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Enciclopedia degli Autori Italiani - Enciclopedia degli Autori Italiani … · ri minori successivi, spicca “Eros e Priapo” (1967), folgo-rante pamphlet sui miti del ventennio

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GABARDI MYRTA PAOLA

GABRIELI FRANCESCO

GADDA CARLO EMILIO

GADDA CONTI PIERO

GAETA FRANCESCO

GALANTE GARRONE VIRGINIA

GALDI MATTEO ANGELO

GALDIERI ROCCO

GALEOTA FRANCESCO

GALLETTI ALFREDO

GALLIAN MARCELLO

GALANTE GARRONE ALESSANDRO

GALEOTTI LEOPOLDO

GALIANI FERDINANDO

GALILEI GALILEO

GALLARATI SCOTTI TOMMASO FULCO

GALLO NICCOLÒ

GALVANO ALBINO

GAMBINO ANTONIO

GAMBARA VERONICA

GAMBINO CARLO FELICE

GANDINI GIOVANNI

GANDINO GIOVANNI BATTISTA

GARA EUGENIO

GARBOLI CESARE

GARETH BENEDETTO, detto il Chariteo

GARGALLO TOMMASO

GARGANI GIUSEPPE TORQUATO

GARGIULO ALFREDO

GARIN EUGENIO

GARLANDA FEDERICO

GAROGLIO DIEGO

GARRONE DINO

GARRONI EMILIO

GARSIA AUGUSTO

GARUFI BIANCA

GARZO DELL’INCISA

GARZONI TOMMASO

GASPARINETTI ANTONIO

GATTI ANGELO

GATTO ALFONSO

GELLI JACOPO

GEMELLI AGOSTINO

GENOINO GIULIO

GENTILE PANFILO

GENTILI BRUNO

GERACE VINCENZO

GERBI ANTONELLO

GEREMICCA ACHILLE

GENTILE GIOVANNI

GELLI GIOVAN BATTISTA, o GIAMBATTISTA

GENOVESI ANTONIO

GESUALDO GIOVAN ANDREA

GETTO GIOVANNI

GEYMONAT LUDOVICO

GHEDINI FERNANDO ANTONIO

GHEDINI GIUSEPPE

GHERARDI GIOVANNI, detto Giovanni da Prato

GHERARDI DE ROSSI GIOVANNI

GHERARDINI GIOVANNI

GHILARDUCCI PIETRO

GHIOTTO RENATO

GHIRELLI ANTONIO

GHISELLI LUCA

GHISLANZONI ANTONIO

GIACOMELLI ANTONIETTA

GIACOMINI AMEDEO

GIACOMINO DA VERONA

GIACOMINO PUGLIESE

GIACOMO DA LENTINI

GIACONI LUISA

GIACOSA GIUSEPPE

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GIAMBONI BONO

GIAMBULLARI BERNARDO

GIANFRANCESCHI FAUSTO

GIARDINI CESARE

GIGLI LORENZO

GINZBURG LEONE

GINZBURG NATALIA

GIOBERTI VINCENZO

GIORDANI PIETRO

GIORGIERI CONTRI COSIMO

GIOTTI VIRGILIO, pseud. di Virgilio Schönbeck

GIOVAGNOLI RAFFAELLO

GIOVANNETTI EUGENIO

GIOVANNETTI MARCELLO

GIOVANNI ANDREA DELL’ANGUILLARA

GIOVANNI SABADINO DEGLI ARIENTI

GIOVENALE DECIMO GIUNIO

GIRALDI CINZIO GIAMBATTISTA

GIRONDA GIUSEPPE

GIUDICI GIOVANNI

GIULIANI ALFREDO

GIULIANI GIAMBA TTISTA

GIULIOTTI DOMENICO

GIUSSO LORENZO

GIUSTI GIUSEPPE

GIUSTINIAN LEONARDO

GIUSTO DEI CONTI DI VALMONTONE

GNOLI DOMENICO

GOBETTI PIERO

GOFFIS CESARE FEDERICO

GOLDONI CARLO

GORANI GIUSEPPE

GORRESIO VITTORIO

GOVONI CORRADO

GOTTA SALVATOR

GOZZANO GUIDO

GOZZI CARLO

GOZZI GASPARO

GRACE BARTOLINI LUISA

GRAF ARTURO

GRAMIGNA GIULIANO

GRAMSCI ANTONIO

GRANA GIANNI

GRANDE ADRIANO

GRANZOTTO GIOVANNI

GRAVINA GIOVANNI VINCENZO

GRAZIANI GEROLAMO

GRAZZINI ANTON FRANCESCO, detto il Lasca

GRAZZINI GIOVANNI

GREPPI ANTONIO

GRIECO GIUSEPPE

GRILLANDI MASSIMO

GRIMALDI GIULIO

GRISELLINI FRANCESCO

GRITTI CHECCO

GROMO MARIO

GROSSI TOMMASO

GROSSO GENNARO

GROTO LUIGI

GUACCI MARIA GIUSEPPINA

GUADAGNOLI ANTONIO

GUALDO LUIGI

GUALTIERI LUIGI

GUARESCHI GIOVANNI

GUARINI ALESSANDRO

GUARINI GIOVANNI BATTISTA

GUARINI RUGGERO

GUARNIERI SILVIO

GUAZZO MARCO

GUAZZO STEFANO

GUERRA ANTONIO, detto Tonino

GUERRAZZI FRANCESCO DOMENICO

GUERRAZZI VINCENZO

GUERRINI ADRIANO

GUERRINI OLINDO

GUGLIELMI GIUSEPPE

GUGLIELMI GUIDO

GUGLIELMINETTI AMALIA

GUICCIARDINI FRANCESCO

GUIDACCI MARGHERITA

GUIDI ALESSANDRO

GUIDICCIONI GIOVANNI

GUIDO DELLE COLONNE

GUIDUCCI ARMANDA

GUIDUCCI ROBERTO

GUINIZZELLI GUIDO

GUITTONE D’AREZZO

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GABARDI MYR TA PAOLA (Mi-lano 1963-Bellinzona 1999) - Qua-drilingue, scoprì giovanissima di sa-persi esprimere nella lingua madreanche nella ritmica di strofe a sche-ma libero, o mediante combinazionielaborate secondo intuizioni classi-cheggianti tanto più sorprendenti ove

si pensi che, dal suo piano studi, sono rimaste assenti le lingue antiche.La ritmica e la musicalità l’avevano affascinata così tanto da suggerirledi coltivare apprezzabilmente anche gli studi pianistici. Gli impegni uni-versitari l’avevano indotta a lasciare la tastiera e i componimenti poeticiper affrontare gli studi giuridici con una metodica di autodidatta che nonle impedirono di laurearsi con brillante votazione presentando un’inte-ressante tesi sulla tutela dell’onore nel diritto inglese che le varrà unruolo di assistente alla cattedra di Diritto Anglo-Americano. Collaborònello studio legale paterno privilegiando il più vivo interesse per il gior-nalismo nel settore musica e spettacolo espresso mediante partecipazio-ne alle più interessanti rassegne canore e cinematografiche per conto diemittenti private e di quotidiani e periodici italiani e svizzeri. Perì tragi-camente in un incidente ferroviario alla vigilia del suo trentaseiesimocompleanno, lasciando una preziosa eredità culturale e musicale espres-sa a mezzo critiche e interviste a cantanti di successo, e nel volume dipoesie «Love’s Dreams» curato da Compostudio.

GABRIELI FRANCESCO (Roma1904-1996) - Dopo aver insegnato let-teratura araba all’università di Roma,continuò la propria attività di studiosoportando notevoli contributi alla cono-scenza del mondo arabo. Le sue ricer-che si indirizzarono sul piano storico eletterario delle culture araba e persiana:ne fanno testo taluni libri famosi come«Storia e civiltà musulmana» (1947),

«Storia della letteratura araba» (1951), «Il risorgimento arabo» (1958),«Maometto e le grandi conquiste» (1976), «Cultura araba del Novecen-to» (1983). Scrittore elegante e raffinato, fu autore anche di saggi e diinterventi di carattere più giornalistico (collaborò al quotidiano «La Stam-pa») che originarono, tra gli altri, i volumi «Pagine stravaganti di unarabista» (1968), «Arabeschi e studi islamici» (1973). Il peso crescentedell’Islam nella storia mondiale lo portò ad analizzarne e discuterne icaratteri culturali e storici in, «Islam nella storia» (1984), «Gli Arabi»(1987), «Poesia e avventura nel Medioevo arabo» (1988), «Satpratabiberunt» (1992). Fondamentale rimane la sua cura delle «Mille e unanotte» (1948) e di «Storici arabi delle crociate» (1957). Per la sua attivitàgli fu attribuito nel 1983 il Premio Balzan. Fu presidente dell’Accade-mia dei Lincei dal 1985 al 1988.

GADDA CONTI PIERO (Milano,1902-1909) - Cugino del più celebre Car-lo Emilio Gadda, è scrittore molto legatoalla tradizione lombarda, pur partecipan-do della dinamica della cultura europea,grazie anche all’esperienza giornalistica.È stato collaboratore di Solaria e della«Fiera letteraria»; a quell’epoca apparten-gono i suoi libri di pura ricerca avventu-rosa come i racconti di «Verdemare»(1927) o i romanzi «Mozzo» (1930) e «Ga-gliarda» (1932). Tuttavia la sua narrativa

GADDA CARLO EMILIO(Milano 1893-Roma 1973) -Partecipa, volontario, alla pri-ma guerra mondiale: fatto pri-gioniero, trae dall’esperienzaspunto per un “Giornale diguerra e di prigionia”, chesarà pubblicato nel 1955. Dal1926 collabora con la rivista“Solaria”, per le cui edizioniescono “La Madonna dei filo-

sofi” (1931) e “Il castello di Udine” (1934), sue prime operenarrative. Nel 1940 si trasferisce a Firenze e vi resta perun decennio: è del ’44 “L’Adalgisa”, raccolta di raccontia carattere satirico sulla borghesia meneghina dei primidel secolo. Dal 1950 è a Roma, dove lavora per un lustroai servizi culturali del terzo programma radiofonico: nelcorso di questo periodo, escono “Il primo libro delle fa-vole” (1952) e “Novelle dal ducato in fiamme” (1953),grottesco sul periodo terminale del fascismo. Nel 1957(ma era già apparso a puntate, su “Letteratura”, nel 1946-47), dà alle stampe il suo primo capo d’opera, “Querpasticciaccio brutto de via Merulana”. Seguono i saggi,le divagazioni, le note a carattere autobiografico riunitene “I viaggi la morte” (1958) e “Le meraviglie d’Italia”(1964), oltre a “I racconti. Accoppiamenti giudiziosi 1924-1958” (1963). Nello stesso anno, compare in volume “Lacognizione del dolore” (della quale su “Letteratura”, trail 1938 ed il 1941, si erano potuti leggere dei brani), che siaggiudica il premio internazionale Formentor e viene ac-colta da entusiastici giudizi della critica. Tra i molti lavo-ri minori successivi, spicca “Eros e Priapo” (1967), folgo-rante pamphlet sui miti del ventennio fascista.

era destinata a rientrare nell’alveo di una realtà lombarda da rappresen-tare con altrettanta felicità descrittiva, ma cogliendone anche gli aspettiproblematici in «Festa da ballo» (1937) e soprattutto in «La paura» (1970).Del suo lavoro giornalistico restano «L’incomparabile Italia» (1947) e idocumenti milanesi di «La Milano dei Navigli» (1965) e «La famigliaitaliana a Milano» (1972). Critico cinematografico, ha pubblicato nume-rosi saggi, tra i quali «Cinema e civiltà» (1960), «Cinema e libertà» (1963),«Cinema e società» (1966). Importante sul piano documentario è il librosul cugino «Le confessioni di Carlo Emilio Gadda» (1974).

GAETA FRANCESCO (Napoli, 1879-1927) - Svolse per molti anniattività giornalistica e fu amico di Benedetto Croce e di Salvatore DiGiacomo. Esordì con poesie classicheggianti o riecheggianti motivicarducciani e dannunziani, ma già con la raccolta «Sonetti voluttuosi edaltre poesie» (1906) cercò una via personale che, pur attraverso stridoristilistici e linguistici, lo portò all’espressione matura di «Poesie d’amo-re» (1920). Una visione insieme realistica ed elegiaca delle cose di tuttii giorni costituisce il centro d’ispirazione di questa raccolta. Meno felicile novelle («L’ecloga di Flora», 1900; «Novelle gioconde», 1921).

GALANTE GARRONE VIRGINIA (Vercelli 1907-Torino 1998) -Si è sempre occupata di problemi pedagogici e didattici, oltre che diteatro, ma si afferma poi come scrittrice dopo aver rievocato in chiaveautobiografica la propria infanzia e la vita della propria famiglia in «Semai torni» (1981) e «L’ora del tempo» (1984), due libri di ampio respiroche sono anche un quadro familiare borghese negli anni che precedonol’avvento del fascismo. Ha inoltre pubblicato: «Nel transito del vento»(1988), «Per una selva oscura» (1991), «Fila filastrocca» (1995), «Lamaccabea. Filastrocche di Virginia Galante Garrone» (1996).

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GALDI MA TTEO ANGELO (Coperchia [SA] 1765-Napoli 1821) -Costretto a esulare in Francia per la sua partecipazione alla congiuragiacobina napoletana del 1794 ed entrato nell’armata d’Italia di Bonaparte,fu uno degli uomini politici di maggior rilievo della Repubblica Cisalpina.(Fondò, fra l’altro, a Milano le «Effemeridi repubblicane» nel 1796 e il«Giornale dei patriotti italiani» nel 1797.) Allontanato nel 1799 dallaCisalpina, fu nominato agente presso la Repubblica Batava, dove alter-nò il lavoro diplomatico agli studi su quel paese. Tornato a Napoli nel1808, vi pubblicò i «Pensieri sull’istruzione» (1809), che ispirarono lariforma scolastica del 1812 da lui attuata. Conservò le sue cariche con laRestaurazione; sopraggiunta la rivoluzione del 1820, venne eletto depu-tato e presidente dell’Assemblea.

GALDIERI ROCCO (Napoli, 1877-1923) - Fu giornalista, commediografo eautore di canzoni di successo. S’inseriscenella poesia napoletana del dopo Di Gia-como, cantando la via, le illusioni, le ama-rezze, le tristezze e i tormenti con un filoconduttore alquanto biografico. Tra le cin-quanta e più canzoni ricordiamo: «Aria fre-sca», «Lasa sta!» e «Femmena amata». Ma

è in «Friscura» che esplode in Galdieri l’amarezza, e l’amore e la mortesi fondono in una struggente lirica. Le sue poesie furono musicate daSpagnuolo, da Nardella, da De Curtis e da Staffelli.

GALEOT A FRANCESCO (Napoli, 1447-1497) - Funzionario dellacorte Aragonese, assunse un ruolo polivalente: cortigiano, letterato e am-basciatore. Seppe conciliare l’imitazione petrarchesca con la tradizionepopolaresca meridionale, ottenendo risultati di un certo interesse. La suaopera letteraria abbraccia generi molteplici, dalla novella alle rime, conuna spiccata propensione verso la scelta di forme popolareggianti (comead esempio barzellette e strambotti). Riordinò i suoi scritti in un «Canzo-niere» dedicato a Costanza d'Avalos, contessa di Acerra, e diffuso nel1491 da Giovan Marco Cinico, copista della biblioteca regia.

GALLETTI ALFREDO (Cr emona 1872-Milano 1962) - Insegnò alungo nelle scuole medie e fu tra i fondatori dell’Associazione insegnan-ti medi. Fu poi titolare di letteratura italiana a Genova, Bologna e Mila-no. Seguace del metodo storico, applicò nelle sue ricerche critiche ilrazionalismo positivistico, che lo portò a schierarsi contro l’idealismoallora dominante, e a tentare stroncature di alcuni volumi del Croce.Vasta eco negativa trovò tra la critica militante il suo volume «Il Nove-cento» (1935), che si raccomanda tuttavia per l’onestà dell’informazio-ne. Di gran lunga migliori sono suoi studi giovanili: «Le teorie dramma-tiche e la tragedia in Italia nel secolo XVIII» (1901), «Studi di letteraturestraniere» (1903), «Poeti, poesia e storia» (1926). Tra le altre sue operericordiamo: «La poesia e l’arte di Giovanni Pascoli» (1918); «Alessan-dro Manzoni. Il pensatore e il poeta» (1927); «L’eloquenza» (1938).

GALLIAN MARCELLO (Roma,1902-1968) - Scrittore fra i più irre-quieti del Novecento, partecipò giova-nissimo all’impresa fiumana, poi fu fa-scista, ma senza trovare mai una rispo-sta adeguata alla propria ansia. Ne èspecchio la sua opera di scrittore al difuori di schemi e di scuole, pur essen-do stato elemento di spicco del Nove-centismo bontempelliano, che si riflet-

te in una prosa narrativa esasperata e barocca, come appare sin dai primilibri «Vita di uno sconosciuto» (1929), «Pugilatore di paese» (1931) eche trova compimento in «Gente di squadra» (1941). I suoi esiti maggio-

GALANTE GARRONE ALES-SANDRO (Vercelli, 1909 - Tori-no,  2003) - Durante gli studi digiurisprudenza a Torino parteci-pò (1928) alle manifestazioni de-gli universitari torinesi contro ipersecutori fascisti del prof. Fran-cesco Ruffini. Più avanti, entratoin magistratura, aderì al movi-mento di Giustizia e Libertà e nel1942 fu tra i fondatori del Partitod’Azione a Torino. Nella prima-

vera del 1945, dopo la liberazione alleata della città diTorino, entrò a far parte della Giunta regionale di gover-no e della Giunta consultiva. Sostenne la sua attività po-litica con un’intensa attività pubblicistica su diversi quo-tidiani e riviste (La Stampa, L’Astrolabio, L’Espresso, IlPonte), e con lavori più ponderosi. Parallelamente allasua attività forense, aveva condotto da sempre studi sto-rici: questi ultimi finirono per assumere la preminenzafra le sue attività e lo indussero a chiedere nel 1963 ilpensionamento dalla magistratura (era consigliere diCorte d’Appello a Torino) per potersi dedicare comple-tamente all’insegnamento. Insegnò storia moderna, sto-ria contemporanea e storia del Risorgimento italiano ne-gli atenei di Torino e Cagliari e pubblicò importanti stu-di sulla Rivoluzione francese, sulla storiografia rivolu-zionaria e sul Risorgimento italiano. Nel 1993 fondò, in-sieme ad Aldo Garosci, Franco Venturi, Arialdo Banfi,Giorgio Parri e Aldo Visalberghi, l’associazione «Movi-mento d’Azione giustizia e libertà». Fra le sue opere prin-cipali si ricordano: «Buonarroti e Babeuf» (1948), «Filip-po Buonarroti e i rivoluzionari dell’Ottocento» (1951),«Gilbert Romme. Storia di un rivoluzionario» (1959), «Iradicali in Italia, 1849-1925» (1973), «Felice Cavallotti»(1976), «I miei maggiori» (1984), «Zanotti Bianco eSalvemini» (1984), «Padri e figli» (1986), «Cala-mandrei»(1987), «Amalek. Il dovere della memoria» (1990), «Il mitegiacobino» (con Paolo Borgna, 1994), «L’Italia corrotta»(1895-1996), «Cento anni di malcostume politico» (1996).

GALEOTTI LEOPOLDO (Pe-scia [PT] 1813-Firenze 1884) -Liberale moderato, pubblicò aParigi nel 1846 lo scritto, ditendenza neoguelfa, «Dellasovranità e del governo tem-porale dei papi». Concessa lacostituzione in Toscana, feceparte dei Consigli generali edella Costituente, ma si appar-

tò durante l’esperimento democratico del Guerrazzi. Nel1848 fondò assieme a Marco Tabarrini il giornale «IlConciliatore» e l’anno seguente «Lo Statuto», che conti-nuò la sua pubblica battaglia liberale fino al 21 maggio1851. Il Galeotti ebbe una parte di primo piano nel motodel 27 aprile 1859, che portò alla partenza del granduca.Fu deputato dal 1860 al 1874 e senatore dal 1874. Lasciòun interessante volume su «La prima legislatura del Re-gno» (1865). Dopo la precoce morte del suo carissimoamico, Francesco Forti, provvide a curare la pubblicazio-ne delle sue opere.

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GALILEI GALILEO (Pisa 1564-Arcetri [FI] 1642) - A soliventidue anni pubblica un’operetta sulla bilancetta idro-statica, in cui appare evidente l’influenza di Archimede.Nel 1589 è nominato lettore di Matematica presso l’Uni-versità di Pisa; l’anno successivo scrive il «De Motu», incui riprende la dottrina medievale di Buridano dell’impe-tus, prima embrionale formulazione - ancora in forma qua-litativa - del principio di inerzia. Dal 1592 insegna matema-tica a Padova, dove rimarrà fino al 1610. Qui redige alcu-ne opere di architettura militare e di fisica, tra cui il tratta-to «Le meccaniche». Entra in contatto conl’ambiente aristotelico padovano (soprattut-to con Cesare Cremonini) e con alcuni espo-nenti del mondo culturale veneziano (comePaolo Sarpi, l’autore dell’Istoria del Conci-lio tridentino, e Giovan Francesco Sagredo,un nobile veneziano che diventerà suo di-scepolo). Risale a questi anni la costruzio-ne del cannocchiale. Certamente non lo in-venta, ma utilizza informazioni che gli era-no pervenute dall’Olanda e più in partico-lare dai suoi espertissimi artigiani. È tuttavia suo meritoaverlo perfezionato tecnicamente, trasformandolo in unvero e proprio strumento scientifico. Servendosi del can-nocchiale realizza importanti scoperte astronomiche pub-blicate nel Sidereus Nuncius del 1610. In quello stesso annoè chiamato a Pisa con la nomina di “matematico e filosofoprimario” del granduca di Toscana, nonché “matematicoprimario” dello Studio pisano senza l’obbligo di insegna

mento. Successivamente pubblica alcune opere importanti,come «Il Discorso intorno alle cose che stanno in su l’ac-qua» (1612), «L’Istoria e dimostrazioni intorno alle mac-chie solari» (1613), «Il Discorso sul flusso e sul riflusso delmare» (1616), in cui si tenta di dimostrare la teoria coperni-cana ricorrendo al fenomeno delle maree. Proprio per que-sta sua difesa delle dottrine copernicane - che già alla finedel 1612 erano state dichiarate eretiche dai domenicani -viene denunciato al Sant’Uffizio, che lo ammonisce di aste-nersi dall’occuparsi pubblicamente della questione coper-

nicana. L’ascesa al soglio pontificio del-l’amico cardinale Maffeo Barnerini, con ilnome di Urbano VIII, incoraggia tuttaviaGalilei a scrivere sulla questione proibita,pubblicando nel 1632 «Il Dialogo sopra idue massimi sistemi del mondo», tole-maico e copernicano. Ma viene nuovamen-te denunciato all’Inquisizione e per salvarsida una sicura condanna a morte abiura di-cendo: «Con cuor sincero e fede non finta,abiuro, maledico e detesto li suddetti erro-

ri et heresie». Tuttavia pare, che uscendo dal tribunale ab-bia sussurrato: «Eppur si muove!», riferito alla Terra, chelui sosteneva in movimento. Così poté trascorrere il restodella vita nella sua casa di Arcetri, presso Firenze, assisti-to dalla figlia, aiutato nelle ricerche dagli allievi e venera-to da coloro che venivano a incontrarlo anche da moltolontano. L’ultimo suo libro è del 1638: «I Discorsi e dimo-strazioni matematiche sopra due nuove scienze».

GALLARATI SCOTTI TOM-MASO FULCO (Milano 1878-Bellagio 1966) - Di antica fa-miglia patrizia, discepolo delFogazzaro, legato in amiciziacon esponenti della cultura re-ligiosa europea (von Hügel,Loisy, Tyrrell, Van Ortroy e inItalia Semeria, Genocchi, Bo-nomelli, Casati) partecipò almovimento modernista e fucondirettore del periodico «Il

Rinnovamento» (1907-1908). Ritiratosi dal giornale dopola condanna della Santa Sede, si dedicò a opere di carat-tere sociale. Prese parte alla prima guerra mondiale (ot-tenendo una medaglia d’argento) e fu per lungo tempoufficiale d’ordinanza di Cadorna. Antifascista, collaboròal giornale d’opposizione «Il Caffè» (1924-1925); dopol’8 settembre 1943 fu esule in Svizzera, ove collaborò algiornale «Il secondo Risorgimento» pubblicato da Ei-naudi, Parri e altri antifascisti. Ambasciatore in Spagna(1945-1947) e poi a Londra (1947-1952), è stato anche pre-sidente della Fiera di Milano e del Banco Ambrosiano.La sua opera più nota è «La vita di A. Fogazzaro»(1920); ha dato alle stampe diverse altre opere di rilie-vo, come la «Vita di Dante» (1921), raccolte di novelle(«Storie dell’Amor sacro e dell’Amor profano», 1911;«Storie di noi mortali», 1939), due romanzi, opere tea-trali (fra cui «Così sia», portato sulle scene da EleonoraDuse, e «La moglie di Pilato», 1963) e numerosi ritrattie bozzetti (raccolti in parte nelle «Interpretazioni e me-morie», 1962).

