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Encicliche Anti-Massoneria Fin dal proprio sorgere, la Massoneria individuò nella Chiesa Cattolica la garante di antichi equilibri religiosi, sociali e politici da mutare radicalmente: da qui il ruolo propositivo della Massoneria all'interno di tutte le Rivoluzioni dei secoli XVIII e XIX, dalla Rivoluzione Francese al Risorgimento italiano. La risposta della Chiesa non si fece attendere, e Papa Leone XIII, il grande Pontefice codificatore della Dottrina Sociale Cattolica, attraverso l'Enciclica Inimica Vis vergò una scomunica contro la Massoneria che è nel contempo una completa risposta alle tesi ed agli scopi massonici. L'Enciclica rappresenta un fonte essenziale per comprendere da un lato i fondamenti dottrinali di quella che viene definita la "setta massonica" e nel contempo le motivazioni che condussero la Chiesa Cattolica - in una condizione di fortissima pressione politica e poliziesca da parte delle giovani istituzioni dell'Italia appena unificata - ad impegnarsi in una battaglia culturale e spirituale contro la potentissima organizzazione segreta. Clemente XII° In eminenti Papa Clemente Vescovo servo dei servi di Dio A tutti i fedeli, salute e Apostolica Benedizione. Posti per volere della Clemenza Divina, benché indegni, nell'eminente Sede dell'Apostolato, onde adempiere al debito della Pastorale provvidenza affidato a Noi, con assidua diligenza e con premura, per quanto Ci è concesso dal Cielo, abbiamo rivolto il pensiero a quelle cose per mezzo delle quali — chiuso l'adito agli errori ed ai vizi — si conservi principalmente l'integrità della Religione Ortodossa, e in questi tempi difficilissimi vengano allontanati da tutto il mondo Cattolico i pericoli dei disordini. Già per la stessa pubblica fama Ci è noto che si estendono in ogni direzione, e di giorno in giorno si avvalorano, alcune Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi muratori o des Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue, nelle quali con stretta e segreta

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Encicliche Anti-Massoneria

Fin dal proprio sorgere, la Massoneria individuò nella Chiesa Cattolica la garante di antichi equilibri religiosi, sociali e politici da mutare radicalmente: da qui il ruolo propositivo della Massoneria all'interno di tutte le Rivoluzioni dei secoli XVIII e XIX, dalla Rivoluzione Francese al Risorgimento italiano. La risposta della Chiesa non si fece attendere, e Papa Leone XIII, il grande Pontefice codificatore della Dottrina Sociale Cattolica, attraverso l'Enciclica Inimica Vis vergò una scomunica contro la Massoneria che è nel contempo una completa risposta alle tesi ed agli scopi massonici. L'Enciclica rappresenta un fonte essenziale per comprendere da un lato i fondamenti dottrinali di quella che viene definita la "setta massonica" e nel contempo le motivazioni che condussero la Chiesa Cattolica - in una condizione di fortissima pressione politica e poliziesca da parte delle giovani istituzioni dell'Italia appena unificata - ad impegnarsi in una battaglia culturale e spirituale contro la potentissima organizzazione segreta.

Clemente XII°

In eminenti

Papa Clemente Vescovo servo dei servi di Dio

A tutti i fedeli, salute e Apostolica Benedizione. Posti per volere della Clemenza Divina, benché indegni, nell'eminente Sede dell'Apostolato, onde adempiere al debito

della Pastorale provvidenza affidato a Noi, con assidua diligenza e con premura, per quanto Ci è concesso dal Cielo,

abbiamo rivolto il pensiero a quelle cose per mezzo delle quali — chiuso l'adito agli errori ed ai vizi — si conservi

principalmente l'integrità della Religione Ortodossa, e in questi tempi difficilissimi vengano allontanati da tutto il mondo

Cattolico i pericoli dei disordini. Già per la stessa pubblica fama Ci è noto che si estendono in ogni direzione, e di giorno in giorno si avvalorano, alcune

Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Conventicole o Aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi muratori o des

Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue, nelle quali con stretta e segreta

alleanza, secondo loro Leggi e Statuti, si uniscono tra di loro uomini di qualunque religione e setta, contenti di una certa

affettata apparenza di naturale onestà. Tali Società, con stretto giuramento preso sulle Sacre Scritture, e con

esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono

segretamente.

Ma essendo natura del delitto manifestarsi da se stesso e generare il rumore che lo denuncia, ne deriva che le predette

Società o Conventicole hanno prodotto tale sospetto nelle menti dei fedeli, secondo il quale per gli uomini onesti e

prudenti l'iscriversi a quelle Aggregazioni è lo stesso che macchiarsi dell'infamia di malvagità e di perversione: se non

operassero iniquamente, non odierebbero tanto decisamente la luce. Tale fama è cresciuta in modo così considerevole,

che dette Società sono già state proscritte dai Prìncipi secolari in molti Paesi come nemiche dei Regni, e sono state

provvidamente eliminate. Noi pertanto, meditando sui gravissimi danni che per lo più tali Società o Conventicole recano non solo alla tranquillità

della temporale Repubblica, ma anche alla salute spirituale delle anime, in quanto non si accordano in alcun modo né

con le Leggi Civili né con quelle Canoniche; ammaestrati dalle Divine parole di vigilare giorno e notte, come servo fedele

e prudente preposto alla famiglia del Signore, affinché questa razza di uomini non saccheggi la casa come ladri, né

come le volpi rovini la Vigna; affinché, cioè, non corrompa i cuori dei semplici né ferisca occultamente gl'innocenti; allo

scopo di chiudere la strada che, se aperta, potrebbe impunemente consentire dei delitti; per altri giusti e razionali motivi

a Noi noti, con il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, a ancora motu

proprio, con sicura scienza, matura deliberazione e con la pienezza della Nostra Apostolica potestà, decretiamo doversi

condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le

predette Società, Unioni, Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o

con qualunque altro nome chiamate. Pertanto, severamente, ed in virtù di santa obbedienza, comandiamo a tutti ed ai

singoli fedeli di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, sia Laici, sia Chierici, tanto Secolari

quanto Regolari, ancorché degni di speciale ed individuale menzione e citazione, che nessuno ardisca o presuma sotto

qualunque pretesto o apparenza di istituire, propagare o favorire le predette Società dei Liberi Muratori o Francs Maçons

o altrimenti denominate; di ospitarle o nasconderle nelle proprie case o altrove; di iscriversi ed aggregarsi ad esse; di

procurare loro mezzi, facoltà o possibilità di convocarsi in qualche luogo; di somministrare loro qualche cosa od anche di

prestare in qualunque modo consiglio, aiuto o favore, palesemente o in segreto, direttamente o indirettamente, in proprio

o per altri, nonché di esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi o ad intervenire a simili Società, Unioni,

Riunioni, Adunanze, Aggregazioni o Conventicole, sotto pena di scomunica per tutti i contravventori, come sopra, da

incorrersi ipso facto, e senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno possa essere assolto, se non in punto di morte,

da altri all'infuori del Romano Pontefice pro tempore. Vogliamo inoltre e comandiamo che tanto i Vescovi, i Prelati Superiori e gli altri Ordinari dei luoghi, quanto gl'Inquisitori

dell'eretica malvagità deputati in qualsiasi luogo, procedano e facciano inquisizione contro i trasgressori di qualunque

stato, grado, condizione, ordine dignità o preminenza, e che reprimano e puniscano i medesimi con le stesse pene con

le quali colpiscono i sospetti di eresia. Pertanto concediamo e attribuiamo libera facoltà ad essi, e a ciascuno di essi, di

procedere e di inquisire contro i suddetti trasgressori, e di imprigionarli e punirli con le debite pene, invocando anche, se

sarà necessario, l'aiuto del braccio secolare. Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche pubblico Notaio e munite

di sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa fede che si presterebbe alla Lettera se fosse

esibita o mostrata nell'originale. A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire questa pagina della

Nostra dichiarazione, condanna, comandamento, proibizione ed interdizione. Se qualcuno osasse tanto, sappia che

incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo. Clemente P.P. XII

In questa bolla non viene riportata una vera e propria condanna contro la massoneria neè per concezioni eretiche o malcostume,ma viene messo in guardia il clero dall'aderire o assecondare

l'ideologia massonica.

Benededetto XIV°

Providas Romanorum Pontificum

Bolla Providas Romanorum Pontificum di Benedetto XIV (1751)

Giudichiamo doveroso, con un nuovo intervento della Nostra autorità, sostenere e confermare – in quanto

lo richiedono giusti e gravi motivi – le provvide leggi e le sanzioni dei Romani Pontefici Nostri

Predecessori: non soltanto quelle leggi e quelle sanzioni il cui vigore o per il processo del tempo o per la

noncuranza degli uomini temiamo si possano rallentare od estinguere, ma anche quelle che recentemente

hanno ottenuto forza e pieno vigore.

I. Di fatto Clemente XII, Nostro Predecessore di felice memoria, con propria Lettera apostolica del 28

aprile dell'anno dell'Incarnazione del Signore 1738, anno ottavo del suo Pontificato – Lettera diretta a

tutti i fedeli e che comincia In eminenti – condannò per sempre e proibì alcune Società, Unioni, Riunioni,

Adunanze, Conventicole o Aggregazioni volgarmente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o

diversamente denominate, già allora largamente diffuse in certi Paesi e che ora sempre più aumentano.

Egli vietò a tutti e ai singoli Cristiani (sotto pena di scomunica da incorrersi ipso facto senza alcuna

dichiarazione, dalla quale nessuno potesse essere assolto da altri, se non in punto di morte, all'infuori del

Romano Pontefice pro tempore) di tentare o ardire di entrare in siffatte Società, propagarle o prestare

loro favore o ricetto, occultarle, iscriversi ad esse, aggregarsi o intervenirvi, ed altro, come nella stessa

Lettera più largamente e più ampiamente è contenuto.

II. Ma poiché, per quanto Ci è stato riferito, alcuni non hanno avuto difficoltà di affermare e diffondere

pubblicamente che la detta pena di scomunica imposta dal Nostro Predecessore non è più operante

perché la relativa Costituzione non è poi stata da Noi confermata, quasi che sia necessaria, perché le

Apostoliche Costituzioni mantengano validità, la conferma esplicita del successore;

III. ed essendo stato suggerito a Noi, da parte di alcune persone pie e timorate di Dio, che sarebbe assai

utile eliminare tutti i sotterfugi dei calunniatori e dichiarare l'uniformità dell'animo Nostro con l'intenzione

e la volontà dello stesso Predecessore, aggiungendo alla sua Costituzione il nuovo voto della Nostra

conferma;

IV. Noi certamente, fino ad ora, quando abbiamo benignamente concesso l'assoluzione dalla incorsa

scomunica, sovente prima e principalmente nel passato anno del Giubileo, a molti fedeli veramente

pentiti e dolenti di avere trasgredito le leggi della stessa Costituzione e che assicuravano di cuore di

allontanarsi completamente da simili Società e Conventicole, e che per l'avvenire non vi sarebbero mai

tornati; o quando accordammo ai Penitenzieri da Noi delegati la facoltà di impartire l'assoluzione a Nostro

nome e con la Nostra autorità a coloro che ricorressero ai Penitenzieri stessi; e quando con sollecita

vigilanza non tralasciammo di provvedere a che dai competenti Giudici e Tribunali si procedesse in

proporzione del delitto compiuto contro i violatori della Costituzione stessa, il che fu effettivamente più

volte eseguito; abbiamo certamente fornito argomenti non solo probabili ma del tutto evidenti ed

indubitabili, attraverso i quali si sarebbero dovute comprendere le disposizioni dell'animo Nostro e la

ferma e deliberata volontà consenzienti con la censura imposta dal predetto Clemente Predecessore. Se

un'opinione contraria si divulgasse intorno a Noi, Noi potremmo sicuramente disprezzarla e rimettere la

Nostra causa al giusto giudizio di Dio Onnipotente, pronunciando quelle parole che un tempo si recitavano

nel corso delle sacre funzioni: "Concedi o Signore, te ne preghiamo, che Noi non curiamo le calunnie degli

animi perversi, ma conculcata la perversità medesima supplichiamo che Tu non permetta che siamo

afflitti dalle ingiuste maldicenze o avviluppati dalle astute adulazioni, ma che amiamo piuttosto ciò che Tu

comandi". Così riporta un antico Messale attribuito a San Gelasio, Nostro Predecessore, e che dal

Venerabile Servo di Dio il Cardinale Giuseppe Maria Tommasi fu inserito nella Messa che s'intitola Contro i

maldicenti.

V. Tuttavia, affinché non si potesse dire che Noi avevamo imprudentemente omesso qualche cosa, al fine

di eliminare agevolmente i pretesti alle menzognere calunnie e chiudere loro la bocca; udito prima il

consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, abbiamo decretato di

confermare la stessa Costituzione del Nostro Predecessore, parola per parola, come sopra riportato in

forma specifica, la quale sia considerata come la più ampia ed efficace di tutte: la confermiamo,

convalidiamo, rinnoviamo e vogliamo e decretiamo che abbia perpetua forza ed efficacia per Nostra sicura

scienza, nella pienezza della Nostra Apostolica autorità, secondo il tenore della medesima Costituzione, in

tutto e per tutto, come se fosse stata promulgata con Nostro motu proprio e con la Nostra autorità, e

fosse stata pubblicata per la prima volta da Noi.

VI. Per la verità, fra i gravissimi motivi delle predette proibizioni e condanna esposti nella sopra riportata

Costituzione ve n'è uno, in forza del quale in tali Società e Conventicole possano unirsi vicendevolmente

uomini di qualsiasi religione e setta; è chiaro quale danno si possa recare alla purezza della Religione

Cattolica. Il secondo motivo è la stretta e impenetrabile promessa di segreto, in forza del quale si

nasconde ciò che si fa in queste adunanze, cui meritamente si può applicare quella sentenza che Cecilio

Natale, presso Minucio Felice, addusse in una causa ben diversa: "Le cose oneste amano sempre la

pubblica luce; le scelleratezze sono segrete". Il terzo motivo è il giuramento con il quale s'impegnano ad

osservare inviolabilmente detto segreto, quasi che sia lecito a qualcuno, interrogato da legittimo potere,

con la scusa di qualche promessa o giuramento di sottrarsi all'obbligo di confessare tutto ciò che si

ricerca, per conoscere se in tali Conventicole si faccia qualche cosa contraria alla stabilità e alle leggi della

Religione e della Repubblica. Il quarto motivo è che queste Società si oppongono alle Sanzioni Civili non

meno che alle Canoniche, tenuto conto, appunto, che ai sensi del Diritto Civile si vietano tutti i Collegi e

le adunanze formati senza la pubblica autorità, come si legge nelle Pandette (libro 47, tit. 22, De Collegiis

et corporibus illicitis), e nella celebre lettera (n. 97 del libro 10) di C. Plinio Cecilio, il quale, riferisce che

fu proibito per suo Editto, giusta il comandamento dell'Imperatore, che si tenessero le Eterie, cioè che

potessero esistere e riunirsi Società e adunanze senza l'autorizzazione del Principe. Il quinto motivo è che

in molti Paesi le citate Società e Aggregazioni sono già state proscritte e bandite con leggi dei Principi

Secolari. Infine, l'ultimo motivo è che presso gli uomini prudenti ed onesti si biasimavano le predette

Società e Aggregazioni: a loro giudizio chiunque si iscriveva ad esse incorreva nella taccia di pravità e

perversione.

VII. Infine lo stesso Predecessore nella sopra riportata Costituzione esorta i Vescovi, i Superiori Prelati e

gli altri Ordinari dei luoghi a non trascurare d'invocare l'aiuto del braccio secolare qualora occorra per

l'esecuzione di tale disposizione.

VII. Tutte queste cose, anche singolarmente, non solo si approvano e si confermano da Noi, ma anche si

raccomandano e si ingiungono ai Superiori Ecclesiastici; ma Noi stessi, per debito della Apostolica

sollecitudine, con la presente Nostra Lettera invochiamo e con vivo affetto ricerchiamo il soccorso e

l'aiuto dei Principi Cattolici e dei secolari Poteri – essendo gli stessi Principi Supremi e Podestà eletti da

Dio quali difensori della fede e protettori della Chiesa – affinché sia loro cura adoperarsi nel modo più

efficace perché alle Apostoliche Costituzioni si abbiano il dovuto ossequio e la più assoluta obbedienza.

Ciò riportarono alla loro memoria i Padri del Concilio Tridentino (sess. 25, cap. 20), e molto prima l'aveva

egregiamente dichiarato l'Imperatore Carlo Magno nei suoi Capitolati (tit. I, cap. 2), nei quali, dopo aver

comandato a tutti e i suoi sudditi l'osservanza delle Sanzioni Ecclesiastiche, aggiunse queste parole: "In

nessun modo possiamo conoscere come possano essere fedeli a noi coloro che si mostrano infedeli a Dio

e disubbidienti ai suoi sacerdoti". Conseguentemente impose a tutti i Presidenti e ai Ministri delle sue

province che obbligassero tutti e i singoli a prestare la dovuta obbedienza alle leggi della Chiesa. Inoltre

comminò gravissime pene contro coloro che trascurassero di fare ciò, aggiungendo fra l'altro: "Coloro poi

che in queste cose (il che non avvenga) saranno trovati negligenti e trasgressori, sappiano che non

conserveranno gli onori nel nostro Impero, ancorché siano nostri figlioli; né avranno posto nel Palazzo, né

con noi né coi nostri fedeli avranno società o comunanza, ma piuttosto pagheranno la pena nelle angustie

e nelle ristrettezze".

IX. Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche

pubblico Notaio e munite del sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa

fede che si presterebbe alla Lettera se fosse esibita o mostrata nell'originale.

X. A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire

questa pagina della Nostra conferma, innovazione, approvazione, comandamento, invocazione, richiesta,

decreto e volontà. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei

Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato in Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 18 marzo dell'anno dell'Incarnazione del Signore 1751,

undicesimo anno del Nostro Pontificato.

Rafforza l'ammonimento della bolla papale di Clemente XII°,enumerando cinque punti che danno seguito

alla condanna delle "sette muratorie" . Nel suo intento colpisce le Logge riconosciute e presenti in molte

regioni italiane,in quanto rappresentano il pericolo al potere temporale della Chiesa.

Pio VII°

Ecclesiam a Jesu Christo

Roma, 13 settembre 1821

Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio. A perpetua memoria.

I. La Chiesa fondata da Gesù Cristo Salvatore Nostro sopra solida pietra (e contro di essa Cristo promise

che non sarebbero mai prevalse le porte dell'inferno) è stata assalita così spesso e da tanti temibili

nemici, che se non si frapponesse quella promessa divina che non può venir meno, vi sarebbe da temere

che essa potesse soccombere, circuita dalla forza o dai vizi o dall'astuzia. Invero, ciò che accadde in altri

tempi si ripete anche e soprattutto in questa nostra luttuosa età che sembra quell'ultimo tempo

preannunciato in passato dall'Apostolo: "Verranno gli ingannatori che, secondo i loro desideri,

cammineranno nella via dell'empietà" (Gd 18). Infatti nessuno ignora quanti scellerati, in questi tempi

difficilissimi, si siano coalizzati contro il Signore e contro Cristo Figlio Suo; costoro si adoperano

soprattutto (sebbene con vani sforzi) a travolgere e a sovvertire la stessa Chiesa, ingannando i fedeli (Col

2,8) con una vana e fallace filosofia e sottraendoli alla dottrina della Chiesa. Per raggiungere più

facilmente questo scopo, molti di costoro organizzarono occulti convegni e sette clandestine con cui

speravano in futuro di trascinare più facilmente numerosi individui ad essere complici della loro congiura

e della loro iniquità.

II. Già da tempo questa Santa Sede, scoperte tali sette, lanciò l'allarme contro di esse con alta e libera

voce e rivelò le loro trame contro la Religione e contro la stessa società civile. Già da tempo sollecitò la

vigilanza di tutti perché si guardassero in modo che queste sette non osassero attuare i loro scellerati

propositi. È tuttavia motivo di rammarico che all'impegno di questa Sede Apostolica non abbia corrisposto

l'esito cui essa mirava e che quegli uomini scellerati non abbiano desistito dalla congiura intrapresa, per

cui ne sono derivati infine quei mali che Noi stessi avevamo previsto. Anzi, quegli uomini, la cui iattanza

sempre si accresce, hanno perfino osato creare nuove società segrete.

III. A questo punto occorre ricordare una società nata di recente e diffusa in lungo e in largo per l'Italia e

in altre regioni: per quanto sia divisa in numerose sette e per quanto assuma talvolta denominazioni

diverse e distinte tra loro, in ragione della loro varietà, tuttavia essa è una sola di fatto nella comunanza

delle dottrine e dei delitti e nel patto che fu stabilito; essa viene chiamata solitamente dei Carbonari.

Costoro simulano un singolare rispetto e un certo straordinario zelo verso la Religione Cattolica e verso la

persona e l'insegnamento di Gesù Cristo Nostro Salvatore, che talvolta osano sacrilegamente chiamare

Rettore e grande Maestro della loro società. Ma questi discorsi, che sembrano ammorbiditi con l'olio, non

sono altro che dardi scoccati con più sicurezza da uomini astuti, per ferire i meno cauti; quegli uomini si

presentano in vesti di agnello ma nell'intimo sono lupi rapaci.

IV. Anche se mancassero altri argomenti, i seguenti persuadono a sufficienza che non si deve prestare

alcun credito alle loro parole, cioè : il severissimo giuramento con cui, imitando in gran parte gli antichi

Priscillanisti, promettono di non rivelare mai e in nessun caso, a coloro che non sono iscritti alla società,

cosa alcuna che riguardi la stessa società, né di comunicare a coloro che si trovano nei gradi inferiori cosa

alcuna che riguardi i gradi superiori; inoltre, le segrete e illegali riunioni che essi convocano seguendo

l'usanza di molti eretici e la cooptazione di uomini d'ogni religione e di ogni setta nella loro società.

V. Non occorrono dunque congetture e argomenti per giudicare le loro affermazioni, come più sopra si è

detto. I libri da loro pubblicati (nei quali si descrive il metodo che si suole seguire nelle riunioni dei gradi

superiori), i loro catechismi, gli statuti e gli altri gravissimi, autentici documenti rivolti a ispirare fiducia, e

le testimonianze di coloro che, avendo abbandonato la società cui prima appartenevano, ne rivelarono ai

legittimi giudici gli errori e le frodi, dimostrano apertamente che i Carbonari mirano soprattutto a dare

piena licenza a chiunque di inventare col proprio ingegno e con le proprie opinioni una religione da

professare, introducendo quindi verso la Religione quella indifferenza di cui a malapena si può

immaginare qualcosa di più pernicioso. Nel profanare e nel contaminare la passione di Gesù Cristo con

certe loro nefande cerimonie; nel disprezzare i Sacramenti della Chiesa (ai quali sembrano sostituirne

altri nuovi da loro inventati con suprema empietà) e gli stessi Misteri della Religione Cattolica; nel

sovvertire questa Sede Apostolica (nella quale risiede da sempre il primato della Cattedra Apostolica)

(Sant'Agostino, Ep. 43) sono animati da un odio particolare e meditano propositi funesti e perniciosi.

VI. Non meno scellerate (come risulta dagli stessi documenti) sono le norme di comportamento che la

società dei Carbonari insegna, sebbene impudentemente si vanti di esigere dai suoi seguaci che coltivino

e pratichino la carità e ogni altra virtù, e che si astengano scrupolosamente da ogni vizio. Pertanto essa

favorisce senza alcun pudore le voluttà più sfrenate; insegna che è lecito uccidere coloro che non

rispettarono il giuramento di mantenere il segreto, cui si è fatto cenno più sopra; e sebbene Pietro

principe degli Apostoli (1Pt 2,13) prescriva che i Cristiani "siano soggetti, in nome di Dio, ad ogni umana

creatura o al Re come preminente o ai Capi come da Lui mandati, ecc.", sebbene l'Apostolo Paolo (Rm

3,14) ordini che "ogni anima sia soggetta alle potestà più elevate", tuttavia quella società insegna che

non costituisce reato fomentare ribellioni e spogliare del loro potere i Re e gli altri Capi, che per somma

ingiuria osa indifferentemente chiamare tiranni.

