298
MANUALI UMANISTICA 8

F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

  • Upload
    others

  • View
    13

  • Download
    0

Embed Size (px)

Citation preview

Page 1: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

MANUALI

UMANISTICA

– 8 –

Page 2: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

biblioteca di studi slavistici

Comitato scientifico

Giovanna Brogi Bercoff (Direttore), Michaela Böhmig, Stefano Garzonio (Presidente AIS), Nicoletta Marcialis,

Marcello Garzaniti (Direttore Esecutivo), Krassimir Stantchev

Comitato di redazione

Alberto Alberti, Giovanna Brogi Bercoff, Marcello Garzaniti,Stefano Garzonio, Giovanna Moracci, Marcello Piacentini,

Donatella Possamai, Giovanna Siedina

titoli già pubblicati

1. Nicoletta Marcialis, Introduzione alla lingua paleoslava, 20052. Ettore Gherbezza, Dei delitti e delle pene nella traduzione di Michail M.

Ščerbatov, 20073. Gabriele Mazzitelli, Slavica biblioteconomica, 20074. Maria Grazia Bartolini, Giovanna Brogi Bercoff (a cura di), Kiev e Leopoli: il

“testo” culturale, 20075. Maria Bidovec, Raccontare la Slovenia. Narratività ed echi della cultura

popolare in Die Ehre Dess Hertzogthums Crain di J.W. Valvasor, 20086. Maria Cristina Bragone, Alfavitar radi učenija malych detej. Un abbecedario

nella Russia del Seicento, 20087. Alberto Alberti, Stefano Garzonio, Nicoletta Marcialis, Bianca Sulpasso,

Contributi italiani al XIV Congresso Internazionale degli Slavisti, 2008

Page 3: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

NICOLETTA MARCIALIS

Introduzionealla lingua paleoslava

Firenze University Press

2007

Page 4: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

© 2007 Firenze University PressUniversità degli Studi di FirenzeFirenze University PressBorgo Albizi, 2850122 Firenze, Italyhttp://epress.unifi .it/

Printed in Italy

Introduzione alla lingua paleoslava / Nicoletta Marcialis. – Firenze : Firenzeuniversity press, 2007.(Manuale umanistica, 8)http://digital.casalini.it/9788884536624Stampa a richiesta disponibile su http://epress.unifi .it

ISBN978-88-6453-114-4 (online)ISBN 978-88-8453- 661-7 (print)

491.81701 (ed. 20)Lingua slava antica

Page 5: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

INDICE

Premessa V

Introduzione

1. Paleoslavo e evangelizzazione degli slavi 3

2. Costantino e Metodio 6

3. La missione morava tra impero romano (Roma e Bisanzio) e impero franco 16

4. La lingua paleoslava 31

5. Cirillico e glagolitico 33

6. Il canone paleoslavo 37

7. Paleoslavo e slavo ecclesiastico nella Slavia orientale 46

8. Lo slavo ecclesiastico ibrido 59

9. La II influenza slava meridionale 63

10. Redazione rutena e redazione moscovita dello slavo ecclesiastico 69

11. La reinvenzione della grammatica 72

12. La riforma di Nikon e la creazione di una norma panrussa dello slavo ecclesiastico 73

Fonetica

1. Dal protoindoeuropeo al protoslavo 77

2. Consonantismo 77

3. Vocalismo 79

4. Apofonia 79

5. Trasformazioni del consonatismo (occlusive e fricative) 81

6. Trasformazioni del consonantismo (sonoranti) 84

7. Intonazione 85

8. Trasformazioni del vocalismo 85

9. Dal protoslavo antico allo slavo comune tardo 86

10. La I palatalizzazione 87

11. La iodizzazione 88

12. Metafonia palatale 89

13. Monottongazione dei dittonghi in semivocale 89

14. La II palatalizzazione 91

15. Consonantizzazione delle semivocali 92

16. Semplificazione dei nessi consonantici 93

1

Page 6: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavoII

17. Dittonghi in nasale 95

18. Sviluppo di jod protetico 96

19. Dittonghi in liquida 97

20. La III palatalizzazione 101

21. Nuova metafonia palatale 103

22. Slavia settentrionale e slavia meridionale 103

23. Fine della parola 104

24. Trasformazione della quantità in timbro 105

25. Nuove alternanze vocaliche 107

26. Gli jer 108

Morfologia

1. Le parti del discorso 111

2. Il nome 112

3. Temi in *a- 116

4. Temi in *o 118

5. Principali suffissi derivativi dei nomi in *o e in *a- 122

6. Temi in *ı 129

7. Temi in *u 132

8. Temi in consonante 133

9. Temi in *u- 138

10. L’aggettivo 139

11. Comparativo e superlativo 141

12. Il pronome 144

13. Sostantivi pronominali 145

14. Aggettivi pronominali 147

15. I numerali 152

16. Il verbo 156

17. I tempi verbali 159

18. Modo, diatesi, persona e numero 161

19. Suffissi tematici e derivativi 162

20. Classificazione 164

21. L’aoristo 177

22. L’imperfetto 184

23. I participi 186

24. I tempi composti 193

25. Il modo condizionale 194

Page 7: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Indice III

26. Il modo imperativo 194

27. Infinito e supino 196

28. Infinito sostantivato e sostantivo verbale 196

Sintassi

1. Il paleoslavo e il greco 199

2. La sintassi della proposizione: il soggetto 200

3. Il predicato 202

4. I complementi 204

5. Uso delle preposizioni 211

6. La sintassi del periodo 228

7. Proposizioni completive 232

8. Proposizioni completive implicite 235

9. Proposizioni relative 237

10. Proposizioni circostanziali 240

11. Proposizioni ipotetiche e periodo ipotetico 241

12. Proposizioni causali 242

13. Proposizioni concessive 243

14. Proposizioni consecutive 244

15. Proposizioni finali 244

16. Proposizioni temporali 245

17. Proposizioni circostanziali implicite 246

Appendici

1. La normalizzazione 251

2. Tavole morfologiche 259

Page 8: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine
Page 9: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Premessa

Chiunque voglia conoscere in modo non superficiale il mondo slavo deve

fare i conti con la sua più antica scripta: strumento indispensabile per la

ricostruzione delle protolingue, prezioso testimone della differenziazione

dialettale dello slavo comune, veicolo di una tradizione culturale fondante ed

esso stesso simbolo identitario, il paleoslavo delle prime traduzioni

cirillometodiane cresce nei secoli, occupando l’intero spazio letterario di

grande parte della Slavia medievale.

Ricercatori appartenenti a diversi ambiti disciplinari hanno studiato il

paleoslavo (e lo slavo ecclesiastico che ne rappresenta la naturale evoluzione)

dal punto di vista dell’indoeuropeista, dello specialista di linguistica slava,

dello storico delle lingue letterarie, del filologo: il loro impegno ha prodotto

ottimi manuali, quali la Geschichte der Altkirchenslavischen Sprache di

Nicolaus Van Wijk (Berlin und Leipzig 1931), i due volumi di Staroslavjanskij

jazyk di A. M. Seli ev (Moskva 1951 e 1952), il Manuel du Vieux Slave di

André Vaillant (Paris 1964), Old Church Slavonic Grammar di Horace G.

Lunt (The Hague 1968), U ebnice jazyka staroslov nského di Josef Kurz

(Praha 1969), Altbulgarische Grammatik als Einführung in die Slavische

Sprachwissenschaft di Rudolf Aitzetmüller (Freiburg 1978), Wst p do filologii

s owia skiej di Leszek Moszy ski (Warszawa 1984), Staroslavjanskij jazyk di

G. A. Chaburgaev (2ª ed. Moskva 1986), The Dawn of Slavic di Alexander M.

Schenker (New Haven and London, 1995) e numerosissimi altri.

La manualistica in lingua italiana, che non è certo altrettanto ricca, esprime

tuttavia la medesima varietà di angolazioni: ricordo gli ormai introvabili lavori

di Natalino Radovich (Slavo ecclesiastico antico, Napoli 1965) e Carlo

Page 10: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavoVI

Verdiani (Manuale di slavo antico, Firenze 1956), i Lineamenti di fonologia

slava di Aldo Cantarini (Brescia 1979) e il più recente Corso di lingua

paleoslava di Lilia Skomorochova Venturini (Pisa 2000).

Frutto di lunghi anni di insegnamento della Filologia slava presso

l’Università di Roma Tor Vergata, anche questa Introduzione alla lingua

paleoslava nasce dal combinarsi degli interessi dell’autrice e di esigenze

didattiche, ovvero dalla constatazione che tra tutte le lingue slave gli studenti

conoscono prevalentemente il russo, e che la maggioranza è interessata ad

approfondire aspetti di storia della lingua piuttosto che questioni di gram-

matica slava comparata: il manuale si rivolge quindi elettivamente a studenti

russisti, in una prospettiva diacronica che prelude a studi di storia dello slavo

ecclesiastico e di storia della lingua russa. Tuttavia, l’ampio spazio dedicato

alle ascendenze indoeuropee e al protoslavo, nonché l’assoluto privilegio

accordato alla norma ricostruita in base ai manoscritti del cosiddetto “canone”

(anche a spese dell’attenzione all’individualità degli stessi) dovrebbero

garantirne l’utilità e la fruibilità da parte di chi affronti lo studio della Filologia

slava partendo da qualsiasi lingua slava moderna.

L’Introduzione alla lingua paleoslava non avrebbe potuto essere scritta

senza la collaborazione degli studenti, le cui domande e i cui dubbi mi hanno

consentito di correggere imperfezioni di varia natura nella presentazione del

materiale. Oltre che a loro, la mia riconoscenza va ai colleghi che hanno letto

questo lavoro nelle sue diverse stesure preliminari: Sergio Bonazza, Giovanna

Brogi, Giuseppe Dell’Agata, Mario Enrietti, Krasimir Stanchev.

Gli errori ovviamente sono tutti miei.

2

Page 11: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione

1. Paleoslavo e evangelizzazione degli slavi

Si definisce paleoslavo, o slavo ecclesiastico antico, la lingua in cui i fratelli Costantino (Cirillo) e Metodio, missionari tra gli slavi, tradussero i libri sacri per quei popoli, sino ad allora privi di scrittura. La storia delle culture e delle letterature slave prende avvio da questa evangelizzazione.

Nel IX secolo gli slavi, etnicamente e linguisticamente ancora poco differenziati, erano disseminati su un territorio vastissimo dell’Europa centro-orientale, dal corso superiore del Volga sino al mare Adriatico, dal Baltico orientale al mar Nero. In conseguenza della loro espansione intere provincie storiche dell’impero romano, la Tracia, la Mesia, la Dacia, la Macedonia, le Pannonie, il Norico, la Dalmazia, si erano profondamente slavizzate e si stavano dando forme embrionali di organizzazione statale: chiesa e impero si trovano a fronteggiare il problema dell’assimilazione delle popolazioni slave all’interno dei propri confini e quello dei rapporti diplomatici con le nuove élites dirigenti della Moravia, della Pannonia e della Bulgaria.

Se gli slavi penetrati nel cuore dell’impero bizantino erano da tempo cristiani, l’evangelizzazione delle periferie, dopo alcuni episodi che avevano visto protagonisti missionari soprattutto irlandesi, si attua a partire dalla metà del VIII secolo1 per iniziativa del clero franco delle diocesi di Frisinga (Freising), Ratisbona (Regensburg), Passavia (Passau), Salisburgo (Salzburg) e del patriarcato di Aquileia (Cividale del Friuli). Minacciati dall’espansionismo dei Franchi vittoriosi contro gli Avari, dai Bizantini, dai loro stessi fratelli

1 Nel 743 il principe Borut, attaccato dagli Avari, chiede ai bavaresi di intervenire in Carantania. Per suo desiderio vengono battezzati il figlio Gorazd e il nipote Hotimir: M. Kos (ed.), Conversio Bagoariorum et Carantanorum, Ljubljana 1936, p. 24 e p. 130.

Page 12: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 4

slavi, i principi si difendono con alleanze mutevoli, e tentano di sfruttare i crescenti conflitti giurisdizionali tra le chiese (romana, franca e bizantina) per governarne le ingerenze. In questo quadro complesso e instabile si collocano la missione cirillometodiana e la nascita della scrittura slava2.

La ricostruzione dell’operato di Cirillo e Metodio si basa su fonti di carattere eterogeneo, la cui attendibilità storica è spesso dubbia, vuoi per la

2 Imponente è la bibliografia sulla missione cirillo-metodiana, ulteriormente arricchita dalle celebrazioni per i 1100 anni dalla creazione degli alfabeti slavi (1963), i 1100 dalla morte di Cirillo (1969), i 1100 dalla morte di Metodio (1985), il millenario del battesimo della Rus’ (1988). Grande fervore di studi si è registrato in Bulgaria, che ha celebrato nel 1981 i 1300 anni della sua storia. Ricorderemo almeno la Kirilo-Metodievska Enciklopedija, i cui quattro volumi sono usciti a Sofija negli anni 1985 (vol. I), 1995 (vol. II), 2003 (voll. III e IV). Tra le pubblicazioni meno recenti occorre menzionare il corpus delle fonti, raccolto in Constantinus et Methodius Thessalonicenses. Fontes. Recensuerunt et illustraverunt F. Grivec et F. Tomšič, Radovi staroslavenskog instituta, Knjiga 4, Zagreb 1960. I 1100 anni dalla morte di Metodio sono stati ricordati con una ricca edizione in facsimile delle Vite (Žitija Kirilla i Mefodija, Moskva-Sofija 1986), che comprende Prostrannoe žitie Konstantina-Kirilla Filosofa, Prostrannoe žitie Mefodija, Pochval’noe slovo Kirillu i Mefodiju, Kratkoe žitie Kirilla, Kratkoe žitie Mefodija. Ad uno dei curatori, B. Florja, si doveva l’edizione commentata delle Vite nel più agile volumetto Skazanija o načale slavjanskoj pis’mennosti, Moskva 1981. Una notevole bibliografia si lega alla discussione delle tesi di I. Boba sulla collocazione della Moravia (Moravia’s History Reconsidered. A Reinterpretation of Medieval Sources, The Hague 1971), cui è stata dedicata parte del XI Congresso Internazionale degli Slavisti tenutosi a Bratislava nel 1993. Per la traduzione italiana delle Vite si veda: Cirillo e Metodio. Le biografie paleoslave. Introduzione, traduzione e note a cura di Vittorio Peri, Edizioni O.R., Milano 1981, e la più recente traduzione di Marcello Garzaniti in A.-E. N. Tachiaos, Cirillo e Metodio. Le radici cristiane della cultura slava. Edizione italiana a cura di Marcello Garzaniti, Jaca Book, Milano 2005. Tra i contributi in lingua italiana ricordiamo N. Radovich, Testi del Vangelo in Slavo ecclesiastico antico, Napoli 1964 e Id., Le pericopi glagolitiche della Vita Constantini e la tradizione manoscritta cirillica, Napoli 1968; F. Dvornik, Gli slavi. Storia e civiltà dalle origini al secolo XIII, Liviana Editrice, Padova 1974; R. Jakobson, Premesse di storia letteraria slava, Il Saggiatore, Milano 1975 (in particolare “La missione bizantina tra gli Slavi”); M. Lacko, Cirillo e Metodio, Apostoli degli Slavi, ed. “La casa di Matriona”, Milano 1981; F. Grivec, Santi Cirillo e Metodio. Apostoli degli Slavi e compatroni d’Europa, Urbaniana University Press, Roma 1984; J. Vodopivec, I santi fratelli Cirillo e Metodio compatroni d’Europa, Urbaniana University Press, Roma 1985; V. Peri, Da Oriente e da Occidente. Le chiese cristiane dall’impero romano all’Europa moderna, a cura di M. Ferrari, voll. I-II, Roma, Padova 2002 (in particolare “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”).

Page 13: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 5

tendenziosità insita nella fonte stessa, vuoi per le vicissitudini di una tradizione manoscritta soggetta a guasti, lacune e interpolazioni. Al primo posto figurano naturalmente le Vite, Vita Constantini (VC) e Vita Methodii (VM), composte presumibilmente già nel IX secolo, ma pervenuteci in copie tarde. Sulla loro datazione esistono tra gli studiosi pareri discordi, in particolar modo per ciò che riguarda VC, i cui testimoni più antichi risalgono al XV secolo: schematizzando i diversi punti di vista, possiamo dire che gli uni ritengono che il testo della Vita a noi pervenuta sia quello composto nel IX secolo da un diretto partecipante alle vicende narrate (si pensa addirittura a Metodio quale biografo del fratello), gli altri credono viceversa di avere a che fare con un archetipo contaminato, slavo orientale e tardo. Gli argomenti del contendere sono di varia natura, linguistici, filologici, letterari, storici. Fondamentale è il giudizio sull’attendibilità delle informazioni contenute nelle Vite, giacché certo a Metodio o ai diretti discepoli dei fratelli non si possono attribuire imprecisioni del tutto naturali per un agiografo vissuto secoli più tardi.

Accanto alle Vite figurano come possibili fonti testi slavi, latini e greci: i Sermoni panegirici (uno in lode di Cirillo, l’altro in lode di Cirillo e Metodio), le Vite brevi, gli uffici liturgici, due opere che Anastasio Bibliotecario attribuisce allo stesso Costantino (Inventio s. Clementis e Sermo de translatione s. Clementis, note in versione slava in codici del XV sec.), le Vite di Clemente e di Naum, la cosiddetta Legenda italica del vescovo di Velletri Gauderico (Vita cum translatione s. Clementis, XII sec.), la Legenda Boema (Vita et passio s. Venceslai et s. Ludmilae, aviae eius, XIV sec.), la Legenda Morava (incipit: “Tempore Michaelis imperatoris”, XIV sec.), il cosiddetto Memorandum di Salisburgo dell’870-871 (Conversio Bagoariorum et Carantanorum, XIII sec.), i documenti superstiti della Curia papale (il Liber Pontificalis e i Registri delle lettere spedite dai papi)3.

3 Se ne può vedere la descrizione in F. Grivec, Santi Cirillo e Metodio. Apostoli degli Slavi

e compatroni d’Europa, cit., pp. 211-239.

Page 14: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 6

2. Costantino e Metodio Nati a Salonicco, i due fratelli erano figli del drungario Leone, un alto

funzionario alle dipendenze dello stratega della regione. Costantino, nato nel 827, era il più piccolo di sette figli. Salonicco era all’epoca città bilingue: nel convincerli ad accettare la missione tra gli slavi l’imperatore bizantino Michele III dice: “Voi siete infatti di Salonicco e tutti i Tessalonicesi parlano correttamente lo slavo” (VM V; Garzaniti4 214). I fratelli ricevono un’educazione accurata, di profilo giuridico Metodio, che ancor giovane riceve l’incarico di amministrare una provincia popolata da slavi (VM II); di profilo filologico e filosofico Costantino, che arso dalla sete di sapere impara a memoria le opere di Gregorio Nazianzeno, di cui traccia sulla parete della propria stanza un encomio che lo definisce “illuminatore e maestro” (VC III; Garzaniti 173). La fama dei meriti di Costantino giunge alla capitale, e il logoteta Teoctisto, molto vicino all’imperatrice reggente Teodora, madre di Michele III, lo prende sotto la propria protezione (VC III). Costantino studia grammatica, dialettica, retorica, aritmetica, geometria, astronomia, musica, sotto la guida di maestri quali Leone Matematico e Fozio, futuro patriarca, con risultati stupefacenti. Gli vengono offerti onori e alte cariche, di cui lui accetta solo quella di bibliotecario del patriarcato; fugge però anche da questa, per nascondersi in un monastero sul Bosforo, dove lo trovano dopo sei mesi. Accetta allora l’incarico di professore di filosofia, e torna a Costantinopoli (VC IV). Oltre che per l’erudizione, Costantino è celebre come abilissimo polemista: a lui viene affidato il compito di affrontare il deposto patriarca Giovanni VII Grammatico, sostenitore degli iconoclasti, in una disputa nella quale si ricopre di gloria (VC V). In seguito, a soli ventiquattro anni, viene inviato in ambasceria presso il califfo arabo al-Mutawakkil per discutere dello scambio di prigionieri di guerra, e vi sostiene una abile disputa sulla Trinità (sopravvivendo miracolosamente a un tentativo di avvelenamento) (VC VI). Al ritorno dalla missione Costantino trova grandi cambiamenti: suo fratello ha

4 Tutti i passi di VC e VM saranno citati nella traduzione di Marcello Garzaniti posta in appendice in A.-E. N. Tachiaos, Cirillo e Metodio. Le radici cristiane della cultura slava, cit.

Page 15: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 7

lasciato la carica di arconte e si è ritirato in un monastero sul monte Olimpo, in Bitinia, dove si è fatto monaco con il nome di Metodio (suo nome di battesimo sarebbe stato Michele5). Costantino lo raggiunge (VC VII). Qui, lontano dai torbidi della capitale (il loro protettore Teoctisto viene ucciso alla fine del 855) i due fratelli potrebbero aver concepito il primo progetto di una missione tra gli slavi:

Nel silenzio del chiostro è poco probabile che Cirillo e Metodio si siano dedicati esclusivamente all’ascesi e all’istruzione dei discepoli. Metodio aveva lavorato quasi un decennio tra gli slavi e ne aveva preso alcuni più svegli con sé. Cirillo aveva una passione innata per la filologia, e come bibliotecario era entrato in contatto con le lingue e le scritture di molti popoli. Il suo maestro Fozio, futuro stratega dell’espansione culturale bizantina, non poteva non aver condiviso con i suoi pupilli l’idea di attirare nella cristianità popoli vicini e meno vicini, servendosi della predicazione nella loro lingua madre. E lungo l’intera frontiera europea l’impero confinava con popolazioni e tribù slave, alcune delle quali avevano già costituito organizzazioni statali stabili (la Bulgaria e la Grande Moravia). In presenza di un siffatto complesso di fattori oggettivi e soggettivi è logico che i due fratelli abbiano pensato alla creazione di un alfabeto slavo e alla traduzione dei fondamentali libri cristiani nella lingua degli slavi6.

L’ascesa di Fozio alla dignità patriarcale (858) ha immediata ripercussione sulla sorte di Costantino, cui viene affidata una missione politico-religiosa nel khanato dei Chazari. Popolo di stirpe turca e provenienza asiatica, i Chazari dominavano il territorio compreso tra il Caucaso e la Crimea, lungo il corso

5 F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 35. 6 K. Stančev, G. Popov, Kliment Ochridski, Sofija 1988, pp. 28-29. Nella trattazione dei due

studiosi far iniziare il progetto slavo in Bitinia valeva a corroborare la tesi del carattere “bulgaro” della lingua cirillometodiana: “Le fonti non ci forniscono dati concreti, ma la logica, confortata anche dal successivo evolvere degli eventi, suggerisce che già nella seconda metà degli anni ‘50 Cirillo e Metodio, approfittando delle condizioni di vita monastica, abbiano messo a punto i principi fondamentali dell’alfabeto slavo (glagolitico) e della più antica lingua letteraria degli slavi, formata sulla base delle parlate bulgare meridionali diffuse intorno a Salonicco e a loro note. Parlanti nativi di quella lingua erano anche i discepoli di Metodio provenienti dall’arcontato di Struma, che indubbiamente presero parte, come informatori e come aiutanti, all’opera. Tra loro, se la nostra ricostruzione biografica è corretta, si trovavano anche Clemente, Naum e Angelario” (Ivi, p. 29). L’ipotesi è ampiamente condivisa da studiosi non bulgari quali Grivec e Tachiaos.

Page 16: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 8

inferiore del Volga; una minoranza era cristiana, e questa appunto avrebbe mandato un’ambasceria a Costantinopoli con la preghiera di inviare loro un uomo capace di sconfiggere in una disputa religiosa i predicatori ebrei e musulmani, che stavano cercando di convertirli rispettivamente al giudaismo e all’islam. A Costantino si unisce Metodio (VM IV). Lungo il viaggio di andata (861) l’ambasceria si ferma a Chersoneso Taurico (Crimea), dove Costantino impara a leggere e scrivere l’ebraico, dove conversa con un samaritano e decifra i libri che questi gli mostra, e dove infine ha luogo il famoso episodio del Vangelo scritto in lettere “russe”: “allora, intrapreso il viaggio e giunto a Cherson, vi imparò la parlata e le lettere ebraiche, dopo aver tradotto le otto parti della grammatica così da ricavarne una maggiore conoscenza. Là viveva un Samaritano che, venendo da lui, discuteva con lui e portò i libri samaritani e glieli mostrò. Dopo averglieli chiesti, il Filosofo, rinchiusosi nella (sua) stanza, si mise a pregare e ricevuta(ne) da Dio la comprensione cominciò a leggere i libri senza errore […] Là trovò un Vangelo e un Salterio, scritto in lettere ‘russe’, e trovò un uomo che si esprimeva in quella parlata e conversò con lui e, compresa la forza del discorso, accostando per mezzo della propria parlata le diverse lettere, vocali e consonanti, ed elevando la preghiera a Dio, cominciò subito a leggere e parlare” (VC VIII; Garzaniti 182-183). L’aggettivo “russo” (rusßsk∞) è stato interpretato in vari modi: alcuni studiosi, tra cui R. Picchio7, propongono di vedere nel passo un’interpolazione slava orientale volta a sottolineare l’autonomia dell’ingresso della Rus’ nella cristianità, al di fuori della tutela di Bisanzio; secondo altri (da M. Pogodin e I. Sreznevskij sino a N. Nikol’skij, I. Ogienko, P. Černych, E. Georgiev, V. Istrin) il passo va inteso alla lettera e proverebbe la presenza presso gli slavi orientali di un alfabeto cui si sarebbe poi ispirato Costantino. Altri ancora (da P. Šafařik a F. Dvornik, G. Il’inskij) riferiscono l’aggettivo alla Bibbia tradotta per i Goti da Wulfila, ponendo proprio l’interesse suscitato in Costantino dalla bibbia gota all’origine

7 R. Picchio, “Compilazione e trama narrativa nelle «Vite» di Costantino e di Metodio”, in Ricerche Slavistiche, VIII, 1960, pp. 61-95. L’ipotesi, che era già di A. V. Gorskij e O. M. Bodjanskij, è stata recentemente difesa da Dimo Češmedžiev nel suo Kiril i Metodij v bălgarskata istoričeska pamet prez srednite vekove, Sofija 2001.

Page 17: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 9

del progetto di una bibbia slava. A tal fine Il’inskij legge fruskyj («franco», cioè germanico, gotico), mentre i più riferiscono direttamente l’etnonimo a popolazioni germaniche:

l’interpretazione di «rusßskyj» nel senso indicato da G. Il’inskij è plausibile anche senza dover supporre la forma «froskyj»: nei testi russi antichi, questo aggettivo è spesso usato per indicare i Normanni; l’impiego del termine anche per i Goti, che occupavano allora la Russia meridionale e possedevano una traduzione della Bibbia, non fa quindi difficoltà8.

Oggi la maggior parte di chi non crede alla interpolazione tarda sembra concordare con la lettura di A. Vaillant, approfondita da R. Jakobson e da D. Gerhardt, secondo cui rusßsk∞ vale surßsk∞ col significato di “siriaco”, e tutto il passo servirebbe all’agiografo per sottolineare la conoscenza delle lingue semitiche da parte di Costantino.

La missione in Crimea è un successo, sia per le rinnovate profferte di amicizia da parte del khan, sia per il ritrovamento, avvenuto a Chersoneso durante il viaggio di andata, delle reliquie di Clemente papa, che una leggenda voleva esiliato e martirizzato nel 101 per ordine di Traiano. Saranno queste relique a garantire ai fratelli, molti anni dopo, una accoglienza calda e solenne da parte del papa in occasione del loro viaggio a Roma.

Tornati a Costantinopoli, Metodio rifiuta la carica di arcivescovo offertagli da Fozio, diventando egumeno del monastero di Polichron, in Bitinia, sul suo amato monte Olimpo (VM IV); Costantino “viveva nel silenzio, pregando Dio, risiedendo nella Chiesa dei Santi Apostoli” (VC XIII; Garzaniti 195). In questo periodo di serenità mette a profitto le competenze acquisite in Crimea per decifrare la misteriosa iscrizione in lettere ebraiche e samaritane su un prezioso calice, opera di Salomone, conservato a Costantinopoli nella chiesa di Santa Sofia9.

8 N. Radovich, Testi del Vangelo in Slavo ecclesiastico antico, Napoli 1964, p. VI. 9 R. Picchio, “Chapter 13 of «Vita Constantini»: Its Text and Contestual Function”, in

Slavica Hierosolymitana. Slavic Studies of the Hebrew University, VII, 1985, pp. 133-152; Id., “Alle prese con la Vita Costantini”, in AION Slavistica, 1, 1993, pp. 29-63; M. Capaldo, “Sulla datazione di un’iscrizione pseudo-salomonica ad opera di Costantino il Filosofo”, in Filologia e letteratura nei paesi slavi. Studi in onore di Sante Graciotti, Roma 1990, pp. 945-969; Id.,

Page 18: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 10

Ma la loro pace non dura a lungo. Nell’862 due principi slavi, Rastislav e Sventopluk (VM), o il solo Rastislav (VC), mandano un’ambasceria a Costantinopoli per chiedere che gli si invii un vescovo e un maestro capace di spiegare le leggi cristiane in lingua slava: “da quando il nostro popolo ha rigettato il paganesimo e osserva la legge cristiana, non abbiamo un maestro, che ci interpreti nella nostra lingua la vera fede cristiana, così che anche gli altri paesi, vedendo questo, diventino simili a noi. Mandaci dunque, signore, un tale vescovo e maestro” (VC XIV; Garzaniti 196). Cfr. il passo di VM: “sono venuti fra noi molti maestri cristiani, dai Valacchi e dai Greci e dai Germani, insegnandoci in modo diverso, mentre noi Slavi siamo persone semplici e non abbiamo chi ci guidi nella verità e renda nota la conoscenza. Allora, buon signore, manda un uomo che adempia ogni giustizia” (VM V; Garzaniti 213-214).

Secondo l’agiografo la richiesta coglie i due fratelli di sorpresa. Quando l’imperatore Michele lo prega di accettare la missione Costantino esita: “«Anche se sono affaticato nel corpo e malato, sono felice di andare là, se hanno un alfabeto per la loro lingua». E gli disse l’imperatore: «Mio nonno e mio padre e molti altri, cercatolo, non lo trovarono, come posso trovarlo io?». Il Filosofo allora disse: «Chi può scrivere un discorso sull’acqua e ricavarne per sé la taccia di eretico?». Gli rispose di nuovo l’imperatore insieme a Barda, suo zio: «Se tu vorrai, te lo concederà Dio, che dà a tutti quelli che chiedono senza dubitare e apre a coloro che bussano»” (VC XIV; Garzaniti 196-197). Costantino si ritira allora in preghiera, e “subito Dio, che ascolta le preghiere dei suoi servi, gli si manifestò. E allora compose le lettere e cominciò a scrivere un discorso evangelico: «In principio era il Verbo, e il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio»” (VC XIV; Garzaniti 197). Più probabilmente, come si diceva, i due fratelli avevano già intrapreso l’elaborazione di un alfabeto e di una lingua per la predicazione tra gli slavi, di cui Metodio aveva avuto diretta conoscenza nella sua qualità di arconte di una provincia che ne “Rispetto del testo tràdito o avventura congetturale? Su una recente interpretazione di VC 13”, in Europa orientalis, IX, 1990, pp. 541-644; Id., “Ancora sul calice di Salomone”, in Ricerche Slavistiche 39/40 (1992-93)1, pp. 105-125.

Page 19: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 11

contava grande numero. La data dell’863 segna comunque, se non l’inizio della attività missionaria, il momento della sua ufficializzazione da parte di principi slavi desiderosi di consolidare il proprio potere con una gerarchia ecclesiastica indipendente dai Franchi10.

Dalla Moravia, dove si sarebbero trattenuti 40 mesi (VC XV; altre fonti indicano periodi diversi, rispettivamente tre anni la VM e quattro anni e mezzo la Legenda italica), i due fratelli ripartono insieme a un gruppo di discepoli (probabilmente Clemente, Naum, Angelario, Savva e Gorazd) allo scopo di ottenerne l’ordinazione. Prima tappa del viaggio, la cui meta finale è ancora oggetto di discussione tra gli studiosi11, è presso Kocel, principe della Pannonia, che si appassiona alle lettere slave e affida ai fratelli cinquanta giovani da educare. Quindi il gruppo si dirige a Venezia, dove Costantino fronteggia in una disputa i sostenitori della “eresia pilatiana”, secondo cui solo le tre lingue dell’iscrizione di Pilato (greco, latino, ebraico) possono essere usate per lodare Dio (VC XVI):

Si trattava di rispondere al quesito, teologicamente scabroso, se rientrasse o meno nei disegni della Provvidenza il piano di diffondere il Verbo della salvezza per via graduale e mediata, scegliendo cioè nella autorità dell’Impero lo strumento principe dell’apostolato, e fissando in tal modo un confine d’autorità fra i recipienti diretti del messaggio di Cristo, e coloro che invece erano destinati ad essere redenti «nell’ultima età», non più per apostolato diretto, ma soltanto per estensione subordinata dell’apostolato primitivo. La accettazione di questa ultima tesi implicava una subordinazione gerarchica dei nuovi convertiti sia sul piano spirituale che su quello amministrativo e sociale. In pratica, era questo il fondamento dell’interpretazione della cristianizzazione come latinizzazione e come ellenizzazione, ossia come annessione di nuove genti e paesi nelle giurisidizioni, teocraticamente concepite, di Roma e di Bisanzio. Come v’erano «poteri sacri» così si potevano fissare, mediante

10 G. A. Chaburgaev, Pervye stoletija slavjanskoj pis’mennoj kul’tury. Istoki drevnerusskoj

knižnosti, Moskva 1994, p. 60. 11 Un sunto della discussione si può vedere in Skazanija o načale slavjanskoj pis’mennosti,

cit., pp. 132-133. Le tre tesi principali sulla meta del viaggio e sull’autorità ecclesiastica cui i fratelli intendevano rivolgersi per l’ordinazione dei discepoli si possono così riassumere: i fratelli si dirigono a Venezia per imbarcarsi colà per Costantinopoli e presentare i discepoli al patriarca, i fratelli si dirigono via Venezia a Roma, i fratelli si dirigono dal patriarca di Aquileia, nella regione di Venezia.

Page 20: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 12

un’analoga interpretazione della manifestazione del Verbo, corrispondenti «lingue sacre» […] l’«ideologia cirillometodiana» è in notevole misura una diretta confutazione di questa concezione esclusivista e stativa. I punti essenziali della polemica in favore dell’autonomia slava nella Chiesa di Cristo riguardano infatti l’essenza e la continuità dell’apostolato, la illegittimità del principio delle «tre lingue», la parità di diritti della lingua slava, la funzione dei nuovi «poteri sacri» (dai reggitori di Moravia a quelli di Bulgaria, secondo una continuità provvidenziale che poi si estenderà alla Serbia e alla Russia sino a trasportarsi su tutta la Slavia ortodossa) creatisi come effetto della continua diffusione del Verbo, la fonte dell’ortodossia (che dovrà essere cercata nei testi sacri e nell’esempio della retta tradizione piuttosto che nel potere giurisdizionale di autorità precostituite)12.

A Venezia raggiunge i fratelli un messo del papa Nicola I, che li invita a relazionare sulla loro attività missionaria. A Roma però vengono accolti dal nuovo papa Adriano II (Nicola I era morto alla fine dell’867), cui recano in dono le reliquie di papa Clemente. Il papa benedice i libri slavi sull’altare di Santa Maria Maggiore: “il papa accolse i libri slavi, li consacrò e li depose nella chiesa di Santa Maria, che si chiama Pathne” (VC XVII; Garzaniti 203), e incarica due vescovi, Formoso, appena rientrato dalla Bulgaria, e Gauderico, autore della già ricordata Vita cum translatione S. Clementis, di consacrare i discepoli slavi: “Multis itaque gratiarum actionibus prefato Philosopho pro tanto beneficio redditis, consacraverunt fratrem eius Methodium in sacerdotem, nec non et ceteros eorum discipulos in presbiteros et dyaconos” (Legenda italica13). Costantino si ammala gravemente e, fattosi monaco con il nome di Cirillo, muore il 14 febbraio 869. Viene sepolto nella chiesa di S. Clemente, vicino alle reliquie da lui stesso portate a Roma (VC XVIII).

La morte di Costantino non significa la fine della missione cirillo-metodiana: nell’869 Kocel cessa di essere un margravio franco, e come principe slavo indipendente si rivolge al papa, chiedendo il ritorno di Metodio. Adriano soddisfa prontamente la richiesta, inviando non solo a Kocel, ma a tutti i paesi slavi Metodio, ora sacerdote, “come maestro [...] nostro figlio,

12 R. Picchio, “Questione della lingua e Slavia cirillometodiana”, in Letteratura della Slavia Ortodossa, Dedalo, Bari 1991, pp. 176-177.

13 F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 63.

Page 21: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 13

uomo perfetto nella conoscenza e ortodossa, perché vi insegni, come avete chiesto, interpretando i libri nella vostra lingua” (VM VIII; Garzaniti 215-216). Se Kocel lo accoglie con grandi onori, non così il clero della Baviera e della Carinzia, che dall’incarico missionario affidato “al greco” vede lesi i diritti giurisdizionali esercitati da almeno un secolo sui sudditi slavi di principi tributari o vassalli dei Franchi. Nel crescere della tensione, mentre a Salisburgo si stende una preoccupata relazione degli avvenimenti (la Conversio Bagoariorum et Carantanorum composta tra l’870 e l’871), Kocel rispedisce Metodio a Roma con la richiesta che venga consacrato vescovo residenziale per la Pannonia “sulla cattedra di sant’Andronico apostolo” (VM VIII; Garzaniti 215-216) cioè col titolo dell’antica metropoli di Sirmio (oggi Sremska Mitrovica)14. Anche questa volta Adriano esaudisce solo in parte il desiderio del principe, e nomina Metodio arcivescovo “pro fide”, affidandogli la cura missionaria di tutti gli slavi dell’antica Pannonia (regione dai confini indeterminati e dalla denominazione puramente convenzionale, a metà strada tra la geografia antica e il diritto canonico), e non solo di quella concretamente retta da Kocel, che era la “Pannonia inferiore”:

il suo titolo ecclesiastico non era quello di una sede determinata, né Sirmium né altra, bensì un titolo esteso a tutta l’antica «diocesi» pannonica; ciò rifletteva la natura ancora missionaria del suo incarico episcopale nei confini di tutto un antico e tradizionale territorio canonico, privo da secoli di una organizzazione ecclesiastica regolare, benché si stessero moltiplicando in esso le comunità cristiane. Scrivendo a lui, il papa gli si rivolge come «Archiepiscopo Pannoniensis ecclesiae» oppure come «Archiepiscopo pro fide»15.

La reazione dell’episcopato franco a questa nuova mossa di Roma è violentissima: catturato sulla via del ritorno da Roma a Mosaburg, la capitale

14 La richiesta di Kocel può far pensare che Sirmio si trovasse all’epoca sul suo territorio, ma Vlasto ritiene invece che tutta la zona si trovasse in mano ai Bulgari dall’827 (A. P. Vlasto, The Entry of the Slavs into Christendom, cit., p. 68). Questa ipotesi escluderebbe che la proposta di Sirmio sia partita dal principe slavo, e ne restituisce la scelta ad Adriano II.

15 V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, in Da Oriente e da Occidente. Le chiese cristiane dall’impero romano all’Europa moderna, cit., vol. II, p. 925.

Page 22: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 14

di Kocel sul lago Balaton, o, secondo un’altra ipotesi, durante il primo viaggio pastorale che avrebbe compiuto in Moravia ignorandone la nuova situazione politica a lui sfavorevole, o forse ancora espressamente convocato dalla Pannonia, Metodio è sottoposto a un duro e umiliante interrogatorio alla presenza di Ludovico il Germanico e quindi rinchiuso nel convento di Ellwangen16 (VM IX). Non è ostacolo alla persecuzione Sventopluk, che nel frattempo con l’aiuto dei Franchi ha accecato e deposto lo zio Rastislav (870).

Liberato nell’873 grazie al vigoroso intervento di papa Giovanni VIII, che succeduto nell’872 a Adriano II vagheggia una lega anti-franca, e dello stesso Sventopluk, che nel frattempo è divenuto nuovamente ostile ai Franchi e ha espulso dal suo territorio il clero germanico, Metodio viene accompagnato dal legato pontificio Paolo, vescovo di Ancona, in Moravia17, dove si dispone ad affrontare il periodo più duro della sua vita. Solo la promessa fatta al fratello morente lo trattiene dal ritornare all’amato Olimpo (VM VII), spronandolo a una quasi miracolosa attività traduttoria (VM XV) interrotta da viaggi a Roma e a Costantinopoli. Nell’874 Kocel, che era stato diffidato dal riaccogliere Metodio, è deposto e forse ucciso dai Franchi: la Pannonia torna sotto la giurisdizione di Salisburgo, apertamente ostile al vescovo slavo. Anche in Moravia si comincia a perdere entusiasmo. Scontenti sono soprattutto i magnati, che preferivano agli usi bizantini il sistema franco delle “chiese proprietarie”18. Sacerdoti franchi sono nuovamente attivi, e costituiscono una

16 La storia dell’arresto, del processo e della detenzione di Metodio non è priva di punti oscuri: alcune ipotesi sono riassunte in Skazanija o načale slavjanskoj pis’mennosti, cit., pp. 157-159.

17 V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., p. 928. Secondo altri studiosi Metodio si sarebbe ritirato dalla Pannonia solo alla morte di Kocel (874-875), quando la regione venne assorbita dal Regno Franco (H. Birnbaum, “Where was the centre of the Moravian State?”, in American contributions to the eleventh international congress of slavists, Columbus 1993, pp. 11-23 e F. Grivec, Santi Cirillo e Metodio, cit., pp. 126-129).

18 “… le Chiese proprietarie, uso germanico che era stato introdotto nei paesi di recente conquista, facevano della conversione dei pagani un’impresa reddittizia per i vescovi e gli abati che in tal modo divenivano grandi proprietari terrieri. Durante il IX secolo i vescovi e i baroni franchi si prodigavano in un’intensa attività evangelizzatrice e colonizzatrice nell’Antica

Page 23: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 15

fronda, guidata da un prete di nome Viching, cui obiettivo principale è screditare Metodio a qualunque costo e con qualunque mezzo. Le loro calunnie costringono Giovanni VIII a richiamare a Roma Metodio per averne spiegazioni (879). Trovandolo perfettamente ortodosso, il papa decide tuttavia di prendere atto della persistente ostilità del clero franco e dei mutati equilibri politici nelle Pannonie: la carica di Metodio, che Adriano II aveva consacrato arcivescovo pannonico e legato apostolico “ad gentes fungens”, cioè missionario, viene trasformata in quella di arcivescovo residenziale di una nuova chiesa morava, con l’istituzione di una gerarchia episcopale locale di almeno due suffraganei, primo dei quali sarà lo stesso Viching, consacrato vescovo di Nitra:

Appare manifesto il disegno pontificio di istituire una gerarchia episcopale locale e stabile per il principato moravo, capace di riunire sotto una nuova gerarchia vescovile mista e unita le due componenti etniche del popolo cristiano della zona. In virtù di simile prospettiva anche la giurisdizione episcopale precedentemente attribuita a Metodio da Adriano II si estende in modo significativo. Essa non è più quella di un arcivescovo missionario «etnico» pro fide, preposto a tutti gli Slavi, clero e fedeli, viventi nell’antica «diocesi» pannonica, ma limitata ad essi; è allargata e circoscritta a tutti i cristiani sudditi di Svatopluk e viventi nel suo territorio a prescindere dalla loro origine etnica19.

Coraggiosa ma infelice, questa scelta di Giovanni VIII segna l’inizio della fine. Le novità introdotte da Metodio, gli usi bizantini in fatto di tempi sacri, digiuni e festività, la recita del simbolo di fede senza il Filioque, la celebrazione di parti della liturgia in slavo potevano essere tollerate, sia a pure a denti stretti, quando circoscritte a poche comunità integralmente slave, ma non nel momento in cui divenivano attuali ovunque nel principato. Nell’881 Giovanni VIII deve scrivere a Metodio per consolarlo delle ulteriori angherie da parte del nuovo vescovo (“iamdictus episcopus”) e per assicurarlo di non Pannonia. Era quindi naturale che la gerarchia franca vedesse in pericolo l’espandersi della sua influenza in seguito ai nuovi metodi missionari introdotti in Moravia dai Bizantini” (F. Dvornik, Gli Slavi, cit., p. 73).

19 V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., p. 933.

Page 24: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 16

avere mai intrattenuto con Sventopluk corrispondenza segreta a suo danno: “neque aliae litterae nostrae ad eum directe sunt, neque episcopo illi palam vel secreto aliud faciendum iniunximus”20.

Nel frattempo l’interesse per una chiesa slava coinvolge tanto Roma quanto Bisanzio21: nell’881 il nuovo imperatore, Basilio I, manda a chiamare Metodio, e lo accoglie con grandi onori. Fozio, patriarca per la seconda volta, approva il suo operato, e chiede di lasciare a Costantinopoli un sacerdote e un diacono con libri sacri in slavo per svolgere azione missionaria tra gli slavi dell’impero (VM XIII).

Tornato in Moravia, Metodio riprende l’opera febbrile di traduzione sino alla morte, che lo coglie il 6 aprile dell’anno 885, tre giorni dopo la domenica delle Palme, nel compianto generale: “i suoi discepoli, dopo averlo preparato (per le esequie) e aver(gli) reso degno onore, celebrarono il servizio ecclesiastico in latino, greco e slavo e lo deposero nella chiesa cattedrale” (VM XVII; Garzaniti 222). Orfani del loro pastore, i discepoli subiscono l’ultimo, decisivo attacco da parte del clero franco, che ne ottiene finalmente l’espulsione da tutte le terre di Sventopluk.

3. La missione morava tra impero romano (Roma e Bisanzio) e impero franco

Evento cruciale nella storia degli slavi, oggetto di studio per generazioni di slavisti, la vicenda cirillometodiana presenta ancora molti punti oscuri, che riguardano persino la collocazione geografica dell’azione missionaria dei due fratelli.

Dove si dirigono Costantino e Metodio? La testimonianza delle Vite sembra chiara: la Vita Constantini racconta come all’imperatore Michele giunga da Rastislav, “principe moravo”, la richiesta di un vescovo per la sua gente, come,

20 F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 74. 21 Sembra che il patriarca Ignazio, irritato per l’invio di vescovi romani in Bulgaria, avesse

consacrato un certo Agatone arcivescovo etnico per gli slavi moravi. La convocazione a Costantinopoli di Metodio, ormai arcivescovo residenziale della chiesa morava, riempie di gioia i Franchi, che gli pronosticano una brutta fine (V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., pp. 942-945 passim).

Page 25: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 17

prima di rivolgersi a Costantinopoli, Rastislav si fosse riunito in consiglio con i suoi “moravi” (VC XIV; Garzaniti 196), e come infine il principe accolga con tutti gli onori Costantino al suo arrivo “in Moravia” (VC XV; Garzaniti 197). La Vita Methodii racconta che Rastislav, “principe slavo”, assieme a Sventopluk avrebbe inviato all’imperatore un’ambasceria “dalla Moravia” (VM V; Garzaniti 213).

La tradizione colloca questa Moravia, intesa come realtà etno-politica, in una zona a nord del Danubio attraversata dal fiume Morava, con capitale Velehrad:

Costantino e Metodio incominciarono la loro attività nella Grande Moravia, una formazione statale di cui facevano parte territori che oggi diciamo cechi, moravi, sorabici e slovacchi ed era governato prima da Rastislav e poi dal suo successore Svatopluk (Sventopl∞k∞), rappresentanti di una dinastia iniziata dal capo locale Mojmir (818-846). Operarono anche in Pannonia, che comprendeva territori sloveni, su invito di Kocel (Koc∞l∞, figlio di Pribina, già sovrano di Nitra, in territorio oggi slovacco), vassallo di Ludovico il Germanico22.

Trent’anni fa questa tesi è stata rigettata, sulla base della reinterpretazione di tutte le fonti medievali, dallo studioso Imre Boba23, secondo cui con “Morava” non si intende una entità statale ma una città, Morava appunto, non lontana dall’antica sede episcopale di Sirmio (oggi Sremska Mitrovica, in Serbia), di cui Metodio sarebbe stato nominato arcivescovo nell’870. Dalla città il nome sarebbe passato alla regione circostante, così da indicare il territorio controllato da Rastislav all’interno della “terra Sclavonica” sita tra l’Adriatico e il fiume Drava, a sud del Danubio. Rastislav, tradizionalmente ritenuto principe della Moravia con capitale Velehrad, Sventopluk, tradizionalmente ritenuto principe di Nitra (da cui Mojmir aveva scacciato il padre di Kocel, Pribina) prima del colpo di mano con cui si libera dello zio e riunifica le terre, e Kocel, tradizionalmente ritenuto principe della Pannonia Inferiore con capitale Mosaburg sul lago Balaton, avrebbero invece posseduto

22 R. Picchio, “Lo slavo ecclesiastico”, in Letteratura della Slavia Ortodossa, cit., p. 112. 23 I. Boba, Moravia’s History Reconsidered. A Reinterpretation of Medieval Sources, The

Hague 1971.

Page 26: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 18

allodialmente diversi territori di questa Sclavonia balcanica, e tutta la missione cirillometodiana si sarebbe svolta a sud del Danubio.

La tesi di Boba ha suscitato consensi e opposizioni, in una discussione che impegna storici, archeologi, linguisti, ed è ancora aperta. Se infatti l’identificazione in Sirmio del titolo episcopale assegnato a Metodio è oggi largamente condivisa, spostare a sud la Moravia di Rastislav rappresenta una novità di tale portata da richiedere prove inconfutabili, quali nessuno è ancora riuscito a produrre, e d’altra parte collocare la sede episcopale di Metodio a Sirmio senza discutere la collocazione settentrionale della Moravia appare a molti fonte di insanabili contraddizioni:

Nel 1971 è uscita la monografia dello studioso americano I. Boba Moravia’s History Reconsidered. A Reinterpretation of Medieval Sources (The Hague 1971), in cui l’autore fornisce una serie di prove aggiuntive (e molto convincenti) della tesi secondo cui la residenza di Metodio si trovava a Sirmio. Tuttavia, trasportato dall’entusiasmo per questa localizzazione della residenza di Metodio, che risulta essere lontana dalla Moravia tradizionale (settentrionale, a sinistra del Danubio), e avendo scovato non lontano da Sirmio un villaggio chiamato Morava – toponimo piuttosto diffuso nella Slavia – il professor Boba commette lo stesso errore “logico-geografico” degli altri studiosi del problema cirillometodiano, supponendo che la residenza dell’arcivescovo dovesse necessariamente trovarsi nei territori allodiali di Rastislav o di Svjatopolk! Sposta così la Moravia dei principi slavi che hanno “chiamato” i fratelli tessalonicensi a sud del Danubio, in Bosnia e nella Pannonia sud-orientale (Pannonia Orientalis), mentre Nitra e tutta la Moravia “settentrionale” viene “concessa” a Svjatopolk solo a partire dall’anno 890, dopo la guerra con il re Arnolfo24.

Il problema della collocazione territoriale della Moravia25 ci porta nel vivo

24 G. A. Chaburgaev, Pervye stoletija slavjanskoj pis’mennoj kul’tury. Istoki drevnerusskoj

knižnosti, cit., p. 69. 25 Nelle fonti bulgare medievali il termine sembra riferirsi a una zona non lontana dal lago

di Ocrida, in Macedonia, con una confusione sempre più evidente tra questa Moravia e quella “superiore”, o “grande”, collocata a nord del Danubio, nell’Europa centrale: “è molto probabile che i biografi di Costantino e di Metodio abbiano fuso insieme due Moravie: quella balcanica, che comprende la zona del lago di Ocrida, e quella transdanubiana del principe Rastislav” (G. A. Chaburgaev, Pervye stoletija slavjanskoj pis’mennoj kul’tury, cit., p. 69).

Page 27: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 19

di un’altra questione spinosa, relativa alla giurisdizione sui territori interessati alla missione cirillometodiana, ai loro rapporti con le chiese di Roma, di Bisanzio e dei Franchi e in definitiva alla paternità culturale della loro impresa.

Lungamente dominante è stato il pregiudizio che contrapponeva una Bisanzio plurietnica e aperta al plurilinguismo a una Roma inflessibile nel difendere l’uso esclusivo del latino nella pratica amministrativa civile e religiosa. Se Bisanzio aveva favorito la nascita della Slavia, Roma ne aveva voluto negare l’identità: un sottaciuto corollario voleva che gli slavi “romani” fossero meno slavi degli altri, veri, ortodossi, legittimi eredi della missione cirillometodiana assurta a mito identitario fondante. La politica linguistica di Bisanzio, e non solo considerazioni di opportunità politica, avrebbero quindi spinto i principi slavi a rivolgersi all’imperatore Michele per avere un vescovo che insegnasse loro “nella loro lingua”, e con la missione di fondare una chiesa di lingua slava i fratelli si sarebbero messi in viaggio, recando seco libri liturgici slavi, e altri traducendone in Moravia. Per questo Costantino e Metodio avrebbero suscitato sospetti e poi aperta ostilità da parte dei Franchi e della chiesa di Roma.