GALIANI FERDINAN-DO (noto come l’abateGaliani) (Chieti 1728-Na-poli 1787) - Già nel 1751pubblicò il trattato «Dellamoneta» (ristampato conaggiunte nel 1780), nel qua-le, intervenendo in una que-stione molto dibattuta tragli economisti del tempo,enunciò una limpida teoria

del valore economico basata sul principio della rarità edell’utilità dei beni. Nel 1759 fu inviato a Parigi comesegretario d’ambasciata del regno di Napoli e di Sicilia efrequentò i salotti letterari, brillando per il suo spirito estringendo rapporti di amicizia con Diderot, F. M. Grimm,Madame d’Epinay. Fu però tutt’altro che un pedestre se-guace delle teorie francesi e, se in un primo tempo si en-tusiasmò per il liberismo dei fisiocratici, nel 1770 pubbli-cò quei geniali «Dialogues sur le commerce des bleds»che dimostrano con acuti argomenti, frutto di uno storicismoassimilato in ambiente napoletano, il carattere relativo delleistituzioni economiche e la necessità di adeguare i provve-dimenti alle condizioni storiche, geografiche e sociali dei sin-goli paesi. Tornato a Napoli nel 1769, tenne corrispondenzacon gli amici francesi, e nelle sue lettere, in parte pubblicate,si deve riconoscere uno dei prodotti più felici del suo inge-gno acuto e brillante. Scrisse ancora, in collaborazione conG. B. Lorenzi, il libretto del «Socrate immaginario» per lamusica del Paisiello, un breve trattato sul «Dialetto na-poletano» (1779) e preparò anche un vocabolario del dia-letto napoletano che uscì postumo nel 1789.

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ri sono però da cercare in «Comando di tappa» (1934) e «Il soldato po-stumo» (1935) che, ripresentato nel 1988 da Cesare De Michelis, harichiamato l’attenzione su uno scrittore dimenticato, la cui vicenda lette-raria e umana è emblematica di una crisi profonda che ha segnato unagenerazione.

GALLO NICCOLÒ (Roma 1912-SantaLiberata [GR] 1971) - Fu uno dei maestrisegreti di tanti scrittori italiani che a lui sirivolgevano non soltanto per la sua funzio-ne di consulente editoriale ma come lettoreattento e disinteressato. La sua attività per-sonale come critico, dopo aver collaboratoa molte riviste, è stata raccolta nel suo sololibro, «Scritti Letterari» (1975). Ma restanoa testimonianza della sua straordinaria ca-

pacità di lettore il commento ai «Canti» di Leopardi (1962, in collabora-zione con C. Garboli) e la cura del «Saggio critico sul Petrarca») (1952)e, in particolare, della «Storia della letteratura italiana» (1958) del DeSanctis. Curò inoltre un’antologia di scritti di Gramsci, «2000 pagine diGramsci» (1964).

GALVANO ALBINO (T orino, 1907-1990) - Attento studioso dei feno-meni dell’avanguardia artistica e letteraria, ma anche poeta e pittore,espose in molte gallerie pubbliche e private e in importanti mostre per-sonali (1956, Biennale di Venezia, 1986, Torino). Collaborò alle piùimportanti riviste, senza tuttavia mai dare organicità al proprio lavoro.Resta così dispersa una testimonianza di primo piano della nostra vitaculturale e di cui disponiamo soltanto di «Per un’armatura» (1960) e«Artemis Efesia. Il significato del politeismo greco» (1967). Curò l’edi-zione italiana di «Eliogabalo o l’anarchico incoronato» di Artaud (1969).

GAMBINO ANTONIO (Roma 1926-2009) - È stato uno dei più noti esperti dipolitica estera della stampa italiana. Ave-va iniziato la sua carriera giornalistica scri-vendo per il settimanale «Cronache», dicui fu redattore capo; successivamente la-vorò per «l’Espresso», dal 1955 al 1999condusse la rubrica «Taccuino internazio-nale». Per anni, avrebbe poi alternato la

sua presenza sul «l’Espresso» con quella su «la Repubblica». Tra i suoinumerosi libri ricordiamo: «Vivere con la bomba» (Laterza 1986), «Ilmoto della politica» (Il Mulino, 1993, Premio Viareggio per la saggistica),«Inventario italiano» (Einaudi, 1998), «L’imperialismo dei diritti uma-ni» (Editori Riuniti, 2001), «Perché oggi non possiamo non dirciantiamericani» (Editori Riuniti, 2003).

GAMBINO CARLO FELICE (Catania 1724-1801) - Esercitòl’avvocatura e l’insegnamento nella sua città. Verso i quarant’anni mani-festò interessi letterari e, soprattutto, la propria vena poetica. Compositore diispirazione bernesca e popolare scrisse poesie in dialetto napoletano, di cui siricordano quella dedicata all'amico «Giovanni Meli» e «Licenza».

GANDINI GIOV ANNI (Milano,1929-2006) - Scrittore, giornalista, fon-datore della rivista «Linus» e della casaeditrice Milano Libri. «Linus», il cuiprimo numero uscì nell’aprile 1965, siimpose in Europa come modello dipubblicazione leader nel campo dei fu-metti e dell’illustrazione, permise l’af-fermazione di artisti quali Guido Cre-

pax e Altan, e si avvalse della collaborazione di Roland Topor, Copi,Jean-Michel Folon. Gandini creò inoltre «Il Giornalone» e «Uffa», dueesempi di editoria per bambini. Fra i suoi libri si ricordano «Il mondo»(1973), il primo trattato su modernariato, gioco e collezionismo, «CaffèMilano» (1987) e «Il blu non luccica mai» (1996), due flash puntuali eironici sulla città e gli inevitabili tic, più o meno gravi e divertenti, deisuoi abitanti.

GANDINO GIOV ANNI BATTISTA (Bra[CN] 1827-Bologna 1905) - Ottenne la cat-tedra di letteratura latina all'Università diBologna, dapprima come professore straor-dinario, successivamente nel ruolo ordina-rio; fra i suoi allievi ebbe Giovanni Pascoli.Cultore di Cicerone contribuì, con il suo in-segnamento e con gli scritti in massima parteindirizzati all'ambito scolastico, alla forma-zione di molti studiosi posteriori. Pubblicòmolte opere che ebbero vasta diffusione:

«Mariae Piae Victorii Emmanuelis II regis Italiae filiae sponsae AloisioI regi Lusitaniae carmen nuptiale» (1862), «Anthologica latina in quinquelibros digesta in usum gymnasiorum» (1862-1863), «Osservazioni criti-che intorno all'argomento acrostico del “Miles Gloriosus” di Plauto»(1873), «Epistola in nuptiis Aemilii Tezae et Nuntiatae Perlascae,Bononiae» (1877), «Studi di latino antico» (1877-1878), «Letture latineper uso dei principianti scelte e annotate da G.B. Gandino» (1888), «Lostile latino mostrato con temi di versione tratti da scrittori italiani delsecolo XIX e corredati di regole ed osservazioni ad uso delle scuole»(1893), «Esercizi latini, con regole ed osservazioni, per uso dei ginnasi»(1912-1933), «La sintassi latina mostrata con luoghi di Cicerone tradottied annotati da G.B. Gandino, per uso di retroversione nei ginnasi e neilicei» (1920-1932).

GAMBARA VERONICA(Pralboino [BS] 1485-Cor-reggio [RE] 1550) - Discen-dente di una nobile famiglia.Suo padre, conte Gian Fran-cesco, amante della lettera-tura, permise alla figlia di ri-cevere un’ottima educazioneumanistica che comprende-va lo studio della filosofia,della teologia, del greco, dellatino. Veronica, donna ec-cellente, mise a frutto la libertà data al proprio intellettoe al proprio talento poetico scrivendo versi raffinati edeleganti che ricevettero giusto riconoscimento dai lette-rati suoi contemporanei e che brillano tra i migliori versidella letteratura italiana. Conobbe e scambiò corrispon-denza con alcuni dei più insigni letterati della prima metàdel Cinquecento, tra i quali l’Aretino e il Bembo. La pe-culiarità delle rime della Gambara è data da una certamelodicità, che conferisce leggiadria al dettato poetico. Isuoi versi furono molto amati da Giacomo Leopardi. Oltrealle «Rime», le «Lettere» dove ci appare una Veronicaviva e attenta che partecipa attivamente alla vita cultu-rale e politica del suo tempo. Dal 1518, infatti, dopo lamorte del marito, il nobile Gilberto X, signore di Correg-gio, che sposò per amore nel 1508, si occupò degli affaridello stato di Correggio che resse con notevole abilità lesorti della piccola contea.

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GARA EUGENIO (Genova 1888-Milano 1985) - Si occupò della let-teratura del secondo Ottocento e del primo Novecento («Serata all’oste-ria della Scapigliatura», 1945). Collaboratore musicale del Corriere del-la Sera, di numerosi periodici, tra cui «Oggi», «L’Europeo», «Candido»,«Bertoldo» e «Rassegna musicale», si dedicò in particolare a studi nelsettore vocalistico, pubblicando «Caruso, storia di un emigrante» (1947),«Maria Callas» (1958), «Carteggi pucciniani» (1958).

GARBOLI CESARE (V iareggio1928-Roma 2004) - La sua presenza èaffidata a un lavoro non sistematico, masostenuto da curiosità e intelligenza chelo hanno portato a passare dai contem-poranei ai classici, dalla letteratura alteatro (come traduttore soprattutto ditesti di Molière, «Molière. Saggi e tra-duzioni», 1976), dalla critica alla poe-sia. Tuttavia gran parte del suo lavoro è

ancora dispersa: le raccolte di saggi «La stanza separata» (1969), «Pennapapers» (1984), «Scritti servili» (1989), «Fal balas. Immagini del Nove-cento» (1990), «Il gioco segreto» (1995), «Penna, Montale e il deside-rio» (1996), «Centolibri» (1997) riuniscono soltanto una parte dei suoinumerosi interventi. Del suo lavoro sui classici fanno testo la cura delleopere poetiche di Dante (1954), le note ai «Canti» di Leopardi (1962, incollaborazione con N. Gallo) e «Trenta poesie famigliari di GiovanniPascoli» (1991). Nel 1996 è stata pubblicata una sua raccolta di criticheteatrali, «Un po’ prima del piombo». Curatore dell’edizione delle «Ope-re» di E. Morante (primo volume 1988), è stato redattore e condirettoredella rivista «Paragone». Suoi versi si trovano in riviste quali «Officina»e «Paragone» nell’Almanacco dello Specchio. È presidente del premioViareggio.

GARETH BENEDETT O, detto il Chariteo (Barcellona [Spagna]1450-Napoli 1514) - Trasferitosi a Napoli, ricoprì importanti incarichiamministrativi presso l’amministrazione aragonese. Le sue rime segna-no la definitiva affermazione in area meridionale della tradizione delpetrarchismo. Scrisse il «Canzoniere Endymione» in volgare catalanodedicato a una donna di nome Luna, pubblicato a Napoli da Caneto nel1506, oltre a due poemi in terza rima intitolati «Pascha» e «Metamorfo-si» pubblicati nel 1509.

GARGANI GIUSEPPE TORQUATO (Firenze, 1834-1862) - Feceparte del gruppo degli Amici «pedanti» e pubblicò la diceria «Di BraccioBracci e degli altri poeti nostri odiernissimi» (1856) nella quale, perdifendere il classicismo contro i romantici, esaminava «I Lombardi» delGrossi, «L’esule» del Giannone, risaliva all’«Ossian» del Cesarotti, ecriticava, oltre il Bracci, il Prati epico e lirico. Fu insegnante di latino(1860) al ginnasio e poi di lettere italiane, latine e greche (1861) al liceodi Faenza. Nel 1857 pubblicò «Di Braccio Bracci e degli altri poeti no-stri odiernissimi» polemizzando contro il tardo romanticismo e proporreun ritorno ai classici; nel 1861 diede alle stampe il volume di «Versi»,comprendente dieci sonetti, due canzoni e un idillio.

GARGIULO ALFREDO (Napoli 1876-Roma 1949) - Collaborò alleprime annate della «Critica», tradusse la «Critica del giudizio» di Kant escrisse un libro tuttora fondamentale su D’Annunzio (1912). Si staccòpoi dal Croce, contrapponendo al principio dell’arte come intuizionepura il valore della tecnica, diversa per le singole arti, concordando inquesta esigenza con teorici stranieri, in particolare Alain, e critici dellearti figurative quali Lionello Venturi ed Emilio Cecchi. Per siffatte vedu-te, efficaci in sede di critica militante più che valide teoricamente, fu ilcritico più autorevole del gruppo della Ronda, e, con la sua acuta inter-pretazione di Ungaretti, colui che meglio chiarì le ragioni della poesia

GARZONI TOMMASO (Ba-gnacavallo [RA], 1549-1589) -Mutò il vero nome di Ottavianoin quello di Tommaso quandoentrò nell'Ordine dei CanoniciLateranensi, i religiosi che reg-gevano la Basilica di Santa Ma-ria in Porto a Ravenna. StudiòDiritto a Ferrara, poi Logica aSiena. Passò quasi tutta la vita,

insegnando e predicando, a Santa Maria in Porto diRavenna. Le sue opere, caratterizzate da un’erudizionebizzarra e, qua e là, da acute osservazioni di costume,godettero di grande fortuna e conobbero un vasto suc-cesso europeo (numerose furono le traduzioni e ristam-pe), al punto da consacrarlo tra gli autori italiani di mag-gior voga del tardo Cinquecento. Su tutte spiccano: «Ilteatro dei vari e diversi cervelli mondani» (1583), «Lapiazza universale di tutte le professioni del mondo»(1584), «L’hospitale de’ pazzi incurabili» (1586), «La si-nagoga degli ignoranti» (1589), «La mirabile cornucopiaconsolatoria» (postuma, 1601), «Il serraglio degli stuporidel mondo» (postumo, 1613).

GARGALLO TOMMASO (Si-racusa, 1760-1843) - Di nobili ori-gini, nel 1807 ottenne l'autorizza-zione dal re Ferdinando III di fon-dare la cittadina di Priolo, cheoggi porta il suo nome, e vi co-struì una chiesetta e quarantacase con una piazzetta di formaottagonale: la piazza dei QuattroCanti. Lo stesso re lo nominò Mi-

nistro della Guerra, ma egli vi rinunciò per dedicarsi allasua vita privata e alle lettere. Fu studioso dei classici lati-ni e acerrimo avversatore del Romanticismo, contro ilquale recitò un discorso nel 1837 presso l'Accademia dellaCrusca. Non fu comunque impermeabile alle nuove in-fluenze romantiche, che spesso fanno capolino nelle rac-colte dei versi degli anni Venti e Trenta («Le Veronesi» e«Le Malinconiche»). A lui si deve anche la fondazionedel liceo classico di Siracusa, che porta il suo nome, isti-tuito 1865. Scrisse odi, anacreontiche, sonetti, idilli, fila-strocche satiriche, poesie, tutte che oscillano tra il classi-cismo e un romanticismo di maniera. I letterati della suaepoca l’hanno considerato come il più importante tra-duttore di Orazio. È da ascriversi anche al filone illumi-nista meridionale e pubblicò nel 1791 le «Memorie Pa-trie per lo ristoro della città di Siracusa», opera con laquale intendeva formulare delle proposte per la rinasci-ta economica e civile della sua città.

pura. A questo proposito è significativo che dopo aver prefato la secondaedizione degli «Ossi di seppia» (1928), abbia espresso all’uscita delle«Occasioni» (1939) tutta la sua perplessità per la contaminazioneprosastica intervenuta nei versi del secondo libro montaliano. Cominciòa pubblicare nella «Fiera letteraria» una storia della letteratura italianacontemporanea, che non fu portata a compimento: i capitoli pubblicati,con aggiunti altri saggi sparsi, vennero poi raccolti nell’importante volu-me «Letteratura italiana del Novecento» (1940 e, con aggiunte, 1958).Postumi sono apparsi gli «Studi di estetica» (1952) e un volume di ap-punti e riflessioni, «Tempo di ricordi» (1955).

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GARIN EUGENIO (Rieti 1909-Fir en-ze 2004) - La sua attività intellettuale si èesplicata sul piano dell’insegnamento (èstato professore di storia della filosofiaall’università di Cagliari, di Firenze e allaScuola Normale di Pisa) e su quello diun rigoroso impegno militante sui pro-blemi della cultura contemporanea. Dopoaver condotto ricerche sulla filosofia in-glese del Sei e Settecento (gli si deve l’edi-

zione italiana della «Lettera sull’entusiasmo» di Shaftesbury, 1948 e1984), i suoi interessi si sono poi incentrati sul pensiero umanistico erinascimentale considerato nella sua ramificata complessità culturale.Sono nate così alcune opere fondamentali della cultura contemporaneaquali «Il Rinascimento italiano» (1941), «Dal Medioevo al Rinascimen-to» (1950), «L’umanesimo italiano» (1947 in tedesco e poi in edizioneitaliana nel 1952), «Medioevo e Rinascimento» (1954). «La cultura delRinascimento» (1967 e 1988) e «L’uomo del Rinascimento» (1988). Ilsuo lavoro di storico della filosofia è affidato sia alla riflessionemetodologica con «La filosofia come sapere storico» (1959) sia all’inda-gine propriamente storica con «La Storia della filosofia italiana» (1966,3 voll.) e «Filosofia e scienze del Novecento» (1978). La sua presenza distudioso militante è attiva nella sistemazione storiografica e critica dellacultura novecentesca: il suo punto di vista è filosofico, ma con una par-ticolare attenzione al dispiegarsi dei fenomeni culturali determinati dalleriviste e dai movimenti del primo Novecento analizzati in «Cronache difilosofia italiana. 1900-1943» (1955); «La cultura italiana tra ’800 e ’900»(1962) e «Intellettuali del XX secolo» (1974).

GARLANDA FEDERICO (Strona [NO] 1857-Roma 1913) - Dopoaver viaggiato negli Stati Uniti e in Inghilterra, fondò nel 1891 la rivista«Minerva» e fu nominato nel 1906 professore di filologia inglese al-l’Università di Roma. Deputato crispino nel 1895-1897, propose la leg-ge sul chinino di Stato. Pubblicò opere di saggistica: «La Filosofia delleParole», «Guglielmo Shakespeare, il poeta e l'uomo», «La Terza Italia» e«Studi Shakespeariani», che gli valse le lodi di Giosuè Carducci.

GAROGLIO DIEGO (Montafia d’Asti 1866-Fir enze 1933) - Trasfe-ritosi a Firenze, dove insegnava, avviò nel 1899 la rivista «Vita nova» epoi fu tra i fondatori del «Marzocco» su cui svolse un intenso lavorocritico, raccolto nel volume «Versi d’amore e prose di romanzi» (1903).Meno rilevante il suo contributo creativo in prose d’arte e raccolte dipoesie («Poesie 1888-1892», 1892; «Sovra il bel fiume d’Arno», 1913;«La villa, il parco, il podere 1924-1929», 1930).

GARRONE DINO (Novara 1904-Parigi 1931) - Spirito irrequieto, in-terpretò la crisi di una generazione chenell’attivismo cercò una norma eticae artistica. Dal 1928 al 1931 collabo-rò al quotidiano di Ancona “CorriereAdriatico” e fra il 1929 e il 1930, silegò al milieu culturale del fascismoromano che faceva capo a GiuseppeBottai, pubblicando anche su “Il La-

voro fascista”, sulla rivista d'area gentiliana “La Civiltà fascista” e sulResto del Carlino. Il desiderio di evadere da un’Italia troppo provincialelo condusse a Parigi ai primi di giugno del 1930, ma qualche mese dopomorì stroncato da una setticemia. Della sua produzione letteraria ci ri-mangono «Prose» (1934), «Il sorriso degli Etruschi» (postumo, 1944), e«Lettere» (1938, raccolte da R. Bilenchi) e la tesi di laurea su Verga cheebbe come padrino editoriale Luigi Russo (1941). Nel 1973 è statariproposta con «Le più belle pagine» una antologia dei suoi scritti.

GARRONI EMILIO (Roma, 1925-2005) - Professore di Estetica all’Uni-versità La Sapienza di Roma, ha lavora-to per dare agli studi estetici un caratterepiù scientifico e che metodologicamentetenga conto delle proposte della lingui-stica e della semiologia. Fondamentaleè la cura dell’edizione italiana, in colla-borazione con S. Pautasso, delle «Tesidel 1929» del Circolo Linguistico diPraga (1966). Altri studi: «La crisi se-

mantica delle arti» (1963), «Semiotica ed estetica» (1968), «Progetto disemiotica» (1972) e «Senso e paradosso» (1986). Come narratore hascritto alcuni interessanti racconti riuniti in «La macchia gialla» (1962) e«I Tasmaniani» (1963). Ha inoltre pubblicato: «Dissonanzenquartell. Unastoria» (1990), «Estetica» (1992), «Osservazioni sul mentire e altre con-ferenze» (1994), «Sulla morte dell’arte. Racconti morali» (1994). Dopola sua morte i suoi allievi e i suoi colleghi hanno fondato l’associazioneCIEG (Cattedra Internazionale Emilio Garroni) per far conoscere il suopensiero su l’estetica, in cui disce: «È una “filosofia non speciale” il cuicompito non deve limitarsi allo studio delle espressioni artistiche (“ilbello”), ma è finalizzato ad una visione e ad una “costruzione” del mon-do fondata sull'esperienza del senso che comunque continua ad averenelle arti la sua manifestazione esemplare».

GARSIA AUGUSTO (Forlì 1889-Firenze 1956) - Professore di lette-ratura italiana in università straniere, collaboratore di periodici vari, scrissepagine di prosa («Le strade cieche», 1922; «Giovinezza», 1936, «Il Ma-gnifico e la Rinascita», 1928) e poesie («Opposte voci», 1921; «Voci delmio silenzio», 1927) di tono misticheggiante.

GARUFI BIANCA (Roma, 1918-2006) - Deve la sua notorietà a unromanzo scritto nel 1945-1946 in collaborazione con Cesare Pavese erimasto incompiuto, «Fuoco grande», apparso solamente nel 1959. Mala sua presenza letteraria è stata successivamente confermata da altreopere, «Il fossile» (1962), «La fune» (1965), e «Rosa cardinale» (1968),in cui ha sviluppato autonomamente il proprio discorso narrativo. Van-no anche ricordate le sue traduzioni di testi di Lévi-Strauss e Simone deBeauvoir.

GARZO DELL ’INCISA (Incisa Valdarno, sec. XIII) - Nonno pater-no di Francesco Petrarca è autore di nove laude contenute nel «Laudariocortonese», una «Raccolta di proverbi» in ordine alfabetico e in distici arima baciata e una «Storia di santa Caterina» in decima rima.

GASPARINETTI ANTONIO (Pon-te di Piave [TV] 1777-Milano 1824)- Prese parte attiva alla vita politicadella Cisalpina, partecipò nel 1800 alladifesa di Genova e, ufficiale di caval-leria negli eserciti napoleonici, fecevarie campagne, tra cui quella di Rus-sia. Oratore applaudito nei circoli co-stituzionali, combatté da valoroso nel-l'assedio di Genova e celebrò le im-prese franco-italiche con versi chehanno vena e talvolta calore. Arresta-to e processato perché implicato nella

congiura militare milanese del 1814, tornò in libertà nel 1816. Tra i suoiscritti ricordiamo la sonora e superficiale «Apoteosi di Napoleone I»(1809) e le tragedie, su moduli alfieriani, «Bibli» (1819), dedicata allamoglie, la cantante Elisabetta Gafforini, e «Imelda de’ Lambertazzi»(1821), di contenuto medievale e romanzesco.

