Estratti da Poetiche 1/2002 - Speciale Zanzotto

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Estratti da Poetiche 1/2002 - Speciale Zanzotto

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Poetiche. fascicolo i /2002

ANDREA

ZANz0rro

Organini e diapositiveIl mistero del suono di un attrezzo perduto come fosse scheggia di scheletro dun maledetto.Lo stesso, divenuto soffio-mantice ma fonte e frontiera damoroso perdono.

La dizione, la recitazione almeno, curate!Loralit di tuoneggiamenti

Questo numero di Poetiche raccoglie gli interventi della giornata dedicata ad Andrea Zanzotto nel Dipartimento di Italianistica dellUniversit di Bologna il 14 novembre 2001. Il numero stato curato da Francesco Carbognin e Riccardo Stracuzzi.

da una arcata di senso connessi in pelli miti e sobri conati. Quello sarebbe lo zampettante lo zoppicante tono chiave per la poesia n pura n impura // ma altastrangolata

cio impiccata sul lato della strada comunque stimolata da fervide sgommate, stridori dolcori

a nutrire a mantenere ad ingozzare (con mantici e soffietti ad ogni angolo).Dissero: quello lo spelling della poesia: aprite le fittizie orecchiepupille

Fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nel limite del i 5% di ciascun volume o fascicolo di periodico chetro pagamento alla SIAE del compenso previsto dallart. 68, comma 4, della legge 22 aprile 1941 n. 633 ovvero dallaccordo stipulato tra SIAE, AIE. SNS e CNA, CONFARTIGIANATO, CASA, CLAAI, CONFCOMMERCIO, CONFESERCENTI il 18 dicembre 2000. Le riproduzioni per uso differente da quello personale potranno avvenire solo a seguito di specifica autorizzazione rilasciata dalleditore Enrico Mucchi Editore srI. Via Emilia Est, 1527 41 100 Modena WWW.MUCCHIEDITORE.IT [email protected] iscritta allAIE e allUSPI-

a depresse ostinate midriasi o sevizie a strusci e baci di sauriansauro, o forse dirimosso e scattante organino a cilindri:

nel pi sacro risucchio o rigetto a cogliere il glykypikron amachanon orpeton cio la dolceamara indominata fiera che di vestirsi e travestirsi e attrezzarsi mai si stanca da era a era: con ridondanza di organini ad aghi. sarete poemi catarri da divo gurgite emunti ed organismi ad aghi, a iniezioni, anzi a piercing, e avrete nomi sigle jingle canzonette di luci tirate a fino su su dal doppio fondo delVERTICALE ORGANINO.E cos vibreranno pomes divinamente catarrosi,

Pubblicato in Modena nel mese di maggio 2002

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ANDREA

ZiuzoYfO

Poetiche, fascicolo i /2002

Esso sul punto di schiattare in vetri, ma a definitive fiamme di canzonettate, a fumi e dolciumi di nomiroride IPERCALISSI

pi di piegarsi

STEFANO AGOSTI

grazie a Weil Brecht o

chissach: MONT RAMU? CARA BAMBINA MIA LUNA DALABAMA? I cilindrati impettiti VERTICALI ansando girano e drenano su lestasi in due tre suoni i reciproci piercing industremente calettati tra maipi e vergine presente, in promesse ancora, in riprese effettuate gratis da digitali e digitate fotomacchine in colori giulivi, grazie agli obiettivi del niente. Ci nutr, ci sop, ci rapi, ci invaghi nel famoso stanzone dellosteria della Maria, della mora, della magia, col suo ruttino LA POESIA: confidenziale colpo di gomito alla morte qui inibita dalle sue (per un attimo) gambe corte. (uanante, aprite MMII)

Luoghi e posizioni del linguaggio di A. ZanzottoNuove precisazioni in forma di appuntiemplificando molto, e perci sottoponendo il testo a una certa prova di violenza, anche per constatare come reagisce, indico subito tre fasi o luoghi demarcativi del percorso globale di Zanzotto, cui corrispondono altrettante posizioni di linguaggio, vale a dire i la fase iniziale da Dietro il paesaggio a, almeno parzialmente, Vocativo ove il linguaggio in posizione di letterariet, e magari di iper letterariet; 2. la fase centrale da IX Ecloghe a Idioma, con fuicro nella Belt ove il linguaggio figura gene ralmente in posizione di significante; 3. la fase ultima, cronologicamente quella che va, per ora, da Meteo a Sovrimpressioni, e compren de altres la sezione Inediti del Meridiano Mon dadori ove il linguaggio in posizione di og getto metonimico. (Questultima, la fase su cui mi soffermer in questa breve comunicazione, il cui scopo solo quello di fornire alcune precisazioni supplementari su quanto ho riferito soprattutto nellultima parte della prefazione al Meridiano). Salto perci la prima fase (fase delle letterariet), che, credo, non ha bisogno di commenti, e per la quale rinvio comunque alla precitata prefazione. Quanto alla seconda, la pi complessa, ed alla quale ho dedicato il nucleo centrale e pi ampio della prefazione, mi preme qui soltanto dissipare un formidabile equivoco (chiamiamolo cos: ma di. , , ,

S

I verticali erano marchingegni possenti (pre jukebox) che suonavano nelle sale da ballo degli anni 2030.*

Poetiche, fascicolo 1/2002

NWA L0RENzINI Citazione e mise en abime nella poesia di Andrea Zanzotto*orse la letteratura affermava Zanzotto in unintervista pubblicata sulla rivista Spi rali nel luglio-agosto 1979 col titolo Lalan gue, il dio birbante non che una corrente di cita zioni e ricitazioni: vocali, scritturali-visive, sotterra nec, rasoterra e in piena luce, in frammentazioni di singoli enunciati o di comportamenti di codici. La letteratura esiste quasi come invito a entrare in un coro di citazioni E aggiungeva: Ma poi si sa che nella citazione mai ritorna il comera : il ripetuto, iii1 proprio perch tale, lantitesi A seguire stanno riflessioni complesse sul manierismo e sul convenzionale, che costringerebbero a una lunga digressione. Da una parte, dunque, Zan zotto difende il carattere dialogico del testo, il suo essere attraversato, se non addirittura costituito, da interferenze continue. Dallaltra, in parallelo, ac cenna al problema della metamorfosi del testo, del suo mutare interagendo con un altro testo, ponen dosi in prospettiva. E si comprende bene che il discorso va oltre il fenomeno della citazione, spingen dosi alle radici dellinvenzione della parola letteraria.

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Lintervento riprende, con alcune modifiche, il testo letto al convegno Il libro invisibile. Forme della citazione nel Novecento, tenutosi presso lUniversit di Firenze il 25-26 ottobre 2001. i Lintervista, a cura di Letizia Lionello, comparve sul n.7 della rivista; ora pubblicata in A. Zuzorro, Le poe sie e prose scelte, Milano, Mondadori, 1999, col titolo Su Il Galateo in Bosco. Si cita dalla p. 12 19 del volume (da qui in avanti siglato PPS).