Le fonti permettono però di intravedere un quadro alquanto diverso. Passi della Vita Methodii e della Legenda italica fanno intendere che Rastislav avrebbe rivolto a Roma, ancor prima che a Bisanzio, la richiesta di stabilire in Moravia una gerarchia ecclesiastica indipendente da quella franca, esattamente come pochi anni dopo (866) Boris di Bulgaria, appena battezzato da Bisanzio, invierà un’ambasceria al papa per chiedere una gerarchia ecclesiastica indipendente da Costantinopoli26. La politica linguistico-religiosa delle due chiese non doveva apparire differente agli occhi dei principi slavi, e poco diversa appare anche oggi a bizantinisti esperti di culture slave (Sevčenko, Obolensky, Vavřinek) e slavisti (Grivec) che dall’inizio degli anni ’60 hanno riesaminato la questione. Alla politica linguistica della cristianità greco-latina al cospetto di “popoli nuovi” dedica numerosi interventi Riccardo Picchio27,

26 M. Lacko, The Popes and Great Moravia in the light of Roman documents, Slovak Institute, Cleveland-Rome 1972, pp. 20-22.

27 Accanto al già citato “Questione della lingua e Slavia cirillometodiana” (prima

Page 28: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 20

che sottolinea come nel IX secolo i due centri della cristianità convergessero pienamente sull’opportunità di utilizzare a fini apostolici le parlate delle popolazioni da catechizzare (traduzioni del catechismo, delle preghiere, dei formulari per la confessione), e come proprio la chiesa di Roma avesse regolamentato, sin dal VI secolo, il problema del rapporto tra latino e lingue rustiche (parlate da popolazioni ancora pagane di territori già amministrati dalla chiesa) e barbare (parlate da popolazioni esterne alla giurisdizione ecclesiastica e imperiale), così come quello del rapporto tra latino e linguae vernaculae:

… la chiesa romana si impegnò nel IX secolo in una diffusa azione in favore dell’uso delle parlate popolari … Il clero latino non solo poteva, ma doveva servirsi delle lingue locali per far sì che l’insegnamento della chiesa fosse capito da tutti28.

Il problema si poneva per l’uso di queste lingue “nuove” (vernacole, rustiche e barbare) nei settori tradizionalmente destinati a lingue dotate di conclamata dignità e di una norma certa, quali la traduzione delle Scritture e l’uso liturgico. Certo Bisanzio poteva vantare maggiore dimestichezza con lingue diverse dal greco, in virtù del più raffinato e complesso panorama culturale dell’Oriente:

Se, nei territori ad ovest della Grecia, la «romanizzazione» del cristianesimo implicava quasi automaticamente la «latinizzazione» linguistica poiché il latino era l’unica lingua di prestigio, ad oriente il greco non poteva imporsi con altrettanta autorità su lingue di antica tradizione religiosa quali il siriaco e, soprattutto, l’ebraico29.

Ma questo atteggiamento non si estendeva affatto alle lingue “nuove”, anzi: pubblicazione in Studi sulla questione della lingua presso gli Slavi, Roma 1972, pp. 7-120) ricordiamo almeno “Lingua d’apostolato e lingua liturgica nella chiesa latina e nel Primo Impero bulgaro,” in Atti dell’8° Congresso internazionale di studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1983, pp. 269-279.

28 R. Picchio, “Il posto della letteratura bulgara antica nella cultura europea del medioevo”, in Letteratura della Slavia Ortodossa, cit., p. 267.

29 R. Picchio, “Questione della lingua e Slavia cirillometodiana”, cit., pp. 172-173. Cfr. anche F. Grivec, Santi Cirillo e Metodio, cit., p. 63: “è vero che nelle chiese orientali esistevano parecchie liturgie nazionali, ma si trattava di liturgie sorte nei primi secoli e tra popoli che vantavano una cultura plurisecolare. Dopo il predominio greco, ciò non ebbe più luogo”.

Page 29: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 21

il pregiudizio ellenistico contro i “barbari” era ancora vivo, gli slavi residenti nella penisola greca erano stati completamente grecizzati30, e Bisanzio era ben poco favorevole all’uso liturgico di lingue diverse dal latino e dal greco. In questo quadro, il progetto slavo di Costantino e Metodio appare in tutta la sua straordinaria audacia, capziosamente offuscata da Costantino nella disputa veneziana:

Promuovere una lingua «barbara», ancora priva di una propria scrittura, a lingua sacrale, dotandola di un alfabeto, di un sistema ortografico, di una costanza grammaticale e sintattica e di una dignità espressiva adeguata a contenuti universali corrispondeva ad abilitarla per tale via a trasmettere la Rivelazione cristiana. Era una scelta tradizionalmente insolita, innovativa e coraggiosa in tutto l’ambito della civiltà greco-latina. Nella cristianità imperiale l’idea e il progetto non avevano precedenti. Non corrisponde infatti alla realtà, per quanto ripetuta e diffusa, la tesi che tra il VI e il IX secolo la Chiesa greca dell’Impero d’Oriente, a differenza di quella romana che impose a tutti i popoli convertiti al cristianesimo il latino nella liturgia e nella cultura, fosse propensa a riconoscere o addirittura a incoraggiare e concedere l’introduzione di lingue nazionali diverse dal greco nell’uso liturgico31.

Ma quale uso della nuova lingua aveva in mente Costantino?

30 A. P. Vlasto, The Entry of the Slavs into Christendom, cit., p. 12: “nothing suggests that Byzantine policy could favour the raising of their barbarous tongue to civilised use”. Cfr. anche M. Lacko, Cirillo e Metodio, cit., p. 71: “I greci ordinariamente non permettevano che la lingua slava venisse usata nelle ufficiature liturgiche degli Slavi che si erano insediati nell’impero bizantino”.

31 V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., p. 959. L’uso di lingue diverse dal latino e dal greco si era spesso accompagnato, tra l’altro, a posizioni eterodosse: “In the ninth century the Orthodox and the Catholic Church, still undivided, conducted its worship and read its Scriptures almost exclusively in Greek and Latin, with a small number of believers in the Caucasus making use of Georgian for those purposes, and with various individuals – mostly in Western Europe – having vernacular translations of parts of the Bible at their disposal for private use. The conduct of Christian worship and the public reading of the Scriptures in languages such as Syriac, Arabic, Persian, Sogdian, Armenian, Albanian (in the Caucasus), Coptic, Ethiopic, Nubian and Gothic had long been the virtual monopoly of Arians, Nestorians and several kinds of non-Chalcedonian Christians, all of whom the Orthodox and Catholic Church regarded as heretics”: R. Mathiesen, “The Church Slavonic Language Question: an Overview (IX-XX Centuries)”, in Aspects of the Slavic Language Question, ed. by R. Picchio, H. Goldblatt, New Haven 1984, volume I: Church Slavonic – South Slavic – West Slavic, p. 51.

Page 30: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 22

L’episodio della chiamata a Roma da parte di Nicola I, l’appassionata disputa con i partigiani della “eresia trilinguista” hanno generato la convinzione che in Moravia Costantino avesse già inaugurato la liturgia slava. La maggior parte degli studiosi esclude però che Costantino possa aver agito in tal senso:

Durante la missione morava (863-866) Cirillo e Metodio erano missionari, predicatori cristiani che si servivano di una nuova lingua e di un nuovo alfabeto creato appositamente per quella. Predicavano in una lingua comprensibile al popolo e preparavano quadri locali capaci di fare altrettanto. Né i compiti affidati loro né la loro carica permetteva che pensassero a officiare in slavo32.

D’altra parte, non è certo che la convocazione del papa corrisponda a verità: la circostanza che Costantino e Metodio recassero seco le reliquie di papa Clemente martire potrebbe infatti attestare una loro autonoma volontà di recarsi a Roma, dove li aspetta l’accoglienza trionfale di Adriano II, succeduto nel frattempo a Nicola I, e ben deciso a ribadire i diritti giurisdizionali romani sulle Pannonie, sul Norico e sull’Illirico.

Quattro sono i papi interessati alla “questione della lingua slava”: Nicola I, che muore senza mai incontrare i fratelli, Adriano II, Giovanni VIII e Stefano V. Di questi, Adriano II è descritto nelle nostre fonti come il più convinto sostenitore dell’uso liturgico della nuova lingua sacra, colui che non solo benedice sull’altare di S. Maria Maggiore i “libri slavi”, ma celebra “con essi” la liturgia: “E il papa accolse i libri slavi, li consacrò e li depose nella chiesa di Santa Maria, che si chiama Pathne. E cantarono con essi la liturgia” (VC XVII; Garzaniti 203). Dopo la consacrazione dei discepoli slavi “allora cantarono la liturgia nella Chiesa di San Pietro in lingua slava. Nel giorno seguente la cantarono nella chiesa di Santa Petronilla, e il terzo giorno la cantarono nella chiesa di Sant’Andrea e (partendo) da lì di nuovo presso l’Apostolo Paolo, il grande maestro delle genti, in chiesa di notte cantarono la santa liturgia in slavo sul santo sepolcro, coadiuvati dal vescovo Arsenio, che era uno dei sette vescovi, e da Anastasio Bibliotecario” (VC XVII; Garzaniti 203).

32 K. Stančev, G. Popov, Kliment Ochridski, cit., p. 33.

Page 31: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 23

Diversamente da Nicola I, e vicino in questo alla chiesa d’oriente, Adriano II sembra non condividere le convinzioni del clero franco-germanico e latino-aquileiese, cui appariva “contra fidem et mores, per diritto rivelato e per tradizione apostolica, qualsiasi possibilità che la Sacra Scrittura fosse tradotta e i sacri misteri fossero celebrati in una lingua «barbara», esclusa, con tutte le rimanenti dello stesso tipo, dall’iscrizione trilingue della croce”33: la posizione difesa brillantemente a Venezia da Costantino coincideva dunque con la sua.

Parimenti favorevole ai libri slavi è l’epistola con cui Adriano II accompagna l’invio di Metodio, ora sacerdote missionario, a Kocel, Rastislav e Sventopluk, conservatasi purtroppo solo come citazione interna alla Vita Methodii (VM VIII) e nota come Gloria in excelsis Deo: “abbiamo pensato, dopo aver esaminato (la questione), di mandare nei vostri paesi Metodio, dopo averlo consacrato, insieme ai discepoli, come nostro figlio, uomo perfetto nella conoscenza e ortodosso, perché vi insegni, come avete chiesto, interpretando i libri nella vostra lingua, realizzando (le celebrazioni) secondo l’officiatura ecclesiastica completa e con la santa messa, cioè con il servizio liturgico, e con il battesimo, come aveva cominciato Constantino filosofo per grazia di Dio e le preghiere di san Clemente […] Serbate, tuttavia, solo questa consuetudine, che nella messa si legga per primo l’Apostolo e il Vangelo in romano, poi in slavo” (VM VIII; Garzaniti 215-216).

Il passo può essere letto in due modi diversi, a seconda che “nella vostra lingua” si riferisca o meno all’officiatura completa. Anche nel primo caso, tuttavia, la richiesta di salvaguardare la consuetudine ‘romana’ (ovvero l’utilizzo di una delle due lingue dell’impero, latino e greco34) sarebbe fondamentale per fissare all’uso liturgico della lingua slava limiti che Metodio è chiamato a non oltrepassare. Di fatto, pur ritenendo che la liturgia slava non fosse in contrasto con la retta fede e con la dottrina (come dimostravano del

33 V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., p. 966.

34 Alla convincente interpretazione in tal senso dell’avverbio rimßsky dedica alcune pagine Vittorio Peri: “Tre schede cirillo-metodiane”, in Filologia e letteratura nei paesi slavi. Studi in onore di Sante Graciotti, Roma 1990, pp. 919-929.

Page 32: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 24

resto le celebrazioni in slavo nelle basiliche romane), Adriano II riafferma a livello di pratica pastorale il primato del latino (e del greco) quale garanzia della corretta interpretazione del Verbo, serbando alla Chiesa (romana e bizantina) la funzione di “filtro apostolico”.

La formulazione di Adriano ritorna nelle epistole di Giovanni VIII, che costituiscono il capitolo più ricco nella storia dei rapporti tra il papato e la missione cirillometodiana.

Di Giovanni VIII si sono conservate numerose epistole: un primo gruppo, dell’873, riguarda la liberazione di Metodio e la giurisdizione sull’Illirico. Sono indirizzate a Ludovico il Germanico, a Carlomanno, ad Adalvino, il vescovo di Salisburgo autore della Conversio Bagoariorum et Carantanorum, a Ermanrico, vescovo di Passavia, ad Annone, vescovo di Frisinga, e a Paolo, vescovo di Ancona e legato pontificio in Germania e in Pannonia, cui il Papa affida le missive. Di questo gruppo doveva fare parte anche un’epistola, perduta, indirizzata allo stesso Metodio. Due successive, dell’879, sono indirizzate a Sventopluk e a Metodio. Ancora a Sventopluk, nell’880, Giovanni VIII scrive la più importante presa di posizione in merito alla liturgia slava, l’epistola indirizzata “Dilecto filio Sfentopulcho glorioso comiti” e nota con il nome di Industriae tuae. Nell’881 l’ultima, indirizzata a Metodio, vuole consolarlo delle persecuzioni di Viching (“iamdictus episcopus”), ma non aggiunge niente sul tema che qui ci interessa.

Nell’epistola dell’879 a Sventopluk il papa esprime meraviglia e preoccupazione per le voci che gli sono giunte in merito alla presunta eresia del suo arcivescovo, esorta il principe a restare saldo nella vera fede, e lo informa di avere convocato Metodio a Roma35. In quella, più dettagliata e

35 “… Si autem aliquis vobis vel episcopus vester vel quilibet sacerdos aliter adnuntiare aut predicare presumpserit, zelo Dei accensi omnes uno animo unaque voluntate doctrinam falsam abicite stantes et tenentes traditionem sedis apostolicae. Quia vero audivimus, quia Methodius vester archiepiscopus ab antecessore nostro, Adriano scilicet papa, ordinatus vobisque directus aliter doceat, quam coram sede apostolica se credere verbis et litteris professus est, valde miramur; tamen propter hoc direximus illi, ut absque omni occasione ad nos venire procuret, quatenus ex ore eius audiamus, utrum sic teneat et credat, sicut promisit, aut non”: F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 71.

Page 33: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 25

severa, a Metodio, elenca le accuse che gli sono state rivolte, errori dottrinali e uso della lingua slava nella liturgia:

Predicationis tuae doctrinis populum Domini tibi quasi spiritale pastori commissum salvare instruereque cum debeas, audivimus, quod non ea, quae sancta Romana ecclesia ab ipso apostolorum principe didicit et cottidie predicat, tu docendo doceas et ipsum populum in errorem mittas. Unde his apostolatus nostri litteris tibi iubemus, ut omni occasione postposita ad nos de presenti venire procures, ut ex ore tuo audiamus et veraciter cognoscamus doctrinam tuam, utrum sic teneas et sic predices, sicut verbis et litteris te sanctae Romanae ecclesiae credere promisisti, aut non. Audimus etiam, quod missas cantes in barbara, hoc est in Sclavina lingua, unde iam litteris nostris per Paulum episcopum Anconitanum tibi directis prohibuimus, ne in ea lingua sacra missarum sollemnia celebrares, sed vel in Latina vel in Greca lingua, sicut ecclesia Dei toto terrarum urbe diffusa et in omnibus gentibus dilatata cantat. Praedicare vero aut sermonem in populo facere tibi licet, quoniam psalmista omnes ammonet Dominum gentes laudare et apostolus: «Omnis – inquit, – lingua confiteatur, quia dominus Iesus in gloria est Dei patris»36.

A Metodio dunque Giovanni VIII contesta di non rispettare quanto affermato a voce e per scritto: l’arcivescovo professerebbe dottrine diverse da quelle dichiarate a Roma e celebrerebbe la messa in slavo, nonostante l’esplicita proibizione contenuta nell’epistola che gli era stata trasmessa da Paolo d’Ancona (nell’873). Poiché si tratta di un testo che non ci è pervenuto, non è facile capire di quali proibizioni si tratti: forse nel momento della sua liberazione il papa gli consigliava di attenersi strettamente agli usi linguistici tradizionali. Certo, la posizione di Giovanni VIII sembra contrastare sia con quella del suo predecessore Adriano II, sia con quello che lo stesso Giovanni terrà in seguito.

Dell’apparente incongruenza si è occupato a più riprese Riccardo Picchio, che propone di analizzare questo passo dell’epistola indirizzata a Metodio (“Reverendissimo Methodio archiepiscopo pro fide”) alla luce della distinzione tra liturgia della parola e liturgia eucaristica:

Vale la pena di rileggere il testo di quella lettera tenendo presente la distinzione [...] fra misteri liturgici accessibili unicamente al sacerdote e parti cerimoniali che implicavano la legittima partecipazione del popolo alla

36 F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., pp. 71-72.

Page 34: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 26

funzione liturgica. Il papa scriveva a Metodio, vescovo di Santa Roma Chiesa e suo legato: «Audimus etiam […] dilatata cantat». Cerchiamo di tradurre e di interpretare: «Abbiamo anche sentito che tu canti le messe in una lingua barbara, ossia in lingua slava. In relazione a ciò, già nelle nostre lettere che ti abbiamo inviato per mezzo di Paolo vescovo anconitano, ti abbiamo proibito di celebrare in quella lingua le parti sacre e solenni delle messe e [ti abbiamo invece chiesto di celebrarle in lingua] o latina o anche greca, così come le canta la chiesa di Dio diffusa in tutto il mondo ed espansa fra tutte le genti». Il papa romano, in questa lettera, non solleva alcuna obiezione contro l’uso, introdotto in Moravia da Metodio, di cantare la messa in slavo [...] salvo restando il diritto di un missionario romano di servirsi della parlata locale per quelle parti della messa che erano esclusivamente «liturgiche», ossia «popolari» nel senso etimologico ed originario del termine (leitourgiva da lewv" [laov"] + e[rgon) – il latino e il greco restavano le sole lingue da usarsi nella celebrazione dei misteri veri e propri (sacra missarum sollemnia)37.

Questa lettura spiegherebbe il successo della difesa di Metodio, giunto a Roma nell’880: evidentemente, l’accusa di celebrare in slavo i sacri misteri era infondata. Nella ricordata epistola Industriae tuae il papa, oltre ad assolverlo da qualunque accusa di poca ortodossia, caldeggia la liturgia slava, riprendendo la raccomandazione a far precedere la lettura del vangelo in latino già formulata, e negli stessi termini, da Adriano II nella Gloria in excelsis Deo:

Litteras denique Sclavinas a Constantino quondam philosopho reppertas, quibus Deo laudes debite resonent, iure laudamus et in eadem lingua Christi domini nostri preconia et opera enarrentur, iubemus; neque enim tribus tantum sed omnibus linguis Dominum laudare auctoritate sacra monemur […] Nec sanae fidei vel doctrinae aliquid obstat sive missas in eadem Sclavinica lingua canere sive sacrum evangelium vel lectiones divinas novi et officia omnia psallere, quoniam, qui fecit tres linguas principales, Hebream scilicet, Grecam et Latinam, ipse creavit et alis omnes ad laudem et gloriam suam. Iubemus tamen, ut in omnibus ecclesiis terrae vestrae propter maiorem honorificentiam evangelium Latine legatur et postmodum Sclavinica lingua translatum in auribus populi Latina verba non intellegentis adnuntietur, sicut in quibusdam ecclesiis fieri videtur; et, si tibi et iudicibus tuis placet missas Latina lingua magis audire, precipimus, ut Latine missarum tibi sollemnia celebrentur38.

37 R. Picchio, “Il posto della letteratura bulgara antica nella cultura europea del medioevo”,

cit., p. 269. 38 F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 73. Chaburgaev ipotizza che a convincere il papa

della legittimità dell’operato di Metodio e della liturgia slava sia stata una accurata analisi

Page 35: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 27

Purtroppo, anche la giusta distinzione introdotta da Picchio non risolve del tutto le apparenti incongruenze dei messaggi papali: se infatti la celebrazione dei misteri (missarum sollemnia) in lingue diverse dal latino e dal greco fosse stato l’unico e vero problema insormontabile per Roma, che senso avrebbe avuto la finale autorizzazione a celebrarli in latino, qualora a Sventopluk fosse così maggiormente piaciuto?

Più convincente è l’interpretazione che di tutta la politica papale relativa alla lingua slava dà Vittorio Peri, basandosi sulla netta distinzione, sempre operata dalla chiesa, tra i principi teorici affermati, la disciplina canonica e la prassi quotidiana. Non solo, come affermava anche Picchio, gli slavisti hanno a lungo ignorato la differenza tra l’uso catechetico di una lingua parlata e l’uso liturgico di una lingua sacra: gli studiosi moderni tendono a ignorare ciò che appare chiaro al personale ecclesiastico di tutti i tempi, ovvero la necessità continua per la chiesa di coniugare la difesa di principi universali (la fede e la dottrina) con la concreta situazione storica: ciò ha generato accuse sconcertate e ipotesi avventurose di documenti falsi e carte trafugate39. Secondo Peri,

Il testo di Giovanni VIII dice semplicemente che nessuno dei tre comportamenti liturgici elencati in ordine decrescente d’importanza (messe, lezioni bibliche, salmodia), attuato col ricorso alla lingua slava seguendo una traduzione fedele all’originale, è di per sé in contrasto con la retta fede e con la dottrina insegnata dalla Chiesa, poiché Dio non ha creato solo tre ma tutte le lingue del mondo. L’asserzione, capitale per scagionare Metodio dall’accusa insidiosa di eresia, non significa tuttavia che l’autorità pontificia intendeva autorizzare una loro introduzione immediata ed incondizionata nell’uso

testologica e teologica delle traduzioni slave (Pervye stoletija slavjanskoj pis’mennoj kul’tury, cit., pp. 74-79). Adriano II non avrebbe proceduto ad alcuna verifica, nell’868, per la fama di santità che accompagnava Costantino, e qui si sarebbe celata, secondo questa ricostruzione, la debolezza dei libri slavi agli occhi del clero bavarese.

39 Tra i sostenitori dell’esistenza di vari documenti falsi ricordiamo A. Lapôtre (L’Europe et le Saint-Siège à l’époque Carolingienne. Première partie: Le pape Jean VIII, Paris 1895), L. K. Goetz, che considera false tutte le epistole meno quelle di condanna della liturgia slava di Stefano V (Geschichte der Slavenapostel Cyrillus und Methodius, Gotha 1897) e N. Laehr, curatore dell’edizione critica della lettera di Stefano V a Sventopluk (Monumenta Germaniae Historica. Epistolae, VII, n. 1, pp. 353-358), le cui tesi sono accolte in toto da Grivec (Santi Cirillo e Metodio, cit., p. 198).

Page 36: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 28

liturgico dei cristiani slavi. [...] Tutti e tre i papi della seconda metà del IX secolo, che hanno dovuto affrontare il problema dottrinale e pratico, costituito dalla nuova introduzione della lingua slava nella vita della Chiesa e nel suo culto liturgico, hanno mantenuto la stessa attitudine di fondo. Analizzando i loro documenti, si può tuttavia notare una certa differenza d’accento nel modo di esprimerla. Il ricorso alle subordinate avversative, condizionali o concessive lo denota chiaramente. I papi, i quali, come Adriano II e Giovanni VIII, vollero dare maggiore enfasi e rilievo alla legittimità dottrinale di promuovere la lingua slava a lingua sacra, hanno introdotto le disposizioni restrittive d’ordine pratico e disciplinare con locuzioni correttive dell’affermazione positiva, quali: «tuttavia», «soltanto», oppure precisando con gli avverbi «prima» e «dopo» la priorità obbligatoria del latino (o del greco) sullo slavo nella lettura tollerata limitatamente all’epistola e al vangelo della messa. Quando invece, come Giovanni VIII nell’873 e nell’879, o Stefano V nell’885, hanno inteso dare più netto rilievo al persistere del divieto dell’uso generalizzato dello slavo nella celebrazione della messa e dei sacramenti, lo hanno affermato nella proposizione principale, ma hanno poi contemperato la proibizione con congiunzioni avversative o limitative come: «invece», «eccetto che», atte ad assicurare che restavano lecite ed approvate tali letture e la predicazione omiletica e catechistica in lingua slava. Ma non per questo la sostanza della posizione può dirsi cambiata40.

A determinare il mutato atteggiamento dei papi, e quindi i destini religiosi e linguistici della Moravia, non è un voltafaccia di Stefano V sull’uso dello slavo, ma l’abbandono del tentativo di compromesso ideato per la Moravia da Giovanni VIII alla luce di una mutata valutazione del sistema di alleanze della chiesa di Roma, stretta tra minacce di scisma a occidente come ad oriente. Dovendo cercare l’accordo con la chiesa di Costantinopoli o con quella franca,

Adriano II e Giovanni VIII si mossero nella prima e più tradizionale prospettiva. Marino I e poi Stefano V, sulla scia di Nicola I, si mostrarono invece favorevoli alla seconda41.

La prima opzione significava, oltre che normalizzare i rapporti su una serie di questioni legate alla dottrina e alla giurisdizione, condividere con Bisanzio l’iniziativa della promozione della scrittura slava, riconoscere una certa autonomia ai principati slavi e legarli a Roma con una politica anti-franca

40 V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., pp. 988-989.

41 Ivi, p. 991.

Page 37: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 29

basata sull’autorità personale di Metodio “arcivescovo per tutti gli Slavi”. La seconda significava al contrario fare proprie le posizioni politiche e pastorali dei Franchi, compresa l’esclusività della lingua e della cultura latina per tutti i popoli dell’Impero carolingio, riconoscere la loro giurisdizione sui nuovi cristiani di stirpe slava e affermare, contro un Oriente bizantino fertile di eresie, la funzione universale del Sacro Romano Impero d’Occidente42.

Come si è detto, alla morte di Metodio Viching, successore di Metodio designato da Sventopluk contro la candidatura di Gorazd, riesce a convincere il nuovo papa a fare suo “il punto di vista della Chiesa franca per quanto concerneva la recita obbligatoria del Filioque nel simbolo e l’insegnamento catechistico che vi era legato, oltre che l’uniformizzazione dei tempi e dei giorni di digiuno sull’uso della Chiesa latina e non di quella greca. Ciò corrispondeva all’aperta sconfessione, su questi due punti capitali, dell’opera pastorale portata avanti da Metodio con l’approvazione di Giovanni VIII”43. Il papa scrive a Sventopluk una lettera in cui dimostra di credere che Metodio abbia oltrepassato i limiti impostigli dai suoi precedessori in merito all’uso liturgico della lingua slava44 e lo condanna severamente:

Divina autem officia et sacra mysteria ac missarum sollemnia, quae idem Methodius Sclavorum lingua celebrare praesumpsit […] nullo modo deinceps a quolibet praesumatur. Dei namque nostraque apostolica auctoritate sub anathematis vinculo interdicimus, excepto quod ad simplicis populi et non intelligentis aedificationem attinet, si evangelii vel apostoli expositio ab eruditis eadem lingua annuntietur, et largimur et exhortamur et ut frequentissime fiat monemus, ut omnis lingua laudet Deum et confiteatur ei45.

42 Ivi, p. 992. 43 Ivi, p. 952. 44 Per ciò che riguarda la possibilità che Metodio avesse effettivamente trasgredito così

scrive Peri: “l’esistenza di tutti i libri liturgici necessari al culto divino e la presumibile ignoranza del latino e del greco di buona parte dei nuovi sacerdoti slavi formati su questi libri hanno probabilmente determinato un’estensione di fatto della concessione pontificia all’intera celebrazione della messa, all’amministrazione dei sacramenti e alla recita delle ore [...] è lecito chiedersi se e quanto l’arcivescovo fosse personalmente responsabile di questo allargato impiego dello slavo nella messa oppure quanto egli fosse in grado di impedirlo”: V. Peri, “Il mandato missionario e canonico di Metodio e l’ingresso della lingua slava nella liturgia”, cit., p. 983.

45 Zventopolco Regi Sclavorum, 885. F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 77. Posizioni

Page 38: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 30

Le conseguenze di questa nuova politica papale sono pesantissime per la piccola comunità cirillometodiana: i discepoli più anziani vengono perseguitati, imprigionati, e poi cacciati da tutto il territorio, i più giovani, quelli ordinati sacerdoti dallo stesso Metodio, venduti schiavi. Clemente, Angelario e Naum trovano rifugio in Bulgaria, Sava e Gorazd, indicato da Metodio quale suo successore, ripararono probabilmente in Polonia, altri si dispersero in Boemia e in Dalmazia.

La Chiesa di Roma non revocherà il suo divieto alla liturgia slava (pur senza riuscire a impedirne la sopravvivenza) sino alla metà del XIII secolo, quando Innocenzo IV ne concede esplicita autorizzazione a due vescovi croati, Filippo e Fruttuoso, nel 1248 e nel 125246.

La Chiesa di Costantinopoli non è meno riluttante all’introduzione della liturgia slava nei territori di sua giurisdizione. Ma la crescente potenza politica e militare della Bulgaria, che aveva accolto a braccia aperte i discepoli di Cirillo e Metodio in fuga dalla Moravia e ottenuto la proclamazione dell’autocefalia47 la costringono infine a cedere: nell’893, quasi trent’anni dopo il battesimo di Boris-Michele, la liturgia slava si sostituisce ufficialmente a quella greca:

L’anno 893 segna profondamente la storia bulgara. Dopo quattro anni di regno (889-893) Rasate-Vladimir, figlio primogenito di Boris, è deposto e sostituito da Simeone. Le cause non ci sono tutte chiare, ma conosciamo la principale: aver deviato dalla linea politica tracciata da Boris. Non a caso la sostituzione al vertice si compie sotto l’egida del principe Boris-Michele, che nel

analoghe il papa esprime nel Commonitorium Dominico Episcopo Iohanni et Stefano [presbyteri]s euntibus ad sclavos dell’885: “Missas et sacratissima illa ministeria, quae Sclavorum lingua idem Methodius celebrare praesumpsit, quamvis decessoris sui temporibus, domni videlicet Iohannis sanctissimi papae iuraverit se ea ulterius non praesumere, apostolica auctoritate, ne aliquo modo praesumatur, penitus interdicit. Verumtamen si aliquis Sclavorum lingua tam doctus invenitur, ut post sacratissimam evengelicam apostolicam lectionem eius explicationem doctus sit dicere ad aedificationem eorum, qui non intelligunt, et laudat, si fiat, et concedit et approbat” (F. Grivec, F. Tomšič, Fontes, cit., p. 75).

46 Alla base del mutato atteggiamento sta anche la convinzione che a inventare il glagolitico fosse stato S. Girolamo, il traduttore della Vulgata: I. Banac, “Main Trends in the Croat Language Question”, in Aspects of the Slavic Language Question, cit., I, p. 197.

47 G. A. Chaburgaev, Pervye stoletija slavjanskoj pis’mennoj kul’tury, cit., p. 60.

Page 39: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 31

frattempo aveva scelto la via del monastero e si era fatto monaco. La presa di potere da parte di Simeone è accompagnata da importanti novità, che da tempo si andavano preparando. La vecchia capitale Pliska, nata come cittadella pagana, fortezza dell’aristocrazia protobulgara, è abbandonata in favore di Preslav, che si sviluppa come moderna città cristiana. Si proclama ufficialmente l’adozione del paleoslavo come lingua dello stato e della chiesa. Questo significa la progressiva sostituzione del clero greco con clero bulgaro, e dei libri liturgici greci con libri slavi […] Ha inizio il secolo d’oro della cultura bulgara medievale, destinato a giocare un ruolo inestimabile nell’ulteriore evoluzione dei popoli slavi appartenenti alla Slavia Orthodoxa48.

4. La lingua paleoslava

Spentesi già a fine Ottocento le dispute sulla “origine” bulgara o pannonica del paleoslavo, oggi gli studiosi concordano nel riconoscere la base dialettale bulgaro-macedone della nuova scripta. Sia che si dati l’insorgere del suo interesse per gli slavi agli anni 856-860, trascorsi in Bitinia con il fratello, sia che lo si dati agli anni 861-863, trascorsi a Costantinopoli, Costantino si muove nel meridione della slavia balcanica, tra le genti slave di cui suo fratello Metodio è stato per anni arconte: a quelle parlate rimandano la semplificazione dei nessi formati dalle dentali con la liquida (*dl, *tl > l) la presenza della l epentetica, forme verbali quali il condizionale del tipo bim| , gli aoristi sigmatici arcaici, l’imperfetto. Grafemi glagolitici quali R, z ([sc] < *tj; [≈] < *g per II e per III palatalizzazione), così come l’uso di A per indicare un suono vocalico che continua sia *(’)e- sia *’a-, suggeriscono addirittura una localizzazione ristretta alla zona di Salonicco49.

Nata in area bulgaro-macedone, cresciuta in Moravia e in Pannonia, durante i quindici anni di arcivescovato di Metodio, la lingua paleoslava raggiunge la piena maturità nella Bulgaria di Simeone, dove un nuovo strato bulgaro, questa volta di provenienza anche bulgaro-orientale, si sovrappone e si salda a quello originario bulgaro-occidentale (macedone).

Questa stratificazione non contraddice le finalità del nuovo strumento

48 K. Stančev, G. Popov, Kliment Ochridski, cit., pp. 41-42. 49 Si veda il capitolo “Solunská staroslovenstina” in G. A. Chaburgaev, Pervye stoletija

slavjanskoj pis’mennoj kul’tury. Istoki drevnerusskoj kniznosti, cit., pp. 36-42.

Page 40: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 32

linguistico, nato per un uso apostolico e permeato dell’“ideologia cirillo-metodiana” della molteplicità delle lingue: operando in zone della Slavia che da diversi decenni conoscono il cristianesimo, Costantino e Metodio si erano misurati con una terminologia cristiana presistente, che la loro esperienza missionaria consigliava di non modificare, né nel lessico né nella fonetica. Nel paleoslavo vengono così accolti sia lessemi greci che gli slavi cristiani della zona di Salonicco avevano appreso oralmente nella loro pronuncia popolare (parask’evg’ii ‘venerdì’ dal greco popolare paraskeughv vs greco colto paraskeuhv, s\bota ‘sabato’ dal greco popolare savmbaton vs greco colto savbbaton) sia lessemi di origine slava occidentale, latina e germanica, introdotti in Moravia e in Pannonia dai missionari tedeschi: apostolik) ‘apostolicus’ (appellativo del papa), kom)kati ‘comunicare, dare la comunione’, m|{a ‘messa’, papej| ‘papa’, post) ‘digiuno’, r:s¢ota ‘verità’. Accanto a questi cosiddetti ‘moravismi’ lessicali la nuova lingua può accogliere ‘moravismi’ fonetici, quali per esempio gli esiti [c] < *tj, *kt’; [z] < *dj, attestati nei Fogli di Kiev (v. ultra).

Dopo la morte di Metodio i discepoli dei fratelli conservano la stessa apertura e disponibilità al cambiamento linguistico:

the principles which Constantine had enunciated to justify the creation of Church Slavonic could be taken as warranting, or even as mandating, the existence of such local varieties of the language50.

La disponibilità a innovare tocca persino la più simbolica delle creature di Costantino, l’alfabeto glagolitico: nell’uso della corte, negli scriptoria di Preslav, gli si affianca un alfabeto più semplice, un greco modificato con l’aggiunta dei grafemi necessari a rendere suoni propri alla fonetica slava. Nel nuovo alfabeto, chiamato cirillico in onore di Costantino-Cirillo, nuovi grafemi esprimono l’esistenza delle vocali iodizzate e una distinzione degli esiti di *e- e di *’a- ignoti al glagolitico.

A questa capacità di evolvere funge da contrappeso il tradizionalismo delle lingue scritte: è solo dalla fine dell’XI secolo che variazioni sensibili

50 R. Mathiesen, “The Church Slavonic Language Question”, cit., pp. 55-56.

Page 41: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 33

diversificano la lingua dei codici esemplati in zone diverse della Slavia. Assorbiti in sé elementi delle parlate bulgare, macedoni, serbe, slave orientali, il paleoslavo (ormai “medioslavo”) può funzionare per altri cinquecento anni come lingua letteraria di tutta la Slavia orthodoxa: e soltanto con l’affermarsi delle moderne lingue nazionali perderà terreno, riducendosi, a partire dall’Ottocento, alla funzione di lingua sacra. Ciò si riflette sul nome con cui viene designato dalla neonata filologia russa (e, a seguire, da tutta la tradizione slavistica): slavo ecclesiastico51. Nato con la missione cirillo-metodiana (paleoslavo o slavo ecclesiastico antico), utilizzato sino alla nascita delle lingue moderne quale lingua “colta” (parallela a altri registri – scriptae – di minor prestigio culturale e più aderenti alle realtà dialettali locali), limitato oggi all’ambito della Chiesa, lo slavo ecclesiastico è dunque tra le lingue slave quella che vanta la tradizione più lunga e più ricca:

it is thus simultaneously the oldest Slavic standard language and the eldest of the contemporary Slavic standard languages52.

5. Cirillico e glagolitico

Se anche non rivelato da Dio in una notte di preghiera, il glagolitico è indubbiamente frutto del lavoro coerente di una mente. Altamente simbolico, si apre con la croce e utilizza quale elemento grafico caratterizzante il cerchio, segno dell’eternità e della perfezione divina. Un valore fonetico sembra assumere il triangolo che ricorre nel disegno delle vocali anteriori.

Le sue fonti sono state ricercate nel minuscolo greco (Isaak Taylor, Jagic),

51 Non manca oggi chi contesta questa denominazione, che non dà conto del reale funzionamento dello slavo quale lingua letteraria di una parte rilevante dell’Europa medievale. Già N. I. Tolstoj scriveva: “Accogliamo in luogo del termine largamente diffuso ‘slavo ecclesiastico’ il termine ‘slavo antico’ [drevneslavjanskij. N.M.], giacchè lo slavo ecclesiastico era utilizzato non solo nella sfera ecclesiastica, ma in un ambito ben più vasto, e portava in passato la semplice denominazione di ‘slavo’ [slovenskij. N.M.]”: N. I. Tolstoj, Istorija i struktura slavjanskich literaturnych jazykov, Moskva 1988, p. 48, n. 1. Lo stesso Tolstoj è però costretto a specificare di volta in volta e a ogni menzione se la lingua ‘drevneslavjanskij’ oggetto del discorso sia il paleoslavo (staroslavjanskij) o lo slavo ecclesiastico (cerkovnoslavjanskij).

52 R. Mathiesen, “The Church Slavonic Language Question”, cit., p. 45.

Page 42: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 34

in alfabeti crittografici e tra i simboli astronomici, magici e alchemici greci (Granstrem), nell’antico ebraico (in particolare nel samaritano), nel copto (Seliscev), nell’albanese, nel georgiano, nell’armeno, nel chazaro, nel latino.

L’ordine delle lettere è ricostruito: al risultato oggi canonico si è giunti attraverso la comparazione di pochi abbecedari giunti sino a noi, di preghiere alfabetiche, del trattato O pismenech del monaco Chrabr53:

glagolitico valore cirillico nome ipotesi per le fonti dei grafemi glagolitici

a 1 a az∞ la lettera ebraica aleph o la croce b 2 b buky forse ispirata al grafema samaritano per /m/ w 3 v vedy forse ispirata alla <v> latina o per inversione di d:

dw = Davide g 4 g glagoli forse dal gamma corsivo greco d 5 d dobro forse dal delta greco e 6 e estß forse dal grafema samaritano per /he/ Z 7 j zivete forse dal copto giangia z 8 ™ ™ ≈elo fonte sconosciuta X 9 æ z zemlja forse dal greco theta

1 P 10 " i forse dal greco iota con dieresi j 20 i ize forse dall’ebraico ajin Q 30 (á) g’erv forse dal samaritano yod k 40 k kako dall’ebraico koph l 50 l ljudie forse dal lambda corsivo greco m 60 m myslite forse dal mü corsivo greco n 70 ¢ nasß fonte sconosciuta o 80 o on∞ fonte sconosciuta p 90 p pokoi forse da un pi greco (arcaico) r 100 r rßci forse da un rho corsivo greco s 200 s slovo forse come inversione di <i> (cfr. js = Gesù), o

dal grafema antico ebraico samech

53 Tra gli innumerevoli lavori dedicati agli alfabeti slavi ricordo un volumetto di V. A.

Istrin, 1100 let slavjanskoj azbuki, Moskva 1988; non tutte le tesi dello studioso sono condivisibili, ma la rassegna delle principali ipotesi relative all’origine e alla storia del glagolitico e del cirillico, ancorché ferma al 1963, anno della prima pubblicazione del lavoro, non ha perso la sua utilità. Di facile consultazione le pagine dedicate agli alfabeti da A. Schenker nel suo The Dawn of Slavic. An Introduction to Slavic Philology, New Haven and London, 1995, pp. 165-180.

Page 43: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 35

glagolitico valore cirillico nome ipotesi per le fonti dei grafemi glagolitici t 300 t tvrßdo forse dal tau corsivo greco

u U (400) ou , £ uk∞, ižica uk∞ è un digramma composto da o più U v (500) f frßt∞ probabilmente dal phi greco x (600) h cher∞ lontana analogia con il grafema h latino O (700) w ot∞ digramma ottenuto col raddoppiamento di o R (800) } sta digramma ottenuto dalla sovrapposizione di S e di

t (ma forse di S e di E) c (900) c ci forse dall’ebraico tsade E (1000) ~ crßvß forse dal copto scei S { sa forse dall’ebraico shin B ) er∞ probabile modificazione di o

56 ¨ ery digramma formato da B più j, P D | erß probabile variante di B A (800) : jatß forse dall’alpha epigrafico greco 7 < fonte sconosciuta I nasale anteriore; funziona come marca di nasalità

nelle altre vocali nasali M ( Á ` digramma formato da e + nasalità q \ digramma formato da o + nasalità J + digramma formato forse da una variante di 7 +

nasalità

Ben diversa la natura del cirillico: le lettere a, v, g , d , e, æ , z , ™ , i , ", k , l, m, ¢ , o , p, r , s, t , ou , f , h, w , ¶ , $, #, £ sono prese direttamente dal greco. Dipende dal greco la presenza di due grafemi per [i] (in epoca bizantina la lettera h ‘eta’, [e] nel greco classico, si pronunciava [i] come la i ‘iota’) e di due grafemi per [o] (in greco o ‘omicron’ e w ‘omega’; letteralmente ‘o piccolo’ e ‘o grande’, valevano rispettivamente o e o-). Uguale a quella del greco è la resa grafica di [u] tramite il digramma <ou>. Il valore numerico delle lettere segue quello delle lettere greche, utilizzando a tal fine anche grafemi del tutto inutili per la fonetica slava, quali x e y54. Solo i grafemi che corrispondono a suoni tipici dello slavo non si basano sul greco, ma riprendono, adattandoli, i corrispondenti grafemi del glagolitico.

54 In greco hanno valore esclusivamente numerico: ϛ ‘stigma’ (6), ϙ ‘coppa’ (90) e ϡ ‘sampi’ (900).

Page 44: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 36

greco nome valore trascrizione cirillico valore a alfa 1 a a 1 b – b beta 2 b v 2 g gamma 3 g g 3 d delta 4 d d 4 e epsilon 5 e e 5 j – ϛ stigma 6 ≈ ™ ™ 6 z zeta 7 z æ z 7 h eta 8 e i 8 q theta 9 th # 9 i iota 10 i " 10 k kappa 20 k k 20 l lambda 30 l l 30 m mü 40 m m 40 n nü 50 n ¢ 50 x ksi 60 ks ¶ 60 o omicron 70 o o 70 p pi 80 p p 80 ϙ coppa 90 ~ 90 r ro 100 r r 100 s sigma 200 s s 200 t tau 300 t t 300 u üpsilon 400 ü ou , £ 400 f phi 500 f f 500 c chi 600 ch h 600 y psi 700 ps $ 700 w omega 800 o w 800 ϡ sampi 900 c 900 } – { – ) – ¨ – | – : – < – q – & – ( Á 900 \ – ` – + –

Page 45: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 37

Ogni grafema glagolitico può essere translitterato in cirillico: i manoscritti glagolitici sono stati translitterati in cirillico a mano a mano che quest’ultimo soppiantava il glagolitico, e poi nuovamente dai loro editori moderni. Ma nel loro uso autonomo i due alfabeti testimoniano realtà fonetiche che rimandano ad aree geografiche e a periodi diversi. In particolare, differiscono nei due alfabeti l’inventario delle vocali nasali, l’inventario delle vocali iodizzate, la presenza di un grafema per la palatovelare sonora [g’], la presenza dei grafemi di origine greca ¶ , $ nella resa dei nomi propri (in glagolitico ‘k∞s’ e ‘p∞s’).

Per qualche secolo (X e XI) i due alfabeti coesistono, il glagolitico più diffuso in Macedonia, dove operano i discepoli di Clemente e Naum, il cirillico più diffuso nella zona della nuova capitale Preslav (Bulgaria orientale). Poi il cirillico prevale definitivamente (con parziale esclusione dell’area croata),

6. Il canone paleoslavo

Nella Bulgaria di Boris e di suo figlio Simeone (893-927) la cultura cirillometodiana si avvia a una rapida evoluzione: le traduzioni vengono riviste e completate, l’omiletica riceve nuovo impulso, l’eredità di Cirillo e Metodio, fecondata dalla situazione politica e culturale favorevole, dà vita a un modello culturale e a una lingua che determina lo sviluppo di gran parte delle letterature slave sino alle soglie dell’epoca moderna.

Purtroppo, di tanta ricchezza nessuna testimonianza diretta è pervenuta sino a noi:

Dell’epoca che dagli anni sessanta del IX secolo arriva alla fine degli anni venti del secolo successivo – e che abbraccia dunque la missione moravo-pannonica, la prima diffusione della letteratura slava ecclesiastica antica in Bulgaria, il ‘periodo aureo’ di Simeon e la riforma dell’alfabeto, con il passaggio dal glagolitico al cirillico –, di quell’epoca, che sul piano letterario fu estremamente fertile, non si è conservato nell’originale nemmeno un frustolo manoscritto55.

La grammatica paleoslava, intesa quale sistema di norme sotteso alla lingua delle prime traduzioni, è pertanto ricostruita: sono stati gli studiosi moderni a

55 A. Turilov, “La letteratura slava ecclesiastica delle origini. Storia e geografia della tradizione manoscritta”, in Incontri linguistici 28 (2005), pp. 11-29; qui p. 11.

Page 46: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 38

desumere il codice (la langue) dalla comparazione di alcuni dei testimoni più antichi tra quelli a noi giunti, selezionando quelli che meglio corrispondevano alle caratteristiche fonetiche ricostruite per i dialetti bulgaro-macedoni e che nel contempo meno riflettevano mutamenti fonetici già riconoscibili quali mediobulgari. Il concetto di un corpus di testi così composto, il cosiddetto canone paleoslavo, risale ad August Leskien:

Fu lo studioso tedesco, infatti, a isolare fra tutti i più antichi codici slavi ecclesiastici quei pochi che in ragione sia della loro veneranda età—in quanto esemplati entro la fine dell’XI secolo —, sia di determinati tratti linguistici —di là dalla resa dei nessi consonantici protoslavi *dj e *tj come žd e št, anzitutto la conservazione degli jer e delle vocali nasali — dovevano dar vita al cosiddetto canone. Quella delimitazione si rivelò utilissima per risolvere definitivamente la vexata quaestio dell’origine dell’antico slavo ecclesiastico che tanto aveva appassionato i filologi e linguisti slavi della prima metà dell’Ottocento, e quindi per creare i presupposti di una descrizione grammaticale esauriente del suo stadio più antico, di cui lo stesso Leskien doveva fornire un modello esemplare56.

L’inventario dei codici rispondenti ai criteri suesposti e inclusi nel canone comprende tradizionalmente dodici manoscritti (Zografense, Mariano, Assemani, Suprasliense, Libro di Savva, Salterio Sinaitico, Eucologio Sinaitico, Glagolita Cloziano, Fogli di Kiev, Fogli di Rila, Fogli di Ocrida, Fogli di Hilandar), tutti di origine bulgaro-macedone e tutti risalenti ai secoli X e XI a eccezione dei Fogli di Kiev, che pur presentando evidenti moravismi (quali gli esiti /c/ < *tj, *kt’; /z/ < *dj) sono accolti nel canone per la loro antichità, e per la presumibile contiguità con la fase morava della missione cirillo-metodiana. Accanto a questi si collocano codici di più recente acquisizione, o la cui appartenenza al canone è discussa, quali l’Apostolo di Enina, il Messale Sinaitico, il Palinsesto di Bojana, il Palinsesto Zografense, il Palinsesto Vaticano, i Fogli di Undol’skij, i Fogli Zografensi57:

56 G. Ziffer, “Per (e contro) il canone paleoslavo”, in Slavia orthodoxa & Slavia romana. Essays presented to Riccardo Picchio by his Students on the Occasion of his Eightieth Birthday, September 7, 2003, ed. by Harvey Goldblatt and G. Dell’Agata, K. Stančev, G. Ziffer, New Haven (in corso di stampa nella collana “Yale Slavic and East European Publications”), p. 320.

57 Un’accurata disamina dei criteri di costituzione del canone si può vedere in V. Živov, “Pervyj literaturnyj jazyk slavjan”, in Ricerche slavistiche XLV-XLVI (1998-1999), pp. 99-136.

Page 47: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 39

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Fogli di Kiev, X sec., glagolitico. Contiene frammenti (7 ff) di liturgia di rito romano

Ritrovato a Gerusalemme, si conserva nella Biblioteca scientifica centrale di Kiev. Ed.: V. Jagic, Glagolitica. Würdigung neuentdeckter Fragmente, Wien 1890 (Denkschriften der K. Akademie der Wissenschaften in Wien, Hist. - Phil. Kl., XXXVIII); C. Mohlberg, Il missale glagolitico di Kiovo (sec. IX), Roma 1928 (con paralleli latini); V. Nimcuk, Kiïvsßki glagolicni listki, Kiïv, 1983; J. Schaeken, Die Kiever Blatter, Amsterdam 1987

Palinsesto (Vangelo) Vaticano, X sec., cirillico. 99 ff. Evangelario

Scoperto nel 1982 tra i codici greci della Biblioteca Vaticana, il palinsesto è stato decifrato e edito da Tr. Kr∞stanov, A.-M. Totomanova e I. Dobrev, Vatikansko Evangelie (Starob∞lgarski kirilski aprakos ot X v. v palimpsesten kodeks Vat. Gr. 2502), Sofija 1996

Codice Mariano, fine X - inizio XI, glagolitico. Tetravangelo (inizio: Mt 5:23, fine Gv 21:17), 173 ff

Rinvenuto nel monastero della Vergine sul Monte Athos, si conserva nella Biblioteca Statale Russa (RGB) a Mosca. Ed.: V. Jagic, Quattuor evangeliorum Codex Marianus glagoliticus, SPb. 1883; 2ª ed. Graz 1960

Codice Zografense, fine X - inizio XI, glagolitico. Tetravangelo (inizio: Mt 3:11) 271 ff + 33 ff di composizione più tarda (v. Palinsesto zografense)

Rinvenuto nel monastero Zogràphos sul Monte Athos, si conserva nella Biblioteca Nazionale (RNB) di Pietroburgo. Ed.: V. Jagic, Quattuor evangeliorum Codex glagoliticus olim zographensis nunc Petropolitanus, Berlin 1879; 2ª ed. Graz 1954

Codice Assemani, XI sec., glagolitico. Evangelario, 158 ff

Rinvenuto a Gerusalemme, si conserva nella Biblioteca Vaticana di Roma. Ed.: J. Vajs, J. Kurz, Evangeliorum Assemani, T. I, Praha 1929; T. II, Praga 1955; V. Ivanova-Movrodinova, A. Džurova, Assemanievo Evangelie, Sofija 1981 (con edizione in facsimile)

Salterio sinaitico, XI sec., glagolitico. Salterio (salmi 1-137). 177 ff. Nel 1975 furono ritrovati altri 32 ff contenenti i salmi 138-151, inni e preghiere del mattutino e del vespro

Rinvenuto nel monastero di S. Caterina sul Monte Sinai, dove si conserva. Ed.: M. Altbauer, Psalterium sinaiticum. An 11th Century Glagolitic Manuscript from St. Catherine’s Monastery, Mt. Sinai, Skopje 1971 (ed. fototipica). I trentadue fogli rinvenuti nel 1975 nello stesso monastero sono riprodotti in I. C. Tarnanidis, The slavonic manuscripts discovered in 1975 at the St. Catherine’s Monastery on Mount Sinai, Thessaloniki 1988

Page 48: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 40

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Eucologio sinaitico, XI sec., glagolitico. Traduzione dal greco e dal medio-altotedesco di un Rituale e di Precetti dei Padri (trad. dal latino). 106 ff, di cui 3 ff contengono un frammento della Liturgia di Crisostomo. Nel 1975 furono ritrovati altri 28 ff contenenti le preghiere del ciclo giornaliero (le ore, il vespro, il mattutino) e alcuni altri testi liturgici

Rinvenuto nel monastero di S. Caterina sul Sinai, dove si conserva. Ed.: R. Nahtigal, Euchologium Sinaiticum, V. I-II, Ljubljana 1941-1942; J. Frcek, Euchologium Sinaiticum. Texte slave avec sources grecques et traduction française (Patrologia Orientalis, XXIX, 5, XXV, 3), Paris 1933, 1939. I fogli ritrovati nel 1975 nello stesso monastero sono riprodotti in I. C. Tarnanidis, The slavonic manuscripts discovered in 1975 at the St. Catherine’s Monastery on Mount Sinai, Thessaloniki 1988. Il frammento della Liturgia di Crisostomo (Sinajskij služebnik) si conserva oggi a Pietroburgo, due fogli nella Biblioteca Nazionale (RNB, Glag. 2), un foglio nella Biblioteca dell’Accademia delle Scienze (BAN 24.4.8).