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GAUDIOSI TOMMASO (dati anagrafici di incer ta provenienza) -Di professione notaio, pubblicò nel 1640 la sua prima opera: «La Sofia,ovvero L'innocenza ferita»; tre anni dopo diede alle stampe l'orazione «Iltempio rinascente». La produzione poetica, invece, ebbe inizialmenteuna diffusione circoscritta, affidata a manoscritti: solo nel 1671 fu pub-blicata a Napoli la raccolta «L'arpa poetica». I componimenti in versiriguardavano in larga parte temi storici e religiosi: tra i personaggi figuraanche Corradino di Svevia, le cui vicende sono narrate in un poemetto.La raccolta si conclude con i versi dedicati all'amore.

GELLI JACOPO (Orbetello 1858-Livorno 1935) - Scrittore, specia-lista di questioni militari e cavalleresche. Le sue opere classiche trattano,con esemplare e meticolosa minuzia di documentazione, questioni ca-valleresche e araldiche: «Divise, motti, imprese di famiglia e personaggiitaliani» (1916), «Duelli celebri» (1928), «Codice cavalleresco italiano»(1932), «Scherma italiana» (1932), ecc.

GEMELLI AGOSTINO (Milano,1878-1959) - Psicologo e poi frate, fon-datore (1919) dell’Università Cattolicadel Sacro Cuore di Milano, dell'IstitutoSecolare dei Missionari della Regalità diCristo (1921) e dell'Opera della Regalità(1929). Nel 1909 fonda la «Rivista difilosofia neoscolastica» che dirige eser-citando un’efficace attività per l’afferma-

zione del neotomismo italiano. Nel 1937 viene nominato presidente del-la Pontificia Accademia delle Scienze, carica che mantiene fino alla morte.Fra le sue opere vanno ricordate: «La psicologia dell'orientamento pro-fessionale» (1945), «Psicologia dell'età evolutiva», con A. Sidlauskaite(1946), «La personalità del delinquente» (1946), «Introduzione alla psi-cologia», con Zunini (1947), «Biologie» (1939), «La lotta contro Lourdes»(1911), «Contro padre Pio» (2010).

GENOINO GIULIO (Frattamag-giore [NA] 1773-Napoli 1856) - Dopoaver preso gli ordini ecclesiastici, fu inun primo tempo cappellano militare,poi impiegato nell’amministrazione delRegno. Poeta e librettista, fu autore dinumerose canzoni, sia in italiano chein napoletano. Queste ultime hannofatto il giro del mondo e ancora oggisono cantate dai più famosi cantantinapoletani e stranieri e fanno parte del

loro repertorio. La più famosa è «Fenesta ca lucive». Scrisse numerosi librettid’opera, tra cui «La lettera anonima» per Gaetano Donizetti. A lui sono attri-buiti i versi della romanza di Vincenzo Bellini «Dolente immagine».

GENTILE PANFILO (L ’Aquila 1889-Roma 1971) - Antifascista, mem-bro della consulta nazionale in rappresentanza del partito liberale, diresse «LaNazione» di Firenze (1952-1953) e collaborò a numerosi giornali («Corrieredella Sera») e periodici. Tra le sue opere più importanti: «Sulla dottrina delcontratto sociale» (1913), «L'ideale di Israele. I profeti, il legalismo, l'indivi-dualismo, l'apocalisse, Gesù, il mito cristiano» (1931), «Il genio della Grecia»(1947), «Cinquant’anni di socialismo in Italia» (1955), «L’idea liberale» (1955),«Polemica contro il mio tempo» (1965), «Opinioni sgradevoli» (1968), «Sto-ria del Cristianesimo» (1969, nuova ed.).

GENTILI BRUNO (V almontone [Roma], 1915-2014) - Dottore«honoris causa» delle università di Southampton, Losanna, Lovanio, estato socio dell’Accademia dei Lincei, professore di letteratura grecaall’Università di Urbino, direttore dell’Istituto di Filologia Classica e

GATTO ALFONSO (Saler-no 1909-Capalbio [GR]1976) - La sua infanzia e lasua adolescenza furono piut-tosto travagliate. Compì iprimi studi al liceo classicoe nel 1926 si iscrisse all’Uni-versità di Napoli che dovet-te abbandonare qualche an-no dopo a causa di difficol-tà economiche. Svolse sva-riate professioni (commes-so di libreria, istitutore di

collegio, correttore di bozze, giornalista, insegnante). Nel 1934si trasferì a Milano, dove frequentò gli ambienti culturalimeno tradizionalisti. Venne arrestato per ragioni politiche etrascorse sei mesi in carcere, ma era ormai inserito negli am-bienti culturali non solo ambrosiani, come testimoniano lesue collaborazioni a «L’Italia letteraria», «Circoli», «Lettera-tura» e «Prospettive». Nel 1938 fu a Firenze, dove fondò conl’amico Vasco Pratolini una rivista importante per il movi-mento degli ermetici, «Campo di Marte». L’esordio in versiè del 1932, quando pubblicò «Isola». Insieme a «Deceduto aipaesi» (1937), la raccolta fu rivista e inclusa in «Poesie», inedizione definitiva nel 1939. Da allora si alternarono libri diprose (La sposa bambina, 1943), libri misti di prose e poesie(La spiaggia dei poveri, 1944) e testi poetici. Fra le altre rac-colte vanno ricordate «Osteria flegrea» (1962) e «Storia dellevittime» (1966), che mette insieme le poesie di ispirazionecivile, e «Rime di viaggio per la terra dipinta» (1969). La pro-duzione di Gatto raccolse svariati importanti riconoscimen-ti (dal premio Bagutta, al Viareggio, all’Elba).

GATTI ANGELO (Capua1875-Milano 1948) - Ufficialedi S.M., nel 1915 fu addettoal comando della 1ª armata e,dal gennaio 1917, al coman-do supremo (segretario par-ticolare di Cadorna durante ilperiodo di Caporetto). Dota-to di una solida cultura uma-nistica e di notevoli capacitàdi scrittore, nel 1912 fu nomi-nato professore di storia e arte

militare alla scuola di guerra di Torino e iniziò una attivitàpubblicistica con articoli di storia, letteratura, ma soprattut-to di argomenti militari sulla Gazzetta del Popolo. Trasferitoa Milano nel 1914 come capitano di Stato Maggiore, iniziò acollaboratore al Corriere della Sera. Terminata la guerra la-sciò il servizio militare e si dedicò alla letteratura a tempopieno. Pubblicò opere che gli procurarono buona fama dicritico militare («Uomini e folle di guerra», 1921; «Uomini efolle rappresentative», 1925) e diede alle stampe racconti eromanzi in cui sono evidenti suggestioni manzoniane efogazzariane («Ilia e Alberto» del 1931 ebbe un successoclamoroso di critica e pubblico; «Ancoraggi alla riva del tem-po», 1938; «Il mercante di sole», 1942). Nel 1937 fu nominatoAccademico d’Italia. Postumo uscì, nel 1958, «Un italiano aVersailles», sui ricordi dell’epoca in cui lo scrittore seguìCadorna con la missione militare italiana in Francia (dicem-bre 1917-febbraio 1918).

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preside della Facoltà di Lettere e Filosofia. Ha diretto la rivista «Quader-ni urbinati di cultura classica» e diverse collane di testi e saggi critici.Numerose le sue pubblicazioni di saggi fondamentali sulla comunica-zione orale nel mondo antico e sugli aspetti della lirica e della metricagreca arcaica. Tra le opere: «Metrica greca arcaica» (1949), «Bacchilide.Studi» (1958), «Le teorie del discorso storico nel pensiero greco e nellastoriografia romana arcaica» (1975, con G. Cerri), «Storia della letteratu-ra latina» (1976, con R. Pasoli e M. Simonetti), «Lo spettacolo nel mon-do antico. Teatro ellenistico e teatro romano arcaico» (1977), «Poesia epubblico nella Grecia antica. Da Omero al V secolo» (Premio Viareggioper la saggistica, 1984) e l’edizione critica «Poetarum elegiacorum testi-monia et fragmenta» (2 voll., 1979 e 1985).

GERACE VINCENZO (Cittanova [RC] 1876-Roma 1930) - Inse-gnò letteratura Italiana presso l’Istituto Tecnico di Bari. Estimatore dellatradizione ottocentesca, nelle poesie («La fontana nella foresta», 1928) ein vari scritti critici («La tradizione e la moderna barbarie», 1927) avver-sò le tendenze letterarie del Novecento, ma soprattutto scese in polemicacon Croce, Gentile, Tilgher, in una visione umanistica dell’arte incontrapposizione alla «moderna barbarie» artistica.

GERBI ANTONELLO (Fir enze 1909-Milano 1976) - Di formazionestorica, dedicò studi al Sette e all’Ottocento: «La politica del Settecento.

GENTILE GIOVANNI (Castelvetrano [TP] 1875-Firen-ze 1944) - Frequentò il liceo Ximenes a Trapani e durantel’ ultimo anno, su suggerimento del suo professore di gre-co, Gaetano Rota Rossi, decise di partecipare al concorsoper quattro posti d’interno alla Scuola Normale Superioredi Pisa, con tema su “La poesia civile del Parini e dell’Al-fieri”; dopo essere stato ammesso si iscrisse alla facoltà diLettere e di Filosofia e sotto l’insegnamento storico di Ales-sandro D’Ancona e filosofico di Donato Jaia, iniziò a pub-blicare i suoi primi articoli. La forte personalità di questidue maestri costituirono, nello svolgimento del pensierofilosofico di Gentile, due esigenze diverse ma allo stessotempo conciliabili. Negli stessi anni trascorsi a Pisa fu inol-tre determinante l’incontro con Benedetto Croce. Il lorocarteggio, che rappresenta uno dei documenti centrali perla ricostruzione storica della cultura italiana del periodo,iniziò nel 1896 e si protrasse fino all’adesione di Gentile alpartito fascista nel 1923. Col passare del tempo l’amiciziatra i due si rafforzò fino a diventare cruciale per la forma-zione e lo sviluppo del pensiero di entrambi, e per la car-riera accademica di Gentile. La loro base della discussionefu l’idealismo, che accomunò per un verso i due filosofi

ma che al tempo stesso li divise a causa di alcune diver-genze, sempre attenuate in nome dell’amicizia, eppuresempre latenti, che saranno il motivo della loro separazio-ne. I due combatterono insieme la stessa guerra, contro ilpositivismo e le degenerazioni dell’università italiana efondarono la rivista «La Critica». Dopo la laurea, Gentileiniziò la sua carriera di insegnante, ottenendo una catte-dra a Campobasso, al liceo Mario Pagano, e poi la catte-dra universitaria a Palermo di Storia della Filosofia all’Uni-versità. Fu proprio nella città siciliana che cominciò a cre-arsi intorno alla sua cattedra e agli incontri del circolo cul-turale di Giuseppe Pojero, quella scuola di allievi che con-tribuirono non poco alla diffusione dell’idealismo attuale,della sua filosofia che si arricchì in quegli anni di testi im-portanti: tra questi «L’atto del pensare come atto puro»del 1912, «La riforma della dialettica hegeliana» del 1913,«La teoria generale dello spirito come atto puro» del 1916,«Sistema di logica come teoria del conoscere» del 1917.L’influenza di Gentile sulla cultura italiana si estese anchegrazie ai tanti incarichi che ebbe modo di ricoprire. La suaadesione al fascismo del 1923, se da un lato costituì la mol-la della rottura con Benedetto Croce e gli comportò molteinimicizie, dall’altro gli diede la possibilità di accrescereulteriormente la sua influenza sulla cultura italiana, gra-zie anche ad alcune iniziative editoriali: tra queste la piùimportante, per il peso che ricoprì e che ricopre tuttora, èsenza dubbio «L’Enciclopedia Italiana». Nel suo disegnoquesta opera in volumi doveva costituire un monumentoall’unità e alla concordia della cultura italiana, a cui dove-vano contribuire tutti gli studiosi, di qualsiasi credo poli-tico. La situazione storica e politica non lo permise e Gen-tile dovette subire diverse sconfitte: la più bruciante fu lafirma del Concordato tra la Chiesa Cattolica e lo Stato ita-liano nel 1929. La sua fedeltà al partito fascista, in cui videsempre l’espressione del moto risorgimentale di unità na-zionale, gli costò la vita; fu infatti trucidato nell’aprile del1944 sulla soglia della sua abitazione a Firenze da un grup-po di partigiani, che non ebbero alcuna pietà per l’anzia-no e dotto pensatore.

Storia di un’idea» (1928) e «La politica del Romanticismo. Le origini»(1932). Costretto a lasciare l’Italia per antifascismo nel 1938, emigrò inPerù dove continuò a lavorare per la Banca commerciale italiana di cuiaveva diretto l’ufficio studi. Durante quel periodo cominciò le ricercheper la sua opera maggiore, «La disputa del Nuovo Mondo. Storia di unapolemica» (1750-1900), che pubblicò solo nel 1955.

GEREMICCA ACHILLE (Napoli, 1897-1951) - Collaboratore dell’Isti-tuto Italiano per gli Studi Storici, fece parte della ristretta cerchia di amici chefrequentavano il salotto di Benedetto Croce, con il quale strinse una sinceraamicizia. Rinunciò all’insegnamento e visse appartato durante gli anni delfascismo, ma non interruppe la sua attività di scrittore; pubblicò due romanzi:«I fantasmi della mia vita (1925) e «Commedia di maggio» (1930) e la raccol-ta di novelle «Amore mattutino» (1932). Diede il meglio di sé nelle poesie enell’amara fiaba drammatica «La virtù di Cenerentola».

GESUALDO GIOVAN ANDREA (Traetto [odierna Minturno] XVIsecolo) - Giurista e studioso di cose sacre, è soprattutto noto come autoredi uno dei più conosciuti commenti al Petrarca (nove edizioni fra il 1533e il 1581), che pubblicò preceduto da una biografia del poeta. L’opera èdi grande interesse storico della cultura italiana del Cinquecento e vennedata alle stampe a Venezia dal napoletano Giovanni Andrea Gesualdonel 1533, memorabile per le sue dimensioni ipertrofiche.

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GELLI GIOVAN BATTISTA,o GIAMBATTISTA (Firenze,1498-1563) - Di professionecalzettaio, fu autodidatta, maancora in anni giovanili venneammesso alle riunioni degliOrti Oricellari, e più tardi en-trò a far parte dell’Accademiadegli Umidi, ne approvò la tra-sformazione in Accademia Fio-rentina del 1541 e ne fu conso-

le nel primo semestre del 1548. Nell’agosto del 1541 vitenne la sua prima lezione, commentando un passo sullalingua di Adamo, tratto dal canto XXVI del Paradiso diDante. Tenne saltuariamente lezioni su Dante e Petrarcapresso l'Accademia fino al 1551. Mise a profitto, tra l’al-tro, la buona conoscenza delle opere minori e, in partico-lare, del «Convivio» proponendo nel «Ragionamento in-torno alla lingua» come ideale linguistico il fiorentino del-le classi colte anticipando, in un certo modo, la soluzionemanzoniana della questione della lingua. Scrisse due vi-vaci commedie («La sporta» e «L’errore»), volgarizzòopuscoli filosofici di Simone Porzio, ma diede l’espres-sione migliore del suo pensiero nei dialoghi «I capriccidel bottaio» e «La Circe». Nel 1539 fu nominato membrodel Collegio dei Dodici Buonomini.

GEYMONAT LUDOVICO(Torino 1908-Passirana diRho [BS] 1991) - Laureatosiin filosofia (1930), quindi inmatematica (1932), ha inse-gnato dapprima al magiste-ro di Cagliari e all’Universi-tà di Pavia (1952); dal 1956 èstato titolare, a Milano, del-la prima cattedra di filosofiadella scienza istituita in Ita-lia. In polemica con il neo-idealismo, e con il suo scar-

so o nullo interesse per la scienza, ha rivalutato la gnoseo-logia positivistica, pur indicando i limiti dogmatici delpositivismo ed estendendo poi tale riserva a tutti i «siste-mi» filosofici, minati alla base dal pericolo del dogmati-smo. Nell’analisi logica del linguaggio, e nella prospetti-va del neopositivismo, ha trovato quindi la via per sgom-berare il terreno dell’indagine da tutti i falsi problemi,pervenendo al suo «neorazionalismo» (come egli stessolo definisce), basato altresì sulla concezione dell’uomo intermini di concretezza e di esistenza, come unica fonte eunico arbitro del sapere. Opere: «Il problema della cono-scenza nel positivismo» (1931), «Studi per un nuovo ra-zionalismo» (1945), «Le origini della metodologia mo-derna» (1947), «Saggi di filosofia neorazionalistica»(1953), «Il pensiero scientifico» (1954), «Filosofia e filoso-fia della scienza» (1960), «Storia del pensiero filosofico escientifico» (1970-1972), «Scienza e realismo» (1977),«Contro il moderatismo» (1978), «Per Galileo» (1981), «Fi-losofia della probabilità» (1982), «Riflessioni critiche suKuhn e Popper» (1983), «Lineamenti di filosofia dellascienza» (1985), «Le ragioni della scienza» (1986) con G.Giorello, «La libertà» (1988), «I sentimenti» (1989).

GENOVESI ANTONIO (Ca-stiglione [SA] 1713-Napoli1769) - A diciotto anni il padrelo rinchiuse nel convento dei Pa-dri Agostiniani per evitare checontinuasse a frequentare unaragazza di Castiglione, AngelaDragone, di cui si era innamo-rato e sotto gli insegnamenti teo-logici e filosofici del sacerdoteGiovanni Abbamonte si appas-sionò al latino e al greco. Dopoaver superato l'esame di teolo-

gia dogmatica fu ordinato diacono e nel 1738 venne or-dinato sacerdote. Pochi mesi dopo si trasferì a Napoli ainsegnare metafisica ed etica, ma per le sue idee ispirateall’empirismo lockiano e per la sua opera «Metafisica»(1743-1747) sarebbe stato condannato per eresia se nonavesse avuto la protezione di Celestino Galiani, prefettodegli studi. In questo periodo scrisse: «Disciplinarummetaphysicarum elementa» (1743, 2ª ed. in it. 1766),«Elementa artis logicocriticae» (1745, 2ª ed. in it. 1766).Dopo il 1754 si dedicò soprattutto ai problemi economi-ci; divenne titolare della prima cattedra di economia po-litica d’Europa, denominata cattedra di meccanica e dicommercio. Nella sua opera fondamentale, pubblicatanel 1765 con il titolo «Delle lezioni di commercio, o siad’economia civile», enuncia le regole da seguire per ren-dere la nazione «agiata, ricca e potente». Egli consideral’agricoltura come l’attività economica più importante sucui sono fondate tutte le altre. Le sue idee sul commercioestero sono di netta ispirazione mercantilista poiché eglipropugna il saldo attivo nella bilancia commerciale. D’al-tra parte sostiene il libero commercio del grano e l’aboli-zione delle leggi annonarie.

GETTO GIOVANNI (Ivr ea [TO] 1913-Bruino [TO] 2002) - Professoreall’Università di Torino, si è dedicato allo studio di molti e diversi argomentidi letteratura italiana, da san Francesco al Boccaccio, dal Pulci al Tasso («In-terpretazione del Tasso», 1951), dal Sarpi ai poeti e critici del Novecento. Inparticolare ha approfondito l’esame della letteratura religiosa («Letteraturareligiosa», 1967) e dei poeti e prosatori dell’età barocca, rivelando special-mente in quest’ultimo campo solida preparazione storica e fine sensibilità dilettore. Il risultato di queste ricerche è culminato nell’antologia «Marino e imarinisti» (1954, 2 voll.), nel volume «Barocco in prosa e in poesia» (1969)e nell’ampio saggio «La polemica sul barocco» (in «Letteratura e critica neltempo», 1954). Di grande rilievo risultano anche «Aspetti della poesia diDante» (1947), «Vita di forme e forme di vita nel “Decameron”» (1958),«Letture manzoniane» (1964), «Saggi leopardiani» (1968), «La composizio-ne de “I Sepolcri’’ di Ugo Foscolo» (1977), che indicano una nuova e origina-le interpretazione dei testi. Sul piano metodologico e storiografico sono daricordare «Storia delle storie letterarie» (1942), «Letteratura e critica nel tem-po» (1954), «Tempo e spazio nella letteratura italiana» (1983).

GHEDINI FERNANDO ANTONIO (Bo-logna, 1684-1768) - Medico e umanista, feceparte del fervido cenacolo arcadico diEustachio Manfredi, cui si dovette il rinno-vamento letterario bolognese. Petrarchista epindarico di vena modesta, compose sonettie canzoni non prive talora di qualche vigore.Nel 1769 pubblicò il volume «Rime» com-

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prendente 107 poesie, 102 sonetti, 4 canzoni e un'egloga religiosa. Tra isuoi componimenti si distinguono per felicità di stile l’«Ode sull’entu-siasmo di Pindaro» e un sonetto dedicato alla città di Roma, in cui ven-gono pianti i mali d’Italia. Pubblicò inoltre il volume le «Lettere familia-ri», composto da 144 epistole a vari destinatari inserite nell’anonima«Raccolta delle lettere familiari di alcuni bolognesi» (1744), particolar-mente felici per eleganza di lingua e naturalezza. Nel 1718 fu eletto prin-cipe della bolognese Accademia dei Difettuosi e nel 1719 fu nominatodal Senato professore di storia naturale all’Istituto delle Scienze. Ebbeinoltre l’incarico di professore di eloquenza nel collegio Sinibaldo nellasua città e mantenne la cattedra fino al 1767.

GHEDINI GIUSEPPE (Monza 1887-Milano 1953) - Sacerdote, pro-fessore all’Università Cattolica di Milano, scrisse: «Lettere cristiane daipapiri del III e IV sec.» (1923), «I risultati della papirologia per la storiadella Chiesa» (1934), «Paganesimo e Cristianesimo nelle lettere grechedei primi secoli d.C.» (1936), ecc.

GHERARDI GIOV ANNI, detto Giovanni da Prato (Prato 1367-Fi-renze 1446 circa) - Cultore di Dante, lo imitò in un poema allegorico interzine, «Filomena», e scrisse il «Trattato di un’angelica cosa dimostrataper una divotissima visione». Il Wesselofsky gli ha attribuito un’operagiunta a noi mutila e incompiuta, alla quale, nel pubblicarla, ha dato iltitolo di «Il Paradiso degli Alberti». È una specie di romanzo che iniziacon la descrizione di un viaggio immaginario e fantastico che offre il pretestoa rappresentazioni allegorico-mitologiche e prosegue con la rievocazione deiritrovi e delle conversazioni tenute tra i più dotti e rappresentativi uominidella Firenze del tempo, offrendo un quadro preciso della vita elegante edell’ambiente culturale fiorentini agli inizi dell’umanesimo.

GHERARDI DE ROSSI GIOVANNI (Roma 1754-Roma 1827) - Fi-glio di un banchiere, egli stesso sarà, dal 1798 al 1800, ministro dellefinanze della repubblica romana. Appassionato ed eclettico cultore dellebelle arti, ebbe incarichi di prestigio presso alcune accademie. Fu presi-dente dell’Accademia di Belle Arti del Portogallo e direttore dell’Acca-demia Reale di Napoli con sede a Roma. Autore di 16 commedie e disaggi critici sul teatro, nelle sue poesie disegna immagini e figurine dielegante grazia neoclassica. Fece parte dell’Arcadia, con il nome di PerintoSceo. Le sue opere principali sono: «Favole» (1788), «Scherzi poetici epittorici» (1795) e «Poesie» (1798).

GHERARDINI GIOV ANNI (Milano, 1778-1861) - Laureatosi in me-dicina, s’occupò di letteratura e linguistica, legando la sua fama all’atti-vità di filologo e di grammatico: «Voci e maniere di dire italiane, addita-te ai futuri vocabolaristi» (1838-1840), «Lessicografia italiana, ossia ma-niera di scrivere le parole italiane messa a confronto con quella usata dalvocabolario della Crusca» (1843). In quest’ultima opera sostenne la ne-cessità di una riforma ortografica della lingua italiana, a carattere netta-mente latineggiante, ed ebbe l’appoggio di Carlo Cattaneo. Fu anchelibrettista apprezzato (libretto della «Gazza ladra» di Rossini), e tradusseil «Corso di letteratura drammatica» di A. W. Schlegel (1817).