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NivA L0RENzINI

Cita;ione e mise eii abiine nella poesia di Andrea Zan:otto

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Ma alla citazione voglio attenermi. E non tanto al fenomeno visualizzato in una sua presunta e im possibile astoricit, quanto alle modalit assunte dalla citazione nei testi del Novecento, e pi ancora in quelli del secondo Novecento, segnatamente in quelli poetici. La rifrazione, linterscambio si affer mano infatti come categorie novecentesche soprat tutto quando si collegano, al di l del semplice processo di assorbimento e trasformazione, con le tematiche del doppio e della perdita didentiti, confrontandosi con il rovesciamento parodico o appli cando la tecnica neutralizzante del montaggio, della combinazione di codici. Anche se resta poi una distinzione non marginale tra intertestualit come interdiscorsivit alla Bachtin, per intendenderci e citazione come interruzione di un continuum, alla Benjamin (e dunque tra citazione semplicemente distanziante, che fa del recupero testuale, quando non dellallusione, una maniera di tensione diversi il caso dellinterte ficata verso modelli comuni stualit che interessa, un esempio fra tanti, Montale e Sereni e la citazione come rottura, scarto stilistico radicale). In ogni caso, lungo il corso del Novecento e soprattutto della sua seconda met, nella lacuna di ogni compiutezza, la citazione si pone come elemen to strutturante, affidata com a uno sguardo rifrat to, obliquo, straniato e che strania, nella dissimulazione, nella distanza ironica. Ma anche spazio di slittamenti metonimici, in un percorso graduale di avvicinamento a una realt, o a una verit, non solo minuscola, ma in mutamento e deformazione inces santi. E se vero che ogni scrittura letteraria, in quanto bachtinianamente dialogica e plurivoca, sempre in qualche modo riscrittura, resta comun que aperta la verifica sulle modalit che la riscrittu ra assume nellapplicazione a singoli casi specifici. Quello di Zanzotto esemplare. Citazione come rapporto biunivoco di trasformazione del testo nellimpatto con altra scrittura, lungo lasse para digmatico delle infinite possibilit di pronuncia? Ma

quale la funzione del riuso? Fino a che punto esso si pone come significativo e centrale nella produzio ne di Zanzotto? Quale transfert subiscono modelli fondanti, archetipici, della tradizione poetica italiana (penso soprattutto a Petrarca e Leopardi) o di quella europea Lorca, Hlderlin, Eluard trasferiti nel suo contesto lirico? Ne costituiscono tappe gene tiche? E si danno anche come affioramenti di memoria culturale involontaria? Sono domande a cui si parzialmente tentato di dare risposta. Mi riferisco allitinerario tracciato da Agosti, e in parte da Lonardi, lungo il leopardismo del Novecento, e lungo il leopardismo zanzottiano in particolare. Se Lonardi segnalava il carattere di una derivazione da Leopardi, nella poesia del Novecento in genere, pi caratterizzata dalla presenza di motivi scriveva in forma trasposta e metaforica che dal recupero di singole occorrenze lessicali (pi dunque, il recupero di unesperienza precisava nei casi memorabili altamente solitaria e radicale, nel sen so della scoperta della zona di negazione, allinterno di una teologia rovesciata, che unincidenza o unesibizione di calchi e prelievi sistematici, Agosti 2 la ripercorre per gradi, quella derivazione. E ricono sce intanto in Leopardi il modello operativo cui guarda la prima fase della poesia di Zanzotto come a quella in cui la propriet del sentimento riven dicata dai romantici, viene assunta nelle forme pi illustri e magari pi collaudate della tradizione let teraria ; ma poi sottolinea la differenza tra il poeta dellOttocento neoclassico e romantico (Leopardi, appunto), che distanzia sempre pi gli oggetti della propria contemplazione in dettagliata figurativit ed embiematicit e il poeta contemporaneo Zan zotto, che avverte presto, a partire almeno da Voca tivo, lincrinatura, e pu pronunciare lio lirico or

,

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I

2 Il rinvio a G. LoNrI, Leopardismo. Tre saggi sugli usi di Leopardi dallOtto al Novecento, Firenze, Sansoni, 1990 (ed. ampliata del saggio 74).

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Citazione e mise en abnie nella poesia di Andrea Zan:otto

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mai solo come finzione, figura non creduta, messa in crisi dalla crisi dellio empirico. Cos, da una ungua per la poesia, cui ancora Leopardi affidava gli esiti della propria immaginazione, si passa a un tessuto testuale fittizio, arbitrario, in cui il topos letterario viene corroso, destituito da una parte di verit e dallaltra di contatto e influenza sul reale. 3 Non posso indugiare su questo. Tanto pi che, a ripercorrere singole derivazioni, occorrerebbe fare spazio, naturalmente, al Petrarca, cui un recente commento dellIpersortetto approntato da Luigi Tas soni dedica un ampia verifica oltre che a una co , 4 spicua mole di presenze messe in luce, con indagine puntuale, nelle note dai commentatori del Meridia no. Ma ora devo scegliere, e non solo per ragioni di spazio, tra due opzioni: quella di ripercorrere litine rario testuale della citazione, per cos dire, esplicita, e quella di una diversa, o pi ritagliata prospettiva ermeneutica. Di questultima sento lurgenza di occuparmi. E vengo dunque al mio oggetto. C chi ritiene che la vicenda testuale di Zanzotto muova sino dalle prime poesie confluite in A che valse e soprattutto in Dietro il paesaggio da una iperletterariet che denuncia la messa in crisi delle possibilit di verbalizzazione del reale. E nota al riguardo la posizione di Agosti; ad essa si aggiunge lipotesi di Tassoni, che parla del configurarsi della scrittura di Zanzotto direttamente come processo informale basato o addirittura partito dallinsieme delle citazioni quasi che la citazione, anzi linsie : 5 me delle citazioni, sia da assumersi da subito come elemento strutturante e strutturale del testo.

Ma occorre un chiarimento sul carattere di que sta citazione. Tassoni accenna non tanto a derivazioni riconoscibili nella loro definita natura quanto a schegge di memoria, riferimenti grafico-fonici, spazi significanti e sicuramente non concettualizzati n finalizzati in partenza, interagenti a vario livello nei modi di un discorso disgregato. Si dunque lontani dallaccezione comune di citazione in quanto immissione nel testo di una pronuncia altrui preci samente documentabile (anche se essa non certo assente da Zanzotto, nei modi per lo pi del ribal tamento non necessariamente parodico, ma defor mante, o dello slittamento metamorfico: penso agli esiti della luna leopardiana lungo le diverse fasi della sua scrittura, o alle variazioni sul tema della Sera del d di festa, o al Petrarca dellIpersortetto ospitato nel Galateo in bosco). Certo unaccezione semplice, tradizionale di cita zione non compatibile con la nuova dimensione del tessuto testuale disgregato. Nel caso del rilievo di Tassoni, si accenna a una inintenzionalit, o for se meglio a un darsi del testo come spazio di detriti, una sorta di caotico plasma totale (queste sono parole di Zanzotto) che di volta in volta viene ad 6 articolarsi nellordine del discorso: ed un ordine inciso da interruzioni e balbettii, pause e ripetizioni. Quel plasma, quella pulsante materia vitale, var rebbero del resto alla pari della ripetizione dei significanti fonico grafici o della tecnica di sostitu zione semantica come accumulo differito manipolazione che mantiene il contatto con il contesto di partenza perch ne richiede la trasformazione .7

,

Cfr. S. AG0sTI, Introduzione alla poesia di Andrea Zanzotto, in A. ZArizoi-ro, Poesie (1 938-1 986), Milano, Mondadori, 1993, pp. 10-11. 4 A. ZANzorro, Ipersortetto, a cura di L. Tassoni, Roma, Carocci, 1999. 5 Ivi, p. 13 dellIntroduzione (Ipersonetto: dagli ipotesti al discorso).

3

6 A. ZNzorro, Vissuto poetico e corpo, in PPS, cit., 1250. Si cita qui pi estesamente: [. . .] il corpo-psiche p.

qualche cosa di spaventosamente scritto, inscritto, ri

scritto, scolpito, sbalzato, modellato, colorato, graffiato da

un infinito insieme di elementi, in quel brodo generale, in quel plasma totale di cui esso non che un grumo o unganglio. 7 L. TAssoNI, Introduzione

cit. p.2O.,

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Citazione e iiiise en abne nella poesia di Andrea Zan;otto