Messale sinaitico, XI sec., glagolitico. 80 ff. Sacramentario, contiene testi liturgici tratti dal messale romano relativi alle principali festività

Rinvenuto nel 1975 nel Monastero di S. Caterina in cattive condizioni di conservazione, questo codice è solo parzialmente descritto e riprodotto in I. C. Tarnanidis, The slavonic manuscripts discovered in 1975 at the St. Catherine’s Monastery on Mount Sinai, Thessaloniki 1988.

Glagolita cloziano, XI sec., glagolitico. 14 ff. Raccolta di omelie per la settimana santa, di cui una attribuita a Metodio

Si conserva in parte nel Museo civico di Trento, in parte (2 ff) nel museo “Ferdinandeum” a Innsbruck. Ed.: V. Vondrák, Glagolita Clozův, Praha 1893; A. Dostál, Clozianus. Staroslovensky, hlaholsky sborník tridentsky a innsbrucky, Praha 1959

Codice suprasliense, metà XI sec., cirillico. 285 ff. Sinassario per il mese di marzo e omelie (24 vite e 24 omelie)

Rinvenuto nel monastero di Supraśl (Polonia) e quindi smembrato. I primi 118 ff sono conservati nella Biblioteca dell’università di Lubiana, i 16 ff seguenti nella Biblioteca Nazionale (RNB) di Pietroburgo, l’ultima parte nella Biblioteca Nazionale di Varsavia. Ed.: S. Sever’janov, Supraslßskaja rukopisß, SPb., 1904 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka II, 1); J. Zaimov, M. Capaldo, Supras∞lski ili Petkov sbornik, T. I-II. Sofija 1982-1983.

Libro di Savva, XI sec., cirillico. Evangelario, 129 ff

Conservato a Mosca nell’Archivio Statale Russo degli Atti antichi (RGADA). Ed.: V. N. Ščepkin, Savvina kniga, SPb. 1903 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka I, 2); 2ª ed. Graz 1959; Savvina Kniga, “Indrik”, Moskva 1999

Page 49: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 41

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Fogli di Ocrida, XI sec., glagolitico. Contiene un frammento (2 ff) di Evangelario

Rinvenuti a Ocrida, si conservano nella Biblioteca (Gor’kij) dell’università di Odessa. Ed.: G. Il’inskij, Ochridskie glagoliceskie listki. Otryvok drevne-cerkovnoslavjanskogo evangelija XI v., Pg. 1915 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka III, 2)

Fogli di Rila, XI sec., glagolitico. Contiene frammenti (8 ff) di un perduto libro liturgico e della Parenesis di Efrem Siro

Ritrovati nel monastero di Rila, si conservano in parte a Rila, in parte nella Biblioteca dell’Accademia delle scienze di Pietroburgo. Ed.: G. Il’inskij, Makedonskij glagoliceskij listok, SPb. 1909 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka I, 6); I. Gosev, Rilski glagoliceski listove, Sofija 1956

Frammenti di Hilandar, XI sec., cirillico. Contiene un frammento (2 ff) delle omelie di S. Cirillo di Alessandria

Rinvenuti nel monastero di Hilandar sul monte Athos, si conservano nella Biblioteca Statale di Odessa. Ed.: S. Kul’bakin, Chilandarskie listki, SPb. 1900 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka I, 1); A. Minceva, Starob∞lgarski kirilski otk∞sleci, Sofija 1978

Fogli zografensi, XI sec., cirillico. Contiene un frammento (2 ff) delle Regole monastiche di Basilio Magno

Rinvenuti nel monastero Zogràphos del Monte Athos, dove si conservano. Ed.: A. Minceva, Starob∞lgarski kirilski otk∞sleci, Sofija 1978

Apostolo di Enina, XI sec., cirillico. Contiene un frammento (39 ff) dell’Apostolo

Rinvenuto nel villaggio di Enina (Kazanl∞k), si conserva nella Narodna Biblioteka di Sofija. Ed.: K. Mirčev, Ch. Kodov, Eninski Apostol. Starob∞lgarski pametnik ot XI v., Sofija 1965

Fogli di Undol’skij, XI sec., cirillico. Contiene un frammento (2 ff) di Evangelario

Appartenuti a V. M. Undols’skij, i due ff si trovano ora a Mosca, nella Biblioteca Statale Russa (RGB). Ed.: E. F. Karskij, Listki Undol’skago. Otryvok kirillovskogo evangelija XI v., SPb. 1904 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka I, 3); A. Minčeva, Starob∞lgarski kirilski otk∞sleci, Sofija 1978

Palinsesto zografense, fine XI sec., glagolitico. Contiene un frammento (16 ff) di Evangelario

Composto alla fine del XII sec. e inserito a integrare una parte mancante del codice Zografense, il testo glagolitico sovrascritto è noto come Zografense B e non fa parte del canone. Il testo glagolitico sottostante è stato decifrato e pubblicato da I. Dobrev. Ed.: I. Dobrev, “Palimpsestovite časti na Zografskoto evangelie”, in: Konstantin-Kiril Filosof. Dokladi ot simpoziuma, posveten na 1100-godisnata ot sm∞rtta mu, Sofija 1971

Page 50: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 42

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Palinsesto di Bojana, fine XI sec., glagolitico. Contiene un frammento (26 ff) di Evangelario

Rinvenuto a Bojana nel 1845, il codice cirillico (Bojanskoe evangelie-aprakos, XII-XIII secc.) si conserva a Mosca nella Biblioteca Statale Russa (RGB). Il palinsesto è stato decifrato da I. Dobrev. Ed.: Glagoličeskijat tekst na Bojanskija palimpsest, Sofija 1972

Come si vede, la rigidità della cernita ha portato a escludere tutti i codici di

provenienza slava orientale, tutti i codici di provenienza slava occidentale (per esempio i Fogli di Praga, frammento glagolitico di redazione ceca, i famosi Frammenti di Frisinga, datati fine X-inizio XI sec., i Frammenti di Vienna, codice croato composto a cavallo tra XI e XII sec.), tutti i codici che mostrino innovazioni mediobulgare (per esempio il Vangelo di Dobromir del XII sec., il Foglio macedone cirillico).

Eppure, nessuno dei testi canonici interpreta in toto la norma ricostruita: i manoscritti del canone si presentano tutti come interpretazioni individuali, come atti di parola riconducibili certamente alla stessa langue, ma ben lontani dalla uniforme correttezza che oggi siamo soliti aspettarci da un testo ispirato a norme grammaticali (in particolare fonetiche e ortografiche) chiaramente definite.

Prendiamo per esempio il Codice Zografense, datato fine X-inizio XI secolo, di base dialettale macedone (bulgaro occidentale). Il codice si distingue per il conservatorismo dell’ortografia, che rispecchia le norme ricostruite per l’epoca cirillo-metodiana, e tuttavia presenta numerose innovazioni: sostitu-

zioni di \ con (, denasalizzazione \ > ou , sostituzioni (rarissime) di ( con e; vocalizzazioni di jer in posizione forte (tem|¢ic\ , cr|kov|) e caduta degli jer in posizione debole in alcuni nessi (vs: , sl:pca, ~to , m¢ogo , kto); passaggio ) > | davanti a sillaba contenente vocale anteriore (v|æ(ti) e passaggio | > ) davanti a sillaba contenente vocale posteriore (m)æda) per la cosiddetta regola di Jagic; resa non etimologica delle sonoranti: *r÷, *r÷’ indiscriminatamente r) (più raramente *r÷’ > r| , a volte r), *l÷, *l÷’ indiscriminatamente l) (più raramente l|); frequente assenza della liquida epentetica davanti a | , i (æemi , prist\p| , korab|); frequente sostituzione di ™ [dz] con æ [z].

Page 51: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 43

Innovazioni analoghe si riscontrano in tutti i codici del canone58, e mettono in discussione i principi stessi della cernita: come stabilire il grado di deviazione dalla norma ammissibile all’interno del canone? Come utilizzare i codici esemplati dopo il fatidico spartiacque del 1100 che, pur riflettendo fasi più tarde di evoluzione linguistica, tramandano materiale linguistico risalente ai primi due secoli e mezzo di vita del paleoslavo? Come considerare i codici che, ancorché antichi, riflettono una base dialettale diversa da quella bulgaro-macedone59? Prendiamo quale esempio i codici di provenienza slava orientale, condannati dalla propria provenienza alla extra-canonicità: constatato il fatto che il Vangelo di Ostromir, il più antico manoscritto slavo datato (1056-1057), presenta un tasso di deviazione dalla norma ricostruita addirittura inferiore a quello di codici unanimente considerati canonici, esso viene incluso nel canone da molti filologi russi. Questa inclusione porta con sé quella di altri codici slavo-orientali, quali per esempio il Salterio di Sluck (5 ff) e i Fogli di Novgorod (due fogli di un Evangelario), che ancor meno del Vangelo di Ostromir si discostano dall’ipotetico originale slavo meridionale.

Assolto alla sua fondamentale funzione di permettere una descrizione della grammatica paleoslava come sistema omogeneo, rispetto al quale casi particolari di disomogeneità possono figurare quali deviazione dalla norma, il concetto di canone quale espressione di una realtà dialettale concreta è presto sottoposto a critiche.

Negli anni ’20, anticipando una più moderna concezione funzionale della lingua letteraria, N. Durnovo propone una visione del canone paleoslavo aperto ab origine alla presenza di due redazioni (dialekty), una ceco-morava e una bulgara, di cui la seconda rappresentata da codici bulgari, macedoni, serbi e russi (varianty): il paleoslavo sarebbe nato come lingua programmaticamente

58 Se ne può vedere una descrizione nelle pagine introduttive dello Staroslavjanskij slovar’ (po rukopisjam X-XI vekov), pod redakciej R. M. Cejtlin, R. Večerki i E. Blagovoj, Moskva 1994, pp. 29-40.

59 L’utilità del concetto stesso di canone è discussa da Giorgio Ziffer nel saggio “Per (e contro) il canone paleoslavo”, cit., pp. 319-328.

Page 52: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 44

aperta alle realtà locali, nessuna variante è “più paleoslava” delle altre60, né possiamo oggi stabilire quale fosse quella propria di Cirillo e Metodio61. Rientrano così nel canone due testimoni della redazione ceca: Fogli di Kiev e Frammenti di Praga; quindici testimoni slavomeridionali: Zografense, Mariano, Assemani, Glagolita Cloziano, Salterio Sinaitico, Eucologio Sinaitico, Libro di Savva, Suprasliense, Fogli di Rila, Foglio glagolitico di Grigorovic, Fogli di Ocrida, Fogli di Hilandar, Fogli di Undol’skij, Fogli Zografensi e Salterio di Pogodin; nove di provenienza slava orientale: i Fogli di Novgorod (Kuprjanovskie listki), il Vangelo di Ostromir, i Fogli di Turov (Turovskie evangel’skie listki), le tredici Omelie di Gregorio Nazianzeno, l’Izbornik del 1073, le Pandette di Antioco, il Salterio del Monastero dei Miracoli (Čudovskaja psal’tyr’) parte dei Sermoni di Cirillo di Gerusalemme e parte del Vangelo di Archangel’sk62. Pur caratterizzati da norme specifiche63, questi codici russi non rappresentano che varianti della redazione bulgara:

norme ortografiche specifiche dei codici russi, e diverse da quelle slave meridionali, si vanno elaborando nell’XI secolo […] Tuttavia, queste caratteristiche dei testi russi più antichi non hanno affatto la stessa importanza di quelle che individuano i testi paleoslavi di redazione ceco-morava, e non disegnano con la dovuta nettezza un dialetto letterario russo del paleoslavo64.

60 “L’uso documentato dai codici qui considerati [Zografense, Ostromir e Fogli di Kiev] è

del tutto conseguente, e riflette evidentemente la norma di varianti locali del paleoslavo; noi non abbiamo ragioni sufficienti per ritenere che sola una di queste varianti sia paleoslava, mentre le altre rappresenterebbero deviazioni dal paleoslavo corretto”: N. N. Durnovo, “K voprosu o staroslavjanskom jazyke”, in Izbrannye raboty po istorii russkogo jazyka, Moskva 2000, p. 695.

61 “Non abbiamo motivi di credere che le regole iniziali della lingua cirillometodiana siano identiche a quelle dei più antichi codici slavi meridionali, non più di quanti ne avremmo per ritenere che queste regole sovraintendano all’ortografia del più antico codice ceco, i Fogli di Kiev”: N. N. Durnovo, “K voprosu o staroslavjanskom jazyke”, cit., p. 698.

62 N. N. Durnovo, “Mysli o proischozdenii staroslavjanskogo jazyka i slavjanskich alfavitov”, in Izbrannye raboty po istorii russkogo jazyka, cit. pp. 605-606.

63 Durnovo ne individua cinque: la resa delle sonoranti (<)r>, <)r)> eccetera), l’esito /z/ < *dj, la terminazione S sg m -)m| , -|m| , la 3ª sg e pl -t| , il suffisso di appartenenza -q¢- invece di -:¢- (N. N. Durnovo, “Mysli o proischozdenii staroslavjanskogo jazyka i slavjanskich alfavitov”, cit., p. 589).

64 Ibidem.

Page 53: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 45

Alla classificazione di Durnovo possono essere accostate le periodizzazioni proposte da F. V. Mares e da R. Mathiesen: entrambe distinguono tra una prima fase strettamente cirillometodiana e una successiva; entrambe ammettono nel paleoslavo la presenza di diverse varianti; entrambe si basano su criteri funzionali e non cronologici. Mares distingue una lingua proto-anticoslava (prastaroslovenstina), quella dei testi cirillo-metodiani tradotti prima della partenza per la Moravia e non pervenutici, e il vero e proprio paleoslavo (staroslovenstina), distinto nelle varianti morava, bulgaro-macedone, bulgara orientale, eventualmente russa e forse slovena. Al paleoslavo subentra, in epoche che sono diverse nelle diverse zone della Slavia, lo slavo ecclesiastico (církevna slovanstina), articolato in sei redazioni (ceca, mediobulgara, russa, serba, croato-glagolitica e slavo-rumena), destinate a ridursi nel periodo neo-slavo ecclesiastico a due tipi: quello russo (con le varianti pre-nikoniana, rutena, vecchio-credente, sinodale) e quello croato65.

Mathiesen individua a sua volta nello slavo ecclesiastico dei secoli IX-X la presenza di due tipi linguistici differenti, un più antico slavo ecclesiastico (Earliest Church Slavonic), legato all’attività di Cirillo e Metodio, e lo slavo ecclesiastico antico (Early Church Slavonic) del periodo in cui la lingua cirillometodiana si diffonde per la Slavia, caratterizzati entrambi dalla ‘ideologia cirillometodiana’ della molteplicità delle lingue, in base alla quale

there could not be no objection in principle to the existence of local varieties of the language, especially if the variation was limited to matters of pronunciation (and spelling), as was in fact largely the case in Early Church Slavonic66.

Questo atteggiamento avrebbe favorito, verso la fine del XII secolo, la nascita di ben dodici varietà locali: pannonica, boema, soraba, croata, dioclea,

65 F. V. Mareš, “Vajsova ceská redakce nové církevní slovanstiny”, in Studia paleoslovenica, Praha 1971, p. 221. Come osserva giustamente A. Naumow, liberarsi della cronologia permette a Mares di vedere nell’attività di Emmaus un fenomeno funzionalmente tipico del periodo neo-slavo ecclesiastico: A. Naumow, Idea – Immagine – Testo. Studi sulla letteratura slavo-ecclesiastica, Alessandria 2004, p. 18.

66 Ivi, p. 55.

Page 54: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 46

bosniaca, serba, bulgara, macedone, galiziana, kieviana, novgorodense67, che non segnano però, secondo Mathiesen, la fine del periodo paleoslavo (ECS). Questa si colloca intorno al XIV secolo, quando un nuovo atteggiamento “metalinguistico” porta con sé profonde e significative revisioni dello standard, che lo studioso collega al nome del Patriarca di Bulgaria Eutimio e a una nuova teoria semiotica. Il “medio slavo ecclesiastico” (Middle Church Slavonic) sarà caratterizzato dalla tendenziale riduzione delle varietà locali a favore di uno standard, soprattutto ortografico, che sia garanzia della correttezza formale e sostanziale dei codici68.

7. Paleoslavo e slavo ecclesiastico nella Slavia orientale

L’individuazione dei codici da riferire alla nascita della “redazione” slava orientale dello slavo ecclesiastico (lo “slavone russo”) varia sensibilmente all’interno delle diverse scuole slavistiche, in dipendenza dal fatto che si considerino redazioni e varianti indice dell’avvenuta trasformazione del paleoslavo in slavo ecclesiastico, o che al contrario si creda il paleoslavo già differenziato in redazioni e varianti.

Chi considera primi testimoni di una nuova redazione i codici in cui le deviazioni dalla norma sporadicamente presenti anche nei testi del canone assumono (o tendono a assumere) carattere sistematico considera tutti i manoscritti di produzione slava orientale rappresentanti di una nuova redazione russa (a partire dal Vangelo di Ostromir).

Chi invece contempla la possibilità di una variante locale di norme complessivamente meridionali (e quindi ancora “paleoslave”) sposta la nascita di una nuova redazione alla fine del XI secolo.

L’incertezza deriva dal fatto che al momento della cristianizzazione, e dunque dell’ingresso nella Slavia orientale di missionari e di testi provenienti

67 R. Mathiesen, “The Church Slavonic Language Question”, cit., pp. 46-47. 68 Il problema della periodizzazione si può impostare diversamente se si distingue tra il più

antico slavo ecclesiastico (Earliest Church Slavonic) e lo slavo ecclesiastico antico (Early Church Slavonic) in quanto lingua apostolica e dialetto liturgico. Cfr. R. Picchio, “Il posto della letteratura bulgara antica nella cultura europea del medioevo”, cit., pp. 278-279.

Page 55: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 47

da zone già convertite della Slavia occidentale e meridionale, le differenze tra la variante slava orientale dello slavo comune tardo presente nella Rus’ e la variante slava meridionale dello slavo comune tardo testimoniata dalla lingua paleoslava non sono numerose, e riguardano essenzialmente la fonetica69:

Slavo orientale Paleoslavo Fonetica vocali nasali denasalizzate: [’a], [(’)u] conservate: [(’)e], [(’)o] *tj, *kt + vocale anteriore [t’s’] [s’t’] *dj [z’] [z’d’] *sk + vocale anteriore [s’t’s’] [s’t’] *zdj, *zgj, *zg + vocale anteriore [z’d’z’] [z’d’] j protetico davanti a [a] sempre presente sporadico j protetico davanti a [u] raro sempre presente trattamento di *e iniziale [o] [e] velarizzazione di [l] > [∏] presente assente

69 Non bisogna immaginare la variante slava orientale dello slavo comune tardo come un

dialetto unitario e compatto, destinato a differenziarsi successivamente al proprio interno. Al contrario, i dialetti dell’area slavo-orientale erano, fin dai tempi più antichi, sostanzialmente eterogenei, e mostravano diversi gradi di transizione verso i dialetti slavi occidentali (per esempio l’antico dialetto dei krivici, popolazione stanziata nella zona occidentale del territorio di Novgorod, si contrappone per una serie di tratti ai dialetti slavo-orientali meridionali).

È l’unificazione delle tribù slave dislocate sul territorio della prima formazione statale antico-russa, la Rus’ di Kiev, a favorire processi di integrazione che determinano l’insorgere di una comunità linguistica slavo-orientale (secoli IX-XI). Ecco le principali varianti dialettali:

pronuncia fricativa della velare sonora [g] parlate meridionali confusione di [i] e di [ı-] parlate meridionali confusione di [u] e di [w] parlate meridionali (Galizia e Volinia) [e] > [o] dopo C palatale davanti a V non anteriore tutte le parlate meno la Galizia [ß] > [∞] dopo C palatale davanti a V non anteriore tutte le parlate meno la Galizia assenza della II palatalizzazione Novgorod; Pskov confusione delle affricate [c] e [c] (cokan’e) Novgorod; Pskov 2ª pleofonia (*C∞rC > C∞r∞C ecc.) Novgorod (ipotesi di Sobolevskij) confusione di sibilanti e scibilanti Pskov GDL sg dei nomi in *a-: -: Novgorod NA duale e pl dei nomi in *a-: -: Novgorod N sg m dei nomi in *o: -e (dome) Novgorod L sg dei nomi in *o: -e Novgorod assenza della desinenza 3ª sg e pl -t| Novgorod; Pskov; parlate meridionali

Page 56: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 48

Slavo orientale Paleoslavo *õrt, *õlt [ro], [lo] [ra], [la] sonoranti r÷, r÷’; l÷, l÷’ [∞r], [ßr]; [∞l] [rß], [r∞]; [lß], [l∞] *telt; *tert [olo]; [ere] [le]; [re] *tolt; *tort [olo]; [oro] [la]; [ra] vocali ridotte ben conservate cadute; vocalizzate; confuse Morfologia G sg; NA pl f (*-ja-ns) -: (jat’ terzo) -( A pl m (*-jons) -: (jat’ terzo) -( S sg m (*-omı; *-jomı) -)m|; -|m| -om|; -em| N sg m agg. det. -)i (> -oi); -|i (> -ei) -¨i; -ii G sg f agg. det. -o: (-oe); -e: (-ee) -¨q; -iq DL sg pronome personale m)¢:; tob:; sob: m|¢:; teb:; seb: desinenza dell’infinito -t| -ti desinenza della 2ª sg -{| -{i Part. pres. attivo m; N sg -a -¨ 3ª sg e pl del presente -t| -t) suffisso di appartenenza -q¢- -:¢-

In queste condizioni, la lingua dei testi sacri e liturgici viene accolta senza

alcuna difficoltà: nei primi decenni della cristianizzazione si ricopiano gli antigrafi slavi meridionali con una certa fedeltà70, di lì a poco la lingua (scritta) dei codici, la lingua usata oralmente in funzione liturgica e apostolica e le diverse parlate locali entrano in correlazione come varianti stilistiche di una stessa lingua. Naturale divenne pronunciare nella vita di tutti i giorni сторона, ma cantare o udire dal pulpito (e considerare più corretto e elegante) страна:

no one expects a written style to be identical with speech. For a Kievan to say сторона but write страна became as natural as for an educated Englishman to say (informal) can’t, don’t, I’ll but write (formal) cannot, do not, I shall”71.

70 Così per esempio nel Salterio ligneo rinvenuto a Novgorod (datazione presunta 1006) la

grafia presenterebbe tratti tipicamente bulgari come l’uso del solo jer duro (∞) e le quattro nasali (usate però in modo errato dal copista slavo orientale) e nessun russismo morfologico. Un solo jer (ß) caratterizza anche la grafia dello Rejmsskoe Evangelie, composto nella prima metà dell’XI e portato in Francia da Anna Jaroslavna (le cui nozze con il re di Francia Enrico I sono datate da alcuni 19 maggio 1051, da altri 1044), quando gli slavi orientali distinguevano bene all’epoca i due jer nella pronuncia.

71 A. P. Vlasto, A Linguistic History of Russia to the End of the Eighteenth Century, Oxford 1988, p. 345.

Page 57: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 49

La pronuncia era fondamentale in una società largamente se non esclusiva-mente basata sull’oralità: la predicazione, la lettura liturgica, il canto dovevano riposare su una solida norma unitaria. Come probabilmente già in Moravia, in Bulgaria, in Macedonia e in Serbia, i nuovi cristiani della Slavia orientale sono disposti a pronunciare parole slave diversamente da come si pronunciano nei loro dialetti, ma non a produrre suoni estranei alla propria fonetica (del tipo [dz] o [dz]; [r÷]; [o]; [st’]).

La “pronuncia dotta” si colloca così in una posizione di compromesso tra imitazione e rinnovamento: spariscono dalla pronuncia le vocali nasali e le sonoranti; [z] gradualmente sostituisce [zd] come esito di *dj; [sc] subentra a [št’] come esito di *tj.

Funzione dell’ortografia è guidare il lettore alla pronuncia corretta, parimenti rispettosa della tradizione e della fonetica locale: così per esempio la grafia <)r>, <)l> per la resa delle sonoranti, ispirata alla pronuncia viva, era probabilmente dettata dal desiderio di preservare la differenza tra gli esiti di *ru e *r÷ nella pronuncia dei missionari (a parità di resa grafica <r)>)72:

Slavia meridionale Slavia orientale grafia pronuncia grafia pronuncia

<r)> (< *ru) [r∞] <r)> (< *ru) [r∞] <r)> (< *r÷) [r÷] <)r> (< *r÷) [∞r]

Ciò tuttavia non significa che l’alfabeto cirillico avesse ancora il carattere di alfabeto fonologico che gli aveva conferito Costantino: a fargli concorrenza era intervenuto il tradizionalismo grafico. Prendiamo per esempio gli jer: i missionari macedoni, che probabilmente giunsero primi nella Rus’, pronuncia-

vano lo jer molle come [e] e lo jer duro come [o] in posizione forte, e non pronunciavano alcun suono quando gli jer erano in posizione debole73. L’ortografia richiedeva invece che in tutte le posizioni (debole e forte) si

72 N. N. Durnovo, “Slavjanskoe pravopisanie X-XII vv.”, in Izbrannye raboty po istorii russkogo jazyka, cit., pp. 667-668.

73 N. N. Durnovo, “Slavjanskoe pravopisanie X-XII vv.”, cit., pp. 662-665; B. A. Uspenskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka (XI-XVII vv.), Moskva 2002, pp. 147-148.

Page 58: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 50

scrivesse <∞> e <ß> secondo l’etimologia. Gli slavi orientali, che distingue-

vano perfettamente gli jer in tutte le posizioni (e non li pronunciavano mai come [o], [e]) adottarono sia la pronuncia [o], [e], estesa alla posizione debole che loro non percepivano come tale (declamazione sillabata e canto detto “chomonija”74) sia la grafia etimologica. In questo come in altri casi era la pronuncia natia a indicare esattamente dove scrivere <|> e dove <)>.

Con la comparsa dei primi centri scrittori ha inizio l’elaborazione di una serie di regole, la cui acquisizione forma l’indispensabile competenza professionale del copista, e il cui scopo è controllare la correttezza della copia dal punto di vista della tradizione ortografica e della locale pronuncia dotta: contrariamente a quanto si è a lungo creduto (il copista quale carta carbone sui generis), copiare senza correggere era non solo imperdonabile cialtroneria, ma un vero e proprio peccato.

Certo, la mancanza di un centro capace di stabilire e imporre norme universali permetteva la proliferazione di sistemi normativi differenziati per centri e scuole scrittorie. Il copista cercava di darsi regole certe del tipo: “dove pronunci [č] in inizio di parola scrivi sempre <~>”; oppure “scrivi <\> nei suffissi e nelle terminazioni verbali e nelle desinenze del femminile; scrivi <ou> nelle desinenze del maschile e del duale”. Ma la regola ipotetica “dove pronunci [ro] oppure [lo] in posizione iniziale di parola scrivi sempre <ra>, <la>” era resa impossibile dal fatto che molte parole con [ro] oppure [lo] in posizione iniziale richiedevano la grafia <ro>, <lo>: per esempio rosa ‘rugiada’, loviti ‘dare la caccia’, lob)æati ‘baciare’. Forme normative quali porok) ‘vizio’, ovo ‘questo’, ov|¢) ‘montone’, ovo}| ‘verdura’, qvl(ti ‘manifestare’, qti ‘prendere’, qæyk) ‘lingua’ rendevano impossibile qualsiasi regola pratica circa la pleofonia, l’oscillazione tra <e> e <o> in inizio di parola, lo jod protetico davanti a <a>. In questi casi il copista rinunciava a correggere (a normalizzare), permettendo alle forme dell’antigrafo, a eventuali errori e a forme slavo orientali di coesistere come varianti ammissibili all’interno della

74 Sul canto detto “chomovoe” o “naonnoe”, e sulle difficoltà specifiche che l’identificazione dei grafemi <o> ed <e> con foni differenti (resp. [o], [∞], [e], [ß]) creava ai copisti russi v. B. A. Uspenskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka, cit., pp. 145 sgg.

Page 59: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 51

norma (varjativnost’)75: rabota, robota ‘lavoro’, ag¢e, qg¢e ‘agnello’, edi¢) , odi¢) ‘uno’, pered) , pred) ‘davanti’.

I mss slavi orientali dell’XI secolo registrati dallo Svodnyj Katalog slavjanorusskich rukopisnych knig, chranjascichsja v SSSR: XI-XIII vv., sono ventitré76.

Citiamo tra i principali il Vangelo di Ostromir (1056-1057), l’Izbornik Svjatoslava (1073), l’Izbornik (1076), il Vangelo di Archangel’sk (1092), diverse Menee, le Pandette di Antioco, il Salterio del Monastero dei Miracoli, le Omelie di Gregorio Nazianzeno, il Paterik sinaitico e diversi frammenti, tra cui il già ricordato Vangelo di Reims:

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Ostromirovo evangelie (Vangelo di Ostromir), 1056-1057. Evangelario, 294 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, F.p.I.5). Ed.: Ostromirovo Evangelie 1056-1057, Leningrad 1988 (SK n° 3)

Rejmsskoe evangelie (Porzione cirillica del Vangelo di Reims), 1ª metà del XI sec. Contiene un frammento di Evangelario (16 ff)

Una parte del codice, probabilmente perduto all’epoca della Rivoluzione francese, si conserva nella biblioteca cittadina di Reims, con il n° 91. Ed.: L. P. Žukovskaja, Rejmsskoe Evangelie. Istorija ego izucenija i tekst. Moskva 1978

Izbornik Svjatoslava, 1073. Contiene Ob obrazech di Giorgio Chirobosco; Letopisec vkratce Nikifora, omelie di Basilio Magno, Crisostomo, Gregorio Nazianzeno, Anastasio ecc.; 266 ff

GIM, Sinodal’noe sobranie n° 1043. Ed.: Izbornik Svjatoslava 1073g., 1-2, Moskva 1983 (SK n° 4)

Izbornik 1076. Contiene Slovo o počitanii kniznom; brani da Crisostomo, Nilo, Atanasio, Anastasio ecc.; 277 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, Ermitažnoe sobranie n° 20). Ed.: Izbornik 1076, Moskva 1965 (SK n° 5)

Archangel’skoe evangelie (Vangelo di Archangel’sk), 1092. Evangelario, 178 ff

Si conserva a Mosca nella Biblioteca Statale Russa (RGB, Muzejnoe sobranie n° 1666). Ed.: Archangel’skoe Evangelie 1092 goda, Moskva 1997 (SK n° 6)

75 V. M. Živov, Jazyk i kul’tura v Rossii XVIII veka, Moskva 1996, p. 28. 76 Svodnyj Katalog slavjanorusskich rukopisnych knig, chranjaščichsja v SSSR. XI-XIII vv.,

Moskva 1984 (di seguito SK).

Page 60: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 52

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Sluzebnye minei (Menee di Novgorod), 1095, 1096 e 1097. Sinassari di uso liturgico per i mesi di settembre (176 ff), ottobre (127 ff9, novembre (174 ff)

Si conservano allo RGADA, f. 381, nn° 84, 89 e 91. Ed.: V. Jagic, Sluzebnye minei za sentjabr’, oktjabr’ i nojabr’ v cerkovnoslavjanskom perevode po russkim rukopisjam 1095-1097g., SPb. 1886 (SK nn° 7, 8, 9)

Čudovskaja psaltyr’ (Salterio dei Miracoli), XI sec. Traduzione del Salterio commentato di Teodoreto di Ciro (V sec.), 176 ff

GIM, Čudovskoe sobranie n° 7. Ed.: V. A. Pogorelov, Čudovskaja psaltyr’ XI v. Otryvok tolkovanija Feodorita Kirskogo na psaltyr’ v drevnebolgarskom perevode, SPb. 1910 (Pamjatniki staroslavjanskogo jazyka, III, 1) (SK n° 31)

Sinajskij paterik (Paterik sinaitico), XI sec. Traduzione di Leimw;n Pneumatikov" (Leimwnavrion) di Giovanni Mosco, 184 ff

GIM, Sinodal’noe sobranie n° 551. Ed.: Sinajskij Paterik, Moskva 1967 (SK n° 26)

Pandekt Antiocha (Pandette di Antioco), XI sec. Traduzione delle Pandette di Antioco (VII sec.), 310 ff

GIM, Sobranie Voskresenskogo monastyrja n° 30. Ed.: Pandekt monacha Antiocha. Po rukopisi XI v., prinadlezascej Voskresenskomu monastyrju, pril. k ČOIDR 1914, 2 (SK n° 24)

Slova Grigorija Bogoslova (Omelie di Gregorio Teologo), XI sec. Traduzione di 13 omelie di Gregorio Nazianzeno, 377 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, Q.p.I.16). Ed.: A. S. Budilovic, XIII Slov Grigorija Bogoslova v drevneslavjanskom perevode po ruk. PB XI v., SPb. 1875 (SK n° 33)

Putjatina mineja (Menea di Putjata), XI sec. Canoni per i santi dei giorni 1-10 maggio, 135 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, Sofijskoe sobranie n° 202). Ed.: L. I. Ščegoleva, Putjatina mineja (XI vek), 1-10 maja, Moskva 2001 (SK n° 21)

Mineja Dubrovskogo (Menea di Dubrovskij), XI sec. Canoni per Teodoro Stratilato, per gli apostoli Bartolomeo, Barnaba, Giuda e per Giovanni Battista, 15 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, F.p. I. 36). Ed.: E. Granstrem, Greceskie paralleli k gimnograficeskim tekstam “Minei Dubrovskogo”. In: Russkij Jazyk. Istočniki dlja ego izucenija, Moskva 1971 (SK n° 22)

Sluckaja psaltyr’ (Salterio di Sluck), XI sec. Frammento di Salterio liturgico (salmo 118), 5 ff

Rinvenuto a Sluck, oggi scomparso. Ed.: M. Weingart, Texty ke studiu jazyka i písemniství starosloveského, Praha 1949

Page 61: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 53

CODICE COLLOCAZIONE E EDIZIONI Byckovskaja psaltyr’ (Salterio di Byčkov), XI sec. Frammento di Salterio liturgico (da 18(17):34 a 25(24):9), 9 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, Q.p. I.73). Ed.: I. Toth, Byčkovskaja psaltyr’ XI v., Dissertationes Slavicae VIII, 1972 (SK n° 28)

Evgen’evskaja psaltyr’ (Salterio di Evgenij), XI sec. Frammento della traduzione del Salterio commentato dello pseudo-Attanasio Alessandrino, 20 ff

Si conserva a Pietroburgo, 2 ff nella Biblioteca dell’Akademija Nauk (BAN 4.5.7), e 18 ff nella Biblioteca Nazionale (RNB, Pog. 9). Ed.: V. V. Kolesov, Evgen’evskaja psaltyr’. Dissertationes Slavicae VIII, 1972 (SK nn° 29, 30)

Novgorodskie ili Kuprjanovskie otryvki (Fogli di Novgorod, o di Kuprjanov), XI sec. Frammento di Evangelario, 2 ff

Si conserva dal 1865 a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, F.p.I.58). Ed.: F. Kaminskij, “Otryvki evangel’skich ctenij XI v., imenuemye Kuprjanovskimi (Novgorodskimi)”, in Izvestija otdelenija russkago jazyka i slovesnosti (IORJaS), t. XXVIII, 1923 (SK n° 12)

Turovskoe Evangelie (Fogli di Turov), Frammento di Evangelario, 10 ff

Si conserva a Vilnius nella Biblioteca dell’Accademia delle Scienze, f. 19 n° 1. Ed.: I. Toth, Turovskie listki. Dissertationes Slavicae XIII, 1977 (SK n° 10)

Žitie Kondrata (Vita di Quadrato), XI sec. Frammento relativo alla passione e alla morte del martire, 2 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, Pog. 64). Ed.: I. Toth, Žitie Kondrata. Studia Slavica XXI, Budapest 1975 (SK n° 16)

Žitie Fekly (Vita di Tecla), XI sec. Frammento relativo ai miracoli della martire, 2 ff

Si conserva a Pietroburgo nella Biblioteca Nazionale (RNB, Pog. 63). Ed.: I. Toth, Žitie Fekly. Studia Slavica XXII, Budapest 1976 (SK n° 17)

Il Vangelo di Ostromir è il più antico manoscritto slavo-orientale datato: in

una glossa al manoscritto si dice che il suo copista principale, Grigorij, lo ha scritto per il posadnik di Novgorod Ostromir negli anni 1056-1057: po~ah) je pisati mc ßa . okt(v. ka _ . ¢a pam(t. ilar" !o¢a. a oko¢|~ah mc ßa . maiq. v) v" – . ¢a pat. e “pifa¢a “ho cominciato a scrivere il 21 del mese di ottobre, giorno di Ilarione, e ho finito il 12 del mese di maggio, giorno di Epifanio”. Il manoscritto contiene un evangelario (o lezionario, o aprakos), cioè un vangelo in cui il testo è suddiviso in “letture” (pericopi) disposte secondo l’ordine

Page 62: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 54

dell’anno liturgico. Protografo del Vangelo di Ostromir è un manoscritto cirillico bulgaro orientale che non ci è pervenuto, ma il cui carattere possiamo ricostruire sulla base della copia slavo-orientale. Nel manoscritto si utilizzano i quattro grafemi che indicano le vocali nasali (gli jus: ( , \ , `, +) con frequenti errori (cfr. ¢arica&m\< , glagol< , glagolq, æ¢a< , æeml< e viceversa obo+ invece di obo<). La maggior parte delle deviazioni sono occasionali e non sistematiche: per i riflessi delle ridotte con le liquide cfr. ot)vr|je s( ma ot)v|rje s(, ot)v|rje{i , ot)v|rg\ , sk)rb:ti , prisk)rb|¢a, s)m|rti ; per la desinenza S sg m -)m| , -|m| dei temi in *o cfr. i"sous)m| e i "sousom| , ¢ojem| . Si registrano due soli casi di -: < *ja-ns, *jons (jat’ terzo): kapl: per kapl( (N pl f) e mou~e¢ic: per mou~e¢ic( (G sg f). All’antigrafo risalgono probabilmente le forme del pronome personale m)¢: (invece di: m|¢:), {)d) invece di {|d) (regola di Kul’bakin), ml)~aa{e (forme con ml)~- nei codici Mariano, Assemani, Savvina, Suprasliense), ecc. Le terminazioni testimoniano l’indurimento delle palatali (cfr. glagol<}ou , i{|d){ou).

L’unico adattamento operato con coerenza è la sostituzione di -t) con -t| nelle desinenze della 3ª persona sg e pl del presente (raæid\t| , mimoidet| ecc.). Adattamenti non voluti troviamo anche nell’aoristo (b¨st| e dast|), la cui omofonia con la 3ª persona sg del presente trae in inganno il copista.

Prevalgono le forme non contratte dell’imperfetto e degli aggettivi di forma piena (iskaah\ , podobaa{e, l<d|sk¨ih) ma s\}ih)). Gli aoristi sono tutti sigmatici di tipo recente (sigmatico II):

Togda gl –a im) i"s – . v|si v¨ s)blaæ¢ite s( o m)¢: v) si+ ¢o}| pisa¢o bo &st) poraj\ past¨rq. i raæid\t| s( ov|c( stada po v)skr|s¢ove¢ii je mo&m| var+ v¨ v) galilei ot)v:}av) je petr) re~e &mou a}e i v|si s)blaæ¢(t| s( o teb: aæ). ¢ikolije ¢e s)blaj¢∞+ s( re~e je &mou i" – s ami¢. gl –+ teb:. qko v) si+ ¢o}|. pr:jde daje kour) ¢e v)æglasit|. tri krat¨ ot)v|rje{i s( me¢e gl –a &mou petr) a}e mi s( prilou~it|. s) tobo+ oumr:ti ¢e ot)v|rg\ s( tebe takojde i v|si ou~e¢ici reko{( togda pride s) ¢imi i"s – v) v|s| ¢arica&m\< ge#sima¢ii i gl –a ou~e¢ikom) s(d:te tou. do¢deje {)d). pomol< s( tamo i poim) petra. i oba s¢ –a æevedeova. ¢a~(t) t\jiti i sk)rb:ti

Page 63: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 55

togda gl –a im) i" – s prisk)rb|¢a &st) dou{a moq do s)m|rti pojid:te s|de. i b)dite s) m)¢o+ i pr:{|d) malo. pade ¢ic|. mol( s( i gl –q o~ –e moi. a}e v)æmoj|¢o &st). da mimoidet| ot) me¢e ~a{a si oba~e. ¢e qkoje aæ) ho}\. ¢) qkoje t¨. qvi je s( &mou a¢g –l) s) ¢b –se oukr:plq` i i byv) v) podviæ:. pril:j|¢:q mol:a{esq i byst| pot) &go. qko kapl: kr)vi. kapl+}a` ¢a æeml< i v)stav) ot) molitv¨ pride k) ou~e¢ikom) i obr:te ` s)p(}( i gl –a simo¢ou petrou tako li ¢e v)æmojete &di¢ogo ~asa b)d:ti s) m)¢o+. b)dite i molite s(. da ¢e v)¢idete v) ¢apast| dh –) bo &st| b)dr) a pl)t| ¢emo}|¢a pak¨ v)toroq {|d). pomoli s( gl –q o~ –e moi. a}e ¢e mojet) si ~a{a mimoiti ot) me¢e a}e ¢e pi+ &`. b\di volq tvoq i pri{|d) pak¨ obr:te ` s)p(}( . b:ste bo im) o~i ot(g)~e¢: i ostaviv) `. pak¨ {)d) pomoli s( treti&&. tojde slovo rek) togda pride k) ou~e¢ikom) svoim) i gl –a im) s)pite pro~e& i po~ivaete se pribliji s( ~as) i s¢ –) ~lov:~|sk¨i pr:da&t| s( v) r\c: gr:{|¢yih). v)sta¢:te id:m) se pribliji s( pr:da`i m( i &}e gl –+}ou qmou. se i<da &di¢) ot) obo+ ¢a des(te pride. i s) ¢im| ¢arod) m)¢og). s) or\jii. i dr|kol|mi. ot) arhierei i star|c| l<d|sk¨ih). pr:da`i je &go dast| im) æ¢ame¢ie gl –q. &goje a}e lob)j\. t) &st) im:te &go i abi& prist\pl| k) i" – sousovi re~e &mou radoui s( rav‘vi i oblob¨æa i. i " – s je re~e &mou drouje ¢a ¢&je &si pri{|l) togda je prist\pl|{e. v)æloji{( r\c: ¢a i" – sa . i `{( &go i se &di¢) ot) s\}ih) s) i " – s)m|. prost|r) r\k\. i iævl:~e ¢oj| svoi i oudar| raba arhiereova. i our:æa &mou ouho t)gda gl –a &mou i" – s v)ævrati ¢oj| tvoi v) svo& m:sto. v|si bo priim){ei ¢oj|. ¢ojem| pog¨b¢\t| ili m|¢it| ti s(. qko ¢e mog\. oumoliti oc –a mo&go i pristavit| m)¢: v(}e ¢ejeli . v " – . legeo¢a a¢g –l) kako oubo s)b\d\t| s( k)¢ig¨. qko tako podobaa{e b¨ti v) t) ~as). re~e i " – s ¢arodom) qko ¢a raæboi¢ika li iæidoste. s) or\jii i dr|kol|mi `ti m(. po v|s( d|¢i pri vas) s:d:ah) v) crk –vi ou~(. i ¢e `ste me¢e se je v|se b¨st|. da s)b\d\t| s( k)¢ig¨ proro~|sk¨` togda ou~e¢ici v|si. ostavl|{e i b:ja{( o¢i je im){e i"s –a . v:do{( k) kaiqf: arhiereovi. ideje k)¢(æi i star|ci

Page 64: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 56

l<d|sci s)b|ra{( s( petr) je id:a{e po ¢&m| iædale~e. do dvora arhiereova. i v){|d) \tr|. s:d:a{e s) slougami. vid:ti ko¢|~i¢\ arhierei je i star|ci. i s)bor) v|s|. iskaah\ l)ja s)v:d:tel|stva ¢a i" – sa . qko da oubi+t| i. i ¢e obr:to{(. i m)¢ogom) l)jem) s)v:d:tel&m) prist\pl|{em). posl:d| je prist\pl|{a d)va l)ja s)v:d:telq r:kosta s| re~e. mog\ raæoriti crk –v| bj –i+. i tr|mi d|¢|mi s)æ)dati + i v)stav) arhierei re~e &mou ¢i~esoje li ¢e ot)v:}ava&{i ~|to si ¢a t( s)v:d:tel|stvou+t|. i " – s je ml)~aa{e. i ot)v:}av) arhierei re~e &mou. æakli¢a+ t( bm –| jiv¨im|. da re~e{i ¢am). a}e t¨ &si hs –) . s¢ –) bj –ii gl –a &mou i" – s . t¨ re~e oba~e gl –< vam) ot)sel: ouæ|rite s¢ –a ~l –~|skaago. s:d(}a odes¢\+ sil¨. i id\}a ¢a oblac:h) ¢ebes|¢yih). togda arhierei rastr|æa riæ¨ svo` gl –q. qko houl\ re~e. ~|to &}e tr:bouete s)v:d:tel| se ¢¨¢: sl¨{aste. houl\ &go ~|to s( vam) m|¢it| o¢i je ot)v:}av){e reko{( povi¢|¢) s)m|rti &st| togda æapl|va{( lice &mou. i pakosti &mou d:q{(. ovi je æa la¢it\ oudari{( gl –+}e. pror|ci ¢am) he – . k)to &st) oudarii t( petr) je v)¢: s:d:a{e ¢a dvor: i prist\pi k) ¢&mou &di¢a rab¨¢i. gl –+}i i t¨ b: s) i"s–som| galileisk¨im| o¢) je ot)vr|je s(. pr:d) v|s:mi. gl –q. ¢e v:m| ~|to gl –&{i i i{|d){ou &mou v) vrata ouæ|r: i drougaq. i gl –a im) tou i s| b: s) i"s–)m| ¢aæara¢i¢)m| i pak¨ ot)v|rje s( s) kl(tvo+. qko ¢e æ¢a< ~l –ka ¢e po m)¢ogou je. prist\pl|{e sto`}ii reko{( petrovi. v) isti¢\ i t¨ ot) ¢ih) &si ibo bes:da tvoq. qv: t( tvorit|. togda ¢a~(t) rotiti s( i kl(ti qko ¢e æ¢a< ~lov:ka i abi& kour) v)æglasi i pom(¢\ petr) gl –) i " –sov). &je re~e &mou. qko pr:jde daje kour) ¢e v)æglasit|. tri krat¨ ot)v|rje{i s( me¢e. i i{|d) v)¢) plaka s( gor|ko (Matteo 26:31-75).

I tratti slavo orientali sono molto più evidenti nell’Archangel’skoe evangelie (1092), un aprakos di modesta fattura, destinato evidentemente a essere utilizzato in chiesa. Riporto per un confronto un breve passo:

T)gda gl –a im) "s – . vsi v¨ s)blaæ¢ite s( o m¢: v) si< ¢o}|. pisa¢o bo &st) poraj< pastouha. i raæidout| s( ov|ca stad|¢yq. po v)skr|se¢ii je mo&m| var(< vas) v) gagilei. ot)v:}av) je petr) re~e

Page 65: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 57

&mou. a}e i vsi s)blaæ¢(t| s( o tob: aæ). ¢ikolije ¢e s)blaj¢< s(. re~e je &mou "s – . am –¢) gl –< teb:. qko v) si< ¢o}|. pr:je daje kour) ¢e v)spo&t|. tri{|dou ot)v|rje{i s( me¢e. gl –a &mou petr). a}e mi s( lou~it| s) tobo< oumereti. ¢e ot)v|rgou s( tebe. tako je i vsi ou~e¢ici reko{(. t)gda pride s) ¢imi "s – v) v|s| ¢arica&mu<. ge#sima¢i. i gl –a ou~e¢ikom). s(d:te tou. do¢deje {|d). pomol< s( tamo. i poim) petra i oba s¢ –a æevedeova. i ¢a~a sk)rb:ti i toujiti. t)gda gl –a im) "s –) . prisk|rb|¢a &st) d{–a moq do s)m|rti. preboud:te s|de. i b)dite s) m¢o<. i pre{|d) malo pade ¢ic|. mol( s( i gl –q. o~ –e moi. a}e v)æmoj|¢o &st). da premi¢et| ot) me¢e ~a{a si. oba~e ¢e qkoje aæ) ho~<. ¢) qkoje t¨. qvi je s( &mou a¢g –l) s) ¢b –se . oukr:plqq &go. i b¨v) v) podviæ:. pril:j|¢o mol(q{esq. i b¨ pot) &go. qko kaplq kr)vi. kapl<}e ¢a æeml<.

Qui le nasali sono scomparse, il grafema <(> è variante di <q> in posizione post consonantica (var(< , s)blaæ¢(t| , s(, reko{(, mol(). Gli jer in posizione debole possono mancare (m¢: , m¢o< , vsi). I riflessi delle ridotte con le liquide sono slavo orientali: ot)v|rje{i , ot)v|rgou , ot)v|rje s(, sk|rb:ti , prisk|rb|¢a, s)m|rti . La terminazione -)m| , -|m| nello S sg dei temi in *o è utilizzata nella totalità delle occorrenze, mentre sono pochi i casi di -: < *ja-ns, *jons (jat’ terzo): st –o: m~ –¢c: per sv(to` mou~e¢ic(, ¢ed:l: , æahari: (G sg f). Ricorrono russismi come pr:je, o tob: , ho~< .

Verso la fine dell’XI secolo si stabilizzano criteri di adattamento dei protografi slavo meridionali riguardanti l’ortografia e in misura minore la morfologia (meccanismo detto adaptacija), un sistema di regole che sta a significare la nascita della redazione slava orientale dello slavo ecclesiastico77:

77 I. Toth propone di definire “russkij izvod” la prima fase dell’adattamento del paleoslavo

in area slava orientale, caratterizzata dalla comparsa sporadica e non coerente di russismi (Ostromirovo Evangelie, Pandette di Antioco), e “russkaja redakcija” la fase successiva, in cui la russificazione ha carattere coerente e normativo. A questa seconda fase apparterrebbero per esempio l’Archangel’skoe evangelie (1092) e le Menee degli anni 1095-96 (I. Toth, Russkaja redakcija drevnebolgarskogo jazyka v konce XI-načale XII vv., Sofija 1985, p. 333).

Page 66: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 58

ortoepia (pronuncia dotta)

g = [g] # = [f] (e non [t]) } = [sc] e dopo # = [e] nei grecismi e in alcune parole; [je] negli altri casi £ = [u]; [v] dopo V | = [e]; ) = [o] in tutte le posizioni \ , + = [u], [ju] ; ( , ` = [ja] in tutte le posizioni

ortografia

*o = <ou> il grafema <\> viene sporadicamente utilizzato come variante di <<>

*’o = <<> il grafema <+> scompare *e = <q> (<a> dopo scibilanti e c) <(> viene normalizzato come variante di

posizione *’e = <q> (<a> dopo scibilanti e c) <(> viene normalizzato come variante di

posizione *dj = <j>

i codici più antichi, che riflettono il protografo slavo meridionale, utilizzano tanto <jd> che <j>, ma questa seconda forma prevale.