VII. Questi ed altri sono i dogmi e i precetti di questa società, da cui ebbero origine quei delitti

recentemente commessi dai Carbonari, che tanto lutto hanno recato a oneste e pie persone. Noi, dunque,

che siamo stati designati come veggenti di quella casa d'Israele che è la Santa Chiesa e che per il Nostro

ufficio pastorale dobbiamo evitare che il gregge del Signore a Noi divinamente affidato patisca alcun

danno, pensiamo che in una contingenza così grave non possiamo esimerci dall'impedire i delittuosi

tentativi di questi uomini. Siamo mossi anche dall'esempio di Clemente XII e di Benedetto XIV di felice

memoria, Nostri Predecessori: il primo, il 28 aprile 1738, con la Costituzione "In eminenti", e il secondo, il

18 maggio 1751, con la Costituzione "Providas", condannarono e proibirono le società dei Liberi Muratori,

ossia dei Francs Maçons, o chiamate con qualunque altro nome, secondo la varietà delle regioni e degli

idiomi; si deve ritenere che di tali società sia forse una propaggine, o certo un'imitazione, questa società

dei Carbonari. E sebbene con due editti promulgati dalla Nostra Segreteria di Stato abbiamo già

severamente proscritta questa società, seguendo tuttavia i ricordati Nostri Predecessori pensiamo di

decretare, in modo anche più solenne, gravi pene contro questa società, soprattutto perché i Carbonari

pretendono, erroneamente, di non essere compresi nelle due Costituzioni di Clemente XII e di Benedetto

XIV né di essere soggetti alle sentenze e alle sanzioni in esse previste.

VIII. Consultata dunque una scelta Congregazione di Venerabili Fratelli Nostri Cardinali di Santa Romana

Chiesa, con il loro consiglio ed anche per motu proprio, per certa dottrina e per meditata Nostra

deliberazione, nella pienezza dell'autorità apostolica abbiamo stabilito e decretato di condannare e di

proibire la predetta società dei Carbonari, o con qualunque altro nome chiamata, le sue riunioni,

assemblee, conferenze, aggregazioni, conventicole, così come con il presente Nostro atto la condanniamo

e proibiamo.

IX. Pertanto a tutti e a ciascuno dei fedeli di Cristo di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità

e preminenza, sia laici sia chierici, tanto secolari che regolari, degni anche di specifica, individuale ed

esplicita menzione, ordiniamo rigorosamente e in virtù della santa obbedienza che nessuno, sotto

qualsivoglia pretesto o ricercato motivo, osi o pretenda di fondare , diffondere o favorire, e nella sua casa

o dimora o altrove accogliere e nascondere la predetta società dei Carbonari, o altrimenti detta, come

pure di iscriversi od aggregarsi ad essa o di intervenire a qualunque grado di essa o di offrire la facoltà e

l'opportunità che essa si convochi in qualche luogo o di elargire qualcosa ad essa o in altro modo prestare

consiglio, aiuto o favore palese od occulto, diretto o indiretto, per essa stessa o per altri; e ancora di

esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi, ad aggregarsi o a intervenire in tale società o

in qualunque grado di essa o di giovarle o favorirla comunque. I fedeli debbono assolutamente astenersi

dalla società stessa, dalle sue adunanze, riunioni, aggregazioni o conventicole sotto pena di scomunica in

cui incorrono sull'istante tutti i contravventori sopra indicati, senza alcun'altra dichiarazione; dalla

scomunica nessuno potrà venire assolto se non da Noi o dal Romano Pontefice pro tempore, salvo che si

trovi in punto di morte.

X. Inoltre prescriviamo a tutti, sotto la stessa pena di scomunica, riservata a Noi e ai Romani Pontefici

Nostri Successori, l'obbligo di denunciare ai Vescovi, o ad altri competenti, tutti coloro che sappiano aver

aderito a questa società o che si sono macchiati di alcuno dei delitti più sopra ricordati.

XI. Infine, per allontanare con più efficacia ogni pericolo di errore, condanniamo e proscriviamo tutti i

cosiddetti catechismi e libri dei Carbonari, ove costoro descrivono ciò che si è soliti fare nelle loro

riunioni; così pure i loro statuti, i codici e tutti i libri scritti in loro difesa, sia stampati, sia manoscritti. A

tutti i fedeli, sotto la stessa pena di scomunica maggiore parimenti riservata, proibiamo i libri suddetti, o

la lettura o la conservazione di alcuno di essi; e ordiniamo che quei libri siano consegnati senza eccezione

agli Ordinari del luogo o ad altri cui spetti il diritto di riceverli.

XII. Vogliamo inoltre che ai transunti, anche stampati, della presente Nostra lettera, sottoscritti per mano

di qualche pubblico notaio e muniti del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica, si presti quella

stessa fede che si concederebbe alla lettera originale se fosse presentata o mostrata.

XII. Perciò a nessuno sia lecito strappare o contraddire con temeraria arroganza questo testo della Nostra

dichiarazione, condanna, ordine, proibizione e interdetto. Se qualcuno osasse tentare ciò, sappia che

incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei beati suoi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, nell'anno dell'Incarnazione del Signore 1821, il giorno 13

settembre, nell'anno ventiduesimo del Nostro Pontificato.

Papa Pio VII° condanna le società segrete ed in maniera particolare la Carboneria. In questa bolla

traspare l'intento del frenare l'ideologia massonica che tende ad espandersi. Alcune fonti storiche

riportano che la bolla venne promulgata su influenza di molti sovrani europei.

Leone XII°

Quo graviora

1. Quanto più gravi sono le sciagure che sovrastano il gregge di Cristo Dio e Salvatore nostro, tanta maggiore sollecitudine devono usare, per rimuoverle, i Romani Pontefici, ai quali sono stati affidati il potere e l’impegno di pascere e di governare quel gregge in nome del Beato Pietro, principe degli Apostoli. Compete infatti ad essi, come a coloro che sono posti nel più alto osservatorio della Chiesa, lo scorgere più da lontano le insidie che i nemici del nome cristiano ordiscono per distruggere la Chiesa di Cristo, senza che mai possano conseguire tale scopo; ad essi compete non solo indicare e rivelare le stesse insidie ai fedeli, perché se ne guardino, ma anche, con la propria autorità, stornarle e rimuoverle. I Romani Pontefici Nostri Predecessori compresero quale gravoso incarico fosse loro affidato; perciò si imposero di vigilare sempre come buoni pastori. Con le esortazioni, gl’insegnamenti, i decreti e dedicando la stessa vita al loro gregge, ebbero cura di proibire e di distruggere totalmente le sette che minacciavano l’estrema rovina della Chiesa. Né la memoria di questo impegno pontificio può essere desunta soltanto dagli antichi annali ecclesiastici: lo si evince chiaramente dalle azioni compiute dai Romani Pontefici dell’età nostra e dei nostri Padri per opporsi alle sette clandestine di uomini nemici di Cristo. Infatti, non appena Clemente XII, Nostro Predecessore, si avvide che di giorno in giorno si rafforzava e acquistava nuova consistenza la setta dei Liberi Muratori, ossia dei Francs Maçons (o chiamata anche in altro modo), che per molti validi motivi egli aveva considerata non solo sospetta ma altresì implacabile nemica della Chiesa Cattolica, la condannò con una limpida Costituzione che comincia con le parole In eminenti, pubblicata il 28 aprile 1738, il cui testo è il seguente.

2. "Clemente Vescovo, servo dei servi di Dio. A tutti i fedeli, salute e Apostolica Benedizione.

Posti per volere della clemenza Divina, benché indegni, nell’eminente Sede dell’Apostolato, onde adempiere al debito della Pastorale provvidenza affidato a Noi, con assidua diligenza e con premura, per quanto Ci è concesso dal Cielo, abbiamo rivolto il pensiero a quelle cose per mezzo delle quali – chiuso l’adito agli errori ed ai vizi – si conservi principalmente l’integrità della Religione Ortodossa, e in questi tempi difficilissimi vengano allontanati da tutto il mondo Cattolico i pericoli dei disordini.

Già per la stessa pubblica fama Ci è noto che si estendono in ogni direzione, e di giorno in giorno si avvalorano, alcune società, unioni, riunioni, adunanze, conventicole o aggregazioni comunemente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con altre denominazioni chiamate a seconda della varietà delle lingue, nelle quali con stretta e segreta alleanza, secondo loro Leggi e Statuti, si uniscono tra di loro uomini di qualunque religione e setta, contenti di una certa affettata apparenza di naturale onestà. Tali Società, con stretto giuramento preso sulle Sacre Scritture, e con esagerazione di gravi pene, sono obbligate a mantenere un inviolabile silenzio intorno alle cose che esse compiono segretamente.

Ma essendo natura del delitto il manifestarsi da se stesso e generare il rumore che lo denuncia, ne deriva che le predette società o conventicole hanno prodotto nelle menti dei fedeli tale sospetto, secondo il quale per gli uomini onesti e prudenti l’iscriversi a quelle aggregazioni è lo stesso che macchiarsi dell’infamia di malvagità e di perversione: se non operassero iniquamente, non odierebbero tanto decisamente la luce. Tale fama è cresciuta in modo così considerevole, che dette Società sono già state proscritte dai Principi secolari in molti Paesi come nemiche dei Regni, e sono state provvidamente eliminate.

Noi pertanto, meditando sui gravissimi danni che per lo più tali Società o Conventicole recano non solo alla tranquillità della temporale Repubblica, ma anche alla salute spirituale delle anime, in quanto non si accordano in alcun modo né con le Leggi Civili né con quelle Canoniche; ammaestrati dalle Divine parole a vigilare giorno e notte, come servo fedele e prudente preposto alla famiglia del Signore, affinché questa razza di uomini non saccheggi la casa come ladri, né come le volpi rovini la vigna; affinché, cioè, non corrompa i cuori dei semplici né ferisca occultamente gl’innocenti; allo scopo di chiudere la strada che, se aperta, potrebbe impunemente consentire dei delitti; per altri giusti e razionali motivi a Noi noti, con il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, e ancora motu proprio, con sicura scienza, matura deliberazione e con la pienezza della Nostra Apostolica potestà, decretiamo doversi condannare e proibire, come con la presente Nostra Costituzione, da valere in perpetuo, condanniamo e proibiamo le predette società, unioni, riunioni, adunanze, aggregazioni o conventicole dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o con qualunque altro nome chiamate. Pertanto, severamente, ed in virtù di santa obbedienza, comandiamo a tutti ed ai singoli fedeli di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, sia Laici, sia Chierici, tanto Secolari quanto Regolari, ancorché degni di speciale ed individuale menzione e citazione, che nessuno ardisca o presuma sotto qualunque pretesto o apparenza di istituire, propagare o favorire le predette Società dei Liberi Muratori o des Francs Maçons o altrimenti denominate; di ospitarle e nasconderle nelle proprie case o altrove; di iscriversi ed aggregarsi ad esse; di procurare loro mezzi, facoltà o possibilità di convocarsi in qualche luogo; di somministrare loro qualche cosa od anche di prestare in qualunque modo consiglio, aiuto o favore, palesemente o in segreto, direttamente o indirettamente, in proprio o per altri, nonché di esortare, indurre, provocare

o persuadere altri ad iscriversi o ad intervenire a simili Società, od in qualunque modo a giovare e a favorire le medesime. Anzi, ognuno debba assolutamente astenersi dalle dette società, unioni, riunioni, adunanze, aggregazioni o conventicole, sotto pena di scomunica per tutti i contravventori, come sopra, da incorrersi ipso facto, e senza alcuna dichiarazione: scomunica dalla quale nessuno possa essere assolto, se non in punto di morte, da altri all’infuori del Romano Pontefice pro tempore.

Vogliamo inoltre e comandiamo che tanto i Vescovi, i Prelati Superiori e gli altri Ordinari dei luoghi, quanto gl’Inquisitori dell’eretica malvagità deputati in qualsiasi luogo, procedano e facciano inquisizione contro i trasgressori di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità o preminenza, e che reprimano e puniscano i medesimi con le stesse pene con le quali colpiscono i sospetti di eresia. Pertanto concediamo e attribuiamo libera facoltà ad essi, e a ciascuno di essi, di procedere e di inquisire contro i suddetti trasgressori, e di imprigionarli e punirli con le debite pene, invocando anche, se sarà necessario, l’aiuto del braccio secolare.

Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche pubblico Notaio e munite del sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa fede che si presterebbe alla Lettera se fosse esibita o mostrata nell’originale.

A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire questa pagina della Nostra dichiarazione, condanna, comandamento, proibizione ed interdizione. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1738, il 28 aprile, nell’anno ottavo del Nostro Pontificato".

3. Questi provvedimenti, tuttavia, non apparvero sufficienti a Benedetto XIV, altro Nostro Predecessore di veneranda memoria. Nei discorsi di molti era diffusa la convinzione che la pena della scomunica irrogata nella lettera del defunto Clemente XII fosse inoperante perché Benedetto non aveva confermato quella lettera. In verità, era assurdo affermare che le leggi dei Pontefici precedenti diventano obsolete qualora non siano espressamente approvate dai Successori; inoltre era evidente che da Benedetto, più di una volta, era stata ratificata la Costituzione di Clemente. Tuttavia Benedetto decise di sottrarre anche questo cavillo dalle mani dei settari, pubblicando il 18 marzo 1751 una nuova Costituzione che comincia con la parola Providas. In essa riportò, parola per parola, la Costituzione di Clemente e la confermò, come suol dirsi, in forma specifica, che è considerata la forma più ampia e più efficace fra tutte. Questo è il testo della Costituzione di Benedetto.

4. "Il Vescovo Benedetto, servo dei servi di Dio. A perpetua memoria.

Giudichiamo doveroso, con un nuovo intervento della Nostra autorità, sostenere e confermare – in quanto lo richiedono giusti e gravi motivi – le provvide leggi e le sanzioni dei Romani Pontefici Nostri Predecessori: non soltanto quelle leggi e quelle sanzioni il cui vigore o per il processo del tempo o per la noncuranza degli uomini temiamo si possa rallentare od estinguere, ma anche quelle che recentemente hanno ottenuto forza e piena validità.

Di fatto Clemente XII, Nostro Predecessore di felice memoria, con propria Lettera apostolica del 28 aprile dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1738, anno ottavo del suo Pontificato –

Lettera diretta a tutti i fedeli e che comincia In eminenti – condannò per sempre e proibì alcune società, unioni, riunioni, adunanze, conventicole o aggregazioni volgarmente chiamate dei Liberi Muratori o des Francs Maçons, o diversamente denominate, già allora largamente diffuse in certi Paesi e che ora sempre più aumentano. Egli vietò a tutti e ai singoli Cristiani (sotto pena di scomunica da incorrersi ipso facto senza alcuna dichiarazione, dalla quale nessuno potesse essere assolto da altri, se non in punto di morte, all’infuori del Romano Pontefice pro tempore) di tentare o ardire di entrare in siffatte Società, propagarle o prestare loro favore o ricetto, occultarle, iscriversi ad esse, aggregarsi o intervenirvi, ed altro, come nella stessa Lettera più largamente e più ampiamente è contenuto. Eccone il testo.

[Il testo della Costituzione In eminenti di Clemente XII è pubblicata integralmente nelle pagine precedenti di questa stessa Bolla].

Ma poiché, per quanto Ci è stato riferito, alcuni non hanno avuto difficoltà di affermare e diffondere pubblicamente che la detta pena di scomunica imposta dal Nostro Predecessore non è più operante perché la relativa Costituzione non è poi stata da Noi confermata, quasi che sia necessaria, perché le Apostoliche Costituzioni mantengano validità, la conferma esplicita del successore; ed essendo stato suggerito a Noi, da parte di alcune persone pie e timorate di Dio, che sarebbe assai utile eliminare tutti i sotterfugi dei calunniatori e dichiarare l’uniformità dell’animo Nostro con l’intenzione e la volontà dello stesso Predecessore, aggiungendo alla sua Costituzione il nuovo voto della Nostra conferma; Noi certamente, fino ad ora, quando abbiamo benignamente concesso l’assoluzione dalla incorsa scomunica, sovente prima e principalmente nel passato anno del Giubileo, a molti fedeli veramente pentiti e dolenti di avere trasgredito le leggi della stessa Costituzione e che assicuravano di cuore di allontanarsi completamente da simili società e conventicole, e che per l’avvenire non vi sarebbero mai tornati; o quando accordammo ai Penitenzieri da Noi delegati la facoltà di impartire l’assoluzione a Nostro nome e con la Nostra autorità a coloro che ricorressero ai Penitenzieri stessi; e quando con sollecita vigilanza non tralasciammo di provvedere a che dai competenti Giudici e Tribunali si procedesse in proporzione del delitto compiuto contro i violatori della Costituzione stessa, il che fu effettivamente più volte eseguito: abbiamo certamente fornito argomenti non solo probabili ma del tutto evidenti ed indubitabili, attraverso i quali si sarebbero dovute comprendere le disposizioni dell’animo Nostro e la ferma e deliberata volontà consenzienti con la censura imposta dal predetto Clemente Predecessore. Se un’opinione contraria si divulgasse intorno a Noi, Noi potremmo sicuramente disprezzarla e rimettere la Nostra causa al giusto giudizio di Dio Onnipotente, pronunciando quelle parole che un tempo si recitavano nel corso delle sacre funzioni: "Concedi, o Signore, te ne preghiamo, che Noi non curiamo le calunnie degli animi perversi, ma conculcata la perversità medesima supplichiamo che Tu non permetta che siamo afflitti dalle ingiuste maldicenze o avviluppati dalle astute adulazioni, ma che amiamo piuttosto ciò che Tu comandi". Così riporta un antico Messale attribuito a San Gelasio, Nostro Predecessore, e che dal Venerabile Servo di Dio il Cardinale Giuseppe Maria Tommasi fu inserito nella Messa che s’intitola Contro i maldicenti.

Tuttavia, affinché non si potesse dire che Noi avevamo imprudentemente omesso qualche cosa, al fine di eliminare agevolmente i pretesti alle menzognere calunnie e chiudere loro la bocca; udito prima il consiglio di alcuni Venerabili Nostri Fratelli Cardinali della Santa Romana Chiesa, abbiamo decretato di confermare la stessa Costituzione del Nostro

Predecessore, parola per parola, come sopra riportato in forma specifica, la quale è considerata come la più ampia ed efficace di tutte: la confermiamo, convalidiamo, rinnoviamo e vogliamo e decretiamo che abbia perpetua forza ed efficacia per Nostra sicura scienza, nella pienezza della Nostra Apostolica autorità, secondo il tenore della medesima Costituzione, in tutto e per tutto, come se fosse stata promulgata con Nostro motu proprio e con la Nostra autorità, e fosse stata pubblicata per la prima volta da Noi.

Per la verità, fra i gravissimi motivi delle predette proibizioni e condanna esposti nella sopra riportata Costituzione ve n’è uno, in forza del quale in tali società e conventicole possano unirsi vicendevolmente uomini di qualsiasi religione e setta; è chiaro quale danno si possa recare alla purezza della Religione Cattolica. Il secondo motivo è la stretta e impenetrabile promessa di segreto, in forza del quale si nasconde ciò che si fa in queste adunanze, cui meritamente si può applicare quella sentenza che Cecilio Natale, presso Minucio Felice, addusse in una causa ben diversa: "Le cose oneste amano sempre la pubblica luce; le scelleratezze sono segrete". Il terzo motivo è il giuramento con il quale gli iscritti s’impegnano ad osservare inviolabilmente detto segreto, quasi che sia lecito a qualcuno, interrogato da legittimo potere, con la scusa di qualche promessa o giuramento di sottrarsi all’obbligo di confessare tutto ciò che si ricerca, per conoscere se in tali conventicole si faccia qualche cosa contraria alla stabilità e alle leggi della Religione e della Repubblica. Il quarto motivo è che queste Società si oppongono alle Sanzioni Civili non meno che alle Canoniche, tenuto conto, appunto, che ai sensi del Diritto Civile si vietano tutti i Collegi e le adunanze formati senza la pubblica autorità, come si legge nelle Pandette , e nella celebre lettera di C. Plinio Cecilio, il quale riferisce che fu proibito per suo Editto, giusta il comandamento dell’Imperatore, che si tenessero le Eterie, cioè che potessero esistere e riunirsi Società e adunanze senza l’autorizzazione del Principe. Il quinto motivo è che in molti Paesi le citate società e aggregazioni sono già state proscritte e bandite con leggi dei Principi secolari. Infine, l’ultimo motivo è che presso gli uomini prudenti ed onesti si biasimavano le predette società e aggregazioni: a loro giudizio chiunque si iscriveva ad esse incorreva nella taccia di pravità e perversione.

Infine lo stesso Predecessore nella sopra riportata Costituzione esorta i Vescovi, i Superiori Prelati e gli altri Ordinari dei luoghi a non trascurare d’invocare l’aiuto del braccio secolare qualora occorra per l’esecuzione di tale disposizione.

Tutte queste cose, anche singolarmente, non solo si approvano e si confermano da Noi, ma anche si raccomandano e si ingiungono ai Superiori Ecclesiastici; ma Noi stessi, per debito della Apostolica sollecitudine, con la presente Nostra Lettera invochiamo e con vivo affetto ricerchiamo il soccorso e l’aiuto dei Principi Cattolici e dei secolari Poteri – essendo gli stessi Principi Supremi e i titolari del potere eletti da Dio quali difensori della fede e protettori della Chiesa – affinché sia loro cura adoperarsi nel modo più efficace perché alle Apostoliche Costituzioni si prestino il dovuto ossequio e la più assoluta obbedienza. Ciò riportarono alla loro memoria i Padri del Concilio Tridentino, Sess. 25, cap. 20, e molto prima l’aveva egregiamente dichiarato l’Imperatore Carlo Magno nel Tit. I. cap. 2, dei suoi Capitolati nei quali, dopo aver comandato a tutti i suoi sudditi l’osservanza delle Sanzioni Ecclesiastiche, aggiunse queste parole: "In nessun modo possiamo conoscere come possano essere fedeli a noi coloro che si mostrano infedeli a Dio e disubbidienti ai suoi sacerdoti". Conseguentemente impose a tutti i Presidenti e ai Ministri delle sue province che obbligassero tutti e i singoli a prestare la dovuta obbedienza alle leggi della Chiesa. Inoltre

comminò gravissime pene contro coloro che trascurassero di fare ciò, aggiungendo fra l’altro: "Coloro poi che in queste cose (il che non avvenga) saranno trovati negligenti e trasgressori, sappiano che non conserveranno gli onori nel nostro Impero, ancorché siano nostri figlioli; né avranno posto nel Palazzo; né con noi né coi nostri fedeli avranno società o comunanza, ma piuttosto pagheranno la pena nelle angustie e nelle ristrettezze".

Vogliamo poi che alle copie della presente, ancorché stampate, sottoscritte di mano di qualche pubblico Notaio e munite del sigillo di persona costituita in dignità Ecclesiastica, sia prestata la stessa fede che si presterebbe alla Lettera se fosse esibita o mostrata nell’originale.

A nessuno dunque, assolutamente, sia permesso violare, o con temerario ardimento contraddire questo testo della Nostra conferma, innovazione, approvazione, comandamento, invocazione, richiesta, decreto e volontà. Se qualcuno osasse tanto, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Santi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, il 18 marzo dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1751, undicesimo anno del Nostro Pontificato".