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Che un simile processo sia centrale in Zanzotto, e che si conservi e si intensifichi, anzi, di raccolta in raccolta, a mano a mano che si disgrega la compat tezza architettonica di insiemi ridotti a lavori in corso se non a lavori alla deriva lo dimostrano le note apposte dallautore in chiusura dei testi pi recenti, in particolare di Sovrimpressiorn dove si , 8 avverte: Il titolo Sourimpressiorti va letto in relazio ne al ritorno di ricordi e tracce scritturali e, insie me, a sensi di soffocamento, di minaccia e forse di invasivit da tatuaggio . Se alla citazione vuole alludere quel ritorno di ricordi e tracce scritturali si tratta certo di una citazione che ha trasformato il proprio campo connotativo, estendendolo fino a modi quasi di contatto fisico, di incisioni sul corpopsiche del testo. E qui occorrerebbe anche soffermarsi su un aspetto della scrittura recente di Zanzotto, messo in luce con diverse modalit da Modeo e Agosti. Mi riferisco allintensificarsi di una tendenza lo scrive Modeo in Zanzotto e il rtoumerto, uscito nel 96 sulla Rivista dei libri a torcere, diffrangere, estendere, espandere, ramificare lepifenomeno linguistico dentro e fuori le cose, dentro e fuori se stesso in modo che il linguaggio diventa inappartenente a chi scrive, coinvolgendo organico e inorganico, naturale e artificiale. La poesia si afferma cos come spazio dello psichico e non dello psicologico, dellemozione pura e non del sentimento, della velocit e non della stasi, della complessit e non della semplicit. Una poesia, insomma, che esercita il pi traumatico break rispetto alla tradizione, peraltro profondamente metabolizzata .9 Si pu intuire quanto divenga precario e traumatizzato il ruolo della citazione quando il linguaggio per ricordare ancora Modeo non si presenti pi come rispondente a paradigmi riconosciuti, non sia, , ,

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8 A. Ziuzorro, Sovrtmpressiorti, Milano, Mondadori, 2001. Si cita da p133. 9 S. MODEO, Zanzotto e il noumeno, p.37.

pi un insieme organizzato di segni e di suoni au toreferenziali e autosufficienti, ma la punta di un iceberg esperienziale e biologico ben pi vasto e complesso. Gi. Come possono schegge, tracce, ade rire a un comportamento stilistico preesistente? E come pu la parola accogliere faglie stratificate di sedimentazioni lessicali quando essa si riduce a ele mentari epifanie che accadono sul foglio, battiti, battute, pulsazioni molecolari del tutto inappartenen ti al soggetto, coinvolto suo malgrado nel disincar namento delle cose, in un reciproco non sapere, ormai fuori idioma (Adocchio solitudini I gi mie ora di se stesse I unicamente I [. . .] Tutto distra zione [ ...] Il cielo limpido sino ad, in Idioma)? Per riconoscere una similarit, impostare un confronto, occorre che le categorie retoriche, lessicali, sintattiche, metriche siano definibili. Ma quan do i codici si divaricano al punto da andare oltre il confine del linguaggio codificato, e presuppongono la distrazione nellaccezione particolarissima cui si accennato, o una nuova grammatica del prolife rare di immagini disgregate, sintomi di natura che si accompagnano alla perdita del paesaggio, nello smaterializzarsi dellesperienza, quale riconoscibilit si potrt attribuire, quale contesto di appartenenza, a quelle tracce esplose nel magma, anzi nel plasma di cui il testo materiato, e che controlla, con una minuziosa se non patologica attenzione grafica? A quel brusire in deliquio, che solo una auscultazione live pu registrare, nellassenza di un messaggio verbalizzabile? Smarrito il codice, il linguaggio tenta il ricorso a diversi sistemi significazionali, extralin guistici, che colgano e restituiscano la destruttura zione di un corpo-paesaggio devastato nella propria coesione semantica. Agosti parla cos sto parafra sando di un io che si pone al massimo in una po sizione di ascolto o interrogazione, avvertendo lestraneit di un fuori da cui il soggetto escluso, proprio perch non verbalizzabile, reticente, fitto di emergenze residuali insieme rarefatte e dense (infruttuosi e patetici i tentativi di restituirle a una, ,

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Citazione e in/se en abime nella poesia di Andrea Zanzolto

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parola ridotta a brusio tra i denti, bisbigli, microgrugniti). Fuori di divagazione, non resta che prendere atto del fatto che dato credito, con Agosti, al configu rarsi nel sistema espressivo dellultimo Zanzotto, specie tra Meteo (1996) e Sovrimpressioni (2001), di un inedito soggetto-ragno, anche un po cieco, avviluppato in una tela di cui ha perduto il signifi cato originario 10, non solo le valenze della citazione e della ripetizione (qualora la si intenda, pensando ancora a Derrida come differenza, trasformazione), ma insieme quelle della variante testuale, sono destinate a mutare radicalmente. E ora di passare a qualche verifica, e mi scuso per la non sistematicit di appunti ancora provviso ri. C da constatare intanto come il coro di cita zioni che Zanzotto lo si ricordava poco fa ritiene componente strutturale del fare letterario, si restringa sempre pi nei suoi lavori pi recenti. Nes suna citazione segnalano le note di Meteo: semmai un intensificarsi dellautocitazione, e in modi singo lan, che chiedono attenzione. Si tratta a volte di nuclei che concrescono su di s, e non tanto o non solo in sviluppo lineare, quanto in perfetta reversi bilit e compresenza. E del resto proprio Zanzotto a fornire al riguar do spunti di intensa riflessione. Che neppure la citazione vada assunta, nel suo caso, come semplice recupero intenzionale di repertori gi dati, e cio come pura memoria testuale, puntualizzato in vari interventi. Il pi esplicito si legge in Qualcosa al di fuori e al di l dello scrivere, e riguarda il sistema compositivo del Galateo in bosco: il libro chiarisce Zanzotto tutto giocato su citazioni di citazioni, che si richiamano di componimento in componi mento specie nei sonetti. Si tratta dunque di sen tieri nel bosco non solo in riferimento ad un bosco reale (il Montello), non solo simbolici, ma anche

letterari. E avverte ancora : Sentieri di citazioni che si perdono nella non-citazione o in nessun luo go (o senso), quasi a tener viva almeno lallusione a una possibilit di incontro, simbiosi, e poi anche uscite di sicurezza. La citazione, insomma, segue per Zanzotto percorsi sotterranei, si infolta in un groviglio di itinera ri, per emergere di tratto in tratto, quasi per spinta endogena. E tanto pi il discorso vale per lautoci tazione, la cui intricata vicenda affidata ad annotazioni e appunti variamente disseminati lungo lelaborazione testuale. Significativa tra tutte la ri flessione dedicata alla Belt nel corso di unintervi sta del 68, ove si accenna allesistenza di nuclei sempre attivi nella scrittura, come sequenze di componimenti in cui lesperienza dei libri precedenti viene ripresa, frantumata e ricostituita in altra for ma Non certo nei modi del recupero lineare: ci che si attiva piuttosto a dar credito a Zanzotto una sorta di autocontestazione tra ironia e urto, nella riesumazione di versi precedenti, al punto che si pu parlare di una critica e verifica sul linguag gio e contenuto di essi, compiuta misurandone i limiti e riprospettandolo su altri sfondi. Tentiamone una verifica, isolando tra tutti lem blema del verde per illustrare un percorso-tipo di autocitazione. Esso passa attraverso varie stratifi cazioni redazionali, tra Vocatiuo e Meteo, raggiun gendo in questultima raccolta una significazione intensa: in mezzo, a volerne ricostruire il tracciato, si pone la sequenza del Galateo in bosco ((Sotto lalta guida) (Abbondanze), (Che sotto lalta guida), Che sotto lalta guida), ove il motivo segue un itinerario il_i progress, tra rimandi intricatissimi che non ri sparmiano lo si sar avvertito la scelta dei titoli..

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AG0sTI, Lesperienza di linguaggio di Andrea Zart zotto, in A. ZNzorro, PPS, in particolare le pp.XLIII-XLIL.

o

A. Z,uzoyro, PPS, p.l234. Lintervista, dal titolo Una poesia al rtapalm. fu pub blicata su Momento sera il 14 luglio 1968. riprodotta parzialmente in A. ZANzoyro, PPS, da cui si cita (pp. 172212

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(itu:ione e

mise ?1

(ibliflE? nella poesia di lndlLa Zaiiotto

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Lo svilupparsi di un motivo tematico se non ico fico, fonico appartiene ovviamente al sistema com positivo profondo di un autore, e con la citazione pare avere ben poco da spartire ( semmai citazione im plicita, allusione). E per che dire quando la ripresa di vicende testuali cos indiziate, il richiamo di luo ghi gi stabilizzati nella loro 1etterariet, risultano pretesto per una operazione di deformazione sarcastica e sminuizione comica che si applica al lessico come alle valenze tematiche, alleco fonica? Leggia mo in Da unaltezza nuova, da Vocativo:

Ancora, madre, a te mi volgo, non chiedermi del vero, non di questo precluso estremo verde chio ignorai per tanti anni e che maggio mi tende ora sfuggendo; alla mia inquinata mente, alla mia disfatta pace. Madre, donde il mio dirti, perch mi taci come il verde altissimo il ricchissimo nihil che incombe e esalta [...] E da Meteo: Non si sa quanto verde sia sepolto sotto questo verde

[. . .1Non-si- sa Questo il relitto di tale relitto piovoso il verde in cui sta reticendo lestremo del verde I Quanto mai verde dorme sotto questo verde e quanto nihil sotto questo ricchissimo rtihil?[...].

