile e del trasporto, in una valle inaccessibile per trasporti su ruota, porterà probabilmente alla loro chiusura.

Persuaso che fra non molto questa diverrà una delle risorse per gli aman-ti dei grandi scenari di montagna, chi scrive aggiunge una breve descrizione della valle, e una nota su alcune possibili escursioni non incluse nelle Routes che seguono.

La Valle di Primiero, dalla base del Monte Tatoga a Siror e Tonadico, i villaggi più elevati, è racchiusa da entrambi i lati da catene relativamente basse, arrotondate e coperte di pini. Quella a nord-ovest è formata da ardesia e in un punto, non lontano dalla strada per Canale, il granito fa la sua appa-rizione in superficie. La catena opposta, chiamata col nome complessivo di Monte Tase6, è parzialmente formata da calcare, e in parte da rosso porfirico, di cui è costituita la massa scabrosa che si erge ad est di Transacqua. Subito sopra il paese di La Fiera, la valle si divide. Il ramo principale del Cismone che proviene quasi direttamente da nord, riceve un torrente da nord-est , che sgorga dalla Val di Canale [Val Canali]. Nella forcella tra questi due rami, si erge un gruppo meraviglioso di cime dolomitiche, che è destinato a rende-re questa valle una delle più straordinarie valli montane. Le diverse forme fantastiche che la roccia assume altrove vengono qui sorpassate in prestanza e singolarità. Delle 5 o 6 più elevate, tutte oltre i 10,000 piedi di altezza, ve n’è una sola che sembra accessibile. Le altre sono formate da mere torri o da obelischi di roccia, con facciate assolutamente verticali, o altrimenti, come è il caso del picco più alto, a forma di parete in rovina, bruscamente spaccata alla fine e con fenditure a intervalli frequenti lungo la catena, abissi che ap-paiono del tutto insuperabili. Nelle scalate, non è mai conveniente dichiarare un luogo impraticabile fino a prova contraria. Strette cenge e fessure formano terreno di appoggio per lo scalatore prestante, ma l’impressione di chi scrive riguardo ai picchi del Primiero è confermata da quella di due tra gli alpinisti più esperti, i signori F.F. Tuckett e Melchior Anderegg. Dato che la maggior parte delle montagne più alte si trova qui quasi allineata lungo una direzione nord - sud, la loro visione non è facile dal punto di vista di Primiero. Una sola, il Sas Maor [Sass Maór] - la cima più meridionale del gruppo - è sufficiente a richiamare l’attenzione del visitatore. Una cima molto più bassa - Cima Cime-do [Cimerlo] - che si può paragonare ad un massiccio contrafforte, coronato da centinaia di pinnacoli, si erge davanti, tra chi guarda e il Sas Maor; ma dal 6 probabilmente Caltene

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momento che quest’ultimo troneggia al di sopra, a grande altezza, l’effetto generale è più impressionante che dagli altri punti di vista. Non vi è alcuna informazione, per lo meno stampata, sull’altezza di questi monti. Non vi è dubbio che il Cimon della Pala, in parte visibile da Primiero, alla testata della valle principale nel lato destro, sia il picco più alto. La misura che proviene dal Kataster austriaco [Catasto] è di 10,643 piedi, mentre la misura attribuita dalla stessa fonte alle Palle di San Martino [Pale di San Martino], non visibili da Primiero, è di 10,969 piedi7. E’ possibile che l’errore qui provenga da una trasposizione di nomi: dato che, stando a quella supposizione, i numeri corri-spondono esattamente all’altezza relativa di quelle cime. La Cima di Fradusta a sud-est delle Palle di San Martino, è circa della stessa altezza, mentre una sommità estesa e ben appuntita più avanti verso est, visibile da Primiero sopra la Val di Canale [Val Canali] potrebbe essere più elevata di qualche piede. La cima est alla testata della Val di Canale è la Croda Grande (“Sasso di Campo” in qualche carta) di 9,091 piedi di altezza secondo il Kataster suddetto, ma più alta di 700 - 800 piedi. La cima del Sas Maor scende un po’ più in basso nella classifica, rispetto alle compagne, ma l’altezza attribuitale (8,238 piedi) nella seconda edizione di Schaubach è assolutamente ridicola, dato che non si può abbassare sotto il limite dei 10,000 piedi. Alcune cime dolomitiche che altrove attirerebbero l’attenzione si ergono sopra la testata della Val Asinozza [Val Giasinozza, loc. Giasenoza]. La più alta è apparentemente quella chiamata Il Piz, il picco, per antonomasia8. Nella direzione opposta, esattamente ad ovest di Primiero, si eleva la massa granitica della Cima d’Asta (Route H), che balza alla vista ogni volta che il viaggiatore si alza abbastanza per sorvolare con lo sguardo la catena che circonda la valle da quella parte. E’ strano come la cre-denza popolare quanto alla supremazia di questo picco, si estenda anche fra gli abitanti che vivono ai piedi di cime molto più elevate.

Pochi posti offrono una varietà maggiore di Primiero quanto ad escur-sioni di grande interesse. Gli stranieri non devono aspettarsi di trovare qui guide professionali; ma vi sono molti uomini che conoscono bene i dintorni, e che si accontentano di una retribuzione modesta. Il migliore è certamente Giuseppe Brentel. Uno di questi, piuttosto anziano, col soprannome di Moide-

7 L’autore salì una cima, poi detta Cima di Ball, da lui quotata 2.893 m, successivamente cor-retta in 2.802. Essa era prima chiamata Cima di Sopra Ronz (o Sora Ronz), come scrive Ettore Castiglioni nella Guida delle Pale di San Martino del 1935, a pag. 210

8 Piz de Sagrón, m 2486, in realtà la cima più alta del gruppo è il Sass da Mura , m 2522, ma è il Piz de Sagrón che chiude a nord-est la testata della Val Giasenozza

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le, che è talvolta raccomandato agli stranieri, conosce bene il territorio, ma è incapace di tenersi al passo anche del più modesto camminatore. Due caccia-tori entrambi di nome Colesel meritano anch’essi considerazione. Uno di essi, in particolare, chiamato Colesel Rosso è molto utile come portatore. Questi è un uomo striminzito che non ispira nessuna fiducia all’apparenza, ma onesto e molto forte, in realtà. Sarà in grado di trasportare 50 o 60 libbre di materiali, giorno dopo giorno, su terreno impervio, senza aspettarsi più di 2 fiorini al dì. Tutti gli uomini del circondario sono abituati al trasporto di pesi considerevo-li e si può anche confidare su di un uomo più anziano, che opera come porta-tore tra Primiero e Fonzaso, per il trasporto degli stessi pesi tra quei luoghi.

Un’escursione che non si può evitare partendo da Primiero, una sempli-ce passeggiata, conduce al castello di La Pietra [Castelpietra], cui si fa cenno nella Route K. Una lieve deviazione fino ad un casino di caccia squadrato che si erge vicino all’entrata nella Val di Canale, può dare un’idea dello scenario di quella gola singolare. Questo è la residenza del conte di Welsberg, il rappre-sentante attuale di una antichissima famiglia tirolese, un tempo proprietaria dell’intera vallata.

Un’escursione altamente consigliabile, a portata di escursionisti mode-sti, è quella per la Val Noana. La parte bassa, per una distanza di circa 1 ora di cammino dalla sua imboccatura di fronte a Imer, offre uno spettacolo tra i più suggestivi. Dopo circa 2 ore di cammino, il torrente Noana riceve un affluente che discende dall’Alpe di Neva, dove si trova un grande stabilimento caseario. Questo giace a poca distanza dal Passo della Finestra [Passo Fine-stra], sopra il quale un sentiero tortuoso conduce a Feltre. La gola principale, sopra la giunzione della Neva, è chiamata Val Asinozza, un recesso selvaggio, chiuso ad una estremità dalla nuda roccia dolomitica del Piz e del Monte Asi-nozza9. Il modo migliore per visitare la Val Noana è quello di accedervi per una carrareccia sconnessa, aperta di recente per caricare legname e carbone da legna, che si collega con la strada principale, tramite la vallata di Primie-ro, passando per un ponte nei pressi di Mezzano. Il tracciato si sviluppa per un po’ dappresso al torrente Noana, nelle gole di quel passaggio serrato. Poi comincia ad aprirsi dove il Noana gira verso nord-est, per scorrere parallelo alla valle di Primiero. Se non è preso dalla bramosia di raggiungere l’Alpe di Neva e il Passo della Finestra, il viaggiatore farà bene a imboccare il primo sentiero a sinistra e rimontare la catena del Monte Tase, tenendosi comunque

9 probabilmente la catena costituita dal Piz de Mez, Sass de Mura, Torri di Neva fino al Col S. Piero; dalla parte opposta - nord ovest - le Pale Alte del Palughét

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sul versante di Noana della catena, fino a che non avrà superato il punto di congiungimento dei due rami superiori della catena stessa. Poco oltre il punto in cui sembrerà conveniente penetrare a nord-nord-ovest, attraverso la catena del Monte Tase, per poter ritornare a Primiero, egli troverà un buon sentiero, che si prolunga sempre a livello per una distanza considerevole sopra la Val Asinozza, ad una grande altezza rispetto al torrente. L’alpeggio posto sopra a quella gola è riservato esclusivamente alle pecore e le squisitezze del latte e burro, che il viaggiatore si aspetta di trovare per mezzogiorno, non sono qui disponibili. Ritornando sulla catena del Monte Tase, si può godere di una bella vista della Cima d’Asta e di parte delle Dolomiti di Primiero. Per questa escur-sione si rende quasi necessaria una guida, perché la maggior parte dei sentieri del Monte Tase sono tracciati molto flebilmente, eccetto quello per Mezzano.

Un’altra escursione raccomandata al semplice viandante, è quella che comporta l’ascensione verso ovest da Siror (l’ultimo paese sul Cismone, a meno di 1 miglio da La Fiera) fino al piccolo Lago di Calaita (circa 6,000 pie-di). Questo riposa su di un piccolo plateau, bagnato da un torrente che scorre a sud ovest, attraverso la Val di Lozem [Val Lozen], per raggiungere il Vanoi vicino al villaggio di Canale [Canal San Bovo] (Route G). Il viaggiatore può seguire il sentiero lungo il torrente fino a Prade, ritornando a Primiero attra-verso la Gobera; ma guadagnerà viste più belle seguendo la catena che divide Primiero da Lozem e di qui scende a Mezzano. L’interesse di questa escursione aumenterà qualora egli si porti dal Lago di Calaita alla sommità di Monte Arzon [Cima d’Arzon] (ca. 8,700 piedi ?), una montagna posta esattamente ad ovest di Primiero, equidistante rispetto ai grandi picchi dolomitici, alla Cima d’Asta e alla catena di roccia porfirica, che forma il confine della regione di Fiemme.

Un’escursione di altissimo interesse, altamente raccomandata ai turisti, ma in special modo ai botanici, è l’ascesa del Pavione o Col di Luna (7,877 piedi), la cima più alta delle Vette di Feltre.

Il monte, che è esattamente la sommità che si vede sulla destra, osser-vando le Vette dal Primiero, può essere raggiunto da Feltre o da Fonzaso; ma, seguendo il percorso qui suggerito, l’interesse della spedizione aumenta consi-derevolmente. Per gli escursionisti moderati si tratta di una giornata di marcia piuttosto lunga, ma gradevoli ripari per la notte si trovano alla Malga Agnero-la10, a cui il botanico non potrà fare a meno di dedicare tempo sufficiente alla raccolta di molte delle rare piante che crescono sulla montagna.10 m 1577 alle pendici nord ovest del Monte Pavione, m 2335

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Dall’estremo lato sud-ovest dello scosceso Gruppo delle Vette di Feltre, si estende a nord-ovest, una dorsale ampia ed arrotondata coperta in parte da pini ed in parte da pascoli alpestri, circondata da valli profonde, chiamata Monte Vederne, sotto i cui versanti, ad ovest e nord, passa la nuova strada che da Pontetto conduce ad Imer.

Il versante est domina la forra profonda del Noana. La via diretta da Primiero passa per un sentiero che attraversa i pascoli da Mezzano e conduce ad un ponte sopra il Cismone immediatamente a valle della confluenza con il torrente Noana. Un strada battuta, nota come la Strada della [delle] Vederne, inizia a salire attraverso il bosco di pini vicino al ponte, e dopo aver raggiunto un oratorio a circa 1000 piedi al di sopra del torrente, gira in direzione sud so-pra la forra del Noana. Tutta la strada è molto bella, adatta anche alle signore a cavallo, almeno fino all’Alpe d’Agnerola, tranne alcuni brevi passaggi un po’ difficoltosi. A poco più di un’ora dai piedi della montagna, il sentiero si unisce ad un percorso per capre, che sale direttamente dalla forra del Noana; que-sto percorso è consigliato agli escursionisti che non conoscono il paesaggio grandioso del canalone sottostante. Un po’ più avanti si arriva ad un punto dove la parete di roccia sovrastante forma una sorta di recinto a semi-cerchio e un ruscelletto scorre giù dal bordo della roccia fino ad un bacino sottostan-te. L’ostacolo è sormontato da una galleria in legno che poggia su delle travi conficcate nella roccia: per qualche minuto la via passa per una fenditura nella roccia, poi esce su un bel pendio lasciato a pascolo. Vicino alla galleria cresce l’Eschinospermum deflexum, e lì vicino si trovano altre piante rare. Una breve salita attraverso un bosco di pini porta ai pascoli che coprono la cresta della montagna.

Un po’ più a destra è situata la casera di Agnerola (5,417 piedi), dove è possibile trovare un alloggio più confortevole del solito in luoghi simili, aven-do una zona “letto” piena di fieno pulito separata dalla stanza comune da una tramezza. Quando non richiesta dal proprietario, che ne fa un uso saltuario, la casera è a disposizione dei forestieri. Sono circa 150 le mucche che pascolano qui, e da 6 a 8 gli uomini che ci lavorano. Tuttavia manca nella zona l’acqua potabile, e a turno qualcuno deve scendere quotidianamente, per circa 1 ora di cammino, e risalire carico di un barile pieno del prezioso liquido.

La posizione dell’Alpe d’Agnerola è incantevole, ed è molto gradevole trascorrere qui una serata respirando aria pura e ammirando il panorama, a meno che il viaggiatore non preferisca scendere ai piedi del Pavione alla ricer-ca di piante rare. Il Monte Pavione, a forma di piramide, si alza a sud-est della

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zona di pascolo, circondato da due cinture di roccia che sembrano di difficile accesso, viste da lontano. Sotto la fascia rocciosa più bassa c’è un declivio co-perto da un bosco di pini e, in parte, da Pinus Mughus.

La salita alla vetta, anche se abbastanza ripida, non presenta alcuna difficoltà. Non c’è bisogno di girare troppo verso destra, come consigliano i pastori. Tenendosi solo un po’ a sinistra rispetto alla linea diretta qualsiasi escursionista un po’ esperto è in grado di raggiungere la vetta in circa 2 ore dalla casera.

La vista dalla cima è varia e molto ampia. Da qui, meglio che da qualsiasi altra cima delle Alpi, tranne forse che dal Monte Cavallo, è possibile vedere la costa dell’Adriatico da Chioggia, oltre Venezia fino alla foce dell’Isonzo (sez. 63 Route I). Anche se da qui non si vedono particolarmente bene le vette dolo-mitiche del Primiero, la supremazia del Cimon della Pala, non lascia comun-que alcuna ombra di dubbio. E’ riconoscibile la maggior parte delle cime più alte del Cadore, oltre che molte cime minori difficili da identificare senza una conoscenza approfondita della zona.

La montagna è nota ai botanici come la maggior produttrice di piante rare dell’intera catena delle Alpi. Solo alcune possono essere qui riportate: Anemone baldensis e A. narcissiflora, Ranunculus Seguieri e R. Thora, Del-phinium montanum, Papaver pyrenaicum, Arabis pumila, Alyssum Wulfenia-num, Cochlearia brevicaulis, Alsine lanceolata e A. graminifolia, Cerastium tomentosum (questa insieme con l’ultima sulle rocce sopra Aune), Phaca frigi-da, Potentilla nitida, Saxifraga petraea, Valeriana elongata, Ptarmica oxyloba, Scorzonera purpurea, Paederota Ageria e P. Bonarota, Pedicularis rosea, Pri-mula Facchinii, Cortusa Matthioli (abbondante), e Avena Hostii. Sulle rocce alla base del monte Vederne si può raccogliere la rara Asplenium Seelosii.

Scendendo dalla cima, si presentano al visitatore diverse possibilità di scelta. Potrebbe andare in direzione est-nord est, verso la cima (7,185 piedi) [Cima Dodici] tra il Monte Pavione ed il Monte Pietina [Pietena] (la cima suc-cessiva nella catena delle Vette di Feltre) e prendere un lungo ma piacevole sentiero, noto ai pastori, che scende verso il centro della Val Noana [per la Forcella del Valón]. Se invece la scelta dell’escursionista cade su Feltre, la via più breve e semplice potrebbe essere quella che all’inizio volge a sud-est, poi a sud, lungo i pendii del Monte Lamen [Masierón e Col dei Cavài], e alla fine raggiunge la cima (3,472 piedi) [Passo Croce d’Aune] tra Cima d’Aune [Monte Avena] e Pedavena (1,206 piedi), scendendo attraverso ripidi prati.