*zdj, *zgj, *zg + V anteriore = <jd> sono presenti anche le grafie <jg> (Novgorod e Pskov) e <j~> (Rus’ meridionale)

*tj; *kt + V anteriore; *stj; *skj; *sk + V anteriore = <}>

la grafia <{t> caratterizza i codici più antichi. Poi prevale il grafema <}> (pronuncia [s’t’s’]) con la variante <{~> (Rus’ meridionale)

*r÷, *r÷’; *l÷, *l÷’ = <)r>, <)r)>, <|r>, <|r|>, <)l>, <)l)>

il nesso <|l> è possibile solo dopo scibilante. Altrimenti la grafia riflette la velarizzazione di [l] > [∏] della lingua parlata. La grafia <)r)>, <|r|>, <)l)> è frutto di contaminazione (<)r> + <r)>)

*telt; *tert = <l:>, <re> probabilmente dovuto alla pronuncia dura degli slavi meridionali: [re]

morfologia

*ja-ns (G sg, NA pl f ) = -q , -: (jat’ terzo)

sono ammesse entrambe le varianti

*jons (A pl m) = -q , -: (jat’ terzo) sono ammesse entrambe le varianti *omı, *jomı (S sg m) = -)m| , -|m| D sg m (forma det.) = -omou , -emou evoluzione comune allo slavo ecclesiastico di

redazione meridionale 3ª sg e pl del presente = -t| probabile conservazione di una forma più arcaica

Page 67: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 59

3ª sg e pl dell’imperfetto = -t| (vidqa{et| , vidqahout|)

probabile contaminazione di presente e imperfetto

3ª sg dell’aoristo = -t| (ot)idet| , priqt|)

NB: sono rarissimi gli aoristi sigmatici I

tema dell’imperfetto = suffisso -qa- probabile riflesso della pronuncia slavo meridionale di <:a> = [jaa]

suffisso di appartenenza = -q¢- probabile riflesso della pronuncia slavo meridionale di <:a> = [jaa]

Lo slavo ecclesiastico di redazione russa non era unitario: la mancanza di

centralizzazione della vita politica e culturale fa sì che centri diversi utilizzino varianti locali che riflettono diverse realtà dialettali e diverse tradizioni scrittorie (diverse modalità di adaptacija):

lo slavo ecclesiastico dei testi importati dalla Bulgaria [...] si articolò in diverse lingue. In altre parole, ogni regione diede origine, nei testi slavo ecclesiastici, a una sua propria lingua78.

Questo vale naturalmente, più ancora che per i testi ricopiati e adattati da originali slavo meridionali, per quelli composti ex novo nella Slavia orientale: in mancanza di scuole e di grammatiche, la padronanza dello slavo ecclesiastico dipendeva esclusivamente dalla competenza passiva dello scrivente, quindi dalla ricchezza delle sue letture e dalla sua memoria. Questa modalità di apprendimento dello slavo ecclesiastico determina le caratteristiche della lingua in cui vengono scritti i testi “originali”, quelli cioè che non sono copie di un antigrafo. Laddove la memoria non soccorre lo scrivente con materiale testuale già pronto il ricorso all’esperienza linguistica natia, e con quella la penetrazione nel testo di forme locali, è inevitabile79. 8. Lo slavo ecclesiastico ibrido

L’ultima trasformazione comune a tutti i dialetti slavi è la caduta delle vocali ridotte (XII secolo). A partire da questo momento la separazione dei dialetti slavo-orientali da quelli occidentali e meridionali si fa definitiva: si conclude il periodo più antico, slavo-comune o, secondo un’altra terminologia,

78 A. I. Sobolevskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka, L. 1980, p. 33. 79 V. M. Živov, Jazyk i kul’tura v Rossii XVIII veka, cit., p. 23.

Page 68: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 60

alto antico-russo della storia della lingua russa e inizia quello slavo-orientale comune (o tardo antico-russo). Il periodo slavo orientale comune è caratterizzato da una serie di innovazioni comuni a tutti i dialetti slavo-orientali: lo sviluppo della correlazione di mollezza, conseguente alla caduta delle vocali ridotte, il passaggio dall’accento tonico a quello intensivo (dinamico) mobile, la riorganizzazione dei paradigmi nominali e pronominali, la perdita del vocativo e del duale, la definitiva scomparsa dalla lingua parlata dell’aoristo e dell’imperfetto, la perdita del supino, la riorganizzazione del sistema dei tempi verbali, la trasformazione dei participi in gerundi eccetera.

La caduta e la vocalizzazione degli jer provocano conseguenze nella pronuncia della lingua parlata, che presto si riflettono nella pronuncia dotta e quindi nell’ortografia dotta: se sino alla metà del XII secolo non si osserva omissione degli jer come tradizione ortografica (se non in alcune parole quali kto , m¢ogo , k¢qæ| , k¢iga, vs-) perchè, basandosi sulla pronuncia nativa e non su quella dotta (dove | = [e]; ) = [o] in tutte le posizioni), gli slavi orientali ‘sanno’ dove scrivere jer, alla metà del XIII secolo i copisti, basandosi come prima sulla propria pronuncia nativa, scrivono <e>, <o> laddove gli jer si sono vocalizzati, e non scrivono nulla laddove gli jer sono caduti (se non occasionalmente in fine di parola con funzione separativa, per tradizionalismo grafico o per influsso del protografo)80.

Nelle parlate meridionali all’interno delle nuove sillabe chiuse nate dalla caduta degli jer la [e] si chiude e tende a una pronuncia dittongale [ie] riflessa nella grafia <:>: kam:¢| ‘pietra’, ou~it:l| ‘maestro’, prid:t| ‘giungerà’, boud:t| ‘sarà’, moj:t| ‘può’.

Nella stessa posizione nasce l’opposizione tra [ɔ] aperta e [o] chiusa, che si riflette nella distribuzione delle grafie <o> e <w>, di cui la seconda indica in molte tradizioni scrittorie la [o] dalla pronuncia lunga e dittongale: [uo].

80 Laddove la pronuncia dotta prevede il mantenimento degli jer in posizione debole questi continuano a essere pronunciati [o] e [e] e resi graficamente <o> e <e>. Si formano così in russo coppie del tipo востал / встал, che specializzano significati propri (qui ‘levarsi’ nel senso di ‘insorgere’ vs ‘levarsi’ nel senso di ‘alzarsi’): N. N. Durnovo, “Slavjanskoe pravopisanie X-XII vv.”, cit., pp. 671-672.

Page 69: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 61

[ɔ] <o> [o] <w> parlate meridionali

o atona o sotto accento automatico o in sillaba aperta ∞ vocalizzato

o dotato di accento autonomo o in sillaba chiusa

parlate settentrionali

o atona o sotto accento automatico o in sillaba aperta ∞ vocalizzato e dopo C palatale davanti a V non anteriore

o dotato di accento autonomo o in sillaba chiusa

Il N sg m degli aggettivi assume la terminazione -oi , -ei , che può variare

con -¨i , -ii . I participi perfetti del tipo *mogl∞, *pekl∞ semplificano il nesso consonantico della nuova sillaba chiusa: mog) ‘che ha potuto’, pek) ‘che ha cotto’ (lo jer non è più vocale, ma segnala la fine della parola).

A livello grafico, si accentua la de-grecizzazione e de-meridionalizzazione delle grafie: <u> (equivalente slavo di u) cessa di essere utilizzato nei grecismi per diventare variante di <ou>, <'> da utilizzare dopo consonante. Cessa definitivamente l’utilizzo del grafema <\>, il nesso <jd> e così via.

Alla metà del XIII secolo si afferma una nuova norma (pozdnerusskaja) ampiamente aperta alle innovazioni locali. Ciò non di meno, la distanza tra la lingua dei codici e l’esperienza linguistica viva del copista aumenta.

Nonostante la grande trasformazione che le parlate slave hanno conosciuto dai tempi di Cirillo e Metodio, la comprensione dello slavo ecclesiastico continua a basarsi sostanzialmente sulle competenze linguistiche native. I “punti difficili” (le forme assenti nella lingua viva) vengono mentalmente tradotti, correlati a forme corrispondenti della lingua parlata (meccanismo di perescet), e si fissano nella memoria come segni caratteristici dei testi scritti in lingua dotta (“indici dotti”). Anche la competenza attiva si avvale esclusivamente dell’esperienza di lettura: non possedendo strumenti grammaticali atti a “generare” paradigmi corretti, lo scrivente riproduce sintagmi e stilemi dei testi che conosce meglio e che considera più autorevoli: Sacre Scritture, libri liturgici. Naturalmente, la buona riuscita dell’impresa dipende, oltre che dalla sua cultura e dalla sua memoria, dal carattere del testo

Page 70: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 62

che si ripromette di comporre: se si tratta di un testo totalmente convenzionale, di un mosaico di citazioni, il risultato è buono: la lingua sarà praticamente la stessa dei testi modello, salvo occasionali errori. Se si tratta di un testo con un alto tasso di infomatività (narratività), farà fatica a ritrovare nella memoria qualcosa che esprima proprio ciò che ha in mente, dovrà fatalmente ricorrere alla lingua parlata e “correggerla” grazie alle tecniche di conversione (peresčet) che utilizza normalmente nella lettura. Il risultato sarà una lingua molto diversa da quella dei testi modello, uno slavo “ibrido”, caratterizzato dalla presenza di indici dotti.

Tratti specifici dello slavo ibrido sono la confusione delle terminazioni -{e (2ª sg imperfetto), -{a (3ª pl aoristo), -{e (N pl participio), -h) (1ª sg aoristo), -hou (3ª pl imperfetto), l’uso sistematico dei participi con funzione di tempo finito, l’accostamento immotivato di perfetto, imperfetto, aoristo nelle sequenze narrative81.

A consolidare la distanza tra la lingua dei testi “originali” e quella del corpus dei più autorevoli testi modello interviene un ulteriore fattore: pur costituendo serbatoi di forme linguisticamente corrette, questi ultimi apparten-

gono infatti a “generi letterari” diversi da quelli, più specifici, su cui si orienta

81 V. M. Živov, Jazyk i kul’tura v Rossii XVIII veka, cit., p. 31 sgg. Poco rilevanti ai fini dell’interferenza tra slavo ecclesiastico e parlate slave orientali restano il lessico e la sintassi, per la evidente impossibilità di comparare la sintassi tipicamente orale delle parlate slave orientali e dei testi tradizionali ad essa ispirati (codici giuridici e simili) con quella colta e grecizzante dello slavo ecclesiastico. Gli slavi meridionali utilizzano nelle oggettive la costruzione “da + presente” (del tipo: " i{ed){e propov:daah\ da poka+t) s( , Marco 6:12, Codex Marianus), e nelle finali la costruzione col condizionale (del tipo: " dr)jaah\ i da ¢e bi ot){el) ot) ¢ih), Luca 4:42, Codex Marianus), gli slavi orientali utilizzano il condizionale sia nelle oggettive che nelle finali, ammettendo anche la costruzione con l’infinito (del tipo: aby edi¢omou vlast| priqti: Cronaca Laurenziana, anno 1186). Il famoso slogan да здраствует советская власть, di chiara impronta slavo ecclesiastica, “tradotto” in russo antico suonerebbe a sv:tsk:i volosti ædorov: byti. Tipici russismi (volgarismi) sono il nominativo del complemento oggetto con prolessi (шутка сказать), il nominativo del complemento oggetto nelle elencazioni (il primo oggetto dell’elenco è in accusativo, tutti i successivi in nominativo), la ripetizione delle preposizioni, l’uso della congiunzione ‘a’ con funzione puramente congiuntiva. Si tratta di forme sintattiche del parlato che si riflettono nelle gramoty su betulla di Novgorod e nei testi pratici e amministrativi, ma non in quelli dotti.

Page 71: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 63

chi scrive: omelie per l’omileta, agiografie per l’agiografo, cronache per il cronista. Si affianca così ai testi modello una tradizione testuale specifica, la cui rilevanza per lo scrivente è duplice: da un lato, omelie, cronache, agiografie costituiscono i modelli retorici a cui guarda, dall’altro incarnano il bagaglio di letture che ne ha formato la competenza professionale. Quando questi modelli concreti sono a loro volta testi “originali”, prodotti cioè nella Slavia orientale, lo scrivente si trova a fare i conti con una tradizione, ai suoi occhi assolutamente autorevole, che presenta tracce anche consistenti di adattamento linguistico. Agiografie e cronache in particolare non si sono orientate, almeno per i primi secoli, su modelli bizantini: l’alto tasso di narratività e la mancanza di modelli hanno generato la necessità di un largo ricorso al meccanismo del perescet, e quindi a varie forme di contaminazione linguistica, che vengono riprese e perpetuate da agiografi e annalisti quali caratteristiche specifiche di quel tipo di testi.

Poco alla volta si costituisce una sorta di tradizione linguistica ibrida, parallela a quella tradizionale orientata sui testi modello, destinata nei secoli a consolidarsi.

9. La II Influenza slava meridionale

A partire dalla metà del secolo XIV l’adattamento dello slavo ecclesiastico alla situazione linguistica slava orientale, la nascita di redazioni locali dello slavo ecclesiastico e di diversi registri ibridi vengono percepiti in termini di “corruzione”, come riflesso di secoli di confusione e decadenza. La ridefinizione dell’identità, vuoi per i moscoviti vittoriosi a Kulikovo, vuoi per i ruteni che entrano a far parte di entità statali multietniche quali la Lituania e la Polonia, passa anche attraverso la restaurazione puristica e la tentata riunificazione linguistica.

Si tratta di un processo che era già iniziato nei Balcani, con epicentro a Veliko Tarnovo e a Rezava: grazie alla fioritura del II Impero bulgaro e della Serbia dei Nemanja e in virtù dei mai interrotti rapporti con Bisanzio, gli Slavi meridionali stavano vivendo quello che molti studiosi hanno definito prerinascimento, ma che pare più opportuno definire con Picchio “rinascita

Page 72: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 64

slava ortodossa”82. Al centro di questo rinnovamento spirituale la filologia e la riflessione linguistica si coniugavano infatti alla dottrina esicasta e al controllo scrupoloso delle traduzioni sacre (ispravlenie knig):

The Hesychast method of prayer and the doctrinal implications derived from its practice had a decisive impact on the language beliefs and literary activity of the Balkan Slavs. From the monasteries of Mount Athos, Paroria and Kilifarevo emanated a message of spiritual renewal and a new ideological attitude conditioned by the Hesychast’s insistence on the need to restore traditional models of linguistic and literary purity. In these and other centers of Greco-Slavic collaboration questions were raised regarding the prestige of Church Slavonic and its ability to render the conceptual subleties of Christian doctrine. In defence of Orthodoxs dogmas Greek-speaking monks and churchmen demanded a thorough reassessment of the role of Church Slavonic and of its relationship to Greek83.

Questa nuova fase evolutiva dello slavo ecclesiastico, che Mathiesen

82 La questione è stata ampiamente dibattuta sotto molti aspetti, che vanno dalla opportunità di definire “rinascimenti” fenomeni culturali diversi dal Rinascimento per antonomasia (quello italiano), alla possibilità specifica di individuare un rinascimento nei paesi slavi ortodossi. Il dibattito, che si è svolto senza soste per un trentennio, dal 1958, quando il punto viene messo all’o.d.g. del MKS, al 1988, quando Graciotti ne tira le somme, non ha prodotto una formulazione accettata da tutti: R. Picchio, “Prerinascimento est-europeo e Rinascita slava ortodossa”, in Ricerche Slavistiche 6 (1958), pp. 185-199; Id., “On Russian Humanism: The Philological Review”, in Slavia, XLIV (1975), 2, 161-171; D. S. Lichačev, “Nekotorye zadaci izucenija vtorogo juznoslavjanskogo vlijanija v Rossii”, in Issledovanija po slavjanskomu literaturovedeniju i fo’lkloristike. Doklady sovetskich ucenych na IV MSS (1958), Moskva 1960 (ora in D. S. Lichacev, Issledovanija po drevnerusskoj literature, Moskva 1986, pp. 7-56); Id., “Neskol’ko zamecanij po povodu stat’i Rikkardo Pikkio”, TODRL, t. XVII, 1961, pp. 675-680; Id., “Russkoe predvozrozdenie v istorii mirovoj kul’tury (konspektivnoe izlozenie koncepcii)”, Istoriko-filologiceskie issledovanija. Sbornik statej pamjati akademika N. I. Konrada, Moskva 1974, pp. 17-26; K. Stancev, “Scuola di Evtimij, Slavia orthodoxa e Rinascimento italiano: relazioni e opposizioni tipologiche”, Atti dell’VIII Congresso Internazionale di Studi sull’Alto Medioevo, Spoleto 1983, pp. 319-330; S. Graciotti, “Il Rinascimento nei paesi slavi”, Europa Orientalis VII (1988), pp. 215-258; Id., “Introduzione” a: Goleniščev-Kutuzov, Il Rinascimento italiano e le letterature slave dei secoli XV e XVI, Milano 1973, pp. 3-29; V. M. Živov, “Gumanisticeskaja tradicija v razvitii grammaticeskogo podchoda k slavjanskim literaturnym jazykam v XV-XVII vv.”, Slavjanskoe jazykoznanie. XI MSS, Moskva 1993, pp. 106-121.

83 H. Goldblatt, “The Church Slavonic Language Question in the Fourteenth and the Fifteenth Centuries: Constantine Kostenecki’s Skazanie izßjavljenno o pismenex”, in Aspects of the Slavic Language Question, cit., vol. I, pp. 67-68.

Page 73: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 65

classifica come medioslavo (Middle Church Slavonic) si collega tradizionalmente alla figura del Patriarca Eutimio. Dopo aver trascorso molti anni nei monasteri dell’Athos e di Costantinopoli, Eutimio avrebbe animato a Tarnovo una “scuola” impegnata nella restaurazione puristica della lingua e nella verifica delle traduzioni slave sugli originali greci, con la nuova traduzione dei testi giudicati insoddisfacenti e l’introduzione di nuove norme ortografiche e grammaticali intese a garantire alla lingua correttezza e uniformità. Caratteristico della scuola sarebbe stato lo stile detto “intreccio di parole” (pletenie sloves), che mirava a “controllare” la lingua (e il pensiero) attraverso l’uso di frequenti ripetizioni, figure etimologiche, allitterazioni, parallelismi sintattici.

Gli studi degli ultimi anni tendono in verità a ridimensionare il ruolo di Eutimio, antedatano l’inizio del processo di revisione dei libri liturgici, sottoli-neano la continuità tra la scuola di Tarnovo e quella di Preslav, minimizzano l’importanza dell’esicasmo quale stimolo alla riforma della lingua84. Nondimeno, è fuor di dubbio che nella Slavia orientale la “rinascita slava ortodossa” si avvalga dell’esperienza balcanica: la redazione slava meridionale dello slavo ecclesiastico, libera da russismi, appare più “pura”, più aderente all’antico slavo. Normalizzati, verificati sul greco, retoricamente complessi, i testi slavo meridionali sembrano ideali testi modello.

Resiste quindi, per caratterizzare questa fase della storia culturale slava orientale, la definizione di “II Influenza slava meridionale” (la prima influenza è quella del 988), anche se vieppiù contestata nella formulazione e nella sostanza, sia alla luce del ridimensionamento della riforma eutimiana, sia per ciò che concerne l’idea stessa di ‘influenza’, ossia di un intervento esterno, quasi meccanico, della Balcania sulla Slavia orientale. Come nel dibattito sul rinascimento, così qui si fa appello alla tipologia della cultura, alla regolarità

84 Tra gli iniziatori di questa linea interpretativa si colloca D. Talev, secondo cui “non ci fu nessuna riforma ortografica ad opera del patriarca Eutimio di Tărnovo. La sua revisione ‘ortografica’ e ‘grammaticale’ della lingua letteraria bulgara è uno dei tanti miti ottocenteschi, creati quando si sapeva molto poco dell’intera epoca” (I. V. Talev, Some problems of the Second South Slavic influence in Russia, München 1973, p. 174).

Page 74: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 66

con cui, in alcuni frangenti culturali, la permeabilità della lingua colta all’uso viene sentita come corruzione:

così viene percepito il greco bizantino dai contemporanei, innamorati della erudizione antica, così viene visto il latino medievale dagli umanisti […] Nella Rus’ moscovita questo frangente si realizza alla fine del XIV secolo, quando la compattezza del mondo ortodosso diviene preoccupazione comune di Costantinopoli e dei paesi slavi […] il processo che ne viene messo in moto si definisce tradizionalmente “seconda influenza slava meridionale”, ma da tempo ormai sarebbe opportuno trovare una definizione più calzante […] elemento fondamentale della seconda influenza slava meridionale è il ribaltamento assiologico del rapporto tra uso e lingua dotta, laddove l’influenza esterna (quella della tradizione dotta slava meridionale) resta sullo sfondo, è un fenomeno secondario provocato dalla ricerca di un modello nuovo, esente da “corruzione”85.

L’analisi dei codici esemplati nella Slavia orientale, per esempio quelli contenenti le opere del serbo Pachomio il Logoteta, evidenzia del resto come anche i massimi campioni86 della II influenza si sforzino di adattare le proprie abitudini scrittorie a quelle in uso nelle terre in cui si trovano a operare. Fine dei dotti slavi sarebbe stata dunque non già l’adozione di un’unica norma, obiettivo tecnicamente impossibile per la comunità erudita della Slavia ortodossa, quanto la diffusione di un atteggiamento “responsabile” nei confronti del segno linguistico, di cui si afferma la non convenzionalità:

Although Middle Church Slavonic was in theory not only a vehicle of communication and communion with men and God, but also a sort of “icon” for theological orthodoxy, it did not have to be standardized in every detail. What was required was only that potentially heretical ambiguities be avoided. Thus it was necessary to distinguish in every variety of Church Slavonic between the reflex of [jezyk∞] with the meaning of Greek e[qno" and the reflex of [jezyk∞] with the meaning of Greek glwssa, but it was not necessary that all users of Church Slavonic make this distinction in precisely the same way. The Euthymian metalinguistic doctrine was not inherently unfavorable to the continued exixstence of a plethora of different varieties of Church Slavonic, and it allowed each of these varieties as much of its old flexibility to respond

85 V. M. Živov, Jazyk i kul’tura v Rossii XVIII veka, cit., p. 42. 86 Tali sono considerati i due metropoliti di origine bulgara Kiprian (1330-1406) e Grigorij

Camblak (1365-1419), Pachomij Logofet (1400-1484) e, unico russo, Epifanij Premudrij (1350-1422).

Page 75: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 67

the changes in vernacular Slavic as was compatible with the need to avoid potentially heretical ambiguities87.

Le innovazioni legate alla cosiddetta II Influenza slava meridionale sono molteplici, e riguardano numerosi aspetti della organizzazione della cultura, tanto da poter far parlare di una vera e propria “moda”: dalla adozione di una nuova grafica (semionciale inclinato a sinistra e corsivo, nuovo disegno di molte lettere) e di nuovi motivi ornamentali nella confezione dei codici alla introduzione di nuove tecniche iconografiche, dalla organizzazione delle cancellerie alla distinzione funzionale tra codici e rotoli. Per ciò che concerne l’aspetto propriamente linguistico, le novità si articolano su due livelli: da un lato cambia l’atteggiamento nei confronti della lingua dotta, che viene volutamente allontanata da quella viva, depurata dei russismi (cosa che a livello lessicale comporta la creazione di una messe di neologismi dotti), riportata nella misura del possibile alla sua veste originaria con il rinnovato uso del duale, dell’aoristo e delle forme non contratte dell’imperfetto (meccanismo che potremmo definire di “de-adaptacija”), dall’altro si sottolinea il legame tra lo slavo ecclesiastico e il greco, con innovazioni che investono tanto la grafica (si introducono nuovi segni di interpunzione, quali la virgola, il punto e virgola con valore interrogativo, il trattino per segnalare l’andata a capo, si afferma l’utilizzo regolare di accenti e spiriti e una nuova regolamentazione dell’uso delle abbreviature), quanto l’ortografia, la morfologia e la sintassi. Infine, viene importato dalla Slavia meridionale il gusto per una sofisticata organizzazione retorica del discorso (il già ricordato “intreccio di parole”) e un nuovo atteggiamento nei confronti del testo: se prima il copista doveva ricopiare correggendo, ora deve ricopiare fedelmente.

Arcaizzazione della grafia e adozione di usi grafici dello slavo ecclesiastico di redazione meridionale

- reintroduzione del grafema <\> con valore [u] - reintroduzione del grafema <™> con valore [z] in alcuni lessemi (™:lw ; ™lo) - introduzione del grafema <z> variante di <æ> con valore [z] - introduzione del grafema <m> variante di <t> con valore [t]

87 R. Mathiesen, “The Church Slavonic Language Question”, cit., pp. 60-61.

Page 76: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 68

Arcaizzazione della grafia e adozione di usi grafici dello slavo ecclesiastico di redazione meridionale

- reintroduzione del grafema <Θ> (‘o ocnoe’) con valore [o] in determinate parole (oko) - codificazione della grafia <y> invece di <¨> per [y] - scomparsa del grafema <&>, che può essere sostituito da <∈> (‘e jakornoe’) - reintroduzione della grafia <r:> invece che <re> negli esiti *tert - reintroduzione di <jd> come esito di *dj - attribuzione del valore numerico 900 alla lettera c (precedentemente 900 = () - ‘zijanie’: <a> invece di <q> in posizione postvocalica (vsea invece di vseq) - distribuzione degli jer: in fine di parola sempre <|> (per ∞ e ß), nel corpo della parola sempre <)> (per ß, ∞, ma anche per e < ß vocalizzato e per o < ∞ vocalizzato). Si ripristina anche la resa grafica delle sonoranti: i nessi <r)>, <l)> sostituiscono quelli tradizionali moscoviti <|r>, <er>, <or>, <ol> - distribuzione dei grafemi <i> e <i> (davanti a vocale sempre <i>) - distribuzione dei grafemi <'>, <ou>, <u>: la vecchia regola, che prevedeva <ou>, <'> dopo #, <u> nelle restanti posizioni, è sostituita da una nuova regola che prevede l’uso di <ou> dopo # e di <'> nelle altre posizioni - regolamentazione della grafia <ou>, <<> in posizione iniziale di parola secondo l’uso slavo meridionale

Trascrizione dei grecismi - si ripristina l’uso di <$>, <¶> (per y, x), quasi scomparsi nei secc. XIII-XIV - si regolamenta l’uso di <#>, <£>, <w> (per q, u, w) in piena aderenza alla grafia greca - si ripristina l’uso del grafema <£> (izica) con pronuncia [u] (precedentemente <u> con pronuncia [u]) - si adotta l’ortografia greca del nesso [ng]: agg –el| (cfr. a\ggeloß), e£aggelie - si riflette la pronuncia greca dei nessi [nt], [mp]: a¢do¢ ii , ol£mb)

Innovazioni morfologiche - vocativo con funzione di nominativo - riorganizzazione del paradigma plurale dei temi in *u con la generalizzazione del suffisso -ov- in tutti i casi tranne lo strumentale - nuove forme di possessivo: egov| , egova , egovo ; togov| , eccetera - nuove forme del plurale dei numerali: trieh) ecc.

Innovazioni sintattiche - negazione semplice - genitivo esclamativo (o + G = o slav¨!)

Strumenti per il corretto utilizzo di questa lingua sono come sempre la cultura degli scriventi, la conoscenza del greco e la consuetudine con i testi modello.

È solo nel secolo seguente che il problema di possedere vere grammatiche dello slavo ecclesiastico viene riconosciuto e, gradatamente, risolto (il trattato

Page 77: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 69

di Kostenecki, o l’altrettanto celebre O osmi castech reči, non affrontavano il problema della normalizzazione grammaticale). Nel XV secolo ci si sforza essenzialmente di normalizzare l’ortografia secondo il principio greco dell’ajntivstoicon (‘contrapposizione’): si differenziano graficamente gli omonimi (mir ‘pace’ e m"r ‘cosmo’), le forme grammaticali coincidenti (stol) ‘trono’ N sg e stwl) ‘dei troni’ G pl, agglom| ‘tramite un angelo’ S sg e aggelwm) ‘agli angeli’ D pl), i differenti significati di uno stesso lessema (qæ¨k) ‘popolo’ e (æ¨k) ‘lingua’). In Moscovia le parole che ricevono una nuova forma (accentuale o grafica) si trovano a coesistere con i loro omonimi “non riformati”, dando luogo a una distribuzione complementare a livello semantico (per esempio la specializzazione delle pronunce Màrija e Marìja, Sòfija e Sofìja).

Questo poderoso sforzo di normalizzazione porta alle stelle l’idea della non convenzionalità del segno linguistico.

Non tutta la produzione letteraria del XV secolo adotta come ideale questo standard di slavo ecclesiastico dotto de-adattato e restaurato puristicamente: parallelamente si continua a ricopiare codici che non presentano tracce di de-adattamento (per esempio la Vita di Andrej Jurodivyj) e a utilizzare lo slavo ibrido (per esempio la Vita di Michail Klopskij), separato da quello standard da un fossato sempre più ampio (varjativnost’ vs normalizzazione).

10. Redazione rutena e redazione moscovita dello slavo ecclesiastico

Fondamentale per la storia dello slavo ecclesiastico in area orientale è il coagularsi di due entità politiche e culturali ben distinte: la Moscovia e la Lituania. Dopo Kulikovo ha inizio a nord-est l’inarrestabile ascesa del principato di Mosca, che nel XIV secolo consolida il proprio potere sul territorio di Rostov-Suzdal’, nel XV conquista Novgorod e all’inizio del XVI annette Rjazan’ e Pskov, estendendo così il proprio dominio a tutta l’area orientale.

Contemporaneamente, le terre occidentali della Slavia orientale sono state integrate nel Granducato di Lituania (tutti i territori dell’odierna Bielorussia, gran parte dei territori ucraini: Volinia, Podolia, Polesia, regione di Kiev,

Page 78: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 70

Černigov, Novgorod Severskij, i territori russi occidentali: Smolensk, Vjaz’ma) e nel Regno di Polonia (Galizia e parte della Volinia).

Ultimato il processo di unificazione delle terre russe orientali, e caduta nel 1453 Costantinopoli in mano ai Turchi ottomani, Mosca si sente protagonista di una translatio imperii che fa di lei la terza Roma; nel 1492 l’attesa fine del mondo attualizza antiche profezie, secondo le quali alla fine dei tempi la Grecia e la Moscovia si sarebbero scambiate di posto. La Moscovia guarda ormai a se stessa come alla guida indiscussa del mondo ortodosso.

In questa nuova atmosfera culturale hanno inizio le proteste contro i serbismi, i bulgarismi e i grecismi (cfr. le accuse di Nil Kurljatev a Kiprian e le sue proteste contro le forme slavomeridionali nella prefazione al Salterio tradotto da Maksim Grek88, e le analoghe proteste contro le “parole vecchie e straniere” (starye i inostranskie poslovicy) che oscurerebbero il significato del testo, cioè contro grecismi e slavomeridionalismi, da parte di Dosifej Toporkov nella prefazione al Sinajskij Paterik89). Le affermazioni del monaco Chrabr e di Giovanni Esarca sulle differenze tra slavo e greco oscurano la popolarità del trattato di Kostenecki.

L’ortografia e l’ortoepia legati alla II Influenza slavo meridionale perdono terreno: gli accenti tornano a indicare la reale pronuncia moscovita, <e> in posizione iniziale di parola si pronuncia [je], <:> non si pronuncia [i], <i> non si pronuncia [ı-], gli jer si pronunciano come suoni ridotti (mentre sono del tutto muti in Rutenia), il cosiddetto ‘zijanie’ per cui si pronunciava [moa] invece di [moja] viene deprecato e abbandonato, la differenziazione grafica degli omonimi suscita proteste, scompare nuovamente lo jus (<\>), le forme non contratte dell’imperfetto, i nessi <r)>, <l)> in luogo di <or>, <ol>, il

88 Lo scarso gradimento per forme provenienti da esperienze linguistiche estranee al copista non è una novità nella Slavia ortodossa: cahiers de doléances sono ricostruiti da G. Dell’Agata nel suo “Unità e diversità nello slavo ecclesiastico: il punto di vista del copista” (in Studia Slavica et Humanistica Riccardo Picchio dicata, Roma 1986, vol. I, pp. 176-191). Qui però non si tratta più di copisti che lamentano difficoltà di comprensione, ma della rivendicazione della superiorità dello slavo ecclesiastico di redazione russa su quello di altre redazioni: B. A. Uspenskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka, cit., pp. 342-345.

89 B. A. Uspenskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka, cit., pp. 345-355.

Page 79: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 71

vocativo con funzione di nominativo. Tra le questioni deliberate dal Concilio del 1555 (Stoglav) al problema della riorganizzazione della chiesa si affianca l’esigenza di un controllo scrupoloso delle traduzioni sacre: si assiste ai primi tentativi di normalizzazione della lingua in vista di alcune colossali imprese editoriali (la traduzione della Tolkovaja Psaltyr’, la raccolta di tutti i testi cronachistici nella Nikonovskaja Letopis’ e di tutti quelli agiografici nei Čet’i Minei di Makarij) e della progettata introduzione della stampa. Maksim Grek, coadiuvato da Nil Kurljatev e Dmitrij Gerasimov, effettua la revisione di alcune vecchie traduzioni, sostituendo a forme marcatamente dotte equivalenti “moderni” (per esempio A=G pl m vs:h) , ih) al posto di vsq, q; il plurale al posto del duale; il D m¢: al posto di mi) e introducendo nel paradigma dell’aoristo forme del perfetto. Non essendo uno slavo, Maksim non ha nessuna ragione di preferire forme slave meridionali o rutene a forme moscovite, e anzi in quanto greco critica l’indiscriminata introduzione di strutture del greco nello slavo, così da rappresentare il primo vero paladino dello slavo ecclesiastico di redazione moscovita.

La cosiddetta II Influenza slava meridionale si risolve così in Moscovia in una deviazione transitoria dalla via maestra, quella del progressivo adattamento dello slavo ecclesiastico alla realtà linguistica slava orientale e poi moscovita: con la fine del XV secolo si torna di fatto alla norma slava ecclesiastica precedente alla II Influenza :

nella produzione scritta moscovita della prima metà del XVI secolo i tratti slavi meridionali sono sopravvivenze non sistematiche. Nella seconda metà del XVI secolo la produzione scritta moscovita si è definitivamente liberata dell’ortografia slava meridionale90.

I testi prodotti in questo periodo in Moscovia si dividono dal punto di vista della lingua in tre gruppi: a) testi che si orientano sui testi modello e utilizzano lo slavo ecclesiastico tradizionale; b) testi che si orientano sulla tradizione ormai ben consolidata dello slavo ecclesiastico ibrido (agrammaticalità degli indici dotti; estrema varjativnost’); c) testi che si orientano sulla grammatica, e tentano di utilizzare uno slavo ecclesiastico grammaticalmente normalizzato.

90 V. N. Ščepkin, Russkaja paleografija, Moskva 1999, p. 146.

Page 80: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 72

Completamente diversa è la situazione rutena: là, in una situazione di maggiore apertura e contatto con il resto della Slavia e con dotti greci, le innovazioni legate alla II Influenza si radicano in profondità, arrivando a modificare non solo l’ortografia, ma l’ortoepia dotta e, attraverso questa, persino la pronuncia viva (per esempio quella dei nomi propri).

La diversa recezione della II Influenza slava meridionale determina così la divaricazione dello slavo ecclesiastico russo in due redazioni: una moscovita, che presenta tratti di maggiore continuità, e una rutena, maggiormente aperta alle innovazioni. 11. La reinvenzione della grammatica

Alla fine del XVI secolo la questione dello slavo ecclesiastico torna a farsi cruciale. Ancora una volta, come all’epoca di Cirillo e Metodio e poi all’epoca di Eutimio, l’impulso alla riflessione linguistica nasce da uno stimolo religioso: qui si tratta delle controversie che accompagnano la ricattoliciz-

zazione della Polonia-Lituania, quando lo zelo della controriforma si appunta non solo contro i riformati, ma anche contro gli ortodossi. L’accusa è quella classica: i cattolici, per esempio il gesuita Piotr Skarga, nell’affermare l’inferiorità culturale degli ortodossi ne individuano la causa nell’utilizzo dello slavo ecclesiastico, una lingua barbara che nessun grammatico ha mai dotato di una norma stabile, che fosse anche lontanamente paragonabile a quella delle lingue classiche: il greco e il latino. Se la Riforma aveva stimolato in Rutenia l’elaborazione di una lingua rustica (prosta mova) di immediata comprensione popolare, la controriforma stimola la nascita di una nuova “dottrina metalinguistica”, che afferma la “classicità” dello slavo ecclesiastico, la sua dignità e il suo pieno diritto di affiancare il latino e il greco nella loro contrapposizione alle lingue moderne. La necessità di una nuova codificazione “universale” dello slavo ecclesiastico interessa d’altra parte anche i cattolici, impegnati a riportare gli slavi a Roma dopo l’Unione di Brest (1596). Infine, a rendere urgente la necessità di fissare norme certe interviene un altro fenomeno di importanza epocale, legato anch’esso alla controversistica: la diffusione delle tipografie e dei primi testi a stampa. Nel giro di pochi anni

Page 81: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 73

vedono la luce la grammatica elleno-slava della Confraternita ortodossa della Dormizione di Leopoli, ’Adelfovth" (Leopoli 1591), la Grammatika slovenska di Lavrentij Zizanij (Vilna 1596), e soprattutto il Grammatiki slavenskija pravil’noe sintagma di Meletij Smotrickij (Ev’e 1619), che segna una pietra miliare nella storia dello slavo ecclesiastico: si chiude la fase “eutimiana”, caratterizzata da preoccupazioni essenzialmente teologiche e ortografiche e basata sulla teoria della non convenzionalità del segno linguistico, e se ne apre una nuova, ispirata a criteri storici e filologici, destinata a protrarsi, con qualche cambiamento, sino ai giorni nostri.

Nata in Rutenia, questa prima definizione grammaticale dello slavo ecclesiastico accoglie e normalizza tratti che caratterizzavano la redazione rutena rispetto a quella moscovita: maggiore fedeltà alle innovazioni della II Influenza slava meridionale, accoglimento di fenomeni linguistici ruteni (per esempio la pronuncia di <:> come [i]), specifiche modalità di differenziazione della 2ª e della 3ª persona sg dell’aoristo e dell’imperfetto con paradigmi misti del tipo pol<bih) , pol<bil) esi , pol<bi , tentativi di stabilire un legame univoco tra il sistema di tempi passati dello slavo e quello del latino con l’invenzione di un piuccheperfetto del tipo l<blivaah)91.

12. La riforma di Nikon e la creazione di una nuova norma panrussa dello slavo ecclesiastico

Alla metà del XVII secolo i moscoviti hanno bisogno di riorganizzarsi dopo i Torbidi e di assumere a pieno titolo la funzione di una rinata Bisanzio, sede dell’impero e, dal 1589, del patriarcato. Nonostante la sua complessità, legata al succedersi di diverse fasi e di differenti posizioni, la riforma, nota come kniznaja sprava, si lega tradizionalmente al nome del patriarca Nikon.

Ancora una volta modello di riferimento è la cultura greca, e tramite ne è ancora una volta lo slavo meridionale, non più i Balcani ma la vicina Rutenia, dove da tempo si studiava il greco, e da tempo era invalsa la pratica di

91 Una sorta di prontuario delle differenze tra slavo ecclesiastico di redazione rutena e moscovita scaturisce dal confronto tra la prima edizione della Grammatica di Smotrickij (1619) e la riedizione della stessa a Mosca nel 1648.

Page 82: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 74

verificare i manoscritti preparati per la stampa sulle edizioni greche delle tipografie veneziane. A partire dagli anni ’40 si stampano in Moscovia i primi libri ruteni, tra cui numerosi scritti di polemica antiprotestante e la Grammatica di Smotrickij (1648), rivista e adattata alla norma moscovita (con particolare attenzione all’eliminazione delle omonimie). Nel 1649 dotti ruteni vengono invitati a Mosca per lavorare alla traduzione della Bibbia dal greco in slavo ecclesiastico. Nel 1654 Kiev e tutta la riva sinistra del Dnepr sono annesse alla Moscovia, e ha inizio un processo di riavvicinamento tra le due culture che si può paragonare a quello che aveva visto protagoniste Roma e la Grecia: l’Ucraina assoggettata trionfa sul rude vincitore. Mosca è invasa da novità di impronta rutena: l’uso di pronunciare omelie in chiesa, l’introduzione del dramma scolastico, della versificazione, dei sermoni panegirici. Nella scrittura corsiva, nella pittura di icone, nel canto, nei particolari della vita quotidiana degli ecclesiastici si adotta la prassi rutena. Dalla Rutenia si importa l’idea della convenzionalità del segno e della possibilità di usi metaforici della lingua, il gusto barocco, una diversa pronuncia dello slavo ecclesiastico.

Uno degli eventi più traumatici della pur tempestosa storia russa consiste dunque, a ben vedere, nel tentativo di livellare le differenze tra le due culture, e, a livello linguistico, nella volontà di fondere la redazione moscovita dello slavo ecclesiastico e quella rutena in una nuova norma panrussa, di abbandonare una politica culturale isolazionista in nome di un nuovo universalismo92. Le principali innovazioni linguistiche rivelano l’adesione a modelli greci per ciò che riguarda la morfologia, la sintassi e il lessico (prestiti e calchi), ruteni per ciò che riguarda la ortoepia e l’ortografia:

Innovazioni ortoepiche e ortografiche

- Paisìj > Paìsij, Michàil > Michaìl, Feòfan > Feofàn, Avvàkum > Avvakùm, Màrija > Marìja, Manùil > Manuìl, Klimènt > Klìment, Nikola > Nikolaj (S. Nicola), Ivann > Ioann (S. Giovanni)

92 N. N. Zapols’skaja, “Knižnaja sprava v kul’turno-jazykovych prostranstvach Slavia

Orthodoxa i Slavia Latina”, in Slavjanskoe jazykoznanie. XIII MKS, Ljubljana 2003. Doklady rossijskoj delegacii, Moskva 2003.

Page 83: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Introduzione 75

Innovazioni ortoepiche e ortografiche - vò věki > vo věki - pronuncia degli jer: sempre muti, ma [o] nelle preposizioni - pronuncia della <e> nei prestiti ebraici greci e latini come [e] - adozione del grafema <ó> (ije s kratkoó) con pronuncia [j]

Pronunce rutene successivamente respinte - <y> = [i] - <:> = [i] - <#> = [ft]

Scelte morfologiche e sintattiche orientate su modelli greci - G di specificazione in luogo del D di appartenenza: vo v:ki v:kom) > vo v:ki v:kov) - G pl sempre distinto dal N sg con la terminazione -ov) - G di specificazione in luogo dell’aggettivo: iva¢ov) otec| > otec| iva¢a93 - sostituzione delle forme enclitiche del pronome personale con il possessivo: otec| mi > otec| moó - concordanza del pronome relativo nel caso retto dal verbo della principale (del tipo: “parlami dei libri dei quali hai comprato”) - limitazione nell’uso del possessivo svoó a favore di moó e di tvoó - sostituzione della preposizione “o” + prepositivo con la preposizione “v”94

Le forme eliminate (Avvàkum, vò věki, Màrija, Ivanov otec) assumono per sempre una valenza stilistica bassa.

Come è noto, la riforma di Nikon provocò fortissime resistenze, che

sfociarono infine nello scisma: la chiesa ortodossa adottò la nuova norma linguistica, fondamentalmente risalente alla codificazione di Meletij, gli scismatici continuarono e continuano tuttora ad utilizzare lo slavo ecclesiastico di redazione moscovita e a ricopiare codici del XVI secolo.

Con l’annessione di tutta l’Ucraina all’impero russo la redazione panrussa sostituì anche a Kiev quella rutena, conservata invece dalla chiesa cattolica di

93 In Smotrickij il G del nome è normativo quando il determinativo è a sua volta determinato.

94 L’opportunità di preferire la preposizione ‘v)’ per rendere il greco ejn, sottolineata da Smotrickij e accolta dai correttori nikoniani, suscitò infiammate proteste da parte degli starobrjadcy, che difendevano l’uso tradizionale della preposizione ‘o’: v. B. A. Uspenskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka, cit., pp. 461-462.

Page 84: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 76

rito greco nata con l’unione di Brest del 1596. Finalmente normalizzato nella grammatica, lo slavo ecclesiastico può ormai essere utilizzato in zone della Slavia anche molto lontane: l’uso dello slavo ecclesiastico di redazione rutena viene imposto da Roma alle chiese glagolite croate, insieme alle pratiche della chiesa uniate, a partire dal 163195.

D’altra parte, quando il governo austriaco preme sui serbi di Ungheria, divenuti sudditi degli Asburgo, perché accettino l’unione con Roma, mettendo la chiesa ortodossa serba in difficoltà con restrizioni alla stampa dei libri necessari alla liturgia e alla preparazione del clero, è alla Russia che il metropolita serbo chiede l’invio di maestri: dal 1726 lo slavo ecclesiastico russo diventa lingua della chiesa e della letteratura serba, sacra e profana96.

Nel ’700 lo slavo ecclesiastico grecizzato della riforma nikoniana viene progressivamente sottoposto a critiche per la sua “oscurità”: Polikarpov e Prokopovic propongono una semplificazione morfologica e sintattica97 e l’eliminazione di numerosi lessemi. Queste innovazioni sono accolte e trovano applicazione nella cosiddetta Bibbia Elisabettiana (1751), libri sacri destinati alla lettura e non all’uso liturgico. Da questo momento si stabilizzano due registri di slavo ecclesiastico: quello della Bibbia del 1663, che risale alla riforma di Nikon e la cui superiorità viene sancita dal Santo Sinodo nel 1769, e quello elisabettiano, che si utilizza in alcuni testi non destinati all’uso liturgico.

Dallo slavo ecclesiastico ibrido, privato degli indici dotti e passato

attraverso il vaglio dei dibattiti linguistici del XVIII secolo, nascerà invece il russo moderno.

95 I. Banac, “Main Trends in the Croat Language Question”, in Aspects of the Slavic Language Question, cit., vol. I, p. 205.

96 R. Katicic, “The making of Standard Serbo-Croat”, in Aspects of the Slavic Language Question, cit., vol. I, p. 285.

97 Tra le forme eliminate ricordo il duale, la costruzione “&je con l’infinito”, sostituita dall’infinito semplice, la 2ª persona sg dell’aoristo e dell’imperfetto, regolarmente sostituite dalla 2ª sg del perfetto, alcune terminazioni della flessione pronominale.

Page 85: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 1. Dal protoindoeuropeo al protoslavo

Il processo di dissoluzione dell’unità linguistica indoeuropea, durato millenni, è ancora avvolto nell’oscurità, così come la storia delle migrazioni di popoli cui si è accompagnato. Nel secolo scorso si immaginava che il tronco comune si fosse diviso inizialmente in due rami, e questi ulteriormente in rami, costituendo una sorta di albero genealogico delle lingue storiche. Oggi l’immagine dell’albero, più volte abbandonata e ripresa, si può considerare superata: si ritiene che la lingua comune abbia conosciuto una lunga evoluzione, attraversando diversi stadi e varie forme di divisione dialettale anche prima dell’inizio del processo di smembramento. Gruppi linguistici si sarebbero quindi distaccati da questo tronco comune a scaglioni e, sulla base di differenti stadi evolutivi della lingua comune, avrebbero innovato in modo ora convergente, ora parallelo, con una cronologia su cui non esiste definitivo accordo tra gli studiosi. Lo slavo avrebbe assunto una fisionomia riconoscibile al termine del “periodo baltoslavo”, quando un sottogruppo dialettale (un continuum di parlate) individuatosi nell’indoeuropeo intorno al III millennio a.C., si sarebbe scisso nei due tronconi del protobalto e del protoslavo1. 2. Consonantismo

Il sistema fonologico i.e. comprendeva quasi certamente la fricativa dentale

1 Il problema della unità linguistica balto-slava, decisamente negata da molti studiosi in favore della tesi di mutue influenze avvenute durante un lungo periodo di contatto, non ha ancora trovato una soluzione definitiva: per lo status quaestionis si può vedere la “Breve sintesi storica della ‘questione balto-slava’” in Pietro U. Dini, Le lingue baltiche, La Nuova Italia 1997, pp. 127-138.

Page 86: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 78

sorda *s, quattro sonoranti (due nasali: *n, *m e due liquide: *l, *r)2 e un inventario di occlusive molto discusso: la ricostruzione neogrammaticale3 ne contava venti, prodotte in cinque diversi luoghi e distinte in quattro modalità articolatorie:

labiali dentali labiovelari palatovelari velari semplici

non aspirate p t kw k’ k sorde

aspirate ph th kwh k’h kh non aspirate b d gw g’ g

sonore aspirate bh dh gwh g’h gh

Questo schema venne presto messo in discussione (da Saussure), con

particolare riferimento alle aspirate sorde, poco rappresentate se non in vocaboli onomatopeici e sospettate di essere allofoni. A partire da quel momento il sistema delle occlusive è stato oggetto di numerosi studi, sfociati negli anni ’70 nella teoria glottalica, che elimina dal sistema la serie aspirata in favore di uno schema tripartito nei modi di articolazione sordo, sordo glottalizzato e sonoro.

Al suo posto, tuttavia, si preferirà qui lo schema tripartito tradizionale, che prevede un sistema formato da occlusive non aspirate sorde (*p, *t, *k), occlusive non aspirate sonore (*b, *d, *g), occlusive aspirate (*bh, *dh, *gh). Non sarà inoltre considerata la riduzione delle palatovelari, che toglie senso alla visione di una frattura dialettale dell’indoeuropeo in lingue centum e lingue satem4.

2 Le sonoranti (o sonanti, in opposizione a non sonoranti, o ostruenti) funzionano come consonanti quando sono precedute o seguite da una vocale (cioè in posizione di margine di sillaba) e funzionano come vocali in posizione interconsonantica (cioè quando sono centro di sillaba): m÷ , n÷ , l÷, r÷. Sonoranti si possono considerare anche i foni i, u, che hanno allofoni asillabici postvocalici (le semivocali i‡, u‡ ) e prevocalici (le semiconsonanti j, w).

3 La scuola neogrammaticale fu fondata negli anni ’70 del XIX secolo da A. Leskien, H. Osthoff, K. Brugmann e D. Delbrück. La definizione di “giovani grammatici” (Jung-grammatiker) si deve a studiosi non appartenenti alla scuola, che intendevano così sottolineare ironicamente la giovane età e la scarsa esperienza dei colleghi.

4 L’indoeuropeo avrebbe avuto in realtà due sole serie, velare e labiovelare (come le lingue centum); le lingue satem avrebbero innovato.

Page 87: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 79

3. Vocalismo Anche sul vocalismo i.e. più antico non c’è accordo tra gli studiosi, che

ipotizzano inventari di una, due o quattro vocali più un numero variabile di vocali ultrabrevi e dal timbro poco definito dette schwa. Per quanto riguarda l’indoeuropeo tardo, invece, si postula la presenza di dieci fonemi vocalici, cinque lunghi e cinque brevi: *a-, *e-, *o- , *ı-, *u- , *a, *e, *o, *ı, *u, classificati secondo l’altezza in alti (*i, *u), medi (*e, *o) e bassi (*a) e secondo il luogo di articolazione in anteriori, centrali e posteriori:

*ı-, *ı *u- , *u *e-, *e *o- , *o *a-, *a

Le vocali non alte in combinazione con le sonoranti potevano originare

trentasei dittonghi:

*a-i‡, *ai‡ *a-u‡ , *au‡ *a-m, *am *a-n, *an *a-l, *al *a-r, *ar *e-i‡, *ei‡ *e-u‡ , *eu‡ *e-m, *em *e-n, *en *e-l, *el *e-r, *er *o- i‡, *oi‡ *o-u‡ , *ou‡ *o-m, *om *o-n, *on *o- l, *ol *o-r, *or

4. Apofonia La lingua indoeuropea era caratterizzata da un sistema di alternanza

vocalica grammaticalizzata, nota con il nome di ‘apofonia’, o ‘gradazione vocalica’, o ‘alternanza vocalica’, o ‘Ablaut’ (in russo: čeredovanie glasnych). “L’alternanza vocalica consiste nel fatto che nelle differenti unità morfologiche (radici, suffissi e desinenze) le sonanti e le consonanti sono gli elementi fissi, mentre le vocali sono quelli mutevoli. Se si sostituisce o si sopprime una sola delle sonanti o delle consonanti che compongono radice, suffisso o desinenza, se ne altera l’identità. Le vocali [invece] possono alterarsi o essere sostituite senza altre conseguenze se non un cambiamento della funzione morfologica di questa stessa unità”5. Per esempio, variazioni apofoniche sono quelle del latino pendo ‘io peso’ vs pondus ‘peso’, tego ‘io copro’ vs toga ‘toga’; analogamente in greco fero ‘io porto’ vs -foro ‘portatore’ (cfr. semaforo, termoforo), lego ‘io parlo’ vs logos ‘parola’.

5 F. Villar, Gli indoeuropei e le origini dell’Europa, Bologna 1997, p. 243.

Page 88: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 80

All’apofonia si deve l’alternanza del tipo facio (‘faccio’, presente) vs feci (‘feci’, perfetto), sto (‘sto’, presente) vs steti (‘stetti’, perfetto), che dal latino passa all’italiano. Grazie all’apofonia si formano i paradigmi verbali inglesi del tipo drink, drank, drunk.