5. Oh, se i potenti di allora avessero preso in considerazione questi decreti, come lo richiedeva la salvezza della Chiesa e dello Stato! Oh, se si fossero persuasi di dover vedere nei Romani Pontefici Successori del Beato Pietro non solo i pastori e i maestri della Chiesa universale, ma anche i valenti difensori della loro dignità e gli attenti indicatori degli imminenti pericoli! Oh, se si fossero serviti del loro potere per sradicare le sette i cui pestiferi disegni erano stati rivelati ad essi dalla Sede Apostolica! Già da quel tempo avrebbero posto termine alla vicenda. Ma siccome, sia per l’inganno dei settari che occultavano astutamente le loro tresche, sia per inconsulti suggerimenti di taluni, avevano divisato di trascurare questa questione, o almeno di trattarla con noncuranza, da quelle antiche sette massoniche, sempre attive, molte altre sono germinate, assai peggiori e più audaci di quelle. Sembrò che quelle sette fossero tutte comprese in quella dei Carbonari, che era considerata in Italia e in alcuni altri Paesi la più importante fra tutte e che, variamente ramificata con nomi appena diversi, si diede a combattere aspramente la Religione Cattolica e qualunque suprema, legittima e civile potestà. Per liberare da questa sciagura l’Italia, gli altri Paesi e anzi lo stesso Stato Pontificio (in cui, soppresso per qualche tempo il governo Pontificio, quella setta si era introdotta insieme con gl’invasori stranieri) Pio VII di felice memoria, a cui Noi siamo succeduti, con una Costituzione che comincia con le parole Ecclesiam a Jesu Christo pubblicata il 13 settembre 1821 condannò con gravissime pene la setta dei Carbonari, comunque fosse denominata a seconda della diversità dei luoghi, degli uomini e degli idiomi. Abbiamo pensato di includere in questa Nostra lettera anche il testo di essa, che recita come segue.

6. Il Vescovo Pio, servo dei servi di Dio. A perpetua memoria.

La Chiesa fondata da Gesù Cristo Salvatore Nostro sopra solida pietra (e contro di essa Cristo promise che non sarebbero mai prevalse le porte dell’inferno) è stata assalita così spesso e da tanti temibili nemici, che se non si frapponesse quella promessa divina che non può venir meno, vi sarebbe da temere che essa potesse soccombere, circuita dalla forza o dai vizi o dall’astuzia. Invero, ciò che accadde in altri tempi si ripete anche e soprattutto in questa nostra luttuosa età che sembra quell’ultimo tempo preannunciato in passato

dall’Apostolo: "Verranno gli ingannatori che, secondo i loro desideri, cammineranno nella via dell’empietà" (Gd 18). Infatti nessuno ignora quanti scellerati, in questi tempi difficilissimi, si siano coalizzati contro il Signore e contro Cristo Figlio Suo; costoro si adoperano soprattutto (sebbene con vani sforzi) a travolgere e a sovvertire la stessa Chiesa, ingannando i fedeli (Col 2,8) con una vana e fallace filosofia e sottraendoli alla dottrina della Chiesa. Per raggiungere più facilmente questo scopo, molti di costoro organizzarono occulti convegni e sette clandestine con cui speravano in futuro di trascinare più facilmente numerosi individui a essere complici della loro congiura e della loro iniquità.

Già da tempo questa Santa Sede, scoperte tali sette, lanciò l’allarme contro di esse con alta e libera voce, e rivelò le loro trame contro la Religione e contro la stessa società civile. Già da tempo sollecitò la vigilanza di tutti perché si guardassero in modo che queste sette non osassero attuare i loro scellerati propositi. È tuttavia motivo di rammarico che all’impegno di questa sede Apostolica non abbia corrisposto l’esito cui essa mirava e che quegli uomini scellerati non abbiano desistito dalla congiura intrapresa, per cui ne sono derivati infine quei mali che Noi stessi avevamo previsto. Anzi, quegli uomini, la cui iattanza sempre si accresce, hanno perfino osato creare nuove società segrete.

A questo punto occorre ricordare una società nata di recente e diffusa in lungo e in largo per l’Italia e in altre regioni: per quanto sia divisa in numerose sette e per quanto assuma talvolta denominazioni diverse e distinte tra loro, in ragione della loro varietà, tuttavia essa è una sola di fatto nella comunanza delle dottrine e dei delitti e nel patto che fu stabilito; essa viene chiamata solitamente dei Carbonari. Costoro simulano un singolare rispetto e un certo straordinario zelo verso la Religione Cattolica e verso la persona e l’insegnamento di Gesù Cristo Nostro Salvatore, che talvolta osano sacrilegamente chiamare Rettore e grande Maestro della loro società. Ma questi discorsi, che sembrano ammorbiditi con l’olio, non sono altro che dardi scoccati con più sicurezza da uomini astuti, per ferire i meno cauti; quegli uomini si presentano in vesti di agnello ma nell’intimo sono lupi rapaci.

Anche se mancassero altri argomenti, i seguenti persuadono a sufficienza che non si deve prestare alcun credito alle loro parole, cioè: il severissimo giuramento con cui, imitando in gran parte gli antichi Priscillanisti, promettono di non rivelare mai e in nessun caso, a coloro che non sono iscritti alla società, cosa alcuna che riguardi la stessa società, né di comunicare a coloro che si trovano nei gradi inferiori cosa alcuna che riguardi i gradi superiori; inoltre, le segrete e illegali riunioni che essi convocano seguendo l’usanza di molti eretici e la cooptazione di uomini d’ogni religione e di ogni setta nella loro società.

Non occorrono dunque congetture e argomenti per giudicare le loro affermazioni, come più sopra si è detto. I libri da loro pubblicati (nei quali si descrive il metodo che si suole seguire nelle riunioni dei gradi superiori), i loro catechismi, gli statuti e gli altri gravissimi, autentici documenti rivolti a ispirare fiducia, e le testimonianze di coloro che, avendo abbandonato la società cui prima appartenevano, ne rivelarono ai legittimi giudici gli errori e le frodi, dimostrano apertamente che i Carbonari mirano soprattutto a dare piena licenza a chiunque di inventare col proprio ingegno e con le proprie opinioni una religione da professare, introducendo quindi verso la Religione quella indifferenza di cui a malapena si può immaginare qualcosa di più pernicioso. Nel profanare e nel contaminare la passione di Gesù Cristo con certe loro nefande cerimonie; nel disprezzare i Sacramenti della Chiesa (ai quali sembrano sostituirne altri nuovi da loro inventati con suprema empietà) e gli stessi Misteri della Religione Cattolica; nel sovvertire questa Sede Apostolica (nella quale risiede

da sempre il primato della Cattedra Apostolica) sono animati da un odio particolare e meditano propositi funesti e perniciosi.

Non meno scellerate (come risulta dagli stessi documenti) sono le norme di comportamento che la società dei Carbonari insegna, sebbene impudentemente si vanti di esigere dai suoi seguaci che coltivino e pratichino la carità e ogni altra virtù, e che si astengano scrupolosamente da ogni vizio. Pertanto essa favorisce senza alcun pudore le voluttà più sfrenate; insegna che è lecito uccidere coloro che non rispettarono il giuramento di mantenere il segreto, cui si è fatto cenno più sopra; e sebbene Pietro principe degli Apostoli prescriva che i Cristiani "siano soggetti, in nome di Dio, ad ogni umana creatura o al Re come preminente o ai Capi come da Lui mandati, ecc." (1Pt 2,13); sebbene l’Apostolo Paolo ordini che "ogni anima sia soggetta alle potestà più elevate", tuttavia quella società insegna che non costituisce reato fomentare ribellioni e spogliare del loro potere i Re e gli altri Capi, che per somma ingiuria osa indifferentemente chiamare tiranni (Rm 3,14).

Questi ed altri sono i dogmi e i precetti di questa società, da cui ebbero origine quei delitti recentemente commessi dai Carbonari, che tanto lutto hanno recato a oneste e pie persone. Noi, dunque, che siamo stati designati come veggenti di quella casa d’Israele che è la Santa Chiesa e che per il Nostro ufficio pastorale dobbiamo evitare che il gregge del Signore a Noi divinamente affidato patisca alcun danno, pensiamo che in una contingenza così grave non possiamo esimerci dall’impedire i delittuosi tentativi di questi uomini. Siamo mossi anche dall’esempio di Clemente XII e di Benedetto XIV di felice memoria, Nostri Predecessori: il primo, il 28 aprile 1738, con la Costituzione "In eminenti", e il secondo, il 18 maggio 1751, con la Costituzione "Providas", condannarono e proibirono le società dei Liberi Muratori, ossia dei Francs Maçons, o chiamate con qualunque altro nome, secondo la varietà delle regioni e degli idiomi; si deve ritenere che di tali società sia forse una propaggine, o certo un’imitazione, questa società dei Carbonari.

E sebbene con due editti promulgati dalla Nostra Segretaria di Stato abbiamo già severamente proscritta questa società, seguendo tuttavia i ricordati Nostri Predecessori pensiamo di decretare, in modo anche più solenne, gravi pene contro questa società, soprattutto perché i Carbonari pretendono, erroneamente, di non essere compresi nelle due Costituzioni di Clemente XII e di Benedetto XIV né di essere soggetti alle sentenze e alle sanzioni in esse previste.

Consultata dunque una scelta Congregazione di Venerabili Fratelli Nostri Cardinali di Santa Romana Chiesa, con il loro consiglio ed anche per motu proprio, per certa dottrina e per meditata Nostra deliberazione, nella pienezza dell’autorità apostolica abbiamo stabilito e decretato di condannare e di proibire la predetta società dei Carbonari, o con qualunque altro nome chiamata, le sue riunioni, assemblee, conferenze, aggregazioni, conventicole, così come con il presente Nostro atto la condanniamo e proibiamo.

Pertanto a tutti e a ciascuno dei fedeli di Cristo di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità e preminenza, sia laici sia chierici, tanto secolari che regolari, degni anche di specifica, individuale ed esplicita menzione, ordiniamo rigorosamente e in virtù della santa obbedienza che nessuno, sotto qualsivoglia pretesto o ricercato motivo, osi o pretenda di fondare, diffondere o favorire, e nella sua casa o dimora o altrove accogliere e nascondere la predetta società dei Carbonari, o altrimenti detta, come pure di iscriversi od aggregarsi ad essa o di intervenire a qualunque grado di essa o di offrire la facoltà e l’opportunità che essa si convochi in qualche luogo o di elargire qualcosa ad essa o in altro modo prestare

consiglio, aiuto o favore palese od occulto, diretto o indiretto, per essa stessa o per altri; e ancora di esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi, ad aggregarsi o a intervenire in tale società o in qualunque grado di essa o di giovarle o favorirla comunque. I fedeli debbono assolutamente astenersi dalla società stessa, dalle sue adunanze, riunioni, aggregazioni o conventicole sotto pena di scomunica in cui incorrono sull’istante tutti i contravventori sopra indicati, senza alcun’altra dichiarazione; dalla scomunica nessuno potrà venire assolto se non da Noi o dal Romano Pontefice pro tempore, salvo che si trovi in punto di morte.

Inoltre prescriviamo a tutti, sotto la stessa pena di scomunica, riservata a Noi e ai Romani Pontefici Nostri Successori, l’obbligo di denunciare ai Vescovi, o ad altri competenti, tutti coloro che sappiano aver aderito a questa società o che si sono macchiati di alcuno dei delitti più sopra ricordati.

Infine, per allontanare con più efficacia ogni pericolo di errore, condanniamo e proscriviamo tutti i cosiddetti catechismi e libri dei Carbonari, ove costoro descrivono ciò che si è soliti fare nelle loro riunioni; così pure i loro statuti, i codici e tutti i libri scritti in loro difesa, sia stampati, sia manoscritti. A tutti i fedeli, sotto la stessa pena di scomunica maggiore parimenti riservata, proibiamo i libri suddetti, o la lettura o la conservazione di alcuno di essi; e ordiniamo che quei libri siano consegnati senza eccezione agli Ordinari del luogo o ad altri cui spetti il diritto di riceverli.

Vogliamo inoltre che ai transunti, anche stampati, della presente Nostra lettera, sottoscritti per mano di qualche pubblico Notaio e muniti del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica, si presti quella stessa fede che si concederebbe alla lettera originale se fosse presentata o mostrata.

Perciò a nessuno sia lecito strappare o contraddire con temeraria arroganza questo testo della Nostra dichiarazione, condanna, ordine, proibizione e interdetto. Se qualcuno osasse tentare ciò, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei beati suoi Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso Santa Maria Maggiore, nell’anno dell’Incarnazione del Signore 1821, il giorno 13 settembre, nell’anno ventiduesimo del Nostro Pontificato".

7. Poco tempo dopo la promulgazione di questa Costituzione di Pio VII, Noi, senza alcun Nostro merito, fummo elevati alla suprema cattedra di San Pietro, e subito rivolgemmo tutta la Nostra attività a scoprire quale fosse lo stato delle sette clandestine, quale il loro numero, quale la potenza. A seguito di tale inchiesta, agevolmente abbiamo compreso che la loro baldanza era cresciuta soprattutto per l’aumentato numero di nuove sette. Fra esse in primo luogo occorre fare menzione di quella che si chiama Universitaria perché ha sede e domicilio in parecchie Università degli Studi in cui i giovani, da alcuni maestri (intesi non già ad insegnare ma a pervertire), vengono iniziati ai misteri della setta, che correttamente devono essere definiti misteri d’iniquità; pertanto i giovani vengono educati ad ogni scelleratezza.

8. Da ciò hanno tratto origine le fiamme della ribellione accese da tempo in Europa dalle sette clandestine; nonostante le più segnalate vittorie riportate dai potentissimi Principi d’Europa, che speravano di reprimerle, tuttavia i nefasti tentativi delle sette non hanno ancora avuto termine. Infatti negli stessi paesi nei quali i passati tumulti sembrano cessati, qual è il timore di nuovi disordini e sedizioni che quelle sette macchinano

incessantemente? Quale lo spavento per gli empi pugnali che di nascosto immergono nei corpi di coloro che hanno destinato alla morte? Quante severe misure non di rado sono stati costretti ad adottare, loro malgrado, coloro che comandano per difendere la pubblica tranquillità?

9. Da qui hanno origine le atroci calamità che affliggono quasi ovunque la Chiesa e che non possiamo ricordare senza dolore, anzi: senza angoscia. Si contestano senza pudore i suoi santissimi dogmi e insegnamenti; si umilia la sua dignità. Quella pace e quella felicità di cui, per suo proprio diritto, essa dovrebbe godere, non sono soltanto turbate, ma del tutto sconvolte.

10. E non è da credere che sia una abbietta calunnia l’attribuire a queste sette tutti questi mali e gli altri che Noi abbiamo tralasciato. I libri che non si sono peritati di scrivere sulla Religione e lo Stato coloro che sono iscritti a queste sette, disprezzano il potere, bestemmiano la regalità, vanno dicendo che Cristo è scandalo e stoltezza; anzi, non di rado insegnano che Dio non esiste e che l’anima dell’uomo muore col corpo. I Codici e gli Statuti in cui rivelano i loro propositi e le loro regole, dimostrano chiaramente che da essi provengono tutti i mali che abbiamo ricordato e che mirano a far cadere i Principati legittimi e a distruggere dalle fondamenta la Chiesa. Questa affermazione deve essere considerata come certa e meditata: le sette, sebbene diverse nel nome, sono però congiunte tra loro dallo scellerato legame dei più turpi propositi.

11. Stando così le cose, Noi crediamo essere Nostro dovere condannare nuovamente queste sette clandestine in modo che nessuna di esse possa vantarsi di non essere compresa nella Nostra sentenza apostolica, e con questo pretesto possa indurre in errore uomini incauti o sprovveduti. Pertanto, per consiglio dei Venerabili Nostri Fratelli Cardinali di Santa Romana Chiesa e anche motu proprio, con sicura dottrina e con matura deliberazione Nostra, Noi sotto le stesse pene comminate nelle lettere dei Nostri Predecessori che abbiamo riportato in questa Nostra Costituzione, e che espressamente confermiamo, in perpetuo proibiamo tutte le società occulte (qualunque sia il loro nome), tanto quelle ora esistenti, quanto quelle che forse si costituiranno in seguito e che si propongono le azioni sopra ricordate contro la Chiesa e le supreme potestà civili.

12. Pertanto a tutti e a ciascuno dei fedeli di Cristo di qualunque stato, grado, condizione, ordine, dignità e preminenza, sia laici sia chierici, tanto secolari che regolari, degni anche di specifica, individuale ed esplicita menzione, ordiniamo rigorosamente, e in virtù della santa obbedienza, che nessuno sotto qualsivoglia pretesto o ricercato motivo osi o pretenda di fondare, diffondere o favorire, e nella sua casa o dimora o altrove accogliere e nascondere le predette società comunque si chiamino, come pure di iscriversi o aggregarsi ad esse o di intervenire a qualunque grado di esse o di offrire la facoltà e l’opportunità di convocarle in qualche luogo o di elargire loro qualcosa, o in altro modo prestare consiglio, aiuto o favore palese od occulto, diretto o indiretto, per sé o per altri; e ancora di esortare, indurre, provocare o persuadere altri ad iscriversi, ad aggregarsi o a intervenire in siffatte congreghe o in qualunque grado di esse, o di giovare loro o favorirle comunque. I fedeli debbono assolutamente astenersi dalle società stesse, dalle loro riunioni, conferenze, aggregazioni o conventicole sotto pena di scomunica in cui incorrono sull’istante tutti i contravventori sopra descritti senza alcuna dichiarazione; dalla scomunica nessuno potrà venire assolto se non da Noi o dal Romano Pontefice pro tempore, salvo che si trovi in punto di morte.

13. Inoltre a tutti prescriviamo, sotto la stessa pena di scomunica, riservata a Noi e ai Romani Pontefici Nostri Successori, l’obbligo di denunciare ai Vescovi o ad altri competenti tutti coloro che notoriamente hanno dato il loro nome a queste società o si sono macchiati di qualcuno dei delitti ricordati più sopra.

14. Soprattutto poi condanniamo risolutamente e dichiariamo assolutamente vano l’empio e scellerato giuramento che vincola gli adepti di quelle sette a non rivelare mai ad alcuno tutto ciò che riguarda le sette medesime e a punire con la morte tutti i compagni che si fanno delatori presso i superiori, sia Ecclesiastici, sia Laici. E che dunque? Poiché il giuramento va pronunciato al servizio della giustizia, non è forse delittuoso considerarlo come un legame con il quale ci si obbliga a un iniquo omicidio e a disprezzare l’autorità di coloro che, in quanto governano la Chiesa o la legittima società civile, hanno il diritto di conoscere tutto ciò da cui dipende la sicurezza di quelle istituzioni? Non è forse somma iniquità e turpitudine il chiamare Iddio stesso a testimone e mallevadore di delitti? Giustamente i Padri del terzo Concilio Lateranense affermano: "Non si possono definire giuramenti ma piuttosto spergiuri quelli che sono diretti contro il bene della Chiesa e gl’insegnamenti dei Santi Padri". Ed è intollerabile l’impudenza, o la follia, di chi tra questi uomini, non nel proprio cuore soltanto ma anche pubblicamente e in pubblici scritti, afferma che "Dio non esiste", e tuttavia osa pretendere un giuramento da coloro che sono accolti nelle sette.

15. Tali sono le Nostre disposizioni rivolte a reprimere e condannare tutte queste furiose e scellerate sette. Pertanto ora, Venerabili Fratelli Patriarchi Cattolici, Primati, Arcivescovi e Vescovi, non solo chiediamo ma piuttosto sollecitiamo il vostro impegno. Abbiate cura di voi e di tutto il gregge in cui lo Spirito Santo vi pose come Vescovi per governare la Chiesa di Dio. I lupi rapaci vi assaliranno se non avrete cura del gregge. Ma non vogliate temere, e non considerate la vostra vita più preziosa di voi stessi.

Considerate per certo che da voi in gran parte dipende la perseveranza degli uomini a voi affidati nella Religione e nelle buone azioni. Infatti, pur vivendo in giorni "che sono infausti" e in un tempo in cui molti "non difendono la sana dottrina", perdura tuttavia il rispetto di molti fedeli verso i loro Pastori che a buon diritto sono considerati ministri di Cristo e dispensatori dei suoi misteri. Fate dunque uso, a vantaggio delle vostre pecore, di quella autorità che per immortale grazia di Dio conservate nell’animo loro. Fate loro conoscere le frodi dei settari e con quanta attenzione debbano evitare di frequentarli. Grazie all’autorità e al magistero vostro, abbiano orrore della malvagia dottrina di coloro che deridono i santissimi misteri della Nostra Religione e i purissimi insegnamenti di Cristo, e contestano ogni legittimo potere. E parlerò con voi ripetendo le parole usate dal Nostro Predecessore Clemente XIII nell’Enciclica [A quo die] del 14 settembre 1758, diretta a tutti i Patriarchi, Primati, Arcivescovi, Vescovi della Chiesa Cattolica: "Vi prego: con lo Spirito del Signore siamo pieni di forza, di giustizia e di coraggio. Non lasciamo, a somiglianza di cani muti incapaci di latrare, che i Nostri greggi diventino una preda e le Nostre pecore il pasto d’ogni bestia selvatica; niente Ci trattenga dall’esporci ad ogni genere di combattimento per la gloria di Dio e la salvezza delle anime. Pensiamo attentamente a Colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori. Se ci arrestiamo davanti all’audacia dei malvagi, sono già crollate la forza morale dell’Episcopato e la divina e sublime potestà di governare la Chiesa; e non possiamo più continuare a considerarci, anzi non possiamo neanche più essere Cristiani, se temiamo le minacce e le insidie degli uomini perversi".

16. Ancora con insistenza invochiamo il vostro aiuto, carissimi in Cristo Figli Nostri Cattolici Principi che apprezziamo con tanto singolare e paterno amore. Perciò vi richiamiamo alla memoriale parole che Leone il Grande (di cui siamo successori nella dignità e, sebbene indegni, eredi del nome) rivolse per iscritto a Leone Imperatore: "Devi senza esitazione comprendere che il potere regale ti è stato affidato non solo per governare il mondo ma soprattutto per proteggere la Chiesa in modo che, reprimendo gli atti di empia audacia, tu possa difendere le sane istituzioni e restituire la pace a quelle sconvolte". Quanto al presente, la situazione è tale che per difendere non solo la Religione Cattolica ma altresì l’incolumità vostra e dei popoli soggetti alla vostra autorità, dovete reprimere quelle sette. Infatti la causa della Religione, soprattutto in quest’epoca, è talmente congiunta alla salvezza della società, che in nessun modo può essere separata l’una dall’altra. Infatti coloro che aderiscono a quelle sette sono non meno nemici della Religione che del vostro potere. Aggrediscono l’una e l’altro, meditano di abbattere l’una e l’altro. E certo non consentirebbero, potendo, che la Religione o il potere regale sopravvivessero.

17. Tanta è la scaltrezza di questi uomini astuti che quando danno la rassicurante impressione di essere intenti ad ampliare il vostro potere, proprio allora mirano a sovvertirlo. Infatti essi impartiscono molti insegnamenti per convincere che il potere Nostro e dei Vescovi deve essere ridotto e indebolito, e che ad essi devono essere trasferiti molti diritti, sia tra quelli che sono propri di questa Cattedra Apostolica e Chiesa principale, sia tra quelli che appartengono ai Vescovi che sono stati chiamati a far parte della Nostra sollecitudine. Quei settari insegnano tali dottrine non solo per l’odio truce di cui ardono contro la Religione, ma anche perché hanno la speranza che le genti soggette al vostro magistero, se per caso si avvedono che sono violati i confini posti alle cose sacre da Cristo e dalla Chiesa da Lui fondata, facilmente si inducano, con questo esempio, a sovvertire e distruggere anche la forma del regime politico.