Un sentiero battuto porta dalla cima all’ultimo villaggio che è solo a 2

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miglia da Feltre. Qualsiasi possa essere la destinazione del visitatore, se è un amante di scenari incredibili od un botanico, dovrebbe preferire di gran lunga ad altri sentieri, quello che porta ad Aune, piccolo villaggio situato a sud-sud ovest della montagna, a meno che non decida di invertire la rotta consigliata e scendere da quel lato. Appena sotto la cima, dovrebbe percorrere in discesa un sentiero piuttosto lungo e ripido con molti detriti (dove crescono alcune piante fra le più rare, elencate sopra) che porta ad una cavità nella roccia, dove c’è una delle rare sorgenti d’acqua presenti sulla montagna. Da li il percorso gira ad est, quasi in piano, salendo appena sopra il bordo degli impressionanti precipizi, di cui non si può nemmeno immaginare l’esistenza finché non si vedono dal basso. Il sentiero porta ad una casera, da cui parte un facile per-corso che conduce all’Alpe Agnerola. Se l’escursionista non porta con sé una guida del posto, può contattare qualche pastore in grado di guidarlo verso il sentiero per Aune, costeggiando i burroni. Una volta trovato il sentiero, non è più necessario l’aiuto di una guida; lì è impossibile perdersi. Ci vorrà un po’ di tempo prima che egli riesca a rendersi conto della peculiarità dei precipizi tra i quali è impegnato. Il sentiero prosegue dentro e fuori lungo cenge e sotto mas-si sporgenti che non consentono di vedere anticipatamente la direzione finale. All’autore, nonostante il ricordo di molte immagini simili impresse nella me-moria, non viene in mente nessun sentiero frequentato che sovrasti precipizi così imponenti, così apparentemente impossibili.

Non c’è alcuna difficoltà, ma in un punto, inevitabile anche se lieve, il pericolo si è presentato per pochi momenti. Più avanti il sentiero percorre la base del precipizio di circa 1800 piedi in altezza, con uno strapiombo sopra, e il bestiame che pascola sul pendio a volte fa cadere dei sassi che finiscono giù o vicino al sentiero.

Nel ritorno da Aune a Primiero, il viaggiatore può prendere il sentiero battuto da Servo a Zorzoi, od evitare il paese di Aune, seguendo un sentiero ac-cidentato lungo la parte nord della valle, che dopo molti saliscendi, porta in tre ore di cammino dalla sommità a Zorzoi, ricongiungendosi al sentiero Schener verso Primiero.

Gli alpinisti esperti che possono sostare per un po’ nel Primiero, potran-no dedicare un po’ d’attenzione alle splendide cime dolomitiche, che rappre-sentano la principale attrazione del posto.

Questi viaggiatori abitualmente scelgono da soli il percorso, ma potreb-be risultare molto interessante per loro un’escursione, senza dubbio fattibile e non difficoltosa all’apparenza, che sale da Primiero per la testata della Val di

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Primiero, da A.B. Edwards, “Untrodden peaks and unfrequented valleys. A midsummer ramble in the Dolomites”. London, R. Routledge and Sons, 1890

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Canale fino al livello di un altopiano accidentato, che sul lato a nord est sem-bra collegare tra loro le masse delle cime dolomitiche. Secondo il racconto di due cacciatori di camosci, non c’è difficoltà a passare lungo l’altopiano per la parte nord delle Pale di San Martino al Passo delle Cornelle [Comelle] (Route L), e così scendere a San Martino di Castrozza e al Primiero. La Val di Pravitali [Pradidali], una valle stretta laterale della Valle di Canale [Val Canali], sale fino al cuore del gruppo; ma si dice che non sia stato ancora realizzato nessun passaggio verso l’altro versante dell’altopiano.

Gli alpinisti interessati ad escursioni inusuali dal Primiero, faranno bene a consultare il Signor Suda, Ispettore delle Foreste della regione, prima impiegato nello stesso dipartimento in Val di Genova. E’ un buon alpinista, molto interessato all’esplorazione della regione più alta e meno accessibile del-le Alpi del Tirolo.

Route HDa San Martino di Castrozza a Borgo di Val Sugana. Ascensione della Cima d’Asta11

La strada più veloce, anche se non più corta quanto a distanza, per arri-vare dalla testata della valle del Cismone a Borgo di Val Sugana è sicuramente quella che passa per Primiero e per il sentiero battuto che attraversa Canale e il Tesino, descritto nell’ultimo itinerario. Per l’alpinista, però, è più interes-sante fare il percorso che comprende la salita della Cima d’Asta, la cima più alta della zona granitica sul lato nord della Val Sugana. Anche se l’altezza e l’importanza della cima è stata esagerata dalla credenza popolare, essa offre senza dubbio viste panoramiche fra le più belle di questa zona delle Alpi, al-cuni scenari di montagne frastagliate nella parte centrale, ed aree di interesse geologico e mineralogico.

La forra in direzione del Passo di Tognola (6,654 piedi ?), sopra il quale una mulattiera moderatamente frequentata porta da San Martino di Castroz-za a Canale di San Bovo, è ben visibile a sud-ovest, dai dintorni dell’ospizio, e contraddistinta da una grande casera, che si trova in alto sul passo. Per trovare

11 Le Routes che precedono riguardano rispettivamente: la Route F “Da Primiero a Predazzo in Fiemme per San Martino di Castrozza; la Route G “Da Borgo di Val Sugana a Primiero attraverso Canale di San Bovo”. La Route I, che segue quella qui considerata, riguarda la via “Da Borgo diVal Sugana a Cavalese in Val di Fiemme”.

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la strada basta fare attenzione ad attraversare il torrente da sinistra a destra, scendendo dal passo, attraverso un ponte che si trova un po’ più a valle della confluenza con un altro torrente, che sgorga dalla parete della gola più a nord. Questa porta anche a Caorìa, ma richiede una circonvallazione di 1 miglia e ½. Nel bosco umido attraverso il quale rumoreggia il torrente, il botanico potrà osservare alcune piante britanniche che si trovano di rado nelle Alpi meridionali, quali Comarum palustre e Pedicularis palustris, oltre ad alcune specie meno rare in questa zona, ma comunque molto interessanti per un bo-tanico inglese, come ad esempio Moneses grandiflora, Goodyera repens, Carex capillaris e Polypodium rhaeticum. Un po’ dopo la fine del bosco si arriva al passo sul quale si trova la grande Casera di Tognola. Se si è rimasti sul sentiero la vista della catena dolomitica è molto limitata, ma dalla casera si può facil-mente raggiungere una cima (Cima di Tognazzo?) [Cima Tognola] che offre una veduta magnifica quando le vette sono scoperte. Dal versante sud ovest si scende attraverso la Val Sorda, una vallata abitata solo da alcuni pastori in estate. La parte superiore della valle non è particolarmente attraente, ma più si scende e più ameno diventa il paesaggio. Una volta giunti ai piedi dei pendii sul lato sinistro della valle, è consigliabile attraversare e portarsi sulla sponda destra, dove il torrente è gonfiato dallo scolo di un sentiero paludoso. Dopo una discesa piuttosto lunga, la mulattiera passa davanti ad una casera, abbandonata in estate, e sembra terminare sulla sponda destra, in un punto oltre al quale è impossibile proseguire. Un ponte in legno è stato travolto dalla corrente, sostituito (nel 1867) da un semplice tronco - con i pezzi di rami an-cora sporgenti - buttato sopra l’acqua del torrente. Un buon sentiero parte da qui e segue la sponda sinistra del torrente, ma dopo un po’ sale molto in alto, al di sopra del torrente. Ad un certo punto, in mezzo ad un bosco di pini, un sentiero scende ripido verso il torrente, e porta a Caorìa, sul fondo della valle. Tutto considerato, il sentiero più alto è quello migliore; sale gradualmente su di un ampio pendio erboso e poi prosegue quasi in piano sull’orlo della mon-tagna fino ad arrivare su un’altura importante al di sopra del paese più alto del Canale di San Bovo.

Caorìa (2,711 piedi). E’ a dir poco sorprendente trovare in un posto così sperduto una casa come quella di Lorenzo Pezza, un facoltoso abitante della valle, dove si può trovare un caldo benvenuto da parte dell’oste e della figlia ed un alloggio pulito, confortevole e molto conveniente. In queste zone è difficile trovare carne sulla tavola, però i pasti offerti, composti da pollo, uova, burro fresco e patate (a volte anche qualche trota pescata nel lago nei pressi della

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casa), dovrebbero bastare a soddisfare le esigenze del viaggiatore. Da Caorìa si può arrivare a Canale (si veda la Route G) seguendo per 5 miglia una strada stretta ma accettabile, la quale prosegue per un po’ su per la valle, nella dire-zione opposta, per trasportare legname, carbonella, burro ed altri prodotti delle montagne circostanti.

Alla testata della valle, la sorgente principale del Vanoi, che sgorga sul versante ovest della Cima d’Asta, scorre in direzione nord-est e curva gradual-mente fino a formare una sorta di semi-cerchio attorno al versante nord della montagna. La parte più alta si chiama Val Cia; la seconda, lunga circa 5 miglia, sopra Caorìa, si chiama Val Caorìa; e finalmente, sotto il paese di Caorìa, dove il torrente vira quasi dritto verso sud-sud-est, la valle inizia a chiamarsi Canal di San Bovo.

E’ sorprendente qui trovarsi davanti ad un grande lago, lungo più di un miglio, situato a metà strada fra Caorìa e Canale: questo lago non si vede su nessuna cartina, e non viene menzionato in nessuna guida, nemmeno nella recente - e completa - seconda edizione di Schaubach12. Il lago è stato originato da una serie di importanti frane, che ebbe inizio nel 1819, giunse al culmine nel 1823, e continuò con minore intensità ancora per qualche anno dopo. I de-triti portati giù dai fianchi della montagna sbarrarono il torrente Vanoi, for-mando così il lago. L’inondazione che accompagnò la frana del 1813 distrusse Canale di Sopra, elencato da Schaubach fra i paesi estinti della valle.

Un cacciatore di camosci di Caorìa (di cui non rammento il nome), che conosce bene la Cima d’Asta, fa da guida; il suo aiuto sarebbe pressoché indispensabile per chi volesse salire la montagna da un versante e scendere dall’altro, ma, con condizioni meteorologiche favorevoli, un alpinista di livel-lo medio non avrà difficoltà a combinare la salita della cima con la passeggiata di 1 giorno verso Tesin [il Tesino] se non trova nessuno che faccia da guida (come è successo allo scrivente). Da Caorìa, si prosegue per circa 3 miglia su per la valle principale; prima sul lato destro e poi sul lato opposto. Vicino al secondo ponte sul Vanoi lo scrivente ha trovato due esemplari della felce rara Botrychium matricarioides. Evitando un sentiero evidenziato su diverse cartine, sarebbe meglio non abbandonare la valle principale prima di arrivare al ponte di legno, appena sopra la confluenza del torrente che viene dalla Val Regana. Un sentiero discreto sale un pendio abbastanza ripido, parzialmente coperto da un bosco di pini e faggi, fino a superare il primo gradino della sel-

12 Viene ricordato dai signori Gilbert e Churchill in The Dolomites Mountains, p. 451 (nota dell’autore, nel testo)

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vaggia, pittoresca Val Regana. Oltrepassata una casera, abbandonata in estate, un’ulteriore salita porta ad un secondo alpeggio con una piccola casera, circa 2 ore e 15 minuti da Caorìa.

La Val Regana sale a sud verso il Passo di Regana, una depressione sul versante est della Cima d’Asta, alla testata della Val Tolvà, la diramazione orientale della Val Malene. Le grandi creste granitiche della Cima d’Asta si precipitano nella testata della Val Regana, ma in mezzo alle creste ci sono due aperture laterali; la prima, per quanto possa sembrare invitante, è da evitare. Per raggiungere la vetta, il percorso giusto segue il sentiero accidentato e mal segnato che porta su al passo, fino ai piedi dell’ultimo pendio, laddove la testa-ta della valle è coperta dai detriti caduti giù dalle alture circostanti. Una parete bassa di roccia granitica, simile alle mura di una casetta, segna il punto più adatto per iniziare la salita alla vetta. Sul lato destro di questa parete si trova un sentiero poco evidente per le capre, che abbondano in questi pascoli più alti. La salita, d’ora in avanti, se pur erta, prosegue senza particolare difficoltà; dopo una salita di circa 2.500 piedi il viaggiatore giunge al bordo della conca che occupa la parte superiore della montagna su questo versante. Il paesag-gio è imponente e selvaggio. Roccia nuda e ampie chiazze di neve ricoprono la superficie, e intorno alla conca si alzano le creste più alte della montagna. All’inizio un forestiero può essere indeciso su quale scegliere delle tre cime, tutte apparentemente di un’altezza più o meno simile; presto, però, si accor-gerà che quella in mezzo sovrasta di molto le altre due. La superficie è coperta da cima a fondo con grandi blocchi di roccia granitica posti ad angolo, ma con un po’ di attenzione, l’ascensione non presenta difficoltà rilevanti, e si può raggiungere la vetta in circa quattro ore, camminando ad un passo moderato, dalla casera.

Le misure dell’altezza date dalle varie autorità competenti variano signi-ficativamente. Secondo il Catasto austriaco, la vetta è alta 9.337 piedi, mentre il signor Trinker, la maggiore autorità al riguardo, preferisce la misura data da Weiss - 9.132 piedi. La veduta dalla cima è molto ampia e molto interessante; si distinguono bene quasi tutte le vette più alte della zona dolomitica. Fra le vette più distanti, spicca il Sorapis - più conosciuto come Croda Malcora [Marco-ra] - e al di là dei confini del Tirolo meridionale si vedono alcune delle cime degli Alti Tauri, specialmente quella del Gross Venediger. Delle montagne più vicine, l’aspetto più rilevante è la catena frastagliata di cime di roccia porfirica che separa la Val di Fiemme da quelle tributarie del Brenta. Immediatamente attorno alla base della montagna, si vedono in basso una serie di vallate ampie

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ed aperte, parzialmente coperte da alberi, con delle ampie radure lasciate a pascolo. Qualche casera è visibile qua e là; stranamente, però, non si trovano paesi né abitati di alcun genere prima di Castel Tesino ad una distanza di 10 miglia in linea d’aria. Si tratta di un caso quasi unico in tutta la zona delle Alpi, un’area lunga almeno 20 miglia e larga circa 15, attraversata da molte vallate relativamente profonde e improduttive, dove non si trova un solo abi-tato, e con difficoltà un’abitazione permanente. Il fatto che la popolazione sia così scarsa ha favorito la proliferazione di orsi e di molti altri animali selvaggi, nonché di storie e leggende, nelle quali questa montagna ha avuto un ruolo simile a quello dell’Untersberg nella zona di Salisburgo.

Quando si guarda la montagna dalla sua vetta più alta, ci si rende conto che la forma a ferro da cavallo, che le è stata attribuita da uno scrittore nella nuova edizione della guida di Schaubach, non è che un’illusione. La sommità si trova al centro di una serie di creste che vi convergono. Quelli che vi si av-vicinano da un lato o dall’altro tendono a non raccontare niente della parte che rimane fuori dalla loro vista. Dalla cresta più alta si guarda giù verso due laghetti, i quali rimangono parzialmente gelati e parzialmente coperti da neve fino a luglio inoltrato. Ovviamente se la temperatura media dovesse scende-re leggermente, ciò porterebbe ad un’accumulazione di neve nella conca sul lato della Val Regana, creando in poco tempo un ghiacciaio di dimensioni considerevoli. La faccia ovest della cima pare la più ripida; e anche se sarebbe fattibile scendere da questo lato, di fatto il progetto non è apparso sicuro. Se accompagnato da una guida, la via più naturale per scendere verso il Tesino passa per la Val Sorgazza, la diramazione occidentale della Val Malene; ma se il viaggiatore è da solo, verosimilmente perderebbe tempo prezioso prima di trovare la strada giusta.

La bellissima Primula glutinosa si trova qui in abbondanza, ma la flora della montagna è molto povera; si trovano non più di una dozzina di specie floreali sulla vetta.

Il granito della Cima d’Asta è fine, e non assomiglia a quello del Tirolo occidentale. In alcuni punti è striato da venature di roccia scura, che assomi-glia a serpentino, e vi si trovano graniti e cristalli fini di quarzo.

Bastano circa 2 ¼ ore per scendere dalla vetta al Passo di Regana, che domina una bella vista, seppur limitata. La valle del Grigno si estende verso sud in linea retta, con le montagne dei Sette Comuni sullo sfondo.

Basta poco più di mezz’ora per raggiungere Malga Tolvà, dove si trovano del latte e del burro straordinari. Da qui in avanti il sentiero prosegue sul lato

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est (sinistro) della parte superiore della valle - qui chiamata Val Tolvà - gene-ralmente ad una distanza discreta dal torrente. Il paesaggio è gradevole e il sentiero comodo, con pochi sassi. Una volta percorsi circa i 2/3 della strada per il Tesino, il torrente dalla Val Sorgazza si unisce a quello della Val Tolvà, e da qui in avanti la valle si chiama Val Malene. Una nuova carrozzabile si estende lungo il lato sinistro del torrente. In un punto dove questa strada si collega ad una strada simile sull’altra sponda del torrente grazie ad un ponte, bisogna passare al lato destro del torrente se si vuole raggiungere La Pieve. Qui la stra-da sale gradualmente sopra il greto del torrente; una volta entrata nella zona di rocce secondarie, fa il giro di diverse gole scavate negli strati di roccia dalle acque dei torrenti. I paesi di Castello e di Cinte si vedono in lontananza, ma bi-sogna attraversare un tratto di terreno coltivato pianeggiante e poi girare bru-scamente a destra, dietro uno sperone della montagna che protegge il paese da nord prima di arrivare alla Pieve di Tesino, dopo circa 3 ore di camminata dal Passo di Regana. (Route G).