La versione-variante di Meteo corrode alla base la verticalit, il sostrato geologico-tellurico, per cos dire, del primo testo, esibendone alla superficie una versione deprivata, prosciugata, residuale. Perch proprio il testo, in cui il paesaggio si rifrange e si rende verbalizzabile, che si presenta in Vocativo come grumo, sostanza materica. O come icona, se non sindone, reliquia, che si stinge progressivamen te, nel percorso memoriale. a quel testo, non a unipotetica natura abissalmente lontana, inarriva bile, esterna al soggetto-ragno divenuto cieco, che la scrittura infatti si rivolge: e lo nomina, fuor di pos sibili fraintendimenti, con citazione diretta (Qui dove pensai di pensare / e di afferrare e sbilanciare I come Da unaltezza nuova). A seguire, a scanso di equivoci e per agevolare lidentificazione, sta una nota a pi pagina che avverte: Cfr. Da unaltezza nuova, in Vocativo). Siamo dunque di fronte a una sorta di mise en abime esplicita, rivelata, che nulla perde della sua duplice valenza, di contenitore che esso stesso contenuto, quasi in tautologica assolutezza; ma poi di fatto si autocorrode, si risemantizza nel distacco, nel capovolgimento. Lautocitazione si intensifica comunque nelle ultime raccolte, raggiungendo pun te massime tra Meteo e Sovrimpressioni, ove si im pone, si direbbe, nel suo significato metatestuale: ma non appare pi solo tentativo di rammemorare la genesi dei versi per tenerne in qualche modo viva, aperta, letimologia, attraverso un percorso di infinite possibili precisazioni, digressioni e varian 13 i Piuttosto lautocitazione pare qui coincidere cori un tentativo estremo di coesione semantica per,

13 Si fa qui riferimento a una fra le riflessioni pi acu te destinate da Zanzotto al proprio fare poetico: Tentativi cli esperienze poetiche (poetiche lampo), pubblicato dap Prima su il verri, n.1-2, n.s., marzo-giugno 1987, cli cui

le note al volume dei Meridiani forniscono parte di una

versione dattiloscritta e ampliata. Le parole citate appartengono

al curatore Gian Mario Villalta, p. i 733.

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Cita:ione e mise eii abime nella poesia di Andrea Zan:otto

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un corpo-testo frantumato e destrutturato in quan to organismo. I riscontri sono numerosi. Si potrebbe accennare, ad esempio, alle sequenze dei papaveri, testual mente affermati e negati, in una rilettura spietata di s (Currunt, in Meteo: Papaveri ovunque, oggi, os sessivamente essudati; e da (Ore di crimini), in Sovrimpressiorti: Nessun papavero ormai [. . .] No 1/ un solo papavero sta (e si scopre poi, in congedo, che lio-narrante un papavero piegato I entro questo verso / un verso mal sopravvissuto I da tanto in s scaduto). E si potrebbe continuare con la serie delle vitalbe, che in apertura di Meteo pa rassitano gli occhi, superflue e superfluenti, natura-UVE anchessa contaminata dallinquina mento e inacidita, tra sangue e pus . E poi si disseminano in anafora sintattica quasi metafora ossessiva lungo la raccolta (Sedi e siti: Volo del grigiore I glomi e giorni delle superflue I super fluenti vitalbe) e intanto mutano di segno (Sedi del grigiore I sedi delle disfatte vitalbe, mentre si ac celera e pur sacqueta il superfluo del grigiorevitalbe, e si spinge fino allannientamento, neilac cezione irta e dissonante, al limite dellirnpronuncia bilit e dellabiura, che solo lasprezza e immedia tezza del dialetto pu veicolare (Perch che rio posse dirghe VIDISON, da Sovrimpressiorji: I vidison i I cif vide ustinade e cative, I i vidison no i I che pae frghen fassine e falive Le vitalbe sono I come viti ostinate e cattive, I le vitalbe non sono I che per farne fascine e faville; I vidison i sfega e i se intriga I fa serp e bis e cavei mati che ziga Le vitalbe soffocano e si aggrovigliano I come serpi e bisce e capelli pazzi che gridano). E che dire del tormentone circa il sopravvivere, testuale innnanzitutto, della Maestra Morchet (da La maestra Morchet vive, di Fosferti a La maestra Morchet vive? di Sovrimpressioni)? Gi il testo di Fosferti era attraversato da una mise ert abime sciol ta in ironia affettuosa, l dove si chiamavano in causa i MISTERI DELLA PEDAGOGIA che aprono

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Pasque per tratteggiare il comportamento della maestra (Divaga dalla propria medaglia doro Divelge (poco) I par che remeggi e poi Rientra I pi che in quella mia-poesia di I pi che 10 anni fa e nella 4 nota a Fosferii si commentava poi che quella poesia veniva cos degradata a materiale teorico da trafu gare). Poco oltre, in quel testo, si collocava anche unammissione funzionale ad arricchire la tipologia del tema che stiamo trattando, bench in accezione differenziata, che meriterebbe un ulteriore e diverso indugio (e, sia ben chiaro, : noi tutti e voi siamo I qui meno che citazioni I che proverbi). E in chiu sura la citazione dilatava ulteriormente il proprio arco referenziale, sino a comprendere un riferimen to diretto al libro Pasque etichettato e schedato nel piccolo Centro di Lettura protagonista di Misteri della pedagogia ([. . .] nellarmadio ci sono I bei libri qui al Centro di Lettura I niente di marcio niente di anche moderni, si assicura [ ...] ). 15 impostura I informa unaltra nota, E l, tra i libri moderni apposta dallautore a Misteri della pedagogia gia ceva, cito, anche il presente libro. Leggiamoli, dunque, gli ultimi versi de La mae stia Morchet vive, da Fosferii: [. . .] La maestra confermer I la nostra mise-en-abime che letichetta comporter . Loccasione sollecitava poi Zanzotto a una nuova nota, labirintica e sorniona digressione sulla mise en abime in cui si chiamava in causa Dio (Abisso, cito, altres uno dei nomi di Dio nella gnosi) e le etichette come mini-etiche, e la normalizzazione delle altolocate gerarchie, tra bolli di biblioteca e scatole di cacao (quello olandese, in particolare, con leffigie di una cito di nuovo ragazza mise-ert-abme che procurava la vertigine 16 dellinfinito al giovane Leiris (Lge de -

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14 A. Zuizorro, PPS, p1370. La nota si legge a p. 1621. 15 Ivi, p382. La nota, collocata dallautore a corredo delledizione mondadoriana 1973 di Pasque, si legge oraalla p.455 di PPS. 16 Ivi, p.l1322.