GHILARDUCCI PIETRO (V iareggio1932-Milano 2010) - Giornalista, aveva la-vorato inizialmente al «Corriere Lombardo»;successivamente era stato assunto come ad-detto stampa alla Garzanti curando in parti-colare la revisione delle singole voci della pri-ma Garzantina. Trasferitosi a Londra, avevacollaborato ai servizi esteri della BBC, senzatrascurare, perrò, i contatti di collaborazioneper settimanali culturali e d’attualità italiani,quali Il Mondo, Il Punto, Settimo Giorno, La

Domenica del Corriere e La Fiera Letteraria. Rientrato in Italia va allaRizzoli, dove rimane per oltre vent’anni come editor, lettore, traduttore,revisore di testi tradotti e compilatore di risvolti. Sempre per la Rizzoli,nel 1970 pubblica il suo primo romanzo, «La moglie giovane» (premioL’Inedito), in cui coglie ironicamente aspetti intimi del rapporto coniu-gale; seguono altre pubblicazioni: «Il bivio» (Premio Vallombrosa, 1981)è un romanzo d’idee: la vicenda è ambiziosa e vi confluiscono sugge-stioni da Thomas Mann e un risentimento critico verso le assurdità delcomportamento umano. Di minore rilievo «L’ombra degli ippocastani»(1974), «Un atto d’amore» (1979), «La ristrutturazione» (1993) e «Lacittà dell'anima» (1993).

GHIOTT O RENATO (MontecchioMaggiore [VI] 1923-Malo [VI] 1986) -Dopo aver lavorato a lungo nel giornali-smo (diresse nell’immediato dopoguerra «IlGiornale di Vicenza», succedette ad ArrigoBenedetti nella direzione del «Mondo» dal1973 al 1975, fu critico cinematograficodell’«Espresso») e in pubblicità, esordì nel1967 con l’inquietante romanzo «Scaccoalla regina» (finalista al premio Strega), che

ottenne un notevole successo anche all’estero, e da cui, due anni dopo, ilregista P. Festa Campanile trasse un film. In esso affrontava con intelli-genza il problema dell’alienazione allora di moda dandone una rappre-sentazione sottilmente ironica. Questa vena, solo in apparenza divertitaperché profondamente critica, sostenne anche i romanzi successivi,«Adios» (1971), in cui utilizzò l’esperienza maturata durante un lungosoggiorno in Argentina, e «Rondò» (1985). Postumo è apparso «I vetri»(1986), una favola metafisica che spinge all’estremo la sua disperatavisione del mondo e dell’uomo.

GHIRELLI ANTONIO (Napoli, 1922-Roma 2012) - Aveva iniziato giovanis-simo l’attività giornalistica specializzan-dosi nel campo dello sport lavorando peril «Corriere della Sera»; successivamentepassò a dirigere i quotidiani «Tuttosport»(1959-1961) e «Il Corriere dello Sport»(1961 e 1965-1971) e il settimanale «IlMondo» (1975-1976). Divenuto capodel servizio stampa della Presidenza della

Repubblica (1978), pubblicò un vivace ritratto di Sandro Pertini in «CaroPresidente» (1980) e scrisse un volume sul presidente del consiglio Craxi(1982). Successivamente passò alla televisione, al TG2 e, fino al 1989,alla direzione dell’«Avanti!». Oltre ai volumi su Pertini e Craxi, appar-tengono alla sua attività giornalistica anche «Storia del calcio in Italia»(1954) e il colorito affresco «Storia di Napoli» (1973). Come narratore,dopo aver collaborato a numerose riviste, ha pubblicato «Napoli sba-gliata» (1962), «Il primo maggio le dissi addio» (1981) e i romanzi «Eintanto tu crescerai» (1987) e «I fantasmi del Lirico» (1989), romanzoambientato a Milano durante la Resistenza e che ha al centro il discorsodi Mussolini al Teatro Lirico. Ricordiamo ancora: «Un’altra Napoli» (1993);«Artemio Franchi: una vita per lo sport» (1993); «Donna Matilde. La serao ’asignora’ di Napoli, la prima donna che diresse un quotidiano» (Premio Cimitile,1995), «Napoli dalla guerra a Bassolino (1943-1998)» (1998), «Una bellastoria. Italia 1943-1956» (2001), «Tiranni. Da Hitler a Pol Pot: gli uomini chehanno insanguinato il novecento» (2002), «Un secolo di risate - Con Eduardo,Totò e gli altri» (2004), «Democristiani. Storia di una classe politica daglianni Trenta alla Seconda Repubblica» (2004), «Aspettando la rivoluzione.Cento anni di sinistra italiana» (2008), «Una certa idea di Napoli. Storiae carattere di una città (e dei suoi abitanti)» (2010). È inoltre autore dellavoce Agonismo dell'Enciclopedia Italiana Treccani.

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GHISELLI LUCA (Viareggio 1910-Capo Caccia 1939) - Vissuto sem-pre molto appartato rispetto al mondo letterario, morì giovanissimo inseguito a un incidente mentre era sotto le armi. I suoi versi, «Poesie»(1942), e il «Diario» (1942), pubblicati postumi a cura di A. Parronchi,costituirono in quel momento un piccolo caso. Infatti quelle poche pagi-ne rivelavano una figura di poeta e di scrittore dalla personalità moltomarcata, nonostante la giovane età e una formazione acquisita tutta dasolo, ma con letture che rivelavano gusto e intelligenza. Una nuova edi-zione della sua opera, «Prose e Versi» (1985), voluta dal pittore M.Marcucci che fu suo grande amico, in cui sono raccolti anche racconti,prose e lettere, ha riproposto la figura di uno scrittore ancora da scoprire.

GHISLANZONI ANTONIO (Barco diMaggianico [LC] 1824-Caprino Berga-masco 1893) - Dopo una giovinezza mo-vimentata, nel 1849 venne arrestato daiFrancesi e deportato in Corsica; fu poi perqualche anno attore e cantante, e infine sidedicò alla letteratura. Nei romanzi («Gliartisti di teatro», 1856; «Le donne brutte el’arte di far debiti di Roboamo Puffista»,1867), e nelle novelle («Abrakadabra»,1884), si atteggiò a filosofo della storia

criticando le illusioni dei democratici, dei liberali e dei cattolici e i suoiracconti di fantascienza umoristica ne fanno uno dei primi autori italianidi tale genere. Scrisse inoltre 60 libretti fra i quali, oltre all’«Aida» perVerdi, «I Lituani» e «Il parlatore eterno» per Amilcare Ponchielli, «SalvatorRosa» e «Fosca» per Antônio Carlos Gomes, «Papà Martin» e «France-sca da Rimini» per Antonio Cagnoni, «I promessi sposi» per ErricoPetrella. Scrisse fra l’altro i versi della cantata «A Gaetano Donizetti» diPonchielli e il volume «Reminiscenze artistiche», che contiene notiziesul pianista Adolfo Fumagalli. Fondò e diresse la «Rivista minima». Ebbeun certo successo con libri di cronaca contemporanea, per la capacità didescrivere fatti e uomini del suo tempo, filtrandoli attraverso un umori-smo garbato.

GIACOMELLI ANTONIETT A (Trevi-so, 1851-1938) - È stata una scrittrice insi-gne, formatasi nel culto delle memorie ri-sorgimentali e maturata alla scuola di va-lenti maestri. Autrice di numerose opere ispi-rate dalla fede e dalla sua umana compren-sione, scrisse soprattutto pagine di conte-nuto autobiografico, di impressioni e ricor-di: «Sulla breccia» (1894), notevole per igiudizi sul rapporto tra cristianesimo e vita

civile; «A raccolta» (1899); «Ultime pagine» (1938). Un suo libro e unapiccola antologia di pagine religiose, che aveva scritto con grande fedecattolica, furono messi all’indice. Il suo dolore fu grande, il più grandedella sua vita. Durante la prima guerra mondiale si trasferì con la madrea Treviso, poi a Milano, dove pubblicò uno dei suoi libri migliori, «Vigi-lia d’Armi», dedicato alle donne, perché non perdessero mai la fede nelbene. Fondò poi a Rovereto la sezione dell’Unione Nazionale delleGiovinette Esploratrici Italiane (UNGEI), ed ebbe un tale successo cheben presto divenne la più importante d’Italia; Antonietta, soprannominatala “Nonna”, divenne Commissaria Nazionale dell’UNGEI. Per meritosuo venne pubblicata la rivista mensile «Sii Preparata», organo ufficialedelle Giovani Esploratrici Italiane.

GIACOMINI AMEDEO (V armo[UD], 1939-San Daniele del Friuli [UD],2006) - Considerato come “il più grandeche il Friuli abbia avuto dopo Pasolini”,ha scritto opere di poesia e prosa sia initaliano che in friulano. Gli esordi sonostati di scrittore notevolmente dotato, mairregolare: un romanzo, «Manovre» (1968)un trattatello alla maniera antica, «L’arted’andar per uccelli con vischio» (1969);versi, «La vita artificiale» (1968) e «In-costanza di Narciso» (1973), lo hanno im-

GIORDANI PIETRO (Piacenza 1774-Parma 1848) - Ebbeuna giovinezza piena di contrasti domestici e di difficoltàmateriali. Fautore del regime napoleonico, ottenne la no-mina a prosegretario dell’Accademia di belle arti di Bolo-gna, carica che tenne dal 1808 al 1815; fu poi condirettoredella «Biblioteca Italiana» nel 1816, prendendo le parti deiclassicisti, nella polemica che li oppose a Madame de Staël.In seguito alle noie avute con l’Austria,nel 1824 fu esiliato da Piacenza dovesi era stabilito, e andò a Firenze. Quifrequentò il gabinetto Vieusseux, col-laborò all’Antologia e si strinse di fra-terna amicizia col Capponi e il Collet-ta. Quantunque vecchio e uomo cul-turalmente superato, appoggiò con en-tusiasmo i moti del 1848. Classicistaconvinto, per tutta la vita il Giordaniperseguì l’ideale dello stile perfetto,immaginandolo come un modello uni-co a cui si dovesse mirare da parte di ogni scrittore. Eglitrovava questo ideale di stile nella semplicità dei grandiscrittori greci, che additò ai letterati italiani quali modelliinsuperabili. Lo scritto «A un giovane italiano. Istruzioniper l’arte di scrivere» (1821) e l’altra sua opera «Sul veronelle arti della parola e del disegno» (1827) ci danno il pro-filo del Giordani teorico della prosa e della lingua, fautoredel purismo ma con una sua indipendenza e simpatia verso

certi romantici, che ne fanno una singolare figura bifronte.Le sue cose migliori sono però da cercare negli scritti d’oc-casione, in certi ritratti di contemporanei (sopra tutti note-vole quello del Monti in «Discorsi ed elogi», 1830) e nel-l’epistolario. Importanti le sue lettere durante il periododel carcere a Parma nel 1834, e quelle ad amici e conoscen-ti dove, sia pur attraverso una prosa controllata ed equili-

brata, discorre dei temi più impensati,con giudizi spesso acuti su uomini esituazioni del suo tempo. La sua atti-vità di critico e di filologo non fu soloquella che comunemente gli si ricono-sce, di uomo attento alle parole, masenza alcuna capacità di penetrazionereale delle opere d’arte. Erede, per mol-ti aspetti del suo pensiero, della cultu-ra illuministica, ebbe il merito di com-prendere alcuni dei grandi fenomeniletterari del suo tempo meglio di altri

contemporanei che pure si professavano aperti al gustomoderno. Oltre all’attività letteraria («Per le tre legazioniriacquistate dal Papa», 1815; «Dei volgarizzatori trecente-schi», 1834; «Storia dello spirito pubblico in Italia»), ilGiordani si segnalò anche per alcuni scritti di pedagogia(«La causa dei ragazzi di Parma», 1819; «Degli asili d’in-fanzia», 1844), con i quali propugnò riforme nei metodiscolastici.

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posto all’attenzione della critica. Ma la sua vera vocazione non si era ancoramanifestata, ed era quella di poeta in dialetto friulano (lingua e letteratura cheha insegnato all’Università di Udine). I suoi versi non hanno nulla dell’estetismodi Pasolini, né dell’equivoco patetico dialettale, ma testimoniano una dram-matica ricerca vitalistica e rivelano una originale tensione poetica in cui con-fluiscono la nativa irrequietezza e il fondo culturale, il vitalismo e il controllostilistico. Dopo i primi approcci di «Tiare pesante» (1977) e «Var» (1978)sono usciti i suoi libri più significativi: «Sfueis» (1981), «Fuejs di un an»(1984) e «Presumut inviar» (1987), presentati rispettivamente da Maria Cortie Dante Isella e «In agris rimis – In aspre rime – Poesie friulane» (1994).

GIACOMINO DA VERONA (seconda metà del XIII secolo) - Fufrate minore. È autore di un poemetto in quartine monorime dialessandrini, che nella prima parte («De Ierusalem celesti») descrive legioie del paradiso, nella seconda («De Babylonia civitate infernali») trattadegli orrori dell’inferno. Scrittore d’ingenuo realismo, non privo di effi-cacia, usa una lingua fortemente dialettale; per la sua materia è statoannoverato tra i cosiddetti precursori di Dante.

GIACOMINO PUGLIESE (XIII sec. d.C.) - Si è cercato invano diidentificare questo rimatore continentale nella scuola siciliana, che risul-ta originario della Puglia. Attivo verso la metà del Duecento, la sua com-posizione pi ù nota è il lamento per la morte della donna amata. Lafama goduta un tempo dalla sua poesia va decisamente ridotta: le suecose migliori non sono le canzoni auliche, ma le canzonette dal ritmo piùcorrivo; e più che la sincerità popolaresca (attribuitagli dalla critica ro-mantica) sarà da apprezzare la passionalità effusa e immediata con laquale dà voce al sentimento personale.

GIACOMO DA LENTINI (prima metà del XIII secolo) - Notaio allacorte di Federico II (con l’appellativo di «Notaro» lo troviamo spessodesignato, ad es. in Purg., XXIV), ha lasciato un canzoniere abbastanzaampio che attesta la sua posizione preminente nella scuola siciliana.Rielaboratore elegante di temi e motivi provenzali, ebbe grande influen-za sui poeti successivi fino allo Stil novo, ed è considerato dalla tradizio-ne l’inventore del sonetto. La sua attività poetica si concentrapresumibilmente nel decennio che va dal 1230 al 1240.

GIAMBONI BONO (seconda metà del XIII secolo) - Di professionegiudice, ha lasciato, oltre a un notevole trattato morale (il «Libro de’ vizie delle virtudi»), un libero rifacimento del «De miseria humanaeconditionis» di Lotario Diacono («Della miseria dell’uomo»), ilvolgarizzamento delle «Historiae adversum paganos» di Paolo Orosio edell’«Arte della guerra» di Vegezio. Gli si deve forse anche unrimaneggiamento del «Fiore di retorica» attribuibile nella prima redazio-ne a un fra Guidotto da Bologna. Infondata è l’attribuzione a lui delvolgarizzamento del «Tesoro» (Tresor) di Brunetto Latini.

GIAMBULLARI BERNARDO (Fir enze, 1450-1529) - Autore di canticarnascialeschi e di laudi sacre, di poemetti religiosi e di violente satirecontro le donne, ridusse in versi la «Novella del grasso legnaiuolo» escrisse una «Giunta al Ciriffo Calvaneo» dei fratelli Pulci. Molto dubbiaè l’attribuzione a lui della «Nencia da Barberino». D’ingegno versatileed estroso, rivela una notevole discontinuità di risultati nella sua variaproduzione, contraddistinta ora da sciatteria e rozzezza, ora da una suagrazia istintiva e pittorica.

GIANFRANCESCHI F AUSTO (Roma, 1928-2012) - Critico lettera-rio e collaboratore del «Tempo», ha pubblicato saggi su Buzzati, sulneorealismo e su problemi di costume e di cultura, come «L’uomo inallarme» (1963), «Teologia elettrica» (1969), «Il sistema della menzo-gna e della degradazione del piacere» (1977), «Svelare la morte» (1980).Ha anche scritto romanzi legati alle problematiche della società attuale,tra cui: «Diario di un conformista» (1964), «Il segno della mano» (1968),«L’ultima vacanza» (1972), «L’amore paterno» (1982), «Giorgio Vincipsicologo» (1983), il cui sottotitolo, «Satira spregiudicata e pungentedegli intelligenti», rivela l’analisi graffiante del mondo intellettuale d’oggi.L’opera ha ricevuto il «Premio Napoli 1984» e si è classificato al terzoposto al «Premio Strega 1983». Ricordiamo inoltre: «Il senso del corpo.Segni, linguaggio, simboli» (1986); «Dialogo sui protagonisti del seco-lo» (1989 con F. Grosi); «La casa degli sposi» (1990); «Stupidario dellasinistra» (1992); «Federica. Morte di una figlia» (2008).

GIARDINI CESARE (Bologna 1893-Milano 1970) - Scrisse per ilquotidiano «La Stampa» negli anni trenta e quaranta e collaborò allarivista «La Fiera Letteraria». Pubblicò racconti («Realtà dei burattini»,1925; ecc.) e saggi storici («Varennes», 1932; «Don Carlos», 1933 e1956; «L’affare d’Enghien», 1939; «Vita di Napoleone», 1947; «Il Ri-sorgimento italiano 1796-1861», 1958; ecc.). Lavorò anche nel mondoeditoriale e per la Mondadori curò diversi volumi della collana «Il Gial-lo». Fu direttore della casa editrice Alpes, pubblicando il primo romanzodi Moravia, «Gli indifferenti».

GIACOSA GIUSEPPE (Col-leretto [TO], 1847-1906) -Scrittore di teatro e narrato-re italiano, collaboratore del-la «Nuova Antologia» e del«Fanfulla». Cominciata lacarriera forense, grazie allafrequentazione di RobertoSacchetti venne introdottonell’ambiente letterario che

gravitava intorno alla Società Dante Alighieri di Torino.Nel 1873 il suo bozzetto a sfondo medievale «Una parti-ta a scacchi» ebbe un buon successo; due anni dopo uscìil primo volume del «Teatro in versi». In ambito narrati-vo, «Novelle e paesi valdostani» (1886) mostrano inte-ressi legati alla realtà regionale, mentre grazie al succes-so della «Signora di Challant» (1891) Giacosa decise dipassare alla rappresentazione di argomenti non più sto-rici ma di attualità, già tematizzati nella fortunata operateatrale in prosa «Tristi amori» (1888). «Come le foglie» (1894)raccolse notevoli consensi, mentre l’attività dello scrittore siestendeva alla redazione di libretti d’opera, in collaborazio-ne con Giacomo Puccini e Luigi Illica: tra questi la «Bohème»,«Tosca», «Madama Butterfly». Nel 1896 tornò alla nar-rativa con «Genti e cose della montagna».

GIACONI LUISA (Firenze 1870-Fiesole [FI] 1908) - Studiò all’Ac-cademia di belle arti di Firenze evisse facendo copie dei quadri deimusei fiorentini. Pubblicò numero-se poesie sul periodico «Il Marzoc-co» che vennero poi raccolte, dopola sua morte, da Giuseppe SaverioGargàno (con il quale ebbe una lun-

ga e appassionata storia d’amore) nel volume «Tebaide».Le sue liriche, principalmente di stampo simbolista, ap-paiono influenzate dalla poesia di Pascoli, tanto dei «Pri-mi poemetti» che dei «Poemi conviviali», dal D'Annun-zio del «Poema paradisiaco» e dai simbolisti francesi. Lametrica è particolarmente curata e rappresenta una dellepiù interessanti testimonianze femminili del decaden-tismo italiano.

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GIGLI LORENZO (Br escia 1889-Torino 1971) - È stato uno dei grandicritici da terza pagina, collaboratore per decenni della «Gazzetta del Po-polo», dove diede vita con «Diorama letterario» al primo esperimento dipagina letteraria in un quotidiano. I suoi articoli non furono raccolti e isuoi libri sono biografie come «Vita di Gobineau» (1933), «Santorre diSantarosa» (1946), «De Amicis» (1962), o dedicati a problemi criticicome il giovanile «Il romanzo italiano da Manzoni a D’Annunzio» (1914)o «La scapigliatura» (1957). Seguì assiduamente anche le letterature stra-niere con saggi e traduzioni tra cui si ricordano quelle della «Follia diAlmayer» di Conrad (1926), del «Mondo nuovo» di Huxley (1933), di«Oggi si vola» di Faulkner (1937). Fu anche narratore («Il pinguino in-namorato e altri racconti», 1934; «Fulmine nascosto», 1942; «Raccontidi Lombardia», 1953) e poeta («In solitudine», 1911).

GIOTTI VIRGILIO, pseudonimo di Vir -gilio Schönbeck (Trieste, 1885-1957) -Aveva esordito a Firenze nel 1914 con il“Piccolo canzoniere in dialetto triestino” acui fecero seguito “Caprizzi, Canzonete eStòrie” pubblicate nell’edizione di “Solaria”nel 1928, “Colori” nel 1941, “Sera” nel1946, “Versi” nel 1953. Fu autore anche didelicate poesie in lingua, come “Liriche eidilli” pubblicate dall’edizione di “Solaria”nel 1931, oltre che di un diario privato,“Appunti inutili”, che è stato pubblicato po-

stumo e di alcuni racconti; tradusse nel 1946, dal russo, la “Lettera allamadre” del poeta Esenin. La sua lirica in triestino fu sempre ben apprez-zata fin dal 1937 quando il critico Pietro Pancrazi gli dedicò un articolo

sul “Corriere della Sera”. Altri famosi critici, come il Fubini, il Sapegno,il Segre, il Contini ne scrissero parole positive.

GIORGIERI CONTRI COSIMO (Lucca 1872-V iareggio [LU] 1943)- Scrisse poesie crepuscolari («Versi tristi», 1887; «Il convegno dei ci-pressi», 1894) e numerosi romanzi e racconti ambientati nella societàmondana del tempo («Lo stagno», 1893; «La donna allo specchio», 1919;ecc.). Fu collaboratore del «Marzocco» e di altri periodici.

GIOVAGNOLI RAFF AELLO (Roma, 1838-1915) - Ferventegaribaldino, partecipò alle campagne del 1859, del 1860, del 1866 eall’impresa garibaldina del 1867, combattendo a Monterotondo e aMentana. Lasciata la carriera delle armi dopo la presa di Roma, si diedeall’insegnamento e alla letteratura. Fu copioso autore di opere sul Risor-gimento: «Ciceruacchio e don Pirlone» (1894), «Pellegrino Rossi e laRivoluzione romana su documenti nuovi» (1898-1911). Più felici lette-rariamente sono racconti e romanzi nei quali seppe mischiare la storiaalla rievocazione fantastica; particolarmente notevole «Spartaco» (1874),ispirata descrizione del dramma delle plebi romane. Fu anche autore dimediocri versi: «Peccata iuventutis meae» (1883).

GIOVANNETTI EUGENIO (Ancona 1883-Roma 1951) - Dopo es-sersi laureato in Lettere e Giurisprudenza inizia a collaborare con il Re-sto del Carlino e a pubblicare le prime opere e studi sull'arte e la lettera-tura classica. Dopo la prima guerra mondiale si trasferisce a Roma dovecollabora con «Il Tempo», «La Ronda», «Il Giornale d'Italia» e altri pe-riodici. Negli anni Venti ospita nella sua casa romana un frequentatosalotto letterario e pubblica numerose opere teatrali, di narrativa, costu-me, critica letteraria e cinematografica, spesso rielaborando scritti gior-

GINZBURG NATALIA (Pa-lermo 1916-Roma 1991) -Nata Levi, nel 1936 sposò Leo-ne Ginzburg, antifascista mi-litante e direttore della casaeditrice Einaudi, e lo accom-pagnò al confino in Abruzzo,dove rimasero con i figli dal1940 al 1943. Il suo primo ro-manzo, «La strada che va incittà», risale a quel periodo e

fu pubblicato nel 1944. Quello stesso anno Leone Ginz-burg morì in carcere a Roma. Dopo la guerra, tornò a la-vorare come redattrice per Einaudi e nel 1950 sposò Ga-briele Baldini, scrittore e professore di letteratura ingle-se. Dal 1959 al 1962 fu responsabile dell’«Italian Instituteof Culture» a Londra. Nel 1983 fu eletta senatrice. Neisuoi romanzi, «È stato così» (1947), «Tutti i nostri ieri»(1952), «Valentino» (1957), «Le voci della sera» (1961),«Lessico famigliare» (1963), «Caro Michele» (1973, da cuitrasse un film Mario Monicelli nel 1976), «La città e lacasa» (1984), la Ginzburg esplorò e descrisse i rapportifamiliari e in particolare il ruolo delle donne, sempre at-tenta allo sfondo sociale della vicenda. Il tema della me-moria e il suo stile informale, spesso ironico, influenza-rono molti giovani scrittori italiani. La Ginzburg fu au-trice anche di saggi («Le piccole virtù», 1962; «Mai devidomandarmi», 1970; «Vita immaginaria», 1974; «La fa-miglia Manzoni», 1974) e di commedie, raccolte nei vo-lumi «Ti ho sposato per allegria e altre commedie» (1967)e «Paese di mare» (1973), dove si ritrovano le stesse tema-tiche dei romanzi.