Nel caso in cui le nuovole, che spesso si accumulano attorno alla cima della montagna dovessero dissuadere l’alpinista dall’affrontare la scalata alla Cima d’Asta, egli potrebbe scegliere in alternativa una passeggiata molto gra-devole da Caorìa a Borgo Val Sugana, o al Tesino, seguendo il torrente Vanoi fino alla sorgente nella Val Cia. Questo percorso fino a Borgo può essere fatto a cavallo dalle signore che non abbiano difficoltà a cavalcare per 8 o 9 ore. Come già detto, il corso del Vanoi forma una specie di semi-cerchio attorno alla Cima d’Asta, che ne è al centro. La configurazione della valle fa sì che si trovi una grande varietà di paesaggi. Partendo da nord-ovest, una scalata lunga ma graduale porta alla testata della valle, fra le aspre rocce granitiche della Cima d’Asta e la massa scoscesa di roccia porfirica della Cima di Lagorei [Lagorai] (8.574 piedi). Qui [Passo Cinque Croci] si può scegliere fra due sentieri, uno a destra e uno a sinistra della cima granitica chiamata Centello [Cengello], la quale si alza direttamente di fronte. Il più frequentato, e di gran lunga il sentie-ro più facile, è quello che va a destra; porta su per un passo facile alla vallata di Conseria. Il sentiero passa sopra ardesia cristallina, qui interposta fra la massa granitica della Cima d’Asta e la catena porfirica di Lagorei e Montalon.

La Val Conseria fa parte di una serie di vallate minori le cui acque si uni-scono per formare il torrente Maso, il quale confluisce nel Brenta a circa 2 mi-glia ad est di Borgo. Il primo torrente che si unisce a quello di Conseria sgorga da una valle corta (chiamata Val Sorda) che raccoglie le acque che scendono dal versante sud della Cima di Lagorei e dal versante est della vicina vetta del

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Montalon, una montagna sulla quale ore di paziente lavoro hanno permesso al dott. Ambrosi di Trento di trovare molte piante rare. Il prossimo affluente sul lato est scende dalla montagna chiamata Ciolara. Sotto la confluenza dei torrenti la valle prende il nome di Val di Campelle [Val Campelle], che man-tiene solo per circa 4 miglia in giù, dove si unisce al torrente importante che scende a sud-est dalla Val Calamente [Calamento] (Route I), e il sentiero da quella valle si congiunge con il nostro. Un’umile locanda di montagna si trova a Pontarso, al bivio tra i due sentieri . Da lì una strada battuta calca la sponda destra del torrente Maso. Il percorso più breve per arrivare a Borgo passa per Telve, un paese menzionato nella Route A.

La strada che sale a sud-est dalla testata della Val Cia ad un passo fra il Centello e la Cima d’Asta scende fino al Tesino attraverso la Val Sorgazza, la diramazione orientale della Val Malene. Il paesaggio è bello, ma il sentiero è molto accidentato, adatto solo ad alpinisti esperti.

Route K Da Primiero ad Agordo per Passo della Cereda [Passo Cereda]Una camminata di circa 6 ore - strada carrozzabile per metà

Nelle precedenti Routes sono stati descritti i principali sentieri e vie che portano a quest’ area provenendo da nord, ovest e sud. Rimangono ora da descrivere i passi che collegano questa zona con la bella valle del Cordevole, descritta nella sezione n. 61. Non essendo ancora terminata la nuova strada da Predazzo, riportata nella Route E, la via qui indicata è la più semplice e meno faticosa, anche se la meno interessante, per avvicinarsi al Primiero. Potrebbe essere accordata una possibilità di trasporto per i visitatori provenienti dal Primiero verso le miniere di mercurio di Valle Imperina ed in questo modo la distanza a piedi o a cavallo potrebbe essere ridotta di circa tre ore. Coloro che non necessitano di mezzi di trasporto potranno comunque usufruire di un piacevole sentiero che non passa per le miniere.

Per circa 20 minuti di cammino, il sentiero proveniente da Primiero se-gue il ramo del fiume Cismone che da Val di Canale scende passando per To-nadico, dove si può trovare qualche modesto alloggio (2 o 3 locande). Un breve sentiero oltre il villaggio, conduce all’imponente castello di La Pietra, visibile già da Primiero. E’ difficile descrivere questo singolare cumulo di pietre, ar-

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roccato sulla sommità della roccia e talmente isolato da non essere accessibile già da molto tempo. L’obiettivo che i costruttori del castello si prefiggevano è stato raggiunto fin troppo bene, con l’aiuto del naturale deterioramento della pietra). Circa 30 anni fa il conte di Welsberg, proprietario del castello, riuscì con l’aiuto di scale a creare un accesso, ma da allora è stato completamente abbandonato.

Appena sottostante il dirupo roccioso dove è stato costruito il castello, parte un sentiero sassoso che conduce al passo, girando ad ovest dalla Val di Canale. La salita non è lunga ma piuttosto noiosa ed è con estrema soddisfa-zione che il viaggiatore si ritrova in cima a Passo della Cereda (4,503 piedi).

In prossimità della cima parte un sentiero a sinistra, più breve del trac-ciato per cavalli, che permette di raggiungere più velocemente il paese di Go-saldo. Il sentiero dal fondo molto accidentato non scende verso Agordo come ci si aspetterebbe; e il deflusso delle acque scende verso sud attraverso il tor-rente Mis che confluisce nel fiume Piave vicino a Bribano13.

E’ caratteristico delle Alpi Dolomitiche trovare un passo così basso nelle vicinanze di cime così alte; perché il Sasso di Campo [Sass de Canp] a nord ed il Piz [Piz de Sagrón] a sud si avvicinano entrambi al limite di circa 10.000 piedi. Dal sentiero si vede poco delle montagne circostanti.

In cima alla valle del Mis, il viaggiatore può scegliere tra due possibilità: il sentiero che da Sagron lo porterà alle miniere d’argento di Valle Imperina e da lì lungo la strada per Agordo, ed un sentiero più alto che passa attraverso Frassenè e Gosaldo (3,612 piedi). L’albero di noce si estende fino all’ultimo villaggio.

La via di gran lunga più interessante per un alpinista, che da Primiero vuol andare in direzione di Agordo, è quella che passa attraverso la Val di Canale, ed il passo in cima porta il nome datogli dal signor Tuckett: Passo di Canale [Passo Canali] (la cui altitudine è stimata in circa 9,500 piedi dal Tuckett stesso).

Molti abitanti nel Primiero conoscono il passo, e affrontarlo da questo lato potrebbe essere l’opzione migliore. Tuckett, che compì con altri escur-sionisti questo passaggio nel 1865, senza l’aiuto di guide locali prese una via inutilmente più lunga. Questo è senza dubbio uno dei passi più belli di questa regione delle Alpi. La discesa verso Agordo avviene per Val Angoraz [Val An-gheraz], un breve ripido passaggio attraverso una valle stretta, tra alte vette.

13 In realtà è il Cordevole, di cui il Mis è tributario, a confluire nel Piave vicino a Bribano, come detto a pag. 55.

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E’ formata da un affluente della Valle di San Lucano, raggiungibile appena sopra Prà.

Un sentiero battuto conduce a Taibon, nella valle del Cordevole, circa 20 min. sopra Agordo (v. Sez. 61 Route C).

Route LDa San Martino di Castrozza a Cencenighe

I cacciatori del Primiero sanno da lungo tempo che è possibile raggiun-gere il costone che collega il Cimon della Pala con la Cima della Rosetta in un punto preciso situato ad est-nordest di San Martino di Castrozza. Di tanto in tanto passano da lì alla testata della Val di Canale, sul versante nord delle Palle di San Martino per poi tornare al Primiero. La possibilità di passare lungo lo stesso costone da San Martino a Gares [Garés] e Cencenighe fu scoperta, secondo l’autore, nel 1865 dal Signor Tuckett, che allora compì la traversata, insieme con numerosi compagni, e quindi riattraversò dal versante di Cence-nighe, nel 1867. Chi scrive è stato lassù col cattivo tempo, ma ha visto abba-stanza per concordare con la definizione di questo passo, data dal Signor Tu-ckett, come del “passo più romantico” che esista; egli ricevette l’informazione, a San Martino, che il nome della sommità del costone è Mulaz, ma quel nome non sembra essere, per la verità, conosciuto colà o nella zona di Primiero. Il Signor Tuckett, nell’“Alpine Journal” del 1855, ha definito il passo suddetto come “Passo della Rosetta”, ma di recente ha manifestato la preferenza per il nome “Passo delle Cornelle” [Comelle], suggerito dalla denominazione della gola che porta di lì a Gares e che viene qui adottato, in assenza di altri nomi locali riconosciuti. Il Signor Tuckett stima la sua altezza pari a 9.150 piedi ma considero tale stima in eccesso di 150 o 200 piedi.

Questa escursione, anche se obbliga ad un cammino un po’ duro, non presenta difficoltà per l’alpinista dilettante e non dura più di mezza giornata. Si può calcolare una distanza di circa 3 ore da San Martino alla cima; 3 ore da lì a Gares; e 2 ore da Gares a Cencenighe - escluse le fermate. La strada da San Martino alla cima è sufficientemente semplice per un qualsiasi montana-ro e l’unica raccomandazione, da tenere presente, è di mantenersi a sinistra, vicino alle rocce scoscese che si estendono fin quasi alla cima del passo. Vi si ritroverà una specie di traccia, eccetto che sulla cima, usata dalle pecore

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che cercano riparo dal sole di mezzogiorno. La sommità si presenta come un costone relativamente ampio. Nella bella stagione, in assenza di neve, vi ger-mogliano molte piante alpine, tutte di dimensioni ridotte. In riferimento al versante nord-est del passo, il lettore sarà lieto di leggere la seguente nota, fornita da Mr Tuckett, che descrive l’ascesa da Cencenighe attraverso Forno di Canale, in Val di Biois [Val del Biois]. In caso di necessità, a Forno si trova anche una locanda decente.

“Un ampio sentiero conduce dolcemente in circa 1 ora e ¼ da Forno di Canale a Gares. Poco più su, attraversati un terreno accidentato e un bosco, il torrente (che, di fronte, si vede sgorgare, sotto forma di una bella cascata, fuori dalla stretta gola che dà accesso alla Val delle Cornelle) è sormontato da un ponte. Il sentiero (migliorato nel 1867) procede a zigzag lungo la montagna fino a raggiungere una cengia e quindi, girando a destra, prosegue lungo la stessa, fino all’imbocco della gola (3/4 d’ora da Gares), immediatamente sopra

Civetta, da A.B. Edwards, “Untrodden peaks and unfrequented valleys. A midsummer ramble in the Dolomites”. London, R. Routledge and Sons, 1890

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al punto in cui il torrente compie il balzo finale. Attraversato il torrente, la via è data da un nuovo sentiero che corre lungo il fianco sinistro della Val del-le Cornelle, tra i massi di una colata detritica, che in alcuni punti sembrano ostruire la gola, fino ad una piana, devastata dal torrente, dall’aspetto desolato (a 1 ora e ¼ da Gares). Un’eccellente sorgente sul lato ovest di questa piana, ai piedi del Pian di Campido (una montagna situata a nord-est del Cimon della Pala), rappresenta un buon luogo di sosta per il pranzo. Ad uno sguardo re-trospettivo, la scena della Val di Gares, incorniciata dai portali della Val delle Cornelle, è a dir poco stupefacente. Alla piana fa seguito una serie di ripide salite alternate a brevi terrazzi, finché, in un’ora e mezza, la vallata si apre in modo abbastanza considerevole un po’ al di sotto del punto di congiunzione dei suoi due rami superiori, separati da uno sperone delle Pale di San Mar-tino, che si dirigono rispettivamente a sud-est e a sud-ovest. Attraversando diagonalmente lo spazio aperto, e seguendo il lato ovest, che è molto stretto e interrotto da alture di altezza moderata, si raggiunge senza difficoltà l’altopia-no che forma lo spartiacque. Si può forse risparmiare un po’ di tempo salendo le alture che restano sulla destra del viaggiatore; ma sembra un percorso più sicuro mantenersi in fondo alla valle”. (F.F. Tuckett)

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Sezione 60Regione di Fassa

Route A da Trento a Caprile per le valli di Fiemme e Fassa. Salita della Marmolata [Marmolada]

[...]14. Il viaggiatore potrebbe scegliere tra altre escursioni un buon sen-tiero che da Gries porta al Passo Pordoi (v. Route I). Prima di raggiungere la cima del passo dovrebbe tenersi sulla destra fino alla cresta occidentale del Monte Padon, che domina una meravigliosa vista della Marmolata. Gio. Batt. Bernard è la migliore guida di queste zone, e potrebbe essere scelto come por-tatore in un’ escursione difficile.

Sopra Campidello [Campitello], lo scenario diventa sempre più spettaco-lare ed inaspettati squarci sulla Marmolata tengono costantemente viva l’at-tenzione del visitatore. Lasciando sulla sinistra la borgata di Gries, il sentiero passa Canazei, e per un po’ va in direzione sud, sud-est e dopo aver passato Alba, (5,080 piedi) all’imbocco della Val Contrin, talvolta denominata Val Fredda, riprende la direzione verso est per tutta la testata della valle.

Poco lontano da Alba, c’è Penia, la borgata più in alto. Il sentiero subito dopo attraversa la riva destra di un torrente e rapidamente sale verso l’ampia conca verde che si trova immediatamente a nord della Marmolata e racco-glie le acque di torrenti che provengono da due dei suoi ghiacciai, che qui si uniscono per formare il torrente Avisio. Lo scenario di Passo Fedaia può essere considerato unico nelle Alpi. Nel voler trovare una somiglianza, si può paragonare a quei famosi passi che si trovano tra le montagne dell’Oberland bernese, quando ci si avvicina ai piedi delle cime più alte. Ma, anche se biso-gna ammettere che il Wetterhorn e l’Eiger, visti dai sentieri dello Scheidegg e delle Alpi di Wengern sono ancora più grandiosi della Marmolata, c’è qual-cosa di assolutamente unico nel contrasto fra l’idilliaca, tranquilla conca di Fedaia e l’intensa asprezza della Marmolata. Ulteriori notizie sulla montagna-saranno date più avanti. Lasciando da una parte un piccolo gruppo di casere, dove l’alpinista che ha intenzione di salire sulla cima della Marmolata può trovare un modesto alloggio per la notte, e lasciando sulla destra un piccolo 14 L’autore ha prima descritto alcune escursioni a partire da vari paesi della Val di Fassa.

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laghetto, il sentiero porta alla cima del Passo Fedaia (6,884 piedi) all’estremo lembo orientale dalla conca, dopo breve salita. Qui passa la frontiera tra Italia e Austria (Tirolo), poiché la Valle del Cordevole, tranne il lato estremo più a nord , appartiene alla provincia di Belluno. Il sentiero, ripido in alcuni punti, scende a sud-est in mezzo ad un paesaggio molto bello, attraverso la stretta e lunga Val Pettorina e consente al viaggiatore che gira attorno alla catena della Marmolata, dalla parte est, di vedere parti della montagna non visibili da altri punti. Riunendosi ad un sentiero battuto che scende da Val Ombretta (Route F), il sentiero arriva ai Serai o gola di Sottoguda, uno dei posti più spet-tacolari delle Alpi, che per qualche strana ragione è rimasto sconosciuto alla maggior parte degli alpinisti, e non è stato nemmeno nominato nella ultima edizione di “Schaubach” solitamente sempre molto completa e ben informata su quest’area. Per più di mezzo miglio il torrente scorre con violenza attraver-so una fenditura nella roccia che ha un’ampiezza che va da circa 12 a 24 piedi, dalle pareti talmente verticali, nascoste dai cespugli, che solo uno stretto lem-bo di cielo è visibile. Oltrepassato questo punto, il sentiero è percorribile, in parte lungo il torrente, ma principalmente su un terrazzamento sovrastante, traversando da un lato all’altro per 10 -12 volte. All’uscita di questa spettaco-lare gola, il sentiero attraversa Sottoguda (4,254 piedi), un piccolo paesino con una misera locanda, e scende poi verso Rocca [Pietore] (3,881 piedi). Ad un miglio di distanza c’è il paese di Caprile, descritto nella Sez. 61, Route C.

La salita della Marmolata è un percorso che risulterà interessante per gli alpinisti esperti in visita a queste zone. Sebbene l’autore, insieme al signor Birbeck e a Victor Tairraz di Chamonix, sia arrivato a pochi piedi dalla cima della seconda vetta della montagna nel 1860, le condizioni metereologiche furono così sfavorevoli che la sua conoscenza della montagna proviene prin-cipalmente dai racconti del Dr. Grohmann, che raggiunse la stessa vetta nel 1862, e realizzò la prima salita alla vetta più alta nel 1864, e da informazioni cortesemente trasmesse dal Signor Tuckett, che compì la seconda salita nel 1865. Il nome Vedretta Marmolada, spesso dato alla montagna per il fatto che il declivio a nord è ricoperto di cumuli di neve o da un ghiacciaio, dovrebbe essere cambiato.

La descrizione data dal sig. Churchill, che paragona la forma della mon-tagna ad un astuccio in legno, verticale su un lato e in pendenza sull’altro, ad angolo retto, rende molto bene l’impressione che si ha nel guardare il profilo della montagna da est o da ovest. Per essere più precisi la montagna può essere descritta come una cresta che si estende da est ad ovest con due cime centrali,

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divise da una lieve depressione e fiancheggiate da due cime secondarie, una dal lato orientale ed una dal lato occidentale.

Dal lato sud, il crinale precipita in una serie di burroni, in gran parte quasi totalmente verticali, che raggiungono l’altezza di circa 3000 piedi.