“Alternanza vocalica significa, dunque, la capacità che hanno le vocali di alternarsi in uno stesso elemento morfologico senza che questo perda la sua identità. Tuttavia, non tutte le vocali sono in grado di far parte di questo gioco alternativo. La modalità principale, che potremmo definire standard, comprende e/o/e-/o- /ø, che deve essere inteso come l’inventario massimo”6.

Le variazioni apofoniche all’interno di uno stesso elemento morfologico si definiscono ‘gradi vocalici’. Una stessa radice, quando la serie è completa,

6 Ibidem. L’esistenza di catene apofoniche “anomale” (a/o/a-/o-; a-/o-/ƒ; o-/ƒ), sommata alla anomalia nella correlazione tra vocali brevi in alcune lingue indoeuropee (che veniva spiegata con la presenza di vocali i.e. ultrabrevi e dal timbro poco definito: ƒ1 e ƒ2), e rapportata all’anomalia nella struttura di certe radici (CV oppure VC invece di CVC) ha portato Saussure a intuire la presenza di un antico fonema successivamente eliminato: “La lucida intuizione di Saussure consistette nel rendersi conto che i tre tipi di anomalia erano in relazione tra loro ed erano suscettibili di una spiegazione complessiva. Infatti, le radici nelle quali manca la prima consonante sono le stesse nelle quali si verifica il tipo di alternanza vocalica anomala a/o/a-/o- . E le radici nelle quali manca la seconda consonante sono le stesse nelle quali si verifica il tipo di alternanze anomale o-/ƒ. Infine, le corrispondenze vocaliche anomale che davano luogo alla ricostruzione dello, o degli, schwa sono quelle stesse nelle quali si verificano le alternanze anomale e nelle quali manca soprattutto la seconda consonante” (Ivi, p. 244). Il fonema misterioso x, che Saussure chiama “coefficiente sonantico”, avrebbe occupato i margini della radice (xVC; CVx), restituita così alla sua struttura abituale, e nello scomparire avrebbe avuto la capacità di alterare il timbro della vocale che lo precedeva o lo seguiva. Questa ipotesi di Saussure permette di ridurre tutte le serie alternanti irregolari al tipo standard: “a-/o-/ƒ sarebbero state in uno stadio anteriore ex/ox/øx; e a/o/a-/o- sarebbero state xe/xo/xe-/xo-. Da ciò si potevano trarre varie deduzioni: 1) le vocali lunghe delle serie irregolari (a-, o-) derivavano dalla contrazione (o dall’allungamento compensativo?) di un’antica vocale breve della serie regolare (e, o) con i fonemi in questione; 2) tali fonemi potevano alterare il timbro di tali vocali (per es. *ex > a-); 3) nel grado ø (zero) dell’alternanza regolare (cioè quando non c’è nessuna vocale), x era capace di assumere la funzione di vocale, apparendo di fatto nelle lingue storiche trasformata in una vocale, generalmente /a/, ma in sanscrito /i/ e in greco a volte /a/, a volte /o/” (Ivi, p. 245). La teoria dei “coefficienti sonantici”, successivamente battezzati “consonanti laringali” da Møller, ha trovato una formulazione oggi classica in Benveniste, che ipotizza un inventario di tre laringali responsabili dei seguenti mutamenti fonetici: ƒ1e > e, ƒ2e > a, ƒ3e > o; eƒ1 > e-, eƒ2 > a-, eƒ3 > o-.

Page 89: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 81

presenta tre gradi: normale (o medio), forte (o pieno) e ridotto. Il grado normale è rappresentato dalla vocale e (e, ei, eu); il grado forte dalla vocale o (o, oi, ou; per questo viene anche definito ‘grado o’); il grado ridotto presenta sonoranti o esiti di schwa, ma può anche essere caratterizzato dall’assenza di qualsiasi vocale (‘grado zero’). Esiste infine il ‘grado allungato’, in rapporto di apofonia quantitativa con il grado medio (e/e- ) e forte (o/o-). 5. Trasformazioni del consonantismo (occlusive e fricative)

Il primo passo verso la dissoluzione dell’unità i.e. è costituito dal diverso trattamento delle occlusive aspirate: baltoslavo, iranico, celtico e albanese perdono l’aspirazione (le occlusive aspirate confluiscono con le sonore); in greco le aspirate si conservano e si assordano, in latino si trasformano in fricative sorde (*bh > [Φ], *dh > [Θ], *gh > [x], *gwh > [xw]); in seguito in latino [Φ], [Θ], [xw] in posizione iniziale confluiscono nella fricativa labiodentale sorda f, mentre in posizione interna [Φ] > b, [Θ] > d, [xw] > v (ma gu dopo nasale); [x] si conserva in tutte le posizioni (ma > g dopo nasale) ed è resa graficamente con <h>. Il germanico conosce una serie di trasformazioni nota come “I rotazione consonantica”, che trasforma le occlusive sorde in aspirate, le occlusive sonore in sorde e le occlusive aspirate in sonore:

PIE germanico greco baltoslavo, iranico, celtico e albanese latino

t th t t t d t d d d

dh d th d f, d

Alle occlusive velari è legata la grande frattura dell’area indoeuropea in due sottoinsiemi: il gruppo delle lingue centum (tocario, anatolico, greco, italico, celtico e germanico) e il gruppo delle lingue satem (indoiranico, baltoslavo, armeno e albanese).

Nel primo gruppo le palatovelari confluiscono con le velari semplici (*k’ > *k; *g’ > *g; *g’h > *gh) e le labiovelari si conservano distinte:

*k *k’ *kw ↓ ↙ ↓

*k *kw

Page 90: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 82

Nel secondo le labiovelari si fondono con le velari semplici (*kw > *k; *gw > *g; *gwh > *gh), mentre le palatovelari passano da occlusive a fricative (*k’ > *s; *g’ > *z; *g’h > *ž). Quindi, mentre le lingue centum possiedono due serie di occlusive velari (*k, *g, *gh e *kw, *gw, *gwh), le lingue satem ne possiedono solo una (*k, *g, *gh):

*k’ *k *kw ↓ ↓ ↙ *s *k

Le fricative palatali (scibilanti) *s, *z, comparse in baltoslavo come esito di

*k’, *g’ e mantenute tali dal lituano, si trasformeranno (nelle altre lingue baltiche e slave) nelle fricative dentali (sibilanti) s, z (cfr. hiems, bulgaro зима, lituano ziemà ‘inverno’; decem, bulgaro десет, lituano desimt ‘dieci’). Prima che il processo si compia ha luogo però, nell’area orientale del gruppo satem (indoiranica e baltoslava), la ‘retroflessione della *s’: la fricativa dentale sorda preceduta da *i, *u, *r, *k e seguita da vocale o da sonorante sposta il proprio luogo di articolazione all’indietro, verso il palato: *s > *s. Gli esiti ulteriori segnano la fine del periodo baltoslavo nel consonantismo. La *s infatti passa a s nelle lingue indoiraniche e in lituano; torna a s nelle altre lingue baltiche (lettone e antico prussiano), passa a x in slavo (legge di Pedersen):

lingue indoiraniche e lituano lettone, anticoprussiano protoslavo

*s > *s > s *s > *s > s *s > *s > x

La retroflessione della *s indica che il processo di satemizzazione si è compiuto in fasi diverse. Se essa fosse avvenuta dopo la trasformazione delle scibilanti in sibilanti, le nuove dentali ne avrebbero seguito le sorti e si sarebbero retroflesse. Si suppone dunque una fase in cui le occlusive palatali i.e. si trasformano in fricative e la dentale i.e. è ancora al suo posto:

labiali dentali palatali velari

sorde p t (k’)↓ k occlusive

sonore b d (g’)↓ g sorde s s

fricative sonore z

Page 91: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 83

una fase intermedia, in cui la fricativa dentale preceduta da *i, *u, *r, *k e seguita da vocale o da sonorante si retroflette (*s > *s) e si trasforma (in protoslavo) in fricativa velare:

labiali dentali palatali velari

sorde p t k occlusive

sonore b d g sorde s→ →→→→→

s → x

fricative sonore z

e una finale, in cui il processo di satemizzazione si conclude, e le fricative palatali si trasformano in dentali:

labiali dentali palatali velari

sorde p t k occlusive

sonore b d g sorde s ← ← (s) x

fricative sonore z ← ← (z)

Il consonantismo del protoslavo si presenta dunque così modificato:

labiali dentali velari sorde p t k

occlusive sonore b d g sorde s x

fricative sonore z

Alcuni esempi:

indoeuropeo7 latino greco germanico slavo *p pater

pes pathvr

pwv" (dorico) father Fuss (ted.)

пеший (agg.) ‘a piedi’

*b de-bilis beltivwn более ‘più’ *bh fero

frater fevrw bring

brother беру ‘prendo’ брат ‘fratello’

*t tres trei" three три ‘tre’ *d duo duvo two два ‘due’

7 Quando non diversamente indicato (ted. = tedesco, got. = gotico, bulg. = bulgaro) si tratta

di voci inglesi (per le lingue germaniche) e russe (per quelle slave).

Page 92: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 84

*dh fumus qumov" дым ‘fumo’ *k cruor kreva" кровь ‘sangue’ *k’ centum

cor, cordis eJkatovn

kardiva hundred heart

сто ‘cento’ серд(це) ‘cuore’

*kw quis tiv" who к(то) ‘chi’ *g iugum zugovn yoke иго ‘giogo’ *g’ ego

co-gnosco ejgwv

gi-gnwvskw ik (got.) know

аз ‘io’ (bulg.) знаю ‘so’

*gw vita

gunhv

bivo" queen

жена < *g-ena ‘donna’ жизнь < *g-iznß ‘vita’

*gh hostis hortus

guest garden

гость ‘ospite’ город ‘città’

*g’h hiems ceima зима ‘inverno’ *gwh formus qermov" warm гор(ячий) ‘ardente’

6. Trasformazioni del consonantismo (sonoranti)

La natura della sonorante (funzione sillabica, cioè vocalica, o non sillabica, cioè consonantica) è determinata dal contesto: in presenza di altre vocali la sonorante si comporta come una consonante; inserita in posizione inter-consonantica diventa apice di sillaba (funzione vocalica): r÷, l÷ (cfr. croato smrt ‘morte’).

Verso la fine del periodo baltoslavo le sonoranti liquide e nasali in posizione sillabica sviluppano vocali d’appoggio (*ı-,*u- ,*ı,*u) generando sedici nuovi dittonghi che si aggiungono ai trentasei della lingua comune indoeuropea: *ı-m, *ı-n, *ı-l, *ı-r, *u-m, *u-n, *u- l, *u-r, *ım, *ın, *ıl, *ır, *um, *un, *ul, *ur. La nasale labiale si dentalizza quindi in baltoslavo in posizione finale di parola: cfr. i.e. *sm÷ -, *som, protoslavo *su(n) ‘con’; i.e. *kom-, protoslavo *ku(n) ‘verso’.

In protoslavo, secondo la ricostruzione della maggioranza degli studiosi, la vocale lunga dei trentasei dittonghi i.e. e dei sedici più recenti sarebbe divenuta breve (ad esclusione dei casi in cui il dittongo in posizione davanti a vocale si era sciolto nella sequenza VC), mentre la lunghezza avrebbe caratterizzato il dittongo nella sua interezza. L’inventario dei dittonghi si sarebbe quindi ridotto a ventisei, tutti lunghi, ma diversi dal punto di vista dell’intonazione.

Page 93: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 85

7. Intonazione Il protoslavo conosce due tipi di intonazione, una acuta o ascendente (´),

per cui la vocale accentata si pronuncia con un lieve innalzamento del tono della voce, e una circonflessa o discendente (~), per cui la vocale accentata si pronuncia con un lieve abbassamento della voce.

Tutte le vocali brevi erano circonflesse (discendenti) e tutte le vocali lunghe erano acute (ascendenti): l’intonazione era quindi un fatto automatico e non marcato.

I dittonghi potevano avere intonazione sia acuta che circonflessa: in presenza di vocali etimologicamente lunghe l’accento cadeva sulla vocale stessa, prima componente del dittongo, che riceveva così un’intonazione acuta. In presenza di vocali brevi l’accento si distribuiva in modo più uniforme sulle due componenti del dittongo, che riceveva così una intonazione circonflessa.

8. Trasformazioni del vocalismo

La fine del periodo baltoslavo è segnata dall’apertura dei suoni vocalici: in protoslavo le vocali *o e *a confluiscono nella vocale posteriore bassa e labializzata [å]; la *e si apre trasformandosi nella vocale anteriore bassa [æ]8. Il vocalismo del tardo indoeuropeo

anteriore posteriore

alto *ı-, *ı *u- , *u medio *e-, *e *o- , *o basso *a-, *a

si trasforma nel seguente9:

anteriore (non labializzato) posteriore (labializzato) alto *ı-, *ı *u-, *u basso *e-, *e *a-, *a

Il nuovo sistema vocalico si riflette sui dittonghi: *o- i‡, *o-u‡ ecc. > *a-i‡, *a-u‡ ecc.

8 Il valore di questa nuova vocale aperta è poco chiaro. Gli studiosi indicano questo suono con ä, ea, ia, eä, eäa. Cfr. M. Enrietti, “Il protoslavo *e in Grecia”, in Europa Orientalis, XI (1992: 2), pp. 157-170.

9 Per indicare le nuove vocali basse utilizzeremo i grafemi <a> per [å] e <e> per [æ].

Page 94: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 86

Successivamente, ossia quando si compie la perdita della quantità vocalica, il vocalismo subisce un’ulteriore modifica, legata alla trasformazione della quantità in timbro (v. p. 105):

*ı- > (’)i *u- > y

chiuse *ı > (’)ß *u > ∞ *e- > ’a

(’)e *a- > a

aperte *e > (’)e *a > o

Nel corso della nostra trattazione avremo a che fare con entrambi gli stadi

del vocalismo: quello antico interessato alle mutazioni descritte, e quello più recente, testimoniato dal paleoslavo o da lingue slave moderne.

9. Dal protoslavo allo slavo comune tardo

Due principi sovraintendono a tutte le mutazioni dello slavo: la tendenza all’armonia sillabica e la tendenza alla sonorità crescente, di cui è manifestazione cruciale la legge della sillaba aperta.

La sonorità crescente implica che all’interno di ogni sillaba gli elementi più sonori devono trovarsi alla fine della sillaba stessa. In altre parole, tutte le sillabe devono terminare per vocale o per sonorante, e quella finale di parola sempre in vocale. Per ottenere questo risultato, quando non sia possibile spostare i confini di sillaba, si rendono necessarie le seguenti trasformazioni:

a) i nessi consonantici in inizio di sillaba si semplificano e si assimilano, le consonanti finali di parola cadono;

b) i dittonghi costituiti da vocale-semivocale si trasformano in vocali lunghe (monottonghi);

c) i dittonghi costituiti da vocale-consonante nasale si trasformano in monottonghi nasalizzati;

d) i dittonghi formati da vocale-consonante liquida si trasformano in sequenze consonante-vocale con processi di metatesi e/o allungamento e/o pleofonia;

e) i dittonghi derivati dallo sviluppo di una vocale protetica davanti a sonorante si trasformano nuovamente in sonoranti.

Page 95: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 87

In queste nuove sillabe aperte l’interazione tra vocale e consonante si fa più stretta: i suoni di una sillaba si influenzano, tendono a avvicinare il proprio luogo di articolazione in una nuova armonia sillabica (sinarmonismo). Si realizzano le seguenti mutazioni:

a) palatalizzazione delle velari davanti a vocale anteriore; b) iodizzazione (palatalizzazione delle consonanti davanti a jod); c) metafonia delle vocali posteriori dopo consonante palatale.

10. La I palatalizzazione Si definisce I palatalizzazione la trasformazione operata dalle vocali

anteriori *ı-, *ı, *e-, *e sulla consonante velare che le precede. Il fenomeno riguarda le due velari k e g e la fricativa velare x, nata dalla retroflessione della fricativa dentale i. e.: k > c, g > ≈ > z, x > s: *gwe-n- > *ge-n- > *zen- (je¢a ‘donna’); *kwe-tu-r- > *ke-tu-r- > *cetyr- (~et¨re ‘quattro’); *teis- > *tis- > *tix- (legge di Pedersen) *tix-in- > *tiš-in- (ti{i¢a ‘silenzio’; cfr. tih) ‘calmo’).

Successivamente, unica eccezione alla tendenza all’armonia endosillabica, dopo queste nuove consonanti palatali *e- > [’a] in tutti i dialetti slavi, esclusi quelli macedoni cui si ispira l’alfabeto glagolitico (v. p. 106):

glagolitico: kriEAti (kriceti)

*krik-e--ti ‘gridare’ > cirillico: kri~ati (kricati)

La palatalizzazione riguarda anche i nessi *sk, *zg, *kt (*gt) davanti a vocale anteriore, con esiti differenziati che in paleoslavo coincidono con quelli della iodizzazione delle dentali: *sk > s’t’; *kt > s’t’; *zg > z’d’10.

10 In altre aree slave questo è vero solo per il nesso *kt: s’c’ [s’t’s’] slavo orientale + polacco

*sk > *sč’ > *š’č’ > s’t’ slavo meridionale + ceco e slovacco z’≈’ [z’d’z] slavo orientale + polacco

*zg > *z≈’ > *z’≈’ > z’d’ slavo meridionale + ceco e slovacco

s’t’ slavo meridionale

*s’t’s’ > t’s’ slavo orientale *kt > *t’t’ >

*s’t’s’ > t’s’ slavo occidentale Dubbi sono stati avanzati relativamente all’esito di *sk e *kt nei dialetti macedoni: sia il

grafema glagolitico R (combinazione di S e di E), sia l’ortoepia dello slavo ecclesiastico di

Page 96: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 88

11. La iodizzazione Contemporanea alla I palatalizzazione è la iodizzazione, cioè la

palatalizzazione di tutte le consonanti davanti alla semiconsonante j (iodizzazione viene appunto dal nome del grafema <j>: jod), allofono di i (i‡) consonantizzato in posizione prevocalica (tautosillabica) (v. nota 2).

a) le consonanti velari si comportano come davanti a vocale anteriore, cioè il loro comportamento non è diverso in posizione davanti a *ı-, *ı o davanti a j < *i‡: *pre-du-tek-ja > pr:d)te~a ‘precursore’; *velı-mog-ja > vel|moja ‘uomo di potere’; *dux-ja > dou{a ‘anima’.

I nessi *sk, *zg, *kt davanti a jod si comportano come davanti a vocale anteriore, cioè coincidono in paleoslavo con gli esiti della iodizzazione delle dentali (ma non in altre lingue slave: v. note 10 e 11).

b) le fricative dentali (sibilanti) si trasformano nelle fricative palatali (scibilanti) s, z, che a seguito di ciò cessano di funzionare come allofoni (varianti di posizione) delle velari e diventano fonemi indipendenti: cfr. N sg f ¢oga ‘gamba’ vs G sg m ¢oja ‘del coltello’; G sg m douha ‘dello spirito’ vs N sg f dou{a ‘anima’.

c) le labiali sviluppano una l epentetica: questo fenomeno riguarda la totalità della Slavia in posizione iniziale di parola (*bheudh- > russo блюдо, bulgaro блюдо, antico polacco bluda ‘piatto’) mentre è diffusa solo in alcune zone della Slavia nel confine di morfema: *g’hem-ja > russo земля, bulgaro antico земля, bulgaro moderno земя, polacco ziemia ‘terra’. Successivamente alla piena consonantizzazione di u‡ (v. p. 92) lo stesso processo coinvolge la labiodentale v: loviti ‘dare la caccia’, 1ª sg lovl+ ‘io do la caccia’.

d) le dentali producono riflessi diversi nelle varie zone della Slavia11, con redazione orientale [šč’] farebbero pensare che nella zona di Salonicco l’esito *kt, *sk + vocale anteriore fosse [s’c’], e che missionari originari di quella zona possano aver importato questa pronuncia nella Slavia orientale (v. B. A. Uspenskij, Istorija russkogo literaturnogo jazyka, Moskva 2002, p. 134).

11 Gli esiti delle lingue slave moderne sono i seguenti: slavo occidentale c’e ≈’ (z’ in Ceco e in Sorabo); slavo orientale c’e z. Lo slavo meridionale è molto variegato:

bulgaro st, zd serbo e croato c’, ∂’ macedone k’, g’ sloveno c’, j

Page 97: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 89

un processo tardo, forse preceduto da una fase comune in cui *tj > *t’ (o *c’) e *dj > *d’ (o *dz’). In paleoslavo *tj > st’, *dj > žd’. I nessi *stj, *zdj si comportano come *skj, *zgj : s’t’, z’d’.

Le liquide, la labiovelare e la nasale dentale, iodizzate, possono iodizzare la consonante che le precede:

*slj > sl’ *mysljo > mysl’o m¨{l+ ‘io penso’ *zlj > zl’ *v∞zljubjo > v∞zl’ubl’o v|jl<bl+ ‘io amo’ *snj > sn’ *k∞snjo > k∞sn’o k){¢+ ‘io ritardo’ *znj > zn’ *k∞znjo > k∞zn’o k)j¢+ ‘io tramo’’ *trj > str’ *xytrjo > xystr’o h¨{tr+ ‘io escogito’ *drj > zdr’ *modrjo > mozdr’o m\jdr+ s( ‘io faccio il furbo’ *strj > str’ *ostrjo > ostr’o o{tr+ ‘io acuisco’ *zvj > zvl’ *jazvljo > jazvl’o qjvl+ ‘io ferisco’

12. Metafonia palatale

In protoslavo l’anteriorità è incompatibile con il tratto di labialità12. Dopo j le vocali labializzate (posteriori) spostano la propria articolazione in avanti e si delabializzano: *ju- > *jı-, *ja- > *je-, *ju > *jı, *ja > *je: *ju-go-m > *jigo > igo ‘giogo’.

13. Monottongazione dei dittonghi in semivocale

La tendenza alla sonorità crescente e la conseguente legge della sillaba aperta determinano la necessità di abolire le sequenze vocale-semivocale.

L’elemento semivocalico si sposta all’inizio della sillaba seguente se questa inizia in vocale: *poi‡-e-t∞ > po&t) (po-i‡e-t∞) ‘lui canta’13. Se invece la sillaba seguente comincia in consonante, il dittongo si trasforma in una vocale lunga anteriore, se la semivocale è anteriore, in una vocale lunga posteriore se la semivocale è posteriore:

12 Sono intrinsecamente labializzati i foni vocalici posteriori (u, o); i foni vocalici anteriori possono esserlo in altre lingue (i, e, e arrotondate: y, ø, œ), ma non in protoslavo.

13 La vocale che cessa di essere componente di un dittongo di intonazione ascendente, e che come si è visto avrebbe ridotto secondo alcuni studiosi la propria quantità vocalica all’interno del dittongo, in questa circostanza si riallunga.

Page 98: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 90

anteriore posteriore *a-i‡, *ai‡ > *e-, *ı- *a-u‡ , *au‡ > *u- *e-i‡, *ei‡ > *ı- *e-u‡ , *eu‡ > *’u-

La nuova *u- (*u- 2), fortemente labializzata, non viene metafonizzata da jod:

sviluppa invece un intacco molle, venendo così a coincidere con l’esito della monottongazione dei dittonghi *e-u‡ , *eu‡ : al D sg bratou (brat-u) corrisponde il D sg pol< (pol’-u).

+ V + C

*a-i‡ aj e kaqti s( ‘pentirsi’ // c:¢a ‘prezzo’ (radice *kwo- i- : *kwei-)

*ai‡ oj e i

g¢oi (gnojß) ‘marciume’ // g¢:v) ‘collera’ stoli (*stol-o-i) N pl m ‘troni’; ¢esi (*nes-o-i-s) imperativo sg. ‘porta’

*e-i‡ ej i s:qti ‘seminare’ // sito (radice *se-i-) ‘setaccio’ *ei‡ *ej > ßj i viti ‘avvitare’ // 1ª sg v|+ (radice *u‡ ei-) ‘io avvito’ *a-u‡ av u slava ‘fama’ // slouti ‘avere fama, essere detto’ *au‡ ov u slovo ‘parola’ // slouti ‘avere fama, essere detto’ *e-u‡ ev ju *eu‡ ev ju r<ti ‘ruggire’ // rev\ ‘io ruggisco’14 La vecchia *u- indoeuropea, scalzata dal suo luogo articolatorio, si

delabializza. In posizione davanti a C e # si trasforma nella vocale centrale alta non

arrotondata [ı--], resa in cirillico con il grafema <y>, <¨> (‘jery’), in translitterazione <y>: *u-+ C, # > *uu > *ui <∞i> l<b¨ (‘amore’ N sg f).

In posizione davanti a vocale si trasforma in un dittongo: *u-+ V > *uu > *uu‡ <∞v > l<bov| (‘amore’ A sg f).

Delabializzandosi, la vocale rigetta la propria labialità alla propria sinistra. Nel corpo della parola questo può riflettersi sulla articolazione della

14 L’alternanza tra gli esiti del dittongo davanti a vocale e davanti a consonante nel confine tra morfemi (del tipo p:ti ‘cantare’, po+ ‘io canto’, verovati ‘credere’, verou+ ‘io credo’, plouti ‘navigare’, plov\ ‘io navigo’) non va confusa con l’alternanza vocalica radicale (v. p. 79). Esempio: il tema dell’infinito *smi- alterna con il tema del presente *sme-i- nel verbo smiqti s( ‘ridere’, 1ª sg sm:+ s( ‘io rido’. Dal grado forte della stessa radice *smoi- si forma invece per monottongazione il sostantivo sm:h) ‘riso’.

Page 99: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 91

consonante che precede (v. p. 101 per la mancata palatalizzazione delle velari in posizione di III palatalizzazione se seguite da ∞, y < *u- , *u). In posizione iniziale (dopo silenzio) la labialità riceve una articolazione autonoma sotto forma di protesi (approssimante labiovelare e poi fricativa labiodentale, v. p. 92 e nota 25). Nessuna parola slava inizia con ∞, y < *u- , *u.

La monottongazione dei dittonghi ha conseguenze sull’intonazione, giacché le nuove vocali lunghe che derivano da dittonghi con intonazione circonflessa la conservano su di sé: se prima le vocali brevi erano tutte circonflesse (discendenti) e le vocali lunghe erano tutte acute (ascendenti), e quindi l’intonazione era un fatto automatico e non marcato, adesso si oppongono vocali lunghe ascendenti a vocali lunghe discendenti.

14. La II palatalizzazione

Davanti alle nuove vocali anteriori nate da monottongazione (*e-2, *ı-2) le velari subiscono nuovi processi di palatalizzazione: k > c’, g > ≈’ (z’), x > s’: kaisar (< caesar) > *ke-sar > c:sar| (russo царь) ‘zar’; *kwoi‡n- > c:¢a ‘prezzo da pagare’ (cfr. greco poinhv, lat. poena). La affricata sonora ≈’ (dz’), che forse conosce ab origine una diffusione areale, si semplifica presto in fricativa dentale sonora (z’): il N pl m m)¢o™i (< *munog-ı-2) ‘molti’ può ricorrere nei testi del canone nella forma m)¢oæi . Nella Slavia meridionale la II palatalizzazione si verifica anche quando tra le velari e le nuove vocali *e-2, *ı-2 si frapponga la labiodentale v: *ku‡ > cv, *gu‡ > zv: cv:t) ‘fiore’, æv:æda ‘stella’.

La II palatalizzazione di k, g, x interessa soprattutto la flessione nominale (N pl m, L sg e pl m, DL sg f, NA duale f, L sg e pl n, NA duale n): N sg m vl|k) ‘lupo’, pl. vl|ci . Diversamente da quanto era avvenuto davanti alle vocali anteriori indoeuropee, davanti a *e-2, *ı-2 la palatalizzazione non riguarda l’elemento fricativo dei nessi sk, zg: k) gor: eleo¢|sc: ‘verso il monte degli Ulivi’. Si osserva però l’esito sk > st, e zg > zd dovuto alle semplificazione delle affricate: sk > sc’ (sts’) > st, zg > z≈’ (zdz’) > zd: rim|st:i cr|k)vi ‘alla chiesa romana’.

Page 100: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 92

15. Consonantizzazione delle semivocali Come abbiamo visto, le vocali alte i, u si comportano come sonoranti: in

posizione interconsonantica o tra consonante e silenzio (inizio e fine di parola) sono apice di sillaba, in posizione pre- e postvocalica realizzano gli allofoni j e w, i‡ e u‡ asillabici.

A seguito dei processi sin qui esaminati in protoslavo lo statuto delle due vocali si modifica: *i‡ e *u‡ semivocali postvocaliche (ricorrenti come secondo elemento di dittongo) scompaiono, assorbite nel nuovo monottongo o spostate all’inizio della sillaba seguente. Si conservano invece le semiconsonanti jod (approssimante palatale), se non inglobata nella consonante iodizzata (infinito *nos-i-ti, part. pass. passivo *nos-i-en- > *no-sjen- > ¢o{e¢) ‘portato’) e wau (approssimante labiovelare) in posizione prevocalica.

Non più allofoni di i, u, queste semiconsonanti hanno destini diversi: jod resta un’approssimante palatale, non sempre evidenziata a livello grafico; wau si dentalizza, trasformandosi nella labiodentale v (*medu-e-dß > *me-dwedß > medv:d| ‘orso’):

sequenza tipo di mutamento C-j-V iodizzazione della consonante e metafonia palatale della vocale (se posteriore) V-i‡-C monottongazione del dittongo V-i‡-V spostamento del confine di sillaba, trasformazione di i‡ > j, metafonia della

vocale (se posteriore), trasformazione di e > ß (ej > ßj) C-w-V spostamento del confine di sillaba e dentalizzazione w > v V-u‡ -C monottongazione del dittongo V-u‡ -V spostamento del confine di sillaba e dentalizzazione di u‡ > v

La dentalizzazione riguarda anche la *u‡ protetica che si sviluppa in

posizione iniziale di parola davanti a ∞, y < *u: *u-k- > *u‡u-k- > *vyk-: ¢av¨k¢\ti ‘imparare’ (cfr. russo навык ‘abito mentale’ e привычка ‘abitudine’; la radice *u-k- alterna con *ouk- da cui ou~iti , ‘insegnare, ammaestrare’, cfr. russo наука ‘scienza’); *u-ps- > *u-s- > *u‡u-s- > *vys-: v¨sok) ‘alto’; *up-, *u‡ up- > *v∞p-: v)piti ‘gridare, lamentarsi’ e v)pl| ‘grido, lamento’ (cfr. italiano upupa, l’uccello diurno così chiamato per il grido lugubre e monotono che emette).

Page 101: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 93

16. Semplificazione dei nessi consonantici La sillaba slava nel periodo della apertura della sillaba può terminare

esclusivamente in vocale se è finale di parola: droug) ‘amico’ (dru-gu), je¢a ‘donna’ (že-na), selo ‘villaggio’ (se-lo). Può terminare anche in sonorante se è interna alla parola: vr|h) ‘sommità’ (vr÷-xu).

Le consonanti che seguono l’ultima vocale in fine assoluta di parola cadono, modificando a volte timbro o quantità della vocale (v. p. 104). Le consonanti che si trovano alla fine della sillaba nel corpo della parola passano alla sillaba successiva e si comportano a seconda della sequenza di consonanti che viene così a crearsi.

La vocale può essere preceduta da un numero massimo di quattro consonanti (di cui la quarta può essere esclusivamente jod). Non esistono consonanti doppie.

La sequenza di consonanti nella sillaba deve rispettare il principio della sonorità crescente: nessuna consonante che venga a trovarsi davanti alla consonante di un gruppo situato alla sua sinistra (cioè meno sonora) o davanti a una consonante del suo stesso gruppo (cioè di uguale sonorità) può rimanere in quella posizione (eccezione: gd).

minima sonorità =============================== > massima sonorità

s, z, s, z p, b, t, d, k, g, x, c, c, ≈

v, m, n l, r j vocali

In qualità di quarta consonante può ricorrere solo jod, e solo dopo n, r, l,

che si palatalizzano. Le consonanti palatalizzate n’, r’, l’ non vengono indicate da grafemi appositi né in glagolitico né in cirillico, ma possono essere segnalate dalla vocale iodizzata; inoltre, la sequenza che termina in n’, r’, l’ non può iniziare con una fricativa dentale (sibilante), ma solo con le fricative palatali (scibilanti) s, z.

Nei nessi che comprendono consonanti dei primi due gruppi queste devono essere entrambe sonore o entrambe sorde (st, st, sk, sp / zd, zd, zg, zb). Le altre consonanti (v, m, n, l, r, j) non sono interessate alla opposizione sordità vs sonorità.

Page 102: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 94

Davanti a s, z, s, z qualunque altra consonante cade: bes)mr|t|¢) ‘immortale’, v:s) (*ved-s-∞) ‘portai’, 1ª sg dell’aoristo sigmatico di vesti ‘portare’ (v. p. 180), i{|d) (*iæ{|d)) ‘uscito fuori’, ostoqti (*obstoqti) ‘circondare’, ost\piti (*otst\piti) ‘fare un passo indietro’, ra{iriti (*raæ{iriti) ‘allargare’. La semplificazione ha luogo anche nei sintagmi composti da preposizione e sostantivo: beæ)lob¨ (*beæ æ)lob¨) ‘senza cattiveria’, besrama (*beæ srama) ‘senza vergogna’, is¨¢a (*iæ s¨¢a) ‘dal figlio’. Unica eccezione: zz > zd: *raæje}i > rajde}i ‘infiammare’.

Se una fricativa del primo gruppo precede una consonante del secondo in una parola composta o in un sintagma avvengono le seguenti trasformazioni:

– davanti a p, t, k, x la fricativa sonora si desonorizza (z > s): ispasti (*iæpasti) ‘decadere’, iskoupiti ‘riscattare’, ishoditi ‘uscire’, vesti (*veæti) ‘condurre’, bestrouda (*beæ trouda) ‘senza sforzo’, v)s ~|to (*v)æ ~|to) ‘di che cosa’;

– davanti a c [ts] la fricativa sonora si desonorizza in fricativa sorda (z > s), la fricativa sorda può mantenersi al suo posto o cadere, ovvero l’intero nesso si semplifica (sts > st): *iz-celiti > isc:liti , ic:liti , ist:liti ‘risanare’;

– davanti a c [ts] la fricativa tende a cadere, oppure l’intero nesso si desonorizza e si semplifica (sts > st): *bez-cislßn∞ > be~isl|¢) , be}isl|¢) ‘innumerevole’;

Se una fricativa del primo gruppo precede una consonante del terzo (r, l) davanti alla vibrante r l’articolazione del nesso è aiutato dalla inserzione di una dentale sorda o sonora (sr > str, zr > zdr): *s-ru-ja > strouq ‘corrente’, *os-r-∞ > ostr) ‘acuto’; raædr:{iti (*raær:{iti) ‘sciogliere, assolvere’, beædr\kou (*beæ r\kou) ‘senza le mani’.

Se due consonanti del secondo gruppo si vengono a trovare vicine, la prima delle due cade: *othoditi > ohoditi ‘andare via’, *otkr¨ti > okr¨ti ‘scoprire’, *pogrebti > pogreti ‘seppellire’, con tre importanti eccezioni:

– due dentali contigue si dissimilano (tt, dt > st): *ved-ti > vesti ‘portare’; – il nesso kt (gt) davanti a vocale anteriore > st: *rek-ti > re}i ‘dire’,

*mog-ti > mo}i ‘potere’; – nel nesso bv cade la labiodentale (bv > b): *obviti > obiti ‘avvolgere’.

Page 103: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 95

Se le consonanti del secondo gruppo precedono consonanti nasali e liquide si verificano le seguenti semplificazioni:

– il nesso skn si semplifica con la caduta della velare (skn > sn): *těskn∞ (< *toi‡sk-n-∞) > t:s¢) ‘stretto’;

– p, b, t, d cadono davanti a m, n: s)¢) < *s∞p-n-∞, ‘sonno’; v:m| < * ved-mı ‘io so’. Fa eccezione il prefisso ob: ob¢oviti ‘rinnovare’, ob¢ajiti ‘denudare’;

– i nessi dl, tl > l in slavo meridionale e orientale. Successivamente alla metatesi e alla ricomparsa delle sonoranti si riformano gruppi tla, tle, dla, dle, tl÷, dl÷, quando ormai nessi del tipo tl, dl sono ammissibili e perciò non soggetti a semplificazione.

Davanti a un’altra consonante nasale la prima cade senza lasciare traccia: ko¢∞| ‘cavallo’ < *kon- < *komn-.

17. Dittonghi in nasale

A partire dalla fine del periodo baltoslavo il protoslavo conosce sedici dittonghi in nasale, di cui otto continuano le sonoranti *n÷ e *m÷ 15: *a-n; *e-n; *ı-n < *n÷ ’; *u-n < *n÷ ; *a-m; *e-m; *ı-m < *m÷ ’; *u-m < *m÷ ; *an; *en; *ın < *n÷ ’; *un < *n÷ ; *am; *em; *ım < *m÷ ’; *um < *m÷ .

Davanti a vocale il dittongo viene reinterpretato come sequenza vocale-consonante (VC), e la consonante è inglobata nella sillaba seguente: *supn-u-s > s)¢) ‘sonno’.

Davanti a jod si formano le palatali n’, ml’, che entrano a far parte della sillaba che segue: *g’hem-ja > æemlq ‘terra’.

Davanti alle restanti consonanti e davanti a silenzio (#) il comportamento del dittongo varia a seconda della sua collocazione nella parola.

In posizione interconsonantica il dittongo si monottonga formando una vocale nasale anteriore se l’elemento vocalico del dittongo era anteriore,

15 Come abbiamo detto (v. p. 84) secondo la ricostruzione di alcuni studiosi la vocale che compone il dittongo in posizione davanti a consonante e silenzio (cioè in tutti i casi in cui il dittongo non si scioglie in una sequenza VC) è sempre breve, mentre il dittongo nel complesso è sempre lungo.

Page 104: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 96

posteriore nell’altro caso: *e-n, *e-m, *ı-n, *ı-m, *en, *em, *ın, *ım si monottongano in e: *mems- > m(so ‘mensa’ e ‘carne’; *kn÷ - > *cin- > ¢a~(ti (< *na-cin-ti; cfr: *na-cin-a-ti > ¢a~i¢ati) ‘cominciare’; *a-n, *a-m, *u-n, *u-m, *an, *am, *un, *um si monottongano in o16: *ang- > \g)l) ‘angolo’.

Questa nuova vocale posteriore, come *u- 2, non è metafonizzata da jod: a ¢og\ (nog-o) ‘piede’ (A sg f) corrisponde æeml+ (zeml’o) ‘terra’ (A sg f).

In posizione finale di parola (davanti a silenzio) la nasale viene assimilata nella articolazione della vocale che la precede se questa è lunga, cade senza lasciare traccia se questa è breve (ulteriori modifiche del vocalismo che intervengono in posizione finale di parola davanti a nasale v. p. 106): *n÷ -me-n > *ın-me-n > *ı-me-n > *jıme-n > im( ‘nome’17; *un > *u‡ un > v) ‘in’.

La n di *v∞n, *s∞n, *k∞n si conserva tuttavia in un contesto particolare, ovvero nell’unione con il pronome dimostrativo *i (< *jß; v. p. 150). Nell’unità accentuale costituita dal sintagma preposizione-pronome la nasale si iodizza e passa a fare parte delle forme del pronome: k) ¢&mou ‘verso di lui’, v) ¢&m| ‘in lui’, s) ¢∞im| ‘con lui’. Quando *v∞n, *s∞n sono prefissi fusi con il sostantivo in una sola parola (esempio: v)¢\tr| avv. ‘dentro’) la n si conserva anche davanti a vocale: v)¢(ti , s)¢(ti .

18. Sviluppo di jod protetico

La tendenza alla sonorità crescente favorisce lo sviluppo di una protesi davanti alle vocali in posizione iniziale di parola (dopo #): non potendo più fare sillaba con la consonante che segue, la vocale rimane isolata e fa sillaba a sé. Può sviluppare allora a sinistra uno jod protetico che ne permetta l’andamento crescente. Questa protesi si sviluppa regolarmente davanti alle vocali anteriori indoeuropee (*ı-,*ı,*e-,*e) e davanti alla nuova vocale nasale anteriore e, anche se la presenza dello jod non è sempre evidenziata a livello grafico:

16 I grafemi e, o sono frutto di una convenzione che si basa sull’alfabeto glagolitico; in realtà non è detto che in tutte le aree della Slavia le nasali fossero fonemi medio-alti.

17 Questa etimologia non è accettata da tutti gli studiosi.

Page 105: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 97

j + i = i iti (jiti) ‘andare’ j + ß = i im\ (jßmo) ‘io prendo’ j + e- = ’e (glagolitico) /ja :dro / qdro ‘nucleo’ j + e = je est| / &st| ‘è’ j + e = je (æ¨k) / `æ¨k) ‘lingua’

Quanto alle vocali posteriori, alcuni studiosi (Seliscev) ipotizzano che tutte

le parole in *a- abbiano sviluppato in protoslavo uno jod protetico, perdendolo poi in alcuni dialetti, che quelle in *u- 2 e in *o lo abbiano sviluppato saltuariamente (o dialettalmente) e che quelle in *a non lo abbiano sviluppato mai18. Nei codici paleoslavi la grafia : (q) è sporadica (qko ‘come’); può ricorrere dopo la congiunzione i , soprattutto quando intervocalica (i > j): v)pro{\ i :æ) v¨ per v)pro{\ i aæ) v¨ , “interrogherò anche io voi”19.

19. Dittonghi in liquida.

Il protoslavo conosce due tipi di dittonghi in liquida: quelli formati con le vocali alte *ı-, *u- , *ı, *u, che continuano le sonoranti i.e. *r÷, *l÷, e quelli formati con le vocali basse *a-, *e-, *a, *e, che continuano i dittonghi i.e. *a-l, *a-r, *e-l, *e-r, *o- l, *o-r, *al, *ar, *el, *er, *ol, *or20.

18 Svilupperanno più tardi protesi labiodentali in alcune lingue (cfr. osm| ‘otto’ > russo восемь).

19 Nella Slavia orientale sono rarissime le parole senza protesi (solo alcuni prestiti, la congiunzione a , l’interiezione ah) , pochi esiti anomali della metatesi delle liquide del tipo alkati ‘essere affamato, digiunare’). La presenza e l’assenza di jod protetico servono a contrapporre lessemi dotti quali aæ) ‘io’, ag¢ec) ‘agnello’, <rod) ‘folle santo’ (in paleoslavo \rod) ‘scemo’), <tro ‘mattina’, e lessemi popolari quali q(æ)), qg¢ec), ourod) , outro (la contrapposizione di <ou> e <<> assume valore solo dopo la II influenza slavo meridionale).

20 Come abbiamo detto (v. p. 84) non c’è omogeneità di vedute sulla quantità della vocale che compone i dittonghi. Secondo Seliscev, Chaburgaev, Aitzetmüller essa diventa sempre breve nel momento in cui entra a far parte del dittongo, e si riallunga in alcuni dialetti nel corso della risoluzione dello stesso. Van Wijk parla di metatesi o pleofonia dei dittonghi or, ol, er, el. Schenker, Radovich, Enrietti ricostruiscono la risoluzione dei dittonghi in liquida distinguendo tra vocali lunghe e brevi:

*a-r → *ra- (> ra) *ar →

*ar → *ra (> ro)

Page 106: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 98

I dittonghi in liquida (VR, dove R indica qualsiasi liquida21) potevano occorrere in posizione iniziale (dopo silenzio), internamente alla parola (davanti a vocale o davanti a consonante) o in fine di parola.

In fine di parola (davanti a silenzio) il dittongo è risolto con la caduta delle consonanti liquide. Davanti a vocale è reinterpretato come sequenza vocale-consonante (VC) con spostamento del confine di sillaba: *měr-i-ti > m:riti (mě-ri-ti) ‘misurare’. Davanti a jod si formano le palatali r’, l’ che fanno sillaba con la vocale seguente: *měr-i-o > m:r+ (mě-r’o) ‘io misuro’. Davanti a consonante l’anomalia della loro posizione, contraria alla legge della sonorità crescente, viene risolta mediante il ricorso alla metatesi: *mel-ti > ml:ti (mlě-ti) ‘macinare’, *mel-jo > mel+ (me-l’o) ‘io macino’.

La metatesi si verifica inizialmente in posizione iniziale di parola (#VRC) con esiti poco differenziati nelle diverse lingue slave: la sequenza #a-RC, #aRC (unico esempio attestato della formula #VRC) viene risolta come *Ra-C, *RaC. La differenziazione dialettale riguarda la quantità vocalica, e viene descritta diversamente (fatta salva la coincidenza degli esiti) in base alla ricostruzione della quantità della vocale all’interno del dittongo.

Secondo la ricostruzione di chi assume la diversa quantità vocalica delle sequenze #a-RC, #aRC i dialetti slavi settentrionali mantengono la distinzione tra vocale lunga e vocale breve, mentre quelli meridionali allungano la vocale breve conservandone l’intonazione circonflessa. Chi crede nella riduzione *a-R > *aR afferma invece che in posizione dopo silenzio la metatesi delle liquide è complicata nei dialetti slavi orientali e occidentali (cioè in tutti i dialetti settentrionali) dall’allungamento sotto intonazione acuta (ex vocali lunghe), mentre nei dialetti meridionali l’allungamento si verifica sotto entrambe le intonazioni:

21 Sono possibili diversi sistemi di simbolizzazione, che riflettono diverse convenzioni: a) le vocali possono essere indicate nella loro forma protoslava più antica (*a, *e, *i, *o, *u) in quella intermedia (*æ, *å, *i, *u) o in quella tarda, slavo-comune (a, o, i, ß, y, ∞, e, e); b) le consonanti possono essere indicate con t, T, oppure C; c) le liquide possono essere indicate con un solo simbolo: R. Le sigle *ort, *tolt sono equivalenti alle sigle #VRC (silenzio + vocale + liquida + consonante), CVRC (consonante + vocale + liquida + consonante).

Page 107: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 99

protoslavo russo polacco ceco serbo paleoslavo *aruın- рóвный równy rovny rávan rav|¢) *alkut- лóкоть ∏okiec loket la£kat lak)t| *a-rdl- рáло rad∏o rádlo ra¥lo ralo *a-lkam- лáкомый ∏akomy lakomy la¥kom lakom)

Uno stadio successivo vede la soluzione dei dittonghi generati da sonoranti,

ovvero delle sequenze del tipo Cı-RC, Cu-RC, CıRC, CuRC. In una prima fase, comune a tutte le lingue slave, la vocale si perde e la

funzione vocalica (sillabica) ritorna sulla sonorante, che può essere dura o molle22 a seconda della qualità della vocale perduta e di intonazione acuta o circonflessa a seconda della lunghezza (quantità) della vocale perduta23. La trasformazione ulteriore si colloca alla fine del periodo slavo comune, quando la legge della sillaba aperta comincia a non essere più operante e i dialetti di alcune aree della Slavia sviluppano nuovamente vocali protetiche.

Le sequenze del tipo Ce-RC, Ca-RC, CeRC, CaRC (CVRC) sono tra le

ultime a mutare. I loro esiti sono differenziati dialettalmente, e testimoniano da un lato la contrapposizione di una slavia meridionale e di una slavia settentrionale, dall’altro la frattura di questa seconda in due grandi aree, orientale e occidentale.

Nei dialetti slavi meridionali e in quelli occidentali del sud (progenitori del ceco e dello slovacco) i dittonghi sono eliminati tramite metatesi. Secondo la ricostruzione di chi assume la effettiva presenza di una diversa quantità vocalica nelle sequenze Ca-RC, CaRC, la metatesi è complicata con l’allungamento della vocale breve: CRe-C, CRa-C. Chi crede alla riduzione *a-R > *aR afferma che in posizione interconsonantica la metatesi delle liquide è complicata dall’allungamento sotto entrambe le intonazioni.

22 Si definiscono dure le consonanti la cui articolazione può coesistere con l’articolazione delle vocali posteriori all’interno della stessa sillaba; si definiscono molli le consonanti (palatali e palatalizzate) che formano sillaba esclusivamente con le vocali anteriori, o con le nuove vocali del protoslavo che pur essendo posteriori possono sviluppare un intacco molle.

23 Queste sonoranti vengono rese graficamente in paleoslavo dai nessi <r|> <r)> <l|> <l)>.

Page 108: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 100

In area settentrionale i dittonghi sono risolti con l’introduzione di una vocale epentetica che crea una sequenza bisillaba del tipo CVRVC (trasformazione nota con il nome di “pleofonia” (polnoglasie):

– in slavo orientale la sequenza è del tipo CV1RV2C, dove V1 è la vocale originaria, sempre breve, mentre V2 è una vocale epentetica breve alta, omorganica a V1, il cui sviluppo successivo coincide con quello degli jer in posizione forte (v. p. 108). La diversa intonazione si riflette nella diversa accentazione: laddove l’intonazione dei dittonghi era acuta (vocale lunga) oggi in russo abbiamo la pronuncia -oró-, -eré-, -oló- (ворóна, вперëд, болóто)24. Laddove l’intonazione dei dittonghi era circonflessa (vocale breve) oggi in russo abbiamo la pronuncia -óro-, -ére-, -ólo- (гóрод, бéрег, гóлод).

– in slavo occidentale (esclusi i dialetti del sud, progenitori del ceco e dello slovacco) la sequenza è del tipo CV2RV1C, dove V1 è la vocale originaria e V2 una vocale epentetica breve alta, omorganica a V1, il cui sviluppo successivo coincide con quello degli jer in posizione debole (v. p. 108):

protoslavo russo polacco serbo paleoslavo

*gard- гóрод gród gra£d grad) *u‡a-rn- вoрóна wrona vra¥na *vra¢a *berg- бéрег brzeg bre£g br:g) *be-rz- берëза brzoza bre¥za *br:æa *gald- гóлод g∏ód gla£d glad) *ba-lt- болóто b∏oto bla¥to blato *melk- молокó mleko mléko ml:ko

In questa ultima fase dello slavo comune tardo una nuova trasformazione

attende anche le sequenze del tipo Cı-RC, Cu-RC, CıRC, CuRC. Nei dialetti slavi meridionali e in quelli occidentali del sud (progenitori del ceco e dello slovacco) le sonoranti si conservano e le molli confluiscono con le dure: r÷, l÷. In slavo orientale le sonoranti non si conservano, *r÷ e *r÷’ hanno esiti distinti [∞r], [ßr], mentre *l÷’ confluisce con *l÷ per la velarizzazione della liquida: [∞∏]; gli jer si vocalizzano come jer forti ([e], [o]). In slavo occidentale le sonoranti

24 Ce-lC, CelC confluiscono con Ca-lC, CalC in slavo orientale, in polabo e in casciubo (per la velarizzazione della liquida).

Page 109: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 101

non si conservano, gli esiti di *r÷’, *l÷’ non sono uguali a quelli di *r÷, *l÷, gli jer si mantengono molto a lungo e si vocalizzano con criteri diversi da quelli degli jer forti e dipendenti dal contesto articolatorio:

protoslavo slavo or. russo polacco serbo paleoslavo

*sr÷’p- sßrp∞ сéрп sierp sr£p sr|p) *tr÷g- t∞rg∞ тóрг targ tr£g tr)g) *vl÷’k- v∞lk∞ вóлк wilk vu£k vl|k) *sl÷n-ık- s∞lnßce сóлнце s∏once su£nce sl)¢|ce *gr÷-dl- g∞rlo гóрло gard∏o gr¥lo gr)lo *pl÷ø’n- p∞ln- пóлный pe∏ny pu¥n pl|¢)

20. La III palatalizzazione

Lo stesso esito che si ottiene per II palatalizzazione davanti alle nuove vocali anteriori si può ottenere quando la velare viene a trovarsi dopo le vocali anteriori indoeuropee *ı-, *ı, dopo le nuove vocali anteriori *ı-2, e (< *in, *im), dopo la nuova sonorante r÷ (< *ir; questa ultima condizione non è accettata da tutti gli studiosi) e non è seguita da consonante o da *u- , *u25: k > c’, g > ≈’ (z’), x > s’. Se nelle altre due palatalizzazioni l’azione della vocale è regressiva (agisce cioè da destra verso sinistra), qui la vocale anteriore ha un’azione progressiva, agisce cioè sulla velare che la segue.

L’identità degli esiti della II e della III palatalizzazione e la difficoltà di definire le condizioni della realizzazione di quella progressiva hanno ingenerato grandi discussioni sulla cronologia relativa delle palatalizzazioni (chiamate I, II, III da Baudouin de Courtenay).