18. Anche a voi tutti, o figli diletti che professate la Religione Cattolica, Ci rivolgiamo con la Nostra esortativa preghiera. Evitate con curagli uomini che chiamano luce le tenebre e le tenebre luce. Infatti, quale vera utilità potrebbe a voi derivare dal consorzio con uomini che ritengono di non tenere in alcun conto Iddio né tutte le più alte potestà? Essi, tramando in segrete adunanze, tentano di fare la guerra, e sebbene in pubblico e dovunque proclamino di essere amantissimi del bene pubblico, della Chiesa e della società, tuttavia in ogni loro impresa hanno dimostrato di voler sconvolgere e sovvertire ogni cosa. Essi sono simili a quegli uomini ai quali San Giovanni (2Gv 10) comanda di non offrire ospitalità né di rivolgere il saluto; a quegli uomini che i Nostri antenati non esitarono a chiamare primogeniti del diavolo. Guardatevi dunque dalle loro lusinghe e dai discorsi di miele con cui cercheranno di convincervi a dare il vostro nome a quelle sette di cui essi stessi fanno parte. Abbiate per certo che nessuno può aggregarsi a quelle sette, senza essere colpevole di gravissima ignominia; allontanate dalle vostre orecchie i discorsi di coloro i quali, pur di ottenere il vostro assenso ad iscrivervi ai gradi inferiori delle loro sette, affermano risolutamente che in quei gradi nulla si sostiene che sia contrario alla Religione; anzi, che nulla vi si comanda o si compie che non sia santo, che non sia onesto, che non sia puro. Inoltre quel nefando giuramento che è già stato ricordato e che deve essere prestato anche per essere ammessi ai gradi inferiori, basta di per sé solo a farvi comprendere che è un delitto anche iscriversi a quei gradi meno impegnativi e partecipare ad essi. Inoltre, sebbene ad essi non siano affidate, di solito, le imprese più torbide e scellerate, in quanto

non sono ancora saliti ai gradi superiori, appare però evidente che la forza e l’ardire di queste perniciose società crescono con il consenso e il numero di coloro che vi si sono aggregati. Pertanto anche coloro che non hanno oltrepassato i gradi inferiori, devono essere considerati complici di quei delitti. E anche su di essi ricade quella sentenza dell’Apostolo: "Coloro che commettono tali delitti sono degni di morte, e non solo coloro che li commettono ma anche coloro che approvano chi li compie" (Rm 1,28-29).

19. Infine, con amore profondo chiamiamo a Noi coloro che, dopo aver ricevuto la luce e aver assaporato il dono celeste ed essere fatti partecipi dello Spirito Santo, sono poi miseramente caduti e seguono quelle sette sia che si trovino nei gradi inferiori di esse, sia nei superiori. Infatti, facendo le veci di Colui che dichiarò di non essere venuto per chiamare i giusti ma i peccatori (e si paragonò al pastore che, lasciato il resto del gregge, cerca ansiosamente la pecora che ha smarrito) li esortiamo e li scongiuriamo di ritornare a Cristo. Sebbene si siano macchiati del più grave delitto, non devono tuttavia disperare della clemenza e della misericordia di Dio e di Gesù Cristo Suo Figlio. Ritrovino dunque se stessi, alfine, e di nuovo si rifugino in Gesù Cristo che ha patito anche per loro e che non solo non disprezzerà il loro ravvedimento ma anzi, come un padre amoroso che già da tempo aspetta i figli prodighi, li accoglierà con sommo gaudio. Invero Noi, per incoraggiarli quanto più possiamo e per aprire ad essi una più agevole via alla penitenza, sospendiamo per lo spazio di un intero anno (dopo la pubblicazione di questa lettera apostolica nella regione in cui dimorano) sia l’obbligo di denunciare i loro compagni di setta, sia la riserva delle censure nelle quali sono incorsi dando il loro nome alle sette; e dichiariamo che essi, anche senza aver denunciato i complici, possono essere assolti da quelle censure ad opera di qualunque confessore, purché sia nel numero di coloro che sono approvati dagli Ordinari del luogo ove dimorano. Decidiamo inoltre di usare la stessa condiscendenza verso coloro che per caso si trovano nell’Urbe. Se poi qualcuno di essi a cui è rivolto il Nostro discorso sarà così ostinato (e non lo permetta Iddio, padre delle misericordie!) da lasciar passare quello spazio di tempo che abbiamo fissato senza abbandonare le sette per ravvedersi davvero, trascorso quel tempo, tosto avrà effetto contro di lui l’obbligo di denunciare i complici e la riserva delle censure, né potrà ottenere l’assoluzione se non da Noi o dai Nostri Successori o da coloro che avranno ottenuto dalla Sede Apostolica la facoltà di assolvere dalle censure stesse.

20. Vogliamo inoltre che ai transunti, anche stampati, della presente Nostra lettera, sottoscritti di pugno da qualche pubblico Notaio e muniti del sigillo di persona investita di dignità ecclesiastica, si presti quella fede stessa che si concederebbe alla lettera originale se fosse presentata o mostrata.

21. Perciò a nessuno sia lecito violare o contestare con temeraria arroganza questo testo della Nostra dichiarazione, condanna, conferma, innovazione, mandato, proibizione, invocazione, ricerca, decreto e volontà. Se qualcuno osasse compiere un simile attentato, sappia che incorrerà nello sdegno di Dio Onnipotente e dei Beati Apostoli Pietro e Paolo.

Dato a Roma, presso San Pietro, il 13 marzo dell’anno dell’Incarnazione del Signore 1825, nell’anno secondo del Nostro Pontificato.

Leone XII condanna con particolare energia le sette dei Liberi Muratori, o dei Francs Maçons, e

dei Carbonari, nonché qualsiasi altra setta occulta comunque denominata. Al fine di eliminare

qualunque interessata incomprensione, il Pontefice riproduce integralmente nella presente

Bolla tutti i documenti di condanna delle società segrete promulgati dai suoi Predecessori

Clemente XII, Benedetto XIV e Pio VII.

Pio VIII°

Traditi humilitati

Accingendoci ad andare in questo giorno alla Basilica Lateranense, secondo l’usanza introdotta dai Nostri Predecessori, per prendere possesso del Pontificato concesso alla Nostra umiltà, allarghiamo con gioia il Nostro cuore su di voi, Venerabili Fratelli, che a Noi foste assegnati, come coadiutori nell’adempimento di tanto grande incarico, da Colui che possiede ogni grado di dignità e domina ogni vicenda temporale. Non solo Ci riesce dolce e gradito esprimervi i Nostri intimi sentimenti di benevolenza, ma soprattutto, per il sommo bene della vita cristiana, Ci giova entrare in comunione spirituale con voi, e insieme conoscere quali maggiori vantaggi, giorno per giorno, si possano procurare alla Chiesa. È questo un impegno del Nostro ministero, a Noi affidato nella persona di San Pietro per divino incarico dello stesso Fondatore della Chiesa; per esso, a Noi compete pascere, guidare, governare non solamente gli agnelli, ossia il popolo cristiano, ma anche le pecore, ossia i Vescovi. Esultiamo con tutto il cuore e ringraziamo il Principe dei pastori per aver preposto a guardia del suo gregge siffatti pastori, animati unicamente dalla sollecitudine e dal pensiero di condurlo sulle vie della giustizia, di allontanare da esso ogni pericolo, di non perdere alcuno di coloro che il Padre ha loro affidato. Infatti, Venerabili Fratelli, Noi ben conosciamo la vostra salda fede, l’assiduo zelo per la Religione, l’ammirevole santità della vita, la singolare prudenza. Ci aspettiamo pertanto molti motivi di letizia per Noi, per la Chiesa, per questa Santa Sede da tale corona di irreprensibili operai; questa lieta speranza Ci ispira coraggio, timorosi come siamo sotto il peso di un tale incarico, e Ci ristora e Ci ricrea, anche se sopraffatti da tante inquietudini. Ma per non sollecitare senza motivo chi già s’affretta, ometteremo volentieri di intrattenervi a lungo circa i doveri che devono essere tenuti presenti nell’esercizio del vostro ministero, secondo quanto prescrivono i sacri canoni; non occorre ricordarvi che nessuno deve abbandonare il luogo e la custodia del gregge a lui affidato e con che cura e diligenza si deve affrontare la scelta dei ministri sacri. Rivolgiamo piuttosto le Nostre preghiere a Dio Salvatore

perché vi protegga con la potenza della sua grazia e conduca a felice esito le vostre azioni e i vostri sforzi. Malgrado ciò, anche se il Signore Ci conforta per il vostro coraggio, Venerabili Fratelli, Noi siamo costretti ad essere ancora tristi, avvertendo le crudeli amarezze che, pur in una situazione di pace, i figli di questo secolo Ci infliggono. Parliamo, o Fratelli, di quei mali noti, manifesti che deploriamo con comuni lacrime, e che con solidale impegno dobbiamo correggere, estirpare, sconfiggere. Parliamo degli innumerevoli errori, delle dottrine perverse che combattono la fede cattolica, non più in segreto e di nascosto ma con palese accanimento. Voi sapete in che modo uomini scellerati abbiano alzato insegne di guerra contro la Religione, ricorrendo alla filosofia, di cui si proclamano dottori, e a fatui sofismi tratti da idee mondane. Questa Romana Santa Sede del beatissimo Pietro, su cui Cristo pose le fondamenta della sua Chiesa, è soprattutto perseguitata; a poco a poco si spezzano i vincoli della sua unità. Si incrina l’autorità della Chiesa, i sacri ministri vengono isolati e disprezzati. Sono rifiutati i più virtuosi precetti, derisi i riti divini, il culto di Dio è esecrato dal peccatore (Sir 1,32); tutto ciò che riguarda la Religione è considerato come una vecchia favola e come vana superstizione. Diciamo tra le lacrime: "Davvero ruggirono i leoni sopra Israele (Ger 2,25); davvero si riunirono contro Dio e contro Cristo; davvero gli empi hanno gridato: distruggete Gerusalemme, distruggetela sino alle fondamenta" (Sal 137,7). A questo fine mira la turpe congiura dei sofisti di questo secolo, che non ammettono alcun discrimine tra le diverse professioni di fede; che ritengono sia aperto a tutti il porto dell’eterna salute, qualunque sia la loro confessione religiosa, e che tacciano di fatuità e di stoltezza coloro che abbandonano la religione in cui erano stati educati per abbracciarne un’altra, fosse pure la Religione Cattolica. Certamente è un orrendo prodigio d’empietà attribuire la stessa lode alla verità e all’errore, alla virtù e al vizio, alla onestà e alla turpitudine. È davvero letale questa forma d’indifferenza religiosa ed è respinta dal lume stesso della ragione naturale, la quale ci avverte chiaramente che tra religioni discordanti se l’una è vera, l’altra è necessariamente falsa, e che non può esistere alcun rapporto tra luce e tenebre. Occorre, Venerabili Fratelli, premunire i popoli contro questi ingannatori, insegnare che la Cattolica è la sola vera religione, secondo le parole dell’Apostolo: "Un solo Signore, una sola fede, un solo battesimo" (Ef 4,5). Perciò sarà un profano, come diceva Girolamo , colui che mangerà l’agnello fuori da questa casa, e perirà colui che durante il diluvio non si rifugerà nell’arca di Noè. E infatti, oltre il nome di Gesù, nessun altro nome è concesso agli uomini che possa salvarli (At 4,12); chi avrà creduto sarà salvo, chi non avrà creduto sarà condannato (Mc 16,16). Bisogna inoltre vigilare sulle società di coloro che pubblicano nuove traduzioni della Bibbia in ogni lingua volgare, contro le salutari regole della Chiesa, per cui i testi vengono astutamente travisati in significati aberranti, a seconda degli umori di ciascun traduttore. Tali versioni vengono distribuite gratuitamente dappertutto, con spese esorbitanti, anche ai più ignoranti, e spesso vi sono inseriti perversi scritti in modo che i lettori bevano un letale veleno, là dove credevano di attingere le acque della salutare sapienza. Già da tempo la Sede Apostolica ha messo in guardia il popolo cristiano contro questo attentato alla fede, e ha condannato gli autori di così grande iattura. A tale scopo furono nuovamente richiamate alla memoria di tutti le regole statuite per decisione del Concilio di Trento e quanto fu disposto dalla stessa Congregazione dell’Indice per cui non devono essere consentite le versioni in lingua volgare dei sacri testi, salvo non siano approvate dalla Santa Sede e accompagnate da commenti tratti dalle opere dei Santi Padri della Chiesa . Allo stesso scopo il sacro Concilio Tridentino, per infrenare gl’ingegni più irrequieti, emise il seguente decreto: "In materia di fede e di costumi che riguardino la dottrina cristiana, nessuno osi confidare nel proprio senno e tradurre la sacra scrittura deformandola a proprio talento, ossia interpretarla in un senso diverso da quello che la

Santa Madre Chiesa ha sempre seguito o contro l’unanime concordanza dei Padri" . Sebbene appaia evidente da questi decreti canonici che tali insidie contro la Religione Cattolica sono state da molto tempo respinte, tuttavia gli ultimi Nostri Predecessori di felice memoria, pieni di sollecitudine per l’incolumità del popolo cristiano, ebbero cura di reprimere quei nefasti ardimenti che essi vedevano rinnovarsi ovunque, e sull’argomento pubblicarono severe lettere apostoliche (Si leggano, fra le altre, la lettera apostolica di Pio VII all’Arcivescovo di Gniezno dell’1 giugno 1816, e all’Arcivescovo di Mohilew, del 3 settembre 1816). Usate le stesse armi, Venerabili Fratelli, per combattere le battaglie del Signore, mentre corre così grande pericolo la sacra dottrina, in modo che il letale veleno non si diffonda nel vostro gregge, portando a rovina gli stessi Sovrani. Così, dopo aver evitato lo stravolgimento delle sacre scritture, è vostro dovere, Venerabili Fratelli, indirizzare gli sforzi contro quelle società segrete di uomini faziosi che, nemici di Dio e dei Principi, sono tutti dediti a procurare la rovina della Chiesa, a minare gli Stati, a sovvertire l’ordine universale e, infranto il freno della vera fede, si sono aperti la via ad ogni sorta di scelleratezze. Costoro si sforzano di nascondere nelle tenebre di riti arcani la iniquità dei loro conciliaboli e le decisioni che vi assumono, e per questo motivo hanno suscitato gravi sospetti circa quelle imprese infami che per la tristezza dei tempi, come da spiraglio di un abisso, eruppero a suprema offesa del consorzio religioso e civile. Perciò i sommi Pontefici Clemente XII, Benedetto XIV, Pio VII e Leone XII (Clemente XII, con la costituzione In eminenti; Benedetto XIV con la costituzione Providas; Pio VII, con la costituzione Ecclesiam a Jesu Christo; Leone XII con la costituzione Quo graviora), dei quali siamo successori anche se di granl unga inferiori per meriti, scomunicarono quelle società segrete (qualunque fosse il loro nome)con pubbliche lettere apostoliche, le cui disposizioni Noi confermiamo nella pienezza del Nostro potere apostolico ordinando la scrupolosa osservanza di esse. Noi, con tutto il Nostro zelo, vigileremo perché la Chiesa e la società civile non ricevano alcun danno dalla cospirazione di tali sette e invochiamo la vostra quotidiana assiduità in tale impresa, in modo che, indossando l’armatura della costanza e rinsaldando validamente l’unità degli spiriti, Noi possiamo sostenere la nostra causa comune, o, meglio dire, la causa di Dio, al fine di distruggerei baluardi eretti dalla fetida empietà di uomini scellerati. Tra tutte queste società segrete, abbiamo deciso di descriverne una in particolare, costituita di recente con lo scopo di corrompere l’animo degli adolescenti che frequentano i ginnasi e i licei. Tale setta si adopera, con scaltrezza, di assumere maestri corrotti che conducano i discepoli sui sentieri di Baal, con dottrine contrarie a Dio, ben sapendo che le menti e i costumi degli alunni sono plasmati dai precetti degli insegnanti. Siamo perciò indotti a deplorare, gemendo, che la licenza dei giovani sia giunta al punto di rimuovere il timore della Religione, di rifiutar la disciplina dei costumi, di opporsi alla santità della più pura dottrina, di calpestare i diritti del potere religioso e civile, di non vergognarsi più di alcun delitto, di alcun errore, di alcuna audacia, per cui possiamo dire di essi, con Leone Magno: "La loro legge è la menzogna, il demonio la loro religione, la turpitudine il loro culto" . Allontanate tutti questi mali dalle vostre Diocesi, o Fratelli, e, per quanto vale la vostra autorità e il vostro ascendente, fate in modo che siano incaricati della educazione dei giovani uomini eminenti non solo per la loro cultura letteraria, ma soprattutto per purezza di vita e di pietà. In tal senso vigilate con la più assidua sollecitudine nei seminari sui quali a voi in modo particolare è stata affidata la sorveglianza dai Padri del Concilio Tridentino . Dai seminari infatti devono provenire coloro che, compiutamente educati alla disciplina cristiana ed ecclesiastica, e ai princìpi della più sana dottrina, dimostreranno tale devozione nell’adempimento del loro divino ministero, tale dottrina nella educazione del popolo, tale severità di costumi che il ministero a loro affidato sarà apprezzato anche dai profani, ed essi potranno, con virtuose

parole, rimproverare coloro che si allontanano dal sentiero della giustizia. Noi chiediamo alla vostra sollecitudine, per il bene della Chiesa, di dedicare tutto il vostro zelo nella scelta di coloro ai quali dovrà essere affidata la cura delle anime, in quanto dalla oculata scelta dei parroci deriva soprattutto la salute del popolo, e nulla contribuisce di più alla rovina delle anime quanto essere guidati da coloro che cercano il proprio bene e non quello di Gesù Cristo, o da coloro che, scarsamente imbevuti di vero sapere, si fanno volgere in giro da ogni vento e non sanno condurre il loro gregge ai salutari pascoli che non conoscono o che disprezzano. Dal momento che proliferano ovunque smisuratamente libri funesti, mediante i quali l’insegnamento degli empi si diffonde come un tumore in tutto il corpo della Chiesa (2Tm 2,17), vigilate sul gregge e non sottraetevi a nessuna fatica pur di scongiurare la peste di quei libri, dei quali nulla è più pernicioso; ammonite le pecore di Cristo a voi affidate con le parole di Pio VII, Nostro santissimo Predecessore e benefattore (In litt. encyclicis ad universos episcopos datis Venetiis), secondo le quali il gregge deve considerare come pascoli salutari (e di essi nutrirsi) solo quelli a cui li abbiano invitati la voce e l’autorità di Pietro; qualora quella voce lo diffidi e lo richiami indietro da altre pasture, le si consideri nocive e pestifere, ci si allontani da esse con orrore, non ci si lasci ingannare da nessuna apparenza o perversa lusinga. Ma, dati i tempi in cui viviamo, abbiamo deciso di raccomandare vivamente al vostro amore per la salute delle anime, di inculcare nel vostro gregge la venerazione per la santità del matrimonio, in modo che non accada mai nulla che diminuisca la dignità di questo grande sacramento, che offenda la purezza del letto nuziale, che possa insinuare alcun dubbio sulla indissolubilità del vincolo matrimoniale; si potrà raggiungere questo intento se il popolo cristiano sarà pienamente convinto che il matrimonio non è soltanto soggetto alle leggi umane ma anche alla legge divina; che bisogna considerarlo un bene sacro e non solo una realtà terrena, e che perciò è totalmente soggetto alla Chiesa. Infatti il vincolo coniugale che un tempo non aveva altro scopo che di procreare e di continuare la specie, ora è stato innalzato da Cristo Signore alla dignità di sacramento e arricchito di doni celesti, in quanto la Grazia ne perfeziona la natura; pertanto quel vincolo non è allietato tanto dalla prole, quanto piuttosto dall’educarla a Dio e alla sua divina Religione: così tende ad accrescere il numero degli adoratori del vero Dio. Risulta infatti che questa unione matrimoniale, di cui Dio è autore, raffigura la perpetua e sublime unione di Cristo Signore con la Chiesa, e che questa strettissima unione tra marito e moglie è un sacramento, ossia un sacro simbolo dell’amore immortale di Cristo per la Sua Sposa. In tal modo è necessario istruire i popoli (Legatur catechism. Rom. ad parochos de matrimon.) e spiegare ad essi ciò che è stato sancito e ciò che è stato condannato dalle regole della Chiesa e dai decreti dei Concilii, affinché i popoli operino in modo di conseguire la virtù del sacramento e non osino compiere ciò che la Chiesa ha condannato; e, per quanto possiamo, chiediamo al vostro zelo di prestarvi in questo con tutta la pietà, la dottrina e la diligenza di cui siete dotati. Avete appreso, Fratelli, ciò che ora più di ogni altra cosa suscita dolore in Noi che, posti sul soglio del Principe degli Apostoli, dobbiamo essere presi dall’amore per tutta la casa di Dio. Si aggiungono anche altri argomenti, non meno gravi, che qui sarebbe lungo enumerare e che voi sicuramente conoscete. Ma potremmo Noi trattenere la Nostra voce in una congiuntura così difficile per la cristianità? Forse che, impediti da motivi umani, o torpidi nell’indolenza, sopporteremo in silenzio che sia lacerata la tunica di Cristo Salvatore, che neppure i soldati che lo crocifissero osarono dividere? . Non accada, carissimi, che al gregge disperso venga a mancare la protezione del pastore amoroso e sollecito! Noi non dubitiamo che voi farete anche più di quanto vi chiede questo scritto e che vi adoprerete con i precetti, i consigli, le opere, lo zelo, a favorire la Religione avita, a diffonderla e a proteggerla. Per la verità, ora, nella crudezza della situazione, dobbiamo in particolar modo pregare in ispirito e con maggior fervore; dobbiamo supplicare Dio affinché, come risanale piaghe d’Israele,

faccia sì che la sua santa Religione fiorisca ovunque, e permanga incrollabile la vera felicità dei popoli; affinché il Padre della misericordia, volgendo lo sguardo propizio sui giorni del Nostro ministero, si degni di custodire e illuminare il pastore del suo gregge. Vogliano i potentissimi Principi, con il loro animo nobile ed elevato, favorire lo zelo e gli sforzi Nostri; quel Dio che loro ha donato un cuore docile all’adempimento delle sue prescrizioni, li rassicuri con un supplemento di sacri carismi, in modo che con tenacia compiano quelle azioni che riescano utili e salutari alla Chiesa afflitta da tante calamità. Questo chiediamo supplichevoli a Maria Santissima Madre di Dio, che sappiamo, Lei sola, aver annientato tutte le eresie e che in questo giorno Noi salutiamo con riconoscenza col titolo di "Ausilio dei cristiani", ricordando il ritorno del Nostro beatissimo Predecessore Pio VII in questa città di Roma, dopo tribolazioni di ogni genere. Chiediamo al Principe degli Apostoli Pietro e al suo co-Apostolo Paolo di non permettere che alcun sconvolgimento Ci minacci, saldi come siamo sulla pietra della Chiesa per merito del Principe dei Pastori Gesù Cristo Nostro Signore, dal quale invochiamo di riservare sulle Fraternità Vostre e sui greggi a voi affidati i più abbondanti doni di grazia, di pace e di gaudio, mentre, quale segno del Nostro affetto, con tutto il cuore vi impartiamo l’Apostolica Benedizione. Dato a Roma, presso San Pietro, il 24 maggio 1829, anno primo del Nostro Pontificato. Pio VIII° precisa ed aggrava le accuse contro la massoneria e contro le affiliazioni carbonare. La scomunica dei massoni viene spiegata richiamando le parole di San Leone Magno:"La loro legge

è la menzogna;il loro Dio è il demonio..."