Sul lato nord, quattro imponenti contrafforti si staccano dal masso prin-cipale e tra questi, tre lingue di ghiacciai, nutrite dalla continua discesa di neve che copre la catena da questo lato e scende verso il bacino della Fedaia. Osservando la montagna dal versante nord - il punto più favorevole sembra essere la Forcella di Padon (Route I), la cima che fiancheggia più ad est (chia-mata Saranta [Serauta] 9,947 piedi) si vede a sinistra; da quel punto il crinale innevato sale continuamente fino alla Marmolata di Rocca, la seconda cima (secondo le misure del “Kataster” è di 402 piedi più bassa della cima occiden-tale). Separata da quest’ultima da una ben delineata depressione sul crinale c’è la cima più occidentale vicino a Penia, denominata Vernel dal Dr. Grohmann; ma lo scrittore dubita che quel nome sia conosciuto nella Val di Fassa. La via più semplice e diretta per la salita sembra essere quella indicata dal Signor Tuckett.

Avvicinandosi alla base della cima, dalla lingua centrale del ghiacciaio, che è quella più vicina a Malga Fedaia, egli salì fino a quando il contrafforte roccioso alla sua destra scomparve sotto la neve e si tenne a destra fino ad arrivare alla parte inferiore del passaggio o canalone che separa le due cime principali. Trovando la roccia dal lato destro inaspettatamente semplice da scalare, salì raggiungendo la calotte [calotta] di neve più alta, dalla quale la cima vera e propria era facilmente raggiungibile.

In circostanze favorevoli, la spedizione sembra essere priva di serie dif-ficoltà, ma è sconsigliabile tentar la salita senza l’aiuto di una guida esperta a scalare su ghiaccio, qualifica non posseduta da nessuna delle guide della Val di Fassa.

Secondo il “Kataster” la cima più alta misura 11,466 piedi, mentre un’at-tenta stima barometrica del Dr. Grohmann dà una misura di 11,045. Dato che le misure del “Kataster” non ispirano sempre la massima fiducia, ed che un’unica misurazione barometrica è soggetta ad un margine di errore, sembra lecito dedurre che l’altezza di questa cima non sia stata ancora determinata con precisione. Durante una seconda salita alla cima, effettuata nel 1869, il Signor Tuckett, che raggiunse la cima in 6 ore e 15 minuti, da Caprile, accertò che la cima è senza dubbio più alta del Cimon della Pala, e delle altre cime do-lomitiche del Primiero, cosa che il Dr. Grohmann aveva messo in dubbio.

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Sezione 61Regione del Cadore

Nel cominciare a dare qualche informazione di una delle più belle parti delle Alpi, l’autore è colpito dalla singolarità del fatto che essa sia rimasta tanto tempo quasi sconosciuta, anche di nome, a viaggiatori inglesi. Insolitamente agevole di accesso, giacché le sue tre principali vallate sono percorse da buone strade, fornita di albergo meglio di molti favoriti ritrovi di turisti, comprenden-te paesaggi di montagna della più fantastica selvatichezza e bellezza, in grado di offrire molte cime come meta, difficili abbastanza da essere stimolanti per lo scalatore, essa si può dire onestamente che sia rimasta sconosciuta a tutti tran-ne che a pochissimi inglesi, fino alla pubblicazione del volume dei Signori Gil-bert e Churchill, così spesso citato nelle sezioni precedenti. Soltanto circa nello stesso tempo, viaggiatori tedeschi intrapresero sistematicamente l’esplorazione della regione, e ad uno di essi in particolare - Dr. P. Grohmann - dobbiamo una conoscenza molto accurata delle più alte cime, di parecchie delle quali egli è stato il primo salitore. La conoscenza dell’ autore con questa regione precede quella degli scrittori qui menzionati, ma le sue visite sono state brevi e, con una eccezione, accompagnate da pioggia pesante e quasi perseverante. I fatti non sono numerosi abbastanza da giustificare un’ampia deduzione; ma vi è qualche motivo di pensare che in stagioni piovose la quantità di pioggia che qui cade sorpassi di gran lunga quella delle adiacenti regioni all’ovest.

La regione qui descritta può essere brevemente definita come compren-dente il bacino del Piave, con i suoi due affluenti principali, il Boita [Boite] e il Cordevole, insieme con la catena che divide le sorgenti di questi fiumi dalla Val Pusteria, e la zona meno elevata ma piuttosto estesa, che divide il Pia-ve dalla pianura del Veneto. Benché l’altezza media delle montagne sorpassi quella della maggior parte delle catene esterne delle Alpi [Prealpi], si può dire con sicurezza che, eccetto nella parte nord-est dove essa tocca la spina dorsale delle Alpi Carniche, non vi è in questa regione alcun aspetto della esistenza di definite catene di montagna. Il livello generale della parte centrale della regione è alto, e da questo livello le cime si innalzano molto bruscamente, senza alcuna apparenza di reciproca connessione. Questo fatto, insieme con l’approssimazione vicina all’eguaglianza nelle altezze delle sommità più ele-vate, tende a confermare le vedute di Richtofen sulle montagne dolomitiche

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di questa regione. Benché la sua ipotesi sulla origine come scogliera di corallo delle masse che si innalzano così all’improvviso sul territorio circostante non sia esente da difficoltà sue proprie, è un’ipotesi che si presenta naturalmente alla mente di chi tenta di spiegare l’aspetto singolare delle montagne di questa regione. Fino a poco tempo fa, non c’erano misure attendibili dell’altezza di alcune delle principali cime, e di quelle sotto ricordate tre sono indubbiamen-te sottostimate. L’Antelao è quasi di sicuro il più alto e raggiunge circa 10.850 piedi. Il Pelmo è probabilmente tra i 10.500 e i 10.600 piedi, e la Civetta può differire solo di alcuni piedi. Le cime principali di questa regione - tutte, ec-cetto l’ultima, dominanti la valle superiore del Boita - sono il Sorapis (10,798 piedi), la Tofana (10,724 piedi), l’Antelao (10,679 piedi ?), il Monte Cristallo (10,644 piedi), il Pelmo (10,377 piedi ?) e la Civetta (10,440 piedi ?).

Se i geologi che erano indotti dalla struttura delle montagne di Fassa a supporre che la conversione del carbonato di calcio in dolomite fosse dovuta all’azione di rocce ignee in stato di fusione, avessero studiato questa regione nello stesso tempo, le loro opinioni probabilmente sarebbero state modificate. In nessun luogo vi sono rocce dolomitiche sviluppate in una scala maggiore di qui, tuttavia, con un’insignificante eccezione vicino a Caprile, nessuna traccia di rocce ignee è stata trovata nella regione che è a est del Cordevole e della valle del Gader.

Il centro naturale della regione è Cortina d’Ampezzo, dove il viaggia-tore trova buoni alloggi e la comodità di una strada maestra. Da quel centro, l’alpinista attivo può compiere la salita della maggior parte delle più alte cime elencate in seguito, mentre il viandante modesto può progettare una gran-de varietà di interessanti e facili escursioni. Non è altrettanto ben adatto per coloro che preferiscono passeggiate brevi, e desiderano avere gli scenari più impressionanti a portata di mano. Vi sono tuttavia molti altri luoghi che com-binano alloggi abbastanza buoni con bei paesaggi. innanzitutto fra questi è da menzionare Schluderbach [Carbonin]; ma l’amante della natura può trovare attrazioni in quasi ognuna delle valli secondarie di questa regione, che può indurlo a sostare sulla sua strada e un’intera stagione può essere qui trascorsa con profitto e soddisfazione. E’ giusto dire che vi sono persone, non insensi-bili alla bellezza di zone di grandi montagne, sulle quali la estrema severità e selvatichezza di qualcuno dei paesaggi più selvaggi di questa regione produce un effetto quasi doloroso. Sarebbe difficile trovare altrove nelle Alpi paesaggi così imponenti come quelli che circondano il Dürren See [Lago di Landro], o il circo della Croda Malcora [Marcora-Sorapiss].

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Route ADa Brunico a Conegliano, via Cortina d’Ampezzo

La via da Brunico fino al punto in cui la strada per Venezia volge a sud dalla Val Pusteria è descritta nella Sez. 51, Route A. Quel punto è molto vicino al livello che separa le acque della Drava da quelle della Rienza, ma si situa un po’ a ovest dello spartiacque e il torrente che fuoriesce dalla corta vallata seguita dalla strada per Cortina costituisce la fonte principale della Rienza. Un escursionista che intraprenda questa via, partendo da Niederndorf [Vil-labassa] dovrebbe seguire un sentiero che gira a destra dalla strada nei pressi del secondo ponte sopra il villaggio e, superata una birreria, si ricongiunge alla strada nei pressi del Toblacher See [Lago di Dobbiaco] (4,165 piedi). Esso si situa all’imboccatura della stretta valletta (chiamata talora Höllensteinerthal) che funge da portale tra la Val Pusteria tedesca e la popolazione italiana d’Am-pezzo. Mentre l’escursionista avanza, la gola si fa più stretta e le minacciose rupi delle Drei Zinnen [Tre Cime] (9,833 piedi) si innalzano in una forra in direzione sud-est; si raggiunge infine la stazione di posta di Landro o Höllen-stein a 4.749 piedi sul livello del mare. Vi si trovano alloggi confortevoli, ma chi si ferma più di una notte dovrebbe preferire Schluderbach. Non c’è un vero e proprio villaggio a Landro, ma solamente tre o quattro edifici, che sembrano collegati alla stazione di posta. Lì nei pressi, anche se non visibile dalla casa, si trova il Dürren See. Questo specchio d’acqua verde pallido è circondato da un letto piano di ghiaia dolomitica bianca, su cui sorgono solo piccoli abeti. Sullo sfondo è visibile un gruppo di rocce dall’aspetto inaccessibile, spaccato in torri massicce, delle quali la cima più alta, il Monte Cristallo, è uno dei giganti della regione. Sotto le pareti verticali che ne sostengono la sommità, un ghiacciaio pende nel vuoto dai margini della montagna e si estende su un lato fino ad una profonda fenditura che divide il Cristallo da una torre solita-ria alta circa 10.000 piedi, il Monte Popena. Un fosco gruppo di Krummholz (Pinus mughus) circonda la base di questi picchi. Anche il viaggiatore che ama la natura nei suoi aspetti più selvaggi avverte il brivido prodotto da questo luogo selvaggiamente desolato, la cui tetra grandezza sembra il giusto com-plemento per un crimine efferato. Le caratteristiche del paesaggio potrebbero far sentire l’escursionista chiuso da rocce invalicabili e, in verità, ad eccezione dei montanari esperti, nessuno riesce a seguire la via diretta a sud della strada che proviene dalla Val Pusteria. Ma una profonda fenditura attraverso la quale passa la strada per circa 6 miglia si apre verso ovest. A circa 2 miglia da Lan-

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dro, vicino all’imboccatura della Val Popena e della Val Cristallo [Val Fonda] (Route B), c’è la casa solitaria di

Schluderbach [Carbonin] (4,822 piedi) dove, con sua sorpresa, l’escursio-nista trova nel mezzo dello scenario più selvaggio un bellissimo alberghetto di montagna gestito da Giorgio Ploner, un oste gentile che è anche, quando libero, una valida guida. Anton Molins, talvolta inviato al suo posto, è invece un in-competente. Sebbene in posizione meno strategica di Cortina, questo centro è eccellente per molte escursioni, la maggior parte delle quali sono descritte nella Route B. A Schluderbach il Monte Cristallo è nascosto dall’imponente massa del Rauhkofel, mentre la figura più piccola del Cristallin [Cristallino] (9,238 piedi) è l’unica vetta degna di nota, che sia visibile da quel punto. Ma la man-canza di una vista sul lato sud è compensata dalla presenza del picco singolare della Croda Rossa (10,262 piedi), o Hohe Gaisl. Non è insolito trovare macchie di colore rosa sulla superficie delle dolomiti di questa regione, ma la montagna qui descritta è costituita da formazioni rocciose massicce con vaste zone di

Cortina, da J. Gilbert, “Cadore or Titian’s country”, London, Longmans, Green and Co., 1869

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colore rosso brillante sovrastanti i suoi precipizi, “striata come il sangue colato da un sacrificio sacro” (G. e C.). Dalla base di questo nume tutelare del luogo fluisce verso la Rienza, uno smilzo torrentello; ma bisogna prestare molta at-tenzione per individuare il punto dove il terreno comincia a cedere in direzione della valle d’Ampezzo. L’esatta altezza della vetta non è nota a chi scrive, ma di sicuro non è di molto superiore o inferiore ai 5.000 piedi. L’insignificante torrente del Ruffredo [Rufiedo] inizia a scorrere verso ovest superando un’altra casa solitaria detta Ospedale, in origine destinata a rifugio per i viaggiatori poveri e situata all’ingresso di una gola chiamata Val Grande (Route B). Un torrente, attraverso il quale passa una strada per Enneberg [Marebbe] (Sez. 60 Route H), e formato dalla confluenza delle acque di drenaggio di tre valli - la Val Travernanze [Travenanzes], la Val Fanis [Fanes] e la Val Antruilles [An-truiles] - si unisce al Ruffredo formando il Boita, che scende attraverso una profonda fenditura sotto il castello di Peutelstein. Questa antica fortezza, in parte in rovina, è sopravissuta a secoli di guerre di confine fino al 1867, allorché le sue mura furono abbattute in vista della costruzione di un forte moderno, a guardia di questo luogo d’ingresso per il Tirolo. Non è stato quindi possibile passare attraverso un sentiero interessante, che corre lungo la riva sinistra del torrente, sotto il castello, che era percorso frequentemente da turisti di pas-saggio, che lasciavano le carrozze per recarsi sul lato opposto del torrente. Chi scrive non sa dire se questa via sia chiusa definitivamente oppure no.

Subito dopo aver superato Peutelstein (in italiano, Podestagno), la stra-da volge bruscamente a sinistra e inizia la discesa nella valle del Boita che si prolunga in direzione sud-sud-est. Appaiono successivamente le nobili vette della Tofana, del Pelmo, dell’Antelao e del Sorapis. La strada scende alquanto rapidamente lungo la riva sinistra del Boite e, dopo circa 5 miglia e ½ da Po-destagno, raggiunge

Cortina d’Ampezzo (4,048 piedi), il principale paese dell’ampio e prospe-roso comune di Ampezzo, che include la parte della valle del Boita che si trova a nord del confine d’Italia. Dei numerosi alberghi, tre meritano una menzione favorevole (Stella d’Oro, gestita dalle sorelle Barbaria, notevolmente pulito, quieto e confortevole; Aquila Nera tenuto da Ghedina, padre di un distinto pittore veneziano, che è qui spesso in estate; Kreuz [Croce Bianca ?], di cui si dice bene). L’Aquila Nera è stato di molto migliorato con l’aggiunta di un edi-ficio separato per i turisti; chi scrive ha preferito fino ad ora la “Stella d’Oro”.

L’aspetto degli edifici e della gente nel paese di Cortina e nei villaggi vici-no annunzia una prosperità generale, che in parte deriva dalla vasta estensione

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di boschi e pascoli di valore appartenenti alla comunità. Il prezzo grandemente aumentato del legname, tuttavia, ha indotto le persone del luogo ad abbattere i boschi per una estensione tale che può interessare la loro futura prosperità. Nell’orgoglio di una prosperità transitoria, hanno eretto un campanile alto 250 piedi, in una proporzione conveniente ad una grande città. Vicino al paese vi è uno stabilimento per bagni minerali, che si trova presso le rive del Boite. Si dice che le acque siano simili a quelle di Braies in Val Pusteria (Route I). Lo stabili-mento appartiene a G. Ghedina, proprietario dell’Aquila Nera.

Cortina è meglio fornita di guide della maggior parte del Tirolo italiano. Un vecchio uomo di nome Lacedelli [Francesco] conosce interamente la zona, ma ora è inadatto al lavoro difficile. Suo figlio [nipote] Alessandro è un valido scalatore, ma ha poco giudizio o esperienza. Santo Siorpaes è forse il migliore. Anche Angelo Dimaj è bravo e suo fratello Fulgenzio meno efficiente. Chie-dono 4 fiorini al giorno per escursioni difficili - una tariffa ragionevole; e 2 o 3 fiorini per passeggiate comuni - troppo. Ghedina dispone anche di due o tre selle per le signore.

La maggior parte delle escursioni da Cortina sono descritte nelle Routes che seguono, ma può essere convienente elencarle qui, aggiungendo una breve nota su quelle che non verranno descritte adeguatamente in altri paragrafi.

Gli itinerari verso Schluderbach dalla Val Grande e dal Lago di Misurina e l’ascesa del Monte Cristallo sono riportati nella Route B. Il giro della Croda Malcora dalle Tre Croci e da Forcella Grande e la salita del Sorapis sono men-zionate nella Route E. Per la salita all’Antelao si veda la Route F, e per quella del Pelmo, la Route G.

Tra le escursioni brevi, degne di nota, vi è quella che attraversa una gola piuttosto breve (Val Ambriciola ?) [Ambrizzola] che sale all’incirca ad ovest, sul lato meridionale di Cortina e conduce a una depressione sul versante nord-ovest del Becco di Mezzodì, un notevole spuntone di roccia dolomitica che si protende in fuori con la forma di un “dente cariato”. La si può imboccare dalla strada diretta a Caprile, ma ciò comporta una significativa deviazione. E’ possibile camminare attorno alla base del Becco, godendo nel frattempo di nobili immagini della Forcella Civetta, del Pelmo e dell’Antelao. Con il ritorno a Cortina per un percorso leggermente diverso, questa rappresenta un’ escur-sione interessante di 5-6 ore.