GINZBURG LEONE (Odessa1909-Roma 1944) - Era arrivatoin Italia con la famiglia ancorabambino, e frequentò a Torino ilLiceo Classico “Massimo d’Aze-glio”, dove conobbe Vittorio Foa.Concluse la maturità al LiceoClassico Vincenzo Gioberti diTorino. Fu studioso e docente diletteratura russa, partecipò allostorico gruppo di intellettuali (tra

gli altri, Norberto Bobbio, Vittorio Foa, Cesare Pavese,Carlo Levi, Elio Vittorini, Massimo Mila, Luigi Salvato-relli) che collaborarono alla nascita della casa editriceEinaudi. Nel 1938 si sposò con Natalia Ginzburg, dallaquale ebbero tre figli: Carlo, poi divenuto noto storico,Andrea, economista, e Alessandra, psicoanalista. Attivoantifascista, venne condannato dal tribunale specialecome appartenente al movimento «Giustizia e Libertà»;scontata la pena tornò nella città di adozione, e con Cesa-re Pavese fu il maggiore animatore della casa editriceEinaudi. Confinato durante la guerra in Abruzzo comeebreo apolide, nel 1943 si stabilì a Roma e lì diresse ilgiornale «Italia libera» e continuò l’azione antifascista.Arrestato nel novembre 1943, morì nel carcere di ReginaCoeli in conseguenza delle torture subite. Crociano performazione intellettuale, ha lasciato traduzioni dal russoe pregevoli saggi sulla letteratura del suo paese d’origi-ne. Ha curato anche l’edizione dei «Canti» di Leopardiapparsa negli «Scrittori d’Italia». Saranno pubblicati po-stumi la sua raccolta completa di saggi «Scrittori russi»(1948), e il volume di «Scritti» (1964).

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nalistici. Negli anni Trenta riprende gli studi antichistici, pubblicandoopere storiografiche e decine di traduzioni (Cicerone, Giulio Cesare),non solo di autori antichi ma anche di studiosi (Johann Jakob Bachofen),e scrittori contemporanei (Henry James, Theodor Fontane, JohnSteinbeck, Marcel Proust, David Herbert Lawrence, André Gide).

GIOVANNETTI MARCELLO (Ascoli Piceno 1598-Roma 1631) -Scrisse numerose liriche pubblicate nell’opera «Sonetti, canzoni e ma-drigali» (1622), una favola pastorale «Cilla» (1626) e alcuni volumi dimaterie giuridiche.

GIOVANNI SABADINO DEGLI ARIENTI (Bologna 1445 circa-1510) - Legato dapprima alla famiglia Bentivoglio di Bologna, dellaquale tessé gli elogi nel «De civica salute», passò poi al servizio degliEstensi. Al duca di Ferrara, Ercole, dedicò la sua opera maggiore, «LePorrettane», una raccolta di novelle in volgare, interessante per il tonoquasi cronachistico di alcune di esse, per molti aspetti simili al Decamerondi Boccaccio. Compose, in memoria della moglie, il «Trattato dellapudicizia» e dedicò a Ginevra Bentivoglio l’opera «Gynevera de le claredonne», un'opera composta da 33 biografie di donne illustri.

GIRONDA GIUSEPPE (Catanzaro, 1920-Roma, 2005) - Dopo averpubblicato i racconti de «Il balcone» (1943), scritti mentre era ancorasotto le armi, si conferma narratore di notevoli capacità di analisi psico-logica e di rappresentazione ambientale con i romanzi «Clotilde Rodio»

GIOBERTI VINCENZO (Torino 1801-Parigi 1852).Dottore in teologia (1823), ordinato sacerdote nel 1825,divenne cappellano di corte, ma, individuato come seguacedelle idee liberali e repubblicane, fu arrestato il 31 maggio1833 dal governo piemontese perché sospetto di apparte-nere alla «Giovine Italia», e poi esiliato. Dopo un soggior-no di circa un anno a Parigi, si stabilì a Bruxelles, dovevisse dal 1835 al 1845 insegnando e svolgendo intensa at-tività di scrittore. Nel 1846, ormai famoso anche per il suc-cesso del Primato morale e civile degli Italiani (1843), cheaveva segnato il culmine della sua pro-duzione letteraria e politica, volta ormai(abbandonati i giovanili ideali repubbli-cani) a teorizzare il neoguelfismo, cioèuna soluzione federativa, moderata eguelfa del problema italiano, il Giobertisi stabilì a Parigi, dove rimase fino aquando le vicende politiche gli reseropossibile un ritorno trionfale a Torino(aprile 1848). Eletto al primo Parlamen-to Subalpino, divenne Presidente dellaCamera e quindi ministro della Pubbli-ca Istruzione (4-18 agosto 1848). Nomi-nato, dopo la sconfitta piemontese diNovara, ministro plenipotenziario del redi Sardegna a Parigi, lasciò presto an-che questo incarico ritirandosi in un se-condo volontario esilio e si dedicò allastesura del «Rinnovamento Civile d’Italia» (1851), che con-tiene una revisione in senso unitario e democratico dellesue idee politiche precedenti. Il suo intento è quello di fon-dare una filosofia veramente oggettiva, parendogli lo «psi-cologismo» (soggettivismo) il male di cui soffre tutta lafilosofia moderna, non esclusa quella rettamente intenzio-nata, come è il caso del pensiero di A. Rosmini. La discus-sione degli errori del Rosmini costituisce un momento im-portante della maturazione filosofica del Gioberti, secon-

do il quale si deve muovere da un primo ontologico, dauna realtà assoluta, che è data all’uomo attraverso l’intui-to originario. L’oggetto di questo è l’Ente nella sua pienez-za, non l’idea di esso, come aveva ritenuto il Rosmini, nau-fragando così anche lui nello psicologismo. Di più, l’Enteche si presenta all’intuito non è chiuso in se stesso, ma èattività creatrice, sicché la «formula ideale» suona: l’«Entecrea l’esistente». La scienza umana è «riflessione ontolo-gica», cioè elaborazione razionale di tutto quanto è impli-cito nell’intuito originario. La storia dell’umanità è l’infi-

nito processo attraverso cui «l’esistenteritorna all’Ente». Quello che Giobertichiama «l’ingegno», cioè la cultura, la ci-viltà, il prodotto della personalità degliintellettuali, trasforma attraverso un pro-cesso infinito il mondo sensibile creato(«mimesi») in razionalità, o «mentalità»,come egli preferisce dire. Questo movi-mento di ritorno dell’esistente all’Ente èanche indicato dal Gioberti platonica-mente con la parola «metessi». Così laciviltà umana appare in qualche modocome un complemento necessario dellacreazione e tutta la storia diventa storiasacra. Queste conclusioni, giudicate«panteistiche», ma assai più le dottrinepolitiche giobertiane, furono i motivi del-la lunga polemica che contrappose Gio-

berti e i gesuiti, ai quali egli aveva lanciato violente accusedi oscurantismo e di opposizione alla causa nazionale. Ope-re principali, oltre al «Primato» e al «Rinnovamento: Teo-rica del Sovrannaturale» (1838), «Introduzione allo studiodella filosofia» (1839-1840), «Degli errori filosofici di A.Rosmini» (1841), «Prolegomeni al Primato» (1845), «Il ge-suita moderno» (1846-1847) e, fra le postume, «Della ri-forma cattolica della Chiesa» (1856), «La filosofia della Ri-velazione» (1857), «Della protologia» (1857).

GIOVANNI ANDREA DEL-L’ANGUILLARA (Sutri1517 circa-Roma 1570) - Po-eta e letterato del Rinasci-mento frequentò l’Accade-mia dello Sdegno di Roma,dove completò la sua forma-zione poetica. In seguito, sitrasferì a Parma dove fu alservizio del cardinale Ales-sandro Farnese il Giovane.Ebbe vita difficile e viaggiòa lungo in cerca di fortuna.

Si recò a Venezia e a Parigi, poi dal 1553 al 1561 fu inFrancia. Scrisse «Anfitrione» (1548) e la tragedia di «Edi-po» (1556), composta da rime e capitoli berneschi. Nel1554 pubblicò una traduzione, completata nel 1561 e de-dicata a Enrico II, in ottave delle Metamorfosi di Ovi-dio sotto il nome di «De le Metamorfosi d'Ovidio libri IIIdi Giovanni Andrea dell'Anguillara» che lo rese famoso.Tornò poi in Italia presso la corte di Cosimo de' Medici-nella quale, pur ampliando arbitrariamente, seppe far ri-vivere la vena narrativa e descrittiva del poema latino,modello ancora molto ammirato nel Cinquecento.

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(1953) e «Una stagione all’inferno» (1961). Entrato nel giornalismo, hacurato per molti anni i servizi culturali del Messaggero e nel 1974 riceveil «Premio Scranno» per il giornalismo. Il suo nome figura nel gruppostorico degli animatori del Premio Strega.

GIUDICI GIOV ANNI (Le Grazie [SP],1924-La Spezia, 2011) - Dopo aver com-piuto gli studi a Roma, esordì con la suaprima raccolta di versi nel 1953 dal titolo«Fiorì d’improvviso». Nel 1956 lasciòRoma per Ivrea, dove lavorò come fun-zionario all’Olivetti impegnandosi fra l'al-tro alla conduzione del settimanale «Co-munitá di fabbrica». Fra le altre sue pub-blicazioni poetiche si ricordano: «La vita

in versi» (1965), «Autobiologia» (1969), «O Beatrice» (1972), «Il maledei creditori» (1977), «Il ristorante dei morti» (1981), «Lume dei tuoimisteri» (1984), «Prove del teatro» (1988). Con «Salutz» (1986), che siispira alla poetica dei trovatori e dei Minnesanger, Giudici conferma eaffina la ricerca di un rigoroso dettato fonico-ritmico, esplicitandolo an-che nelle successive raccolte: «Fortezza» (1990), «Quanto spera di cam-pare Giovanni» (1993), «Empie stelle» (1996), «Eresia della sera» (1999).All’attivitá poetica, Giudici affiancò costantemente fino alla metá degli

anni Novanta un rilevante impegno nel campo giornalistico e della criti-ca letteraria.

GIULIANI GIAMBA TTISTA (Canelli [AT] 1818-Firenze 1884) -Padre somasco, al secolo Iacopo, insegnò nel Collegio clementino diRoma, nell’università di Genova e all’Istituto di studi superiori di Firenze.Fra le sue opere: «Metodo di commentare la Divina Commedia» (1861),dove applica la formula «Dante spiegato con Dante», e «Delizie del par-lar toscano» (1880), studio sulla lingua viva della regione. È stato sociodell’Accademia delle Scienze di Torino e dell’Accademia della Crusca.

GIRALDI CINZIO GIAMBAT-TISTA (Ferrara, 1504-1573) - An-cora giovane insegnò a Ferrara fi-losofia e retorica, quindi a Torino,Mondovì, Pavia. Con l’«Orbec-che» inaugurò la tragedia di stam-po senechiano, fondata su trucistorie di vendette e di sangue; piùtardi compose altre tragedie nellequali si compiacque soprattutto diritrarre ambienti esotici e pittore-schi («Antivalomeni», «Eufimia»,

«Arrenopia», «Epitia»). Nel teatro sperimentò anche unasorta di dramma satiresco con la «Egle» e come novelliereci ha lasciato gli «Ecatommiti». Più retore che artista nel-le opere creative, il Giraldi possedette notevole acumecritico, il quale risulta specialmente dal «Discorso sullecommedie e sulle tragedie» (1554) e meglio dal «Discor-so intorno al comporre dei romanzi» (1554), notevole perla difesa dell’Ariosto e la dimostrazione della legittimitàestetica del poema cavalleresco.

GIOVENALE DECIMOGIUNIO (Aquino 60 cir-ca-140) - Poeta satirico lati-no. Visse a Roma dove, pri-ma di dedicarsi alla poesia,fu professore di retorica eavvocato. La cronologia del-la sua attività non va oltrel’anno 127. Scrisse sedicisatire in esametri, che offro-no una minuziosa e vivacedescrizione della società ro-

mana del suo tempo, di cui Giovenale deplorava, conaristocratico sdegno, la disgregazione e il degrado mo-rale. L’aristocrazia era priva del potere politico, mentre iliberti erano sempre più ricchi e potenti; le famiglie nobi-li, che un tempo proteggevano gli artisti, erano ormaiimmiserite o scomparse, mentre i nuovi ricchi, avari eincolti, causavano l’indigenza dei letterati e la decaden-za della cultura. Anche l’emancipazione femminile fu sot-toposta a una spietata requisitoria, in quanto causa diimmoralità e corruzione. Spesso la critica ha sottolineatol’incapacità di Giovenale di liberarsi dagli schemi di unacultura aristocratica individualista, e l’intonazione ecces-sivamente retorica e declamatoria delle sue satire. Tutta-via, i suoi versi violenti e indignati, il suo stile realistico evigoroso hanno prodotto una delle opere più vitali dellaletteratura latina, opera che divenne il modello di moltisatirici del Rinascimento e che nel Seicento e Settecentosuscitò grande ammirazione.

GIULIANI ALFREDO (Mom-baroccio [PS], 1924-2007) -Professore di letteratura italia-na nell’Università di Chieti, èstato tra i principali esponentidel «Gruppo 63» ed è critico esaggista su diversi giornali eriviste, tra cui «la Repubblica»e «Il Verri». Esordiente comepoeta, sotto l’influsso di DylanThomas, con «Il cuore zoppo»(1955), raccolta autobiografi-

ca di fantasia sfrenatamente liberatrice, dominata dalculto dell’immagine, ha poi proseguito raccogliendo i suoiversi e quelli di Pagliarani, Sanguineti, Balestrini e Portanell’antologia «I Novissimi» (1961) e sviluppando la teo-ria dell’accrescimento di vitalità, ottenuto attraverso loshock linguistico, come segno della vera poesia. In que-sta direzione, che si è tradotta in un marcato espressioni-smo linguistico e nel gusto vistoso per l’enumerazio-ne,si è poi volto con «Povera Juliet e altre poesie» (1965) el’antologico «Chi l’avrebbe detto» (1973), che compren-de poesie dal 1952 al 1966; mentre con «Il tautofono»(1969) ha rielaborato l’antico autobiografismo in chiavedi stravolgimento metamorfico di un diario privato, lacui matrice più profonda è certamente lirica. Tutte le suepoesie dal 1950 al 1984 sono riunite in «Versi e non ver-si» (1986). Ma il nome di Giuliani, che pure è uno deipoeti più interessanti del secondo dopoguerra per l’ori-ginalità e l’aristocrazia della sperimentazione, e ha an-che costruito un romanzo di divertita creatività lingui-stica, «Il giovane Max» (1972), è soprattutto legato allasua attività di critico («Immagini e maniere», 1965; «Ledroghe di Marsiglia», 1978; «Autunno del Novecento»,1984), polemico contro ogni sorta di mercificazione del-l’arte e accanito ricercatore di ogni testimonianza espres-siva che rompa con gli schemi formali o ideologici delsistema dominante. Ha inoltre curato l’«Antologia dellapoesia italiana. Dalle origini al Trecento» (1973).

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GIULIOTTI DOMENICO (San Casciano in Val di Pesa [FI] 1877-Greve in Chianti [FI] 1956) - Tra i non molti rappresentanti della cultu-ra cattolica italiana è stato interprete di una concezione integralistica delcattolicesimo, al limite del settarismo (significativa è l’«Antologia deicattolici francesi del XIX secolo», 1918). La sua opera ha risentito diquesta disposizione e spesso sembra il prodotto di un polemista, robu-sto, ma reazionario: «L’ora di Barabba» (1920), «Dizionario dell’omosalvatico» (1923, scritto in collaborazione con Papini) che non è estra-neo al gusto di Strapaese, «Tizzi e fiamme» (1925). In realtà, al di làdella vena polemica e del temperamento, c’è anche una scrittura in cuicircola una autentica vena popolaresca come in «Pensieri di unmalpensante» (1937) e nei ritratti «Il merlo sulla forca: Francesco Villon»(1934) e «Jacopone da Todi» (1939). Di minore rilievo i suoi versi, rac-colti complessivamente in «Poesie» (1932).

GIUSSO LORENZO (Napoli 1900-Roma 1957) - La sua opera si èalternata fra la critica letteraria, intesa in maniera impressionistica al dilà dei dati filologici (si ricordano in particolare «Il viandante e le statue»,prima serie, 1929, e seconda serie, 1942; «Tre profili: Dostoevskij, Freud,Ortega y Gasset», 1933; «Leopardi e le sue due ideologie», 1935), e lafilosofia che si caratterizza per l’indirizzo anticrociano (tra i suoi saggi:«Il ritorno di Faust», 1929; «Filosofia e immagine cosmica», 1940; «L’ani-ma e il cosmo», 1947; «La tradizione ermetica nella filosofia italiana»,1955): di qui la sua originalità, ma anche la sua emarginazione nel qua-dro complessivo della cultura novecentesca. Scrisse anche poesie («Mu-sica in piazza», 1930; «Elegie del torso della saggezza mutilata», 1941),di minore rilievo perché inficiate di un eccesso di retorica e di pseudo-romanticismo.

GIUSTINIAN LEONARDO (Venezia, 1388-1446) - Proveniente dauna famiglia di tradizioni patrizie, ricoprì una serie di cariche pubblichenella sua città e avrebbe quasi certamente raggiunto il dogato se nonfosse morto prematuramente. Fu membro e capo del consiglio dei dieci,poi procuratore a San Marco. Praticò un genere di poesia di improntapopolareggiante, che gli guadagnò una grandissima popolarità. Tradus-se varie vite di Plutarco e compose orazioni, un trattato di mnemotecnica(Regulae artificialis memoriae) e, soprattutto, strambotti e canzonette diargomento amoroso, che ebbero larga diffusione e furono accolte congrande entusiasmo dal pubblico dell'epoca, tanto da far esplodere unavera e propria moda letteraria. Le «giustiniane», così venivano chiamate,erano accompagnate dalla musica e questo le rendeva ancora più grade-voli. La peculiarità delle canzoni risiede proprio nell'atmosfera che l'au-tore seppe ricreare intorno alla quotidianità tipica dei cittadini veneziani,rappresentati nella loro più viva concretezza. Dal 1428 si dedicò allapoesia religiosa, componendo numerose laude che poi, come nel casodelle canzonette, si diffusero senza che oggi sia più possibile stabilireper molte di esse la paternità.

GIUSTO DEI CONTI DI VALMONT ONE (Valmontone 1390 cir-ca-Rimini 1449) - Cominciò a comporre le sue dolcissime rime, cosìgentili e piene di teneri affetti, che gli valsero grande notorietà. La sualirica si accosta alla maestria del Petrarca, di cui fu grande estimatore.Nel 1440 raccolse un canzoniere amoroso composto da 135 sonetti, cin-que canzoni, tre sestine, tre ballate e quattro capitoli, denominato «Labella mano», dove canta le lodi all'amata Isabetta andata poi in sposa aGuido Pepoli. La raccolta venne pubblicata per la prima volta a Bolognada Scipione Malpigli nel 1472. Tra le sue altre opere note, si ricordanoalcuni sonetti scritti dopo il matrimonio di “Isabetta” e dedicati ad altredonne (tra cui una Laura e una Victoria). Oltre che poeta fu infatti anchegiureconsulto. Le sue frequenti missione diplomatiche, per conto delpapa Niccolò V, presso le corti di Federico da Montefeltro e del Malatesta,gli diedero infine l’opportunità di trasferirsi presso quest’ultima, doveoperò come Tesoriere pontificio nella Marca Anconetana.

GNOLI DOMENICO (Roma, 1838-1915) - Insegnò per un anno soltanto (1880-1881) all’Università di Torino, preferendopassare poi alla carriera di bibliotecario.Sulle origini dello Gnoli poeta, notizie pre-ziose si hanno da alcune pagine autobio-grafiche e dall’antologia «I poeti della scuo-la romana (1850-1870)», che se non fececonoscere voci singolari di poeti, diede tut-tavia un quadro interessante del gusto let-terario nella Roma degli ultimi anni del go-verno pontificio. Tra la sua varia produ-

zione in versi («Versi», 1871, con lo pseudonimo di Dario Gaddi; «Oditiberine», 1879; «Nuove odi tiberine», 1885) suscitò scalpore la raccolta«Fra terra e astri» (1903), che, pubblicata con lo pseudonimo di GiulioOrsini, sembrò un esemplare notevole di poesia moderna negli spiriti enelle forme. Ebbe un’intensa e travagliata storia d’amore con la poetes-sa Vittoria Aganoor. Fece parte della cosiddetta “scuola romana”; poiguardò a Leopardi e successivamente a Carducci. Collaboratore della«Nuova Antologia» con scritti critici ed eruditi, Domenico Gnoli fondònel 1888 l’«Archivio storico dell’arte» e nel 1897 la «Rivista d’Italia».

GOFFIS CESARE FEDERICO (Asti 1910-Genova 2004) - La suaopera di studioso si è rivolta ad alcuni scrittori che vanno da Petrarca aMachiavelli a Galilei e alla triade ottocentesca, Foscolo, Manzoni, Leo-pardi, ma si è focalizzata in particolare attorno a due temi capitali: ilsignificato del Folengo nella letteratura italiana («Folengo. Studi di sto-ria e poesia», 1935; «L’arte del “Baldus”», 1950; «L’eterodossia dei fra-telli Folengo», 1950) e la poesia pascoliana, di cui ha dato una vastaantologia («Opere», 1970 e 1978, 2 voll.) con una significativa attenzio-ne dedicata al Pascoli latino, e studiato il suo formarsi nel tempo in «Pa-

GIUSTI GIUSEPPE (Mon-summano Terme [PT] 1809-Firenze 1850) - Studiò dappri-ma al seminario di Pistoia, poial collegio dei nobili a Luccae infine s’iscrisse alla facoltàdi legge a Pisa, dove, dopo treanni di interruzione, finì perlaurearsi nel 1834. Stabilitosia Firenze entrò in società e co-nobbe quel mondo che dove-va diventare bersaglio dei

suoi «scherzi», ovvero le «Poesie», composte principal-mente nel quindicennio che va dal 1831 al 1846. Questasua produzione satirica e giocosa era intesa, oltre che afare oggetto di caricatura i funzionari e i poliziotti au-striaci, a fustigare, con tratti da pantomima, i vizi degliopportunisti di turno e dei servili impiegati italiani. Giu-sti era di salute cagionevole e la sua vita fu povera dieventi. Conobbe Manzoni, cui si legò d’amicizia, e, giun-ti gli anni della riscossa nel 1848, partecipò alla vita pub-blica diventando deputato dell’assemblea legislativa to-scana. Poi, col ritorno del granduca Leopoldo II sostenu-to dagli austriaci, si ritirò in casa dell’amico Gino Cappo-ni, dove morì improvvisamente di tisi violenta nel 1850.Oltre alle «Poesie», lasciò un nutrito «Epistolario» e unaraccolta di «Proverbi toscani». Le sue composizioni han-no come cornice la piccola provincia toscana e furonopubblicate dapprima in forma sparsa, poi raccolte in va-rie edizioni nel 1844, 1845, 1847.

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scoli antico e nuovo» (1969). Ha inoltre pubblicato studi danteschi ecarducciani, due volumi su «La lirica italiana del Novecento» (1975-1976), «La prosa narrativa di Giovanni Verga» (1974), «La lirica italianadel Novecento» (1975), «Introduzione allo studio della letteratura italia-na» (1975), «La poesia di Giosue Carducci» (1972), «La lirica di Ales-sandro Manzoni» (1971), «La tragedia dall’Alfieri al Manzoni» (1973),«Leopardi» (1961), «Studi Foscoliani» (1942), «Originalita del “Trion-fi”» (1951), «Nuovi studi foscoliani» (1958), «I Cinque canti di un nuo-vo libro di m. Ludovico Ariosto» (1975).