Pio IX°

Qui pluribus

Erano già molti anni da quando, insieme con Voi, Venerabili Fratelli, Ci affaticavamo secondo le Nostre forze di adempiere l’ufficio episcopale, sovraccarico di tante sollecitudini, e di pascere nei monti, nei rivi e nei pascoli ubertosi d’Israele la porzione del gregge cristiano affidata alle Nostre cure, quand’ecco, per la morte dell’illustre Predecessore Nostro Gregorio XVI (del quale ammireranno certamente i posteri la memoria e le gesta gloriose registrate con auree note nei fasti della Chiesa), subitamente e fuor d’ogni Nostra previsione fummo innalzati per arcano consiglio della divina Provvidenza al supremo Pontificato, non senza grandissimo turbamento e trepidazione dell’animo Nostro. Infatti, se il peso del ministero apostolico fu sempre giustamente reputato gravissimo e pericoloso, assai più terribile riesce in questi tempi difficilissimi per la società cristiana. Noi, conoscendo appieno la Nostra debolezza, nel considerare i gravissimi uffici del supremo Apostolato, massimamente in mezzo a tante vicissitudini, Ci saremmo abbandonati alla mestizia e al pianto se non confidassimo in Dio, che è Nostra salvezza, che non abbandona mai chi pone in Lui la sua speranza, e che, per manifestare la virtù della sua potenza, a reggere la sua Chiesa sceglie sovente chi è più debole, affinché tutti sempre più conoscano essere la Chiesa da Lui solo governata e difesa con ammirabile provvidenza. Grandemente ancora Ci conforta la consolazione che abbiamo da Voi, Venerabili Fratelli, da

Voi che siete compagni e coadiutori Nostri nel procurare la salvezza delle anime e che, chiamati a partecipare delle Nostre sollecitudini, con ogni cura e con ogni studio attendete all’adempimento del vostro ministero e alle opere della santa milizia. Allorché dunque Ci fummo assisi, benché immeritevoli, in questa sublime Cattedra del Principe degli Apostoli, e nella persona del Beato Pietro ricevemmo dallo stesso eterno Principe dei Pastori il gravissimo ufficio di pascere e governare non solo gli agnelli, cioè l’universo Popolo cristiano, ma anche le pecore, cioè i Vescovi, niente certamente desiderammo più che d’indirizzare a Voi tutti una parola che Vi dimostrasse l’intimo affetto di carità che Ci stringe a Voi. Pertanto, dopo aver preso, secondo il costume e l’istituto dei Nostri Predecessori, nella Basilica Lateranense il possesso del sommo Pontificato, senza frapporre indugio, con questa lettera eccitiamo la Vostra esimia pietà, affinché con sempre maggiore alacrità e diligenza vegliate sul gregge affidatovi e, combattendo il nemico dell’uman genere con vigore e costanza episcopali (come conviene a buoni soldati di Gesù Cristo), stiate saldi per la difesa della casa d’Israele. Nessuno di Voi ignora, Venerabili Fratelli, quanto acerba e terribile guerra muovano, in questa nostra età, contro la Chiesa cattolica uomini congiunti fra loro in empia unione, avversari della sana dottrina, disdegnosi della verità, intenti a tirare fuori dalle tenebre ogni mostro di opinioni, e con tutte le forze accumulare, divulgare e disseminare gli errori presso il popolo. Con orrore certamente e con dolore acerbissimo ripensiamo tutte le mostruosità erronee e le nocive arti e le insidie con le quali si sforzano questi odiatori della verità e della luce, peritissimi artefici di frodi, di estinguere ogni amore di giustizia e di onestà negli animi degli uomini; di corrompere i costumi; di sconvolgere i diritti umani e divini; di scuotere e, se pur potessero, di rovesciare dalle fondamenta la Religione cattolica e la società civile. Sapete, Venerabili Fratelli, che questi fierissimi nemici del nome cristiano, miseramente tratti da un cieco impeto di folle empietà, sono giunti a tale temerità di opinioni che "aprendo la bocca a bestemmiare Iddio" (Ap 13,6) con inaudita audacia, non si vergognano d’insegnare apertamente che i sacrosanti misteri della nostra Religione sono invenzioni umane; accusano la dottrina della Chiesa cattolica di contraddire al bene ed ai vantaggi della società umana; né temono di rinnegare la divinità di Cristo medesimo. E per potere più facilmente sedurre i popoli ed ingannare gl’incauti e gl’inesperti, si vantano che solo a loro siano note le vie della prosperità umana; né dubitano di arrogarsi il nome di filosofi, quasi che la filosofia, che si aggira tutta nella investigazione delle verità naturali, debba rifiutare quelle che lo stesso supremo e clementissimo autore della natura, Iddio, per singolare beneficio e misericordia si è degnato di manifestare agli uomini, affinché conseguano vera felicità e salvezza. Quindi con fallace e confuso argomento non cessano mai di magnificare la forza e l’eccellenza della ragione umana contro la fede santissima di Cristo, e audacemente blaterano che la medesima ripugna alla ragione umana. Del che niente si può pensare od immaginare né di più stolto, né di più empio, né di più ripugnante alla ragione medesima. Sebbene infatti la fede sia al di sopra della ragione, pur tuttavia fra di esse non si può trovare nessuna vera discordanza e nessun dissidio, quando ambedue prendono origine da una stessa fonte d’immutabile ed eterna verità, da Dio Ottimo Massimo; e per tale motivo vicendevolmente si aiutano, di modo che la retta ragione dimostra e difende la verità della fede, e la fede libera la ragione da ogni errore e mirabilmente la illustra, la rafforza e la perfeziona con la cognizione delle cose divine. Né con minore fallacia certamente, Venerabili Fratelli, questi nemici della divina rivelazione, con somme lodi esaltando il progresso umano, vorrebbero con temerario e sacrilego ardimento introdurlo perfino nella Religione cattolica; come se essa non fosse opera di Dio, ma degli uomini, ovvero invenzione dei filosofi, da potersi con modi umani perfezionare. Contro siffatto delirare possiamo ben ridire la parola con cui Tertulliano rimproverava i filosofi della sua età, "che fecero il Cristianesimo Stoico, o Platonico, o Dialettico" . E certamente poiché non è la nostra santissima Religione un risultato della ragione umana, ma fu da Dio clementissimamente manifestata agli uomini, ognuno intende facilmente che dall’autorità di Dio medesimo essa acquista ogni sua forza, né la ragione umana può mutarla o perfezionarla. Bensì alla umana ragione appartiene il cercare con ogni diligenza il fatto della rivelazione, affinché non sia ingannata ed erri in una cosa di tanta importanza, e per rendere a Dio un ossequio ragionevole, come sapientissimamente insegna l’Apostolo, quando sia certa che Iddio le ha parlato. Chi infatti ignora o può ignorare che a Dio che parla si debba prestare ogni fede, e che alla ragione medesima niente sia più conforme che l’acquietarsi e l’aderire fermamente alle cose che si conoscano rivelate da Dio il quale non può essere né ingannato né ingannatore? Ma quanti meravigliosi e splendidi argomenti esistono per convincere l’umana ragione che la Religione di Cristo sia divina e che "ogni principio dei nostri dogmi venga dal Signore dei Cieli" ; e però della nostra fede niente sia più certo, più sicuro, più santo ed edificato sopra più soldi fondamenti! Questa fede, maestra della vita, guida della salvezza, liberatrice di tutti i vizi, feconda madre e nutrice di virtù, fu sigillata con la nascita, la vita, la morte, la resurrezione, la sapienza, i prodigi, le predizioni del suo autore e perfezionatore Gesù Cristo. Sfolgoreggiante da ogni parte di una luce di soprannaturale dottrina; arricchita dei tesori delle celesti dovizie; ampiamente illustre ed insigne per i vaticini dei profeti, per lo splendore di tanti miracoli, per la costanza di tanti martiri, per la gloria di tutti i santi; questa fede vivificata dalle salutari leggi di Cristo, ritraendo sempre nuova vita dalle stesse crudelissime persecuzioni, con il solo vessillo della Croce percorse l’orbe universo e per terra e per mare, dal luogo ove nasce sin dove muore il sole. Dileguata la fallacia degli idoli, sgombrata la caligine degli errori, trionfando di ogni

sorta di nemici, illuminò con la luce delle dottrine e assoggettò al soavissimo giogo di Cristo medesimo popoli, genti, nazioni quantunque barbare per ferocia, e diverse d’indole, di costumi, di leggi, d’istituti, annunziando a tutti la pace, annunziando beni. Le quali cose certamente risplendono da ogni parte di tanta luce, di sapienza e di potenza divina, che la mente ed il pensiero di ciascuno facilmente intendono che la fede di Cristo è opera di Dio. Pertanto la ragione umana, conoscendo chiaramente per siffatti argomenti splendidissimi e fermissimi, che Dio è l’autore della fede, non può sospingersi più oltre, ma, tolta ogni difficoltà e rimosso ogni dubbio, conviene che presti ossequio alla fede medesima, tenendo per cosa data da Dio tutto ciò che essa propone da credere e da fare. E di qui si vede chiaro quanto errino coloro che, abusando della ragione e stimando opera umana la parola di Dio, a loro arbitrio osano spiegarla ed interpretarla, quando Iddio medesimo ha costituito una viva autorità, la quale insegni e stabilisca il vero e legittimo senso della sua celeste rivelazione, e con infallibile giudizio definisca ogni controversia di fede e di costumi, affinché i fedeli non siano raggirati da ogni turbinio di dottrina, né siano per umana nequizia indotti in errore. La quale viva ed infallibile autorità è in quella sola Chiesa che da Cristo Signore fu edificata sopra Pietro, Capo, Principe e Pastore della Chiesa universale, la cui fede, per divina promessa, non verrà mai meno, ma sempre e senza intermissione durerà nei legittimi Pontefici i quali, discendendo dallo stesso Pietro ed essendo collocati nella sua Cattedra, sono anche eredi e difensori della sua medesima dottrina, della dignità, dell’onore e della sua potestà. E poiché "ove è Pietro ivi è la Chiesa" , e"Pietro parla per bocca del Romano Pontefice" , e "sempre vive nei suoi successori, e giudica" , e "appresta la verità della fede a coloro che la cercano" , perciò le divine parole sono da interpretare nel senso che ha tenuto e tiene questa Romana Cattedra del beatissimo Pietro; "la quale, madre di tutte le Chiese e maestra" , sempre serbò la fede consegnatale da Cristo Signore integra ed inviolata, ed in quella ammaestrò i fedeli, mostrando a tutti la via della salute e la dottrina dell’incorrotta verità. Ed è questa appunto la "principale Chiesa donde nacque l’unità sacerdotale" ; questa la metropoli della pietà "nella quale è intera e perfetta la solidità della Religione cristiana" , "nella quale sempre fiorì il principato della Cattedra Apostolica" , "cui a motivo del suo primato è necessario che si stringa ogni altra Chiesa, cioè dovunque sono i fedeli" , "perché chi non raccoglie con lei, disperde" . Noi dunque, che per imperscrutabile giudizio di Dio siamo collocati in questa Cattedra di verità, eccitiamo grandemente nel Signore la Vostra egregia pietà, Venerabili Fratelli, affinché con ogni sollecitudine e con ogni studio vogliate assiduamente ammonire ed esortare i fedeli affidati alla Vostra cura che, aderendo fermamente a questi principi, non si lascino mai ingannare da coloro che, sotto specie dell’umano progresso ma con abominevole intenzione, vogliono distruggere la fede ed assoggettarla empiamente alla ragione, e manomettere la parola del Signore, con grandissima ingiuria a Dio medesimo che, mediante la sua celeste Religione, con tanta clemenza provvide al bene ed alla salute degli uomini. Conoscete ancora, Venerabili Fratelli, altre mostruosità di errori ed altre frodi, con cui i figli del secolo acerbamente impugnano la divina autorità e le leggi della Chiesa, per conculcare insieme i diritti della potestà civile e di quella sacra. A questo mirano inique macchinazioni contro questa Romana Cattedra del Beatissimo Pietro, nella quale Cristo pose l’inespugnabile fondamento della sua Chiesa. A questo mirano altresì quelle sette segrete che occultamente sorsero dalle tenebre per corrompere gli ordini civili e religiosi, e che dai Romani Pontefici Nostri Predecessori più volte furono condannate con lettere apostoliche che Noi, con la pienezza della Nostra Potestà Apostolica, confermiamo e ordiniamo che siano diligentissimamente osservate. Questo vogliono le scaltrissime società Bibliche mentre, rinnovando le vecchie arti degli eretici, senza badare a spese non si peritano di spargere fra gli uomini anche più rozzi i libri delle divine Scritture, volgarizzati contro le santissime regole della Chiesa e sovente corrotti con perverse spiegazioni, affinché, abbandonate la divina tradizione, la dottrina dei Padri e l’autorità della Chiesa cattolica, tutti interpretino la parola del Signore secondo il loro privato giudizio e, guastandone il senso, cadano in errori gravissimi. Gregorio XVI di santa memoria, al quale seppure con minori meriti siamo succeduti, emulando gli esempi dei suoi Predecessori, con sua lettera apostolica riprovò tali società , e Noi parimenti le vogliamo condannate. Altrettanto diciamo di quel sistema che ripugna allo stesso lume della ragione naturale, che è l’indifferenza della Religione, con il quale costoro, tolta ogni distinzione fra virtù e vizio, fra verità ed errore, fra onestà e turpitudine, insegnano che qualsivoglia religione sia ugualmente buona per conseguire la salute eterna, come se fra la giustizia e le passioni, fra la luce e le tenebre, fra Cristo e Belial potesse mai essere accordo o comunanza. Mira al medesimo fine la turpe cospirazione contro il sacro celibato dei Chierici, fomentata, oh che dolore!, anche da alcuni uomini di Chiesa, miseramente dimentichi della propria dignità, e cedevoli agli allettamenti della voluttà. A questo tende altresì la perversa istituzione di ammaestrare nelle discipline filosofiche, con le quali si corrompe l’incauta gioventù, propinandole il fiele del drago nel calice di Babilonia. A questo punta la nefanda dottrina del Comunismo, come dicono, massimamente avversa allo stesso diritto naturale; una volta che essa sia ammessa, i diritti di tutti, le cose, le proprietà, anzi la stessa società umana si sconvolgerebbero dal fondo. A questo aspirano le tenebrose insidie di coloro che, in vesti di agnelli, ma con animo di lupi, s’insinuano con mentite apparenze di più pura pietà e di più severa virtù e disciplina: dolcemente sorprendono, mollemente stringono, occultamente uccidono; distolgono gli uomini dalla osservanza di ogni religione, e fanno scempio del gregge del Signore.

Che diremo infine, per tralasciare molte altre cose a Voi notissime, del terribile contagio di tanti volumi e libercoli che volano da ogni parte ed insegnano a peccare, artificiosamente composti, pieni di fallacia, con immensa spesa disseminati per ogni luogo a divulgare pestifere dottrine, a depravare le menti e gli animi degli incauti con gravissimo detrimento della Religione? Da questa colluvie di errori e da questa sfrenata licenza di pensiero, di parole e di scritture, avviene poi che si peggiorino i costumi, che sia dispregiata la santissima Religione di Cristo e vituperata la maestà del culto divino, che sia travagliata la potestà di questa Sede Apostolica, combattuta e ridotta in turpe schiavitù l’autorità della Chiesa, conculcati i diritti dei Vescovi, violata la santità del matrimonio, scosso il governo d’ogni autorità, oltre tanti altri danni della società cristiana e civile, che insieme con Voi, Venerabili Fratelli, siamo costretti a lamentare. In tante vicende dunque di cose e di tempi, angustiati nel profondo del cuore per la salvezza del gregge a Noi divinamente affidato, niente lasceremo intentato, niente non provato secondo il dovere del Nostro apostolico ministero, per provvedere con tutte le forze al bene della famiglia cristiana. Ma la Vostra illustre pietà, la Vostra virtù, la Vostra prudenza, Venerabili Fratelli, Noi eccitiamo nel Signore, affinché mediante il celeste aiuto, insieme con Noi, difendiate coraggiosamente la causa di Dio e della Chiesa, come domandano il luogo in cui sedete e la dignità di cui siete rivestiti. Con quanto ardore dobbiate combattere, bene intendete vedendo le ferite della intemerata Sposa di Cristo e l’impeto acerbissimo dei suoi nemici. E primieramente ben sapete essere Vostro compito difendere con episcopale vigore la fede cattolica e vegliare con ogni studio affinché il gregge a Voi consegnato rimanga stabile ed immobile nella fede: chi "non l’avrà serbata integra ed inviolata, senza dubbio perirà in eterno" . A difendere pertanto ed a conservare questa fede ponete ogni diligenza, non cessando mai d’insegnarla a tutti, raffermando gl’incerti, convincendo i contraddittori, confortando i deboli, nulla dissimulando o tollerando che possa in alcun modo ottenebrare la purezza della fede medesima. Né con minore forza d’animo fomenterete in tutti l’unione con la Chiesa cattolica, fuori della quale non vi è salvezza, e l’obbedienza verso questa Cattedra di Pietro alla quale, come a fermissimo fondamento, tutto l’edificio della Nostra santissima Religione sta appoggiato. Con pari costanza però abbiate cura di custodire le santissime leggi della Chiesa, per le quali fioriscono e s’invigoriscono la virtù e la Religione. Essendo poi "gran pietà l’aprire i nascondigli degli empi e debellare in essi il demonio a cui servono" , per quanto è in Noi Vi preghiamo che scopriate al popolo fedele le svariate insidie, le frodi, gli errori dei nemici; e lo allontaniate diligentemente dai libri pestiferi; e lo esortiate assiduamente affinché fuggendo le sette e le società degli empi come la faccia del serpente, eviti con la massima cura tutte quelle cose che avversano l’integrità della fede, della Religione e dei costumi. Perciò non sia mai che Voi cessiate di predicare il Vangelo, in modo che il popolo cristiano ogni giorno cresca più erudito nei santi precetti della legge cristiana e nella scienza di Dio, si allontani dal male, faccia il bene e cammini nelle vie del Signore. E poiché Voi sapete che siete ambasciatori di Cristo, che si protestò di essere mansueto ed umile di cuore, e che non venne per chiamare i giusti ma i peccatori, lasciando a noi esempio affinché seguissimo le sue orme, non stancatevi se alcuni troverete erranti, fuori della via della verità e della giustizia, di richiamarli e di rimproverarli con animo dolce e mansueto e con paterne ammonizioni, e di riprenderli ed ammonirli con ogni bontà, pazienza e dottrina, "quando spesso verso i malvagi possa più la benevolenza della severità e delle minacce, più la carità della forza" . Procurate ancora con ogni efficacia, Venerabili Fratelli, di far sì che i fedeli seguano la carità, cerchino la pace ed adempiano attentamente le opere della carità e della pace, in modo che deposte le inimicizie, composte le discordie, tutti si amino con vicendevole carità, siano perfetti nell’unità del sentire e del volere, ed abbiano una medesima parola e siano unanimi in Gesù Cristo Signor Nostro. Inculcate nel popolo cristiano l’obbedienza e la soggezione dovuta ai Principi ed alle potestà, insegnando secondo la dottrina dell’Apostolo che "non è potestà se non da Dio" (Rm 12,1.2), e che coloro che resistono alla potestà resistono al volere di Dio e quindi si acquistano la dannazione; mai da nessuno possa essere violato senza colpa il precetto di ubbidire alla stessa potestà, a meno che non sia comandata qualche cosa che contrasti alle leggi di Dio e della Chiesa. Ma poiché "niente serve ad istruire gli altri nella pietà e nel culto del Signore, quanto la vita e l’esempio di coloro che si dedicarono al divino ministero" , e poiché tale suole essere per lo più il popolo, quali sono i sacerdoti, nella Vostra singolare sapienza vedete chiaramente, Venerabili Fratelli, che dovete Voi con sommo studio lavorare affinché il Clero sia ornato di serietà di costumi, integrità di vita, santità e dottrina, affinché sia diligentissimamente mantenuta la disciplina ecclesiastica secondo le norme dei sacri canoni, ed ove fosse caduta si restituisca nell’antico splendore. Per questo ben sapete quanto dobbiate guardarvi, per comando dell’Apostolo, d’imporre inconsideratamente le mani, ma vorrete iniziare nei sacri ordini e destinare a trattare i santi misteri soltanto coloro che per diligente indagine conoscerete degni di onorare le Vostre diocesi con la virtù e la sapienza, fuggendo tutto ciò che ai chierici è vietato, attendendo alla lettura, alle esortazioni, alla dottrina, "facendosi esempio dei fedeli nelle parole, nella conversazione, nella carità, nella fede, nella castità" (1Tm 4,12), per meritarsi la venerazione di tutti ed infiammare il popolo negli esercizi della Religione cristiana. Meglio è certamente, come sapientissimamente ammonisce l’immortale Benedetto XIV Nostro Predecessore, "meglio è avere minor numero di ministri, ma buoni, idonei ed utili anziché molti, i quali poi nulla valgano nella edificazione del corpo di Cristo, che è la Chiesa" . Né ignorate di dovere con maggior diligenza investigare principalmente i costumi e la scienza di coloro ai quali si commette la cura ed il reggimento delle anime, affinché, come fedeli dispensatori della