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Cita:ione e mise en abime nella poesia di Andrea Zan:otto

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Un intrico da cui non si esce. Ma per tornare alla prospettiva che qui si sta privilegiando, ci si potr confermare nella convinzione che lungo il testo si sviluppa un procedere compositivo complesso, ca ratterizzato da una ostentata coazione a ripetere che si trasforma in reversibilit incessante: e non solo nellironizzazione di s sino alla degradazione comica, ma anche nellaccumulo di materiale di segno contrastivo, che si lascia convivere in simul taneit, senza opzioni risolutive. E si pu pensare alle tante riletture annunciate e orientate sino dai titoli verso il rinvio, la ripresa letteraria (Riletture di Topirtambr, o Postremi luoghi del Galateo in Bosco, in Sovrimpressioni). uno snodo cruciale, che richiede il massimo di attenzione. Quei titoli non possono lasciare indiffe renti. Pi che titoli di poesie, sembrano configurarsi come proposte di mini-saggi critici (Riletture di Topirtambr, appunto, o Postremi luoghi del Galateo in bosco): e dunque come scrittura che filtra il dato percettivo attraverso un percorso metonimico di slittamenti prospettici, lasciando convivere come materiale da costruzione le acquisizioni che si stra tificano lungo il testo. E del resto su questo concre scere simultaneo dei materiali delle proprie raccolte era lo stesso autore lo si ricordava a richiamare lattenzione, sia quando accennava alla variante come bisogno di rammemorare la genesi dei versi, sia quando parlava della circolarit di ogni libro di poesia (I libri di poesie sono come il serpente che si morde la coda, linizio ritorna dentro la fine, lultimo verso uguale a quello iniziale) i 7 Ma qui c dellaltro ancora: il testo viene a confi gurarsi il caso soprattutto di Meteo come va riante o incerto frammento di datazione incerta o ibrida, lavoro in corso in cui nulla definitivo. Un testo dato in redazioni diverse, stesura in progress di percorsi paralleli e simultanei non finalizzati a sciogliersi in compiutezza e aperti alle citazioni in

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A. Zzoi-ro, Intervento, in PPS, p. 1258.

crociate ed davvero un sistema variantistico anomalo quello che prende corpo. Intanto se la ripresa anaforica dei titoli era gi fenomeno macroscopico nel Galateo in bosco, in Meteo si intensifica, tra slittamenti metonimici dei titoli (sempre da Meteo: La citt dei papaveri AIITL Altn topirtambr), replicapapavert Topinambr zioni apparentemente senza sviluppo (Ticchettio parte strutturante Ticchettio) e note accolte come quasi ostensiofle del senso in della pagina poetica, forma di chiosa o icona grafica, a sfida fortemente dissacratoria della reale inattingibilit o inviolabilit del testo. In conclusione davvero provvisoria provo appena sta a ridurre a sintesi i poli estremi. Da una parte che comporta la ri dunque un sistema citazionale presa eplicita, quando non la mise eri abime, di un materiale tematico gi definito, quasi a contraccol dellimpossibilit, per la p0, o a tacita denuncia, parola di proporsi se non nelle forme della sublimadeformazione comica del gi zione ironica o della dato. Come capita ed caso clamoroso alla poe sia della Belt, Al mondo, inserita e citata, in Meteo, nella sezione conclusiva di Tempeste e nequi-zie equinOZiali. Un testo, quello di Meteo, che con ferocia estrema esibisce lapprodo dei melliflui richiami delledonismo consumistico, fino a rappresentarl0 il mondo nella Belt ancora autosalvabile anche se alla maniera un po ingloriosa del barone di Mnch hausen, o in Fosfeni miracolato alla maniera di Laz zaro (E ancora insisto baroccamente esortando I sul tuo avello I che sono io che il mondo I Risor giunge dunque a gi, s, te lo comando Nitro) impegnato in un suicidio rappresentarlo, il mondo, da pratica sadica, orgastica (Non ottenesti tu forse la massima pratica orgastica I a testa infilata entro un sacchetto di plastica?). Dallaltra la citazione rinuncia al proprio tradi zionale perimetro di applicazione e si estende ab bracciando opzioni che concrescOno su di s, mai risolutive e definitive, o disperdendo i propri conno tati in un orizzonte da fine del dicibile. Che altro

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NIVA LORENZINI

Citaione e mise en abi,ne nella poesia di Andrea Zan-otto

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Dirti natura se non citazione protratta, comprensi. va di una tradizione lirica giunta allestremo della possibilit di verbalizzazione, tra decantazione e degradazione consumistica? E poesia da leggersi e ascoltarsi interamente virgolettata, al di l delle virgolette che pur compaiono gi nel titolo, a sottolineare la separatezza del complemento oggetto (la natura) rispetto al verbo che lo regge (il dire, appunto). Cos quel complemento si distanzia, si disloca, mettendo a nudo la propria virtualit di segno che rinvia ad unappartenenza e consistenza che appartengono al rimosso, a un dirti natura murato, afono: e infatti lo perimetra il passato remoto, che rintocca occupando lintera prima strofa, ultimativo, terminale, come la celebrazione del lut to: Che grande fu I poterti chiamare Natura ul tima, ultime letture I in chiave di natura, I su ci che fu detto natura I e di cui spar il nome I natura che pot avere nome e nomi che fu I folla di nomi in un sol nome I che non era nome. Non dunque ci che fu, ma ci che fu detto. Il nome finisce per rimare con se stesso, per restare, solo, a nominare se stesso, la propria tautologica dicibiljt. E non raggiunge davvero pi loggetto, verso cui tende sfiatato (Al labbro vieni mia ultima, sfinita goccia di I possibilit di dirti, I natura -). E questa una poesia dellineffabile laico, quasi davvero un terminale significar per verba non si pora, giunti allestremo confine della degradazione, tra loschi affari e re di denari. E non c citazione che tenga, n mise en abime. Resta per a Zanzotto, dopo tutto, nonostante tutto, la consapevolezza irrazionale e un po bizzar ra, oltre che molto autoironica e il pensiero va qui proprio a Leopardi consegnata alla nota apposta alla terza sezione di Carit romane: Nel nostro tem 0 la poesia subisce un processo che rasenta lemarginazione (anche se non sparir mai del tut to). 18

?

Non sparisce di fatto, in Sovrimpressioni, la poe sia, quella della tradizione lirica alta, intendo. Vir golettata, si esibisce in icona colta da elefantiasi, in un processo di monumentalizzazione applicato, quando si ormai alla fine del libro a Hlderlin, al suo Met della vita (Hdlfte des Lebens). Con gialle pere pende : MIT GELBEN BIRNEN HANGET si staglia a stampatello, a caratteri cubitali, faraonici o forse anche da stele di Rosetta, chioserebbe lo Zanzotto di Pasqua di maggio. Quasi un grafema, inciso in successione verticale, sul margine destro del foglio, e protratto in espansione grafica, in ger minazione fonica (MIT GELBEN GELBEN BIRNEN BIRNEN) lungo il testo Uno vi fu, urto, celebrazione del lutto per labbattimento di un pero iperbolico, un ur-pero, un arcipero strappato dalla radice con scosse e terremoti enormi. Monumento funebre, icona, reliquia, o calco dellassenza sublime alienit che si chiude, paro la di Zanzotto, su un gelido stridore. Davvero qualcosa di definitivo, di lapidario, ma come di lapide che sia metafora tanto di una eternit man cata quanto di una morte che resta pur sempre inquieta multa come si legge nel saggio intensis 19 Quelle parole statuarie e simo dedicato a di Hlderlin sono comunque da leggersi ingigantite a fianco, e in sovrimpressione, e in controcanto, a contrappasso, con la macerazione e il deformarsi del senso, in un intruglio verbale di acuminata vio lenza che decompone e squarcia, e punzecchia e ingurgita:

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18 A. ZANzoyro, Sovrimpressjonj cit. p46.,

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A. Zuizorro, Per Paul Celan, in PPS,

p. 1333.