Alcuni ritengono che la cosiddetta III palatalizzazione sia anteriore alla II, o addirittura sia la più antica delle tre. A favore citano igo (< *i‡ug-o-m) ‘giogo’, che dimostrerebbe come la palatalizzazione progressiva non sia più operante nel momento in cui le vocali posteriori si metafonizzano dopo jod:

25 Le vocali alte posteriori *u-, *u, che sono in via di delabializzazione, rigettano la loro labialità sulla consonante velare che le precede; la labializzazione (che corrisponde acusticamente a una bemollizzazione, cioè all’abbassamento del secondo formante), rende impossibile la palatalizzazione (che corrisponde acusticamente alla diesizzazione, cioè all’innalzamento del secondo formante). In posizione dopo silenzio la labialità ‘rigettata’ si manifesta sotto forma di protesi: *u‡∞- > v|-, *u‡ y > v¨-.

Page 110: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 102

per questo igo e non *i™o . Argomentazione topica a favore del fatto che la III palatalizzazione avrebbe preceduto la II sono le forme del tipo ot|ci (L sg di ot|c| ‘padre’). Questo sostantivo in *o (*otikos) dovrebbe avere al L sg la terminazione -e < *ai‡. La terminazione -i sarebbe prova della metafonia *a > *e dopo consonante palatalizzata per III palatalizzazione (*ai‡ > *ei‡ > -i): *otßkai‡ > *otßc’ai‡ > *otßc’ei‡ > ot|ci . Se la velare si fosse palatalizzata per II palatalizzazione (k > c’ davanti a e < *ai‡) si sarebbe ottenuto *ot|c:.

La maggior parte degli studiosi è però di opinione contraria. Forme tipo r:ka, k)¢(™| , mr|cati valgono a corroborare la tesi secondo cui la III palatalizzazione sarebbe una trasformazione tarda: se infatti la palatalizzazione avesse preceduto la monottongazione dei dittonghi avremmo avuto *r:ca (< *rai‡ca < *rai‡ka); ugualmente in k)¢(™| , mr|cati le condizioni per la III palatalizzazione si creano solo dopo l’apertura delle sillabe e la conseguente formazione di nuove vocali nasali e nuove sonoranti (prima la velare è preceduta da consonanti: *kuningos, *mırkati). Per quanto riguarda la forma ot|ci , i sostenitori dell’anteriorità della II palatalizzazione ritengono trattarsi di analogia morfologica (dopo il passaggio k > c’ sostantivi del tipo ot|c| seguono in tutto la declinazione di tipo molle) e citano a proprio favore forme quali v|s:h) (G pl del pronome v|s|): se fosse vera l’ipotesi dell’anteriorità della III palatalizzazione dovremmo avere G pl *v|sih) (< *vßs’ei‡x∞ < *vßs’-ai‡x∞ < *vßx-oi‡x∞). La forma v|s:h) dimostra invece che il passaggio *ai‡ > e e la palatalizzazione di x > s’ per II palatalizzazione (davanti a vocale di origine dittongale) è precedente alla III palatalizzazione. I sostenitori della prima ipotesi spiegano le forme del tipo v|s:h) come frutto di analogia morfologica.

Il livellamento del tema è invocato dagli studiosi di questo orientamento a spiegare il comportamento dei paradigmi nominali in generale: se condizione di non realizzazione della III palatalizzazione è la presenza di ∞, y < *u- , *u dopo consonante velare dovremmo avere N sg *k)¢(g| , *ot|k) , di contro ai G sg k)¢(™q (k∞ne≈’a) e ot|cq (otßc’a). La scarsa economicità di un paradigma in cui la consonante radicale appare ora come occlusiva velare, ora come affricata dentale, è evidente. Meno evidente è perché in alcuni casi si generalizzi l’occlusiva, in altri l’affricata. L’analogia morfologica potrebbe

Page 111: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 103

forse combinarsi a considerazioni di carattere semantico: così il suffisso -ik- compare in entrambe le forme (-ik- e -ic-), specializzandosi per generi (occlusiva velare per il maschile, affricata dentale per il femminile26).

21. Nuova metafonia palatale

Dopo le nuove consonanti molli le vocali posteriori di ascendenza indoeuropea diventano anteriori: *a- > *e-, *u- > *ı-; *a > *e, *u > *ı. Successivamente nei dialetti che si riflettono nell’alfabeto cirillico la *e- derivata dalla metafonizzazione di *a- si aprirà in una nuova realizzazione, [’a], indicata con <a> o con il nuovo grafema: <q> (v. p. 107):

22. Slavia settentrionale e Slavia meridionale

La II e la III palatalizzazione non riguardano la totalità della Slavia; come la semplificazione del nesso tl, dl, o la presenza di l epentetica nel confine di morfema, esse riflettono la frattura della Slavia in due zone, una meridionale (sud-orientale) e una settentrionale (nord-occidentale), più arcaica27, periferica rispetto al centro propulsore delle innovazioni:

Slavia sud-orientale Slavia nord-occidentale

II pal.: k > c’, g > ≈’ (z’), x > s’ c:l) ‘intero’; ¢a rouc: ‘sul braccio’; ¢a ¢o™: ‘sulla gamba’; s:r) ‘grigio’

II pal.: k > k, g > g, x > x (Novgorod) k:le ‘intero’; ¢a rouk: ‘sul braccio’; ¢a ¢og: ‘sulla gamba’; h:re ‘grigio’

*ku‡ > cv, *gu‡ > zv cv:t) ‘fiore’; æv:æda ‘stella’

*ku‡ > kv, *gu‡ > gv kv:te ‘fiore’, gv:æda ‘stella’ (Novgorod) kvet, hvezda (ceco), kwiat, gwiazda (polacco)

III pal.: k > c’, g > ≈’ (z’), x > s’ *vıx- > *vıs’> v|s| ‘tutto’

III pal.: k > c’, g > ≈’ (z’), x > x, s’ x = x: v|h| (Novgorod) x > s’: wszystek, wszystko (polacco)

26 Alla luce del comportamento del suffisso -ik- Chaburgaev propone questa riformulazione delle condizioni della III palatalizzazione: dopo i, ß, e, r÷ davanti alla vocale aperta a.

27 Cfr. F. V. Mares, “Die Tetrachotomie und doppelte Dichotomie der slavischen Sprachen”, in Wiener Slavistische Jahrbuch 26 (1980), pp. 33-45; M. Enrietti, “L’apertura e la richiusura delle vocali in protoslavo”, in Europa Orientalis VI, 1987, pp. 7-24, e Id., “Di una concordanza dello slavo settentrionale col baltico (a proposito di jat’ terzo)”, in Res Balticae, 1996, pp. 39-49.

Page 112: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 104

A questo punto il sistema consonantico del protoslavo presenta il seguente aspetto (assumo la tesi di una fase intermedia *t’, *d’, non considero l’esito dei nessi *sk, *zg, ecc. davanti a vocale anteriore e j, indico tra parentesi i fonemi presenti solo in parti della Slavia):

labiali dentali palatali velari

occlusive p b t d t’ d’ k g fricative v s(’) z(’) š’ ž’ x (g) affricate c’ ≈’ č’ (≈’) nasali m n n’ liquide r l r’ l’ approssimanti j

23. Fine della parola

In fine di parola si notano alcune particolarità, legate all’indebolimento dell’articolazione. Come si è già detto, dentali, fricative e liquide finali di parola cadono, la nasale viene assimilata nell’articolazione della vocale che la precede se questa è lunga, cade senza lasciare traccia se questa è breve. Le vocali tendono a chiudersi: *mate-r > mati ‘madre’ N sg28, le consonanti molli induriscono, metafonizzando le vocali che le seguono: *-t’ı antica desinenza della 3ª persona sg e pl diventa *-tu (v. p. 162).

Davanti alle desinenze *-s (N sg m) e *-n (A sg e G pl di tutte le classi flessive) la vocale posteriore breve *a (*å < *o) aumenta la labializzazione: *brat-as > *brat-us > brat) N sg e *bratan > *bratun > brat) ‘fratello’ A sg e G pl.

Davanti alla desinenza *-ns (A pl di tutte le classi flessive) la vocale posteriore breve *a (*å < *o) aumenta la labializzazione: *a > *u, la vocale posteriore breve *u si allunga: *u > *u- . La vocale anteriore breve *ı si allunga: *ı > *ı-. Quando la desinenza *-ns si trova dopo consonante (Cns) la nasale interconsonantica diventa sillabica: l’elemento vocalico sviluppato dalla sonorante diventa anch’esso lungo: Cns > Cn÷ s > Cıns > Cı-ns > Cı-:

28 Alcuni studiosi ritengono invece che la terminazione del nominativo singolare *-te- < *-te-r sia stata rimpiazzata da -ti per analogia con i femminili in *i.

Page 113: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 105

*o -ans > -u-ns > u- *bratans > bratu- brat¨ ‘fratelli’ *a- -a-ns > u-ns > u- *gora-ns > goru- gor¨ ‘montagne’ *u -uns > -u-ns > u- *su-nuns > su-nu- s¨¢¨ ‘figli’ *ı -ıns > -ı-ns > ı- *kostıns > kostı- kosti ‘ossa’ *C -Cns > -Cn÷ s > -Cıns > Cı- *materns > materı- materi ‘madri’

Per ciò che riguarda i temi in *jo, *ja-, il comportamento della vocale dopo

jod e davanti a s, n, ns non è coerente: davanti a s, n la labializzazione precede la metafonia, ovvero lo jod interviene al termine del processo di labializ-zazione e perdita della nasalità, metafonizzando la terminazione del tipo duro: *jas > *jus > *j∞ > ’ß; *jan > *jun > *j∞ > *j∞ > ’ß; *ja-n > *jo > ’o.

Davanti a ns la metafonia precede la labializzazione, che non ha luogo. La vocale anteriore breve *je (< *jo) si allunga, quindi *je-ns (< *jons) e *je-ns (< *ja-ns) > -je29:

*jo -jas > -jus > -j∞ -jan > -jun > -j∞ > -j∞ -jans > -jens > -je-ns > -je

*konjas > kon’ß *konjan > kon’ß *konjans > kon’e

ko¢∞| ko¢∞| ko¢`

‘cavallo’ N sg ‘cavallo’ A sg ‘cavalli’ A pl

*ja- -ja-n > -jo -ja-ns > -je-ns > -je

*zemja-n > zeml’o *zemja-ns > zeml’e

æeml+ æeml`

‘terra’ A sg ‘terre’ A pl

Nella declinazione agisce fortissimo il principio dell’analogia morfologica,

così che spesso la spiegazione di una terminazione non va ricercata nei processi fonetici: per esempio il N sg dei sostantivi neutri in *o dovrebbe coincidere con l’A sg m: *sel) < *sel-o-n. Invece i neutri adottano la terminazione -o della flessione pronominale: selo ‘villaggio’ (v. p. 120).

24. Trasformazione della quantità in timbro

L’ultima mutazione del tardo protoslavo è legata alla defonologizzazione dell’opposizione di quantità (non è più possibile l’esistenza di una coppia lunga/breve con i medesimi tratti distintivi di tensione30, compattezza31,

29 La vocale anteriore lunga si comporta diversamente nella Slavia orientale, dove *je-ns > *je- (jat’ terzo): *konjans > ko¢: , ‘cavalli’ A pl, *zemja-ns > æeml: , ‘terre’ A pl.

30 Si definisce teso un segmento prodotto con maggiore energia articolatoria e con caratteristiche acustiche (di intensità, timbro, durata) maggiormente rilevate rispetto al suo corrispettivo non teso (o rilassato).

Page 114: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 106

labialità). La differenza tra le due vocali (differenza che si lega a diversi significati: per esempio *su-nu ‘figlio’, *sunu ‘sonno, sogno’) deve essere fondata sulla qualità del suono.

La diversificazione qualitativa delle vocali alte avviene in base al tratto di tensione: le vocali lunghe più tese, quelle brevi meno tese: *ı- > i, *ı > ß, *u- > y, *u > ∞.

La diversificazione qualitativa delle vocali basse avviene secondo diverse modalità. Per le vocali posteriori tratto distintivo è la labialità: *a > o (accentuazione della labializzazione) *a- > a (perdita della labializzazione e aumento dell’apertura). In quanto alla coppia *e / *e-, i dialetti riflessi nell’alfabeto glagolitico mostrano i seguenti esiti: la breve più chiusa (*e > e), la lunga più aperta (*e- > æ)32. Il grafema A indica in glagolitico un suono vocalico aperto che continua sia *e- dopo consonante non palatale (m:sto < *me-t-t-o ‘posto’, cfr. latino me-ta), sia *e- dopo consonante palatale (kri~:ti < *krik-e--ti), sia *e-2 di origine dittongale (c:¢a < *ka-i‡-na), sia *e- derivante dalla metafonizzazione di *a- dopo consonante palatale (mo: < *mai‡-a):

*ı- > (’)i *u- > y *ı > (’)ß *u > ∞ *e > (’)e *a > o *e- > (’)ä *a- > a

Diversa è la realtà descritta dai creatori dell’alfabeto cirillico, per i quali

m:sto non si pronuncia affatto come moq. In posizione dopo consonante palatale la *e- indoeuropea e la *e- derivante dalla metafonizzazione di *a- coincidono in una nuova vocale molto aperta, [’a], che può stare solo dopo vocale, dopo jod o dopo consonante palatale e si indica con un nuovo grafema: <q> (o anche <a> dopo c, ž, s, st, zd, c): moq, kri~ati . Rispetto a questa

31 Si definisce compatto un segmento caratterizzato da concentrazione di energia nella parte centrale dello spettro acustico: /a/ è più compatta di /e/, che è più compatta di /i/.

32 Questo processo sembra divergere da quello spontaneo, per cui a chiudersi sono le vocali lunghe. Un’interessante spiegazione, che ipotizza un influsso straniero, e specificamente quello del latino di Dacia, sullo slavo, è proposta da Enrietti: M. Enrietti, “La caduta degli jer quarta ‘legge’ del protoslavo?”, in Ricerche slavistiche XLV-XLVI (1998-1999), pp. 87-97.

Page 115: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 107

vocale, sia la *e- i.e. dopo consonante non palatale sia *e-2 ha una articolazione meno aperta, non possiede correlato posteriore, e non può mai trovarsi dopo consonante palatale (ad eccezione delle palatali frutto di II e III palatalizzazione c’, ≈’, z’, s’): a indicarla si usa il grafema <:>33:

*ı- > (’)i *u- > y *ı > (’)ß *u > ∞ *e > (’)e *a > o *e- > e *e- > ’a *a- > a

25. Nuove alternanze vocaliche

Il nuovo vocalismo si riflette naturalmente sui fenomeni apofonici ereditati dalle più antiche alternanze indoeuropee, qualitative e quantitative:

alternanze quantitative: *o/*o- > o/a; *e/*e- > e/e; *ı/*ı- > ß/i; *u/*u- > ∞/y alternanze qualitative: *e-/*o- > e/a; *e/*o > e/o alternanze quantitativo-qualitative: *e/*ı > e/ß; *e-/*ı > e/ß; *a/*u > o/∞; *u/*ou‡ > ∞/u

Tutte queste alternanze hanno valore tematico, oppongono temi verbali a

temi nominali, formano coppie aspettuali (verbi perfettivi e verbi imperfettivi), servono a individuare azioni brevi e unidirezionali (ex vocale breve) e azioni di durata indefinita, o più volte ripetuta (ex vocale lunga), differenziano il tema del presente dal tema dell’infinito: s)b|rati ‘raccogliere’ perf., s)ber\ ‘io raccolgo’ perf., s)birati ‘raccogliere’ imperf., s)bor) ‘raccolta’; pos)lati ‘inviare’ perf., pos¨lati ‘inviare’ imperf.; sko~iti ‘fare un salto’, skakati ‘saltare’; ¢esti , ¢ositi ‘portare’, ¢osila ‘barella’; s:d:ti ‘essere seduti’, saditi ‘piantare’; æ)vati ‘chiamare’, æov\ ‘io chiamo’, g)¢ati ‘inseguire’, je¢\ ‘io inseguo’, go¢iti ‘perseguitare’; sv:titi ‘illuminare’, sv:t) ‘luce’, sv|t:ti s( ‘illuminarsi’; douhati e d¨hati ‘respirare’, douh) ‘spirito’, d)h¢ove¢ie ‘respiro’.

33 L’evoluzione ulteriore di e nelle diverse lingue slave è varia: in slavo orientale è sospinto in alto, contrapponendosi a [e] (fonema medio-basso, aperto come “è” in italiano) come fonema medio-alto chiuso, dalla probabile pronuncia dittongale [ıeØ ]. In ucraino la chiusura si accentua ancora: [i]. Alla diversa pronuncia dello jat’ si deve la suddivisione del serbo e del croato in ikavo, ekavo e ijekavo.

Page 116: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 108

26. Gli jer Si chiamano jer (dal nome del grafema in paleoslavo) le vocali ridotte nate

nel momento in cui la quantità si perde e le vocali si differenziano per timbro: si distingue uno jer posteriore, detto jer duro (∞ < *u) e uno jer anteriore, detto jer molle (ß < *ı). Diversamente da quanto si è detto delle altre vocali, il valore delle vocali ridotte dipende dalla loro posizione: in posizione forte la loro pronuncia doveva essere più netta, in posizione debole più indistinta.

Gli jer sono deboli in tre posizioni: 1) alla fine di una parola (o meglio di unità accentuale) non monosillaba; 2) in posizione atona, davanti a una sillaba che contenga una vocale piena; 3) in posizione atona, davanti a una sillaba che contenga ∞, ß in posizione

forte (che cioè valgono come una vocale piena). Gli jer sono forti in due posizioni: 1) sotto accento34; 2) a prescindere dall’accento, quando precedono una sillaba che contiene ∞,

ß in posizione debole. Quando precedono jod, anche nel confine di due parole, gli jer si tendono,

riacquistando il valore della vocale piena. Infatti, se lo jer davanti a jod si tende, le vocali, al contrario, si riducono35, così che /y/ e /∞/, /i/ e /ß/ davanti a jod coincidono in un unico suono, che indichiamo con ∞• , ß• o più raramente con y• , ı•: ∞j > ∞• [y], ßj > ∞• [i] L’equivalenza fonetica delle sequenze (ßj = ij e ∞j = yj) può dare luogo a oscillazioni nella grafia: cfr. i sostantivi neutri formati con il suffisso -ß• je del tipo æ¢ame¢i& / æ¢ame¢|& ‘segno’, e i collettivi in -ß• ja del tipo bratiq / brat|q ‘confraternita’ (morfologicamente femminili singolari); delle due grafie è normativa la prima.

Già nel periodo paleoslavo gli jer tendono a confondersi (la scelta tra ∞ e ß non è più etimologica e dipende dalle scuole scrittorie) o a essere omessi (quasi sempre nella prima sillaba: m)¢ogo > m¢ogo). In alcuni manoscritti del

34 Ma cfr. l’opinione contraria di A. Zaliznjak, Nezavisimost’ evoljucii reducirovannyx ot udarenija v vostočnoslavjanskom. Struktura teksta-81. Tezisy simpoziuma. M. 1981, pp. 28-31.

35 Ricordiamo l’esito del dittongo *ei‡ davanti a V, con l’assimilazione della vocale e > i > ß (cfr. N pl m dei nomi in *i *gost-ei‡-es > gostß•je con doppia grafia gosti& / gost|&).

Page 117: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Fonetica 109

canone si nota la tendenza a usare ß davanti a sillaba che contenga vocale anteriore, ∞ davanti a sillaba che contenga vocale posteriore (assimilazione detta ‘legge di Jagic); ∞ prevale in posizione finale e dopo s, c, z, st, zd, c, z < dz (labiovelarizzazione detta ‘legge di Kul’bakin’).

Al momento della dissoluzione dello slavo comune la sorte degli jer varia nelle diverse zone della Slavia, con alcune costanti: gli jer (tesi e non) in posizione debole cadono (al loro posto può comparire ß o più raramente ∞ con funzione grafica); gli jer (tesi e non) in posizione forte sono sostituiti da altre vocali (si vocalizzano): ß > [e], ∞ > [o] nello slavo orientale e nei dialetti macedoni. Questo si riflette sulla morfologia: N sg m degli aggettivi di tipo duro *∞jß > -oi, N sg m degli aggettivi di tipo molle *ßjß > -ei.

In molti dialetti bulgari ∞ > [ƒ] (graficamente <∞>), ß > [e], in altri ∞ e ß > [ƒ] (graficamente <∞>) in tutte le posizioni. In serbo e in croato ∞ e ß > [ƒ] (graficamente <ß>, sino al XIV secolo) e poi quasi sempre [a] (graficamente <a>). In sloveno entrambi gli jer danno [ƒ] (graficamente <e>) quando la vocale è breve, danno [a] quando la vocale è lunga. In slovacco gli esiti sono molto differenziati: per ß prevale l’esito [e] accanto agli esiti [a], [a:], graficamente <á>) e [o]; per ∞ prevale l’esito [o] accanto agli esiti [e], [a], [a:]:

ß ∞ protoslavo *dın-ı-s *sun-u-s paleoslavo dßnß s∞n∞ bulgaro den s∞n macedone den son serbo dan san croato dan san sloveno dan sen slovacco dnes sen ceco den sen polacco dzien sen ucraino denß son bielorusso dzenß son russo denß son

Page 118: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine
Page 119: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia 1. Le parti del discorso

Le parole del protoslavo appartengono a due fondamentali categorie, quella del nome e quella del verbo. I nomi si declinano. I verbi si coniugano. Comuni al nome e al verbo sono le categorie di genere (maschile, femminile, neutro) e numero (singolare, duale, plurale). Inoltre, il nome muta secondo la categoria di caso, il verbo secondo quelle di persona, di tempo e di modo.

Alla categoria del nome appartengono sostantivi e aggettivi, che seguono la flessione nominale. Al suo interno si individua una classe chiusa formata da alcuni sostantivi e da alcuni aggettivi che seguono un tipo particolare di flessione, detta flessione pronominale. L’una e l’altra sono articolate in tre generi, tre numeri e sei casi: nominativo (N), genitivo (G), dativo (D), accusativo (A), strumentale (S) e locativo (L). Al singolare la flessione nominale conosce una particolare forma allocutiva: il caso vocativo (V).

I verbi possono essere attivi, riflessivi (con l’aggiunta del pronome di 3ª persona al caso accusativo: s() o passivi (costruzione analitica con il participio passivo). Dei quattro modi verbali dell’indoeuropeo il protoslavo conserva il modo indicativo e quello ottativo, le cui forme vengono reinterpretate quali forme dell’imperativo. Il sistema dei tempi finiti, comune alla maggior parte delle lingue i.e. (presente, futuro, imperfetto, aoristo, perfetto, piuccheperfetto) è arricchito dallo svilupparsi di un complesso sistema di opposizioni aspettuali.

Sia i nomi che i verbi sono analizzabili in tema e desinenza. La desinenza (o flessione) è un elemento variabile che si aggiunge al tema ed esprime il numero, il genere e il caso (per i nomi), la persona, il tempo e il numero (per i verbi). Ciò che resta della parola, eliminata la desinenza, è il tema. Questo è composto dalla radice e da eventuali suffissi.

Page 120: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 112

I suffissi possono essere vocalici o consonantici, tematici o non tematici. I suffissi tematici determinano l’appartenenza dei nomi e dei verbi a diverse classi: i nomi si classificano in nove tipi flessivi; i verbi si classificano in due coniugazioni in base al suffisso tematico del presente, mentre il suffisso dell’infinito individua un sistema complesso di gruppi e sottotipi.

Le desinenze si uniscono direttamente alla radice in pochi casi eccezionali, per esempio *kry, in russo кровь ‘sangue‘, che si usa ancora oggi in alcune parlate slave occidentali, oppure *bry, in russo бровь ‘sopracciglio’: di norma tra la radice e la desinenza è sempre presente un suffisso tematico. L’insieme costituito dalla desinenza e dal suffisso tematico si chiama ‘terminazione’.

Nella flessione nominale sono numerosi i suffissi non tematici che si inseriscono tra la radice e la vocale tematica e, non incidendo sulla appartenenza del nome a una classe di declinazione, ne modificano il significato: possono formare diminutivi o peggiorativi, derivare da un nome un aggettivo, da un’azione il nome di colui che la compie ecc. Se chiamiamo P un eventuale prefisso, R la radice, S eventuali suffissi non tematici, VT i suffissi tematici vocalici, CT i suffissi tematici consonantici, D la desinenza otteniamo le seguenti possibili combinazioni: per i temi vocalici (P)-R-(S)-VT-D, per i temi consonantici (P)-R-CT-D. 2. Il nome

Il sistema della flessione nominale slavo comune, già in crisi nella fase testimoniataci dal paleoslavo, si compone di quattro classi con tema vocalico (*o, *a-, *ı, *u), una classe con tema vocalico al N sg (*u-) e consonantico nel resto della declinazione (-∞v- < *uu‡ ), quattro classi con tema consonantico (*n, *nt, *s, *r). Le classi più ricche e produttive, quelle dei temi in *o e in *a-, contengono al proprio interno un sottotipo, detto ‘tipo molle’, caratterizzato dalla presenza del suffisso -j-: i temi in *jo e i temi in *ja-.

La legge della sillaba aperta, e le conseguenti modificazioni che interessano la fine della parola (caduta di consonanti, monottongazione di dittonghi, formazione di vocali nasali), hanno determinato la fusione della vocale

Page 121: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

113

tematica e della desinenza in un sistema di terminazioni, che, pur derivando da quella i.e., si presenta nel paleoslavo in una veste fonetica nuova1:

N G maschile neutro femminile

-) -o

-a -a

rab) , raba

l:to , l:ta

-’| -’e

-’a -’a

ko¢∞| , ko¢q m\j| , m\ja

pol& , polq s)¢|mi}e , s)¢|mi}a

-ii -ie

-iq -iq

jr:bii , jr:biq

æ¢ame¢i& , æ¢ame¢iq

-a -y vo&voda , vo&vod¨ je¢a , je¢¨ -’a -’i

-’( -’(

qd|ca , qd|c(

æemlq , æeml` dou{a , dou{( bog¨¢ ∞i , bog¨¢`

-iq -i(i)

-i` -i`

s\dii , s\di`

æmiq , æmi` ml)¢i(i), ml)¢i`

1 Cfr. la Tabella delle desinenze indoeuropee proposta da A. Schenker in The dawn of

Slavic. An Introduction to Slavic Philology, cit., p. 124:

consonante -u- -ı- -o- -a-- Sg N

G D A L S V

-s, -ø -es -ei‡ -m÷ -ı -mı -ø

-u-s -ou‡ -s -ou‡ -ei‡ -u-m -ou‡ -ø -u-mı -ou‡ -ø

-ı-s -ei‡-s -ei‡-ei‡ -ı-m -e-i‡-ø -ı-mı -ei‡-ø

-o-s -o-ad > -a-d (Abl.) -o-ei‡> -o-i‡ -o-m -o-ı -o-mı -e-ø

-a--ø -a-s -a--ei‡ > -a-i‡ -a--m -a--ı -a--m -a-ø

Du NA GL DS

-ı-, -e- -ou‡ s -mo-

-u-e > -u- -ou‡ -ou‡s -u-mo-

-ı-e > -ı- -ei‡-ou‡ s -ı-mo-

-o-e > -o- -o-ou‡ s > -o-u‡ s -o-mo-

-a--i‡ -a--ou‡s > -a-u‡ s -a--mo-

Pl N G D A L S

-es -om/-o-m -mus -n÷ s -su -mı-s

-ou‡ -es -ou‡ -om -u-mus -u-n÷ s -u-su -u-mı-s

-ei‡-es -e-i‡-om -ı-mus -ı-n÷ s -ı-su -ı-mı-s

-o-es -o-om > -o-m -o-mus -o-n÷ s -oi‡-su -o-oi‡s > -o-i‡s

-a--es > -a-s -a--om > -a-m -a--mus -a--n÷ s -a--su -a--mı-s

Page 122: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 114

N G maschile neutro femminile

-| -i p\t| , p\ti kost| , kosti -) -ou s¨¢) , s¨¢ou -y -(

-e¢e -e¢e

kam¨ , kame¢e

im( , ime¢e

-( -(te otro~( , otro~(te -o -ese slovo, slovese -y -)ve cr|k¨ , cr|k)ve -i -ere mati , matere

La fonetica storica permette tuttavia di risalire dalle terminazioni paleoslave

elencate alle desinenze indoeuropee, e dunque di continuare a classificare i sostantivi nelle classi flessive tradizionali (nomi in *o, nomi in *a- ecc.).

Il nominativo singolare dell’indoeuropeo aveva ha tre possibili marche: 1) *-s (lupus, amicus); 2) *-ø (femina); 3) allungamento dell’ultima vocale (*mater- > mate-r; *pater- > pate-r). Delle tre, la prima elencata è probabilmente la più recente: un più antico nominativo, uguale al puro tema, ci sarebbe testimoniato oggi dal vocativo, nato per scissione dall’antico nominativo al momento della comparsa della marca *-s. L’accusativo singolare ha un’unica marca utilizzata da tutti i tipi flessivi, la consonante nasale i.e. *-m (o *-n), che il neutro generalizza al caso nominativo (castrum). Proprie della lingua comune sono anche le desinenze del plurale: nominativo plurale *-es, accusativo plurale *-ns.

La situazione è più complessa nei casi obliqui. Il genitivo singolare i.e. aveva due marche: 1) *-s: nox, noctis; dux, ducis; familia, familias (cfr. il genitivo sassone, o cognomi spagnoli del tipo Sanchez ‘figlio di Sancho’); 2) *-i: lupus, lupi; amicus, amici; terra, *terrai > terrae (cfr. cognomi italiani del tipo Paoli, Agostini ‘figlio di Paolo, figlio di Agostino’. Da questo genitivo in *-i sarebbe anche derivato il suffisso -i quale marca del femminile singolare, figlia, moglie o sorella ‘di qualcuno’).

Page 123: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

115

Il dativo aveva parimenti due marche, una di maggiore diffusione: *-i; una di uso limitato ai temi in *o e dall’origine discussa: *-o- (cfr.: “quo vadis”, moto a luogo).

Il locativo, lo strumentale e l’ablativo (per limitare il nostro inventario a sette casi) non sono presenti con altrettanta costanza nelle diverse lingue i.e., e anche le loro desinenze non si possono far risalire alle fasi più arcaiche della lingua comune.

Con un processo detto sincretismo le diverse lingue hanno accorpato e ridistribuito le funzioni svolte da casi diversi in base a diversi processi logici: così il latino ha riunito nel solo ablativo le funzioni svolte da locativo e strumentale, il greco ha accorpato dativo, locativo e strumentale in un unico caso dativo, e ha fuso insieme genitivo e ablativo; il baltico e lo slavo hanno fuso insieme genitivo e ablativo.

Il protoslavo, che non ha il caso ablativo, ne utilizza la desinenza i.e. *-ad per il genitivo singolare maschile e neutro dei temi in *o (tutti gli altri temi utilizzano la desinenza i.e. *-s). Il locativo utilizza la desinenza i.e. *-i, uguale a quella del dativo, per i temi con suffisso tematico vocalico, e generalizza la desinenza *-en a tutti i temi con suffisso tematico consonantico. Questa *-en non è in realtà una desinenza, ma una preposizione posposta (“Italia in”), come preposizioni posposte erano probabilmente quelle utilizzate quali desinenze dello strumentale singolare *-mı, duale *-mo- e plurale *-mı-s, e del dativo plurale *-mus. Al genitivo plurale il protoslavo utilizza la desinenza *-on (i.e. *-o-n) generalizzata a tutti i tipi flessivi con processi di analogia morfologica.

L’inventario delle desinenze è comune a tutte le classi. Il significato casuale può essere espresso dalla vocale tematica, che si allunga (*o > *a-, *ı > *ı-, *u > *u-) e si dittonga (*o > *oi‡, *ı > *ei‡, *u > *ou‡ ):

temi in *o temi in *a- temi in *ı temi in *u

N G D A S L

- - - - - -oi‡

- - -ai‡ - - -ai‡

- -ei‡ -ei‡ - - -ei‡

- -ou‡ -ou‡ - - -ou‡

Page 124: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 116

temi in *o temi in *a- temi in *ı temi in *u NA GL DS

-a- (m); -oi‡ (n) - -

-ai‡ - -

-ı- -ei‡ -

-u- -ou‡ -

N G D A S L

-oi‡ (maschili) - - - - -oi‡

- - - - - -

-ei‡ (maschili) -ei‡ - - - -

-ou‡ -ou‡ - - - -

Per alcune forme si danno diverse ricostruzioni: la terminazione -: del L sg

dei temi in *o e in *a- può originarsi da *oi‡ e desinenza *ø, o dall’unione di vocale tematica *o e desinenza *-i, e analogamente potrebbero essersi formati il D sg dei temi in *a- e il N pl dei temi in *o, la cui terminazione sarebbe frutto di analogia con la flessione pronominale (v. p. 145).

3. Temi in *a-

La classe di declinazione in *a- comprende nomi femminili e alcuni nomi maschili, formati con l’ausilio dei suffissi tematici *a-, *ja-.

1) Il suffisso *a- forma il cosiddetto tipo duro, che comprende nomi

femminili (aggettivi e sostantivi): dobra je¢a ‘buona donna’, sv(ta gora ‘montagna sacra’, e sostantivi maschili come vlad¨ka ‘signore’, voevoda ‘condottiero’, slouga ‘servo’. La vocale tematica *a- alterna con *a (> o) al caso vocativo e con il dittongo *ai‡ al caso strumentale sg e NA duale:

N *nog - a- - ø ¢oga G *nog - a- - ns (åns > u-ns > u- ; analogia N pl) ¢og¨ D *nog - a- - ei‡ (ai‡ > e; g > ™) ¢o™: A *nog - a- - n (ån > o) ¢og\ L *nog - a- - i (ai‡ > e; g > ™) ¢o™: S *nog - ai‡ - o (cfr. decl. pronominale) ¢ogo+ V *nog - a ¢ogo NA *nog - ai‡ (ai‡ > e; g > ™) ¢o™: GL *nog - a- - ou‡ s (åu > åu‡ > u-) ¢ogou DS *nog - a- - mo- ¢ogama

Page 125: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

117

N *nog - a- - ns (åns > u-ns > u- ; analogia A pl) ¢og¨ G *nog - a- - on (on > un > ∞; analogia temi in -C) ¢og) D *nog - a- - mus ¢ogam) A *nog - a- - ns (åns > u-ns > u-) ¢og¨ L *nog - a- - su (s > x per analogia) ¢ogah) S *nog - a- - mı-s ¢ogami

La desinenza *-ns (A pl) è estesa al G sg e al N pl per analogia con i temi in

*ı, e per evitare la coincidenza della terminazione di N sg e N pl *-a- (< *-a-s). La terminazione dello S sg è frutto di analogia con la flessione pronominale

(v. p. 145). La terminazione originaria dei temi in *a- (*-o < *-a--m) si innesta sul suffisso tematico dello S sg f della flessione pronominale, il dittongo *ai‡, e non si metafonizza (*-oje) in forza del principio di analogia morfologica. Diversamente S sg e A sg coinciderebbero nella terminazione: -\ < *-a--m.

La terminazione -ah) del L pl (s > x) è dovuta a livellamento analogico: in tutte le altre classi di declinazione la fricativa è infatti preceduta da *ı, *i‡, *u (scatta cioè la legge di Pedersen).

Lo slavo è l’unica lingua i.e. a utilizzare la desinenza *-on (invece di *-o-n) al G pl. La terminazione -) si estende dai temi in consonante a quelli in vocale.

2) Il suffisso *ja- forma il cosiddetto tipo molle, che comprende nomi

femminili e un piccolo gruppo di nomi maschili, spesso indicanti professioni: dr:vod:lq ‘falegname’, pr:d)te~a ‘precursore’. Lo jod palatalizza le consonanti della radice, che provocano la metafonia palatale della vocale tematica:

N *zem - ja- - ø æemlq (æeml:) G *zem - ja- - ns (je-ns > je) æeml` D *zem - ja- - ei‡ (je-i‡ > ’i) æeml∞i A *zem - ja- - n (jån > jo) æeml+ L *zem - ja- - i (jai‡ > jei‡ > ’i) æeml∞i S *zem - jai‡ - o (cfr. decl. pronominale) æeml&+ V *zem - ja æeml& NA *zem - jai‡ (jei‡ > ’i) æeml∞i GL *zem - ja- - ou‡ s (je-u > jeu‡ > ’u-) æeml< DS *zem - ja- - mo- æemlqma

Page 126: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 118

N *zem - ja- - ns (je-ns > je) æeml` G *zem - ja- - on (∞ > ß; analogia temi in -C) æeml∞| D *zem - ja- - mus æemlqm) A *zem - ja- - ns (je-ns > je) æeml` L *zem - ja- - su (s > x per analogia) æemlqh) S *zem - ja- - mı-s æemlqmi

A questo sottotipo appartengono anche i nomi femminili in consonante

palatalizzata per III palatalizzazione: *owıka- > ov|ca ‘pecora’, *putika- > p)tica ‘uccello’. La affricata dentale c’ provoca la metafonia della vocale tematica, cosicché le terminazioni di questo gruppo di nomi tendono a coincidere con quelle del tipo molle. Il livellamento analogico porta quindi alla totale identità delle forme (L sg ov|ci invece che *ov|c:; cfr. p. 102). Diverse grafie rimandano a diverse tradizioni (glagolitiche e cirilliche) e al progressivo indurimento delle consonanti molli: owDcA, ov|c: , ov|cq, ov|ca ‘pecora’.

Due gruppi di sostantivi femminili e maschili hanno terminazione -i . Si tratta di nomi che seguono la declinazione molle, formati forse per mezzo del suffisso *-jƒ, che rappresenta il grado ridotto di *-ja-, e dei suffissi -ß- e -yn- (v. p. 123 e p. 127): s\dii ‘giudice’, balii ‘medico’, v:tii ‘oratore, poeta’, korab|~ii ‘marinaio’, kr)m|~ii ‘timoniere’, k)¢ig)~ii ‘uomo di lettere’, lov|~ii ‘cacciatore’; gr)d¨¢∞i ‘orgoglio’, rab¨¢∞i ‘schiava’ (< *orb-u-n-jƒ), k)¢(g¨¢∞i ‘principessa’ (< *kuning-u-n-jƒ), poust¨¢∞i ‘deserto’.

Mentre i sostantivi in -¨¢∞i sono tutti femminili, i sostantivi formati per mezzo del suffisso -ß- (*-ßjƒ > *-ß• ı- > -ii) sono prevalentemente maschili (con due sole eccezioni: *old-ßjƒ > ladii ‘barca’, *ml÷n-ßjƒ > ml)¢ii ‘fulmine’). La presenza dello jer impedisce allo jod di iodizzare la consonante precedente (cfr. s\dii e non *sožd’i).

4. Temi in *o La classe di declinazione in *o comprende nomi maschili e neutri; la vocale

tematica è *o, che alterna nel corso della declinazione con *o- (NA duale m, NA pl n), con *e (V sg m) e con il dittongo *oi‡ (NA duale n, L pl m n). La classe si divide in due tipi, duro e molle (nomi in *o e nomi in *jo).

Page 127: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

119

1) Al tipo duro appartengono nomi maschili (che escono al N sg in -): l<t) vrag) ‘fiero nemico’, ¢ov) grad) ‘nuova città’) e nomi neutri (che escono al N sg in -o : staro selo ‘vecchio villaggio’, t(j|ko igo ‘pesante giogo’):

N *vrag - o - s (us > u) vrag) G *vrag - o - ad (a-d > a-) vraga D *vrag - o - ou‡ (o-u‡ > u-) vragou A *vrag - o - n (un > u) vrag) L *vrag - o - i (oi‡ > e; g > ™) vra™: S *vrag - o - mı vragom| V *vrag - e (g > z) vraje NA *vrag - o- vraga GL *vrag - o - ou‡ s (o-u‡ > u-) vragou DS *vrag - o - mo- vragoma N *vrag - o - i (oi‡ > i; g > ™ ; cfr. decl. pron.) vra™i G *vrag - o - on (un > u > ∞; analogia temi in -C) vrag) D *vrag - o - mus vragom) A *vrag - o - ns (uns > u-ns > u-) vrag¨ L *vrag - oi‡ - su (s > x per Pedersen) vra™:h) S *vrag - o - is vrag¨

Non tutte queste forme hanno una spiegazione soddisfacente: non c’è

accordo sul precoce passaggio *-os > *-us > -). Secondo Enrietti, Schenker e altri la terminazione -) del N sg dei temi in *o è originariamente terminazione dei temi in *u (*u > -)), estesa ai temi in *o per analogia, come ‘marca’ del genere maschile2. Di difficile spiegazione è anche la forma del D sg, che dovrebbe essere *-oi‡ > -: , e quella dello S pl (la ricostruzione di Seliščev, per cui *-uis > *-ui > -¨ , non è accettata da tutti). Le terminazioni di N e L pl sono invece di sicura origine pronominale: N pl *-oi‡ > -i (invece di *-o-es > *-o-s), L pl *-oi‡-su > -:h) (invece di *-o-su > *-os∞).

Poiché in paleoslavo l’ordine delle parole nella frase non fornisce indicazioni utili a individuare la direzione dell’azione, la coincidenza delle terminazioni dei casi N e A sg rende sintatticamente ambigui gli enunciati in

2 Se non si ipotizza un precoce passaggio *kuningos > *kuningus anche la forma k∞ne≈∞,

con la sua III palatalizzazione attiva davanti a u, cessa di costituire un problema.

Page 128: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 120

cui soggetto e complemento oggetto siano esseri animati cui si riconosce la potenzialità di essere effettivamente soggetti (dunque non servi, non figli minorenni, non animali e non oggetti): se ~lov:k) eter) pos)la rab) può solo significare che un tale ha inviato il suo servo, e pri`t) isous) hl:b) può solo significare che Gesù ha preso il pane, petr) pos)la ioa¢¢) può essere intepretata tanto nel senso che Pietro ha inviato Giovanni, quanto al contrario nel senso che Giovanni ha inviato Pietro. Per disambiguare queste proposizioni si elabora in paleoslavo una categoria che avrà larga fortuna nelle lingue slave moderne, quella della animatezza (in russo одушевленность). Quando complemento oggetto è un sostantivo maschile animato, potenzial-mente capace di essere soggetto dell’azione, questa sua funzione sintattica viene espressa dal caso genitivo, che in slavo poteva già sostituirsi all’accusativo in diversi contesti (per esempio nelle frasi negative, o con valore partitivo): si dirà petr) pos)la ioa¢¢a nel caso che Pietro abbia inviato Giovanni, petra pos)la ioa¢¢) nel caso che Giovanni abbia inviato Pietro.

La declinazione di un nome neutro del tipo duro si dovrebbe differenziare

da quella maschile nei soli casi NA duale e plurale. L’analogia morfologica estende però ai nomi neutri di questa classe le terminazioni dei pronomi neutri al NA sg: to < *tod (cfr. latino istud):

NA *sel - o - n (un > u; ma per an. morf. -o) selo G *sel - o - ad (a-d > a--) sela D *sel - o - ou‡ (o-u‡ > u-) selou L *sel - o - i (oi‡ > e) sel: S *sel - o - mı selom| NA *sel - oi‡ (oi‡ > e) sel: GL *sel - o - ou‡ s (o-u‡ > u-) selou DS *sel - o - mo- seloma NA *sel - o- sela G *sel - o - on (un > u> ∞; analogia temi in -C) sel) D *sel - o - mus selom) L *sel - oi‡ - su (s > x per Pedersen) sel:h) S *sel - o - is sel¨

Page 129: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

121

Fanno morfologicamente parte di questo sottotipo anche nomi maschili in vocale del tipo krai < *krai-os. Tuttavia, poiché la i in posizione intervocalica si riduce a i‡, la declinazione di questi nomi segue in tutto il tipo molle: N *krai-os > *krai‡-ß > krai , G *krai-oad > *krai‡-a- > kraq.

2) Il suffisso *jo forma il cosiddetto tipo molle: jod iodizza le consonanti

della radice, che provocano la metafonia palatale delle vocali posteriori:

N *kon - jo - s (∞ > ß) ko¢∞| G *kon - jo - ad (a > æ/ja) ko¢q (ko¢∞:) D *kon - jo - ou‡ (u > ’u) ko¢< A *kon - jo - n (∞ > ß) ko¢∞| L *kon - jo - i (e > i) ko¢∞i S *kon - jo - mı (o > e) ko¢&m| V *kon - jou‡ (analogia temi in -u) ko¢< NA *kon - jo- (a > æ/ja) ko¢q (ko¢∞:) GL *kon - jo - ou‡ s (u > ’u) ko¢< DS *kon - jo - mo- (o > e) ko¢&ma N *kon - jo - i (ei‡ > i; cfr. decl. pron.) ko¢∞i G *kon - jo - on (∞ > ß; analogia temi in -C) ko¢∞| D *kon - jo - mus (o > e) ko¢&m) A *kon - jo - ns (je-ns > je) ko¢` L *kon - joi‡ - su (e > ’i) ko¢∞ih) S *kon - jo - is (y > ’i) ko¢∞i

La declinazione di un nome neutro del tipo molle presenta rispetto a quella

maschile le stesse differenze del tipo duro; l’analogia morfologica estende ai nomi neutri di questa classe le terminazioni dei pronomi neutri al NA sg:

NA *pol - jo - n (∞ > ß; ma per an. morf. -e) pol& G *pol - jo - ad polq D *pol - jo - ou‡ pol< L *pol - jo - i pol∞i S *pol - jo - mı pol&m| NA *pol - joi‡ pol∞i GL *pol - jo - ou‡ s pol< DS *pol - jo - mo- pol&ma

Page 130: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 122

NA *pol - jo- polq G *pol - jo - on pol∞| D *pol - jo - mus pol&m) L *pol - joi‡ - su pol∞ih) S *pol - jo - is pol∞i

A questo sottotipo appartengono anche i nomi maschili e neutri in velare

palatalizzata (III palatalizzazione): *kuning-os > k)¢(™| ‘principe’, *kr÷dık-on > sr|d|ce ‘cuore’. Le consonanti molli c’ e ≈’ provocano la metafonia delle terminazioni, che vengono a coincidere in larga misura con quelle del tipo molle. Il livellamento analogico porta quindi alla totale identità delle forme (cfr. L sg ot|ci invece che *ot|c:; v. p. 101). Al G sg diverse grafie rimandano a diverse tradizioni (glagolitiche e cirilliche) e al progressivo indurimento delle consonanti molli: otDcA, ot|c: , ot|cq, ot|ca ‘del padre’.

Quando lo jod è preceduto da vocale, sia che questa appartenga alla radice

(*krai-), sia che appartenga al suffisso (cfr. infra) il nome esce in -i : *krai-os > *krai‡-ß > krai ‘fine’, *zreb-ßj-os > *zreb-ß•jß > jr:bii ‘sorte’, *gvozd-ßj-os > *gvozd-ß•jß > gvoædii ‘chiodo’, *ob-vu-k-e-jos > *obyc-ajß > ob¨~ai ‘uso’,

s)lu~ai ‘caso’, *xod-atajos > *xod-atajß > hodatai ‘intercessore’, ratai ‘aratore’.

5. Principali suffissi derivativi dei nomi in *o e in *a-

Tra i suffissi utilizzati per la derivazione nominale nelle classi flessive *o e in *a- il primo posto spetta al suffisso -j-, che come abbiamo detto forma i temi in *jo e in *ja-.

Nella derivazione dei nomi aggettivi il suffisso -j- ha valore possessivo: così da iqkov) si forma il possessivo iqkovl∞| (*ijakov-j-os) ‘di Giacomo’, da k)¢(™| si forma k)¢(j| (*kuning-j-os) ‘principesco’, da ot|c| il possessivo ot|~| (*otık-j-os) ‘paterno’.

Il suffisso -j- può essere preceduto dai suffissi -ß-, -ě-, -ata- e altri. Il più importante di questi composti è -ß•j-, che forma nomi aggettivi e nomi sostantivi. Nella derivazione di nomi aggettivi -ß•j- ha lo stesso significato di appartenenza del suffisso -j-: p|sii (*pßs-ß•j-ß), p|si& (*pßs-ß•j-e), p|siq

Page 131: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

123

(*pßs-ß•j-a), ‘canino’; bojii (*bog-ß•j-ß), boji&, bojiq ‘divino’. Nella derivazione di nomi sostantivi forma femminili (-ß•j-a-) con valore collettivo del tipo bratriq o bratiq ‘confraternita’ (lo stesso sostantivo passerà poi a significare il N pl di bratr) o brat) ‘fratello’), alcuni maschili in -ii del tipo vrabii ‘passero’ (-ß•j-ß < *-ß•j-os), jr:bii ‘sorte’, e quattro categorie di sostantivi neutri: a) collettivi: listvie ‘fogliame’ (< *list-v-ß•je), loæie ‘tralci di vite’, vr|bie ‘l’insieme dei rami’; b) deverbali (nomina actionis, derivati dal participio passato passivo): pro}e¢ie ‘il perdonare’, vid:¢ie ‘il vedere’; c) astratti deaggettivali: s)dravie ‘salute’, veli~ie ‘la grandezza’; d) concreti denominali: rasp\tie ‘crocevia’, pod)¢ojie ‘i piedi del monte’.

Lo stesso suffisso forma alcuni sostantivi maschili e femminili con terminazione N sg -ii (-ß•j-i) che successivamente normalizzano il nominativo: s\dii (< *sod-ß•ji ‘giudice’), balii ‘medico’ (v. anche suffissi in -l-), v:tii ‘oratore, poeta’ e altri. Di questo gruppo fanno parte anche due nomi femminili: al)dii (ladii) ‘barca’ e ml)¢ii ‘fulmine’.

Degli altri suffissi che contengono jod ricordiamo -ějß / -ajß (< *-e-j-os), che forma sostantivi maschili del tipo s)lou~ai ‘caso’, ob¨~ai ‘uso’ (a < *e- dopo consonante palatale) e serve a formare il grado comparativo degli aggettivi (v. p. 141) -atajß (< *-ataj-os) che forma sostantivi maschili del tipo hodatai ‘intercessore’.

Al secondo posto per produttività è un gruppo di suffissi che contiene -k-,

presente sia come occlusiva velare, sia come affricata palatale (per I palatalizzazione) o dentale (per II e III palatalizzazione):

-k- forma sostantivi maschili deverbali (æ|r:ti ‘vedere’ > ærak) ‘vista’; b|rati ‘raccogliere’ > brak) ‘matrimonio’) e serve al trasferimento da una classe di declinazione ad un’altra di nomi sostantivi (kam¨ > kam¨k) ‘pietra’; *jezy < *n÷g’u--s > `æ¨k) ‘lingua’). Molto produttivo nella derivazione di aggettivi, serve a derivare aggettivi in *o e in *a- da primitivi appartenenti ad altre classi di declinazione: *soldu-s > slad)k) ‘dolce’, *gorı-s > gor|k) ‘amaro’. Forma aggettivi di grado positivo da radici altrimenti attestate solo al grado comparativo: t(j|k) (*teg-) ‘pesante’ (cfr. t(jii ‘più pesante’, forma

Page 132: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 124

cui si deve probabilmente, per analogia, la palatalizzazione g∞ > žß), gl\bok) (*g∏ob-) ‘profondo’ (cfr. gl\bl∞ii ‘più profondo), {irok) (*sir-) ‘largo’ (cfr. {ir∞ii ‘più largo’), v¨sok) (*vys-) ‘alto’ (cfr. v¨{ii ‘più alto’). Serve ad ampliare aggettivi derivati con modalità poco produttive: da kr:p) ‘forte’ (comparativo kr:pl∞ii ‘più forte’) deriva kr:p)k) , morfologicamente analogo alla folta categoria di aggettivi in occlusiva velare.

-c- forma sostantivi maschili deverbali: biti ‘colpire’ > bi~| ‘flagello’. -ik- serve a derivare da aggettivi (con suffisso -ßn-) e participi (con suffisso

-en-) il nome del possessore delle qualità indicate dall’aggettivo o dal participio: k)¢ig¨ ‘i libri’ > k)¢ij|¢) ‘del libro’ > k)¢ij|¢ik) ‘erudito’, ‘scriba’, gr:h) ‘peccato’ > gr:{|¢) ‘peccaminoso’ > gr:{|¢ik) ‘peccatore’; ou~iti ‘ammaestrare’ > ou~e¢) ‘ammaestrato’ > ou~e¢ik) ‘discepolo’, m\~iti ‘tormentare’ > m\~e¢) ‘tormentato’ > m\~e¢ik) ‘martire’.

-∞k- serve a derivare sostantivi maschili da verbi e aggettivi: s)vit)k) ‘rotolo, cartiglio’ (s)viti ‘arrotolare’), ostat)k) ‘avanzo’ (v. anche il suffisso -t-), ~etvr|t)k) ‘giovedì’ (cioè ‘il quarto giorno’), p(t)k) ‘venerdì’ (cioè ‘il quinto giorno’).