multiforme grazia di Dio, procurino continuamente di pascere e aiutare il popolo a loro affidato con l’amministrazione dei sacramenti, con la predicazione della divina parola, con l’esempio delle buone opere, e conformarlo ai precetti, agli istituti ed agli insegnamenti della Religione per condurlo nelle vie della salvezza. Voi comprendete chiaramente che se i Parroci ignorano o trascurano il loro ufficio, ne segue tosto che i costumi dei popoli si corrompano, si rilassi la disciplina cristiana, si rallenti e si scuota il culto della Religione, e nella Chiesa si introducano facilmente tutti i vizi e le corruttele. Affinché poi la parola di Dio che "viva, efficace e più penetrante di una spada a doppio taglio" (Eb 4,12) ci è stata data in salute delle anime, per colpa dei ministri non divenga infruttuosa, non cessate giammai, Venerabili Fratelli, di ammonire i sacri oratori che, ben valutando la gravità del loro ufficio, esercitino religiosissimamente il ministero evangelico, non già con gli argomenti della persuasione umana, né con ambizioso e vuoto apparato di umana eloquenza, ma con la manifestazione dello spirito e della virtù, in modo che trattando rettamente la parola della verità, e non predicando se stessi, ma Cristo Crocifisso, apertamente e chiaramente con grave e limpido linguaggio, secondo la dottrina della Chiesa cattolica e dei Padri annunzino ai popoli i dogmi ed i precetti della nostra santissima Religione, spieghino accuratamente i particolari doveri di ciascuno, ispirino in tutti l’orrore della colpa, infiammino alla pietà, affinché i fedeli, salutevolmente ristorati con la parola di Dio, evitino i vizi, seguano le virtù, fuggano le pene eterne, e siano fatti capaci di conseguire la gloria celeste. Con la Vostra pastorale sollecitudine e prudenza avvertite, eccitate sempre gli ecclesiastici tutti a meditare quale ministero abbiano ricevuto nel Signore, così che tutti adempiano diligentissimamente il proprio ufficio, amino soprattutto il decoro della Casa di Dio, e con intimo senso di pietà e senza interruzione preghino fervidamente, e secondo il precetto della Chiesa recitino le ore canoniche, con le quali possono impetrare per sé divini aiuti che li soccorrano nelle gravi incombenze del loro ufficio, e possano ancora rendere Dio placato e propizio al popolo cristiano. Siccome poi, Venerabili Fratelli, alla Vostra sapienza non sfugge che la Chiesa non può avere idonei ministri se non da Chierici ottimamente cresciuti ed istruiti e che dalla loro istruzione per gran parte dipende tutto il corso del rimanente della loro vita, così tutto il nerbo del Vostro zelo episcopale sia principalmente indirizzato a questo: a che i giovani Chierici fin dai teneri anni siano correttamente ammaestrati nella pietà, nella solida virtù, nelle lettere e nelle più severe discipline, soprattutto nelle sacre. Per la qual cosa niente avrete più a cuore di procurare con ogni mezzo la istituzione dei seminari, secondo le prescrizioni dei Padri Tridentini , dove ancora non esistono; dove già sono istituiti vorrete, se sia necessario, ampliarli e fornirli di ottimi rettori e di maestri, e con attentissimo e continuo studio vegliare affinché i giovani Chierici vi siano santamente e religiosamente educati nel timore di Dio, nella disciplina ecclesiastica, nelle scienze sacre secondo la dottrina cattolica, scevre da ogni errore, nelle tradizioni della Chiesa, negli scritti dei Santi Padri, nelle sacre cerimonie, nei riti; così potrete avere forti ed industriosi operai i quali, di animo veramente sacerdotale rettamente avviati negli studi, abbiano forza di coltivare diligentemente nella calamità il campo del Signore, e di combatterne strenuamente le battaglie. Oltre a questo, conoscendo quanto valga a conservare la dignità e la santità dell’ordine ecclesiastico il pio istituto degli esercizi spirituali, il Vostro zelo episcopale curerà sommamente questa salutare opera, né tralascerete di ammonire e di esortare tutti coloro che sono chiamati al servizio divino, affinché spesso si ritraggano in santa solitudine per deporre le cure esteriori e, con la meditazione delle cose eterne e divine, si purifichino dalle macchie contratte tra la polvere mondana, e possano rinnovare lo spirito ecclesiastico e, spogliato l’uomo vecchio, con le sue opere rivestire il nuovo che è creato in giustizia e santità. Né Vi rincresca se alquanto più lungamente Ci siamo intrattenuti intorno alla educazione ed alla disciplina del Clero. Non ignorate, infatti, che vi sono molti i quali, infastiditi per la incostanza e mutabile varietà degli errori, sentono la necessità di professare la nostra Religione santissima, e tanto più facilmente saranno condotti con l’aiuto di Dio ad abbracciarne la dottrina, i precetti, i consigli, quanto più vedranno risplendere la pietà e l’integrità del Clero, congiunte alla sapienza ed ai virtuosi esempi. Del resto non dubitiamo, carissimi Fratelli, che Voi tutti, accesi d’ardente carità verso Dio e verso gli uomini, infiammati di sommo amore per la Chiesa, forniti di virtù quasi angeliche, armati di zelo episcopale e di prudenza, congiunti in un medesimo desiderio di santa volontà, seguiterete le orme degli Apostoli ed imiterete, come a Vescovi si conviene, Gesù Cristo, esempio di tutti i Pastori, del quale siete ambasciatori. Per confermare a Voi medesimi gli animi del Vostro gregge, illuminare con lo splendore della Vostra santità il Clero ed il popolo fedele, vorrete mostrarvi ricchi di misericordia, e compatendo coloro che ignorano ed errano, cercherete con amore le pecore che si smarriscono, secondo l’esempio del Pastore evangelico e, ponendole con paterno affetto sulle Vostre spalle, le ricondurrete all’ovile, non cedendo a cura o fatica, perché verso tutte le anime a Noi care, redente col sangue preziosissimo di Cristo, e raccomandate alle Vostre cure religiosissimamente, adempiate tutti gli uffici della dignità pastorale col difenderle dall’impeto e dalle insidie dei lupi rapaci, con il ritrarle dai pascoli avvelenati, con l’avviarle a quelli salubri e sicuri, con il sospingerle tutte mediante le opere Vostre, con la parola e con l’esempio nel porto della salvezza eterna. Attendete dunque virilmente, Venerabili Fratelli, a procurare la gloria di Dio e della Chiesa, e con ogni alacrità, sollecitudine, vigilanza, in questa opera tutti insieme adoperatevi affinché, banditi

completamente gli errori e divelti i vizi dalle radici, la fede, la Religione, la pietà e la virtù prendano sempre maggiore incremento, e tutti i fedeli, rifiutando le opere delle tenebre, come figli della luce camminino degnamente piacendo a Dio in tutte le cose, e fruttificando di ogni opera buona. Fra le massime angustie, le difficoltà, i pericoli che non possono specialmente in questi tempi mancare al Vostro gravissimo ministero episcopale, non vogliate spaventarvi, ma prendete conforto nel Signore e nella potenza della virtù di Colui "che riguardandoci dall’alto intenti alla difesa del suo nome, rafforza i volenterosi, aiuta i combattenti, corona i vincitori" . Siccome poi non può esservi cosa a Noi più gradita né più desiderabile che l’aiutare con ogni affetto, opera e consiglio Voi che amiamo nelle viscere di Gesù Cristo, ed insieme con Voi difendere e propagare la gloria di Dio e la fede cattolica, e far salve le anime per le quali siamo pronti, se sia necessario, a dare la vita stessa, venite Fratelli, ve ne preghiamo e ve ne scongiuriamo, venite con grande animo e con grande fiducia a questa Sede del Beatissimo Principe degli Apostoli, centro della Unità Cattolica, fonte ed apice dell’Episcopato e di tutta la sua autorità; venite a Noi in qualunque momento avrete bisogno dell’aiuto, del conforto e dell’appoggio dell’autorità Nostra e della medesima Santa Sede. Noi Ci confortiamo nella speranza che i Principi, carissimi figli Nostri in Gesù Cristo, per la loro pietà e Religione ricorderanno come la "Regia potestà è a loro conferita non solamente per governare il mondo, ma specialmente quale sostegno della Chiesa" , e che Noi "trattando la causa della Chiesa trattiamo quella del loro regno e della prosperità e della pace delle loro Province" . Sicché confidiamo che mediante l’aiuto e l’autorità loro assecondino i comuni Nostri voti, consigli e premure, e difendano la libertà e l’incolumità della Chiesa medesima "affinché il loro Potere sia difeso con la destra di Cristo" . Affinché tutte queste cose avvengano felicemente e prosperamente secondo la Nostra attesa, accostiamoci con fiducia, Venerabili Fratelli, al trono della grazia, e con fervorose preghiere senza intermissione scongiuriamo nella umiltà del Nostro cuore il Padre delle misericordie, ed il Dio di ogni consolazione, che per i meriti dell’Unigenito suo Figlio si degni confortare, con l’abbondante copia dei celestiali favori, la Nostra debolezza, e con la Sua onnipotente virtù riduca in pace coloro che Ci combattono, e dovunque accresca la fede, la pietà, la devozione, la concordia; con che la santa sua Chiesa, eliminati intieramente le avversità e gli errori, goda la sospirata tranquillità e sia un solo ovile ed un solo Pastore. Perché poi il clementissimo Signore più facilmente ascolti le Nostre preghiere ed esaudisca i Nostri voti, poniamo sempre per intermediaria presso di Lui la Santissima Madre di Dio, l’Immacolata Vergine Maria, che di noi tutti è madre dolcissima, mediatrice, avvocata, speranza sicurissima e fedelissima, del cui patrocinio nessuna cosa è presso Dio più valida e pronta. Invochiamo ancora il Principe degli Apostoli, al quale lo stesso Cristo consegnò le chiavi del Regno dei Cieli, e che stabilì pietra della sua Chiesa, contro la quale le porte dell’inferno non potranno prevalere giammai; invochiamo insieme a lui il coapostolo Paolo, e tutti i Santi del Cielo che, già coronati, posseggono la palma, affinché ottengano la desiderata abbondanza della divina grazia a tutto il popolo cristiano. Infine, ad auspicio di tutti i doni celesti e a testimonianza del Nostro principalissimo affetto verso Voi, ricevete l’Apostolica Benedizione che dall’intimo del Nostro cuore, Venerabili Fratelli, diamo a Voi, a tutto il Clero ed ai fedeli affidati alla Vostra cura. Dato in Roma il 9 novembre 1846, anno primo del Nostro Pontificato.

Pio IX° fu grande oppositore per la perdita del potere temporale. L’enciclica tratta la questione della verità di fede,senza alludere alla massoneria,ma allude alla propaganda in modo empio. Il pontefice

sensibilizza i fedeli contro il pensiero liberale.

Leone XIII°

Humanum genus

Lettera Enciclica Il genere umano, dopo che per l’invidia di Lucifero si allontanò miseramente da Dio creatore e donatore dei beni soprannaturali, si scisse in due campi diversi e nemici fra loro; di essi, uno combatte senza posa per il trionfo della verità e del bene, l’altro per tutto ciò che è contrario alla virtù e alla verità. Il primo è il regno di Dio sulla terra, cioè la vera Chiesa di Gesù Cristo, e coloro che vogliono aderire ad essa sinceramente, e in modo che giovi alla salvezza, devono servire con tutta la mente e con il massimo zelo Dio e l’Unigenito suo Figlio; l’altro è il regno di Satana, e sono sotto il suo superbo dominio coloro che, seguendo i funesti esempi del loro capo e dei progenitori, ricusano di ubbidire all’eterna e divina legge e cercano di ottenere i loro scopi senza curarsi di Dio e spesso contro Dio. Questi due regni, simili a due città che con leggi opposte procedono verso opposti fini, vide e descrisse acutamente Agostino, il quale intuì la causa efficiente di entrambi con la penetrante brevità di queste parole: "Due amori generarono le due città; l’amore di sé fino al disprezzo di Dio generò la città terrena, e l’amore di Dio fino al disprezzo di sé generò la città celeste" . In tutta la lunga serie dei secoli l’una combatté contro l’altra con vario e molteplice genere di armi e di scontri, anche se non sempre con lo stesso impeto e con lo stesso ardore. Ma nel tempo presente i partigiani della città malvagia sembrano cospirare insieme e tutti lottare con grande vigore, con la protezione e l’aiuto di quella associazione di uomini che chiamano Massoneria, solidamente strutturata e largamente diffusa. Infatti, senza più dissimulare i loro propositi, essi insorgono con estrema audacia contro la maestà di Dio; in pubblico e a viso aperto tramano per abbattere la santa Chiesa, col proposito di spogliare completamente, se fosse possibile, i popoli cristiani dei benefici recati da Gesù Cristo Salvatore. Gemendo su questi mali, Noi, sospinti dalla carità, siamo spesso costretti a invocare Dio in questi termini: "Ecco, i nemici tuoi alzarono gran clamore, e quelli che ti odiano hanno alzato la testa. Contro il tuo popolo nutrirono malvagi propositi, e hanno congiurato contro i tuoi protetti. Hanno detto: "Venite e cacciamoli dal novero delle nazioni"" (Sal 82,2-4). In una situazione tanto grave, in una così fiera e accanita guerra contro il cristianesimo, è Nostro dovere segnalare il pericolo, additare i nemici, resistere per quanto possiamo ai loro propositi e agli inganni perché non vada perduta per sempre la salvezza di coloro che sono a Noi affidati, e il regno di Gesù Cristo, commesso alla Nostra tutela, non solo stia e rimanga integro, ma si estenda in ogni parte della terra in virtù di nuove conquiste. I Romani Pontefici Nostri Predecessori ben presto compresero (vigilando insonni sulla salute del popolo cristiano) di che natura fosse, a che fine mirasse questo capitale nemico che usciva dalle tenebre di una segreta cospirazione; antivedendo l’avvenire, essi diedero quasi un segnale, ammonendo principi e popoli perché non si lasciassero ingannare dalle male arti né catturare dalle insidie. Il primo segnale di pericolo fu dato da Clemente XII nell’anno 1738 ; la sua Costituzione fu poi confermata e rinnovata da Benedetto XIV . Seguì le orme di ambedue Pio VII , e Leone XII con la Costituzione Apostolica "Quo graviora" , facendo propri, in proposito, gli atti e i decreti dei precedenti Pontefici, ordinò che essi fossero ratificati e validi per sempre. Nello stesso modo si espressero Pio VIII , Gregorio XVI , e più volte anche Pio IX . Infatti si è potuto chiaramente conoscere la natura e lo scopo della setta Massonica da indizi sicuramente accertati, dallo studio delle cause, dalle loro leggi diventate di pubblico dominio, dai riti, dai memoriali e spesso dalle frequenti testimonianze degli stessi complici; perciò questa Apostolica Sede dichiarò e stabilì apertamente che la setta dei Massoni, fondata in spregio del diritto umano e divino, non era meno funesta per il cristianesimo che per la società; minacciando le pene con cui la Chiesa è solita punire i colpevoli, essa fece divieto categorico di iscriversi a quella associazione. Adirati per tale motivo, i settari credettero di poter evitare o indebolire la forza di quei provvedimenti in parte con il disprezzo, in parte con la calunnia; perciò accusarono i Pontefici Massimi, autori di quei decreti, di aver commesso una ingiustizia o di aver oltrepassato la misura nel giudicare. In questo modo cercarono di eludere l’autorità e il peso delle Costituzioni Apostoliche di Clemente XII, di Benedetto XIV e così pure di Pio VII e di Pio IX. Invero, in quella stessa associazione non mancarono coloro che, loro malgrado, riconobbero che le sentenze dettate dai Romani Pontefici erano giuste, in relazione alla dottrina e alla disciplina cattolica. E ai Pontefici diedero il loro assenso molti principi e uomini di Stato, i quali ebbero cura o di denunciare alla Sede Apostolica la Società Massonica, o di proscriverla di propria iniziativa con leggi speciali, come in Olanda, Austria, Svizzera, Spagna, Baviera, Savoia e in altre regioni d’Italia. Ma ciò che più importa, la prudenza dei Nostri Predecessori fu giustificata dal corso degli avvenimenti. Infatti le provvide e paterne loro cure non sempre e dovunque ottennero gli esiti desiderati o per l’ipocrisia e l’astuzia di coloro che seguivano la setta o per l’avventata leggerezza di altri che pur avrebbero avuto interesse di stare all’erta. Perciò, nello spazio di un solo secolo e mezzo la setta Massonica si diffuse più del previsto; inserendosi con l’audacia e con l’inganno in tutti gli ordini dello Stato, cominciò ad essere tanto potente da sembrare quasi una forza dominante nella società. Da questo così celere e pauroso sviluppo è derivato alla Chiesa, al potere dei principi, alla salute pubblica quel danno che i Nostri Predecessori avevano previsto da tempo. Siamo dunque giunti al punto di dover temere seriamente non già per la Chiesa (che ha fondamenta assai più solide della capacità umana di demolirle) ma piuttosto per la sorte di quegli Stati nei quali la setta di cui parliamo è troppo forte, ed altre associazioni affini si comportano come ancelle e satelliti della prima. Per questi motivi, non appena eletti al governo della Chiesa, vedemmo e sentimmo vivamente la necessità di resistere, per quanto possibile, a questo male così grande opponendogli la Nostra autorità.

Cogliendo spesso l’occasione opportuna, insistemmo su certi importanti principi dottrinali sui quali pareva che avesse più intimamente influito la perversità delle opinioni Massoniche. Così con la Nostra Lettera Enciclica Quod Apostolici muneris abbiamo cominciato a confutare le fantasticherie dei Socialisti e dei Comunisti; con l’altra Arcanum Ci preoccupammo di difendere e spiegare la vera e genuina nozione di famiglia che ha origine e fonte nel matrimonio; inoltre, con quella che comincia con Diuturnum proponemmo una forma di potere politico in linea con i principi della sapienza cristiana, coerente in modo mirabile con la natura, con la salute dei popoli e dei sovrani. Ora poi, seguendo l’esempio dei Nostri Predecessori, abbiamo deciso di prendere risoluta posizione contro la stessa associazione Massonica, contro tutte le sue dottrine, le sue decisioni, i suoi programmi di pensiero e d’azione, perché sempre meglio si conosca la sua forza malefica, e ciò valga a scongiurare il contagio di un morbo funesto. Varie sono le sette che, sebbene differiscano nel nome, nel rito, nella forma e nell’origine, tuttavia si collegano tra loro per una certa analogia di programmi e per affinità dei principali principi, e perciò sono coerenti con la setta Massonica che è come il centro da cui muovono tutte, e a cui tutte ritornano. Sebbene sembri che esse non vogliano più oltre occultarsi nelle tenebre, e tengano le loro riunioni in piena luce e sotto gli occhi dei cittadini, e stampino i loro periodici, tuttavia, guardando a fondo, conservano ancora il carattere e le abitudini delle associazioni clandestine. Molti loro comportamenti sono misteriosi, ed è legge che molte cose siano celate con scrupolosa diligenza non solo agli estranei ma anche agli adepti: di tal natura sono le intime ed estreme decisioni, i sommi capi delle fazioni, certe conventicole riservate ed esclusive, e ancora le risoluzioni prese e il modo e con quali mezzi eseguirle. A questo mira quel divario di diritti, di incarichi, di funzioni; a questo la sancita distinzione di ordini e di gerarchie, nonché la severa disciplina che li governa. Gli iniziati sono tenuti a promettere, anzi di solito a giurare di non rivelare mai a nessuno, in nessun momento, a nessun patto, gli affiliati, i simboli, le dottrine. Così, sotto mentite spoglie e sempre con la stessa ipocrisia i Massoni, come un tempo i Manichei, si preoccupano soprattutto di rimanere nascosti e di non aver altri testimoni che i loro adepti. Cercano appunto dei nascondigli, adottando la maschera di letterati o di filosofi o di associati a scopo di erudizione; hanno sempre pronta in bocca la passione per una più elevata civiltà, l’amore per la plebe più umile; l’unica loro volontà è quella di migliorare le condizioni del popolo e di mettere in comune con il maggior numero di persone i beni posseduti dalla società civile. Questi propositi, ancorché fossero sinceri, non sono che una parte dei loro disegni. Inoltre, i cooptati devono promettere ai capi e ai maestri di ascoltare con riverenza e fede assoluta la loro parola; di eseguire gli ordini, pronti ad ogni loro cenno e indicazione; di non ricusare il più grave castigo e la morte stessa se avranno agito altrimenti. Di fatto, coloro che sono condannati per aver tradito la disciplina o per essersi opposti gli ordini, vanno spesso incontro ai supplizi, e il boia non raramente sfugge, con molta audacia e destrezza, alla giustizia vigile e vindice dei delitti. Orbene, questa simulazione e questa volontà di rimanere nascosti; il legare strettamente a sé gli uomini come schiavi, senza spiegarne a sufficienza la ragione; lo spingere i succubi a qualsiasi delitto per arbitrio altrui; armare le destre degli uomini per la strage, assicurando l’impunità al delitto: si tratta di crudeltà immani che la natura non sopporta. Perciò la ragione e la stessa verità convincono che l’associazione di cui parliamo è nemica della giustizia e della naturale onestà. Inoltre, anche altri e chiari argomenti dimostrano che la natura di quella setta è in contrasto con l’onestà. Infatti, per quanto siano grandi negli uomini l’arte di fingere e l’abitudine di mentire, tuttavia non è possibile che una causa non si manifesti in qualche modo dai suoi effetti: "Il buon albero non può produrre cattivi frutti, né un albero cattivo dare buoni frutti" (Mt 7,18). Ora la setta dei Massoni dà frutti dannosi e assai aspri. Infatti dai certissimi indizi che prima ricordavamo, risulta chiaro il loro supremo proposito, ossia distruggere a fondo tutta quella educazione religiosa e civile che le istituzioni cristiane hanno insegnato, e fondare una nuova dottrina a misura del loro intelletto, traendo dal Naturalismo i fondamenti e le leggi. Quanto dicemmo o diremo deve essere riferito alla setta Massonica come tale e in quanto comprende associazioni ad essa apparentate e federate, ma non ai singoli suoi seguaci. Nel numero di costoro vi possono essere molti che, sebbene non esenti da colpa poiché si lasciarono invischiare in siffatte congreghe, tuttavia non sono partecipi di fatti delittuosi e ignorano lo scopo ultimo che esse tentano di conseguire. Similmente tra le stesse associazioni alcune forse non approvano certe estreme conclusioni che sarebbe ovvio condividere in quanto derivano necessariamente da comuni principi, salvo che la loro stessa turpitudine non sia di per sé dissuasiva per l’orrore che suscita. Inoltre la condizione dei luoghi e dei tempi convince talune sette ad essere meno audaci di quanto esse vorrebbero o altre osano; non per questo però sono da considerare estranee al patto Massonico, poiché tale patto non deve essere giudicato dagli atti e dai fatti compiuti, ma dal complesso dei suoi principi. Orbene, il caposaldo dei Naturalisti, come col nome stesso rivelano, consiste nella necessità che l’umana natura e la ragione umana siano maestre e sovrane in ogni cosa. Stabilito tale principio, essi poco si curano dei doveri verso Dio, o li sovvertono con opinioni vaghe ed erronee. Negano infatti che Dio ci abbia tramandato alcuna verità; non riconoscono alcun dogma religioso, alcuna verità che l’umana intelligenza non comprenda, alcun maestro a cui si debba credere per l’autorità dell’incarico. E poiché è dono singolare e unicamente proprio della Chiesa Cattolica il possedere nella loro pienezza, e conservare nella loro pura integrità, le dottrine divinamente rivelate, l’autorità del magistero e gli altri celesti strumenti di salvezza, ne consegue che il furore e l’impeto dei nemici contro di essa sono enormi. Ed ora