GORANI GIUSEPPE (Milano1740-Ginevra 1819) - Nato da nobilefamiglia milanese, fuggito dal collegiosi arruolò nell’esercito austriaco, e par-tecipò alla guerra dei Sette anni, nellaquale fu fatto prigioniero. Viaggiò poia lungo per l’Europa, e fu tra l’altro inCorsica (1764-1766), dove progettò disostituirsi a Pasquale Paoli nel gover-no dell’isola, e in Portogallo, dove ilPombal lo impiegò al ministero degli esteri (1765-1767). Stabilitosi nel1768 a Milano, fece parte del circolo illuministico dei Verri e del Beccaria,e proprio per consiglio di questo pubblicò nel 1770 «Il vero dispotismo»,che è una giustificazione del despota «virtuoso», capace di portare i po-poli alla pubblica prosperità, eliminando i privilegi di categoria. Iniziatanel 1774 un’intensa attività di studio, diede alle stampe nel 1784 gli«Elogi di due illustri scopritori italiani» (F. Redi e Sallustio Bandini), enel 1790 le «Ricerche sulla scienza dei governi», in cui si esprime l’aspi-razione alla creazione di una società perfetta per opera di un sovranoilluminato. Dopo il 1789 parteggiò per le idee rivoluzionarie, e a Parigiebbe incarichi da Mirabeau, prendendo nel 1791 la cittadinanza francesee pubblicando nel 1793 quei «Mémoires secrets et critiques... desprincipaux Etats d’Europe» che gli procurarono vasta fama per la lorospregiudicatezza. Allontanatosi nel 1795 dalla vita politica, si stabilì nel1796 a Ginevra, dove visse isolato e dimenticato fino alla morte.

GORRESIO VITT ORIO (Modena 1910-Roma 1982) - È stato unodei più grandi giornalisti del dopoguerra con i suoi articoli politici edi costume. Dopo essere stato al «Messaggero» e al «Risorgimentoliberale» entrò a «La Stampa» nel 1947 rimanendovi fino alla morte.Da questa attività sono nati numerosi volumi tra i quali ricordiamosolamente i principali: la serie è inaugurata da «Questa Francia» (1934)per proseguire con «Un anno di libertà» (1945), «I moribondi diMontecitorio» (1947), «Risorgimento scomunicato» (1958), «L’Ita-lia a sinistra» (1963), «Roma ieri e oggi 1870-1970» (1970), «Il papae il diavolo» (1973). Grande successo ebbe il ritratto biografico«Berlinguer» (1976). Trascorse gli ultimi anni della vita in preda auna grave malattia di cui diede una toccante testimonianza in «Co-stellazione cancro» (1976). L’ultimo suo libro è «La vita ingenua»(Premio Strega, 1980), rievocazione della propria famiglia che di-venta il ritratto di un’epoca e di una società.

GOTTA SALVATOR (Montaldo Dora[TO] 1887-Rapallo 1980) - Formatosi nel-l’ambiente culturale della Torino del princi-pio del Novecento, ha derivato il suo stile didescrittore coscienzioso della società italia-na dell’Otto e Novecento dai veristi francesie dal Fogazzaro. Ottenne il suo primo suc-cesso nel 1917 con «Il figlio inquieto», pri-mo nucleo di una fortunata serie di romanziraccolti poi in parte sotto il titolo generale«La saga dei Vela» (1954), dal nome dellafamiglia che sta al centro delle vicende («Pre-

ludio romantico»; «La nostra passione»; «Il sole sui campi»; ecc.). Per iragazzi ha scritto «Il piccolo alpino» (1926), uno dei suoi libri migliori.Ha ottenuto buon successo in teatro con la commedia «La damigella diBard» (1936), felicemente interpretata da Emma Gramatica. Tra le sueultime opere di narrativa figurano: «Due vite sul mare» (1970), «Il fioredi Matisse» (1971), «Signore, salvateci, ci perdiamo» (1972), «Prender-si e lasciarsi» (1973). Negli ultimi anni di vita pubblicò due libri auto-biografici, «Tre maestri» (1976), dedicato a Fogazzaro, Giacosa eGozzano, e «Amore materno» (1977).

GOBETTI PIERO (Torino1901-Parigi nel 1926) - Scritto-re e pensatore politico italiano.Nel 1918, conclusi gli studiliceali, fondò e diresse un quin-dicinale, «Energie nuove», ches’ispirava all’idealismo di Be-nedetto Croce. L’orizzonte delsuo pensiero politico e cultura-le si ampliò poi attraverso l’ami-cizia con Antonio Gramsci e i comunisti di «Ordine nuo-vo», giornale al quale Gobetti collaborò in veste di criticoteatrale e letterario. Inseguito, mentre scriveva «Risorgi-mento senza eroi» (pubblicato postumo nel 1926), elabo-rò una concezione di moderno liberalismo, di cui enun-ciò i principi in un «Manifesto» e nelle pagine del setti-manale «Rivoluzione liberale», da lui fondato nel 1922.Intorno a questo giornale, che presto cominciò a subire isequestri e le perquisizioni del fascismo allora al potere,si radunarono numerosi intellettuali convinti della ne-cessità di creare una nuova classe politica dalla coscien-za moderna e democratica. Nel frattempo Gobetti lavo-rava instancabilmente, anche per altri giornali, fondavauna casa editrice e un settimanale letterario, «Il Baretti».Nel 1925, il regime fascista ordinò la chiusura di «Rivoluzio-ne liberale» e proibì a Gobetti di esercitare l’attività edi-toriale. Sottoposto a minacce e a percosse, egli decise al-lora di emigrare a Parigi, con l’intento di proseguire labattaglia politica. Ma pochi giorni dopo l’arrivo in Fran-cia ebbe una violenta crisi polmonare, cui non resse il suofisico già debole e ulteriormente compromesso dalle violen-ze subite. Tra le sue opere si ricordano «La filosofia politicadi Vittorio Alfieri» (1923) e «La sociologia liberale» (1924).

GOVONI CORRADO (Tamara[FE] 1884-Roma 1965) - Incrociò leesperienze poetiche crepuscolaree futurista, raggiungendo origi-nali soluzioni espressive. Dopo lapubblicazione de «Le fiale» (1903),si dedicò soprattutto all’attività discrittore collaborando alle riviste«Poesia», «Lacerba», e «Riviera Li-gure». Le raccolte che seguirono

«Fuochi d’artificio» (1905) e «Gli aborti» (1907), segnanol’inizio del suo accostarsi al futurismo. Successivamentepubblicò una decina di libri di versi, tra i quali «Poesieelettriche» (1911), «Rarefazioni e parole in libertà» (1915),«L’inaugurazione della primavera» (1915), «Parole scel-te» (1920), «Canzoni a bocca chiusa» (1938) e il postumo«La ronda di notte» (1966). «La strada sull’acqua» (1923)e «Misirizzi» (1930) sono invece testi di tipo narrativo.

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GRACE BARTOLINI LUISA (Bristol 1818-Pistoia 1865) - Inglesedi nascita, in seguito al matrimonio con l’ingegnere Francesco Bartolinivisse in Toscana e amò l’Italia come seconda patria. Tradusse i «Can-ti di Roma antica» del Macaulay, Longfellow, e scrisse prose e poe-sie per le quali meritò la lode del Carducci, che per lei scrisse un’odedei «Levia Gravia».

GRAMIGNA GIULIANO (Bologna 1920-Milano 2006) - Criticoletterario di vasta preparazione, collaboratore di periodici («Il Verri»,«Paragone», «Il piccolo Hans», «La fiera letteraria») e di quotidiani(«Corriere d’informazione», «Corriere della Sera», «Il Giorno»), è auto-re di romanzi e di versi in cui ha saputo affrontare in chiave sottilmenteintellettuale e con spregiudicate tecniche narrative i problemi di fondodell’esistenza: «Un destino inutile» (1958), «Marcel ritrovato» (1969),«L’empio Enea» (1972), «Il testo del racconto» (1972), «Il gran trucco»(1978), «La festa del centenario» (1989). Anche nei versi la primitivaderivazione ermetica si è poi arricchita di più originali spinte sperimen-tali che, però, non sono mai risultate fini a se stesse: «La pazienza» (1959),«Robinson in Lombardia» (1964), «Esercizi di decomposizione» (1971),«Il terzo incluso» (1971), «L’interpretazione dei sogni» (1978), «Eso-Es» (1980), «Annales» (1985), «Coro» (1990). Nel suo lavoro critico èpassato da un’analisi dei problemi della narrativa a livello teorico e mi-litante in «Interventi sulla narrativa contemporanea» (1976) e «La men-zogna del romanzo» (1980) a una lettura del testo letterario in chiavepsicanalitica in «Le forme del desiderio» (1986).

GOLDONI CARLO (Venezia nel 1707-Parigi 1793).Figlio di un medico di origini modenesi, nel 1719 raggiun-se il padre a Perugia, dove iniziò gli studi di retorica egrammatica presso il locale Collegio dei gesuiti. Dopo unbreve soggiorno a Rimini, nel 1723 si immatricolò al Col-legio Ghislieri di Pavia per studiarvi giuri-sprudenza, madalla città lombarda venne espulso nel 1725 in seguito alloscandalo provocato da una sua satira contro le donne del-la città. Abbandonati gli studi di legge, li riprese nel 1727 aModena per interromperli nuovamente poco tempo dopo.Richiamato dal padre a Venezia, si im-piegò prima alla Cancelleria di Chiog-gia, poi in quella di Feltre. Nel 1731, allamorte del padre, riprese gli studi laure-andosi quello stesso anno a Padova. Allacarriera forense affiancò ben presto l’in-teresse per il teatro, iniziando a collabo-rare nel 1734 con la compagnia del SanSamuele a Venezia, impegno a cui af-fiancò nel 1737 la direzione del teatroSan Giovanni Grisostomo. Nel 1741 ac-cettò l’incarico di console della Repub-blica di Genova a Venezia. Costretto afuggire in gran fretta da Venezia perdebiti, si stabilì nella città di Pisa, doveper tre anni riprese a esercitare la pro-fessione forense. Nel 1748, su proposta del capocomicoGirolamo Medebach, diventò autore stabile del Teatro San-t’Angelo a Venezia. Nel 1753 passò al Teatro San Lucadove restò fino al 1762, anno in cui si trasferì a Parigi perdirigere la Comédie Italienne. Nella capitale francese Gol-doni, pur non ottenendo il successo sperato, restò fino allamorte. Le prime sue prime commedie furono: «Amala-sunta» (1733) e «Belisario» (1734). Dopo questa esperien-za lirica, si rivolse alla commedia dell’arte, creando il pri-mo «personaggio» nel «Momolo cortesan» (1738), riela-

borata successivamente con il titolo di «L’uomo di mon-do» (1755). Sentì poi la necessità di rendere più dinamical’azione delle «maschere», liberandole da ruoli fissi e im-mutabili, e scrisse «La donna di garbo» (1743) e il «Servi-tore di due padroni» (1745, rielaborato nel 1753). Dopo ilritorno a Venezia, nel 1748, Goldoni cominciò la collabo-razione con Girolamo Medebach presso il teatro Sant’An-gelo e nella stagione 1750-51 scrisse «Il teatro comico», unasorta di «manifesto» della sua riforma. Tra le più famosefigurano, in lingua e in dialetto, «Le femmine puntigliose»,

«La bottega del caffè», «Il bugiardo», «Ipettegolezzi delle donne». La collabo-razione con il Sant’Angelo si chiuse nel1753 con un altro capolavoro, «La lo-candiera» (1753), che segnò il definiti-vo superamento della commedia del-l’arte. Passò al Teatro San Luca, dovericorrendo all’ambiente del popolo ve-neziano, scrisse commedie dialettali inversi della stagione 1755-56, «Le mas-sere», «Le donne de casa soa e Il cam-piello» e «Gli innamorati». Dal 1760 al1762 scrisse i suoi capolavori «venezia-ni». Vita reale (mondo) e rappresenta-zione scenica (teatro) si fondono allaperfezione nell’ambiente veneziano: «I

rusteghi», «La casa nova», «Sior Todero Brontòlon», «Lebaruffe chiozzotte». Invitato a dirigere la Comédie Italiennea Parigi, Goldoni si congedò dalla sua città con un com-mosso addio metaforico, «Una delle ultime sere di Carno-vale» (1762). Lavorò in Francia per trent’anni, e per anda-re incontro alle esigenze del pubblico parigino, scrisse so-prattutto scenari, dai quali, in alcuni casi, trasse comme-die inviate poi a Venezia. Tra queste ricordiamo «Il venta-glio» (1765), «Le bourru bienfaisant (Il burbero benefico,1771), e i «Mémoires» (1787).

GRANA GIANNI (Sannicandro Garganico [FG] 1924-Tor Lupara2001) - Direttore di alcune opere collettive di rilevante importanza criti-ca e documentaria, edite da Marzorati («I contemporanei», 1963; «I cri-tici», 1969; «’900», 1980), ha pubblicato saggi di critica letteraria come«L’iper(dis)funzione critica. Letteratura e poteri istituzionali» (1980) e«“I viceré” e la patologia del reale» (1982). Sull’onda del lavoroorganizzativo di ’900, ha ripreso la ricerca e l’analisi sul fenomeno delleavanguardie documentate nell’ampio studio ’900. «Le avanguardie let-terarie» (1986, 3 voll.). Ha inoltre pubblicato la raccolta poetica«Diomorto» (1980) che propone con durezza di stile interrogativi in-quietanti. Del 1992 è «Realismo e avanguardia dall’800 al ’900».

GRANDE ADRIANO (Genova 1897-Roma 1972) - Autodidatta, en-trò nel giornalismo, collaborò a vari periodici e fondò e diresse le riviste«Circoli» e «Maestrale». Nei suoi versi, in cui si sforza di conciliare ladiscorsività con la concisione verbale propria delle esperienze poetichepiù recenti, traspare una viva sensibilità paesistica insieme con la nostal-gica rievocazione di un mitico passato e il senso di un intimo dissidio dalquale la vita del poeta appare divisa e tormentata. Opere: «La tombaverde» (1930); «Nuvole sul greto» (1933); «Poesie in Africa» (1938),raccolte nel volume «Avventure e preghiere 1925-1955» (1955); «Con-solazioni» (1955); «Stagioni a Roma» (1959); «Acquivento» (1962).

GRANZOTT O GIOVANNI (Padova 1914-Roma 1985) - Collabora-tore della «Gazzetta del Popolo» e direttore del «Lavoro» di Genova

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(1940-1943) fu, dopo la guerra, corrispondente estero del «Tempo» e de«La Stampa». Fu poi corrispondente per il giornale radio da Parigi edagli Stati Uniti (1952-1953). È stato l’ideatore e l’organizzatore (1961)dei programmi televisivi «Tribuna elettorale» e «Tribuna politica»; dal1965 amministratore delegato della Radio Televisione italiana. Ammini-stratore delegato e nel 1976-1985 presidente del «Giornale nuovo», nel1976 fu nominato presidente dell’agenzia ANSA e nel 1980 vicepresidente

GOZZI GASPARO (Vene-zia 1713-Padova 1786) - Alpari del fratello minore Car-lo, ebbe a soffrire per le dif-ficoltà economiche della fa-miglia, nobile ma assai de-caduta, specie quando conla morte del padre, il conteJacopo (la madre era unaTiepolo), l’eredità fu suddi-visa tra undici fratelli. Dopogli studi di legge e matema-

tica, sposò Luigia Bergalli, poetessa arcade più vecchiadi lui, e la sua casa divenne un’officina letteraria in cuifurono impegnati la moglie, le figlie e i fidanzati dellefiglie. Tradusse su commissione autori classici antichi eanche moderni, come Molière, e le difficoltà economi-che, che lo angustiarono tutta la vita, non cessarono nep-pure nel 1754, quando si incaricò, per un compenso trop-po modesto, di redigere un catalogo della Libreria di SanMarco. Pubblicò nel 1750 una serie di «Lettere diverse»,e un anno dopo le «Lettere serie, facete, capricciose e quasibestiali», che nell’osservazione arguta e ironica della re-altà quotidiana rivelarono la sua vera vocazione giorna-listica. La «Gazzetta Veneta» (1761-62) e l’«Osservatoreveneto» (1761-62), nati da un accordo con una società dicommercianti col proposito di fornire notizie di comuneutilità, si rivelarono una palestra di discussione sui temipiù vari, del costume, della morale, della cultura. Aven-do a modello lo «Spectator» di Joseph Addison, Gozzifornì un quadro ricco e intelligente della società venezia-na del tempo, e scrisse ininterrottamente i numeri delsuo giornale in uno stile vivido, fluido ed elegante che fadi lui il migliore prosatore del Settecento italiano. Tra lealtre sue opere, che comprendono varie prose, volgariz-zazioni di Luciano e poemetti, vanno ricordati i «Sermo-ni» in endecasillabi sciolti, che Giosue Carducci giudicò ipiù belli prima di Giuseppe Parini.

GOZZANO GUIDO (Agliè[TO] 1883-Torino 1916) - Stu-diò legge senza mai perveni-re alla laurea. I suoi interessilo portarono a frequentare icircoli letterari torinesi, parti-colarmente sensibili alla lette-ratura del decadentismo eu-ropeo. Fu legato sentimental-mente alla scrittrice AmaliaGuglielminetti. Malato di tisifin da giovanissimo, alternò lavita nella città con soggiorni

in località climatiche. Per ricercare climi più salubri sispinse fino in India e Ceylon. Nel 1907 pubblicò la rac-colta di poesie «La via del rifugio», che segnò l’esordiopoetico di Gozzano. L’opera è intimamente disorganica,ma denuncia tuttavia una notevole capacità di versifica-zione e costituisce un interessante esempio di lirica post-dannunziana, nella quale il pessimismo ironico e la co-scienza critica dell’autore appaiono mezzi nuovi di ana-lisi delle convenzioni borghesi. Componimenti come »Ledue strade» o la più celebre «Amica di nonna Speranza»si caratterizzano per l’impiego del dialogo e il ricorso alparlato, che saranno caratteristici di tutta la poesia suc-cessiva di Gozzano. «I colloquii» è un libro pubblicatonel 1911, che rappresenta il momento più importante dellaproduzione poetica gozzaniana. Ripartito in tre sezionidistinte, è una sorta di poema esistenziale che si aprecon gli episodi di «vagabondaggio sentimentale» delGiovenile errore, in cui l’autore affronta un’ironica ri-flessione sull’amore. Le poesie seguenti di «Alle so-glie» (tra cui, notissima, «La signorina Felicita») sem-brano attraversate da una premonitrice idea di morte,che nell’ultima sezione, intitolata significativamente«Il reduce», si scioglierà in un’indifferente rassegna-zione, raggiunta dal poeta nella resa a un’esistenzavana e senza valore.

GOZZI CARLO (Venezia, 1720-1806) - Di-scendente di una famiglia nobile ma povera,la sua vita fu priva di eventi e di viaggi, a parteun trasferimento, tra i venti e i ventiquattroanni, in Dalmazia al seguito del provvedito-re generale. Per il resto non si mosse mai daVenezia, e là svolse la sua ostinata polemicacontro la cultura illuministica. Insieme al fra-tello maggiore Gasparo, meno conservatoredi lui, entrò nella tradizionalista Accademiadei Granelleschi e si batté contro i costumi chesi stavano diffondendo, contro la «brutalità»del materialismo mascherata di «sensibilità», contro Car-lo Goldoni e la sua riforma del teatro, e contro Pietro Chiari,

che pure era l’avversario di Goldoni. Tali avver-sioni trovarono sfogo in diversi scritti fra cui «LaTartana degli influssi per l’anno 1756», una sortadi lunario critico-satirico tracciato sul modo diun popolare almanacco veneziano, «Lo Schie-son». Ma un superamento di questa accanita po-lemica, che aveva i caratteri della stravaganza emancava di una precisa ideologia, venne con le«Fiabe teatrali» (1761-1765), rappresentazioni cheriprendevano le maschere della commedia del-l’arte contro il naturalismo goldoniano e cheebbero buona fortuna. Sono da ricordare inol-

tre la «Marfisa bizzarra», poema satirico sui costumi ve-neziani del Settecento, e le «Memorie inutili» (1797-98).

della Alliance européenne agences de presse. Oltre ai romanzi a sfondostorico «La battaglia di Lepanto» (1975) e «Maria Teresa, Maria Te-resa!» (1982) e al volume di racconti «Il viaggiatore» (1979), pubbli-cò fortunate biografie, tra cui: «Carlo Magno» (1978, premioCampiello) e «Cristoforo Colombo» (1984, premio Castiglioncello).È uscito postumo «Vojussa, mia cara» (1985), un suo diario dal fron-te greco-albanese.

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GRAZIANI GEROLAMO (Pergola [PZ], 1604-1675) - Poeta allacorte di Modena all’epoca di Francesco I d’Este, è autore di un poemaepico («Il conquisto di Granata») celebrante la cacciata dei Mori dallaSpagna, nel quale l’elemento eroico è connesso al romanzesco, e di unatragedia («Il Cromuele»).

GRAZZINI GIOV ANNI (Fir enze, 1926-2001) - Ha collaborato a «Ilponte», «Il Mondo» e «La Nazione» ed è stato responsabile delle pagineculturali del «Corriere della Sera», del quale è stato anche critico cine-matografico, passando poi al «Messaggero». I suoi primi interessi sonostati letterari e da essi sono nati molti articoli critici (raccolti in «La bot-tega di Gonnellone», 1978) e le pregevoli edizioni del «Teatro» di A. F.Grazzini detto il Lasca (1953) e di «Il montanino toscano» di G. Tigri(1959) e una biografia critica di Solzenitzyn (1973). La sua maggioreattività però è stata rivolta al cinema e in questo campo si è imposto tra imaggiori critici italiani con recensioni lucide e taglienti e con volumidocumentati di stampo storico-analitico come «Gli anni Settanta in cen-to film» (1976), «Gli anni Sessanta in cento film» (1977), «Eva controEva. La donna nel cinema italiano dagli anni Sessanta ad oggi» (1980),«Le mille parole del cinema. Dizionario portatile dello spettatore» (1980)e una serie di volumi analitici dei film usciti nei singoli anni dal 1977(«Cinema ’77», 1978) in poi, offrendo una panoramica che ha incontratomolto successo. Direttore del Centro sperimentale di cinematografia edella rivista «Bianco e Nero».

GREPPI ANTONIO (Angera [VA] 1894-Milano 1982) - Iscritto alPSI dal 1919, militante antifascista, fu designato dal CLNAI primo sin-daco di Milano nel dopoguerra, carica che tenne fino al 1952. Dopo lascissione di palazzo Barberini entrò nel PSLI (in seguito PSDI). Fu an-che scrittore di romanzi, tra cui «Vita e passione d’avvocato» (1939) e«Infanzia sul lago» (1950), e di memorie autobiografiche come «Il bravoragazzo» (1951), dedicato al figlio deceduto durante la guerra partigia-na, e «Risorgeva Milano» (1953). Ma più significativa è la sua operateatrale in lingua e in dialetto: «L’avvocato dei poveri» (1939), «El coeurin pas» (1959) e «I saresett» (1961).

GRIECO GIUSEPPE (Vico Equense [NA], 1920-2012) - Dopo iversi in dialetto, «Poesie napoletane» (1951), il suo primo romanzo,«Casa Vanacore» (1955), gli valse riconoscimenti critici e notorietà,e resta la sua opera migliore rispetto a «Il lungo viaggio» (1959),«Epitaffio per una sgualdrina» (1974) e «Liturgia di amore e gover-ni» (1982). Entrato nel giornalismo, si era occupato di critica teatra-le, che esercitò su «Gente». Nel 1990 ha pubblicato «I sette vizi capi-tali. Viaggio nel pianeta delle passioni umane»; nel 1991 «EnrichettaManzoni Blondel, una donna sapiente all’ombra di un genio». L’ulti-ma sua opera è del 1995: «L’esilio».

GRILLANDI MASSIMO (Forlì 1931-Roma 1987) - Dopo un volu-me di critica letteraria («Poeti», 1963) e una serie di monografie («Jovine»,1971; «Sereni», 1972; «Bassani», 1972; «Tobino», 1975), ha avuto isuoi maggiori successi con fortunate biografie che uniscono una riccadocumentazione a intenti narrativi, come «La contessa di Castiglione»(1978, premio Bancarella), «Rasputin» (1979), «La Bella Otero» (1980),«Mata Hari» (1982), «Lucrezia Borgia» (1984). Ha inoltre pubblica-to romanzi di solido impianto narrativo, spesso a sfondo storico maricchi di fantasia, come «La casa di Faenza» (1965, finalista al Pre-mio Strega), «Un paradiso per morire» (1974), «La grande impresa»(1977), «Andreina» (1981), «Eleonora» (1983), «Barbara» (1985).Dei suoi volumi diversi ricordiamo «Con disperata guerra» (1962),«Il giro di Francia» (1967), «La libertà spaziale» (1970). Per i suoicomponimenti ha ricevuto il Premio Lerici nel 1961 e il Premio IlFiore nel 1981. Sempre nel 1981, ha ricevuto il Premio San Gerolamoper la traduzione letteraria.