La salita del Monte Tofana (10,724 piedi) è per l’esperto di montagna una delle spedizioni più attraenti che si possano compiere in questa regione. Par-tendo di buon mattino, un escursionista preparato potrà tornare facilmente

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a Cortina per l’ora di cena, e col bel tempo avrà goduto di una delle più belle viste del Tirolo. La montagna ha tre cime, tutte visibili da Cortina, di cui la più elevata è di sicuro quella centrale. Il picco di sud-ovest - visibile sulla sinistra da Cortina - si ritiene sia stato raggiunto numerose volte dagli abitanti della valle; il picco centrale fu scalato nel 1863 dal Dr. Grohmann con il vecchio Lacedelli; e la vetta nord fu scalata da Mr. Bonney nel 1867 con Angelo Dimaj come guida. Il Dr. Grohmann, dopo aver raggiunto la cresta che collega la vetta di sud-ovest con la principale, girò a destra e seguì la cresta dal lato che guarda alla Val Travernanze, raggiungendo infine la cima attraverso una ripi-da parete ghiacciata. Mr. Bonney seguì una via che sembra molto interessante, indipendentemente dall’obiettivo di raggiungere la vetta. Salendo rapidamente da Cortina, raggiunse in circa 1 ora e 50 minuti una frattura chiamata Forcella della Cesta, sovrastante una piccola gola, o forra, che discende a precipizio verso Podestagno. Passando sopra l’imboccatura di questa gola, si raggiunge in circa 10 minuti un’altra forcella che permette all’escursionista di sovrastare una gola più ampia, un tempo riempita da un ghiacciaio, sulla quale si elevano le cime centrale e settentrionale della montagna, con passaggi che per lo più risultano impraticabili. Senza scendere in basso, Mr. Bonney girò attorno alla gola passando lungo la via sotto un piccolo ghiacciaio. Giunto un po’ oltre la base della cima settentrionale, trovò una fenditura con stillicidioche costitu-iva una via praticabile alla cresta della montagna. Girando a sinistra lungo la cresta, raggiunse la vetta nord in circa 5 ore e ¼ da Cortina. Il ritorno, affret-tato dal cattivo tempo, fu effettuato in 3 ore e 25 minuti. Mr. Bonney considera questa vista tra le più belle in questa parte delle Alpi.

Il massiccio montuoso che culmina nelle tre cime della Tofana disegna quasi un triangolo equilatero, del quale un lato è rappresentato dalla strada che va da Cortina a Podestagno, un altro dal sentiero che corre sopra i Tre Sassi da Cortina a Buchenstein, mentre il terzo, o lato nord-ovest, è costituito dalla Val Travernanze. Questa divide la Tofana da un massiccio più occiden-tale e più basso, che è coronato dalla vetta del Lagazoi [Lagazuoi]. Con una camminata di un giorno, faticosa ma molto interessante, si può fare il giro del Monte Tofana attraverso la Val Travernanze, con ritorno attraverso i Tre Sassi. Si guadagna tempo dormendo ad Ospedale [Ospitale]. Sul versante nord della Tofana, il torrente della Val Travernanze incontra quello della Val Fanis che scorre verso ovest provenendo dalle montagne vicino St. Cassian [San Cassia-no]. All’avvicinarsi della strada tra Ospitale [Ospedale] e Podestagno, il corso d’acqua formato dai due torrenti riceve le acque di un terzo torrente, chiamato

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Antruilles, senza dubbio lo stesso che viene menzionato nella Sez. 60, Route H, attraverso il quale passa il sentiero diretto a Enneberg. Un sentiero per il bestiame conduce lungo la Val Travernanze e sopra il passo che la collega col ramo Buchenstein [Andraz] di Livinallongo. Il nome Lagazoi viene attribuito solo alla porzione più meridionale e più alta della cresta, che divide Traver-nanze da Fanis. Alla sua estremità nord orientale, la cresta è facilmente attra-versabile in varie direzioni. Invece di scendere a Buchenstein e risalire ai Tre Sassi, l’escursionista può tenersi nei pressi dei precipizi della Tofana e, lungo la via, visitare una caverna che è di facile accesso quando la neve è abbondante, altrimenti difficile da raggiungere.

Qualunque sia la vetta in vista, la montagna che attrae maggiormente l’at-tenzione dell’alpinista, a Cortina e per alcune miglia verso il Cadore, è la Croda Malcora [Marcora], nome collettivo dato qui alla vasta catena rocciosa la cui cima più elevata è il Sorapis, descritto in modo più preciso nella Route E.

Il confine tra Italia e Tirolo attraversa la valle del Boita circa 5 miglia sotto Cortina. In breve, la strada passa l’abitato di Chiapuzzo [Chiapuzza] da cui un sentiero sale alla Forcella Grande (Route E), e poco dopo raggiunge San Vito, la dogana italiana. Né chi scrive né i suoi amici possono confermare l’afferma-zione di completa condanna rivolta alla parte più bassa della valle del Boita e dell’adiacente regione del Cadore - “gli alberghi diventano sporchi e i postglioni cominciano ad imbrogliare”. La locanda del villaggio di San Vito era abbastanza pulita, il proprietario premuroso e i prezzi ragionevoli; ma nel 1867 i doganieri italiani avevano preso possesso delle stanze migliori e la casa non era un grade-vole luogo di sosta. Gio. Batt. Giacin è raccomandato come guida.

Per un qualche tempo, prima di raggiungere San Vito, appaiono chiari alla vista due giganti della regione - il Pelmo e l’Antelao, fino a questo mo-mento visibili in modo non perfetto. Il primo non può mancare di catturare l’attenzione dell’escursionista. Una torre isolata, massiccia, di roccia nuda, che si innalza rapidamente ad una quota di 5.000 piedi sopra la sua base; la sua forma è unica nelle Alpi. Per una descrizione della salita vedere la Route G. San Vito può fungere da base di partenza per l’ascesa ad entrambe le vette.

L’aspetto generale della Valle del Boite resta immutato. Anche laddove il torrente si è scavato un letto profondo, la strada segue l’ampio costone gen-tilmente inclinato che si estende fino alla base della grande parete montuosa che chiude la valle sul lato est. All’avvicinarsi della confluenza con il Piave, il Boita approfondisce il solco che ha scavato negli strati superficiali e la strada lo evita voltando alquanto a nord-est così da farsi vicina al Piave al di sopra della

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confluenza. Passati Borca (3,200 piedi) e Vodo (3,120 piedi) dove una grande frana dall’Antelao spazzò via due villaggi nel 1816, la strada raggiunge Venas (2,898 piedi), una stazione di posta dotata di una locanda dignitosa. Qui un torrente proveniente dall’Antelao scende attraverso una gola per unirsi al Boi-ta, mentre la strada si discosta da quel torrente che scompare alla vista alla base di una fenditura impenetrabile. Prima di raggiungere il torrente alla sua confluenza col Piave, la strada fa il periplo del Monte Zucco (3, 985 piedi), che da questo lato appare come una semplice collina rocciosa, ma nella direzione opposta verso il Piave appare come un rilievo alto e ripido. A Tai di Cadore, dove c’è un grazioso alberghetto di montagna, la strada che sale verso la valle del Piave (Route D) devia dalla strada usata per il traffico postale. Questa ini-zia una lunga e ripida discesa sopra la riva destra del Piave e lungo il versante est del Monte Zucco che termina solo alla stazione postale di Perarolo.

(Pieve di Cadore, luogo di nascita di Tiziano, a meno di un miglio da Tai, sulla strada per il Comelico, è descritta nella Route D. Il nome Cadore non appartiene a un determinato villaggio, ma alla regione che circonda la confluenza delle valli del Piave e del Boita. In senso esteso le montagne che racchiudono entrambe le valli sono spesso denominate Alpi del Cadore, ed essendo il nome largamente usato, è stato scelto dall’autore come il più conve-niente per quest’intera regione).

Perarollo [Perarolo] (1,741 piedi), 1,200 piedi al di sotto di Tai, è posto alla confluenza del Boite col Piave. C’è una buona locanda, e molti uomini lavorano nel circondario nel commercio del legname, dato che grosse quantità di legno giungono qui galleggiando dalle valli circostanti e sono poi inviate a Venezia lungo il Piave. Sotto Perarollo, la valle del Piave è una gola brulla con scarsa vegetazione, che ricorda in un certo qual modo la gola del Brenta, de-scritta nella Sez. 59, Route A. La gola si apre un pochino prima di raggiungere Longarone (1,473 piedi), un borgo piuttosto grande con due locande molto buone (Posta; Leone d’Oro), situato alla confluenza del Mae [Maè], che pro-viene dalla Val di Zoldo (Route G), con il Piave. Sull’altro lato della valle la corta gola del Vajont sale fino ad un passo che porta alla valle del Zelline [Val Cellina] (Sez. 62, Route I). La strada postale corre sulla riva destra del Piave fino a raggiungere Capo di Ponte (locanda: Stella Bianca), da dove la strada per Belluno e Feltre (Route D) corre a sud-ovest lungo il Piave, mentre la via diretta per Conegliano e Venezia volge a sud attraverso un’ ampia e profonda apertura tra le montagne. In vista delle torri di Belluno, a 5 miglia scarse di di-stanza, questa strada attraversa il Piave su di un massiccio ponte di legno, a 82

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piedi dal pelo dell’acqua (a 1,270 piedi sul livello del mare). La strada da Capo di Ponte a Ceneda è interessante per il geologo, perché mette in evidenza un fenomeno geologico recente. E’ certo che il corso del Piave un tempo seguiva la valle da Capo di Ponte a Santa Croce e di là a Serravalle. [...].

Route BDa Cortina d’Ampezzo a Schluderbach attraverso il Monte Cristallo

La strada postale tra Schluderbach e Cortina, descritta nella Route pre-cedente, passa lungo i versanti nord e ovest di un piccolo massiccio montuoso che culmina nel Monte Cristallo. E’ tipico della struttura di questa regione delle Alpi, dove l’ architettura delle montagne è ricca di dettagli quanto una cattedrale gotica, che ci sia la possibilità di fare quattro o cinque spedizioni, diverse ed egualmente interessanti, nell’ambito di un’area ristretta. Sfortuna-tamente la mancanza di una mappa di questa parte della regione rende impos-sibili descrizioni comprensibili senza indulgere nei dettagli. Chi scrive è obbli-gato ad affidarsi ai risultati delle accurate esplorazioni della regione pubblicate in un articolo del Dr Grohmann, nello Jahrbuch del Club alpino Austriaco del 1866, nel quale quell’alpinista attivo e perseverante descrive il massiccio di cui si parla in un certo dettaglio, non sufficiente, tuttavia, a rendere compensare il bisogno di una carta geografica.

Sul versante meridionale, verso la testata della valle di Auronzo e il Pas-so Tre Croci, il massiccio principale del Cristallo mostra un fronte piuttosto uniforme, senza le cime e gli speroni vertiginosi che sono caratteristici della maggior parte delle vette di questa regione. Sul versante nord, la situazione è molto diversa, poiché non meno di sei vallette o gole si irradiano dai pic-chi centrali. Descriveremo qui brevemente le escursioni più interessanti che si possono compiere nel tratto tra Cortina e Schluderbach.

Dal Lago di Mesurina. - 4 ore e ½ , passeggiata modesta. Poco a nord in direzione est da Cortina, ogni viaggiatore nota la profonda e ampia aper-tura che separa due dei principali massicci rocciosi di questa regione - quelli della Croda Malcora e quelli del Cristallo. Sopra il costone che li congiunge, si sviluppano la strada per Auronzo e la vallata superiore del Piave (Route E). Un carrareccia piuttosto infelice conduce in cima al passo, ma il viandan-

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te preferirà un sentiero piacevole che risale gradualmente la rientranza della montagna (che non si può definire una valle), per la quale il torrente Bigontina scende verso il Boite. 1 ora ½ di moderato cammino è sufficiente a raggiungere la cima del Passo Tre Croci (5,970 piedi) contrassegnata, come il nome sugge-risce, da tre croci di legno.

Anche se il viandante avrà occasione di visitare molte volte questo luogo, che si trova sulla via di numerose escursioni da Cortina, potrà trarre godimen-to dalla nobile vista verso occidente, sopra il verde bacino di Ampezzo, difeso a nord dalle selvagge rupi della Tofana; qui dappresso vedrà elevarsi il Monte Cristallo, verso nord, e il Piz Popena. Non è, tuttavia, visibile da questo punto di osservazione la Croda Malcora, in tutta la sua grandezza. A sud-est la vista scorre sulla Val Buona [Val Bona], che dà il nome all’estremità superiore della valle di Auronzo, e sullo sfondo si erge nella sua imponenza l’estesa catena del Marmarolo [Marmarole], con piccoli ghiacciai incuneati nelle fenditure tra le sue torri gigantesche. A est-nord-est, circa nella direzione seguita durante la salita da Cortina, vi è un’apertura simile nella forma a quella del Passo Tre Croci con la stessa altezza, tra il massiccio del Monte Cristallo e le cime chia-mate Cadine o Cadinspitzen [Cadini di Misurina]. Nella profondità tra di esse, giace l’Alpe di Mesurina. Può essere conveniente cercare una guida o seguire le indicazioni di un pastore, nel passaggio dal Passo Tre Croci al lago, giacché il terreno è accidentato e vi sono numerosi sentieri per il bestiame in diverse direzioni, che possono trarre in inganno. I vasti pascoli dell’Alpe di Mesurina circondano, infatti, un incantevole laghetto, il Lago di Mesurina [Misurina], divenuto celebre per le sue trote deliziose. Di lì in avanti, oltrepassato un co-stone piuttosto basso, di soli 5,930 piedi, la strada corre lungo la Val Popena, la più orientale delle valli situate sul versante nord del massiccio del Cristallo. La cima del Piz Popena non si vede dalla valle e la montagna dominante è la Drei Zinnen [Tre Cime] (9,833 piedi), le cui tre elevazioni sono visibili dalla stazione di posta di Landro. Passando tra questo rilievo e quello considerevol-mente più basso del Monte Pian [Monte Piana], il viandante scende al livello dell’arida piana a sud del Dürren See e raggiunge Schluderbach in 1 ora e ½ dall’Alpe di Mesurina. Questo è l’itinerario più piacevole e interessante per l’escursionista diretto da Cortina a Schluderbach. Quello descritto qui di se-guito è preferibile per l’escursionista che va nella direzione opposta.

Da Schluderbach a Cortina attraverso la Val Grande. - Circa 4 ore e ¼. Si segue la strada fino ad Ospedale. Là, come accennato nella Route A, la gola chiamata Val Grande si apre piuttosto ad est di quella diretta a sud. Essa di-

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vide la parte più alta del gruppo del Cristallo da quella occidentale, più bassa. Quest’ultima si mostra sopra la strada tra Podestagno e Cortina con l’aspetto di un costone ripido e aspro, ma non molto alto, chiamato Pomagognon [Po-magagnon]. Accanto ad esso, alla testata della Val Grande [Val Padeon] c’è la Croda Cerdellis [Croda Cestelis/Zestelis], un po’ più elevata. Una facile salita di 2 ore da Ospedale porta in cima al passo - chiamato localmente La Forca [Son Forcia] - che divide la cima appena menzionata dal massiccio principa-le del Cristallo. Per godere il panorama è necessario salire su di una piccola altura, adiacente al passo. Una discesa piuttosto ripida, ma non difficoltosa, porta in ½ ora o anche in un tempo minore da La Forca alla cima del Passo Tre Croci, da cui si raggiunge Cortina in un’altra ora di cammino. Vi è un’altra sella, chiamata Zumelles [Sumeles], alquanto più a ovest della Forca (tra Croda Cerdellis e Pomagognon?) che costituisce una via più diretta per Cortina; ma è un po’ più alta e la discesa per essa è più ripida.

Un escursionista che parte da Carbonin e non ha occasione di scendere a Cortina può attraversare La Forca, quindi passare a sinistra sotto le grandi rupi del Monte Cristallo e ritornare attraverso il Lago di Mesurina e la Val

Cristallo e Pic Popena, da A.B. Edwards, “Untrodden peaks and unfrequented valleys. A midsum-mer ramble in the Dolomites”. London, R. Routledge and Sons, 1890

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Popena in poco meno di 6 ore, soste escluse - una passeggiata agevole ed af-fascinante.