Poetiche, fascicolo i /2002

GIAN MARIO VILLALTA

Sul maestroscritto un libro su Andrea Zanzotto, edito nel 1992 da Guerini e Associati di Milano, intitolato La costanza del vocativo (il sottoti tolo lo presentava come una lettura della trilogia composta da 11 Galateo fa Bosco, Fosferti e Idioma) ; ho scritto inoltre sul poeta di Pieve di Soligo altri inter venti di carattere saggistico, ho firmato alcune inter viste, ho tenuto lezioni e conferenze; ho collaborato alla realizzazione del Meridiano Mondadori (1999) e, infine, allallestimento degli Scritti sulla letteratura recentemente riediti (autunno 2001), sempre da Mon dadori, con una consistente aggiunta di interventi. Oggi mi rendo conto che in tutte quelle pagine e con tutte quelle parole talmente numerose da indurre un sospetto di accanimento non ho mai avuto occasione di dire qualcosa di fondamentale, per me, che riguarda in profondit lesperienza della poesia. Quanto sto per affrontare richiede un iniziale ri corso a riferimenti autobiografici: me ne scuso, e chiedo che li si pensi soltanto come necessari alla sostanza del discorso. Credo che sarei andato a cercare Andrea Zanzot to anche in Toscana o in Calabria. Indubbiamente, per, il fatto che abitasse a una trentina di chilome tn da casa mia ha reso tutto pi semplice. A diciannove anni, iniziati da poco gli studi universitari, avevo appena letto Il Galateo in Bosco, uscito qual che mese prima, e per me era stato vedere il mondo con occhi nuovi, con una lingua nuova, con una molteplicit di prospettive inedite di realt. Mi sono presentato a casa sua senza alcuna let tera o telefonata preventiva e Andrea Zanzotto non mi ha accolto a braccia aperte: stava uscendo, ave-

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GIAN MARIO VLLLA-LTA

Sul maestro

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va fretta, mi ha dato una fotocopia di Gli sguardi, i mi ha, diciamo, fatti e senhal, allora introvabile e paginette me ne liquidato. Fiero di quelle quattro sono tornato a casa. Le mie manovre (e le mie fantasie) di avvicinamento a Zanzotto, lopera e la persona, sono continuate in seguito, con alcuni incon tn, qualche suo prezioso biglietto postale, fino a quando parecchi anni dopo gli ho portato le bozze del libro che avevo scritto sulla trilogia. Dopo luscita del libro ci siamo incontrati sempre pi spesso, fino a che la strada verso Pieve di Soligo mi diventata dapprima ben nota e infine abituale. Abbiamo parlato spesso della sua opera, di tanti altn poeti, di pensatori dei pi vari argomenti della storia come della minuta quotidianit. Ma non avrebbe significato rievocare tutti questi incontri e questi discorsi se non ci fosse stata sempre una tensione, una spinta di arricchimento e di conoscenza che mi metteva nella posizione attiva di chi vuole imparare, confrontarsi, ma anche di chi com batte per la sua identit, per un sapere suo proprio, per la definizione di un margine di autonomia che non fosse semplice distacco, ma un procedere con il peso e la misura del proprio passo. La parte autobiografica pi personale finisce qui, e vorrei invece parlare di qualcosa che oggi sembra lontano dalla realt della letteratura, fatta di studi scientifici di didattica di ricerca sempre pi af fine alle esigenze di un oggi (che pare nascere gi domani) in cui linformazione domina sulla formazione, in cui la ricerca della quantit e dellogget tivit del dato vuole confondersi e sovrapporsi a una pi che altro spietata oggettivazione dellimpersOna le inseguimentO dellattualit. Si arriva a proporre linsegnamento on lirte come il massimo dellappeti bilit culturale, in perfetta solidariet con lesaltazione per la moltiplicazione esponenziale dei dati accumulabili, lacquisizione cio di ingigantiti sche letri di saperi spolpati dallesperienza che essi dovrebbero veicolare. Quello che intendo dire : ho la sensazione che spero sia sbagliata di un solipsismO sfrenato nel, ,

lesperienza della letteratura, che va di pari passo con una organizzazione produttiva (di tipo postin dustriale) atta a finalizzare al mercato quella stessa esperienza della letteratura in tempi reali. Questo processo elimina la figura del maestro. Forse elimina anche la dimensione del libro, e con essa quella dellopera? E una domanda legitti ma, questa, perch lopera, il libro, non forse un maestro silenzioso, ma non meno tenace, sempre pronto a parlare, a porre nuove domande, ma anche a resistere nella sua fermezza e autorevolezza? Per dissacrare qualcosa occorre che ci sia qual cosa di sacro. Forse la parola autoreuolezza menterebbe dissacranti sbenleffi se ci fosse ancora qual che sacralit in essa. La usiamo oramai soltanto come sinonimo di un valore consolidato o di una competenza certa, non riconoscendo pi la diffenen za simbolica profonda che agisce al suo interno. Maestro e autore sono parole che Dante riunisce, come del resto le parole studio e amore. Un sapere disincarnato dallamore (cio dalla co noscenza di s attraverso laltro) solo una parven za, informazione forse. E questa conoscenza di s attraverso laltro non un facile gioco dove si vince sempre, e tanto meno dove limportante parteci pare Comporta invece angoscia, sforzo di trasfor mazione e sforzo per mantenere una propria identi t, un processo fatto di errori, dolore, ma anche meravigliose scoperte e conquiste. La letteratura conoscenza, elaborazione del sapere, anzi, di molti sapeni strutturati in forme com plesse, che trovano la loro realt di sapere in quelle date forme, e proprio perch complesse. Quella real t che le forme non avrebbero pi, qualora venisseno scomposte e ridotte ai semplici dati che le costituiscono. Questo avviene perch la letteratura (la parola a cui data una forma) ha una dinamica che non si lascia ridurre ad alcuna somma o planime tnia: solo quello che accade nellatto del leggere (e rileggere) mette in atto le sue potenzialit. Perch questa pedante puntualizzazione? Perch a sua volta le scelte che facciamo, e che ci costano, nel corso del tempo della vita, ci rendono adatti a.

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quando comprendere una cosa e non unaltra, e endiamo a realizzare la comprensione in un compr modo e non in un altro. E questo sapere e questo comprendere non mai soltanto quello che uno dice (come un libro non mai solo una sequenza di pa role) ma ancora una volta la dinamica di un rappor to. Il maestro non parla soltanto, il maestro legge, tace, ha un viso che esprime. Il maestro fa sentire la distanza e la vicinanza. Il maestro ha una terra di uomini e libri (come direbbe Celan) dove la vita si articola ai segni delloperare. Una dinamica che nel presente accelera e accen tua la percezione della temporalit dellessere e dellagire: ecco, il maestro ha un tempo, quello della storia passata e dellopera gi compiuta. Il senso profondo che lega lopera alla storia non fatto solo di informazioni (che devono essere am pie, corrette, com necessario) n solo di concetti e schemi operativi (anche questi, certo, rielaborati con efficacia e coerenza). La forma della sensibilit, la forma dellintelligenza, la forza di significazione delloperare agiscono pi in profondit, con un ap pello che tende a coinvolgere la vita nella sua intera domanda di senso. Detto cos pare tutto un concerto di violini: ma il maestro si sente depredare dallallievo, ha paura di essere divorato, tradito, abbandonato. Ha paura an che di rappresentare un modello troppo forte, teme quindi leccessiva obbedienza, che si trasformerebbe in una triste vivente parodia, una brutta copia di s che gli fa orrore. Il maestro odia le nuove esperienze dellallievo, le possibilit che questi ha ancora aper te, i suoi anni a venire. Ma ama lallievo perch gli moltiplica il suo essere, d nuova vita e nuove for me al suo fare. Allo stesso tempo, lallievo sa che deve difendersi dal maestro, si sente manovrato, sfruttato, lo trova spesso ridicolo e ossessivo. Lallievo sente che i suoi pensieri, che si nutrono di quel magistero, devono a loro volta prendere unaltra via, attingendo a fonti proprie, trasformarsi dentro la sua testa per avere una propria forma.