-ßk- forma sostantivi femminili che alterano, spesso in senso diminutivo, il sostantivo di partenza: kl:t| ‘cella’ > kl:t|ka ‘celletta’ (‘cellula’). Scarsamente produttivo in paleoslavo, lo diventerà successivamente (cfr. in russo ручка ‘manina’, ножка ‘piedino’, книжка ‘libriccino’ ecc.).

-ic- forma sostantivi femminili e (rari) maschili diminutivi e vezzeggiativi: korabl| ‘nave’ > korabic| ‘navicella, d:va ‘vergine’ > d:vica ‘verginella’, ‘fanciulla’, v|dova ‘vedova’ > v|dovica ‘vedovella’. Serve inoltre a derivare sostantivi femminili da aggettivi e participi: t|m|¢) ‘scuro’ > t|m|¢ica ‘gattabuia’, ‘prigione’, star) ‘vecchio’ > starica ‘donna anziana’; ou~e¢) ‘ammaestrato’ > ou~e¢ica ‘discepola’.

-ßc- forma sostantivi maschili deverbali e deaggetivali: bor|c| ‘lottatore’, lov|c| ‘pescatore’, star|c| ‘anziano’, e sostantivi neutri (il cui valore era forse originariamente diminutivo): sl)¢|ce ‘sole’, sr|d|ce ‘cuore’. Forma inoltre alcuni sostantivi maschili e femminili della classe in *a-: ov|ca f ‘pecora’, m¨{|ca f ‘braccio, spalla’; qd|ca m ‘mangione’.

Page 133: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

125

-ßsk- è suffisso molto produttivo per la formazione di aggettivi: mir) ‘mondo’ > mir|sk) ‘mondano’, ~lov:k) ‘uomo’ > ~lov:~|sk) ‘umano’, ecc.

-ist’- (< *ı-sk-jo) forma sostantivi neutri che indicano il nome di un posto, un sito dove ha luogo o si trova la cosa designata dalla radice: jili}e ‘luogo dove si vive’, s)krovi}e ‘luogo dove è nascosto qualcosa’, ‘nascondiglio’, ‘tesoro’, tr)ji}e ‘luogo dove si commercia’.

Tra gli altri suffissi (elencati secondo l’ordine alfabetico della consonante

finale) ricordiamo: -ßb- e -ob- formano sostantivi femminili astratti: drouj|ba ‘amicizia’,

slouj|ba ‘servizio’, mol|ba ‘preghiera’, tat|ba ‘furto’, al)~|ba ‘digiuno’; æ)loba ‘cattiveria’, \troba ‘grembo’.

-d- serve a formare sostantivi neutri concreti: stado ‘branco’, ~oudo

‘miracolo’. -ßd- forma sostantivi femminili astratti deaggettivali e denominali: prav|da ‘giustizia’; vraj|da ‘inimicizia’. Meno produttivi i suffissi -od- (svoboda ‘libertà’), -ed- (gov(do ‘manzo’; cfr. russo говядина ‘carne di manzo’), -zd- (braæda ‘il solco lasciato dall’aratro’).

-g- forma sostantivi maschili (in *jo e in *a-) e femminili (in *a-): m\j|

‘uomo’ (< *man-g-jo-s; cfr. nelle lingue germaniche man, Mann); slouga m ‘servo’, strouga ‘corrente’. -og- forma sostantivi maschili del tipo sapog) ‘stivale’, ostrog) ‘recinto’. Con altro vocalismo: -ig- (veriga ‘catena’); -eg- (kov|~eg) ‘arca’), -eg- (pot|p:ga ‘donna ripudiata’), -yg- (kot¨ga ‘tunica’, kr|k¨ga ‘carro’). La velare è palatalizzata per III palatalizzazione nel suffisso -e≈- (g > dz (≈); in seguito alla semplificazione di ≈ > z il suffisso assume forma -ez-), che costituisce la resa slava del suffisso germanico -ing-: klad(™| ‘pozzo’, ‘nascondiglio’, ‘tesoro’ (cfr. germanico *kalding-), k)¢(™| ‘principe’ (cfr. antico alto-tedesco kuning); p:¢(™| ‘moneta’ (cfr. antico alto-tedesco pfenning), vit(™| ‘prode combattente’, ‘eroe’ (cfr. germanico *viking-, k > c per palatalizzazione e c (ts) > t per dissimilazione).

Page 134: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 126

-l- è attivo soprattutto come nella derivazione del participio ‘risultativo’ o ‘perfetto’ (v. p. 193); lo ricordiamo tra i suffissi nominali per la non infrequente aggettivizzazione di questi participi (del tipo æ|r:l) ‘maturo’). Forma inoltre sostantivi maschili, femminili e neutri che non sono direttamente riconducibili al significato verbale precedente: balii ‘medico’ (*ba-l-ßj-ß; cfr. baqti ‘parlare), jila ‘vena’, d:lo ‘affare’. Il suffisso può presentare un diverso vocalismo: -ßl- (koæ|l) ‘capro), -∞l- (\g)l) ‘angolo’, cfr. latino angulus), -yl- (kob¨la ‘cavalla’).

Il suffisso -l- non va confuso con il suffisso -dl- (che tra gli Slavi orientali e meridionali si semplifica in -l-, v. p. 93): -dl- е il suo simile -sl- formano sostantivi neutri che indicano lo strumento con cui si compie l’azione espressa dal verbo da cui derivano: ralo ‘aratro’ (orati ‘arare’), pravilo ‘regola’ (praviti ‘regolare’), veslo ‘remo’ (*vez-sl-o, cfr. vesti < *vez-ti ‘portare’), maslo ‘unto’ (< *maz-sl-o, cfr. maæati ‘ungere, spalmare con sostanza unta’).

-m- è il formante di tutti gli aggettivi derivati dal participio presente passivo

del tipo l<bim) ‘amato’ (v. p. 191). Forma inoltre alcuni sostantivi maschili, femminili e neutri: d¨m) ‘fumo’ (*dhu--: *dhou-; cfr. douh) ‘spirito, alito’, e d¨ha¢ie ‘respiro’), {oum) ‘rumore’, oum) ‘mente’, qr|m) ‘giogaia, kr)ma ‘cibo’, ramo ‘spalla’.

-n- è molto produttivo nella formazione dei participi passati passivi (v. p.

191). Nella derivazione nominale serve a formare aggettivi qualificativi (sla¢) ‘salato’, t:s¢) ‘stretto’) e sostantivi maschili, femminili e neutri: sta¢) ‘accampamento’ (stati ‘stare’); s)¢) ‘sonno’ (< *s∞p-n-∞; cfr. s)pati ‘dormire’); stra¢a ‘lato, parte, paese’ (*stor-n-a; cfr. russo простор ‘spazio’); c:¢a ‘pena, prezzo da pagare’ (< *kai‡-n-a; cfr. kaqti ‘fare vendetta’ e kaqti s( ‘fare penitenza’); ær|¢o ‘chicco’, ‘granello’ (*g’r÷-n-om; cfr. latino granum e inglese corn).

-in- funge da singolativo, cioè serve a formare sostantivi maschili che indicano l’individuo all’interno di una collettività del tipo grajda¢i¢) (cfr. p. 138) e sostantivi femminili che indicano una frazione del tipo des(ti¢a

Page 135: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

127

‘decima parte’, godi¢a ‘momento’. Serve inoltre a derivare sostantivi femminili deaggetivali astratti (gl\bi¢a ‘profondità’, ti{i¢a ‘tranquillità’, ot|~i¢a ‘patria’) e aggettivi con funzioni di genitivo di possesso, fungendo da corrispettivo femminile del suffisso -ov-: petr) ‘Pietro’ > petrov) ‘di Pietro’, a¢¢a ‘Anna’ > a¢¢i¢) ‘di Anna’, rab¨¢∞i ‘schiava’ > rab¨¢∞i¢) ‘della schiava’.

-ßn- è un suffisso molto produttivo che forma sia aggettivi che sostantivi. I sostantivi sono maschili, femminili e neutri del tipo duro e del tipo molle: ov|¢) ‘montone’; bra{|¢o ‘farina’; ve~er|¢q ‘vespro’. Gli aggettivi sono denominali: r\ka ‘mano’ > r\~|¢) ‘manuale’, v:k) ‘era’ > v:~|¢) ‘eterno’, k)¢ig¨ ‘libri’ > k)¢ije¢) ‘libresco’. Unito al suffisso -j- forma aggettivi di appartenenza (genitivo di possesso): bratr|¢) ‘del fratello’ (< *bratr-ßn-jo-s).

-un- forma sostantivi maschili deverbali che designano colui che compie l’azione: p:stou¢) ‘educatore’.

-yn- forma sostantivi femminili (con terminazione -i) derivati da nomi personali maschili, o da aggettivi dei quali astraggono la qualità: rab¨¢∞i ‘schiava’, k)¢(g¨¢∞i ‘principessa’, poust¨¢∞i ‘deserto’, gr)d¨¢∞i ‘orgoglio’, blag¨¢∞i ‘bontà’ e ‘bene’, blagost¨¢∞i ‘bontà’, ‘benevolenza’.

-r- è un formante di aggettivi e sostantivi: b)dr) ‘sveglio’ (cfr. b)d:ti

‘vegliare’), dar) ‘dono’ (cfr. dati ‘dare’), dobr) ‘buono’ (cfr. podobati ‘essere opportuno’), m\dr) ‘saggio’ (*mondh-; cfr: tedesco munter ‘sveglio’, ‘vispo’), mokr) ‘bagnato’ (< *mok-; cfr. mo~iti e omakati ‘bagnare’), pir) ‘festino’ (cfr. piti ‘bere’), rebro ‘costola’ (*rebh-, cfr. inglese rib), m:ra ‘misura’ (*me-- ‘misurare’).

-s- forma alcuni sostantivi maschili: b:s) ‘demonio’ (< *bhoi‡-dh-s-; cfr.

boqti s( ‘avere paura’ e latino foedus ‘ripugnante, infame’), glas) ‘voce’ (< *gol-s-; cfr. glagolati ‘parlare’ < *gol-gol-a-ti), klas) ‘filo d’erba, spiga’ (cfr. klati ‘accoltellare’).

-x- è lo stesso suffisso di cui sopra, ma trasformato per Pedersen: sm:h) ‘riso’ (< *smoi-s-os), ousp:h) ‘successo’ (cfr. sp:ti ‘maturare’), gr:h)

Page 136: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 128

‘peccato’ (< *groi-s-os; cfr. gr:æa ‘fantasia, chimera, inganno’ e gr:ti ‘scaldare’), slouh) ‘udito’ (dalla radice *slu--/*slou-, cfr. slouti ‘avere fama’, slou{ati ‘ascoltare’, sl¨{ati ‘udire’, slava ‘fama’, slovo ‘parola’), je¢ih) ‘sposo’ (je¢iti ‘sposare’); lih) ‘eccessivo’ (*leikw-s-os cfr. russo лихой ‘ardito’ e лихачь ‘cocchiere, autista rompicollo’3).

-t- forma sostantivi di tutti i generi; i maschili sono spesso ulteriormente

espansi con il suffisso -k-: s\postat) ‘nemico’, ostat)k) ‘avanzo’; ¢ev:sta ‘sposa’ (forse contaminazione di *ne-ved-t-a ‘sconosciuta’ o ‘innocente’ e *nev-ved-t-a ‘nuova venuta, portata da fuori’), vr|sta ‘generazione’, ‘età della vita’ (cfr. in russo верста ‘versta’. Entrambi i significati vengono dalla radice *u‡er-/*u‡ r÷’ ‘girare, vertere’ da cui *u‡er-me-n > vr:m( ‘il tempo’ e *u‡ r÷’-t-t-a > vr|sta, letteralmente ‘giro completo’); blato ‘palude’, vrata ‘porte’.

-ot- forma sostantivi femminili astratti, in generi deaggettivali: ~istota ‘pulizia’, dobrota ‘bontà’, pravota ‘giustezza’, sl:pota ‘cecità’; alcuni denominali: rabota ‘lavoro’ (< rab) ‘schiavo’), sramota ‘vergogna’ (< sram) ‘fatto vergognoso’). Appartiene a questo gruppo anche un sostantivo maschile: jivot) ‘vita’.

-∞t- forma sostantivi maschili, spesso onomatopeici: r)p)t) ‘rumorio’ e altri. Ne esistono varianti -ßt-, -ut-, -yt-, -ot-: skr|j|t) ‘stridore’, trepet) ‘tremito’, kokot) ‘gallo’.

-it- forma aggettivi che indicano parentela, in particolare i figli: d:ti}| ‘bambino’. La iodizzazione della dentale dà esiti diversi in slavo meridionale (st’) e orientale (c’). Questa seconda forma ci è resa molto familiare dal patronimico russo del tipo иванович ‘figlio di Ivan’ (cfr. in russo королевич ‘figlio di re’, княжич ‘principino’, попович ‘figlio di prete’ contro l’esito meridionale di sostantivi quali детище ‘creatura prediletta’ < *det-it-je).

3 Suffissi che contengono -x- e -s- (frutto della palatalizzazione di x) sono particolarmente

produttivi nelle lingue slave moderne, dove caratterizzano il parlato. Cfr. russo старуха e старушка (< *starux-ßk-a) ‘vecchietta’; мачеха ‘matrigna’; малыш ‘piccoletto’, пройдоха ‘paraculo’, ‘furbacchione’; чернуха ‘nerume’; рубаха ‘camiciotto’; кожух ‘pellicciotto’; бабеха ‘donnetta noiosa’; Олеха ‘Alesa’ e numerosissimi altri.

Page 137: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

129

-tv- forma sostantivi femminili deverbali: molitva ‘preghiera’, britva ‘rasoio’, jr|tva ‘vittima sacrificale’, kl(tva ‘giuramento’, j(tva ‘mietitura’.

-v- forma sostantivi maschili e neutri: g¢:v) ‘ira’ (cfr. g¢oi ‘pus’), pivo

‘bevanda’, ~r:vo ‘ventre’, dr:vo ‘albero’. -av-, -iv-, -ěv- formano sostantivi femminili (d\brava ‘querceto’, t(tiva

‘corda dell’arco’, po¢qva ‘manto’) e aggettivi denominali o deverbali (formati dal participio perfetto): kr)vav) ‘sanguinoso’, l\kav) ‘maligno’ (da l\ka ‘inganno’), l:¢iv) ‘pigro’, l|stiv) ‘adulatore’, prav|div) ‘giusto’, jiv) ‘vivo’, g¢:v|liv) ‘iracondo’, ml|~aliv) ‘taciturno’, tr|p:liv) ‘paziente’.

-ov- deriva aggettivi possessivi da sostantivi maschili. Oggi improduttivo, ha dato origine alla gran massa dei cognomi slavi: pavlov) ‘di Paolo’, petrov) ‘di Pietro’, popov) ‘di prete’.

-ßstv- forma sostantivi neutri astratti (denominali e deaggettivali) in *o e in *jo: boj|stvo ‘divinità’, bogat|stvo ‘ricchezza’, m)¢oj|stvo ‘moltitudine’, ot|~|stvo ‘patria’; ot|~|stvie ‘patria’, podob|stvie ‘somiglianza’.

6. Temi in *ı

La classe di declinazione in *ı comprende nomi maschili e femminili che escono al N sg in -| . Anticamente comprendeva anche nomi neutri: cfr. le forme duali dei sostantivi oko ‘occhio’ e ouho ‘orecchio’: NA ou{i , o~i , GL ou{i< (ou{|<), o~i< (o~|<), DS ou{ima, o~ima e il pronome dimostrativo s| ‘questo’. In paleoslavo costituisce l’approdo di molti temi in consonante.

I femminili, che costituiscono il gruppo più numeroso e oggi meglio conservato, sono formati sia con, sia senza l’ausilio di suffissi.

Al primo tipo appartengono sostantivi concreti (dv|r) ‘porta’, kost| ‘osso’, sol| ‘sale’) e sostantivi astratti derivati da verbi, aggettivi e participi: bol| ‘dolore’ (bol:ti ‘dolere’), l:torasl| ‘germoglio’ (cfr. participio perfetto di rasti ‘crescere’: rasl) ‘cresciuto’), stoude¢| ‘gelo, inverno’ (stoude¢) agg. ‘freddo’). Alcuni sostantivi escono in consonante palatale (I palatalizzazione delle velari e del nesso *kt davanti a vocale anteriore): r:~| ‘parola’ (*rek-), r)j| ‘segale’ (*rugh-), m¨{| ‘topo’ (*mu-s- > *myx- per Pedersen; x > s

Page 138: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 130

davanti a vocale anteriore; cfr. latino mu-s, inglese mouse); mo}| (*mokt-ı-s) ‘forza’, ¢emo}| ‘debolezza’, pomo}| ‘aiuto’, ¢o}| (*nokt-ı-s) ‘notte’.

Al secondo tipo appartengono nomi astratti e concreti derivati con il suffisso -t-: æavist| ‘invidia’, ~est| ‘onore’, v:st| ‘notizia’; nomi astratti deaggettivali derivati con il suffisso -ost-: starost| ‘vecchiaia’, <¢ost| ‘giovinezza’; sostantivi deverbali derivati con i suffissi -ěl-, -n-, -sn-, -zn-: g¨b:l| ‘rovina’, ‘distruzione’, pe~al| ‘afflizione’, da¢| ‘tributo’, bra¢| ‘combattimento’, p:s¢| ‘canzone’, jiæ¢| ‘vita’, boqæ¢| ‘paura’. Anche qui si verificano casi di palatalizzazione del nesso *kt: pe}| (*pek-t-ı-s) ‘stufa’.

Gli aggettivi appartenenti a questa classe di declinazione sono pochi e indeclinabili: svobod| ‘libero’, oudob| ‘facile’, ispl|¢| ‘pieno’, pr:prost| ‘semplice’, raæli~| ‘diverso’. Alcuni hanno valore avverbiale: tai (< *taj-ß) ‘in segreto’, prav| ‘in verità’. Estesi per mezzo del suffisso -ßn- migrano verso la classe in *o per il maschile e per il neutro, in *a- per il femminile: svobod|¢) , svobod|¢o , svobod|¢a. Alcuni, estesi per mezzo del suffisso -k-, sono già migrati in paleoslavo verso la classe in *o per il maschile e per il neutro, in *a- per il femminile: *gorı-s > gor|k) , gor|ko , gor|ka ‘amaro’.

La vocale tematica *ı alterna nel corso della declinazione con *ei‡ (nei casi GDLV sg, GL duale, NVG plurale), che ha esiti diversi davanti a consonante, silenzio o vocale: *ei‡ > *ı- in fine di parola o di sillaba (davanti a consonante), *ei‡ > *ßi‡ davanti a vocale. La vocale tematica *ı > *ı- al caso NA duale e al caso A pl m e NA pl f (davanti a *-ns):

N *gost - ı - s gost| G *gost - ei‡ - s (ei‡ > ı-) gosti D *gost - ei‡ - ei‡ (ß•i‡i > ı-) gosti A *gost - ı - n gost| L *gost - ei‡ - ø gosti S *gost - ı - mı gost|m| V *gost - ei‡ gosti NA *gost - ı- gosti GL *gost - ei‡ - ou‡ s (ß•i‡ + u-) gosti< (-|<) DS *gost - ı - mo- gost|ma

Page 139: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

131

N *gost - ei‡ - es (ß•i‡ + es > ß•’e) gosti& (-|&) G *gost - ei‡ - on (ß•i‡ + ∞ > ß•jß > ß•i) gostii (-|i) D *gost - ı - mus gost|m) A *gost - ı - ns (ıns > ı-ns > ı-) gosti L *gost - ı - su (s > x per Pedersen) gost|h) S *gost - ı - mis gost|mi

La declinazione del femminile si discosta da quella dei maschili solo allo S

sg, frutto dell’estensione della terminazione pronominale -+ a tutti i sostantivi femminili, e al N pl:

N *kost - ı- ø kost| G *kost - ei‡ - s kosti D *kost - ei‡ - ei‡ kosti A *kost - ı - n kost| L *kost - ei‡ - ø kosti S *kost - ı - jan (-ijo/-ßjo; cfr. decl. pronominale) kosti+ (-|+) V *kost - ei‡ kosti NA *kost - ı- kosti GL *kost - ei‡ - ou‡ s kosti< (-|<) DS *kost - ı - mo- kost|ma N *kost - ı - ns (ı-ns > ı-) kosti G *kost - ei‡ - on kostii (-|i) D *kost - ı - mus kost|m) A *kost - ı - ns (ı-ns > ı-) kosti L *kost - ı - su (s > x per Pedersen) kost|h) S *kost - ı - mis kost|mi

I sostantivi maschili che appartengono a questa declinazione non sono più

di una ventina, e tendono a migrare verso i temi in *o: ~r|v| ‘verme’, gvoæd| ‘chiodo’, gol\b| ‘piccione’ (cfr. latino columba e russo голубой ‘grigio-azzurro’), gospod| ‘signore’, gost| ‘ospite’, ‘mercante’ (cfr. latino hostis, hostis ‘nemico’), g\s| ‘oca’, gr)ta¢| ‘laringe’ (suffisso -an-, oggi femminile), dr|kol| ‘bastone’, m(tej| ‘tumulto’ (derivato con il suffisso -ez-) lak)t| ‘gomito’ (suffisso -t-), ¢og)t| ‘unghia’, og¢| ‘fuoco’ (cfr. latino ignis, ignis), \gl| ‘carbone’, pe~at| ‘sigillo’ (suffisso -ět-), p\t| ‘via, cammino’ (cfr.

Page 140: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 132

latino pons, pontis ‘ponte’), tat| ‘ladro’, t|st| ‘suocero’, æ:t| ‘genero’, ou{id| ‘fuggitivo’, æv:r| ‘fiera’ (cfr. greco qhvr e latino ferus).

I maschili in *ı si distinguono da quelli in *jo (tipo ko¢∞|) perché al N sg la consonante che precede ß non è palatalizzata (come sarebbe davanti a jod): escono in -d| (non *-zd’ß), -t| (non *-št’ß), -v| (non *-vl’ß), -b| (non *-bl’ß), -s| (non *-š’ß). Problemi di attribuzione a una classe flessiva (in *ı oppure in *jo) sono posti da nomi del tipo æv:r| , og¢| , \gl| , giacché la palatalizzazione delle consonanti liquide e nasali non è segnalata graficamente. Ciò favorisce la precoce confusione tra maschili in *ı e maschili in *jo: og¢| ha G sg og¢q, D sg og¢< accanto a G sg e D sg og¢i . D’altra parte, sostantivi maschili in *jo possono prendere forme dei temi in *ı: G pl vra~ei invece che vra~| (oppure vra~ev) , v. infra). 7. Temi in *u

Il suffisso *u forma un piccolo gruppo di sostantivi maschili, per lo più già migrati in epoca paleoslava verso i temi in *o, di cui nessuno attestato nei manoscritti del canone in tutte le forme del paradigma: dom) ‘casa’ (cfr. latino domus), s¨¢) ‘figlio’, vr|h) ‘cima’, med) ‘miele’, mir) ‘mondo’, pol) ‘metà’, ~i¢) ‘rango’, vol) ‘bue’, forse sa¢) ‘dignità’, dar) ‘dono’ e pochi altri. Originariamente appartenevano a questo tipo diversi aggettivi che già in paleoslavo appaiono estesi per mezzo del suffisso -k- e migrati verso la classe in *o per il maschile e per il neutro, in *a- per il femminile: bliæ)k) ‘vicino’, ¢iæ)k) ‘basso’, l|g)k) ‘leggero’, m(k)k) ‘morbido’, slad)k) ‘dolce’ e altri.

La vocale tematica *u alterna nel corso della declinazione con *ou‡ (nei casi GDLV sg, GL duale, NVG plurale). Il dittongo *ou‡ si monottonga in fine di parola o di sillaba (davanti a consonante e silenzio), si dentalizza davanti a vocale. Notiamo inoltre l’allungamento della vocale tematica *u > *u- al caso NA duale e al caso A plurale (davanti a *-ns):

N *sun - u - s s¨¢) G *sun - ou‡ - s (ou‡ > u-) s¨¢ou D *sun - ou‡ - ei‡ (ou‡ i > ovi) s¨¢ovi A *sun - u - n (un > u) s¨¢) L *sun - ou‡ - ø s¨¢ou

Page 141: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

133

S *sun - u - mı s¨¢)m| V *sun - ou‡ s¨¢ou NA *sun - u- s¨¢¨ GL *sun - ou‡ - ou‡ s (ou‡u- > ovu) s¨¢ovou DS *sun - u - mo- s¨¢)ma N *sun - ou‡ - es (ou‡ e > ove) s¨¢ove G *sun - ou‡ - on (ou‡∞ > ov∞) s¨¢ov) D *sun - u - mus s¨¢)m) A *sun - u - ns (u-ns > u-) s¨¢¨ L *sun - u - su (s > x per Pedersen) s¨¢)h) S *sun - u - mis s¨¢)mi

Temi in *o e temi in *u cominciano ben presto a contaminarsi; ne derivano

da una parte forme del tipo S sg s¨¢om| , domom| , D pl s¨¢om) , L pl s¨¢oh) , domoh) (che sono le uniche storicamente attestate), e dall’altra l’enorme fortuna di molte terminazioni dei temi in *u nelle diverse lingue slave: G sg -u, L sg -u, D sg -ovi, N pl -ove, G pl -ov (cfr. in russo il cosiddetto ‘secondo genitivo’ con valore partitivo o di provenienza del tipo много народу, выйти из дому, е il ‘secondo prepositivo’ del tipo в саду, на дому, nonché il G pl dei nomi maschili: домов, городов).

L’estensione delle terminazioni della classe in *u ai nomi in *o, *jo porta alla comparsa di una variante molle (del tipo *ju) quando a prendere le terminazioni di questo tipo è un nome originariamente in *jo: vra~| , G pl vra~ev); æmii , N pl æmi&ve, G pl æmi&v) ; æ¢oi , N pl æ¢o&ve, G pl æ¢o&v) .

8. Temi in consonante I temi in consonante appartengono alle classi flessive in *n, *s, *nt, *r.

Appartengono a queste classi di declinazione nomi formati dalla radice e da un suffisso tematico consonantico. Il sistema delle desinenze non è identico a quello dei temi vocalici: segnaliamo il L sg -e e la vocale breve della desinenza del G pl, che da qui si espande ai temi vocalici. Numerosi sono i casi di influenza delle classi con suffisso vocalico su questi in consonante, con forte preponderanza delle forme proprie dei temi in *ı.

Page 142: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 134

1) La classe in *n comprende nomi maschili e neutri formati con i suffissi *mo-n/*men, *me-n/*men, *e-n/*en.

*mo-n/*men forma un piccolo gruppo di sostantivi maschili che escono al N sg in -¨ < *-o-n-s: kam¨ ‘pietra’. Tendono a generalizzare al nominativo la forma accusativa e a migrare verso classi di declinazione in vocale: kam¨ (< *kamo-n-s4), kame¢e ‘pietra’ (NA kame¢| , G kame¢i , cfr. russo камень); *rem¨ , reme¢e ‘cintura’ (NA reme¢| , cfr. russo ремень); plam¨ (< *pol-mo-n-s), plame¢e ‘fiamma’ (NA plame¢|; cfr. russo пламень, m arcaico, e пламя n, per analogia con i neutri in *me-n).

*me-n/*men forma un gruppo di sostantivi neutri che escono al N sg in -( < *-e-n: br:m(, br:me¢e ‘peso’ (< *ber-men, radice *ber-, ‘portare’); vr:m(, vr:me¢e ‘tempo’ (< *vert-men, radice *vert-, ‘girare in tondo’); im(, ime¢e ‘nome’ (< *n÷ -men, cfr. latino nomen); plem(, pleme¢e ‘tribù’ (<*pled-men, radice *pled, cfr. plod) ‘frutto’, ‘prodotto generato’); s:m(, s:me¢e ‘seme’ (< *se--men, cfr. latino semen); ~ism(, ~isme¢e ‘numero’, eccetera. Il gruppo è ben conservato oggi in russo (имя, имени).

*e-n/*en forma, come il precedente, sostantivi maschili che escono al N sg in -( < *-e-n-s; anche questi tendono a generalizzare al nominativo la forma accusativa (-¢| < *-nın < *-nn÷ ) e a migrare verso classi di declinazione in vocale: *pr|st( (< *pr÷’st-e-ns), pr|ste¢e ‘anello’ (NA pr|ste¢| , cfr. russo перстень); *&l(, &le¢e ‘cervo’ (NA &le¢| , cfr. russo олень); *kor(, kore¢e ‘radice’ (NA kore¢|; cfr. russo корень); *step(, stepe¢e ‘passo’, ‘gradino’ (NA stepe¢|; cfr. russo степень).

N *kamo-n - s (u-ns > u-) kam¨ G *kamen - es kame¢e D *kamen - ei‡ kame¢i A *kamen - n÷ (ın > ı) kame¢| L *kamen - en kame¢e S *kamen - ı - mı (cfr. temi in *ı) kame¢|m|

4 La marca del nominativo dei nomi di questa classe dovrebbe essere l’allungamento della

vocale; l’esito del tipo kam¨ induce però a credere che si sia generalizzata a questi sostantivi la marca più caratteristica del maschile singolare, *-s.

Page 143: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

135

NA *kamen - ı- (cfr. temi in *ı) kame¢i GL *kamen - ou‡ s kame¢ou DS *kamen - ı - mo- (cfr. temi in *ı) kame¢|ma N *kamen - es kame¢e G *kamen - on kame¢) D *kamen - ı - mus (cfr. temi in *ı) kame¢|m) A *kamen - n÷ s (ıns > ı-ns > ı-) kame¢i L *kamen - ı - su (cfr. temi in *ı) kame¢|h) S *kamen - ı - mı-s (cfr. temi in *ı) kame¢|mi Alcuni sostantivi sono attestati con forme duplici, che indicano incertezza

sull’appartenenza alla classe flessiva dei temi in consonante e rivelano la tendenza a migrare: per esempio S pl di d|¢| è attestato come d|¢|mi (*dßn-ı-mı-s, cfr. temi in *ı) e come d|¢¨ (*dßn-oi‡s, cfr. temi in *o).

I sostantivi neutri si differenziano dai nomi maschili nei casi NA (singolare, duale e plurale). Le desinenze NA duale e plurale sono quelle dei temi in *o:

NA *ime-n im( G *imen - es ime¢e D *imen - ei‡ ime¢i L *imen - en ime¢e S *imen - ı - mı (cfr. temi in *ı) ime¢|m| NA *imen - oi‡ (cfr. temi in *o e decl. pron.) ime¢: GL *imen - ou‡ s ime¢ou DS *imen - ı - mo- (cfr. temi in *ı) ime¢|ma NA *imen - o- (cfr. temi in *o e decl. pron.) ime¢a G *imen - on ime¢) D *imen - ı - mus (cfr. temi in *ı) ime¢|m) L *imen - ı - su (cfr. temi in *ı) ime¢|h) S *imen - o - i‡s (cfr. temi in *o) ime¢¨

2) La classe di declinazione in *s comprende nomi neutri formati con il

suffisso *os/*es che escono al N in -o (< *-os-ø) e al G in -ese (< *-es-es): slovo , slovese ‘parola’; ~oudo , ~oudese ‘miracolo’; kolo , kolese ‘ruota’; ¢ebo , ¢ebese ‘cielo’ (cfr. con lo stesso etimo ‘nube’ e ‘nebbia’); t:lo , t:lese ‘corpo’; dr:vo (< *dervos), dr:vese ‘albero’, divo , divese ‘prodigio’, oko ,

Page 144: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 136

o~ese ‘occhio’, ouho , ou{ese ‘orecchio’, d:lo , d:lese ‘atto’, lice (e < *o dopo c’ palatalizzata per III palatalizzazione), li~ese ‘persona’ (cfr. le forme degli aggettivi russi словесный ‘verbale’, чудесный ‘miracoloso’, небесный

‘celeste’, телесный ‘corporale’, il neologismo колесо ‘ruota’, singolare di колеса, e il collettivo древесина, ‘legname’).

Il tema è caratterizzato dall’alternanza vocalica radicale qualitativa (o/e), il N sg ha desinenza zero. Le desinenze NA duale e plurale sono quelle dei temi in *o:

NA *slovos slovo G *sloves - es slovese D *sloves - ei‡ slovesi L *sloves - en slovese S *sloves - ı - mı (cfr. temi in *ı) sloves|m| NA *sloves - oi‡ (cfr. temi in *o e decl. pron.) sloves: GL *sloves - ou‡ s slovesou DS *sloves - ı - mo- (cfr. temi in *ı) sloves|ma NA *sloves - o- (cfr. temi in *o e decl. pron.) slovesa G *sloves - on sloves) D *sloves - ı - mus (cfr. temi in *ı) sloves|m) L *sloves - ı - su (cfr. temi in *ı) sloves|h) S *sloves - o - i‡s (cfr. temi in *o) sloves¨ 3) La classe di declinazione in *nt comprende nomi neutri formati con il

suffisso *e-nt/*ent5 che escono al N in -( < *-e-nt e al G in -(te (< *-ent-es) e designano cuccioli (di animale o d’uomo): ag¢(, ag¢(te ‘agnellino’, jr:b(, jr:b(te ‘puledro’, koæ|l(, koæ|l(te ‘capretto’, os|l(, os|l(te ‘asinello’, otro~(, otro~(te ‘bambino’ (cfr. russo отрочество ‘adolescenza’). Il N sg ha desinenza zero. Le desinenze NA duale e plurale sono quelle dei temi in *o:

NA *agn - et ag¢( G *agn - et - es ag¢(te D *agn - et - ei‡ ag¢(ti

5 Delle due forme del suffisso la prima è quella che forma il nominativo singolare, l’altra

quella che ricorre in tutto il resto della flessione.

Page 145: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

137

L *agn - et - en ag¢(te S *agn - et - ı - mı (cfr. temi in *ı) ag¢(t|m| NA *agn - et - oi‡ (cfr. temi in *o e decl. pron.) ag¢(t: GL *agn - et - ou‡ s ag¢(tou DS *agn - et - ı - mo- (cfr. temi in *ı) ag¢(t|ma NA *agn - et - o- (cfr. temi in *o e decl. pron.) ag¢(ta G *agn - et - on ag¢(t) D *agn - et - ı - mus (cfr. temi in *ı) ag¢(t|m) L *agn - et - ı - su (cfr. temi in *ı) ag¢(t|h) S *agn - et - o - i‡s (cfr. temi in *o) ag¢(t¨

4) La declinazione in *r comprende nomi femminili formati con il suffisso

*te-r/*těr che escono al N sg in -i e al G sg in -ere. In paleoslavo appartengono a questo tipo due soli sostantivi: d)}i (*dukti < *dukte-r), d)}ere ‘figlia’ (cfr. tedesco Tochter); mati (< *mate-r), matere ‘madre’. Le forme del duale non sono attestate:

NA *mate-r mati G *mater - es matere D *mater - ei‡ materi A *mater - n÷ mater| L *mater - en matere S *mater - ı - jan (cfr. temi in -ı-) materi+ N *mater - n÷ s materi G *mater - on mater) D *mater - ı - mus (cfr. temi in -ı-) mater|m) A *mater - n÷ s materi L *mater - ı - su (cfr. temi in -ı-) mater|h) S *mater - ı - mis (cfr. temi in -ı-) mater|mi

Altri tre suffissi consonantici formano sostantivi che al singolare sono già

migrati, in epoca paleoslava, verso la classe di declinazione più produttiva (quella dei temi in *o), mentre al plurale si comportano ancora come temi consonantici (N pl *-es):

*tel è un suffisso estremamente produttivo per formare nomina agentis (sostantivi deverbali che indicano chi compie l’azione): pravitele ‘i

Page 146: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 138

governanti’, d:latele ‘i lavoratori’, jitele ‘gli abitanti’. Al singolare i nomi in *tel seguono il tipo flessivo in *jo (ou~itel| , G ou~itelq).

*a-r forma sostantivi maschili che indicano un’occupazione costante, una professione. Molti sono prestiti dal germanico: r¨bare ‘pescatori’ (cfr. r¨ba ‘pesce’); kl<~are ‘detentori delle chiavi’, ‘guardiani’ (cfr. kl<~| ‘chiave’); vi¢are ‘vinai’; m¨tare ‘pubblicani’, cioè esattori delle imposte (cfr. m¨to ‘dazio’, ‘gabella’). Anche questi al singolare sono migrati e seguono il tipo flessivo in *jo (r¨bar| , G r¨barq).

*je-n, *e-n forma sostantivi maschili che indicano persone appartenenti a una collettività: *slov-e-n-es > slov:¢e, ‘gli slavi’, *rim-je-n-es > rimlq¢e, ‘gli abitanti di Roma’, *gord-je-n-es > grajda¢e, ‘gli abitanti di una città’. Al singolare questi sostantivi aggiungono al tema del plurale il suffisso singolativo -in-, che risale all’i.e. *eı-n ‘uno’, a indicare uno degli appartenenti a un luogo o una comunità, e si declinano come i temi in *o: *slov-e-n-in-o-s > slov:¢i¢) , ‘uno slavo’; *rim-je-n-in-o-s > rimlq¢i¢) , ‘un abitante di Roma’; *gord-je-n-in-o-s > grajda¢i¢) , ‘un abitante di una città’.

9. Temi in *u-

La classe comprende nomi formati con il suffisso *u- / *uu‡ che escono al N sg in -¨ (< *-u-) e presentano in tutta la declinazione come elemento tematico il suffisso -∞v- (< *-uu‡ ). Sono due gruppi di sostantivi tutti femminili, gli uni indoeuropei, gli altri entrati nello slavo comune dalle lingue germaniche. Come i sostantivi maschili in consonante, anche questi tendono a generalizzare la forma accusativa al nominativo e a migrare verso classi di declinazione con tema vocalico: l<b¨ , l<b)ve ‘amore’ (cfr. tedesco Liebe ‘amore’; NA l<b)v| , russo любовь), svekr¨ , svek)rve ‘suocera’ (cfr. latino socru-s; NA svek)rv| , russo свекровь), cr|k¨ , cr|k)ve ‘chiesa’ (cfr. germanico *kir(i)ko- , russo церковь); brad¨ (< *bordy), brad)ve ‘ascia’ (cfr. germanico *bardo- , russo брадва), bouk¨ , bouk)ve ‘lettera’ (cfr. tedesco Buch, gotico bo-ka, russo буква); jr|¢¨ , jr|¢)ve ‘macina’ (cfr. russo жёрнов, m), lok¨ , lok)ve ‘pozzanghera’ (bulgaro локва), ¢eplod¨ , ¢eplod)ve ‘donna sterile’ (cfr. plod) ‘frutto’), hor\g¨ , hor\g)ve ‘scettro’ (cfr. russo хоругвь), c:l¨ ,

Page 147: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

139

c:l)ve ‘guarigione’. Appartengono a questa classe anche *kry, *kr∞ve (cfr. russo кровь, i.e. *kru-s, e *bry, *br∞ve (cfr. russo бровь e inglese brow, i.e. *bhru-s).

NA *svekr - u- - s svekr¨ G *svekr - ∞v - es svekr)ve D *svekr - ∞v - ei‡ svekr)vi A *svekr - ∞v - n÷ (ın > ı) svekr)v| L *svekr - ∞v - en svekr)ve S *svekr - ∞v - ı - jan (cfr. temi in *ı) svekr)vi+ NA *svekr - ∞v - ı- svekr)vi GL *svekr - ∞v - ou‡ s svekr)vou DS *svekr - ∞v - a- - mo- (cfr. temi in *a-) svekr)vama N *svekr - ∞v - n÷ s (ıns > ı-) svekr)vi G *svekr - ∞v - on svekr)v) D *svekr - ∞v - a- - mus (cfr. temi in *a-; s > x per analogia) svekr)vam) A *svekr - ∞v - n÷ s (ıns > ı-) svekr)vi L *svekr - ∞v - a- - su (cfr. temi in *a-) svekr)vah) S *svekr - ∞v - a- - mis (cfr. temi in *a-) svekr)vami

La presenza del suffisso -∞v- fa sì che questi temi si comportino come temi

in consonante, condividendone tutte le terminazioni (fatta salva l’analogia morfologica con i nomi femminili in *a- e in *ı). Si preferisce quindi inserire questi nomi tra i nomi in consonante, portando queste classi flessive a cinque, contro quattro classi in vocale.

10. L’aggettivo

I nomi aggettivi si formano come i nomi sostantivi con tema in *o, *jo per il maschile e per il neutro e con tema in *a-, *ja- per il femminile: dobr) , dobro , dobra ‘buono’ si declina come droug) ‘amico’, selo ‘villaggio’, gora ‘monte’; si¢∞| , si¢&, si¢q ‘azzurro’ si declinano come ko¢∞| ‘cavallo’, pol& ‘campo’, volq ‘libertà’. Dei nomi aggettivi appartenenti ad altre classi di declinazione si sono conservati soltanto alcuni aggettivi indeclinabili in *ı (svobod| ‘libero’, oudob| ‘facile’, ispl|¢| ‘pieno’, raæli~| ‘diverso’) e

Page 148: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 140

alcuni avverbi in *ı e in *u (pr:prost| ‘semplicemente’, prav| ‘in verità’, ¢iæ) ‘in basso’).

La maggior parte degli aggettivi si forma per mezzo di suffissi, tra cui i più diffusi sono -j-, -ßj-, -ok-, -∞k-, -ßk-, -ßsk-, -ßn- (v. § 5, p. 122).

Già in epoca preistorica le forme nominali prendono ad essere utilizzate in composizione con le forme del pronome dimostrativo *i , &, q (*i < *jß < *jos, *jon, *ja-) ‘quello’ (v. p. 149). Il significato di questa associazione, in principio non grammaticalizzata, era l’individuazione, la determinazione. Si sottraggono infatti a questa composizione gli aggettivi formati con il suffisso -ßj-, già determinati dall’idea di appartenenza: bojii (< *bog-ß•j-ß), boji&, bojiq ‘che è di Dio’ (non *bojiii < *bog-ß•j-ß•-jß!, *boji&&, *bojiqq):

N nov∞-jß novo-je nova-ja G nova-jego nova-jego novy-jeje D novu-jemu novu-jemu nove-jei

Con la progressiva morfologizzazione del pronome dimostrativo l’aggettivo

determinato cessa di essere percepito come un composto. Nel confine tra nome e pronome si realizzano assimilazioni e contrazioni, che conferiscono all’aggettivo determinato una nuova forma ‘lunga’, o ‘piena’, o ‘articolata’, che accoglie le terminazioni proprie della flessione pronominale, ma che si distingue da questa per il vocalismo del suffisso tematico (v. p. 145):

m n f

N ¢ov¨i ¢ovo& ¢ovaq G ¢ova&go > ¢ovaago > ¢ovago ¢ovy` D ¢ovou&mou > ¢ovououmou > ¢ovoumou ¢ov:i A ¢ov¨i ¢ovo& ¢ov\+ L ¢ov:&m| > ¢ov:m| ¢ov:i S ¢ov¨im| > ¢ov¨m| ¢ovo+

NA ¢ovaq ¢ov:i ¢ov:i GL ¢ovou< DS ¢ov¨ima > ¢ov¨ma

N ¢ovii ¢ovaq ¢ov¨` G ¢ov¨ih) > ¢ov¨h) D ¢ov¨im) > ¢ov¨m)

Page 149: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

141

A ¢ov¨` ¢ovaq ¢ov¨` L ¢ov¨ih) > ¢ov¨h) S ¢ov¨imi > ¢ov¨mi

Al N sg m e nel G pl di tutti i generi la vocale -¨- indica la presenza di uno

jer teso (∞• ) davanti a *jß, nei casi NA pl f (desinenza poi estesa al G sg f), A pl m, S pl m n rappresenta la regolare terminazione dei temi maschili e neutri in *o, femminili in *a-, ai casi S sg m n, DS duale, DL pl, è frutto di analogia morfologica (livellamento del tema).

Nei casi GDL sg f e GL duale la forma articolata non viene usata nella sua interezza, ma limitatamente alla seconda sillaba.

Al L sg gli aggettivi maschili e neutri con tema molle escono in -im| per assonanza con la terminazione della parte nominale: *obßsti-jemß > ob|}iim| . Il caso L sg m e n viene così a coincidere con il caso S sg m e n.

Nel caso S sg f la forma articolata può coincidere con quella inarticolata: *novojo-jo > ¢ovo+ , oppure coincidere con l’accusativo articolato: ¢ov\+ .

11. Comparativo e superlativo

I nomi aggettivi formano il grado comparativo per mezzo dei suffissi *jßs (*jes per il NA sg n), *e-jßs (*e-jes per il NA sg n) inseriti tra la radice e il suffisso tematico *jo per i nomi maschili e neutri, *ja- per i nomi femminili. L’aggettivo di grado comparativo rappresenta un antico tema in consonante, migrato verso le classi in *o, *ja-; di questa sua primitiva natura conserva tracce al nominativo e accusativo singolare maschile e neutro e al nominativo plurale maschile:

– il N sg m e n non ha suffisso tematico: *dobr-e-jßs-ø-s, *dobr-e-jes-ø-n,

*bol-jßs-ø-s, *bol-jes-ø-n. In fine di parola, davanti a silenzio, le consonanti

cadono: dobr:i , dobr:& ‘più buono’, *bol∞| , bol& ‘maggiore’. La forma *bol∞| non è attestata, perché il N sg m dei comparativi derivati con il suffisso *jßs assume la forma bol∞ii (bol’ßi) per analogia con il N sg m del comparativo formato con il suffisso *e-jßs: dobr:i .

– l’A sg m e n non ha suffisso tematico: *dobr-e-jßs-ø-n, *dobr-e-jes-ø-n,

*bol-jßs-ø-n, *bol-jes-ø-n. In fine di parola, davanti a silenzio, la nasale e la

Page 150: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 142

fricativa cadono: dobr:i , dobr:& ‘più buono’, *bol∞| , bol& ‘maggiore’. La forma *bol∞| non è attestata, perché anche l’A sg m dei comparativi derivati con il suffisso *jßs assume la forma bol∞ii (bol’ßi) per analogia con l’A sg m del comparativo formato con il suffisso *e-jßs: dobr:i . Inoltre, è evidente in paleoslavo la tendenza al livellamento del tema, che porta a formare anche l’A sg m e n con il suffisso *jo: *dobr-e-jßs-jo-n > dobr:i{| , *dobr-e-jes-jo-n >

dobr:i{e; *bol-jßs-jo-n > bol∞|{| , *bol-jes-jo-n > bol∞|{e. – il N pl m si forma con la desinenza *-es: *dobr-e-jßs-jo-es, *bol-jßs-jo-es.

La fricativa del suffisso si iodizza, quella della desinenza cade: dobr:i{e ‘più buoni’, bol∞|{e ‘maggiori’.

Caratterizza inoltre i comparativi la terminazione del N sg f -i (cfr. i sostantivi femminili formati per mezzo del suffisso *-jƒ, p. 118).

m n f

N G D A L S

bol - jßs - s bol - jßs - jo - ad bol - jßs - jo - ou‡ bol - jßs - n bol - jßs - jo - ı- bol - jßs - jo - mı

bol - jes - n bol - jßs - jo - ad bol - jßs - jo - ou‡ bol - jes - n bol - jßs - jo - ı- bol - jßs - jo - mı

bol - jßs - jı- bol - jßs - ja- - ns bol - jßs - ja- - i bol - jßs - ja- - n bol - jßs - ja- - ı- bol - jßs - ja- - ja-n

NA GL DS

bol - jßs - jo- bol - jßs - jo - ou‡ s bol - jßs - jo - mo-

bol - jßs - jo-i‡ bol - jßs - jo- - ou‡ s bol - jßs - jo - mo-

bol - jßs - ja-i‡ bol - jßs - ja- - ou‡ s bol - jßs - ja- - mo-

N G D A L S

bol - jßs - jo - es bol - jßs - j(o) - on bol - jßs - jo - mus bol - jßs - jo - ns bol - jßs - joi‡ - su bol - jßs - jo - ı-s

bol - jßs - jo- bol - jßs - j(o) - on bol - jßs - jo - mus bol - jßs - jo- bol - jßs - joi‡ - su bol - jßs - jo - ı-s

bol - jßs - ja- - ns bol - jßs - j(a-) - on bol - jßs - ja- - mus bol - jßs - ja- - ns bol - jßs - ja- - su bol - jßs - ja- - mı-s

m n f N G D A L S

dobr - e-jßs - s dobr - e-jßs - jo - ad dobr - e-jßs - jo - ou‡ dobr - e-jßs - n dobr - e-jßs - jo - ı- dobr - e-jßs - jo - mı

dobr - e-jes - s dobr - e-jßs - jo - ad dobr - e-jßs - jo - ou‡ dobr - e-jes - n dobr - e-jßs - jo - ı- dobr - e-jßs - jo - mı

dobr - e-jßs - jı- dobr - e-jßs - ja- - ns dobr - e-jßs - ja- - ı- dobr - e-jßs - ja- - n dobr - e-jßs - ja- - ı- dobr - e-jßs - ja- - ja-n

NA GL DS

dobr - e-jßs - jo- dobr - e-jßs - jo - ou‡ s dobr - e-jßs - jo - mo-

dobr - e-jßs - jo- i‡ dobr - e-jßs - jo- - ou‡ s dobr - e-jßs - jo - mo-

dobr - e-jßs - ja-i‡ dobr - e-jßs - ja- - ou‡ s dobr - e-jßs - ja- - mo-

Page 151: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

143

m n f N G D A L S

dobr - e-jßs - jo - es dobr - e-jßs - j(o) - on dobr - e-jßs - jo - mus dobr - e-jßs - jo - ns dobr - e-jßs - joi‡ - su dobr - e-jßs - jo - ı-s

dobr - e-jßs - jo- dobr - e-jßs - j(o) - on dobr - e-jßs - jo - mus dobr - e-jßs - jo- dobr - e-jßs - joi‡ - su dobr - e-jßs - jo - ı-s

dobr - e-jßs - ja- - ns dobr - e-jßs - j(a-) - on dobr - e-jßs - ja- - mus dobr - e-jßs - ja- - ns dobr - e-jßs - ja- - su dobr - e-jßs - ja- - mı-s

La grande maggioranza degli aggettivi forma il grado comparativo con il

suffisso *e-jßs, (*e-jes per il NA sg neutro). La vocale anteriore palatalizza le consonanti velari per I palatalizzazione: *ke- > *če-, *ge- > *že-. Successivamente če > c’a, že > ž’a in tutti i dialetti slavi, esclusi quelli macedoni cui si ispira l’alfabeto glagolitico (v. p. 107): m)¢og) ‘numeroso’ > m)¢ojai ‘più numeroso’.

Il suffisso *jßs (*jes per il NA sg neutro) è più arcaico, e viene utilizzato da un piccolo gruppo di aggettivi, la cui radice era forse caratterizzata dalla intonazione discendente. Si tratta di nomi primitivi, il cui grado positivo spesso non è attestato, o ha assunto valore di preposizione o di avverbio, o si è ampliato con suffissi derivativi migrando verso classi e categorie morfologiche più produttive. Tra i comparativi di genere neutro, derivati con il suffisso *jes, molti hanno assunto valore avverbiale.

a) aggettivi primitivi (cioè senza suffisso derivativo) di cui è attestato il grado positivo: lih) ‘eccedente’ > li{ii , houd) ‘magro’, ‘debole’ > houjdii , gr\b) ‘rozzo’, ‘ignorante’ > gr\bl∞ii , drag) ‘caro’, ‘prezioso’ > drajii , kr:p) ‘forte’ > kr:pl∞ii (ma al grado positivo è maggiormente attestato kr:p)k));

b) aggettivi primitivi il cui grado positivo ha valore di preposizione o di avverbio: ¢iæ) avv. ‘giù’ > ¢ije, pr:d) prep. e pr:di avv. ‘davanti’, ‘prima’ > pr:jde, posl:d| e posl:di avv. ‘poi’, ‘da ultimo’ > posl:jde. Dal grado comparativo derivano per suffissazione nuovi aggettivi: pr:jd|¢∞| ‘precedente’, ¢ij|¢∞| ‘basso’.

c) aggettivi che formano il grado positivo per mezzo di suffissi: t(j|k) (*teg-) ‘pesante’ > t(jii , gor|k) (*gor-) ‘amaro’ > gor∞ii , slad)k) (*sold-)

Page 152: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 144

‘dolce’ > slajdii , gl\bok) (*g∏ob-) ‘profondo’ > gl\bl∞ii , {irok) (*sir-) ‘largo’ > {ir∞ii , v¨sok) (*vys-) ‘alto’ > v¨{ii;

d) aggettivi e avverbi il cui grado positivo non è comunque attestato: bol∞ii ‘più grande’, m|¢∞ii ‘più piccolo’, lou~ii ‘migliore’, v(}ii ‘più grande’, ou¢∞ii ‘migliore’; drevl& avv. ‘anticamente’, soul& avv. ‘meglio’, pa~e avv. ‘più’. Dal grado comparativo derivano nuovi aggettivi: drevl∞|¢∞| ‘antico’.