Attraverso il Passo-Cristallo. - Circa 6 ore. Diversamente da quelli de-scritti sopra, questo passo deve essere considerato piuttosto difficoltoso, molto gradito agli alpinisti esperti; comporta l’utilizzo di funi e piccozze da ghiaccio e sangue freddo. Il passo era stato attraversato molto di rado da cacciatori di camosci, finché il Dr Grohmann non lo attraversò per primo nel 1864: gli dette il nome e ne calcolò l’altezza dopo accurate misurazioni barometriche. Il Passo-Cristallo (9,282 piedi) [Passo del Cristallo] è una profonda spaccatura tra le due cime più alte del massiccio, il Monte Cristallo (10,644 piedi) e il Piz Popena (10,389 piedi), simile per molti aspetti alla Bocca di Brenta descritta nella Sez. 40, Route H. Sul versante nord un ghiacciaio piuttosto considerevole scende verso la Val Fonda, una delle insenature del Cristallo, il cui ingresso si raggiunge in un ¼ d’ora da Carbonin. La Val Fonda è una conca profonda ricoperta di detriti dolomitici e racchiusa tra pareti della stessa roccia. Termi-na, a circa 1 ora e ½ da Carbonin, in una fenditura, percorsa, tra rocce aguzze, dall’acqua del ghiacciaio del Cristallo. Vi sono due passaggi, noti solo a poche guide di Ampezzo e a Ploner, il proprietario terriero che vive a Carbonin, che permettono di superare le rocce. Raggiunto il terrazzo roccioso, sopra il crepaccio, il ghiacciaio con la piccola morena terminale è vicino, a portata di mano. Onde evitare la parte più ripida del ghiacciaio è meglio salire per quasi ½ ora attraverso la morena laterale destra (che resta alla nostra sinistra, salendo), fino a raggiungere il punto in cui la pendenza del ghiacciaio diventa dolce e i crepacci pochi di numero. Solo in un punto, all’incirca al centro del ghiacciaio, il Dr. Grohmann ha incontrato qualche difficoltà, a causa delle fen-diture e delle condizioni del ghiaccio con molti crepacci. Nell’avvicinamento alla cima, che si raggiunge in 4 ore da Carbonin, la pendenza è molto lieve. Ma il passo consente una vista ravvicinata e l’interesse dell’escursione sta tutto nell’inestimabile scenario roccioso. Pochi altri luoghi nelle Alpi, che si possa-no raggiungere con un impiego così basso di tempo e fatica, sono altrettanto selvaggi e singolari. Anche se ripida, la discesa è facile e tutt’altro che faticosa: si percorre una gola, o un solco coperto di detriti fini, qui denominati grava [ghiaia]. Nel discendere, la vista del Sorapis, del Pelmo, della Civetta e di altre cime di questa regione è davvero appagante. Poiché il terreno è favorevole ad una discesa rapida, un alpinista allenato può agevolmente raggiungere Cor-tina in 2 ore dalla cima. All’inizio dell’estate, la fenditura tramite cui discen-dere diviene probabilmente un corso d’acqua che proviene dallo scioglimento

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delle nevi della parte superiore del passo, il che potrebbe rendere impegnativa e sgradevole la discesa.

La salita del Monte Cristallo è stata compiuta per la prima volta, dal Passo-Cristallo nel settembre 1865, dal Dr Grohmann, accompagnato da due guide locali. Rimontando un breve declivio ghiacciato, essi compirono la gran parte della scalata su cenge che corrono lungo la faccia della montagna, rivolta al Passo Tre Croci. Anche se appaiono dal basso molto sottili, queste cenge consentono generalmente un passaggio agevole. Ad una quota di circa 10,000 piedi, il Dr Grohmann, raggiunse una piccola sporgenza sul limitare del pre-cipizio, da cui un canalone piuttosto profondo conduce alla parte più alta della montagna. La vetta si raggiunge in 2 ore e ½ dal passo, escluse le soste, e la maggior parte del percorso è pura arrampicata; ma sembrerebbe che vi fossero solo uno o due “punti difficili”. La vista da lassù è naturalmente molto ampia, ma è da tener presente che la ragione principale della scalata delle cime di que-sta regione sta nella scalata stessa. Una volta che l’alpinista avrà acquisito una certa familiarità con la roccia, così da non sentirsi a disagio in luoghi dalla superficie accidentata, dove pezzi di roccia si staccano con le mani, darà prefe-renza alle arrampicate su roccia dolomitica rispetto a tutte le altre, scoprendo che esse danno più eccitazione e sono più varie delle ardesie cristalline o per-sino del granito. Il Signor Tuckett ha raggiunto la vetta con Santo Siorpaes in 5 ore da Cortina ed è sceso a Carbonin in 3 ore e ¼, escluse le soste.

Il Cristallino (9,238 piedi), una delle creste secondarie del Cristallo, che si innalza tra la Val Popena e la Val Banche [Val de Bance], è stato scalato dal Dr Grohmann. Il Signor Sowerby che tentò di raggiungere tramite esso il Lago di Mesurina, fu condotto in mezzo a mille difficoltà dalla guida sopra ricordata - A. Molins - e fu costretto a discendere per la Val Popena e quindi ritornare a Carbonin.

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Route CDa Cortina d’Ampezzo a Belluno per Agordo

[...] Come ricordato nella Route H della Sez. 60, la parte terminale supe-riore della valle del Cordevole a nord della frontiera col Tirolo è chiamata col nome collettivo di Livinallongo. Essa è separata dalla regione d’Ampezzo, alla testata della valle del Boite, da una dorsale un po’ più alta e continua rispetto alla maggior parte delle dorsali interposte tra le cime principali. Le sommità maggiori nella dorsale, che collega la Tofana col Pelmo, sono le seguenti: Nu-volau, Monte Gusella, Monte Carnera [Cernera], Punta di Formin (8,858 piedi) e Becco di Mezzodì (8,789 piedi).

Il costone è attraversato da una moltitudine di sentieri per animali e la strada per Caprile può avere molte varianti; ma è sufficiente qui ricordare quelle più convenienti per il viaggiatore.

1. da Cortina a Caprile per il Monte Giau. Questo ultimo è chiamato talvolta Passo del Monte Gusella, ma Monte Gusella (8,499 piedi) è il nome della sommità che emerge tra il passo e il Nuvolau. [...] . La strada da Cortina oltrepassato il Boite e il gruppo di case di Meleres, sale dolcemente lungo la valle boscosa del Rio Torto, fino a che raggiunge gli ampi pascoli del Monte Giau, che si estendono su entrambi i versanti del passo. Prima di raggiungerlo il sentiero si divide, dato che vi sono due punti, di altezza quasi eguale, in cui si oltrepassa la dorsale. In entrambi i casi si impiegano 2 ore e mezza o 3 ore. La vista dalla cima del passo è incantevole dovunque si guardi e la Marmolata si vede molto bene; ma del Pelmo si ha una vista migliore da Colle Sta [Santa] Lucia più in basso. I due passi, di cui sopra, corrispondono a due corte vallette verdi chiamate localmente Val Zonia e Val Piezza, che si riuniscono più in bas-so in Val Fiorentina. L’altezza del passo per Val Zonia è di 7,511 piedi. Il torrente che scorre in questa valle che confluisce nel Cordevole a Caprile, costituisce per qualche tratto la frontiera tra il Tirolo e Venezia, lasciando al primo il vil-laggio di Colle Sta Lucia (4,858 piedi) (spesso chiamato solo Colle) sulla riva destra, mentre Selva (4,482 piedi), ad un livello più basso sulla riva opposta, appartiene all’Italia. Vi sono colà molti sentieri ed è possibile evitare entrambi i paesi. Il terreno è molto aspro e in un luogo è necessario salire ancora su di un pendio a destra, prima della discesa finale per Caprile. Il viaggiatore è tuttavia ricompensato della fatica ulteriore da una visione squisita delle montagne, in cui Pelmo e Civetta si contendono il primato della maggiore grandiosità. [...]. Una discesa ripida e non agevole conduce in circa 2 ore dalla cima a Caprile

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Sasso di Ronch, da A.B. Edwards, “Untrodden peaks and unfrequented valleys. A midsummer ramble in the Dolomites”. London, R. Routledge and Sons, 1890

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(3,376 piedi). Il Leone di San Marco, su di una lapide [colonna] di marmo alla fine del paese, fa capire che esso fu per lungo tempo villaggio di frontiera per Venezia. Di fronte al rimpianto generale dei viaggiatori, finalmente è stato ria-perto l’albergo Pezzé, che era rimasto chiuso per un tempo; esso è stato miglio-rato di molto dalla signora Pezzé assistita dal figlio. Quando il locale è pieno, un’accoglienza accettabile si può avere in un’altra locanda a circa 70 iarde più in alto sulla strada maestra. Il paese è così vicino alla base della Marmolata, del Pelmo e della Civetta che, nonostante la maggior parte dei viaggiatori che compiono la salita di quelle montagne preferiscano sceglier luoghi di partenza più prossimi alla cima, essi possono tranquillamente tornare per cena a Ca-prile. Numerose brevi escursioni di grande interesse vi si possono compiere, adatte ad escursionisti meno esigenti e un buon albergo colà avrà la certezza di attirare frequenti visitatori. La guida adatta ad escursioni di qualsiasi difficoltà è Pellegrini [Pellegrino Pellegrini] che abita in un gruppo di case nei pressi di Rocca [Rocca Pietore]. E’ un buon alpinista e un compagno socievole.

2. Da Cortina a Caprile per i Tre Sassi. La strada dei Tre Sassi è stata descritta nella Sez. 60, Route H, essendo in linea diretta dalla valle del Gader a Cortina. Si può imboccare sulla strada per Caprile, dato che è solo un po’ più lunga di quella per il Passo Giau, e più comoda per le signore, giacchè esse possono andarvi su carrozza leggera fino al ponte sotto Buchestein15 [Andraz - Livinallongo] e di qui a piedi per poco più di un’ora. La strada da Cortina si tiene sul lato nord della Val Falzarego, che corre dal passo [di Falzarego] lungo il basamento nord della Tofana [...]. Scendendo per il Castello di Buchestein al gruppo di case di Buchestein o Andraz, il viaggiatore diretto a Caprile deve lasciare la nuova strada sulla riva destra della valle fino alla Pieve di Andraz.

3. Per Monte Val [Mondeval] . Nella Route A, nel descrivere le escursioni da Cortina, si è fatto riferimento ad una valle (denominata dal Dr. Grohmann Val Ambriciola [Ambrizzola]) che risale prossima al villaggio nella direzione del Becco di Mezzodì. Per quella strada il viaggiatore può raggiungere uno dei rami superiori della Val Fiorentina, i cui pascoli estesi sono chiamati Monte Val. Un buon sentiero scende poi di là fino a Selva (4,482 piedi) il villaggio principale della valle, e quindi a Caprile [...].

4. da Caprile a Belluno. Una carrareccia piuttosto sconnessa corre lungo la valle del Cordevole sotto Caprile. All’inizio lo scenario non è molto inte-

15 L’autore usa il termine tedesco Buchestein, lett. “la Rocca dei faggi” che si riferisce ad Andraz con suo Castello (come vediamo di seguito), poi esteso a tutto il comune, così come Fodom, collettivo da fadus “faggio” per la zona di Andraz, viene ad indicare l’intero Livinallongo.

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ressante, ma a poco più di 2 miglia da Caprile, il viaggiatore raggiunge l’affa-scinante piccolo Lago di Alleghe (3,220), la gemma di questa valle16. Il grande difetto delle Dolomiti è la mancanza di laghi - dato che le cavità coperte d’ac-qua che s’incontrano qua e là tra le montagne non sono degne generalmente di questo nome - e l’incidente che ha prodotto questa distesa di acqua azzurra dà alla Civetta, la cui sagoma si rispecchia nel lago, un fascino che nessuna altra montagna rivale possiede.

[...] Nella parte terminale del lago a sud, la carrozzabile compie una ripi-da discesa sopra gli accumuli di roccia e di detriti che fanno da diga alle acque [...], essa si tiene poi sulla riva destra del Cordevole e a circa 4 miglia al di sotto della delimitazione sud del lago, o ad 8 miglia da Caprile, raggiunge

Cencenighe (2,544 piedi), un paese che sorge alla confluenza del Biois nel Cordevole [l’autore rimanda alla Sez. 59, Route L, per Val del Biois]. Vi è una locanda umile ma pulita, e di qui il viaggiatore può salire la Cima di Pape (8,239 piedi), una cima a sud ovest del villaggio, formata per lo più da ceneri e scoriae vulcaniche consolidate. L’ascesa non è considerata difficile.

16 Note di grande interesse e precisione, a conferma della serietà della Guida, sono quindi for-nite sulla formazione del lago a causa della frana del Monte Piz (nel testo Monte Pizzo) del gennaio 1771 (l’autore annota gennaio 1772)

Belluno, da J. Gilbert, “Cadore or Titian’s country”, London, Longmans Green and Co., 1869

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Una vista probabilmente migliore si può godere dal Monte Pelsa (7,943 piedi), sul lato opposto della valle principale. Esso può considerarsi un contrafforte periferico del massiccio della Civetta di sud ovest. Lo si può raggiungere più facilmente da Listolade (vedi più avanti) ma la salita è più ardua di quella di Cima Pape.

(Il viaggiatore che voglia conoscere alcune delle grandiose cime che si elevano tra Cencenighe e San Martino di Castrozza dovrebbe partire da Cen-cenighe o meglio da un albergo a Forno di Canale e portarsi di qui a Gares - vedi Sez. 59 Route L. Da Gares un strada da pascolo porta all’Alpe Malgonera sulla sommità della dorsale che divide Gares dalla Valle di San Lucano. Dal passo chiamato Caos la Forcella [Forcella di Caóz] (6,355 piedi), un sentiero battuto scende giù nella valle di San Lucano fino alla sua confluenza con il Cordevole). A Cencenighe comincia la strada carrozzabile che porta a Bel-luno. Nel borgo di Fae [Faè] la strada attraversa la riva sinistra e subito dopo raggiunge Listolade, un borgo situato all’imboccatura della Val Corpassa, una gola estremamente selvaggia dalla quale si effettua talvolta la salita del Monte Pelsa. Lo scrivente ritiene che sia possibile attraversare la catena che collega questo monte con la cima della Civetta, scendendo fino al Cordevole sopra Cencenighe. Questa dovrebbe rivelarsi una bella escursione.

Sul lato opposto del Cordevole, 1 miglio sotto Listolade, si trova Taibon, all’imbocco della valle di San Lucano, tramite la quale una via interessante per il Primiero è annotata nella Sez. 59, Route K. Poco più avanti a circa 1 miglio c’è

Agordo (2,060 piedi), il centro della Val Cordevole. E’ una cittadina di circa 3,000 abitanti con una larga piazza che ospita in uno dei lati il palazzo del conte Manzoni, proprietario terriero risiedente là. L’albergo migliore su cui sono giunti commenti favorevoli è situato nella piazza. Nulla di più bello della posizione di Agordo. Essa sorge all’imbocco di numerose valli laterali, nel mezzo di un terreno quasi livellato o con dolce pendenza, circondato da scenari rocciosi di suprema bellezza. Specialment le Palle [Pale] di San Lucano impressionano il visitatore: si ergono in assoluta verticalità alla biforcazione tra il torrente principale e la Valle di San Lucano. Molti sentieri convergono ad Agordo. I più frequentati sono quelli che conducono al Primiero, o tramite la miniera di mercurio di Val Imperina o tramite la via più corta per Gosaldo (Sez. 59 Route K). [...]. Nella direzione opposta, due passi conducono a Forno di Zoldo. Per la Val di San Lucano si arriva a Gares mentre per la strada lunga di tipo peripatetico, ma molto interessante, tramite la Val di Canale, si giunge

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al Primiero (sez. 59 Route K). La vegetazione della valle intorno ad Agordo è davvero singolare. All’ombra delle balze rocciose dei dintorni, molte specie Alpine si propagano lungo la valle e fioriscono allo stesso livello dei peschi, dei castagni e perfino dei vigneti. L’inconveniente di Agordo, nella stessa valle, è invece rappresentato dall’effetto delle miniere contigue a Val Imperina sul ter-ritorio circostante: le miniere di rame, infatti, uno stabilimento governativo governativo, sono rimaste a lungo operative e pochi anni fa producevano circa 200 tonnellate di rame all’anno. Oltre Agordo, nella stessa vallata sorge una miniera di mercurio, che è più importante e gestita da una compagnia privata. Il processo adottato per ridurre il minerale di mercurio allo stato metallico viene considerato efficiente e tale da risparmiare la salute dei minatori, men-tre i fumi e vapori che arrivano fino ad Agordo quando il vento soffia da sud, sono le esalazioni sulfuree che provengono dalle miniere di rame e non hanno alcuna relazione con quelle di mercurio.

Una carrozza porta da Belluno ad Agordo, partendo presto la mattina, con ritorno nel pomeriggio. Dopo essere passati vicino alle miniere di rame, e sotto un roccione che viene denominato Castello di Agordo [I Castei], anche se il castello che esisteva è scomparso, la strada entra in una gola molto inte-ressante di grande bellezza. Essa è più stretta, più selvaggia, più affascinante di quella del Brenta descritta nella Sez. 59 Route A, ma carente di quegli elementi di contrasto che rendono così imponente l’ingresso in Italia. Come quella era denominata Canal di Brenta, così questa mantiene il nome che allude alla do-minazione veneta di Canal di Agordo. Vicino ad una locanda sulla strada, det-ta La Stanga, il viaggiatore supera una gola laterale che è ciò che si può vedere dell’imbocco della Val di Piero.

[...] Raggiungendo Mas (1,215) poco sotto Peron, le dorsali che avevano finora tenuto il canale del Cordevole confinato, cedono il passo all’ampia e aperta valle del Piave. La strada per Belluno lascia il Cordevole, che si ricon-giunge col Piave a metà strada tra quella città e Feltre, e passa sopra un tratto ondulato di colline del Terziario fino a che essa incontra la strada da Feltre nei pressi di

Belluno (1,256 piedi), città pittoresca con quasi 12.,000 abitanti. Ha nu-merosi alberghi, i migliori sono Due torri (molto buono) e Leone d’Oro. La cat-tedrale, opera del Palladio17 ha un campanile che domina su di un panorama molto bello spaziando sul territorio che circonda Belluno. Il vallone ampio del Piave è coperto di arenaria che risale al Terziario, attraverso la quale il fiume e i 17 Forse il Ball non ha potuto ricevere informazioni più precise in proposito

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suoi tributari hanno inciso canali profondi. L’altezza indicata sopra si riferisce al basamento della cattedrale, ma il livello ordinario del fiume è inferiore di 179 piedi. Ulteriori notizie sulla valle si trovano nella Route che segue.

Una succursale del CAI è stata aperta ad Agordo e gli alpinisti che pro-gettano escursioni nelle vicinanze possono contare su di un’accoglienza cor-tese e ricevere ogni informazione disponibile.