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Il peso della differenza di sapere (che anche il peso della differenza di esperienza) a volte umi liante per lallievo, a volte irritante e minaccioso per il maestro. Gelosia, possessivit, seduzione, attenzione, cu ra, insegnamento divieto, intelligenza, gratitudine, rifiuto e potrei continuare lelenco compongono il quadro delloperare del maestro e dellallievo su questa scena sempre arrischiata. Naturalmente, il maestro e lallievo si scelgono reciprocamente, non possibile che solo uno dei due scelga laltro. Anzi, proprio al fondo di questo riconoscimento reciproco c qualcosa di forte e dif ficile da definire, un punto di partenza che non si pu mai vedere prima che il cammino sia ben avviato. Il maestro se qualcuno ha la fortuna di averne uno, il protagonista e il correlato di unesperienza che insegna quanto vi sia di magistero anche nelle altre relazioni della vita, nellamicizia per esempio. Mi fermo qui. In questo modo, sicuramente an cora troppo emotivo e confuso, ho cercato di dire cosa in gioco nella letteratura, perch, lo ripeto, non riesco a capire che cosa possa essere la letteratura se non contiene lessenza del magistero e dellamicizia, ovvero il confronto e lo scambio di co noscenza, il conflitto dei saperi, il mettere alla prova la propria sensibilit e la propria affettivit, il risve glio della riflessione sulla propria condizione e sulle proprie potenzialit. Oggi, sulla soglia dellimpossibilit di qualsiasi magistero, difficile e rischia di riuscire patetico il richiamo a questa dimensione della vita e del sape re, ma la verit che non ne conosco di migliori. E neppure ne conosco di pi veri. Occorre sicuramen te evitare qualsiasi nostalgia, ma forse occorre an che, finch ancora visibile, mantenersi su questa soglia, rischiare. Per quanto riguarda Andrea Zanzotto, che ha saputo scrivere del muto insegnamento di tutto a tut to e, pi volte, dei misteri che agiscono il teatro di ogni pedagogia, non so quanto questo mio interven to sia stato del tutto inutile, o invece possa mostra

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Zanzotto, che sicurare qualcosa della sua opera. vestitura di qualsiasi mente rifiuterebbe per s lin questo tema nei suoi magistero, ha messo in gioco critica, con straordi scritti, nella poesia come nella e, con lironia che tutti nana lucidit, con passion conosciamo. il Meridiano, dato Ancora solo due parole per parlare (eppure cre che era di questo che si doveva conti). do di averne parlato, in fin dei truzione della teBasterebbe riflettere sulla cos libro per immaginare trarchia destinata a firmare il stato il progetto. E quanto elaborato possa esserne nsamente da Renata se non fosse stato voluto inte collana, e non ci fosse Colorni, alla direzione della della redazione, con stato lapporto fondamentale utore sempre com Elsabetta Risari, primo interloc ancabile nel ricucir petente, e Nicoletta Reboa, inst ero state anche loro, ne le varie parti, se non ci foss o non ci sarebbe mai tengo a precisare, forse il libr sarebbe stato peggiostato, comunque sicuramente dellamicizia, con Ste re. A proposito di magistero a e spero che non fano Dal Bianco era iniziato prim finisca. dellinsieme. Questo per dare una prima idea stato fondamen Poi cera Andrea Zanzotto, che bbe comunque potu tale per tutto, e che non si sare Chi volesse pretendere to far finta che non ci fosse. sto tipo ignorando di affrontare un lavoro di que o che una pretesa lautore, non esprimerebbe altr i i punti di vista (per semplicemente ridicola, da tutt che lautore ancora cominciare quello delle carte possiede). tretti a riprendeAnche in questo caso siamo cos a un maestro re il tema proposto: la fedelti o volont di compiatuttaltro che condiscendenza che sudditanza. Si cere, lammirazione tuttaltro o c sempre stato un co tenga conto che in Zanzott o, tendente a inglo stante processo autoermeneutic oni che venivano a bare criticamente le interpretazi a inoltre conto (e proporsi della sua opera. Si teng sullargomento) del lac una letteratura ben vasta e dellio e dellimvoro di costante ristrutturazion ognuno, di cui Zan magine di s che presente in

zotto sempre stato consapevole come dimostrano molti Suoi scritti e che veniva accelerato e portato al limite dallinvestimento di monumentalit legato al progetto. Ecco dunque come il lavoro si veniva a complicare, dovendo tenere conto di una intenzio nalit strutturante dellautore, che era utilissima per certi aspetti, ma che doveva per continuamen. te essere verificata, riaggiustata mediante il control lo dei dati oggettivi (fin dove era umanamente pos sibile) e poi di nuovo vagliata dagli strumenti della critica. Cos sono rimaste fuori molte notizie che sarebbero state importanti, perch non si riuscivano a verificare, sono state accantonate molte suggestioni interpretative assai appetitose, perch non costrui bili nel discorso critico, mancanti di quel passaggio che trasforma la dichiarazione dellautore in eviden za condivisibfle da una presupposta comunit di lettori. E potrei continuare. Ma credo sia pi che abba stanza cos. Non mi resta che ringraziare ancora tutti quelli che hanno collaborato, a vari e diversi titoli, alla realizzazione del libro, nonch tutti gli studiosi ne vedo molti qui intorno riuniti di Andrea Zanzotto, il quale ci ha offerto e ci offre ancora oggi unavventura del sentire e del pensiero che vale veramente la pena di percorrere.

Poetiche, fascicolo i /2002

FRANCESCO CARBOGNIN Percorsi percettivi e finzione tra Dtetro il paesaggio e VocattvoDal cielo e la pieta che il moridofa consistere(A Zanzotto)

poetica di Zanzotto, elaborata per oltre un cinquantennio di fertile e appassiona Jesperienza sostenuta da una tensione conota attivit, scitiva che, avvalendosi di risorse attinte ai pi disparati campi del sapere scientifico contemporaneo (dalla medicina alla fisica dall astronomia alle scienze linguistiche e cognitive) si esplica in solu zioni testuali che paiono resistere ai piu scaltri ten tativi di avvicinamento esegetico E una tensione conoscitiva che alimenta d altro lato un ininter rotta riflessione sul proprio operare sviluppata pa rallelamente all attivita poetica in sede di interventi e saggi critici Ed e significativo che molti luoghi delle prose cri tiche zanzottiane dedichino un attenzione particola re al problema della poesia in rapporto al sapere della scienza: proprio in virt di questinsistita at tenzione Zanzotto si rivela un acuto interprete di un orizzonte iii complesso quale quello che caratterizza la cultura italiana a partire dal secondo dopoguerra, tra la fine degli anni 50 e linizio dei 60.i

N. L0RENzINI, Il presente della poesia, Bologna, Il Mu

lino, l 13. l,p. 99

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in tale clima, contesto di tensioni e proposte relative al tema della crisi della poesia e dei rapporti tra letteratura e industria, oltre che della messa in discussione della figura del letterato tradizionale, che vengono alla luce le IX Ecloghe Esse infatti re. 2 gistrano la definitiva irruzione, nel mondo poetico zanzottiano, della realt storica e delle sue violente contraddizioni, cos come delle nevrosi, delle lacerazioni, delle strutturazioni tensive oscillanti dellio 3 che gi orientano lesperienza di linguaggio perseguita da Zanzotto nel primo decennio di attivit verso quel punto di non ritorno rappresentato, per unanime riconoscimento della critica, da La Belt . 4 Ma la questione del rapporto del soggetto lirico con la realt extratestuale era stata gi posta da Zanzotto in termini originali in quei testi che hanno preparato lavvento di IX Ecloghe e La Belt con i loro scricchiolii, le loro faglie, le loro improbabili iperbellezze. Nelle raccolte anteriori alle 1K Ecloghe la realt 5 storica (il mondo sconvolto dai fatti della Seconda Guerra) era saldamente perimetrata dietro le forme smaltate di quel particolare rovescio arcadico appre stato da Zanzotto fin da Dietro il Paesaggio ( i 95 1): at traverso la trasfigurazione iperletteraria della Heimat2

A. Zjzorro, IX Ecloghe, Milano, Mondadori, (1962);

ora in Le poesie e prose scelte, a cura di S. Dal Bianco e G.M. Villalta, con due saggi di S. Agosti e F. Bandini, Milano, Mondadori, edizione I Meridiani, 1999, p.2Ol Per tutte le poesie e le prose di Zanzotto da cui si cita si fa.