GRAF ARTURO (Atene 1848-Torino 1913) - Nato da padre te-desco e madre anconetana, nel1851 si trasferì con la famiglia aTrieste. Alla morte del padre si tra-sferì in Romania (a Braila), quindiandò a studiare diritto a Napoli,dove nel 1870 si laureò in Legge.Nel 1874 si stabilì a Roma, doveconseguì la libera docenza in Let-teratura italiana con una disserta-zione su Leopardi. Nello stesso

anno ottenne un incarico alla Università di Torino di Sto-ria comparata delle letterature neolatine e poco dopoquello di Letteratura italiana. Pubblicò in quegli anni«Dell’epica neolatina primitiva» (1876); «Dello spirito po-etico dei nostri tempi» (1877); opere seguite poi da «Ildiavolo» (1889), di recente ripubblicato, e «L’anglomaniae l’influsso inglese in Italia nel secolo XVIII» (1911). Illavoro medievistico di Graf ha i suoi punti più alti neivolumi «Roma nella memoria e nelle immaginazioni delMedio Evo» (1882-1833, II tomi), e in «Miti, leggende esuperstizioni del Medio Evo» (1892-1893, II tomi). Nel1883 Graf fondava, con i più giovani Francesco Novati eRodolfo Renier, il «Giornale storico della letteratura ita-liana», che fu per anni organo di punta della scuola stori-ca. Dal 1882 al 1907 tenne la cattedra di Letteratura ita-liana. Nel corso di questi anni, nell’aula VII della Facoltàdi Lettere, Graf svolgeva un tipo particolare di lezioni (lecosiddette «sabatine»), durante le quali si leggevano versi,novelle, brani di romanzi e si intavolavano dibatti apertia tutti. Intenso fu il suo impegno poetico («Medusa», 1880;«Le rime della selva», 1901; il romanzo «Il riscatto», 1901,il saggio «Per una fede», 1906). Nell’ultimo quindicenniodi vita collaborò alla «Nuova antologia», dove pubblicòtesti poetici e brevi studi, poi raccolti in volumi, ma ancheinterventi sulla cultura contemporanea. Fu Rettore dell’Uni-versità di Torino dall’ottobre 1892 all’ottobre 1894.

GRAVINA GIOVANNI VIN-CENZO (Roggiano Gravina,1664-Roma, 1718) - Discendenteda una rispettata famiglia, ricevet-te la sua formazione dallo zio daparte materna Gregorio Calopre-se; a Napoli studiò diritto canoni-co a lungo. Nel 1689 si recò a Ro-ma, dove sotto l’influenza dellaregina Cristina di Svezia fu co-fon-

datore del circolo letterario «Accademia dell’Arcadia».In questa associazione si svilupparono ben presto duediverse tendenze: quella dello stesso Gravina, basata suimodelli di Dante e Omero e quella più moderata di Cre-scimbeni, che si rifaceva al Petrarca. A causa di questodiverbio uscì dall’accademia nel 1711 e fondò l’«Acca-demia dei Quinti». Successivamente scoprì il poeta elibrettista Pietro Metastasio, al quale fornì un’ottima for-mazione letteraria. Questi divenne anch’esso un eccel-lente membro dell’«Accademia dell’Arcadia». Nel 1701 scris-se un libro, con un requisito essenziale: «Il buonsenso», egliintuì che le norme in un ordinamento devono essere poche eche quelle poche norme devono essere razionali.

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GRAMSCI ANTONIO (Ales [CA] 1891-Roma 1937).Uomo politico e scrittore. Nato da famiglia piccolo-bor-ghese disagiata, fece i primi studi in Sardegna. Nel 1911 siiscrisse all’Università di Torino. Entrato nel partito socia-lista (1913), iniziò a collaborare attivamente dal 1916all’«Avanti!». Nel 1919 fondò, con P. Togliatti e U. Terracini,il settimanale «L’Ordine nuovo». L’attività politica epubblicistica che svolse in quegli anni fu determinanteper la nascita del partito comunista d’Ita-lia (1921). Nel 1924, dopo la sua elezione alParlamento, fondò con Togliatti il quotidia-no «L’Unità». Fatto arrestare da Mussolininel 1926, condannato a vent’anni dal tri-bunale speciale, passò di carcere in carce-re, in condizioni di salute sempre più gra-vi. Morì in una clinica di Roma. Oltre agliscritti politici precedenti al suo arresto (rac-colti poi nei volumi «L’Ordine nuovo»,1954, «Scritti giovanili», 1958, «Sotto laMole», 1960, «Socialismo e fascismo», 1966,«La costruzione del partito comunista»,1971), le sue opere comprendono le «Let-tere dal carcere» (1947, Premio Viareggio) e i 32 «Quader-ni del Carcere», il cui materiale è stato ordinato in sei vo-lumi: «Il materialismo storico e la filosofia di BenedettoCroce» (1948), «Gli intellettuali e l’organizzazione dellacultura» (1949), «Il Risorgimento» (1949), «Note sulMachiavelli, sulla politica e sullo stato moderno» (1949),

«Letteratura e vita nazionale» (1950), «Passato e presen-te» (1951). Nel 1975, i «Quaderni» hanno avuto una siste-mazione filologica nell’edizione critica dell’Istituto Gramsia cura di V. Gerratana. Polemista vivace e scrittore di esem-plare chiarezza, Gramsci ha esercitato una vasta influen-za culturale anche al di fuori dell’ambito marxista. Il fasci-no della sua opera e della sua figura deriva anche da unastraordinaria ricchezza umana e morale, di cui le «Lettere

dal carcere» sono la più viva e toccante te-stimonianza. La sua ricerca dapprima siorientò lungo un asse che doveva propor-re una rilettura della tradizione, da DeSanctis a Labriola a Croce, coniugando ilmaterialimso storico con la dialettica hege-liana. Presto fu però evidente il suo rifiutodell’intuizionismo crociano, per il recuperodi una nozione di “forma” desanctisianacome rapporto tra creazione letteraria emondo etico-sociale. Da ciò, e dal collega-mento di tale rapporto con le strutture sto-rico-economiche della società, deriva unasorta di sociologia marxista della cultura

che ha improntato per alcuni decenni il dibattito intellet-tuale della sinistra italiana. La ricerca di una tradizione«nazional-popolare» nella nostra cultura, pur fonte di nu-merosi equivoci ideologici, ha spesso permesso originalirivalutazioni di momenti della storia letteraria.

GRIMALDI GIULIO (Fano [PU] 1873-Pisa 1910) - È vissuto inse-gnando lettere in varie città (Legnano, Fabriano e Pisa presso la RegiaScuola Normale Maschile “Leonardo Fibonacci”). Appassionato per glistudi storico-filologici ed eruditi, nel 1901 fondò la rivista «Le Marcheillustrate nella storia, nelle lettere, nelle arti». Nonostante la sua brevevita (morì tragicamente per annegamento a Marina di Pisa) ha lasciatouna cospicua produzione letteraria: poesie in lingua e in vernacolo, studifilologici ed eruditi, recensioni, saggi e un romanzo. Esordì ancora stu-dente con il volume di poesie «Asfodeli», al quale seguirono altre rac-colte di versi: «Maternità», «Le intime», «Ninnenanne, Bròd e àcin» e ilracconto «Messa novella». Nel 1907 pubblicò una sorta di raccontosaggistico nato da una ricerca in loco da un attento studio sull’attività deipescatori del porto di Fano, dal titolo «Pescatori dell’Adriatico», consi-derato un abbozzo del futuro romanzo «Maria risorta», che uscì a pocomeno di un anno di distanza dalla sua morte.

GRISELLINI FRANCESCO (V enezia 1717-Milano 1783) - Dise-gnatore di carte geografiche in gioventù, fondò a Venezia il «Giornaled’Italia», sul quale scrisse di economia e di scienze naturali, e iniziò nel1768 il «Dizionario delle arti e de’ mestieri» (terminato nel 1778 daMarco Fossadoni). Nel 1774-1777 viaggiò per l’Europa orientale, e misea frutto queste sue esperienze nelle «Lettere odeporiche» (1780), in cui ènotevole soprattutto la parte dedicata al banato di Temesvár. Nel 1777 sistabilì a Milano, dove divenne segretario della Società patriottica. Ami-co di Goldoni, scrisse il trattato «Della commedia italiana» e composecommedie mediocri. Apologista del Sarpi, gli dedicò tre opere (1760,1770, 1785), confutando tra l’altro i discorsi di Appiano Buonafede.

GRITTI CHECCO (V enezia, 1740-1811) - Apparteneva a una nobilefamiglia veneziana. Sconosciuto quanto finissimo autore dalla vena iro-nica molto pungente, sopratutto rivolta verso i suoi pari aristocratici,mise in versi dialettali le favole di La Fontaine. Deve la sua fama agli«Apologhi veneziani», satira dei costumi dei suoi concittadini, fatta congrazia e vigore.

GROMO MARIO (Novara 1901-Torino 1960) - Figura di rilievo nelquadro della cultura torinese antifascista, fondò con G. Debenedetti e S.Solmi la rivista «Primo Tempo» e successivamente diresse la casa editri-ce Ribet pubblicando, tra le altre, opere di Sbarbaro, Comisso, Angioletti,la nuova edizione degli «Ossi di seppia» di Montale, il primo libro diPiovene «La vedova allegra». Tra i suoi scritti ricordiamo i racconti«Costazzurra» (1926) e «Quattro stagioni» (1952), il romanzo «I bugiar-di» (1931), le prose torinesi «Guida sentimentale» (1928). Critico cine-matografico de «La Stampa» dal 1931 alla morte, pubblicò alcuni saggisul problema cinematografico e in particolare un ritratto del regista RobertFlaherty.

GROSSI TOMMASO (Bellano [CO]1790-Milano 1853) - Poeta dialettale e inlingua, romanziere e giurista, in quanto taleattivo soprattutto all’epoca dell’insurrezio-ne del 1848 a Milano. Di simpatie liberali,fu attivo negli ambienti politici e culturalimilanesi, e collaborò tra gli altri con CarloPorta e Alessandro Manzoni. Cominciò lasua attività letteraria come poeta dialettale.Nel 1816 pubblicò anonimamente a Milanola «Prineide», un poemetto satirico in mila-

nese e in sestine di endecasillabi, definita da Stendhal «la maggiore sati-ra che la letteratura abbia prodotto nell’ultimo secolo». Successivamen-te pubblicò «La fuggitiva» (1816), «L’Ildegonda» (1820), «I lombardialla prima crociata» (1826) e il romanzo storico «Marco Visconti» (1834).L’amicizia con Carlo Porta fu di grande importanza per la scelta deldialetto e del genere satirico. Aderì al Romanticismo, provandosi in al-cuni dei suoi generi più caratteristici: il romanzo storico e la novella inversi. Nel 1838 dopo il matrimonio si dedicò alla professione di notaio elasciò la letteratura. Nel 1848 stese l’atto ufficiale della fusione tra Pie-monte e Lombardia in seguito alla prima guerra di indipendenza.

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GROSSO GENNARO (dati anagrafici di incerta provenienza) - Na-poletano, di lui si conosce pochissimo. Pubblicò alcune raccolte di poe-sie, tra cui figurano «La cetra» (1650) e «L’arpa febea» (1656).

GUACCI MARIA GIUSEPPINA (Napoli, 1807-1848) - Scolara diBasilio Puoti, scrisse poesie («Rime», 1847) che risentono del climaclassicistico dominante nella Napoli del periodo. Ammiratrice del Leo-pardi, da lui derivò gli accenti di cupa malinconia dei versi autobiografi-ci; compose anche poesie d’intento patriottico e civile.

GUADAGNOLI ANTONIO (Ar ezzo 1798-Cortona 1858) - Figliodel poeta bernesco Pietro, studiò presso il seminario di Arezzo, perpoi laurearsi in giurisprudenza nel 1821 all’Università di Pisa. Inse-gnò lettere in varie scuole pisane ed aretine fino al 1847, quandograzie ad una cospicua eredità, poté vivere di rendita ed occuparsi dipolitica. Nel 1848 divenne gonfaloniere di Arezzo. Si mostrò nel-l’occasione fervente liberale, e nonostante l’ordine governativo di im-pedire l’ingresso in città a Giuseppe Garibaldi (profugo dopo la cadutadella Repubblica romana), rifornì di viveri i legionari garibaldini. La suaproduzione letteraria (poesie satiriche, novelle) ha sempre avuto un tonodivertito e colloquiale.

GUALDO LUIGI (Milano 1847-Parigi 1898) - Visse a lungo inFrancia e scrisse in francese alcuni dei suoi romanzi: «Uneressemblance» (1874), «Un mariage excentrique» (1879). In essi,come nei romanzi scritti in italiano («Costanza Guardi», 1875; «De-

GRAZZINI ANTON FRAN-CESCO, detto il Lasca (Fi-renze, 1503-1584) - Da giova-ne fu messo a bottega da unparente speziale e, non es-sendovi conoscenza di unasua educazione sistematica,c’è da ritenere che in quel pe-riodo egli sia andato forman-dosi una sua cultura daautodidatta, dapprima so-prattutto nell’ambito poeti-co. Nel 1540 fu tra i fondatori

dell’Accademia degli Umidi, e da allora assunse il so-prannome del Lasca, con cui restò poi noto. Compose unagran quantità di rime giocose (canzoni, sonetti, madri-gali) e fu considerato il migliore seguace di FrancescoBerni. Ma la sua produzione migliore si trova nelle no-velle e nel teatro: scrisse farse, come «Il frate» e «La gio-stra», e sette commedie, databili tra il 1540 e il 1550 (Lagelosia, La spiritata, La strega, La pinzochera, La Sibilla,I parentadi, L’arzigogolo), che obbedivano al suo gustodi rappresentare con linguaggio colorito e pettegolo al-cune situazioni intricate. La raccolta di novelle intitolata«Le Cene», cui lavorò con interruzioni per molti anni eche lasciò incompiuta, doveva comprendere trenta no-velle distribuite in dieci giorni, o cene, ma a noi ne sonoarrivate ventidue, rinvenute a distanza di due secoli. Ben-ché il Lasca riproduca il modello dell’amato Boccaccio,cioè della brigata di donne e giovanotti radunati a narra-re casi e beffe, le sue novelle sembrano derivare linfa vitale eimmediatezza dalla tradizione orale della società fiorentina,e dal gusto che essa aveva nel descrivere fatti e macchiette,beffe d’amore e burle. Nel 1582 Grazzini fondò, con l’ami-co Leonardo Salviati, l’Accademia della Crusca.

GUARESCHI GIOVAN-NI (Parma 1908-Cervia[RA] 1968) - Scrittore egiornalista, iniziò a lavo-rare nel 1929 come redat-tore del «Corriere Emilia-no» a Parma e tra il 1936e il 1943 fu caporedattoredel settimanale umoristi-co «Bertoldo». Durante laseconda guerra mondialefu fatto prigioniero dei te-

deschi dal 1943 al 1945. Dopo la Liberazione fondò conGiovanni Mosca il «Candido», di cui fu direttore. Otten-ne il suo più grande successo con i racconti di satira poli-tica di «Mondo Piccolo» (1948), che furono pubblicati sul«Bertoldo» ed ebbero uno straordinario successo di pub-blico. «Don Camillo», che delinea con spassosa comicitàla piccola guerra tra il parroco di campagna Don Camilloe il sindaco comunista Peppone e che dalla critica fu para-gonato a un moderno romanzo picaresco, divenne in bre-ve tempo un successo internazionale. In seguito ne scris-se numerose continuazioni, tra cui «Don Camillo e il suogregge» (1953), «Il compagno don Camillo» (1963), «DonCamillo in Russia» (1963). I personaggi di Don Camillo ePeppone divennero famosi soprattutto per le numeroseversioni cinematografiche, interpretate da Fernandel eGino Cervi.

GROTO LUIGI (Adria [RO] 1541-Venezia 1585) - Detto «il Ciecod’Adria» perché rimasto cieco ottogiorni dopo la nascita. Con le suerime (piene di bisticci e di immagi-ni ricercate), con la musica e il can-to rallegrava le corti. Fu anche piùvolte oratore ufficiale della sua cit-

tà. Per il teatro scrisse le tragedie «Dalida» (1572), note-vole per il gusto dell’orrore, e «Hadriana» (1578), il cuisoggetto, già trattato da Luigi Da Porto e dal Bandello,doveva ispirare il «Romeo e Giulietta» di Shakespeare; ele commedie: «Emilia» (1579), «Il tesoro» (1583),«L’Alteria» (1587).

cadenza», 1892) e nei versi («Nostalgie», 1863), predomina l’inte-resse per l’analisi psicologica dei caratteri, con una evidente predile-zione per quelli complicati e strani.

GUALTIERI LUIGI (Saludecio [FO] 1825-Sanremo [IM] 1901) -Sposò l’attrice Giacinta Pezzana e passò buona parte della sua vita aMilano. Autore fecondo di romanzi («I misteri d’Italia», «Pape Satan»,«I Piombi di Venezia») e drammi («Il duello, Silvio Pellico») di grosso-lana fattura, ebbe fortuna presso un pubblico di gusto popolare.

GUARINI ALESSANDRO (Ferrara, seconda metà del XVI sec.-dopo il 1610) - Figlio di Battista, col quale visse in difficili rapporti,poiché questi pretendeva di amministrargli la dote della moglie. Nonfu scrittore fecondo, ma rivelò acuto spirito critico nella lezione sulsonetto del Casa «Doglia, che vaga donna al cor n’apporte» (1599) esoprattutto nel dialogo «Il farnetico savio ovvero il Tasso» (1610),ricco di intelligenti osservazioni, oltre che sul Tasso, sulla poesia diDante.

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GUARINI RUGGERO (Napoli, 1931-Roma) - Giornalista e scrittoresi era affermato dapprima come giornalista con collaborazioni a giornalie riviste (tra cui il «Tempo presente» e «L’Espresso»), successivamentecurando le pagine culturali del Messaggero di cui divenne direttore del-l’inserto «Cultura». Il suo esordio di scrittore avvenne con un romanzodal forte contenuto erotico ma, come dice lo stesso titolo «Parodia» (1973),visto ironicamente. La sua fortuna di saggista invece fu legata al moralismoche contraddistinse i suoi libri successivi: «Breve Corso di Morale Lai-ca» (1987); «Compagni, coraggio ancora uno sforzo: dimenticareTogliatti» (1989) in cui tratteggia con spirito critico le traversie ideologi-che della sinistra italiana; «Fisimario - Un catalogo di pregiudizi fra lacronaca e l’eternità» (1990); «Quando bisbiglio la parola Dio. Preghieradi un laico» (1991); «Punto e a capo» (1977). Aveva pubblicato anche unlibrettino di versi «Un pizzico sulla mano» (2006).

GUARNIERI SIL VIO (Feltr e [BL] 1910-Treviso 1992) - Già diretto-re dell’Istituto di cultura italiana a Timisoara (Romania) e poi a Bruxel-les, in seguito, fino al 1980, docente di storia della letteratura italianamoderna e contemporanea all’università di Pisa, ha soprattutto esploratola letteratura del Novecento («Cinquant’anni di narrativa in Italia», 1955)e il rapporto tra letteratura e ideologie («Condizioni della letteratura.Saggi sulla letteratura italiana del Novecento», 1975; «L’intellettuale nelpartito», 1976; «Senza i conforti della religione», 1992). Ha al suo attivoanche libri di narrativa di carattere psicologico-sperimentale: «Utopia erealtà» (1955), «Cronache feltrine» (1967), «Storia minore» (1985), «Paesimiei» (1989). Con «L’ultimo testimone» (1989) ha dato un notevole con-tributo memorialistico sulla sua esperienza giovanile a Firenze negli anniTrenta, da cui emergono sia un quadro della società culturale dell’epocasia ritratti dal vivo di scrittori come Gadda, Bonsanti, Montale, Vittorini.

GUAZZO MARCO (Padova, 1480-1556) - Figlio di padre mantovano,fu in giovinezza militare. Dedicatosi poi alle lettere, scrisse opere teatralie il poema cavalleresco «Astolfo borioso» (1523). Ha lasciato anchevarie compilazioni storiche: «Istoria di tutte le cose degne di memoriadal 1524 al presente» (1540), continuata poi fino al 1552; «Compendio

GUARINI GIOVANNI BAT-TISTA (Ferrara 1538-Venezia1612) - Professore di poetica eretorica all’Università di Ferra-ra, cortigiano presso la corteestense, per la quale ricoprì variincarichi diplomatici, fu amicoma anche avversario poetico diTorquato Tasso, del quale av-vertiva la genialità. Scrisse mol-te liriche, una commedia, sag-

gi, ma soprattutto «Il pastor fido» (1590), favola pastora-le in forma di tragicommedia, che gli diede fama inter-nazionale. Perfetta espressione della cultura prebarocca,«Il pastor fido» narra le intricate vicissitudini amorose didue coppie di giovani, in un’atmosfera carica di sensua-lità e con un complesso alternarsi di versi di varia lun-ghezza: è evidente l’intenzione di porsi in competizionediretta con il più celebre dramma pastorale di quegli anni,«L’Aminta» (1573) di Tasso. Guarini intendeva inoltreproporre la favola pastorale come un genere dramma-turgico esemplare, superando la tradizionale distinzio-ne fra tragedia e commedia: era una posizione piuttostoaudace per le rigide poetiche di quegli anni, e difatti pro-vocò una rovente polemica, che coinvolse i letterati ditutta Europa fin quasi alla metà del XVII secolo.

delle guerre di Maometto co’ Veneziani» (1552); «Cronaca degli uominiillustri e dei fatti degni di memoria» (1553). È citato da A. Manzoni nei«Promessi sposi» fra gli autori della biblioteca di don Ferrante. È ricor-dato inoltre come prosecutore dell’«Innamoramento di Lancillotto e Gi-nevra» di Niccolò Agostini.

GUAZZO STEFANO (Casale Monferrato, 1530-1593) - Esponentedella cultura piemontese nell’età di Emanuele Filiberto e Carlo Emanue-le I, fu tra i fondatori nella sua città dell’Accademia degli Illustrati. Dopogli studi di Diritto, lavorò per Lodovico Gonzaga ed altri componentidella famiglia, per la quale fu attivo come diplomatico in Francia e presso loStato Pontificio. È autore del trattato «La civil conversazione» (1574), trattatoin quattro libri nel quale, in forma di dialogo tra due interlocutori (Annibale eil Cavaliere), si affrontano temi quali l'educazione e la vita familiare e sociale,«Dialoghi piacevoli» (1586), «Lettere» (1591), «Scelta di rime» (1592) e «Laghirlanda della contessa Angela Maria Beccaria» (postuma, 1595).

GUERRAZZI VINCENZO (Mammola[RC] 1940-Genova 2012) - È stato pastoree operaio metalmeccanico, poi scrittore epittore, esponente di rilievo di una lettera-tura di fabbrica arrabbiata e provocatoria,che descrive, mirando a un’autenticità psico-linguistica non sempre raggiunta, il dram-ma umano dell’operaio nei grossi comples-si industriali. Fonda il primo quotidiano mu-rale «L'urlo della notte» dove gli operai scri-vono sui muri frasi e pensieri, che lui rac-

coglie e pubblica nel suo primo romanzo «Nord e Sud uniti nella lotta».È un libro spregiudicato nel linguaggio, censurato, discusso, ma poifinalista al Premio Sila nel 1975. Altri suoi scritti pubblicati su «Il Seco-lo XIX» e «Il Lavoro», saranno poi riuniti nel romanzo «Le ferie di unoperaio» del 1974. Negli anni successivi escono «La fabbrica del so-gno» (1977), «La fabbrica dei pazzi» (1978), «L’altra cultura» (1975), «Idirigenti» (1976) e le interviste di «Gli intelligenti» (1978).