si osservi come si comporta la setta Massonica nei confronti di ciò che attiene alla religione, soprattutto là dove è più libera la possibilità di agire: e poi si giudichi se essa non sembri voler seguire fedelmente le massime dei Naturalisti. Infatti, con lungo e ostinato travaglio fa in modo che il magistero della Chiesa e la sua influenza nulla possano nella società: per questo motivo predica e si batte ovunque per la totale separazione della religione e della politica. In tal modo si esclude la salutare virtù della religione cattolica dalle leggi e dalla amministrazione dello Stato; ne consegue che si vuole ordinare la società indipendentemente dalle istituzioni e dalle dottrine della Chiesa. I Massoni non si accontentano di tenere lontana la Chiesa, ottima guida, ma si adoperano per nuocerle con persecuzioni. Pertanto diventa lecito assalire impunemente gli stessi fondamenti della religione cattolica con la parola, con gli scritti, con l’insegnamento; si violano i diritti della Chiesa né sono salvi i doni divini in grazia dei quali essa si è ingrandita. Ad essa è consentita una ridottissima facoltà di operare, e ciò in forza di leggi in apparenza non troppo repressive, ma in verità concepite in modo da inceppare la libertà. Inoltre vediamo che al Clero vengono imposte leggi particolari e vessatorie in modo che esso ogni giorno di più si vede diminuito di numero e privato dei mezzi necessari; vediamo i residui beni ecclesiastici stretti da vincoli iugulatori, subordinati al potere e all’arbitrio dei governanti; soppresse e disperse le comunità degli ordini religiosi. Ma contro la Sede Apostolica e il Romano Pontefice arde ancor più violento l’accanimento dei nemici. Prima di tutto, con menzogneri pretesti il Pontefice fu spogliato del principato civile, roccaforte della sua libertà e del suo diritto; poi fu ridotto a una condizione iniqua e ad un tempo intollerabile per gli ostacoli ovunque frapposti; finché si è giunti a questi tempi in cui i settari dichiarano apertamente ciò che a lungo avevano segretamente macchinato tra loro: occorre abolire il sacro potere dei Pontefici e distruggere totalmente la stessa divina istituzione del Pontificato. Prova sufficiente di ciò, ove altri argomenti mancassero, è la testimonianza di uomini consapevoli, la maggior parte dei quali, sia altre volte, sia di nuovo e per memoria recente, dichiararono che è vero quanto si è detto dei Massoni: essi vogliono soprattutto perseguitare con implacabile avversione il cattolicesimo, e non si placheranno finché non vedranno distrutte tutte le istituzioni religiose fondate dai Sommi Pontefici. Se è vero che gli iscritti alla setta non sono forzati a rinnegare espressamente la fede cattolica, ciò non contrasta affatto con i propositi dei Massoni in quanto, se mai, giova ad essi. In primo luogo, infatti, ingannano con questo espediente i semplici e gli incauti, e ne lusingano molti con generose offerte. Inoltre, accogliendo chiunque s’incontri, e di qualsivoglia religione, conseguono il risultato di trascinare nel funesto errore del nostro tempo per cui è necessario abbandonare gli scrupoli religiosi in quanto non vi è differenza alcuna tra le varie confessioni. Questo ragionamento è rivolto al fine di sopprimere tutte le religioni e particolarmente la cattolica la quale, essendo l’unica vera tra tutte, non può essere confusa con le altre senza gravissima offesa. Ma i Naturalisti vanno più oltre. Affrontando audacemente e in modo del tutto erroneo questioni fondamentali, cadono a precipizio in errori estremi, sia per la fragilità della natura umana, sia per volontà di Dio che infligge giuste pene alla superbia. Così avviene che le stesse verità che si comprendono per lume naturale di ragione, quali sono certamente la esistenza di Dio, la separatezza dell’animo umano da ogni aggregato di materia e la sua immortalità, non abbiano più per essi consistenza e certezza. La setta dei Massoni va ad incagliarsi negli stessi scogli per un analogo errore di rotta. Sebbene ammettano generalmente l’esistenza di Dio, tuttavia essi stessi dichiarano che questa credenza non aderisce alle menti di ciascuno per fermo consenso e per stabile convinzione. Infatti non nascondono che questo problema di Dio è per loro la fonte e la causa principale di dissidio; anzi risulta che su tale argomento vi fu tra loro in tempi recenti una rilevante discussione. Fatto sta che la setta lascia agli iniziati piena facoltà di difendere a buon diritto, l’una e l’altra tesi, circa l’esistenza o meno di Dio. E coloro che negano ostinatamente Dio sono tanto facilmente accolti quanto coloro che credono in Dio ma lo concepiscono in modo errato, come i Panteisti: ciò significa cogliere della divina natura una certa ingannevole apparenza e sopprimere la verità. Ora, una volta scalzato e abbattuto questo essenziale fondamento, ne consegue che vacillino anche quelle verità che si conoscono perché insegnate dalla natura: cioè che tutte le cose esistono per libera volontà di Dio Creatore; che il mondo è governato dalla provvidenza; che non esiste la morte per le anime; che a questa vita umana che si compie in terra dovrà succederne un’altra, eterna. Crollati questi principi, che sono come principi di natura, essenziali per la conoscenza e per la pratica, è facile capire quali possano essere in futuro i costumi pubblici e privati. Non parliamo delle virtù soprannaturali, che nessuno può esercitare né conseguire senza uno speciale favore e dono di Dio: è inevitabile che di esse non si trovi traccia in coloro che disprezzano come inesistenti la redenzione del genere umano, la grazia celeste, la felicità da raggiungere in cielo. Parliamo piuttosto dei doveri che procedono dalla onestà naturale. Dio, Creatore e provvido reggitore del mondo; la legge eterna che comanda di conservare l’ordine naturale e vieta di turbarlo; il fine ultimo degli uomini posto molto più in alto delle vicende umane, fuori da questa dimora terrena: queste le fonti, questi i principi di giustizia e di moralità. Se li si sopprime, come fanno solitamente i Naturalisti e i Massoni, ecco che la nozione di giustizia e d’ingiustizia non potrà più avere un punto d’appoggio né saprà come proteggersi. E invero la disciplina dei costumi, la sola che i Massoni approvino, e che considerano necessaria alla formazione degli adolescenti, è quella che essi chiamano "civica, indipendente e libera", ossia quella in cui non sia inclusa alcuna credenza religiosa. Ma quanto essa sia povera, quanto sia fragile ed esposta ad ogni soffio di passione, è dimostrato a sufficienza da quei frutti detestabili che già si manifestano. Infatti, dove quella setta cominciò a dominare più liberamente, escludendo l’educazione cristiana, ivi più rapidamente si

corruppero gli onesti e puri costumi; prevalsero oscure, deliranti opinioni, e di buon passo sale l’audacia dei delitti. Tutto ciò è motivo di lamento e di deplorazione generale; ne danno spesso conferma non pochi di coloro che pur non vorrebbero, ma sono incalzati da tale lampante verità. Inoltre, siccome la natura umana è inquinata dal peccato originale, e per questo motivo è più propensa ai vizi che alla virtù, per essere onesti si richiede di tenere a freno i torbidi moti dell’animo e di sottomettere alla ragione gli appetiti. In questa battaglia occorre molto spesso disprezzare i beni terreni, sopportare immani fatiche e molestie in modo che la ragione vincitrice conservi sempre il suo predominio. In verità i Naturalisti e i Massoni, rifiutando di credere in ciò che ci è stato rivelato da Dio, negano che il progenitore del genere umano abbia peccato e perciò ritengono che il libero arbitrio non sia affatto "affievolito né inclinato" al male . Anzi, esagerando la virtù e l’eccellenza della natura, e collocando soltanto in essa il principio e la norma della giustizia, non possono rendersi conto che per frenare i suoi impulsi e per moderarne gli appetiti occorrono continui sforzi e grande costanza. E questa è la ragione per cui vediamo offerte pubblicamente alla gente molti stimoli alle passioni: giornali e cronache intemperanti e senza pudore; rappresentazioni teatrali di smaccata licenziosità; l’ispirazione artistica attinta sfacciatamente da quelle regole che chiamano "verismo"; raffinati artifici intesi a rendere delicata e molle la vita; infine l’avida ricerca di tutte le lusinghe voluttuose che assopiscano e addormentino la virtù. Si comportano dunque in modo ignominioso, ma sono coerenti con se stessi in quanto escludono la speranza dei beni celesti e fanno consistere la felicità nei beni caduchi, e quasi la confinano in terra. E ciò può essere confermato da un fatto più incredibile che reale. Infatti, poiché quasi nessuno è disposto a servire tanto passivamente uomini scaltriti e astuti come coloro il cui animo è stato fiaccato e distrutto dal dominio delle passioni, sono state individuate nella setta dei Massoni persone che dichiarano e propongono di usare ogni accorgimento e artificio per soddisfare la moltitudine di sfrenata licenza; fatto ciò, esse l’avrebbero poi soggiogata al proprio potere arbitrario, e resa facilmente incline all’ascolto. Per quanto riguarda la comunità domestica, quasi tutta la dottrina dei Naturalisti può essere espressa in questi termini. Il matrimonio è un contratto civile; può essere legalmente rescisso ad arbitrio di coloro che l’hanno contratto; appartiene ai pubblici ufficiali il potere sul vincolo coniugale. Nell’educare i figli, nulla di certo e di preciso si insegni sulla religione; sia lasciato libero ognuno di seguire quel credo che più gli aggrada, quando abbia raggiunto una certa età. Ora, questi principi sono pienamente accolti dai Massoni; né questi si limitano solo ad accoglierli, ma da tempo studiano il modo di introdurli nel costume e nella consuetudine. Già in molti Paesi, e anche in quelli cattolici, si è stabilito che le nozze non siano legali se non celebrate con rito civile; altrove è lecito divorziare; altrove si agisce in modo che quanto prima sia lecito il divorzio. Così rapidamente si tende a trasformare la natura del matrimonio in un rapporto instabile e passeggero che la libidine rinsalda e poi scioglie, quando si va spegnendo. Inoltre, con unanime concorso di volontà, la setta dei Massoni mira anche ad impadronirsi della educazione degli adolescenti. Infatti essi sentono di poter facilmente plasmare e piegare a proprio arbitrio quell’età tenera e flessibile; perciò non vi è nulla di più adatto per consegnare la prole dei cittadini a uno Stato quale essi vagheggiano. Quindi nella educazione e nella istruzione dei fanciulli non lasciano ai ministri della Chiesa parte alcuna né di insegnamento né di vigilanza; e già in molti luoghi hanno ottenuto che l’educazione degli adolescenti sia tutta in mano ai laici e che nella formazione del costume non interferiscano quei principi che uniscono l’uomo a Dio e a nobili e santissimi doveri. Seguono i principi della scienza civile. Dove in genere dettano legge i Naturalisti, tutti gli uomini hanno gli stessi diritti e una condizione perfettamente uguale; ciascuno è libero per natura; nessuno ha il diritto di comandare agli altri. Significa usare violenza il volere che gli uomini si sottomettano all’autorità di chiunque se non da essi medesimi prescelta. Ogni potere dunque risiede nel libero popolo; il comando è esercitato per volere o per concessione del popolo, così che, se muta la volontà popolare, è lecito spodestare i principi anche se riluttanti. La fonte di ogni diritto e di ogni dovere civile o si rinviene nel popolo o nel potere che governa la comunità purché si regga sui nuovi principi. Inoltre, lo Stato deve essere ateo; tra le varie forme di culto non vi è alcuna ragione per cui l’uno sia anteposto all’altro: tutti sono da considerare alla stessa stregua. Ora, che queste regole piacciano ai Massoni e che sulla scorta di esse vogliano organizzare gli Stati è così risaputo che non occorre dimostrarlo. Già da tempo infatti essi apertamente operano a questo fine con tutte le loro forze e sostanze in modo da spianare la via ai numerosi più audaci, protesi verso i peggiori misfatti, fautori della uguaglianza e comunanza di tutti i beni, dopo aver fatto scomparire nella società ogni distinzione di classe e di censo. Da queste sommarie indicazioni che abbiamo raccolto, si evince a sufficienza che cosa sia la setta dei Massoni e quale itinerario percorra. I suoi più importanti dogmi ripugnano talmente e con tanta evidenza alla ragione che nulla può esservi di più perverso. È somma stoltezza ed empietà temeraria voler demolire la religione e la Chiesa che Dio stesso ha fondato e conduce a vita immortale, voler risuscitare i costumi e le istituzioni dei pagani dopo diciotto secoli. Non è misfatto meno orrendo o più sopportabile il ripudiare i benefici elargiti amorevolmente da Gesù Cristo e non solo ai singoli individui ma alle famiglie e alle comunità civili; tali benefici sono considerati preziosi anche secondo il parere e la testimonianza dei nemici. In siffatto tenebroso e folle proposito sembra quasi si possa riconoscere quell’odio implacabile, quella furia vendicativa che infiamma Satana contro Gesù Cristo. Similmente l’altra impresa che tanto impegna i Massoni, di sovvertire i più solidi fondamenti di una corretta moralità e di offrirsi come collaboratori a coloro che, a guisa di animali, vorrebbero fosse lecito

tutto ciò che piace, altro non significa che sospingere il genere umano alla rovina con ignominia e abiezione. Aggravano il male i pericoli che minacciano sia la famiglia, sia la società civile. Come infatti esponemmo altra volta, nel matrimonio è presente alcunché di sacro e di religioso, per consenso di quasi tutte le genti di quasi tutti i tempi: poi la legge divina ha disposto che non è lecito sciogliere i matrimoni. Se questi diventano profani, se è lecito annullarli, ne consegue di necessità che nella famiglia subentrino turbamento e confusione, in quanto le donne perderanno la loro dignità e la prole non avrà più la sicurezza che rimarranno integri i suoi beni. Non prendersi cura alcuna della religione, e nell’ordinare e gestire la società civile non avere nessun rispetto di Dio, come non esistesse affatto, è una temerità inaudita perfino per i pagani, nella mente e nel sentimento dei quali era così intimamente radicata non solo l’idea del divino, ma anche la necessità della religione pubblica, che ritenevano più facile trovare una città senza fondamenta che senza Dio. Veramente la società umana, alla quale natura ci ha predisposto, fu istituita da Dio creatore della natura; da Lui, come dal principio e dalla sorgiva, deriva tutta quella perenne copia di innumerevoli beni di cui essa abbonda. Dunque, come la voce stessa della natura invita ciascuno di noi a venerare Dio con religiosa pietà, dato che da Dio ricevemmo la vita e i beni che accompagnano la vita, così per la stessa ragione invita i popoli e gli Stati. Ora è evidente che coloro i quali vogliono che la società civile sia sciolta da ogni dovere religioso, agiscono non solo in modo iniquo, ma anche ottuso e assurdo. Poiché per volere di Dio gli uomini appartengono dalla nascita alla società civile, e il potere di comandare è un vincolo così necessario al vivere civile che, una volta soppresso, la società non può che disgregarsi rapidamente, ne consegue che l’autorità del comando deriva da quello stesso principio da cui deriva la società. Perciò si comprende che chi detiene il potere, chiunque egli sia, è ministro di Dio. Per tale motivo, fin dove è richiesto dal fine e dalla natura dell’umano consorzio, è giusto ubbidire al legittimo potere che rispetta la giustizia, non altrimenti che alla sovranità di Dio reggitore dell’universo. In primo luogo è contrario alla verità affermare che è facoltà del popolo rifiutare l’obbedienza quando gli aggrada. Similmente nessuno dubita che tutti gli uomini siano uguali tra loro, se si considera che hanno in comune l’origine e la natura, che a ciascuno è stato proposto un fine ultimo da perseguire secondo diritti e doveri che procedono autonomamente. Ma poi, siccome le capacità non possono essere uguali in tutti, e l’uno si distingue dall’altro o per la forza dell’animo o del corpo, e numerose sono le differenze di costumi, di inclinazioni, di carattere, ecco che nulla ripugna tanto alla ragione come voler comprendere il tutto in un unico abbraccio e tradurre nelle istituzioni civili una uguaglianza completa in ogni sua parte. Come la perfetta conformazione del corpo umano è il risultato della congiunzione e della compagine di diverse membra, che differiscono per la struttura e per l’uso, e tuttavia unite e opportunamente disposte, concorrono a formare un organismo bello d’aspetto, dotato di forza, adatto alla vita pratica; così nello Stato è pressoché infinita la differenza tra le funzioni umane; se gli uomini si ritenessero uguali e ciascuno seguisse il suo arbitrio, nessun tipo di società sarebbe più deforme; se invece concorreranno, con diversi livelli di dignità, di studi, di attività, al bene comune, ne deriverà l’immagine di una cittadinanza bene ordinata e conforme a natura. Del resto, da quei perniciosi errori che abbiamo ricordato derivano grandi paure che le comunità dovrebbero temere. Infatti, una volta soppresso il timor di Dio e il rispetto delle leggi divine, disprezzata l’autorità dei principi, permessa e approvata la libidine delle sedizioni, fomentate fino alla licenza le passioni popolari, abolito ogni freno, salvo quello dei castighi, è inevitabile che ne derivi un mutamento, una sovversione generale. Proprio questo mutamento, questa sovversione sono lo scopo e il tema delle meditazioni di numerose associazioni di Comunisti e di Socialisti; ai propositi di costoro non si direbbe aliena la setta dei Massoni, che accoglie con favore le loro opinioni e ha in comune con essi i più importanti assiomi. Se di fatto non pervengono subito né ovunque alle estreme conseguenze, non è merito della loro disciplina né della loro volontà, ma della divina religione che non può essere spenta, e della parte più sana degli uomini che, ricusando di servire alle società segrete, respingono con animo incrollabile i loro insani tentativi. E volesse il cielo che tutti giudicassero la radice dai frutti e conoscessero il seme e l’origine dei mali che incalzano e dei pericoli che incombono! Si ha a che fare con un nemico astuto e fraudolento che, lusingando popoli e principi, conquistò entrambi con melliflui e adulatori discorsi. Insinuandosi come falsi amici nell’animo dei principi, i Massoni cercarono di averli soci e alleati potenti nell’opprimere il cattolicesimo; e per far sentire ad essi più forti stimoli, con ostinate calunnie hanno accusato la Chiesa di contendere per invidia ai principi il potere e le prerogative regie. Raggiunta frattanto con queste arti la sicurezza e il coraggio, cominciarono ad avere influenza nei governi; d’altronde si erano preparati a scuotere le fondamenta degli Stati, a perseguitare, a calunniare, a cacciare i sovrani qualora nel governare agissero in contrasto con i loro propositi. In modo non dissimile si sono fatti beffe del popolo, pur adulandolo. Celebrando a gran voce la libertà e la prosperità pubblica, facendo credere che dipendeva dalla Chiesa e dai sommi Principi se il popolo non riusciva a riscattarsi da un iniquo servaggio e dalla povertà, lo resero smanioso di novità e lo aizzarono contro l’uno e l’altro potere. Tuttavia, dei vantaggi sperati è maggiore l’attesa che la realtà; anzi la plebe, ancor più oppressa, è costretta da loro a rinunciare a gran parte di quei vantaggi che avrebbero potuto ottenere, agevoli e abbondanti, in una società ispirata ai principi cristiani. Ma tutti coloro che attentano all’ordine stabilito dalla divina provvidenza, ricevono questo castigo della loro superbia: là dove avventatamente si aspettavano una fortuna prospera e conforme alle promesse, ivi hanno incontrato afflizione e miseria.

La Chiesa invero, per il fatto che ordina agli uomini di obbedire soprattutto a Dio, supremo Signore dell’universo, sarebbe ingiustamente e falsamente accusata di usurpare il potere civile o di pretendere per sé parte dei diritti sovrani. Anzi, ciò che è giusto rendere al potere civile, essa ritiene che lo si debba rendere per convinzione e per dovere di coscienza. Poiché dallo stesso Dio deriva il diritto di comandare, grande è l’accrescimento di dignità che ne consegue al potere politico, e non esiguo il concorso diretto ad ottenere il rispetto e la benevolenza dei cittadini. Amica della pace, fautrice della concordia, la Chiesa abbraccia tutti con amore materno; unicamente intenta a giovare ai mortali, insegna che occorre unire la giustizia con la clemenza, il comando con l’equità, le leggi con la moderazione: nessun diritto deve essere violato; occorre mantenere l’ordine e la pubblica tranquillità, alleviare quanto più è possibile, in forma privata e pubblica, la povertà dei reietti. Per usare le parole di Agostino: "Credono o vogliono far credere che la dottrina cristiana non reca alcuna utilità alla società perché non vogliono che lo Stato poggi sul fondamento delle virtù ma sulla impunità dei vizi" . Pertanto, sarebbe assai conforme alla saggezza civile e necessario alla comune sicurezza che i principi e i popoli collaborassero non già con i Massoni per distruggere la Chiesa, ma con la Chiesa per respingere gli assalti dei Massoni. In ogni caso, visto che un male così grave è già troppo diffuso, è compito Nostro, Venerabili Fratelli, impegnare il pensiero nella ricerca dei rimedi. E poiché sappiamo che nella virtù della religione divina (tanto più odiata dai Massoni, quanto più temuta) è posta la migliore e più salda speranza del rimedio, riteniamo sia essenziale ricorrere a questa salutare virtù come alleata contro il comune nemico. Pertanto tutti i decreti che i romani Pontefici Nostri Predecessori promulgarono per ostacolare i propositi e i tentativi della setta massonica; tutti i provvedimenti che essi sancirono per allontanare o richiamare i fedeli da siffatte associazioni, tutti e singolarmente Noi li ratifichiamo e li confermiamo con la Nostra autorità Apostolica. E in tale frangente, confidando pienamente nel buon volere dei cristiani, preghiamo e scongiuriamo ciascuno di loro, per la loro salvezza, di impegnarsi ad ubbidire alle disposizioni che in proposito la Sede Apostolica ha impartito. Preghiamo poi e supplichiamo Voi, Venerabili Fratelli, di cooperare con Noi per estirpare questo impuro veleno che serpeggia per tutte le vene dello Stato. A Voi tocca difendere la gloria di Dio e la salvezza del prossimo; proponendovi questi scopi, nella lotta non vi mancheranno il coraggio e la forza. Spetterà alla Vostra saggezza giudicare con quali validi mezzi si possano superare impedimenti ed ostacoli. Ma poiché l’autorità del Nostro magistero richiede che Noi stessi indichiamo qualche opportuno modo di agire, decidete dunque, prima di tutto, di restituire ai Massoni la loro faccia, strappando loro la maschera; occorre insegnare ai popoli, con la parola e anche con Lettere episcopali, quali siano gli artifici di siffatte associazioni per blandire e adescare, quale la perversità delle loro opinioni, quale la turpitudine delle loro azioni. Come i Nostri Predecessori confermarono, nessuno pensi che per qualunque motivo sia lecito iscriversi alla setta Massonica, se ha care – come è doveroso – la professione della fede cattolica e la propria salvezza. Nessuno si lasci ingannare da una simulata onestà: a certuni può sembrare che i Massoni nulla chiedano che sia apertamente contrario alla santità della religione o dei costumi; ma siccome lo scopo e la natura della setta sono totalmente nel vizio e nell’inganno, non può esser lecito aggregarsi ad essa o giovarle in qualsiasi modo. Inoltre è necessario, con insistenti discorsi ed esortazioni, trascinare la moltitudine al diligente apprendimento dei precetti della religione; a tal fine raccomandiamo caldamente che con scritti e discorsi opportuni siano esposti i principi fondamentali della santissima dottrina in cui si raccoglie la filosofia cristiana. Questo impegno è rivolto a risanare le menti degli uomini con l’istruzione e a premunirle contro le numerose forme di errori e i vari allettamenti dei vizi, soprattutto in questa sfrenata libertà di scrivere e inesauribile avidità d’imparare. Opera certamente di grande impegno, nella quale, tuttavia, sarà soprattutto partecipe e socio delle Vostre fatiche il Clero, se sarà, con il Vostro sostegno, reso idoneo mediante una vita disciplinata ed una preparazione letteraria. In verità, una causa così nobile e importante richiede altresì l’attività solidale dei laici che coniugano la carità di patria e di religione con l’onestà e la dottrina. Associate le forze di entrambi gli ordini, fate in modo, Venerabili Fratelli, che gli uomini conoscano a fondo la Chiesa e l’abbiano cara; infatti, quanto più grandi saranno la conoscenza di essa e il relativo amore, tanto maggiori saranno l’insofferenza e la fuga dalle società clandestine. Perciò non senza motivo abbiamo approfittato di questa occasione per ripetere ciò che altrove dichiarammo: è necessario propagare e proteggere con cura il Terzo Ordine dei Francescani di cui recentemente, con prudenza, mitigammo la regola. Come infatti è stato stabilito dal suo autore, questa è la sua ragione d’essere: chiamare gli uomini alla imitazione di Gesù Cristo, all’amore per la Chiesa, alla pratica di tutte le virtù cristiane; perciò può essere molto adatto ad eliminare il contagio di inique associazioni. Si rinnovi pertanto e cresca di giorno in giorno questo santo sodalizio, da cui ci si possono aspettare molti frutti e soprattutto il più prezioso, quello cioè che gli animi siano condotti a libertà, alla fraternità, alla uguaglianza di fronte alla legge: non quali i Massoni assurdamente concepiscono, ma quali Gesù Cristo donò al genere umano e Francesco seguì. Ci riferiamo alla libertà dei figli di Dio, per cui rifiutiamo di servire sia a Satana, sia alle passioni, iniqui tiranni; alla fraternità, la cui origine risalga a Dio, creatore e padre comune di tutti; alla uguaglianza che, fondata sulla giustizia e sulla carità, non elimini le differenze tra gli uomini, ma dalla varietà della vita, dei doveri, delle culture derivi quel mirabile consenso e quasi un concento che per natura tende al profitto e alla dignità dei cittadini. In terzo luogo, esiste una istituzione, saggiamente fondata dai nostri antenati e poi abbandonata con l’andar del tempo, la quale può servire anche oggi come forma e modello a qualcosa di simile. Ci