Soligo (per lui un vero e proprio coro di citazioni ), 6 Zanzotto vi denunciava una finzione provocatoriamene esibita dalla parola, sempre inautentica. La poesia di Zanzotto non poteva, cio, sfuggire allipoteca di falsit e di implicita violenza che gra vava su qualsiasi altro atto di pensiero (dalla filoso fia alla scienza) e di linguaggio (dalla pura notificazione di presenza allequazione matematica), ormai irrimediabilmente compromessi con le ragioni economiche o con quelle dellindustria bellica, se non ponendosi al culmine tecnico del dire e, in un certo senso, al culmine delleloquenza di una conven 7 zione linguistica esaltata come artificio: proprio nello scarto che instaurava rispetto al linguaggio duso o di consumo, inteso come istituto convenzionale atto a una riduzione dellesistente in termini di fun zionalit (massimamente rappresentato dal lin guaggio scientifico e dalla retorica dellopus mwcime oratorium di stampo ciceroniano), la langue seconda della letteratura sembrava poter costituire una valida alternativa (un potere alternativo, una diversa e non meno efficace forma di resistenza) alla storia e alle sue catastrofi. Questa sorta di proclamata non-contiguit al 8 vissuto esibita da Dietro il paesaggio, rappresenta il primo tentativo di definire quellunica forma pos sibile di sguardo prospettico che, secondo Zanzotto, occorre gettare sulla realt storica per comprender ne le contraddizioni e denunciarne le falsificazioni: il trionfo del non-senso e di unidiozia feroce al di l di ogni ragionevole motivazione storica (il nazi96 Cfr. A. Zjusizorro, Su Il galateo in bosco (1979), PPS, p. 12 19: La letteratura esiste quasi come invito a entrare in un coro di citazioni. 7 S. AG0sTI, Introduzione alla poesia di Andrea Zanzot to, in Andrea Zanzotto. Poesie (1 938-1 982), a cura di S. Agosti, Milano, 1993, p. 10. 8 G. SPAMPINATO, La Musa interrogata, Milano, Hefti

esclusivo e immediato riferimento, quando possibile, a questa edizione, da questo momento in poi siglata PPS. Tra parentesi viene posta la data delledizione originale. 3 A. GicoMINI, Da Dietro il paesaggio alle IX Ecloghe: lio grammaticale nella poesia cli Andrea Zanzotto, in Stu

di Novecenteschi, Padova, IV, 8-9 (luglio-novembre),1974, p. 190. 4 A. Zzoyro, La Belt (1968), PPS, p. 265. 5 Mi soffermer, in questa sede, su A. ZArzovro, Dietro il Paesaggio (1951), PPS, p. 37 e Vocativo (1957), PPS, p.

Ed., l l. 7 ,p. 9969 A. Zpzorro, Parole, comportament gruppi (appunti) (1971), PPS, p. 1191.

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fascismo), e lassurdo toccato dagli esiti del progresso scientifico (la bomba atomica) trasposti nellartificiosit di cui il proprio linguaggio poetico era,

capace in quanto struttura arbitraria e iperlettera riamente articolata, venivano pertanto da Zanzotto implicitamente equiparati a quella medesima forma di eccesso verbale. Solo nellambito, cio, di un unguaggio massimamente artificioso (attinto prevalen

complice un originale hlderlinismo ancora incerto nelle sue potenzialit, ma assolutamente estraneo, per linsolito rilievo conferito alla Heimat, alla contemporanea temperie postermetica: la realt stori ca, allora, poteva essere intuita nelle volute, negli avvallamenti, nelle crepe di un paesaggio lirico cheaveva rinunciato a costituire la superficie di rifles sione levigata e rassicurante di una soggettivit in-

temente, nei momenti di maggior eversione seman tica, dalla derivazione surrealista; cfr. : lerba mette becco e penne), Zanzotto poteva evidenziare gli ec cessi della funzionalizzazione del reale operata dalla scienza e dalla radicalizzazione ideologica, affabu landoli come enigmatici eventi di natura, e risol vendone gli effetti distruttivi in stilizzazione decora tiva (>gli artifici del fosforo), senza soluzione di continuit rispetto al linguaggio poetico:Lerba mette becco e penne e gli artifici del fosforo sorprendono lombra dentuta del vento che lass ha scavato la luna.

tegra, per rivelarsi terreno scabro, tagliente, poroso, forato dai proiettili della Seconda Guerra:Un arso astro distrusse questa terra profonda in pozzi e tane savventa lombra dellestate da vicoli e da altane i12 e dai rotti 3 Refoulemertt della realt storica (degli istituti

normalmente addetti alla sua rappresentazione) edella crisi vissuta dallermetismo proprio negli anni di composizione di Dietro il paesaggio provocato, 4

ria esibizione della finzione di ingenuit di fronte alla rimozione programmatico epigortismo indu cono a credere, in effetti, che Zanzotto riconoscesse, ,

Viene insomma rovesciato, nella poesia desordio di Zanzotto, ogni ottimistico postulato di ascenden za ermetica, tanto nella sua variante fiorentina orfi co-simbolista quanto in quella di matrice surrealista (alla quale lesperimento del primo Zanzotto resta, per non pochi tratti formali, rapportabile), Dietro il paesaggio, Notte di guerra, a tramontana, pps, p. 64, vv. 32-36. 11 Cfr. S. D BIANco, Profili dei libri e note alle poesie, pps, p. 1399: la grammatica dominante in DP [Dietro il paesaggio] si rif piuttosto al gelido intellettualismo di Quasimodo e De Libero e insomma alle frange estremiste del movimento, che meglio si accordano con il radicalismo stilistico dei mdelli surrealisti, Lorca e Eluard. Sullargomento, cfr. F. BARDINI, Zanzotto dalla Heimat al mondo, PPS, pp. LIII-LXV; R. DONNARUMMA, Zanzotto da Die tro il paesaggio alle IX Ecloghe, in Allegoria, 24, anno VIII, 1996, pp. 48-59.lo

nellarbitrario, nel convenzionale, lunica dimensio ne di sopravvivenza, e lunica possibilit di resistert

za del soggetto.Lipotesi di un annichilimento totale dellumani-

t, elaborata e concretamente verificata dalla scien

i

Dietro il paesaggio, Adunata, vv. 6-10, PPS, p. 60. Per una storia del linguaggio poetico di A. Zanzotto, in Studi Novecenteschi, cit., p. 210. 14 Sullargomento, ancora, R. DONNARUMMA, op. cit. 15 Presentando a Ungaretti il proprio Dietro il paesag gio, Zanzotto afferma: [. . .] n a me dispiacerebbe se arri vassi a configurarmi come una specie di Jacopo Vittorelli di quello che si volle chiamare ermetismo; cfr. G. UNGARETrI, Piccolo discorso sopra Dietro il paesaggio di Andrea Zanzotto [relazione al convegno di 5. Pellegrino Terme, 1954], in ID., Vita dun uomo. Saggi e interventi, a cura di Mario Diacono e Luciano Rebay, Milano, Monda dori I Meridiani, 1974, p. 693.13 LuIGI MILONE,

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za con la realizzazione della bomba atomica, era in-

fatti divenuta, per Zanzotto (suggestionato da ten denze filosofiche improntate allesistenzialismo), lassurdo, ma autentico, fondamento di ogni pensare ed agire umani: la stessa integrit o identit del soggetto, necessaria alla strutturazione dei diversi campi del sapere umano, non poteva che rivelarsi come un artificio, arbitrario e immotivato rispetto alla sempre soggiacente verit della deflagrazione e della morte. La possibilit di una separazione tra soggetto lirico-sintattico e soggetto psicologicoesistenziale, evocata in pi luoghi di Dietro il pae saggio, non poteva, allora, che enunciarsi nellam bito della finzione pi ostentata: il mio male lontano, la sete distintacome unaltra vita nel petto 6

lativo (necessario) mentire la necessaria conven , 9 zionalit di ogni pensare e agire umani poteva rivelarsi, paradossalmente, contigua alla forma di ec cesso verbale rappresentata dal linguaggio poetico: Io sono spazio frequentato dal tuo sole deserto 2quando mi si abbassavano

le palpebre come aristesu unindolenza lucente di paglia 2

e bevo al di l delle labbra 7 Daltro lato, le enunciazioni dellimpossibilit, da parte dellio lirico, di svincolarsi dalla convenzione lirica (dallebriet del paesaggio) per assumere un pe so autenticamente esistenziale, si ponevano come la diretta elaborazione poetica della coazione allartificio patita dal soggetto empirico nella realt storica:oltre questebriet

di nevi e dacque non dato a me, se cos mi creasti, discendere 8 Lo stesso significato assumono le continue e scorporizzanti metamorfosi dellio che si succedono in Dietro il paesaggio: se, come crede Zanzotto, il convenzionale a partire dalla ripartizione delle armi in pi o meno convenzionali, ripartizione convenzionale essa stessa da quando esiste la bomba atomica si autorizzato come