GUERRAZZI FRANCESCODOMENICO (Livorno 1804-Cecina [LI] 1873) - Repubbli-cano, democratico, anticleri-cale, fu tra i protagonisti dellarivoluzione toscana del 1848-1849 e divenne dittatore delgoverno provvisorio; in segui-to al fallimento del moto (pro-vocato anche dalla sua politi-ca miope e poco duttile) e quin-

di con la Restaurazione, egli fu esiliato in Corsica, da doveriuscì poi a fuggire. Nel 1860 fu deputato, anticavouriano,al parlamento subalpino. La maggior parte dei suoi ro-manzi e racconti storici («La battaglia di Benevento» 1827;«L’assedio di Firenze» 1836; «Veronica Cybo», 1839; «Isa-bella Orsini», 1844; «Beatrice Cenci», 1854; «L’assedio diRoma», 1865; «Il secolo che muore», postumo 1875) te-stimoniano un temperamento irruente e generoso e unaintensa passione politica ma non conoscono il freno del-l’arte, dominati come sono da un’accesa oratoria, da ge-sti teatrali, dal gusto del truce e dell’orrido di derivazio-ne byroniana. Più felici sono le pagine satiriche («LaSerpicina», 1847; «L’asino», 1857) e le notazioni di costu-me del «Buco nel muro» (1862). Assai interessanti, inol-tre, le lettere e le Memorie (1848).

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GUERRINI ADRIANO (Alfonsine [RV]1923-Genova 1985) - La sua figura di poe-ta si distinse sempre nel panorama lirico con-temporaneo per il suo distacco dalle scuolee la posizione di fermezza critica e morale.Per questo pagò con un volontario isolamen-to, mentre avrebbe potuto ottenere un’ac-coglienza più aperta. Trasferitosi in Ligu-ria, si accordò ben presto al temperamentoschivo e riservato della letteratura di questaregione per cui già si sentiva portato, ma

senza trascurare una incisiva attività attraverso la rivista «Resine», ildiscorso polemico («La poesia neurologica», 1969; «La rivoluzione alliceo», 1971), il sostegno critico a un poeta come Sbarbaro («Il significa-to di Sbarbaro», 1968). La sua poesia, all’insegna dell’ideale di Saba:«poesia onesta», è raccolta in «L’età di ferro» (1978) e poi in «Ventottopoesie» (1981) e «Quindici poesie a qualcuno» (1982).

GUGLIELMI GIUSEPPE (Bari 1923-Bologna 1995) - Laureato inlettere ha lavorato come dirigente nel consorzio provinciale per la pub-blica lettura. Collaboratore del «Verri», «Il Caffè», «Rendiconti» ed espo-nente del «Gruppo 63», ha pubblicato, sulla linea di uno sperimentalismovisionario, «Essere & non avere» (1955), «Panglosse, blandimentisornamentis coeteris meretriciis» (1967), «Combestiario» (1974),«Ipsometrie» (1980). Ha tradotto diverse opere letterarie dal francese,tra i quali Louis-Ferdinand Céline, Raymond Queneau, André Gide, JeanThibaudeau, ma anche saggi, per esempio di Gilles Deleuze, HenriFocillon e Jean Starobinski e altri libri, soprattutto per Il Mulino di Bo-logna e l'Einaudi di Torino.

GUGLIELMI GUIDO (Rimini 1930-Bologna 2002) - Aveva parteci-pato all’attività del «Gruppo 63» e curato con E. Pagliarani l’antologia«Manuale di poesia sperimentale» (1966). In seguito il suo lavoro dicritico si era indirizzato verso problemi della letteratura novecentesca(«Letteratura come sistema e come funzione», 1967; «Ironia e negazio-

GUERRA ANTONIO, detto Tonino (Sant’Arcangelo diRomagna, 1920-2012) - Durante la sua prigionia nel cam-po di concentramento di Troisdorf, in Germania, scrissepoesie in lingua romagnola poi raccolte nel volume «Iscarabocc» (1946). Esordì come scrittore nei «Gettoni» di-retto da Elio Vittorini per Einaudi, poi nel 1953 si stabilì aRoma, e frequentando la casa del pittore Lorenzo Vespi-gnani, fece la conoscenza di Elio Petri, Giuseppe De Santis(con cui debuttò come soggettista in «Uomini e lupi» nel1957), e Aglauco Casadio (con lui invece il debutto comesceneggiatore in «Un ettaro di cielo» nel 1959). Sul finire

degli anni 50 avvenne l’incontro con Michelangelo Anto-nioni e fra i due inizierà una stretta collaborazione per larealizzazione di numerosissimi film. Successivamente al-tri registi di fama mondiale si rivolsero alla sua preziosaesperienza di sceneggiatore: De Sica, Monicelli, i fratelliTaviani, Rosi, Tarkovskij, Fellini (decisivo il suo contribu-to ad «Amarcord», inno poetico alla “romagnolità”, vinci-tore del premio Oscar), Wenders, Angelopoulos (con ilquale nel 1998 vinse la Palma d’Oro al Festival del Cine-ma di Cannes per il film «L’eternità e un giorno») e moltialtri. Poeta e narratore, ha pubblicato per la Maggioli: IlMiele (1981), L’Aquilone. Una Favola senza tempo (1982,con Antonioni), La Capanna (1985), Il Viaggio (1986), IlLibro delle chiese abbandonate (1988), L’orto d’Eliseo(1989); per la Bompiani dal ’67 al ’78: L’equilibrio, L’uomoparallelo, I cento uccelli, Il Polverone (edito nel ’92 ancheda Maggioli); per la Rizzoli (la sua opera poetica dialettaleè riunita nel volume I Bu del ’72). Dal 1989 aveva vissuto aPennabilli, centro del Montefeltro, che per l’amore dimo-strato nei confronti di questo territorio gli aveva conferitola cittadinanza onoraria. Qui aveva dato vita a numeroseinstallazioni artistiche che vanno sotto il nome de “I Luo-ghi dell’anima”; tra di essi l’Orto dei frutti dimenticati, ilRifugio delle Madonne abbandonate, la Strada delle me-ridiane, il Santuario dei pensieri, l’Angelo coi baffi, il Giar-dino pietrificato.

ne», 1974; «L’udienza del poeta. Saggi su Palazzeschi e il futurismo»,1979; «La prosa italiana del Novecento», 1986; «Interpretazione diUngaretti», 1989; «La parola del testo. Letteratura come storia», 1993),ma non trascurando puntate nell’Ottocento alla ricerca di antecedenti critici,come dimostra «Da De Sanctis a Gramsci: il linguaggio della critica» (1984).Da citare anche: «La parola del testo. Letteratura come storia» (1993), «Lu-ciano Anceschi, L'esercizio della lettura» (1995), «Esame di coscienza di unletterato di Renato Serra» (1995), «La prosa italiana del Novecento II. Traromanzo e racconto» (1998), «L'infinito terreno. Saggio su Leopardi» (2000),«L'invenzione della letteratura. Modernismo e avanguardia» (2001), «Unascienza del possibile. Studi su Leopardi e la modernità» (2011).

GUIDI ALESSANDRO (Pavia 1650-Frascati 1712) - Fu molto notoed apprezzato ai suoi tempi prima alla corte di Parma di Ranuccio IIFarnese, poi dalla regina Cristina di Svezia, animatrice in quegli anni

GUERRINI OLINDO (Forlì1845-Bologna 1916) - Dopoaver atteso agli studi giuridi-ci, si impiegò presso la Biblio-teca Universitaria di Bologna,divenendone direttore. Parte-cipò alla vita politica prima diRavenna poi di Bologna. Co-nobbe un grande successo conuna raccolta di poesie pubbli-cata sotto lo pseudonimo di

Lorenzo Stecchetti. Le poesie nel dialetto romagnolo diSant’Alberto di Ravenna furono raccolte e pubblicate po-stume dal figlio Guido nel 1920. Pur atteggiandosi a“poète maudit”, fu ignaro delle complicazioni etiche eintellettuali della sensibilità decadente. La sua poesia,incline alla prosasticità, si caratterizza per la vena pole-mica e parodistica.

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della società letteraria romana. Il Principe Eugenio di Savoia gli affidòanche incarichi politici. Seguace inizialmente del Marino, scrisse le «Po-esie liriche» e i due drammi «Amalasunta in Italia» e l’«Endimione».Entrato poi a far parte dell’Arcadia col nome di Erilo Cleoneo e si diedeall’imitazione di Pindaro, si atteggiò a novatore col dare alla canzonelibera struttura strofica, scrisse una favola pastorale («Endimione») e lenuove «Rime». Singolare fama godette la sua canzone «Alla Fortuna».Stando alle cronache del tempo sembra che morisse di apoplessia provo-catagli dalla scoperta di alcuni errori di stampa nella traduzione da luifatta delle omelie di Papa Clemente XI mentre si stava recando aCastelgandolfo a consegnarla personalmente al Pontefice.

GUIDICCIONI GIOV ANNI (Lucca, 1500-Macerata 1541) - Studiò a Bologna, Ferrara,Pisa e Padova, dove conobbe Pietro Bembo, e silaureò nel 1525. Due anni dopo lo zio,Bartolomeo Guidiccioni, lasciò in suo favore ilproprio impiego tenuto a Parma alla corte delcardinale Alessandro Farnese; nel 1530 andò aBologna in occasione dell’incoronazione di CarloV da parte di papa Clemente VII, dove conobbeil Trissino, Francesco Maria Molza e VeronicaGambara. Quando il 12 ottobre 1534 Alessan-

dro Farnese fu eletto papa con il nome di Paolo III, Giovanni venne nominatovescovo di Fossombrone, e l’anno successivo nunzio apostolico alla corte diCarlo V. Nell’agosto del 1537 diventò presidente della Romagna e si avvalsedella collaborazione di Annibal Caro. La sua poesia, praticata in margine agliimpegni curiali, si caratterizza per la sostenutezza oratoria. Della sua produ-zione letteraria ci restano: «Oratione di Monsignor Guidiccione alla Republicadi Lucca» (1557), «Rime e prose» (1720), «Opere di Giovanni Guidiccioni,raccolte dalle più antiche edizioni e da' manoscritti, ora la prima volta pubbli-cate (1767), «Orazione ai nobili di Lucca», a cura di Carlo Dionisotti (1994).

GUGLIELMINETTI AMALIA (To-rino, 1881-1941) - Figura solitaria, tor-mentata da sbalzi depressivi, rimaseorfane di padre molto giovane e glidedicò la sua prima raccolta di poe-sie: «Voci di Giovinezza» (1903). Fupoi mandata in una scuola religiosae da quei ricordi scrisse la sua secon-

da raccolta di poesie intitolata «Levergini folli» (1907), che la consacròcome poetessa di spicco, ed attirò l’at-tenzione del giovane poeta GuidoGozzano. Tra i due iniziò una inten-sa relazione epistolare, inizialmentemossa da reciproca ammirazione, mache ben presto si tramutò in una tor-mentata storia d’amore, dalle cui«Lettere d’amore», scritte tra il 1907e il 1910, è possibile ricostruire un’im-magine fedele del clima culturale diquegli anni. Nel 1909 uscì la terza col-lezione di poesie, «Le seduzioni», conla quale costruì la sua fama di donnaperversa e sensuale e che la defini-sce come “colei che va da sola”. Lamorte della sorella Emma, soprag-giunta nel 1909, diede vita ad un al-tro volume di poesie, che però uscìsolo nel 1934, incluso nella raccolta«I serpenti di Medusa». Tra il 1916 eil 1925, pubblicò anche dei libri perbambini: «Fiabe in versi» (1916), «Lareginetta Chiomadoro» (1923), «Ilragno incantato» (1923) e «La carrie-ra dei pupazzi» (1925). Negli annisuccessivi, però, una tormentata re-lazione sentimentale, con lo scrittore

Pitigrilli, le causò un collasso nervo-so e un ricovero; esperienze, che se-gnarono per sempre lo stile della po-etessa, che da quel momento diven-ne più duro. Negli stessi anni, usci-rono diverse raccolte di racconti bre-vi e furono messe in scena diversecommedie, che riscossero un grandis-simo consenso di pubblico. Scrisseanche due romanzi: «Gli occhicerchiati d’azzurro» (1920) e «La ri-vincita del maschio» (1923); quest’ul-timo fu preso di mira dalla Lega del-la Pubblica Moralità, poiché ritenu-to immorale ed osceno. Questa scrit-trice fu anche una delle poche donneitaliane a lanciare e a dirigere un gior-nale letterario, che lei chiamò «Sedu-zioni», come la sua raccolta di poe-sie più famosa. Fortemente sugge-stionata dallo stile dannunziano,scrisse anche «L’insonne» (1913), «Iserpenti di Medusa» (1934) e tre testiper il teatro: «Nei e cicisbei», «Il barodell’amore», «Gingilli di lusso». Morìa cinquantasei anni, per delle com-plicazioni dovute a un incidente, ac-cadutole durante un raid aereo.

GUIDO DELLE COLONNE (Messina, 1210 circa-1287) - Questorimatore (di cui la vera professione era il notaio), risulta attivo tra il 1230e il 1250. Di lui ci rimane un canzoniere di appena cinque canzon. La piùcelebre «Ancor che l'aigua per lo foco lassi», fu apprezzata da Dante e sipone come l'antecedente più significativo della guinizelliana «Al corgentil»: è un esercizio lirico teso e raffinato, che conduce a estremi esitidi rarefazione intellettuale e concentrazione retorica i temi tradizioni dellascuola siciliana. Il suo linguaggio raffinato si articola in versi di notevoleperizia metrica.

GUIDACCI MARGHERI-TA (Firenze 1921-Roma1992) - La sua poesia, fin dal-l’esordio di «La sabbia e l’an-gelo» (1946), ha messo inevidenza un intenso accen-to interiore e una sentitareligiosità che si sono poiaccentuati in «Morte del ric-co» (1955) e «Giorno dei san-

ti» (1957). Il suo discorso si è dunque svolto all’insegnadi una rigorosa coerenza nutrita di meditazione etica ereligiosa senza concessioni estranee anche nelle raccoltesuccessive: «Poesie» (1965), «Neurosuite» (1970), «Terrasenza orologi» (1974), «Il vuoto e le forme» (1977), «L’al-tare di Isenheim» (1980), dove, però, la poesia si è andatarivelando anche come strumento di lotta contro la mor-te. Si ricordano ancora i versi di «L’orologio di Bologna»(1981), «Il buio e lo splendore» (1989), «Anelli del tem-po» (1991). È stata una finissima traduttrice (da Donne,Eliot, Conrad, Dickinson e altri); ha pubblicato saggi suEliot e Joyce.

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GUICCIARDINI FRANCESCO (Firenze 1483-Arcetri[FI] 1540) - Storico, uomo politico e pensatore, è conside-rato il padre della storiografia moderna per il suo pionie-ristico impiego di documenti ufficiali a fini di verifica del-la sua «Storia d’Italia». Appartenente a una delle famigliepiù in vista della città, tra le più fedeli al governo mediceo,studiò giurisprudenza seguendo le lezioni del celebre Fran-cesco Pepi. Nel 1508 sposò Maria Salviati, discendente diuna famiglia di antica nobiltà, che ne rafforzò l’influenzapolitica. Nel 1512, fu nominato amba-sciatore presso la corte di Ferdinandoil Cattolico, in Spagna. Tornato nel1514 a Firenze, dove intanto i Mediciavevano ripreso il potere sotto la pro-tezione degli spagnoli, nel 1516 entròal servizio di Leone X (Giovanni de’Medici) che lo fece governatore di Mo-dena, quindi di Reggio e Parma, e in-fine commissario dell’esercito ponti-ficio. Nel 1523 Clemente VII (Giuliode’ Medici), di cui godeva dell’amici-zia e del favore, lo nominò presidentedella Romagna. Fu in quelle circostan-ze, nel vigore con cui affrontò l’anar-chia delle regioni sotto il suo control-lo, che dimostrò grandi capacità orga-nizzative e di comando. Più significa-tiva ancora fu la sua azione diploma-tica nella complessa situazione prodottasi nel territorio ita-liano come conseguenza delle lotte per l’egemonia euro-pea. Si adoperò infatti per creare, con un rovesciamentodegli attuali schieramenti, una lega tra papato, stati italia-ni e Francesco I di Francia, contro il reale pericolo costitu-ito da Carlo V, che tendeva a un’assoluta supremazia im-periale sull’Italia. Ma la lega fu sconfitta, i mercenari tede-schi di Carlo V saccheggiarono Roma (1527), i Medici fu-rono temporaneamente cacciati da Firenze, e sul Guicciar-dini, ritiratosi nella villa del Finocchieto, piovve la con-

danna del papa da un lato, e dall’altro dei suoi concittadi-ni, restauratori di una nuova repubblica fiorentina. I suoibeni vennero confiscati e nel 1529 si trasferì a Bologna, epoi a Roma. Recuperato il favore di Clemente VII, e ripri-stinata la signoria medicea a Firenze, tornò nel 1534 a Fi-renze e assunse il ruolo di consigliere e luogotenente delduca Alessandro, ma dopo l’assassinio di questi, pur es-sendo fautore della successione di Cosimo de’ Medici, ven-ne tenuto in disparte. Si ritirò allora nella sua villa di

Arcetri, dove la morte lo raggiunse nel1540 mentre lavorava alla monumen-tale «Storia d’Italia», iniziata nel 1535.L’opera districa la rete attorcigliatadella politica degli stati italiani del Ri-nascimento con pazienza ed intuito.L’autore si pone come spettatore im-parziale, e come critico freddo e cu-rioso, raggiungendo risultati eccellenticome analista e pensatore. La sua tesisosteneva che la presenza della Chie-sa avesse reso, con il cattivo esempiodei suoi preti, gli italiani più peccatoridi quanto essi sarebbero stati per loronatura, e che essa aveva impeditol’unità degli stati italiani in un fortestato nazionale, perché non era maistata o tanto debole da essere comple-tamente asservita, o tanto forte da pren-

dere essa stessa l’iniziativa di una unificazione italiana, e ca-pace di contrapporsi alle invasioni straniere. Oltre alla «Storiad’Italia» pubblicò altri importanti scritti: «Storie fiorentine»(1508-1510), «Diario di Spagna» (1512), «Discorso diLogrogno» (1512), «Relazione di Spagna» (1514), «Conso-latoria» (1527), «Oratio accusatoria» (1527), «Oratio defen-soria» (1527), «Del reggimento di Firenze Considerazioni in-torno ai “Discorsi” del Machiavelli sopra la prima deca diTito Livio» (1528), «Ricordi politici e civili» (1528-1530), «Ri-cordi» (1512-1530), «Le cose fiorentine» (1528-1531).

GUIDUCCI ARMANDA (Napoli1923-Milano 1992) - Laureata in filo-sofia, ha collaborato, con scritti di este-tica e di politica, alle riviste della «si-nistra critica», tra cui «Cultura e real-tà», «Ragionamenti», «Passato e pre-sente». Ha pubblicato: «La domenicadella rivoluzione» (1961); «Poesie perun uomo» (1965); «Dallo zdanovismoallo strutturalismo» (1967), sulla que-stione del rapporto tra arte e società;«Il mito Pavese» (1967); «Invito alla

lettura di Pavese» (1972). Un vivace contributo al movimento femmini-sta ha dato il suo volume «La mela e il serpente» (1974), che su unatrama di riferimenti autobiografici analizza la posizione della donna nel-l’attuale contesto sociale. Tra il saggio sociologico e la narrazione è «Duedonne da buttare» (1976), altro libro sulla condizione femminile, a cuiha fatto seguire le trascrizioni delle storie di vita vissuta raccolte in «Ladonna non è gente» (1977), e, sempre fra saggistica e narrativa, «Al-l’ombra di Kalì» (1979). Le opere successive hanno fuso toni narrativi eintenti saggistici volti a illustrare le problematiche della donna, come in«Donna e serva» (1983) e «A testa in giù» (1984), dove emergono anchesottili riflessioni sull’ambiguità dei sentimenti nel nostro tempo. Ricor-

diamo inoltre: «Perdute nella storia - Storia delle donne dal I al VI secolod.C.» (1989); «Medioevo inquieto - Storia delle donne dall’VIII al XVsecolo d.C.» (1990); «Virginia e l»’angelo (1991); «Il grande Sepik»(1992).

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GUITTONE D’AREZZO(Arezzo, 1235-1294) - È con-siderato a ragione il capo-scuola dei poeti siculo-tosca-ni. Non si hanno notizie del-la sua formazione, ma si sache, figlio di un camerlengodel Comune, fin da giovanefu un appassionato partigia-no della fazione guelfa e checon buona probabilità fu im-pegnato nel dibattito politico.

Amareggiato però dai troppi contrasti, intorno al 1265entrò nell’ordine religioso dei Cavalieri della Milizia dellaBeata Vergine Maria Gloriosa, da poco istituito con loscopo di operare per la pacificazione tra guelfi e ghibellini.Quest’ordine, detto dei «frati gaudenti» per la rilassatezzadi costumi assunta dai suoi cavalieri, fu preso molto sulserio da Guittone, come rivelano le sue sentenziose emoralistiche 50 «Lettere», la cui importanza sta nel fattoche rappresentano il primo epistolario scritto in volgarecon propositi letterari. Tuttavia gli va ricordato il suo ric-co canzoniere che riunisce rime d’amore, provenzaleg-gianti nei contenuti e nel linguaggio, e canzoni politiche.Rimatore aspro e problematico, irretito in un suo perso-nalissimo «trobar clus», fu ammirato nei loro inizi daCavalcanti e Dante. Celebre è il lamento sulla battagliadi Montaperti del 1260, che vide i senesi, alleati aighibellini esiliati da Firenze e guidati da Farinata degliUberti, sbaragliare i guelfi fiorentini.

GUIDUCCI ROBERTO (Mila-no, 1923-1998) - Ingegnere e ur-banista, si è occupato di proble-mi della pianificazione e dellosviluppo del terziario. Ha fon-dato e diretto varie riviste («Di-scussioni», «Ragionamenti»,«Passato e presente») sulle qualiha condotto una vivace polemi-ca in favore di un’attiva parte-cipazione delle forze sociali me-diante l’autogestione. Ha scrit-to numerosi saggi di analisi so-ciale e di costume, come «Socia-lismo e verità» (1956), «New-

deal socialista» (1965), «Marx dopo Marx» (1971), «Lacittà dei cittadini» (1975), «La società dei socialisti» (1976),«La disuguaglianza fra gli uomini» (1977), «La societàimpazzita» (1980), «I giovani e il futuro» (1983), «Ti ucci-do come un cane» (1986), «Sociologia urbana. Per un’ur-banistica dei cittadini» (1988), «Periferie tra degrado eriqualificazione» (1991), «Periferie: le voci dei cittadini»(1993), «Periferie: la quantità della qualità della vita»(1995), «Comunicazione e non comunicazione in Lom-bardia ed Europa» (1997). A sfondo saggistico sono an-che le opere narrative, come «Dialoghi immorali» (1965),«L’orlo dello zero» (1970), «Quattro miti (Faust, Don Gio-vanni, Don Chisciotte, Ulisse)» (1973). È anche autore del-la raccolta poetica «Corpo di parole» (1981), articolata suuna dialettica di contrasti nei contenuti e nello stile.

GUINIZZELLI GUIDO(Bologna 1235 circa-Monselice 1276)

Figlio di un giudice, seguì le orme delpadre e, dopo aver compiuto gli stu-di di legge a Bologna, iniziò la pro-fessione dell’avvocatura, partecipan-do intanto alla vita politica della cit-tà che era divisa fra guelfi e ghibellini.Nel 1270 fu podestà di CastelfrancoEmilia, ma quando nel ’74 la parteguelfa ebbe la meglio, Guinizelli, cheera ghibellino, dovette andare in esi-lio, rifugiandosi con la moglie e il fi-glio a Monselice, dove morì pochianni dopo. Accanto alle cure politi-che e giuridiche, fu poeta tra i mag-giori del suo tempo. Le sue «Rime»sono il fondamento di quello cheDante chiamerà il dolce stil novo, giàcompreso e sintetizzato nella canzo-ne «Al cor gentil rempaira sempreamore» (dove il verbo «rempaira» è

una parola di origine provenzale chesignifica «tornare a casa», «rimpatria-re») che afferma l’affinità elettiva chelega il sentimento d’amore alla no-biltà d’animo. Con il superamentodella poesia cortese e provenzale, dicui rimangono nella sua lirica soloechi lontani, Guinizelli canta con de-licatezza e pensosità l’amore comeprincipio di elevazione e perfezionemorale, amore come virtù individua-le specchio dell’ordine naturale delcreato. L’attività di poeta inizia intor-no al 1265, ma non si ha una crono-logia completa e affidabile delle sueopere; con ogni probabilità si puòdefinire una distinzione tra la primagiovinezza di stampo guittoniano euna seconda fase che anticipa lostilnovismo.