riferiamo ai Collegi, o Corporazioni, di mestieri, atti a tutelare insieme gli interessi e i costumi, sotto la guida della religione. Se i nostri antenati, per uso ed esperienza protratti nel tempo, avvertirono l’utilità di quelle associazioni, forse a maggior ragione dovrebbe avvertirla l’età nostra, poiché esse hanno la singolare opportunità di fiaccare le forze delle sette. Coloro che soffrono per mancanza di lavoro e di salario, oltre ad essere, per la loro condizione, degnissimi più di tutti di carità e di assistenza, sono pericolosamente esposti alle lusinghe di chi usa la frode e l’inganno. Perciò occorre aiutarli con la maggiore generosità possibile e invitarli in associazioni oneste, in modo che non si lascino trascinare in quelle disoneste. Per questo motivo vorremo ardentemente che ovunque risorgessero quelle corporazioni, opportunamente adattate ai tempi, per la salute del popolo, sotto gli auspici e il patrocinio dei Vescovi. E non Ci è di poco conforto il fatto che già in parecchi luoghi sono state costituite siffatte corporazioni e, analogamente, società di patronato; il proposito delle une e delle altre è di aiutare l’onesta classe dei proletari, di proteggere i loro figli e le loro famiglie, di tutelare le opere di pietà e la dottrina religiosa, insieme con l’integrità dei costumi. A questo punto e su questo argomento non possiamo passar sotto silenzio quella associazione, insigne per il lodevole esempio e tanto benemerita presso la più umile popolazione, che prende il nome da San Vincenzo. È noto come agisca e che cosa voglia: essa è tutta dedita allo spontaneo soccorso dei poveri e degli sventurati, e ciò con sensibilità e modestia mirabili: quanto meno vuole apparire, tanto più è conforme alla carità cristiana e adatta ad alleviare le miserie altrui. In quarto luogo, per conseguire più facilmente il Nostro intento, raccomandiamo caldamente alla fede e alla vigilanza Vostra la gioventù, speranza dell’umano consorzio. Dedicate la massima parte delle Vostre cure alla sua educazione e non dovete mai credere che il Vostro impegno sia stato tanto grande da non richiederne uno maggiore per tenere lontana l’adolescenza da quelle scuole e da quei maestri da cui si teme che possa emanare l’alito pestifero delle sette. I genitori, i direttori spirituali, i Parroci insistano nell’insegnamento della dottrina cristiana. Per iniziativa Vostra, insistano opportunamente nel mettere in guardia i figli e gli alunni contro la rea natura di quelle associazioni, in modo che imparino per tempo a guardarsi dalle varie e subdole arti che gli emissari di esse sono soliti usare per irretire la gente. Anzi, coloro che preparano gli adolescenti a ricevere i sacramenti secondo il rito, agiranno nel modo migliore se li indurranno a stabilire e ad accettare di non legarsi mai ad alcuna associazione all’insaputa dei genitori, o senza il consiglio del Parroco o del confessore. Ben comprendiamo che le nostre comuni fatiche per svellere dal campo del Signore questa perniciosa semenza non sarebbero sufficienti, se non ci soccorresse benevolmente il celeste padrone della vigna nel conseguimento dei nostri fini. Dunque è necessario implorare, con ardente e sollecito zelo, il suo prezioso aiuto, quale e quanto richiedono l’imminenza del pericolo e l’ampiezza del bisogno. Imbaldanzita dal successo, la setta dei Massoni insolentisce, e già sembra non voler porre alcun limite alla propria ostinazione. Tutti i suoi seguaci, uniti in un patto scellerato e in un’occulta unanimità di propositi, si aiutano a vicenda, e l’uno sospinge l’altro a malefica audacia. Un assalto così impetuoso richiede una difesa altrettanto salda; senza dubbio è necessario che tutti gli onesti si colleghino in una vasta alleanza per agire e pregare. Pertanto chiediamo loro di opporsi a ranghi serrati, a pie’ fermo e con concorde volontà, contro la crescente forza delle sette; con alti lamenti tendano a Dio le mani supplici e Lo implorino perché il cristianesimo fiorisca e cresca vigoroso, perché la Chiesa goda della necessaria libertà, perché i traviati ritornino alla salvezza, perché gli errori cedano finalmente alla verità e i vizi alla virtù. Invochiamo come soccorritrice e interprete Maria Vergine, Madre di Dio, perché, come vinse Satana fin dal suo stesso concepimento, così si mostri dominatrice delle malvagie sette nelle quali rivivono chiaramente gli spiriti ribelli del demonio insieme con l’indomita, simulatrice perfidia. Preghiamo il principe degli Angeli celesti, vincitore dei nemici infernali, Michele, e parimenti Giuseppe, Sposo della Vergine santissima, celeste e salvifico patrono della Chiesa Cattolica; Pietro e Paolo grandi Apostoli, propagatori e invitti difensori della fede cristiana. Col loro patrocinio e con la perseveranza delle comuni preghiere, confidiamo che Dio vorrà benignamente soccorrere il genere umano esposto a tanti pericoli. Come testimonianza dei doni celesti e della Nostra benevolenza, a Voi, Venerabili Fratelli, al Clero e a tutto il popolo affidato alle Vostre cure, impartiamo con affetto nel nome del Signore l’Apostolica Benedizione. Dato a Roma, presso San Pietro, il 20 aprile 1884, settimo anno del Nostro Pontificato Papa Leone XIII° condanna in maniera perentoria la massoneria. In quel periodo Giuseppe Garibaldi era il

capo della massoneria e non trovò alcuna indulgenza nelle parole del papa. Alla massoneria viene attribuita la colpa di divulgare la filosofia naturalistica. Per notizia il poeta Carducci cantava il suo “inno a

satana”. In questa enciclica non vengono riportati riferimenti generici come in passato,in quanto la dottrina massonica non era più serbata in segreto.

Inimica vis

Lettera Enciclica Leone XIII°

1. Custodi di quella fede a cui le nazioni cristiane van debitrici del loro morale e civile riscatto, Noi mancheremmo ad uno dei Nostri supremi doveri, se non levassimo spesso e ben alto la voce contro l'empia guerra, onde si tenta, diletti figli, rapirvi sì prezioso tesoro. Di questa guerra, ammaestrati ormai da lunga e dolorosa esperienza, voi ben conoscete le terribili prove, e nel vostro cuore di cattolici e di italiani altamente la deplorate. E veramente si può essere italiani di nome e di affetto, e non risentirsi delle offese che si fanno tuttodì a quelle divine credenze, che sono la più bella delle nostre glorie, che dettero all'Italia il primato sulle altre nazioni ed a Roma lo scettro spirituale del mondo: che sulle rovine del paganesimo e delle barbarie fecero sorgere il mirabile edifizio della cristiana civiltà? Si può essere di mente e di cuore cattolici e mirare con occhio asciutto in quella terra medesima nel cui grembo l'adorabile nostro Redentore si degnò stabilire la sede del suo regno, impugnate le sue dottrine, oltraggiato il suo culto, combattuta la sua chiesa, osteggiato il suo Vicario, perdute tante anime redente col suo Sangue, la porzione più eletta del suo gregge, un popolo stato per ben diciannove secoli a lui sempre fedele, esposto ad un continuo e presentissimo pericolo di apostatar dalla fede, e sospinto in una via di errori e di vizi, di materiali miserie e di morale abiezione? Diretta ad un tempo contro la patria celeste e la terrena, contro la religione dei nostri padri e la civiltà trasmessaci con tanto splendore di scienze, lettere ed arti da loro, la guerra di cui parliamo, voi la capite, diletti figli, è doppiamente scellerata, e rea non meno di umanità offesa che di offesa divinità. Ma d'onde essa muove principalmente se non da quella setta massonica, della quale discorremmo a lungo nell'Enciclica Humanum genus del 20 aprile 1884 e nella più recente del 15 ottobre 1890 indirizzata ai Vescovi, al Clero e al popolo d'Italia? Con queste due Lettere strappammo dal viso della massoneria la maschera onde si velava agli occhi dei popoli, e la mostrammo nella cruda sua deformità, nella sua tenebrosa e funestissima azione. 2. Ci restringiamo questa volta a considerarne i deplorevoli effetti rispetto all'Italia. Insinuatasi infatti già da gran tempo sotto le speciose sembianze di società filantropica e redentrice dei popoli, nel nostro bel paese, e per via di congiure, corruttele e di violenze giunta finalmente a dominare l'Italia e questa medesima Roma, a quanti disordini, a quante sciagure non ha essa in poco più di sei lustri spalancata la via? Mali grandi in sì breve giro di tempo ha veduto e patito la patria nostra. La religione dei nostri padri è stata fatta segno a persecuzioni di ogni sorta, col satanico intento di sostituire al cristianesimo il naturalismo, al culto della fede il culto della ragione, la morale così detta indipendente alla morale cattolica, al progresso dello spirito quello della materia. Alle sante massime e leggi del Vangelo si è osato contrapporre leggi e massime che possono chiamarsi il codice della rivoluzione, e un insegnamento ateo ed un verismo abbietto alla scuola, alla scienza, alle arti cristiane. Invaso il tempio del Signore, si è dissipata con la confisca dei beni ecclesiastici la massima parte del patrimonio necessario ai santi ministeri, assottigliato con la leva dei chierici oltre i limiti dell'estremo bisogno il numero dei sacri ministri. Se l'amministrazione dei sacramenti non fu potuta impedire, si cerca però in tutti i modi d'introdurre e promuovere matrimoni, e funerali civili. Se ancora non si riuscì a strappare affatto dalle mani della Chiesa l'educazione della gioventù ed il governo degli istituti di carità, si mira sempre con sforzi perseveranti a tutto laicizzare, che val quanto dire a cancellare da tutto l'impronta cristiana. Se della stampa cattolica non si è potuto soffocare la voce, si fece di tutto per screditarla ed avvilirla. 3. E pur di osteggiare la religione cattolica, quali parzialità e contraddizioni! Si chiusero monasteri e conventi; e si lasciano moltiplicare a lor grado logge massoniche e covi settari. Si proclamò il diritto di associazione: e la personalità giuridica, di cui associazioni di ogni colore usano ed abusano, è negata ai religiosi sodalizi. Si bandì la libertà dei culti e intanto odiose intolleranze e vessazioni si riserbano proprio a quella che è la religione degli italiani, ed a cui perciò dovrebbe assicurarsi rispetto e patrocinio sociale. A tutela della dignità e indipendenza del Papa si fecero proteste e promesse grandi; e voi vedete a quali vilipendi venga quotidianamente fatta segno la Nostra persona. Qualsiasi specie di pubbliche manifestazioni trova libero il campo; solamente or l'una or l'altra delle dimostrazioni cattoliche o è vietata o disturbata. S'incoraggiano nel seno della Chiesa scismi, apostasie, ribellioni ai legittimi superiori; i voti religiosi e segnatamente la religiosa ubbidienza si riprovano come cose contrarie alla libertà e dignità umana: e intanto vivono impunite empie congreghe, che legano con giuramenti nefandi i loro adepti, ed esigono anche nel delitto ubbidienza cieca ed assoluta. Senza esagerare la potenza massonica attribuendo all'azione diretta e immediata di lei tutti i mali che nell'ordine religioso presentemente ci travagliano, nei fatti che abbiam ricordato e in molti altri che potremmo ricordare, si sente il suo spirito; quello spirito che, nemico implacabile di Cristo e della Chiesa, tenta tutte le vie, usa tutte le arti, si prevale di tutti i mezzi per rapire alla Chiesa la sua figlia primogenita, a Cristo la nazione prediletta, sede del suo Vicario in terra e centro della cattolica unità. L'influenza malefica ed efficacissima di questo spirito sulle cose nostre non occorre oggi congetturarla da pochi e fuggevoli indizi, nè argomentarla dalla serie dei fatti che da trenta anni si succedono. Inorgoglita dai successi, la setta stessa ha parlato alto e ci ha

detto ciò che fece in passato, ciò che si propone di fare in avvenire. Le pubbliche potestà, consapevoli o no, essa le riguarda in sostanza come propri strumenti: il che vuol dire che della persecuzione religiosa che ha tribolato e tribola l'Italia nostra, l'empia setta mena vanto come di opera principalmente sua, di opera eseguita spesso con altre mani, ma per modo immediato o mediato, diretto o indiretto, di lusinga o di minaccia, di seduzione o di rivoluzione, ispirata, promossa, incoraggiata, aiutata da lei. 4. Dalle rovine religiose alle sociali brevissima è la via. Non più sollevato alle speranze e agli amori celesti il cuore dell'uomo, capace e bisognoso dell'infinito, gittasi con ardore insaziabile sui beni della terra: ed ecco necessariamente, inevitabilmente una lotta perpetua di passioni avide di godere, di arricchire, di salire e quindi una larga ed inesausta sorgente di rancori, di scissure, di corruttele, di delitti. Nella nostra Italia morali e sociali disordini non mancavano certo anche prima delle presenti vicende; ma che doloroso spettacolo non ci porge essa i nostri dì. Nelle famiglie è assai menomato quell'amoroso rispetto che forma le domestiche armonie; l'autorità paterna è troppo sovente sconosciuta e dai figli e dai genitori; i dissidi sono frequenti, i divorzi non rari. Nelle città crescono ogni dì le discordie civili, le ire astiose tra i vari ordini della cittadinanza, lo sfrenamento delle generazioni novelle che cresciute all'aura di malintesa libertà non rispettano più nulla né in alto né in basso, gl'incitamenti al vizio, i delitti precoci, i pubblici scandali. Lo Stato invece di star pago all'alto e nobilissimo ufficio di riconoscere, tutelare, aiutare nella loro armoniosa universalità i divini e gli umani diritti, si crede quasi arbitro di essi, e li disconosce o li restringe a capriccio. L'ordine sociale infine è generalmente scalzato nelle sue fondamenta. Libri e giornali, scuole e cattedre, circoli e teatri, monumenti e discorsi politici, fotografie e arti belle, tutto cospira a pervertire le menti e corrompere i cuori. Intanto i popoli oppressi e ammiseriti fremono; le sette anarchiche si agitano; le classi operaie levano il capo e vanno ad ingrossar le file del socialismo, dell'anarchia; i caratteri si fiaccano, e tante anime non sapendo più nè degnamente patire, nè virilmente redimersi dai patimenti, abbandonano da se stesse, col suicidio, codardamente la vita. 5. Ecco i frutti che a noi italiani ha recato la setta massonica. E dopo ciò essa ardisce di venire innanzi magnificando le sue benemerenze verso l'Italia, e di dare a Noi e a tutti coloro che, ascoltando la Nostra parola, rimangono fedeli a Gesù Cristo, il calunnioso titolo di nemici della patria. Quali siano verso la nostra penisola i meriti della rea setta, ormai, giova ripeterlo, lo dicono i fatti. I fatti dicono che il patriottismo massonico non è che un egoismo settario, bramoso di tutto dominare, signoreggiando gli Stati moderni che nelle mani loro raccolgono ed accentrano tutto. I fatti dicono che, negl'intendimenti della massoneria, i nomi d'indipendenza politica, di uguaglianza, di civiltà, di progresso miravano ad agevolare nella patria nostra l'indipendenza dell'uomo da Dio, la licenza dell'errore e del vizio, la lega di una fazione a danno degli altri cittadini, l'arte dei fortunati del secolo di godersi più agiatamente e deliziosamente la vita, il ritorno di un popolo redento col divin sangue alle divisioni, alle corruttele, alle vergogne del paganesimo. 6. E non accade meravigliarsi di ciò. Una setta che dopo diciannove secoli di cristiana civiltà si sforza di abbattere la Chiesa cattolica, e di reciderne le divine sorgenti; che, negatrice assoluta del soprannaturale, ripudia ogni rivelazione, e tutti i mezzi di salute che la rivelazione ci addita; che pei disegni e le opere sue fondasi unicamente e interamente sopra una natura inferma e corrotta come è la nostra; tale setta non può essere altro che il sommo dell'orgoglio, della cupidigia spoglia, la sensualità corrompe; e quando queste tre concupiscenze giungono al grado estremo, le oppressioni, gli spogliamenti, le corruttele seduttrici, via via allargandosi, prendono dimensioni smisurate, diventano oppressione, spogliamento, fomite corruttore di tutto un popolo. 7. Lasciate dunque che, rivolgendo a voi la Nostra parola, vi additiamo la massoneria come nemica ad un tempo di Dio, della Chiesa e della nostra patria. Riconoscetela come tale praticamente una volta; e con tutte le armi, che ragione, coscienza e fede vi pongono in mano, schermitevi da sì fiero nemico. Niuno si lasci illudere dalle sue belle apparenze, niuno allettare dalle sue promesse, sedurre dalle sue lusinghe, atterrire dalle sue minacce. Ricordatevi che essenzialmente inconciliabili tra loro sono cristianesimo e massoneria; sì che aggregarsi a questa è un far divorzio da quello. Tale incompatibilità tra le due professioni di cattolico e di massone ormai, diletti figli, non potete ignorarla: ve ne avvertirono apertamente i Nostri Predecessori, e Noi per ugual modo ve ne ripetemmo altamente l'avviso. Coloro pertanto che per somma disgrazia han dato il nome ad alcuna di queste società di perdizione, sappiano che sono strettamente tenuti a separarsene, se non vogliono restar divisi dalla comunione cristiana, e perdere l'anima loro nel tempo e nell'eternità. Sappiano altresì i genitori, gli educatori, i padroni e quanti han cura di altri, che obbligo rigoroso li stringe d'impedire al possibile che entrino nella rea setta i loro soggetti, o che, entrati, vi rimangano. 8. Preme poi, in cosa di tanta importanza e dove la seduzione ai dì nostri è cosa facile, che il cristiano si guardi dai primi passi, tema i più leggeri pericoli, eviti ogni occasione, prenda le più sollecite precauzioni, usi insomma, secondo il consiglio evangelico, pur serbando in cuore la semplicità della colomba, tutta la prudenza del serpente. I padri e le madri di famiglia si guardino dall'accogliere in casa e di ammettere all'intimità delle confidenze domestiche persone ignote, o almeno quanto a religione non conosciute abbastanza; procurino invece di accertarsi prima che sotto il manto dell'amico, del maestro, del medico, o di altro benevolo non si celi un astuto arruolatore della setta. Oh in quante famiglie il lupo penetrò in veste d'agnello! Bella cosa sono le svariatissime società, che oggi in ogni ordine di sociale attinenza con fecondità prodigiosa sorgono da per tutto: società operaie, di mutuo soccorso, di previdenza, di scienze, di lettere, di arti, e simiglianti; e quando siano informate da buono spirito morale e religioso, tornano

certamente proficue e opportune. Ma poiché qui pure, anzi qui specialmente è penetrato e penetra il veleno massonico, si abbiano per generalmente sospette, e si evitino le società che, sottraendosi ad ogni influsso religioso, possono facilmente essere dirette e dominate più o meno da massoni, come quelle che, oltre a porgere aiuto alla setta, ne sono, può dirsi, il semenzaio e il tirocinio. A società filantropiche, di cui non ben conoscano la natura e lo scopo, non si ascrivano facilmente le donne senza essersi prima consigliate con persone sagge e sperimentate, giacché passaporto alla merce massonica è spesso quella ciarliera filantropia, contrapposta con tanta pompa alla carità cristiana. Con gente sospetta di appartenere alla massoneria o a sodalizi ad essa aggregati procuri ognuno di non aver amicizia o dimestichezza: dai loro frutti li conosca e li fugga. E non solo di coloro che, palesemente empi e libertini, portano in fronte il carattere della setta, ma di quelli si eviti il tratto familiare, che si occultano sotto la maschera di universale tolleranza, di rispetto a tutte le religioni, di smania di voler conciliare le massime del Vangelo e le massime della rivoluzione, Cristo e Belial, la Chiesa di Dio e lo Stato senza Dio. Libri e giornali che stillano il tossico dell'empietà e che attizzano negli umani petti il fuoco delle cupidigie sfrenate e delle sensuali passioni; circoli e gabinetti di lettura, ove lo spirito massonico si aggira cercando chi divorare, siano al cristiano, e ad ogni cristiano, luoghi e stampa che fanno orrore. 9. Se non che, trattandosi di una setta che ha tutto invaso, non basta tenersi contro di lei in sulle difese, ma bisogna coraggiosamente uscire in campo ed affrontarla. Il che voi, diletti figli, farete, opponendo stampa a stampa, scuola a scuola, associazione ad associazione, congresso a congresso, azione ad azione. La massoneria si è impadronita delle scuole pubbliche; e voi con le scuole private, con quelle di zelanti ecclesiastici e di religiosi dell'uno e dell'altro sesso contendetele l'istruzione e l'educazione della puerizia e gioventù cristiana, e soprattutto i genitori cristiani non affidino l'educazione dei loro figli a scuole non sicure. Essa ha confiscato il patrimonio della pubblica beneficenza; e voi supplite col tesoro della privata carità. Nelle mani dei suoi adepti ha ella messo le Opere pie: e voi quelle che da voi dipendono affidatele a cattolici istituti. Ella apre e mantiene case di vizio; e voi fate il possibile per aprire e mantenere ricoveri all'onestà pericolante. A' suoi stipendi milita una stampa religiosamente e civilmente anticristiana; e voi con l'opera e col danaro aiutate, promuovete, propagate la stampa cattolica. Società di mutuo soccorso ed istituti di credito sono fondati da lei a pro dei suoi partigiani; e voi fate altrettanto non solo pei vostri fratelli, ma per tutti gl'indigenti, mostrando che la vera e schietta carità è figlia di colui che fa sorgere il sole e cadere la pioggia sui giusti e sui peccatori. 10. Questa lotta del bene col male si estenda a tutto, e cerchi, in quanto è possibile, di riparare tutto. La massoneria tiene frequenti congressi per concertar nuovi modi di combattere la Chiesa; e voi teneteli frequentemente per meglio intendervi intorno ai mezzi e all'ordine della difesa. Ella moltiplica le sue logge; e voi moltiplicate circoli cattolici e comitati parrocchiali, promuovete associazioni di carità e di preghiera, concorrete a mantenere ed accrescere lo splendore del tempio di Dio. La setta, non avendo più nulla a temere, mostra oggi il viso alla luce del giorno; e voi, cattolici italiani, fate anche voi aperta professione della vostra fede, ad esempio dei gloriosi vostri antenati, che innanzi ai tiranni, ai supplizi, alla morte la confessavano intrepidi e l'autenticavano con la testimonianza del sangue. Che più? Si sforza la setta di asservire la Chiesa, e di metterla, umile ancella, ai piedi dello Stato? E voi non cessate di chiederne e, dentro le vie legali, di rivendicarne la dovuta libertà e indipendenza. Cerca essa di lacerare l'unità cattolica, seminando nel clero stesso zizzania, suscitando contese, fomentando discordie, aizzando gli animi all'insubordinazione, alla rivolta, allo scisma? E voi, stringendo sempre più il sacro nodo della carità e dell'obbedienza, sventate i suoi disegni, mandate a vuoto i suoi tentativi, deludete le sue speranze. Come i primitivi fedeli, siate tutti un cuore ed un'anima; e raccolti intorno alla cattedra della Chiesa e dei vostri Pastori, tutelate gl'interessi supremi della Chiesa e del Papato, che sono altresì i supremi interessi dell'Italia e di tutto il mondo cristiano. Ispiratrice e gelosa custode delle italiche grandezze fu sempre l'Apostolica Sede. Siate dunque italiani e cattolici, liberi e non settari, fedeli alla patria e insieme a Cristo ed al Vicario suo, persuasi che un'Italia anticristiana e antipapale sarebbe opposta all'ordinamento divino, e quindi condannata a perire. 11. Diletti figli, la religione e la patria vi parlano in questo momento per bocca Nostra. E voi ascoltate il loro grido pietoso, sorgete unanimi e combattete virilmente le battaglie del Signore. Il numero, la baldanza, la forza dei nemici non vi atterriscano; chè Dio è più forte di loro, e se Dio è con voi, che potranno essi contro di Voi? Affinchè poi con maggior copia di grazie Iddio sia con voi, con voi combatta, con voi trionfi, raddoppiate le vostre preghiere, accompagnatele con l'esercizio delle cristiane virtù e specialmente coll'esercizio della carità verso i bisognosi, e rinnovando ogni dì le promesse del Battesimo, implorate umilmente, instantemente, perseverantemente le divine misericordie. Come auspicio di queste, e come pegno altresì della Nostra paterna dilezione, v'impartiamo, diletti figli, la benedizione Apostolica. Dato a Roma, presso S. Pietro, il giorno 8 dicembre 1892, anno decimoquinto del Nostro Pontificato

Leone XIII° si rivolge ai Vescovi d’Italiani e al loro clero affinchè condannino l’ideologia massonica unitamente alla bolla “Custodes Fidei” dell’ 8 dicembre 1892 riaffermando i fondamenti del 20 aprile 1884

Humanum genus

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