Route DDa Feltre a Forni Avoltri in Friuli

Negli ultimi pochi anni la strada attraverso la valle del Piave, che non era praticabile per carrozze, sul passo che congiunge la testata di questa valle con il Friuli, è stata ampliata fino a Forno [Forni] Avoltri, il paese più alto del ramo settentrionale del Tagliamento. Questa è di per sè stessa una strada molto interessante e offre una agevole via che associa un giro delle Alpi del Ca-dore con una visita alle valli superiori del Tagliamento. Alloggi molto buoni si trovano a San [Santo] Stefano e a Sappada.

La parte bassa della valle è descritta nella Route C in cui viene tracciato l’itinerario da Bassano a Feltre. Quest’ultima città sorge su di un terrazzo a 300 piedi sul livello del Piave e a 2-3 miglia di distanza dal fiume18.

Di qui a Capo di Ponte, sopra Belluno, la valle è ampia e leggermente in pendenza, delimitata da montagne da entrambi i lati, con il suolo piutto-sto ondulato, coperto da depositi di sabbia che risalgono al Terziario. Senza alcuna pretesa di grandezza, compaiono alla vista, qua e là ad intervalli, le cime più alte delle Alpi del Cadore: il paesaggio è estremamente gradevole. Molte delle grandi ville di proprietà privata lungo la strada sono circondate da terreni prativi con piantagioni sparse, rassomiglianti a parchi inglesi più che in ogni altra parte dell’Europa meridionale. Una strada sulla riva sinistra del Piave porta a Lentiai e Mel, e promette una bella vista delle alte montagne che

18 L’autore rimanda alla descrizione della città nella sez. 59, p. 449: Feltre (alberghi: Vapore, molto buono, Aquila d’Oro) è una piccola città che si considera tra le più antiche in Europa sorge su di una sopraelevazione alla confluenza della Cormeda [Colmeda] nel Sonna, l’antico castello detto La Rocca (1,085 piedi) e la cattedrale (1,051 piedi) che si trova in basso, essendo la città molto al di sopra del livello della strada. Tra gli altri cittadini di fama, Feltre ha dato i natali a Panfilo Castaldi, che viene considerato come l’inventore della stampa a caratteri mobili, e Vittorino da Feltre, un monaco che eresse il primo Monte di Pietà, istituzione ancora presente in città

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sorgono a nord ovest della valle; ma la strada postale si tiene quasi alla base delle colline, generalmente ad una distanza considerevole dalla riva destra del fiume. A poco più di metà della strada da Feltre un lungo ponte attraversa l’ampio letto del Cordevole a Bribano: vi si possono notare massi di porfido e di altre rocce ignee rotolate giù dalle montagne che circondano le sorgenti del torrente. La valle diminuisce di ampiezza nell’avvicinarsi a Belluno (vedi l’ultima Route).

Nello spazio tra la città e Capo di Ponte, ciò che attira maggiormente l’attenzione del viandante è il Monte Serva (6,968 piedi). La sommità che si eleva a ovest nord ovest di Capo di Ponte domina uno scenario estremamente interessante perché, oltre alla maggior parte delle più alte cime del Cadore, essa sembra controllare dall’alto la parte più bella della valle del Piave insieme con l’antico corso del fiume tra Capo di Ponte e Serravalle. Il lago azzurro di S. Croce, e quindi la laguna di Venezia e il Mar Adriatico a grande distanza com-pletano il panorama. La vista dal Monte Cavallo (Sez. 62 Route I) aggiunge al panorama una parte ulteriore della costa e della bassa pianura, ma rimane, tuttavia, inferiore per grandiosità alla vista dal Monte Serva

E’ preferibile salire il Monte Serva dalla gola scavata dal torrente Ardo, che si butta nel Piave a Belluno. Un buon camminatore potrebbe anche raggiunger-ne la sommità, dalla strada per Longarone, discendendo poi per ricongiungersi con la principale, due miglia a nord di Capo di Ponte; ma la salita da questo versante è più faticosa di quanto si possa immaginare, perché il viandante non può dimenticare che il punto di partenza è una valle bassa e piuttosto calda. La strada da Capo di Ponte a Tai è descritta nella Route A. Sopra Longarone il botanico può osservare l’apparizione frequente sulle rocce a lato della strada di Spirea decumbens. Essa è confinata nella valle superiore del Piave e nelle valli contigue del Friuli. A Tai di Cadore la strada maestra per Cortina gira brusca-mente a sinistra, mentre un tratto breve di strada a destra conduce a

Pieve di Cadore (2,907 piedi), una pittoresca cittadina con un discreto alberghetto (tenuto da Toscani?), più a buon mercato e più tranquillo di quello di Tai. Sorge su una specie di sella che collega la parte occidentale della valle con un roccione possente che si protende come un promontorio sopra il gorgo profondo del Piave. Esso era coronato da un antico castello, tenuto lungamen-te dai Veneziani per proteggere questo ingresso nel proprio territorio finché esso non fu preso dai Francesi nel 1796.

Il nome della cittadina è conosciuto per essere stato il luogo di nascita di Tiziano Vecellio. Uno (l’ultimo?) dei discendenti della stirpe del grande

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pittore - Alessandro Vecellio, morì qui pochi anni fa. La casa paterna del pit-tore (una comune casa di montagna) è segnata da un’iscrizione; una grande figura di lui “circa 14 piedi in altezza”è dipinta sulla torre cittadina (campa-nile adiacente alla pretura. Il grande uomo non ebbe la possibilità di lasciare segni evidenti del suo genio nel paese natio. Vi sono due dipinti qui attribuiti a Tiziano. Quello che precedentemente era in casa Jacobi, ora nella chiesa, fu probabilmente eseguito in parte dal maestro. L’altro, conosciuto come il dipinto “Genova”, è stato così tanto ritoccato o ridipinto che è arduo definirne l’attribuzione.

Il viaggiatore, che avesse la possibilità di fermarsi qui, non dovrebbe perdere la vista dalla rocca del castello e compiere una deviazione lungo la costa del Monte Zucco (Route A); procedendo verso l’estremità del costone, si può godere di una vista impressionante sulla gola del Boite e, guardando in direzione ovest, il Pelmo appare in tutta la sua imponenza. Una passeggiata un po’ più lunga raccomandata dai signori Gilbert e Churchill è la salita ad un colle a nord ovest di Tai su cui sorge la chiesetta di San Dionigi [San Dionisio]: si impiegano 3 ore di tempo. La Forcella Piccola per raggiungere San Vito è descritta nella Route F.

Cavalli e veicoli non sono spesso disponibili a Pieve di Cadore, ed è ge-neralmente necessario mandare a prenderli a Tai, e talvolta a Venas.

Lo scenario della valle superiore del Piave è estremamente bello e, men-tre il viaggiatore oltrepassa lo sbocco di successive valli laterali, egli riceve di solito la promessa di panorami ancora più selvaggi e impressionanti. Il primo considerevole villaggio verso il quale la strada scende dalla Pieve è Domegge, distante 3 o 4 miglia. Vi si trovano dipinti di dubbia autenticità attribuiti a Tiziano nella cappella di San Barnaba e di San Rocco. La strada volge ora verso la parte finale ad oriente della catena del Marmarolo [Marmarole], che meritano di essere annoverate tra i giganti delle Dolomiti. La cima di alcune delle straordinarie torri di roccia che formano la catena sono visibili da Pieve di Cadore e da altri posti lungo la strada, ma per apprezzare adeguatamente la grandezza del gruppo, il viandante deve visitare la valle di Auronzo (Route E). Oltrepassato Lozzo (2,482 piedi) con una locanda tenuta dal farmacista del paese, la strada comincia a salire con maggior regolarità verso l’apertura di quella valle attraente nella quale la cupola della nuova chiesa di Auronzo si rende visibile per un momento. L’abilità degli ingegneri si vede ai Tre Ponti (2,401 piedi) eretti alla congiunzione del Piave e dell’Anziei [Ansiei] dalla valle di Auronzo. Arcate e gettate 90 piedi sopra i 3 corsi d’acqua sono state fatte per

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appoggiarsi su un unico pilastro centrale, permettendo così la comunicazione con entrambe le sponde di tutti e due i fiumi. Sopra la giunzione, il Monte Cornon [Tudaio], che torreggia sul lato sinistro del Piave diviene l’elemento dominante della valle. Lo scenario è selvaggio proprio come il montanaro lo desidera, ma lo stretto passaggio si apre prima di raggiungere

San Stefano [Santo Stefano] (3,127 piedi), il centro del ramo superiore della valle, che forma la regione del Comelico. L’albergo (Aquila d’Oro?) è mol-to buono per un luogo così remoto. Una buona guida, di nome Felice Pomarè, viveva in precedenza nei pressi del villaggio. Egli conosce il territorio molto bene, e sarebbe in grado di raccontare stani racconti su orsi nella zona, che sembrano qui più comuni che in ogni altro luogo delle Alpi. Sui pascoli alpini il viandante potrebbe sentire il suono del corno echeggiare spesso nei din-torni, prodotto da un ragazzo allo scopo di avvertire della presenza di questi visitatori sgraditi.

A San Stefano la valle si biforca. Di qui la direzione principale è passata da nord nord-ovest a nord est. Da qui in poi il viandante sale quasi diretta-mente ad est, verso la testata della valle principale, mentre il torrente Padola scende da nord nord-ovest per un ramo egualmente considerevole. Quella via porta ad Innichen, menzionato nella Route H.

Sopra San Stefano la valle assume un’aria pastorale e l’occhio, quasi af-faticato dalla opprimente grandezza dei grigi precipizi incontrati, riposa ora con piacere sui prati verdi e gli alberi cedui del Comelico. Passato l’ingresso per Val Visdende, una bella gola che in una direzione permette di raggiungere la cima del Monte Peralba (par. 62 Route D) e conduce anche, verso nord, per altro ramo, alla valle superiore della Gail, la nuova strada sale a Sappada, nota dai suoi abitanti di origine germanica come Plon [Ploden] e chiamata anche Granvilla. Essa comprende due raggruppamenti principali di case, dei quali il più distante a livello della sommità del passo, è conosciuto localmente come Cima. Il comune è abitato da una colonia tedesca, che sembra sia emigrata in qualche periodo remoto dalla Val Pusteria. Vi è un buon albergo di montagna, e la posizione è gradevole e può servire come centro per parecchie escursioni. Un po’ sotto il gruppo più grande di casolari (4,026 piedi sul livello del mare) una gola si apre in direzione sud ovest e porta su in cima alla Terza Grande (8,474 piedi). Nel lato opposto o versante nord della valle si erge il Monte Ri-naldo, ma a Cima (circa un miglio e mezzo sopra il villaggio principale) una corta gola si apre verso nord e conduce diritto su alla nobile cima del Monte Paralba [Peralba], di cui si dirà più avanti alla Sez. 62, Route D. Esso non è

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direttamente accessibile dal lato sud. Una breve ma piuttosto ripida discesa conduce da Cima a Forno [Forni] Avoltri (3,492 piedi), il più alto villaggio del Degano o ramo nord del Tagliamento. Trovandosi nell’immediata vicinanza di un magnifico scenario, questo luogo potrebbe essere scelto dai viaggiatori se fosse provvisto di un buon albergo. Quello trovato da chi scrive nel 1857 era sporco e sgradevole, ma successivi viaggiatori hanno dato un riferimento più favorevole sul “Cavallo Bianco”. Il mais cresce lussureggiante intorno a Forni Avoltri, mentre non frumento ma avena sembra crescere intorno a Sappada. La valle di Degano o Canal di Gorto è descritta nel prossimo paragrafo.

Route Eda San Stefano a Cortina per Auronzo. La Croda Malcora [Marcora]

La valle di Auronzo squisitamente bella si trova sulla strada diretta per un viaggiatore che si avvicini a Cortina dalla testata della valle del Piave; ma ha tali potenti attrattive ed è di così agevole accesso, che nessun viaggiatore rim-piangerà di compiere la leggera deviazione necessaria per raggiungere Cortina per questa via dalla strada maestra a Tai di Cadore, essendo l’escursione facil-mente compiuta in un solo giorno. Molti viaggiatori, oltre al presente scrittore, hanno sperimentato la difficoltà di evitare l’uso di superlativi nel descrivere questa regione, ma non è troppo dire, con le immagini di molte altre splendide vedute presenti alla memoria, che egli cerca invano qualche valle che offra più squisite combinazioni del grandioso, del bello, e del fantastico, di quelle che si trovano qui con tempo favorevole. Una buona strada per veicoli leggeri condu-ce su per la valle per una distanza di 9 miglia sopra il paese di Auronzo; o in non oltre 3 ore ½ circa di facile cammino da Cortina. Il viaggiatore che voglia conoscere la valle pienamente, può passare attraverso Forcella Grande, anche qualora non sia tentato di affrontare la difficile salita del Sorapis.

Partendo da San [Santo] Stefano in carrozza, è necessario discendere la valle del Piave per una distanza di 5 o 6 miglia per raggiungere l’imbocco della valle di Auronzo, e poi risalire per la riva sinistra dell’Anziei [Ansiei] al paese, circa 4 miglia dai Tre Ponti, ricordati nell’ultimo itinerario. Vi è una via molto più corta a piedi, ma che comporta una leggera salita, e con una guida locale il viaggiatore in 2 ore da San [Santo] Stefano raggiungerà

Auronzo. Esso comprende due villaggi separati dei quali il più basso det-to Villa Piccola [Villapiccola] (2,911 piedi), ha una grande chiesa nuova. Più

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avanti c’è Villa Grande [Villagrande], in cui ci sono o c’erano due alberghi. I riferimenti sull’ospitalità qui sono discordanti, ma per lo più sfavorevoli. L’ul-tima informazione dice quanto segue: “Albergo in Auronzo molto decoroso; è nel mezzo del villaggio, un po’ ritirato dalla strada, nella parte nord” (F.L.L.). La stessa casa nel 1867 aveva “cibo tollerabile, letti puliti ma pavimenti spor-chi” (S.R.G.). “Un albergo (senza insegne) si trova sul lato sinistra della strada (scendendo la valle) vicino a una chiesa: è poco decoroso quanto può esserlo. L’altro credo non sia migliore” (T.G.B.). Piero Orsolina, famoso cacciatore di camosci, è qui la guida migliore. Egli conosce bene la maggior parte del terri-torio di Cortina. La grande varietà di scenari di cui il viaggiatore può godere nella valle di Auronzo proviene in gran parte dal corso sinuoso del torrente. La testata della valle principale è collegata al basso Passo Tre Croci, ricordato nella Route B, che si trova tra i due massicci della Croda Malcora e del Cri-stallo. Sulla parte meridionale della valle, divisa dalla Croda Malcora tramite Forcella Grande, c’è la catena del Marmarolo, che si estende fino ai pendii sopra Auronzo. Questa probabilmente oltrepassa il limite dei 10,000 piedi ma

Auronzo, da J. Gilbert, “Cadore or Titian’s country”, London, Longmans Green and Co., 1869

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rimane poco al di sotto dell’altezza della cima principale della regione. La pri-ma salita fu effettuata nell’ottobre 1867 dal Cav. Somano con Giuseppe Toffoli di Calalzo come guida. La montagna mostra da qualunque parte la si guardi un gruppo di pinnacoli e torri e molte piccole lingue di ghiaccio appese agli speroni rocciosi che le separano. La parte terminale ad ovest della catena del Marmarolo, la più prossima a Forcella Grande, è chiamata localmente Meduse [i Meduce]. Il massiccio montuoso a ovest e a nord di Auronzo non è tracciato in modo soddisfacente sulle carte ed è alquanto intricato. Include molte cime che si avvicinano ai 10,000 piedi di altezza. L’autore ritiene un errore identifi-care la cima qui chiamata Cima di Lavaredo con le Tre Cime, che si vedono in modo così cospicuo da Landro.

[...]. Il panorama della parte più bassa della valle di Auronzo è di gran lunga meno impressionante di quello della parte superiore, ma bello in ogni parte. La peculiarità della valle è il contrasto di scenario di affascinante parco - spazi aperti di verdi lisci terreni erbosi e masse di nobili alberi di conifere - con le cime frastagliate grigio pallide che si levano da ogni parte. La direzione generale, nel risalire la valle, è dapprima circa verso nord ovest, dopo aver girato la base di una cima sporgente chiamata Campoduro. Solo due o tre pic-coli gruppi di case si vedono sulla via. La strada si mantiene sulla riva sinistra dell’Anziei, ma ad un ponte, circa a metà strada risalendo la valle, il cammina-tore che cerchi ombra può vantaggiosamente traversare sulla riva destra a se-guire un piacevole sentiero attraverso il bosco. In non meno di 4 ore dalla Vil-la Grande il viaggiatore raggiunge la solitaria casa del forestale in Val Buona, come viene chiamata localmente la parte superiore della valle di Auronzo. [...]. Quasi direttamente a sud , attraverso una fitta foresta di pini, si trova la via per Forcella Grande (vedi dopo) mentre a sud ovest l’occhio penetra, attraverso la Val Sorapis, nei recessi reconditi della Croda Malcora [Marcora], che culmina nelle cime del Sorapis e della Foppa di Mathia [Fopa de Matia]. Sopra una prima alta barriera giù dalla quale scende una sottile cascata d’acqua le rocce si innalzano, segnate con trasversali fasce di ghiaccio, fino a divenire una sola vasta massa di parete frantumata. Anche un alpinista esperto può dubitare se vi sia qualche altra via d’uscita a questa prigione di roccia. E’ un circo, meno completo e regolare di quello di Gavarnie, ma che perfino sorpassa quest’ul-timo nella magnificenza dello scenario roccioso. Il passo che collega la testata della Val Sorapis con Ampezzo è adatto solo ad alpinisti esperti di roccia, ma un’escursione al lago, che rimane nascosto dietro il primo scalino di roccia, è possibile ed agevole in 1 ora e mezza dalla casa del forestale.

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Il padrone di casa detto Bastian conosce completamente i boschi circo-stanti, attraverso i quali uno straniero non può trovare facilmente la via.

La sua casa (4,557 piedi sul mare) è un conveniente punto di partenza per parecchie escursioni alpine, ed egli riceve stranieri in modo ospitale; ma le risorse del luogo sono molto limitate, spesso viene a mancare perfino il latte, e la casa è di notte talvolta spiacevolmente affollata da gente del paese. Subito dopo aver passato la casa di Bastian la vista della Val Sorapis è ostruita da uno dei contrafforti della parte terminale verso nord del massiccio della Malcora che il Dr. Grohmann ha chiamato catena della Cesta [Ra Zesta - Cime del Cadin del Londo]. A destra tuttavia le rocce del Monte Cristallo si elevano con grandiosità e l’interesse dell’escursione si rinnova allorché il viaggiatore guadagna la cima del Passo Tre Croci (5,970 piedi) e guarda verso ovest sopra il verde bacino di Ampezzo custodito dalla Tofana e da molte altre cime. La distanza dalla casa di Bastiano a Cortina è di circa due ore e mezza cammi-nando regolarmente. Per una parte della via dal lato di Auronzo, il sentiero non è ben tracciato e un viaggiatore che venga da Cortina può eventualmente perdere la giusta direzione nello scendere dal passo. La discesa dal Passo Tre Croci a Cortina è del tutto agevole ed è impossibile perdere la via. [...]

Antelao, da “Zeitschrift des D.u. Oe. Alpevereins”, 1877, vol. VIII, p. 106

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La parte principale della Croda Marcora consiste in una lunga catena che si estende dalla Forcella Grande alla Forcella Piccola verso Cortina culmi-nante nella Foppa di Mathia (10,763 piedi). Da questo punto una catena breve ma più alta diverge verso nord est. Essa include il Sorapis (10,798 piedi) - la cima più alta del massiccio - e precipita in una serie di pinnacoli e torri verso la valle di Auronzo. [...] L’ascensione del Sorapis (10,798) sembra la più diffide rispetto a quelle finora compiute nella regione, come dimostra il fatto che un alpinista del livello di Grohmann impiegò 7 ore e ¼ per raggiungere la sommi-tà a partire dai Fondi [Fondi de Ru Seco]. Una camminata impegnativa porta da qui ad una specie di riparo sulla faccia del Foppa, chiamato dal Dr. Gro-hmann Pian della Foppa. Molto più ripida è stata la salita da quel punto alla cima più elevata della catena. Molto tempo fu consumato nel seguire la cresta, cosa che appare come la parte più ostica della spedizione. Al ritorno Dr. Groh-mann e le sue guide effettuarono, pur con qualche difficoltà, la discesa sul lato opposto della cresta più elevata, attraverso una gola rocciosa esageratamente ripida, da lui chiamata Sorapiskar. Essa volge verso la parte di Auronzo della Forcella Grande; e Dr. Grohmann trae la giusta conclusione che le salite future dovrebbero essere tentate dalla parte di San Vito, piuttosto che da Cortina, che è piuttosto distante e richiede molto tempo per l’attraversamento. L’unica alternativa è passare la notte nella caverna vicino al Lago Sorapis.

Route FDa San Vito a Pieve di Cadore. Monte AntelaoCirca 6 ore camminando con passo sostenuto da San Vito alla Pieve

Forcella Piccola, una depressione molto più profonda e aperta di Forcel-la Grande, separa la catena delle Marmarole dall’Antelao, che, anche se non ancora accertato, sembra essere la montagna più elevata delle Alpi del Cadore. Come la Marmolada, si presenta con una forma non comune tra le cime dolo-mitiche, dato che il declivio a nord nord-est somiglia alla pendenza di un tetto di casa moderatamente ripido. Ciò permette l’ accumularsi della neve in mi-sura sufficiente da formare un ghiacciaio piuttosto esteso, e rende l’ascensione, eccetto che per un punto presso la cima, più facile che nelle montagne vicine. Un montanaro attivo può combinare l’ascensione con la salita a Forcella Pic-cola in una sola lunga giornata.

[...] La prima salita della cima più elevata dell’Antelao fu compiuta dal Dr. Grohmann nel 1863 e la successiva dall’anziano Lord F. Douglas e il Signor

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F.L. Latham nel 1864, in entrambi i casi accompagnati dalla guida Matteo Ossi di Resinego, del quale i viaggiatori inglesi dettero una buona valutazione, mentre Dr. Grohmann riporta una valutazione inferiore rispetto alla qualifica e trova le sue richieste in denaro irragionevoli.

Nel raggiungere la sommità di Forcella Piccola, la cresta nord ovest dell’Antelao appare come se discendesse verso il passo, ma in realtà essa è separata da una profonda spaccatura fin dentro la massa della montagna , rac-chiusa da ripide pareti rocciose. Per guadagnare la cima è meglio percorrere il lato sinistro di questa fenditura circa per metà della sua altezza, e così rag-giungere un punto dal quale la parete può essere scalata senza difficoltà, e il viaggiatore mette i suoi piedi sul costone che è lungo ma di ripidità moderata e piuttosto facile. [...]. Nel raggiungere la cima della lunga salita, il viaggiatore deve confrontarsi con un pinnacolo o corno roccioso, la vera cima della mon-tagna, che si eleva molto ripido per 200 o 300 piedi. Questo è sempre parso inaccessibile finchè uno dei compagni del Dr. Grohmann, un uomo di Corti-na, individuò uno sperone per il quale la salita può essere effettuata senza dif-ficoltà, eccetto per un punto, in cui il viaggiatore non abituato ad arrampicare su roccia ripida è conveniente che usi la corda come assicurazione. Circa 11 ore escluse le soste sono necessarie per andare e tornare da San Vito, e 13, se la cima è salita da quel luogo fino a Pieve.

Route GDa San Vito a Longarone per la Val di Zoldo. Monte Pelmo. Monte Civetta

Nelle Routes precedenti si è visto come San Vito sia il miglior punto di partenza per la salita dell’Antelao e del Sorapis, oltre che per le due selle di Forcella Grande e Forcella Piccola. Dallo stesso luogo è anche possibile salire al Pelmo o passare attorno al suo basamento per visitare una valle ritirata ma bella, che rimane ancora da descrivere. Si tratta della Val di Zoldo, che si ori-gina tra le cime del Pelmo e della Civetta, e si estende tra le due vallate quasi parallele del Boita e del Cordevole per raggiungere il Piave a Longarone. Un altro percorso, di cui si dice più avanti, da San Vito passando per il versante nord del Pelmo, porta a Caprile, oppure, tramite un itinerario peripatetico ? ma bello, alla testata della Val di Zoldo.

E’ naturale che San Vito sia destinata a diventare il luogo favorito dai turisti quando il suo territorio sarà meglio conosciuto e l’ospitalità curata più adeguatamente.

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La strada più diretta da San Vito alla Val di Zoldo consiste nel seguire la strada postale fino a Borca e qui attraversare il Boite e risalire una zona colli-nare piuttosto ondulata e parzialmente boscosa fino alla dorsale arrotondata che delimita uno dei rami della Val di Zoldo, in cui sorge

Zoppé (4,850 piedi). Viste incantevoli dei vicini massicci del Pelmo e dell’Antelao, si possono avere nel corso di questa passeggiata piacevole. Il viaggiatore che si diriga verso Zoppé da Pieve di Cadore è preferibile che lasci la strada maestra a Vodo, invece che a Borca, ma è necessario scendere di 400 piedi per raggiungere il ponte sul Boita.

La sommità della dorsale è raggiungibile facilmente in meno di 2 ore da Borca, e ancor in minor tempo da Vodo.

Il parroco di Zoppé era un attivo cacciatore di camosci e si dice che egli abbia scoperto una delle possibili vie per la salita del Pelmo.19 [...] Nel discen-dere il torrente lungo il ramo di Zoppé della valle, in meno di 3 ore dalla som-mità si raggiunge la confluenza di questo torrente con il Maè, che è il corso d’acqua principale della Val di Zoldo. Una camminata di pochi minuti dalla congiunzione porta a

Forno di Zoldo (2,854 piedi) il centro della valle, con il confortevole al-bergo Cercenà. Come il nome suggerisce vi sono qui delle forge e l’occupazio-ne principale degli abitanti consiste nel fare chiodi, che vengono mandati a dorso di mulo fino alla strada maestra a Longarone. Lo scenario di entrambi i rami della Val di Zoldo sono straordinariamente belli. Il Pelmo torreggia con la sua grandiosità sopra Zoppé, che giace vicino al suo basamento, mentre la Civetta è il genio che presidia la valle principale sopra Forno.

Soltanto per i due passi da Forno alla Val Cordevole l’autore ha poche informazioni [quello del Duram e quello tra il Monte Pramper e la Cima Ve-scovà chiamato Passo di Pramper (7,558 piedi)]. [...] Una via più lunga da San Vito alla Val di Zoldo passa dal versante nord del Pelmo per il passo detto Forcella Forada (6,896 piedi). Nel discendere verso la Val di Zoldo per Forcella Forada, il viaggiatore gira verso sud sopra il costone del Monte Grotto [il Crot] che divide la testata della Val Fiorentina da quella della Val di Zoldo. Il primo paesetto è Pecol con una locanda un po’ rozza ma sopportabile; il figlio del

19 Questo era il parroco di Zoppé (don Alessio Marmolada) incontrato da Ball ai piedi del Pel-mo con i suoi compagni di caccia dopo una giornata deludente; egli conosceva - dice John Ball nel suo diario - anche un’altra via di salita dalla parte di Zoldo (“Via per la Dambra?”) che viene definita “peggiore di quella che noi abbiamo seguito”.

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proprietario20 è un buon alpinista e può fare servizio di guida alpina. Il paese successivo è Mareson (4,485 piedi) cui segue San Nicolò [Fusine], dove il viag-giatore trova con sorpresa una locanda pulita e confortevole in un luogo molto raramente visitato da stranieri21. Una passeggiata di 1 ora e 3/4 porta a Forno. La valle deve essere molto popolosa considerando il numero di paesetti che si incontrano lungo la strada a brevi intervalli.

San Nicolò [Fusine]22 impressiona maggiormente l’alpinista, per la sua bella posizione, e per la vicinanza conveniente alle due grandi montagne della regione - Pelmo e Civetta. Il primo da questa parte appare di gran lunga la montagna più considerevole, e la salita è più conveniente se fatta da qua.20 Simeone Del Silvestro detto “Piovanèl”, pioniere della Civetta e guida alpina di Tuckett nel

1867 (vedi Civetta per le vie del passato, cit. p. 89)21 La casa di Paolo Colussi, citata da Gilbert è la casa di Paolo Colussi, nella Busa di Fusine,

citata da Gilbert e Churchill.22 Dove il viaggiatore trova con sorpresa una locanda pulita e confortevole in un luogo molto

raramente visitato da stranieri

Pelmo da Colle Santa Lucia, da “Zeitschrift des D.u.Oe. Alpevereins”, 1886, vol. XVII

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Monte Pelmo (10,377 piedi?) [3163 m ?] da qualsiasi lato sia visto, ma spe-cialmente da est o da sud, appare come una gigantesca fortezza della più mas-siccia architettura, non intagliato in minareti e pinnacoli, come la maggior parte dei suoi rivali, ma puramente difeso da enormi bastioni esterni, le cui muraglie in alcuni luoghi cadono in precipizi a picco più di 2000 piedi [610 m]. La somiglianza con una costruzione in muratura è molto aumentata dal fatto che, in gran parte, gli strati si trovano in decorsi quasi orizzontali, e da qui av-viene che molte delle più ripide facce della montagna sono traversate da cenge abbastanza ampie per dar passaggio ai camosci e ai loro inseguitori. Poiché la caccia ai camosci sembra essere il passatempo preferito nella Val di Zoldo, i cacciatori divengono gradatamente buoni conoscitori della rete di strette cen-ge che coprono la maggior parte del monte, e così nel tempo hanno trovato non soltanto una sola, ma quattro vie diverse per raggiungere l’altopiano più elevato. Poiché l’alpinista più esperto probabilmente non va in cerca di una di queste senza una guida, è sufficiente dire che le due migliori vie hanno inizio dal lato sud del monte, o da sopra San Nicolò o da Zoppé.

L’autore salì da Borca per la faccia est della montagna, con un cacciato-re di camosci che asseriva di aver scoperto il percorso che essi seguirono. A un livello relativamente basso (meno di 7000 piedi?) [2135 m ?], fu raggiunta una cengia, che si dovette seguire orizzontalmente lungo la faccia dei precipizi che appaiono così arditamente dal lato di fronte alla strada di Ampezzo. Tre profonde rientranze furono aggirate in successione. In due luoghi la cengia era interrotta, ma si trovò la possibilità di superare l’intervallo così formato. L’ostacolo più strano fu incontrato in un luogo dove la roccia sovrastante ve-niva giù tanto in basso da lasciare uno spazio di solamente 18 pollici circa [45 cm ca.]; di gran lunga troppo esiguo per rendere possibile lo strisciare su mani e ginocchi. La guida, che finora era andata per prima, dichiarò che la rottura di uno sporto di roccia, che sovrastava il precipizio a mano sinistra, aveva reso il passaggio impossibile. Non volendo essere ostacolato, l’autore riuscì a strisciare lungo la stretta cengia a modo di rettile e fu seguito dalla guida. Subito dopo fu raggiunto un luogo dal quale la salita all’altopiano più elevato è semplicemente una lunga e ripida, ma non difficile, scalata.

In aggiunta alle specie caratteristiche delle Alpi Dolomitiche, Valeriana repens, Campanula morettiana e Androsace hausmanniana, furono raccolte su questo lato della montagna.

Qualsiasi percorso il viaggiatore possa prendere, egli trova con sorpresa un ghiacciaio non insignificante che sta sull’altopiano interrotto che è circon-

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dato dalle creste più elevate del monte. Su una piccola terrazza rocciosa sopra l’estremità del ghiacciaio, all’autore fu detto che avevano raggiunto la cima, e al suo indicare alla cresta frantumata più in alto, fu assicurato dalla guida che, essendo quella tutta “croda morta” - roccia frantumata e sgretolata - la salita ulteriore era completamente impraticabile. Ci volle alquanto tempo e alquanta cautela per liberare con l’Alpenstock considerevoli masse di roccia, che ancora stavano sospese assieme, ma staccabili con uno sforzo leggero, prima che la vera cresta sommatale fosse raggiunta dall’autore, senza la guida.

Non fu visto alcun segno di un ometto di pietre, e non è improbabile che l’osservazione barometrica registrata dal Fuchs sia stata fatta alquanto sotto la vera sommità. L’altezza deve essere circa la stessa di quella della Civetta e può essere appena 200 piedi [161 m] sotto quella dell’Antelao.

Melchiorre e Luigi Zugliani [Zuliani] di Selva, vicino a Caprile, sono raccomandati come guide per il Pelmo; ma vi devono essere parecchi uomini capaci in Val di Zoldo. Nessuno dei giganti di questa regione produce un ef-fetto più imponente del

Monte Civetta (10,440 piedi 3.183 m) dai dintorni di Caprile ed Alleghe. La grandiosa parete di roccia, massiccia nella sua parete centrale e più elevata, e fiancheggiata da una dentata giogaia con pinnacoli che degrada verso nord est, si vede sul frontespizio del libro dei signori Gilbert e Churchill. Il primo alpinista che raggiunse la sommità fu il Signor F.F. Tuckett con Melchior e Jacob Anderegg. Essi incorsero in un serio ed inevitabile rischio di valanghe nel compiere la salita così precocemente come il 31 maggio, e al ritorno la co-mitiva sfuggì per poco ad un’irreparabile rovina. A parte questo rischio, che non si sarebbe presentato in una stagione più tarda, il Signor Tuckett sembra non considerare la salita particolarmente difficile per un rocciatore modera-tamente esperto. La vista dal punto più alto, che è sull’orlo della grande parete che guarda su Alleghe, è forse una delle più notevoli in questa straordinaria regione delle Alpi.

Il figlio del locandiere di Pecol [di Zoldo Alto] informò il signor Tuckett che già due volte, con uno o due compagni, egli aveva raggiunto un punto so-pra tutte le principali difficoltà della salita, non pare vi sia ragione di dubitare della sua asserzione.

La sommità più accessibile del versante di nord est, vicino a Pecol, è chiamata Coldai e sul suo lato nord vi è un comodo passo che porta ad All-leghe e Caprile detto Passo d’Alleghe [Forcella d’Alleghe] (6,103 piedi) oppure molto spesso Cima d’Alleghe. Di qui ad Alleghe dove c’è una povera “osteria”

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della peggior classe ci vogliono da Pecol 3 ore di facile cammino. Tra il Coldai e la Civetta c’è un piccolo laghetto; e dalla catena che lo sovrasta, guardando sopra Alleghe ed il suo lago azzurro, si ha una visione che viene dichiarata da coloro che raggiungono quel punto, tra le più affascinanti della regione.

Il Pelmo da Zoppé, da J. Gilbert, “Cadore or Titian’s country”, London, Longmans, Green and Co., 1869

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Realizzato nel mese di settembre 2007in occasione delle celebrazioni del

150° anniversario della prima salita alpinisticadel monte Pelmo, effettuata da John Ball il 19 settembre 1857

GUIDA ALLE ALPI ORIENTALI

di John Ball

Cap. XVI Sudtirolo e Alpi Venete

da The Alpine Guide, part IIIA Guide to the Eastern Alps

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