Gli aggettivi di grado comparativo possono avere la forma articolata: bol∞ii , bol&&, bol∞|{iq (v. Tavole morfologiche); il NA sg m di forma articolata coincide con quello di forma non articolata, ma se quello è frutto di analogia morfologica, questo rispecchia la tensione dello jer in posizione davanti a *jß (bol’ß-jß).

Il grado superlativo non viene formato per mezzo di suffissi derivativi. Il paleoslavo, che spesso traduce con aggettivi positivi il superlativo greco, ricorre piuttosto a prefissi rafforzativi, quali pr:- e ¢ai-, usato questo secondo con gli avverbi: pr:velik) ‘grandissimo’, ¢aipa~e ‘soprattutto’.

Il superlativo relativo può essere espresso accompagnando il comparativo con la specificazione v|s:h) ‘di tutti’: bol∞ii v|s:h) ‘maggiore di tutti’.

12. Il pronome

Interna alla categoria del nome ma caratterizzata da una diversa flessione è una classe chiusa di sostantivi pronominali e aggettivi pronominali.

Il sistema della flessione pronominale slavo comune comprende due classi con tema vocalico *o e *a-. Come quella nominale, la flessione pronominale può essere di tipo duro e di tipo molle (pronomi in *jo e in *ja-). Esiste inoltre una declinazione mista seguita dai pronomi in velare palatalizzata (per III palatalizzazione) v|s| ‘tutto’ (< *vix-), e sic| ‘tale’ (< *sik-). Apparteneva originariamente alla classe di declinazione in *ı il pronome dimostrativo s| ‘questo’, derivato da *k’i (cfr. latino cis + A, ‘da questa parte’, e citer, ‘che sta da questa parte’).

La flessione pronominale si differenzia da quella nominale sia per ciò che riguarda la vocale tematica, che si dittonga al caso S sg maschile e neutro, in tutti i casi obliqui del paradigma femminile e in tutti i casi obliqui duali e

Page 153: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

145

plurali maschili e neutri, sia l’inventario delle desinenze (N sg n, GDL sg maschile e neutro, N pl maschile e G pl di tutti i generi):

VOCALE TEMATICA DESINENZE m n f m n f

NA G D L S

oi‡

oi‡

oi‡ oi‡ oi‡ oi‡

-go (-so) -mu -mı

-d -go (-so) -mu -mı

NA GD LS

oi‡ oi‡

oi‡ oi‡

oi‡ oi‡

N A G D L S

oi‡ oi‡ oi‡ oi‡

oi‡ oi‡ oi‡ oi‡

oi‡ oi‡ oi‡ oi‡

-i -son

-son

-son

La declinazione pronominale influisce su quella nominale: la terminazione

S sg f dei temi in *a- -\+ invece di *-o, mostra la caratteristica terminazione bisillaba del paradigma pronominale.

La terminazione -i del N pl m dei temi in *o nasce dalla monottongazione del dittongo formato dall’incontro della vocale tematica e della desinenza pronominale *-i (*o-i > *oi‡ > *ı-2) che sostituisce la desinenza N pl della flessione nominale *-es.

Di origine pronominale è la terminazione NA sg -o (< *od) dei neutri in *o e in *os (altrimenti al N sg *sel-o-n > *sel∞, *slovos-ø > *slov∞).

13. Sostantivi pronominali

I sostantivi pronominali si differenziano dai restanti nomi sostantivi per importanti caratteristiche morfologiche, lessicali e sintattiche: a) seguono la flessione pronominale; b) non mutano né per genere né per numero; c) non possiedono un significato proprio (del tipo ‘fratello’) d) hanno quale funzione principale quella di sostituire nella frase altri nomi sostantivi di cui fanno le veci (pronome significa “che si colloca al posto del nome”). Si dividono nelle

Page 154: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 146

seguenti categorie: pronomi interrogativi (k)to ‘chi?’, ~|to ‘che cosa?’), pronomi relativi (k)to ‘il quale’, ~|to ‘la qual cosa’), pronomi indefiniti (k)to ‘qualcuno’, k)jdo ‘ognuno’) e indefiniti-negativi (¢:k)to ‘qualcuno’, ¢:~|to ‘qualcosa’, ¢ik)to ‘nessuno’, ¢i~)to ‘nulla’). Sono sostantivi pronominali i pronomi personali (aæ) ‘io’, t¨ ‘tu’, m¨ ‘noi’, v¨ ‘voi’, il riflessivo s( ‘sé’).

I pronomi k)to ‘chi’ e ~|to ‘che cosa’ sono di origine indoeuropea. In protoslavo le radici *kwo- e *kwei- (cfr. latino qui, quae, quod; quis, quid) si sono specializzate: l’occlusiva velare caratterizza i pronomi che si riferiscono a persone, l’affricata palatale caratterizza i pronomi che si riferiscono a cose.

Il nominativo dei pronomi k)to ‘chi’ e ~|to ‘che cosa’ è composto dal pronome vero e proprio (*kwo- e *kwei-) e da un rafforzativo che risale al dimostrativo i.e. *tod, assente nel resto della declinazione. Il pronome k)to

generalizza all’A la desinenza del G -go , dando un forte impulso allo sviluppo della categoria della animatezza (v. pp. 119-120). Il pronome ~|to (la cui

radice alterna nella flessione: *kwei-/*kwe-) forma il G con una desinenza rara: -so , che in seguito si tematizza, dando origine alle forme trisillabe G ~|sogo , ~esogo , D ~|somou , ~esomou . Allo S l’occlusiva velare si palatalizza per II palatalizzazione: c:m| < *k-e-2-mß < *kw-oi‡-mı:

k)to ~|to

N G D A L S

k)to kogo komou kogo kom| c:m|

~|to ~|so , ~|sogo , ~esogo ~emou , ~|somou , ~esomou ~|to ~em| ~im|

I pronomi personali in paleoslavo indicano la 1ª persona (il soggetto) e la 2ª

persona (l’interlocutore). L’oggetto di cui si parla (che può essere una cosa oppure una 3ª persona) è indicato con i pronome dimostrativi s| (‘questo qui vicino a me che parlo’), t) (‘codesto lì vicino a te che ascolti’) o più frequentemente *i (*jß < *j-os) e o¢) (‘quello lì lontano da tutti e due’), che si grammaticalizzeranno quali pronomi di 3ª persona dal paradigma polimorfo. Esiste una forma riflessiva che manca del nominativo (non può essere

Page 155: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

147

soggetto) e si usa solo al singolare (cfr. italiano sé). I pronomi personali non sono differenziati per genere.

Caratteristica di questi paradigmi è il supplettivismo (cfr. latino ego, mihi). Il pronome di 1ª persona può ricevere uno jod protetico. Esistono cioè le due forme aæ) e qæ) . Dalla seconda, per la progressiva caduta di ∞ e della consonante finale, si ottiene il pronome di 1ª persona di molte lingue slave moderne: я. Il caso D ha due forme, una lunga (m|¢: , teb: , seb:) e una breve enclitica mi (< *moi), ti (< *toi), si (< *soi). Il caso A aveva in origine le sole forme m( (< *men), t( (< *ten), s( (< *sen), ¢¨ , v¨; successivamente e parallelamente allo svilupparsi dell’animatezza (v. p. 119-120) a queste, che cominciano a essere utilizzate come enclitiche, si affiancano nella funzione di complemento diretto le forme del caso G:

N G D A L S

aæ) me¢e m)¢: (m|¢:)6; mi m( m)¢: (m|¢:) m)¢o+

t¨ tebe teb:; ti t( teb: tobo+

— sebe seb:; si s( seb: sobo+

N GD LS A

v: ¢a< ¢ama ¢a ; ¢¨

va va< vama va ; v¨

N G D A L S

m¨ ¢as) ¢am) ; ¢¨ ¢¨ ¢as) ¢ami

v¨ vas) vam) ; v¨ v¨ vas) vami

14. Аggettivi pronominali

Gli aggettivi pronominali concordano con il sostantivo cui si riferiscono in numero, genere e caso. Si possono dividere in due gruppi: il primo comprende aggettivi pronominali che si differenziano dai restanti nomi aggettivi dal punto

6 Le forme date tra parentesi sono varianti testimoniate dai codici.

Page 156: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 148

di vista morfologico e sintattico: a) costituiscono una classe chiusa; b) non ammettono gradi di comparazione; c) non possono essere alterati per suffissazione; d) seguono esclusivamente la flessione pronominale; e) possono sostituire nella frase nomi sostantivi di cui fanno le veci.

Il secondo comprende aggettivi pronominali che, pur differenziandosi dai restanti nomi aggettivi per le suddette caratteristiche non seguono (o seguono in modo non esclusivo) la flessione pronominale e non possono pertanto caratterizzarsi quali pronomi dal punto di vista flessivo.

Al primo gruppo appartengono aggettivi possessivi (moi ‘mio’, tvoi ‘tuo’,

svoi ‘suo’, ¢a{| ‘nostro’, va{| ‘vostro’), dimostrativi (t) ‘questo qui’, *i < *jß ‘quello là’, s| ‘questo da questa parte’, sam) ‘lo stesso’), indefiniti (v|s| ‘tutto’, i¢) ‘un altro’, sic| ‘un simile’, tak) ‘tale’, kak) ‘quale’), interrogativi (kak) ‘quale’), relativi (ije ‘il quale’, qk) ‘quale’). Di questi alcuni seguono la flessione di tipo duro (del tipo t) , to , ta), altri la flessione di tipo molle (del tipo ¢a{| , ¢a{e, ¢a{a), altri ancora una flessione mista, con terminazioni di tipo debole e di tipo forte (i pronomi in velare palatalizzata v|s| ‘tutto’ < *vix- e sic| ‘un simile’ < *sik).

a) Seguono la flessione pronominale di tipo duro i pronomi t) ‘questo qui’, ov) ‘questo e non quello’, o¢) ‘quello e non questo’, tak) ‘siffatto’, kak) ‘quale’, qk) ‘quale’, v|sqk) ‘ogni’, sam) ‘lo stesso’, i¢) ‘un altro’.

L’occlusiva velare si palatalizza per II palatalizzazione davanti a *e-2 < *oi‡ nei casi S sg, DS du, e in tutto il plurale (con l’esclusione del caso accusativo):

m n f m n f

N G D A L S

t) togo tomou t) tom| t:m|

to togo tomou to tom| t:m|

ta to` toi t\ toi to+

tak) takogo takomou tak) takom| tac:m|

tako takogo takomou tako takom| tac:m|

taka tak¨ takoi tak\ takoi tako+

NA GL DS

ta to< t:ma

t: to< t:ma

t: to< t:ma

taka tako< tac:ma

tac: tako< tac:ma

tac: tako< tac:ma

Page 157: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

149

N G D A L S

ti t:h) t:m) t¨ t:h) t:mi

ta t:h) t:m) ta t:h) t:mi

t¨ t:h) t:m) t¨ t:h) t:mi

taci tac:h) tac:m) tak¨ tac:h) tac:mi

taka tac:h) tac:m) taka tac:h) tac:mi

tak¨ tac:h) tac:m) tak¨ tac:h) tac:mi

b) Seguono la flessione pronominale di tipo molle i pronomi possessivi moi

‘mio’, tvoi ‘tuo’, svoi ‘suo’, ¢a{| ‘nostro’, va{| ‘vostro’ (derivati con il suffisso -j-: *nas-j-o-s), l’interrogativo ~ii ‘di chi’ (derivato con il suffisso -j-: *cß-j-ß, *cß-j-e, *cß-j-a) e il pronome anaforico *i (< *j-os, *j-on, *j-a-).

In origine dimostrativo (radice *j-) con il significato di ‘quello lì lontano da tutti e due’, *i assume in paleoslavo la funzione di pronome di 3ª persona. Le forme monosillabe del N vengono però sostituite da quelle del dimostrativo di tipo duro o¢); quelle dell’A sono attestate come enclitiche: pos)la i ‘lo mandò’. Unito alla particella je il pronome assume funzioni di relativo:

m n f m n f N G D A L S

o¢) &go &mou i &m| im|

o¢o &go &mou & &m| im|

o¢a &` &i + &i &+

ije &goje &mouje ije &m|je im|je

&je &goje &mouje &je &m|je im|je

qje &`je &ije +je &ije &+je

N A

GL DS

o¢a q &< ima

o¢: i &< ima

o¢: i &< ima

qje qje &<je imaje

ije ije &<je imaje

ije ije &<je imaje

N G D A L S

o¢i ih) im) ` ih) imi

o¢a ih) im) q ih) imi

o¢¨ ih) im) ` ih) imi

ije ih)je im)je `je ih)je imije

qje ih)je im)je qje ih)je imije

`je ih)je im)je `je ih)je imije

Oltre che pronome relativo, &je può essere congiunzione, o fungere da

equivalente dell’articolo greco: così nella frase m|¢: bo &je jiti hristos). i &je oumr:ti priobr:te¢i& &st) (“per me infatti il vivere è Cristo, e il

Page 158: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 150

morire un guadagno”, Filippesi 1:21) gli infiniti sostantivati &je jiti e &je oumr:ti traducono il greco to; z/hn e to; ajpoqanein. Nella frase: b\di je vam) &je ei ei. i &je ¢i ¢i (“sia il vostro sì, sì, e il vostro no, no”, Giacomo 5:12) &je ei ei. i &je ¢i ¢i traduce il greco to; nai; naiv, kai; to; ou] ou[.

Se il pronome è in combinazione con la preposizione *v∞n si forma un’unità accentuale all’interno della quale la nasale non cade, ma si iodizza (v. p. 96): *v∞n-jß > *v∞-n’ß (v)¢∞|). Con il passare del tempo la nasale cessa di essere percepita come facente parte della preposizione, che in tutti gli altri contesti figura come v) , e viene reinterpretata quale protesi del pronome: v) ¢∞| ‘contro di lui’, v) ¢&m| ‘in lui’. Lo stesso processo di ridistribuzione tocca le preposizioni *k∞n con il dativo e *s∞n con lo strumentale: *k∞n-jemu > *k∞-n’emu > k) ¢&mou ‘verso di lui’, *s∞n-jimß > *s∞-n’imß > s) ¢ ∞im| ‘con lui’. Si rafforza quindi la tendenza a introdurre una n epentetica dopo qualsiasi preposizione: æa ¢∞| ‘dietro a lui’.

Segue la flessione pronominale di tipo molle anche il dimostrativo s| , si , se

‘questo da questa parte’. La fricativa, nata per satemizzazione (< *k’i/*k’e, cfr. latino cis prep. ‘da questa parte’), doveva essere inizialmente dura, e l’aggettivo pronominale apparteneva forse alla classe dei temi in *ı (NA sg m s| come gost| , NA du f si come kosti NA pl n) anche se resta oscura l’origine della forma si al N sg f e NA pl n. Successivamente *s > *s’, con metafonia di tutte le terminazioni. I casi A sg f, NA du m e NA pl m e f sono formati dal tema *s’-ßj-:

m n f

N G D A L S

s| sego semou s| sem| sim|

se sego semou se sem| sim|

si se` sei si+ sei se+

NA GL DS

siq se< sima

si se< sima

si se< sima

Page 159: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

151

N G D A L S

sii sih) sim) si` sih) simi

si sih) sim) si sih) simi

si` sih) sim) si` sih) simi

c) La flessione pronominale mista, con terminazioni di tipo debole e di tipo

forte, è seguita dai pronomi in velare palatalizzata v|s| ‘tutto’ < *vix- e sic| ‘siffatto’ < *sik-:

m n f m n f

N G D A L S

v|s| v|sego v|semou v|s| v|sem| v|s:m|

v|se v|sego v|semou v|se v|sem| v|s:m|

v|sq v|se` v|sei v|s+ v|sei v|se+

sic| sicego sicemou sic| sicem| sic:m|

sice sicego sicemou sice sicem| sic:m|

sica sic( sicei sic\ sicei sice+

N G D A L S

v|si v|s:h) v|s:m) v|s( v|s:h) v|s:mi

v|sq v|s:h) v|s:m) v|sq v|s:h) v|s:mi

v|s( v|s:h) v|s:m) v|s( v|s:h) v|s:mi

sici sic:h) sic:m) sic( sic:h) sic:mi

sica sic:h) sic:m) sica sic:h) sic:mi

sic( sic:h) sic:m) sic( sic:h) sic:mi

Un secondo gruppo di aggettivi pronominali è costituito da aggettivi che

seguono la flessione nominale, quali eter) ‘un certo, un tale’, kakov) ‘quale, di che genere’, takov) ‘tale, di tal genere’, o forme miste di flessione nominale e pronominale quali kolik) ‘quanto grande’, tolik) ‘tanto grande’, selik) ‘tanto grande’, &lik) ‘quanto grande’: D &likou e &likomou , S sg &likom| e &lic:m| .

Gli aggettivi che seguono la flessione nominale possono avere la forma articolata: kakov) , kakov¨i . Esclusivamente come aggettivo di forma articolata si declina il pronome relativo kotor¨i , kotoro&, kotoraq ‘il quale’ (formato dalla radice *kwo- con il suffisso *ter/*tor).

Il pronome interrogativo k¨i ‘quale’ e l’indefinito ¢:k¨i ‘qualche’ hanno al NA di tutti i generi e numeri le terminazioni di un aggettivo di forma piena

Page 160: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 152

(*k∞-jß, *ko-je, *ka-ja) ma formano i casi obliqui da temi diversi per assonanza con il dimostrativo t): dal tema *koj- nei casi G, D e L sg (come togo , tomou , tom|) dal tema *k߶j- nei restanti casi (cfr. S sg t:m| , G pl t:h) , D pl t:m) , L pl t:h) , S pl t:mi):

m n f N G D A L S

k¨i ko&go ko&mou k¨i ko&m| k¨im|

ko& ko&go ko&mou ko& ko&m| k¨im|

kaq ko&` ko&i k\+ ko&i ko&+

NA GL DS

– – –

– – –

c:i – –

N G D A L S

cii k¨ih) k¨im) k¨` k¨ih) k¨imi

kaq k¨ih) k¨im) kaq k¨ih) k¨imi

k¨` k¨ih) k¨im) k¨` k¨ih) k¨imi

15. I numerali

Niente identifica dal punto di vista morfologico o sintattico i numerali paleoslavi, nomi sostantivi e nomi aggettivi che seguono in parte la flessione nominale (articolata e non articolata), in parte la flessione pronominale. Ad individuarli come categoria è la caratteristica di indicare quantità numerabili e traducibili in cifre (per l’uso delle lettere con valore di cifra numerica v. p. 35).

Al gruppo dei numerali cardinali appartengono quattro nomi aggettivi e otto nomi sostantivi:

&di¢) , &di¢o , &di¢a (&d|¢) , &d|¢o , &d|¢a) ‘uno’ è un aggettivo pronominale che concorda in numero, genere e caso con il sostantivo cui si riferisce. Segue la declinazione pronominale (del tipo t) , to , ta). Nel significato di indefinito può avere anche il duale e il plurale.

d)va, d)v: ‘due’ è un aggettivo pronominale che si riferisce sempre a sostantivi di numero duale; ha pertanto solo le forme del duale, distinguendo in

Page 161: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

153

quanto a genere il maschile (d)va) dal femminile e dal neutro (d)v:) nei casi NA. Segue la declinazione pronominale (del tipo t) , to , ta). Lo stesso numero può essere indicato con l’aggettivo pronominale oba , ob: ‘ambo’, ‘entrambi’.

m n f m n f

NA d)va d)v: d)v: oba ob: ob: GL d)vo< obo< DS d)v:ma ob:ma

tri&, tri ‘tre’ è un aggettivo pronominale che si riferisce sempre a

sostantivi plurali; ha pertanto solo le forme del plurale, distinguendo in quanto a genere il maschile (trie) dal femminile e dal neutro (tri) al N. Segue la flessione nominale (temi in *ı).

~et¨re, ~et¨ri ‘quattro’ è un aggettivo pronominale che si riferisce sempre a sostantivi plurali; ha pertanto solo le forme del plurale, distinguendo in quanto al genere il maschile (~et¨re) dal femminile e dal neutro (~et¨ri) al N. Segue la declinazione nominale (temi in consonante).

m n f m n f

N tri& tri tri ~et¨re ~et¨ri ~et¨ri G trii ~et¨r) D tr|m) ~et¨r|m) A tri ~et¨ri L tr|h) ~et¨r|h) S tr|mi ~et¨r|mi

I restanti numerali cardinali sono nomi sostantivi: p(t| ‘cinque’, {est| ,

‘sei’, sedm| ‘sette’, osm| ‘otto’ e dev(t| ‘nove’ sono sostantivi femminili con tema in *ı; des(t| è un sostantivo maschile in consonante che, per analogia con le altre unità, viene reinterpretato come un femminile in *ı; s)to ‘cento’ è un sostantivo neutro con tema in *o; t¨s(}a è un sostantivo femminile con tema in *ja-. A questi si possono aggiungere due sostantivi dal significato di ‘un numero incalcolabile’: t|ma, propriamente ‘oscurità’, e ¢es)v:da ‘da non sapersi’, che traducono le miriadi del greco.

Poichè indicano un insieme di unità (una cinquina, una sestina eccetera), tutti i sostantivi numerali reggono il G pl (partitivo) dell’oggetto cui si

Page 162: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 154

riferiscono. L’eventuale attributo (aggettivo o pronome) concorda sempre con il numerale al singolare: v|sq sedm| oumr: (“kai; oiJ eJpta; [...] kai; ajpevqanon”, “et omnes septem [...] et mortui sunt”, Luca 20:31), pri&m) sedm| t\ hl:b) (“kai; labw;n tou;" eJpta; a[rtou"”, “et accipiens septem panes”, Marco 8:6), se droug\+ p(t| tala¢t) priobr:toh) (“i[de a[lla pevnte tavlanta ejkevrdhsa”, “ecce alia quinque superlucratus sum”, Matteo 25:20).

I nomi dei numeri da undici a diciannove sono sintagmi composti dal nome

dell’unità e dal nome della decina, che funge da ‘base’ di una sovrapposizione: &di¢) ¢a des(te ‘undici’ indica l’unità ‘poggiata sopra’ la decina, che viene declinata al L secondo l’originaria flessione del sostantivo (anticamente un tema maschile in consonante) e retta dalla preposizione ¢a ‘sopra’. Allo stesso modo si formano d)va (oppure oba) ¢a des(te ‘dodici’, trii ¢a des(te ‘tredici’ eccetera. Il sintagma ¢a des(te non muta quando il numerale sia declinato: i i<da iskariot|sk¨i . &di¢) ot) obo< ¢a des(te. ide k) arhiereom) (“kai; jIouvda" jIskariwvq, oJ ei|" tw`n dwvdeka, ajphlqen pro;" tou;" ajrcierei"”, “et Iudas Iscariotes unus de duodecim abiit ad summos sacerdotes”, Marco 14:10).

Il sostantivo retto dal numerale concorda con l’unità (e ne determina il genere): &di¢) ¢a des(te regge il nominativo singolare, d)va (oppure oba) ¢a des(te regge il nominativo duale, tri& ¢a des(te e ~et¨re ¢a des(te reggono il nominativo plurale, p(t| ¢a des(te e gli altri cardinali sino a diciannove reggono il genitivo plurale (partitivo). Nei casi obliqui il sostantivo retto dal numerale concorda con questo in numero e caso quando il nome dell’unità sia un aggettivo (da uno a quattro e composti): æapov:da` ob:ma ¢a des(te ou~e¢ikoma svoima (“diatavsswn toi" dwvdeka maqhtai"

aujtou”, “praecipiens duodecim discipulis suis”, Matteo 11:1). Conserva invece la concordanza al G pl con i sostantivi numerali.

I nomi dei numeri delle decine (da venti a novanta), delle centinaia (da

duecento a novecento) e delle migliaia sono sintagmi formati dal nome

Page 163: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

155

dell’unità e dai sostantivi des(t| , s)to , t¨s(}a : d)va des(ti (N du m) ‘venti’, p(t| des(t) (G pl m) cinquanta’; d)v: s)t: (N du n) duecento’, p(t| s)t) (G pl n) ‘cinquecento’; d)v: t¨s(}i (N du f) ‘duemila’, p(t| t¨s(}| (G pl f) ‘cinquemila’. All’interno di questi sintagmi des(t| può conservare le sue antiche forme maschili. Si ottiene così un paradigma misto con desinenze alternative: al N d)va des(ti , tri& des(te, ~et¨re des(te concorrono con le forme femminili d)v: des(ti , tri des(ti , ~et¨ri des(ti . Il G pl è sempre des(t) (maschile in consonante). Il sintagma nel suo complesso regge il G pl del sostantivo cui si riferisce (d)va des(ti let) ‘vent’anni’). Le unità si sommano alle decine, alle centinaia e alle migliaia per mezzo delle congiunzioni i e ti : p(t| des(t) ti p(t| ‘cinquantacinque’. Il sostantivo si accorda con l’ultimo numero (d)va des(ti i d)v: let: ‘ventidue anni’).

Nei casi obliqui le componenti del sintagma concordano in numero e caso quando i nomi delle unità sono aggettivi (da uno a quattro e composti): ~et¨r|mi des(t¨ (S pl) i {esti+ (S sg) l:t) s)æ|da¢a b¨st) cr|k¨ si (“tesseravkonta kai; e{x e[tesin oijkodomhvqh oJ nao;" ou|to"”, “quadraginta et sex annis aedificatum est templum hoc”, Giovanni 2:20); quando i nomi delle unità sono sostantivi reggono des(t| , s)to , t¨s(}a al G pl: &di¢) b: dl)j|¢) p(ti+ s)t) di¢ar| a droug¨ p(ti+ des(t) (“oJ ei|" w[feilen dhnavria pentakovsia, oJ de; e{tero" penthvkonta”, “unus debebat denarios quingentos et alius quinquaginta”, Luca 7:41).

Il sintagma nel suo complesso regge il G pl del sostantivo cui si riferisce (~et¨r|mi des(t¨ l:t)). Il sostantivo può tuttavia essere declinato nello stesso caso del sintagma, cui funge da apposizione: a}e sil|¢) &st) s) des(ti+ t¨s(}) (t¨s(}\ Zografense) s)r:sti gr(d\}aago s) d)v:ma des(t)ma t¨s(}ama ¢a ¢∞| (“eij dunatov" ejstin ejn devka ciliavsin

uJpanthsai tw`/` meta; ei[kosi ciliavdwn ejrcomevnw/ ejp’ aujtovn”, “si possit cum decem milibus occurrere ei, qui cum viginti milibus venit ad se”, Luca 14:31), o dev(ti des(t) i dev(ti prav|d|¢ic:h) (“ejpi; ejnenhvkonta ejnneva dikaivoi"”, “super nonagintanovem iustis”, Luca 15:7).

Page 164: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 156

I numeri da uno a dieci possono essere espressi da numerali collettivi, non tutti attestati in paleoslavo, ma presenti nelle lingue slave moderne: d)voi ‘due’, oboi ‘entrambi’, troi ‘tre’ si declinano come il pronome moi; ~etvor) è un nome aggettivo in *o, sedmoro ‘sette volte’ e des(toro ‘dieci volte’ sono avverbi (cfr. in russo i collettivi двое, трое, четверо, пятеро, шестеро, семеро, восьмеро, девятеро, десятеро, che reggono tutti il G pl).

I numerali ordinali sono nomi aggettivi che seguono la flessione nominale

(temi in *o e in *a-): pr|v) , pr|vo , pr|va ‘primo’, v)tor) ‘secondo’, tretii , treti&, tretiq ‘terzo’, ~etvr|t) ‘quarto’, p(t) ‘quinto’, {est) ‘sesto’, sedm) ‘settimo’, osm) ‘ottavo’, dev(t) ‘nono’, des(t) ‘decimo’. Per la seconda decina il numerale ordinale può essere derivato con tre diverse modalità, non tutte attestate in paleoslavo per ogni ordinale: &d|¢) ¢a des(te ‘undecimo’, &d|¢o¢ades(t) ‘undicesimo’, v)tor) ¢a des(te ‘duodecimo’, tri¢ades(t) ‘tredicesimo’, dev(t|¢ades(t|¢) ‘diciannovesimo’.

Gli ordinali delle decine sono derivati con il suffisso -ßn-: d)vodes(t|¢) e d)vades(t|¢) ‘ventesimo’. Non tutti sono attestati in paleoslavo. 16. Il verbo

Le categorie fondamentali del verbo slavo, sia antico che moderno, sono l’aspetto, il tempo, il modo, la diatesi. Il verbo paleoslavo è inoltre caratterizzato dalla espressione ben definita della categoria di determinatezza / indeterminatezza.

La categoria dell’aspetto serve a contrapporre verbi che si riferiscono a

un’azione conclusa e verbi che descrivono un’azione a prescindere dal fatto che essa venga portata a conclusione, o azioni (stati) che per loro natura non tendono al raggiungimento di un risultato, non sono caratterizzati da alcun limite interno. In altre parole, i verbi imperfettivi indicano un’azione in svolgimento o uno stato in atto, ne descrivono la durata e la ripetibilità, senza porre un limite o specificare le frontiere temporali della sua realizzazione: tvoriti ‘fare’, bol:ti ‘essere ammalati’. I verbi perfettivi indicano invece

Page 165: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

157

un’azione che ha ottenuto il fine per il quale era stata intrapresa e che spesso implica un cambiamento di stato: s)tvoriti significa ‘creare, portare a compimento, realizzare una cosa che non c’era e adesso c’è’. I verbi perfettivi possono anche indicare un determinato segmento temporale, in genere il momento dell’inizio o della fine di un’azione, del passaggio di stato: raæbol:ti s( vuol dire ‘ammalarsi, passare decisamente dallo stato di salute a quello di malattia’. La correlazione aspettuale è un tratto caratteristico e fondamentale della grammatica slava; ancora in formazione in epoca paleoslava, essa affonda le sue radici in epoca protoslava e si perfeziona successivamente in tutte le lingue slave moderne.

In epoca paleoslava la correlazione di coppie aspettuali convive con aspetti tipici della derivazione verbale indoeuropea: verbi dalla stessa radice (a volte con diversa gradazione vocalica) designano (grazie a temi verbali differenti, non prefissati) diverse modalità di realizzazione di un’azione (aktionsart), che può essere vista nel suo sviluppo (durativa) o concentrata in un unico punto (puntuale, momentanea), può tendere a un obiettivo (determinata) o al contrario essere senza oggetto (indeterminata), può ripetersi una volta sola, più volte o abitualmente, con frequenza più o meno ravvicinata. Per esempio, la presenza congiunta dell’apofonia radicale e di diversi suffissi tematici costruisce la serie le}i , pf. ‘mettersi a giacere’ (radice *leg-, suffisso *ø), l:gati , impf. ‘coricarsi abitualmente’ (radice *le-g-, suffisso *a-), lejati , stativo impf. ‘essere coricato’ (radice *leg-, suffisso *e-), lojiti , fattitivo impf. ‘mettere a giacere’ (radice *log-, suffisso *ı-).

Con i verbi di moto l’opposizione determinato / indeterminato si realizza come opposizione tra un movimento che si compie una sola volta e in una direzione precisa e un movimento che si compie in momenti e direzioni differenti (o alla semplice capacità di movimento): iti e hoditi ‘andare’; bresti e broditi ‘vagare’, vesti e voditi ‘condurre’, ¢esti e ¢ositi ‘portare’ (*i-d-/*sod-; *bred/*brod; *ved/*vod; *nes/*nos). Entrambi i verbi della coppia sono imperfettivi. Solo in unione a preposizioni (temi verbali prefissati) che ne modifichino il significato il tema che esprime l’azione determinata acquista valore perfettivo, e viceversa il tema che esprime quella

Page 166: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 158

indeterminata assume il valore di imperfettivo: iæiti e ishoditi ‘uscire’, pri¢esti e pri¢ositi ‘apportare’.

Con verbi non di moto l’opposizione determinato / indeterminato può opporre verbi che indicano lo stato del soggetto (stativi) e verbi che indicano la modifica dello stato dell’oggetto (fattitivi): anche qui, come nel caso dei verbi di moto, abbiamo temi verbali non prefissati derivati da una stessa radice con apofonia radicale. In paleoslavo il verbo fattitivo si forma per mezzo del suffisso *ı-, il verbo stativo per mezzo del suffisso *e-: bouditi ‘svegliare’ e b)d:ti ‘vegliare’; v:siti ‘appendere’ e vis:ti ‘pendere’; variti ‘far bollire’ e v|r:ti ‘bollire’ (intr.); lojiti ‘mettere a giacere’ e lejati ‘giacere’; saditi ‘mettere a sedere’ e s:d:ti ‘essere seduti’ (*bu-d/*bud; *ve-s/*vis; *var/*vr÷; *log/*leg; *sad/*se-d). Tutti questi verbi sono imperfettivi. Se prefissati i fattitivi sono sempre perfettivi (¢asaditi ‘piantare per terra’, pov:siti ‘appendere’, v)ævariti ‘portare a bollore’), gli stativi possono essere sia perfettivi che imperfettivi: v)ælejati impf. ‘stare sdraiato’, pos:d:ti pf. ‘rimanere seduto per un po’ e poi alzarsi’.

Quando la condizione del soggetto non è statica come nei casi suindicati ma dinamica (‘imbrunire’, ‘asciugarsi’) il suffisso tematico dell’infinito è -no- (forse frutto della nasalizzazione di un originario suffisso *nou‡ , v. p. 169): gasiti ‘spegnere’ e gas¢\ti ‘spegnersi’; goubiti ‘perdere, rovinare’ e g¨b¢\ti ‘andare in rovina’; (o)mra~iti ‘oscurare’ e mr|k¢\ti ‘imbrunire’; sou{iti ‘asciugare’ e s)h¢\ti ‘seccarsi’; ou~iti ‘insegnare, dare un’abitudine’ e v¨k¢\ti ‘prendere un’abitudine’ (*gas/*gas; *gou‡b/*gu-b; *mor-k/*mr÷-k; *sou‡x/*sux; *ou‡k/*u-k). Tutti questi verbi sono imperfettivi e formano perfettivi per prefissazione: ougas¢\ti ‘spegnersi’, pog¨b¢\ti ‘perire’, pomr|k¢\ti ‘oscurarsi’, s)s)h¢\ti s( ‘prosciugarsi’, ¢av¨k¢\ti ‘imparare’. Sono però perfettivi i verbi non prefissati caratterizzati dall’idea della momentaneità di un’azione (un grido, un salto, uno sputo, uno spintone) la cui durata è espressa da verbi imperfettivi con suffisso *a-, *e-: dvig¢\ti ‘spostare’ e dvijati ‘muovere’, krik¢\ti ‘lanciare un grido’ e kri~ati ‘gridare’, d)h¢\ti ‘soffiare’ e d¨hati ‘respirare’.

Di tutti gli altri verbi primitivi, sono perfettivi:

Page 167: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

159

– tra i verbi atematici: dati ‘dare’ (che infatti sviluppa subito il suo imperfettivo daqti);

– tra i verbi della I coniugazione solo quei pochi che indicano un’azione intrinsecamente momentanea: vr:}i ‘gettare’ (impf. metati), d:ti ‘fare’ (impf. d:qti), le}i ‘stendersi’ (impf. l:gati), pasti ‘cadere’ (impf. padati), re}i ‘dire’ (impf. glagolati), s:sti ‘sedersi’ (impf. s:dati s(), `ti ‘prendere’ (impf. imati).

– tra i verbi della II coniugazione alcuni verbi in *ı-, non frequentativi e non fattitivi, derivati da nomi e aggettivi: aviti ‘manifestare’ (impf. avlqti), variti ‘raggiungere, precedere’ (impf. varqti), vratiti s( ‘ritornare’ (impf. vra}ati s(), desiti ‘trovare, sorprendere’, kl<~iti s( ‘trovarsi’ (impf. kl<~ati s(), lou~iti s( ‘trovarsi’ (impf. lou~ati s(), koupiti ‘acquistare’ (impf. koupovati), m|stiti ‘vendicare’ (impf. m|}ati), pl:¢iti ‘prendere prigioniero’ (impf. pl:¢qti), prostiti ‘perdonare’ (impf. pra}ati), poustiti ‘lasciar andare’ (impf. pou}ati), roditi ‘generare’ (impf. rajdati), svoboditi ‘liberare’ (impf. svobajdati), sko~iti ‘saltare’ (impf. skakati), sramiti ‘coprire d’onta’ (impf. sramlqti), st\piti ‘mettere piede’ (impf. st\pati).

Tutti imperfettivi sono i verbi formati con i suffissi *e-, *a-, *u‡a-, *ou‡a- (gruppi IVb, Ib, IIIb, IIIa2). Il più produttivo è il suffisso *a-, largamente utilizzato in paleoslavo per derivare verbi imperfettivi e frequentativi da perfettivi prefissati e non prefissati: pasti e padati ‘cadere’, stati ‘ergersi’ e stoqti ‘stare in piedi’, v)skr:siti e v)skr:{ati ‘resuscitare’, v)prositi ‘chiedere’ e v)pra{ati ‘interrogare’.

17. I tempi verbali

La categoria del tempo (passato, presente, futuro) è espressa in paleoslavo con l’ausilio di suffissi tematici. Asse della concezione temporale è il presente, che considera l’azione nel suo sviluppo, e si oppone generalmente all’aoristo, che la considera nel suo carattere puntuale di evento realizzato. La valutazione dell’importanza e dell’interesse della durata dell’azione è soggettiva: se la durata nel passato merita di essere sottolineata si ricorre al tempo imperfetto,

Page 168: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 160

che rappresenta una sorta di presente nel passato e del presente ha la maggiore ricchezza prospettica. Non a caso già in epoca paleoslava l’imperfetto, che normalmente dovrebbe formarsi, come tutti i tempi passati, dal tema dell’infinito, si forma con crescente frequenza dal tema del presente, di cui già spesso condivideva (per esempio per tutti i verbi del gruppo Ia e IIIa del tipo brati) la veste fonica, grazie al comune carattere vocalico dei suffissi tematici del presente e dell’imperfetto.

Fuori dall’opposizione presente/aoristo si colloca il perfetto, che indica uno stato, o una azione avvenuta nel passato ma le cui conseguenze sono attuali per il momento presente (è morto, cioè non c’è più, è impazzito, cioè adesso è pazzo, è arrivato, cioè è qui adesso, è andato via, cioè non è più qui). Inizialmente il perfetto era, come negli esempi, intransitivo. Successivamente, divenuto transitivo e risultativo, tende a coincidere con l’aoristo, che progressivamente sostituisce. Il futuro esiste piuttosto come categoria modale che come realtà temporale: non esistono forme proprie del futuro semplice, escluso un relitto isolato di participio futuro (b¨{(}i ‘che sarà’) e le forme del verbo b¨ti ‘essere’ (b\d\). In paleoslavo il futuro può essere espresso dal presente del verbo perfettivo, o con l’ausilio di verbi servili che esprimono la modalità e che non sono ancora divenuti un elemento grammaticale: voglio scrivere, devo scrivere, ho da scrivere, comincio a scrivere. Se l’asse temporale si sposta nel passato il rapporto presente/perfetto si realizza come imperfetto (presente nel passato)/piuccheperfetto (azione che si è realizzata prima ma che è attuale per il momento passato espresso dall’imperfetto). Sia il perfetto che il piuccheperfetto sono tempi composti, formati dal participio perfetto in unione rispettivamente con il presente e l’imperfetto (o il perfetto) del verbo essere. Altro tempo composto del paleoslavo, analogo nella modalità di formazione a questi, è il futuro composto (futurum exactum), che esprime l’anteriorità nel futuro (“vedremo se avrò avuto torto”). Manca invece l’equivalente del trapassato remoto, il tempo che esprime l’anteriorità rispetto all’aoristo in una dimensione di passato assoluto (“quando ebbi capito bene la situazione intervenni”): questa viene espressa in paleoslavo da una costruzione con il dativo assoluto (v. p. 246).

Page 169: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

161

passato assoluto anteriorità relativa contemporaneità futuro nel presente io fui

aæ) b¨h) io sono stato aæ) &sm| b¨l)

io sono aæ) &sm|

io sarò aæ) b\d\

nel passato io ero stato aæ) b:h) b¨l)

io ero aæ) b:h)

nel futuro

io sarò stato aæ) b\d\ b¨l)

io sarò aæ) b\d\

18. Modo, diatesi, persona e numero

L’espressione del modo (della realtà, della possibilità, della irrealtà) non è ben sviluppata in paleoslavo: accanto all’indicativo, unico modo caratterizzato dal sistema dei tempi, i modi della non realtà (congiuntivo, imperativo, ottativo), ampiamente rappresentati in greco, si riducono al solo imperativo, erede slavo dell’ottativo. Vestigia dell’ottativo possono essere ricercate anche in una costruzione perifrastica tradizionalmente detta “modo condizionale”, che si forma con il participio perfetto e l’ausiliare essere (v. p. 194).

La diatesi non è sviluppata: mancano forme specifiche per il medio e per il passivo (che vengono espressi con verbi riflessivi o con participi passivi).

Le forme personali del verbo (presente, imperativo, aoristo, imperfetto) mutano secondo il numero (singolare, duale, plurale) e la persona (prima, seconda, terza); le forme nominali (participio presente attivo, participio presente passivo, participio passato attivo, participio passato passivo, participio perfetto) mutano secondo il genere, il numero e il caso; le forme perifrastiche, costituite da una parte nominale e da un verbo ausiliare (perfetto, piuccheperfetto, condizionale, futuro anteriore) mutano secondo il numero (singolare, duale, plurale), la persona (prima, seconda, terza), e il genere (maschile, neutro, femminile). Il sostantivo verbale muta secondo il numero e il caso; l’infinito e il supino, che erano in origine nomi, sono invariabili.

Le desinenze personali distinguono nove persone, tre per ogni numero. Esistono due sistemi di desinenze personali: quelle primarie, che servono a formare il tempo presente, e quelle secondarie, che formano l’aoristo, l’imperfetto e l’imperativo:

Page 170: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 162

Primarie Secondarie 1ª -a-n; -mı -n 2ª -šı-; -sı- -s sg 3ª -tu -t 1ª -ve- -ve- 2ª -ta -ta du 3ª -te -te 1ª -mu (< mos) -mu (< mos) 2ª -te -te pl 3ª -ntu -nt

Per quanto riguarda la 1ª persona sg, la desinenza *-mı serve solo a formare

il presente dei verbi atematici (v. p. 164), tutti gli altri verbi (tematici) utilizzano la desinenza *-a-n (propriamente desinenza del congiuntivo: cfr. latino “quid agam?”, “cur non dicam?”).

La desinenza della 2ª sg *-sı-, propria dei verbi atematici, e *-šı-, propria dei verbi tematici, si discosta da quella i.e. con vocale breve (*-sı). La desinenza in scibilante rivela gli effetti della legge di Pedersen: ¢osi{i ‘tu porti’ < *nosixi (x > s per I palatalizzazione davanti a vocale anteriore) < *nosisi (s > x per la legge di Pedersen). La trasformazione della fricativa deve essere partita dai verbi della II coniugazione per poi diffondersi anche ai verbi della I, dove le condizioni per la retroflessione individuata da Pedersen non sussistono: re~e{i ‘tu dici’ (*rek-e-si).

La desinenza della 3ª sg e pl è frutto del processo di indebolimento della fine della parola: i.e. *-tı > *-tu, con perdita della mollezza.

La desinenza della 1ª pl può assumere forma -m¨ per analogia con il pronome personale; alla stessa analogia si deve la desinenza della 1ª duale -v: .

19. Suffissi tematici e derivativi

Le forme del verbo si costruiscono su due temi, il tema del presente e il tema dell’infinito, che possono coincidere (verbi in *ı- della II coniugazione), ma generalmente divergono sia per il diverso suffisso tematico che li forma, sia per la presenza di diversi gradi vocalici nella radice.

Page 171: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

163

Eccettuato un piccolo gruppo di verbi atematici (cinque in tutto), il tema del presente si forma con l’ausilio delle vocali tematiche *e per la I coniugazione e *ı- per la II. La vocale *e alterna con *o (1ª persona sg e 3ª persona plurale). La I coniugazione presenta tre sottotipi:

I coniugazione II coniugazione e/o ne/no je/jo i

sg 1ª 2ª 3ª

o e e

no ne ne

jo je je

i i i

du 1ª 2ª 3ª

e e e

ne ne ne

je je je

i i i

pl 1ª 2ª 3ª

e e o

ne ne no

je je jo

i i i

Dal tema del presente si formano, oltre al tempo presente, l’imperativo

(tramite il suffisso *ı-, formante del modo ottativo) e i participi presenti attivi e passivi (tramite i suffissi *nt e *m): sia i participi presenti sia l’imperativo dei verbi della I coniugazione generalizzano la vocale tematica *o.

Il tema dell’infinito si forma per mezzo dei suffissi *ø, *a-, *no, *e-, *ı-. Dal tema dell’infinito si formano per suffissazione l’aoristo, l’imperfetto

(tramite il suffisso *e-ax) e i participi passati (tramite i suffissi *us, *n, *t, *l). Si è soliti dire che dal tema dell’infinito si forma il supino, ma in verità infinito e supino hanno in comune l’origine sostantivale: il supino era anticamente un accusativo, usato dopo i verbi di moto per indicare lo scopo dell’azione.

Le vocali tematiche dei tempi passati coincidono con quelle del presente in tutte le persone esclusa la 1ª persona duale e plurale:

I coniugazione II coniugazione

e/o ne/no je/jo i

sg 1ª 2ª 3ª

o e e

no ne ne

jo je je

i i i

Page 172: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 164

I coniugazione II coniugazione

du 1ª 2ª 3ª

o e e

no ne ne

jo je je

i i i

pl 1ª 2ª 3ª

o e o

no ne no

jo je jo

i i i

20. Classificazione

Il verbo si può classificare a partire dal tema del presente o a partire dal tema dell’infinito. All’interno di queste scelte i criteri di classificazione possono variare: alcuni studiosi elencano quali coniugazioni diverse ciò che altri classificano quali sottotipi di un’unica coniugazione e così via. In ogni caso, a prescindere dalle scelte classificatorie, la suddivisione del materiale in sé non è oggetto di discussione (ad eccezione di pochissimi verbi del tipo piti , biti7), e si basa su una preliminare suddivisione tra verbi atematici e verbi tematici.

I verbi atematici sono dati ‘dare’ (*dad-), qsti ‘mangiare’ (*(j)e-d-),

v:d:ti ‘sapere’ (*u‡oi‡d-) e b¨ti ‘essere’, che si caratterizza per il suo suppletivismo: infinito b¨ti , participio presente b¨{(}i e aoristo b¨h) dalla radice *bhu--; presente imperfettivo &sm| dalla radice *(j)e-s-, 3ª pl del presente

7 Alcuni studiosi ritengono che tutti i verbi il cui tema dell’infinito sia uguale alla radice e la

radice sia in vocale (del tipo æ¢ati , biti , liti , piti , kr¨ti , m¨ti) appartengano alla classe IIIa, ovvero formino il presente con le vocali tematiche je/jo: biti , 1ª sg *bi-jo > *bß•-jo (A. M. Seliščev, Staroslavjanskij jazyk, II, Moskva 1952, p. 147). Altri studiosi distinguono invece tra verbi della classe Ia con radice in semivocale *pß•i‡-, *u‡ ei‡-, *lß•i‡- (piti , viti , liti) e verbi della classe IIIa con radice in vocale (po~iti , {iti , g¢iti , biti): così Van Wijk ipotizza una diversa intonazione deducendola dalla diversa modalità di formazione dell’aoristo e del participio passato passivo: 2ª e 3ª sg dell’aoristo pit) , vit) , lit) e participio passato passivo pit) , vit) , lit) contro 2ª e 3ª sg dell’aoristo bi , po~i , e participio passato passivo bie¢) , po~|te¢) (N. Van Wijk, Istorija staroslavjanskogo jazyka, Moskva 1957, p. 339). Cfr. anche i deverbali pitie vs bie¢ie , po~|te¢ie . Per ciò che riguarda l’esistenza di un gruppo di verbi caratterizzato dalla predilezione per il suffisso *t, v. p. 178 e p. 191.

Page 173: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

165

imperfettivo s\t) e participio presente attivo s¨ dalla radice *s-, presente perfettivo b\d\ e imperativo b\di dalla radice *bond-.

La 1ª sg esce in -m| da *mı , desinenza che forma solo il presente di questi verbi atematici opponendoli a tutti i verbi tematici che escono in -\ da *a-n: dam| (*da-mı , senza alcun suffisso tematico), qm| , v:m| e &sm| .

La desinenza della 2ª sg -si (&si , dasi , qsi , v:si) si distingue da quella dei verbi tematici, che escono in -{i (v. p. 162).

Il verbo im:ti ‘avere’ (*em-/*m÷ -) è atematico solo alla 1ª sg imam| (2ª persona sg ima{i dal tema del presente *jßm-a--).

I verbi tematici si suddividono in quattro gruppi che corrispondono ai tre

sottotipi della I coniugazione (vocale tematica -e/o-, -ne/no-, -je/jo-) e alla II coniugazione (vocale tematica -i-). Questi quattro gruppi sono ulteriormente suddivisi al loro interno in sottogruppi, legati al suffisso tematico dell’infinito:

I e/o a. suffisso dell’infinito -ø-

b. suffisso dell’infinito -a- II ne/no a. radice in consonante e suffisso dell’infinito -no-

b. radice in vocale e suffisso dell’infinito -no- III je/jo a1. suffisso dell’infinito -ø-

a2. imperfettivi derivati con suffisso dell’infinito -a-, -va-, -e- b. suffisso dell’infinito -a-

IV i a. suffisso dell’infinito -i- b. suffisso dell’infinito -e-, -a- (< *e-)

Ia. Il sottogruppo Ia è un gruppo non produttivo cui appartengono pochi verbi con il tema dell’infinito monosillabo e la radice in consonante. Si divide in quattro sottotipi:

1. Verbi con radice in occlusiva o fricativa (p, b, v, t, d, k, g, s, z) senza alternanza vocalica radicale; presentano tutti assimilazione, dissimilazione o caduta della consonante radicale davanti alla dentale della desinenza dell’infinito -ti : vesti , 1ª sg ved\ ‘condurre (a piedi)’; vesti , 1ª sg veæ\ ‘condurre (con un mezzo)’.

2. Verbi con radice in occlusiva o fricativa con alternanza vocalica radicale. Sono caratterizzati, oltre che dalla assimilazione, dalla dissimilazione o dalla caduta della consonante radicale davanti alla dentale della desinenza

Page 174: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 166

dell’infinito -ti , dalla apofonia radicale. La vocale radicale presenta il grado pieno nel tema dell’infinito e il grado ridotto nel tema del presente: i/ß (*ei‡/*ı), u/∞ (*ou‡ /*u), er/ßr davanti a vocale e re/rß davanti a consonante (*er/*r÷), el/ßl davanti a vocale e le/lß davanti a consonante (*el/*l÷). Questi verbi (con la sola eccezione di ¢ebr:{ti ‘non curarsi’, 1ª sg ¢ebr:g\ e vl:{ti ‘trascinare’, 1ª sg vl:k\ che presentano il grado vocalico ridotto soltanto nella formazione dei tre participi passati), utilizzano la radice di grado normale per la formazione dell’infinito e del supino e la radice di grado ridotto per la formazione di presente, participi presenti, imperativo, imperfetto, aoristo forte, aoristo sigmatico II, participi passati.

3. Verbi con radice in consonante liquida o nasale (n, m, l, r) o in semivocale (i‡, u‡ ) con e senza alternanza vocalica radicale. Sono caratterizzati da metatesi delle liquide, formazione di vocali nasali e monottongazione di dittonghi: mr:ti ‘morire’ (*mer-ti), 1ª sg m|r\ (*mßr-o); kl(ti ‘giurare’ (*klßn-ti), 1ª sg kl|¢\ (*klßn-o); p:ti ‘cantare’ (*poi‡-ti), 1ª sg po+ (*poi‡-o); viti ‘torcere’ (*vß•j-ti < *u‡ei‡-ti), 1ª sg vi+ (*vß•j-o < *u‡ei‡-o); plouti ‘galleggiare’ (*plou‡ -ti), 1ª sg plov\ (*plou‡ -o).

I verbi del tipo mr:ti formano l’infinito e il supino con la radice di grado vocalico normale e tutte le altre forme con la radice di grado ridotto come i verbi del sottotipo 2 (del tipo vr:{ti ‘lanciare’, 1ª sg vr|g\). Diversamente da quelli però formano il participio passato passivo con il suffisso *t8, e ciò li accomuna ai verbi di questo sottotipo (viti ‘torcere’, participio passato vit) , rasp(ti ‘distendere’, participio passato rasp(t) , p:ti ‘cantare’, participo passato p:t)).

Sono tutti verbi primitivi, né denominali né deverbali, durativi. 4. Verbi irregolari con infisso nasale del tipo s:sti , 1ª sg s(d\ ‘sedersi’;

con formante *d- del tipo iti ‘andare’, 1ª sg id\; con estensione della radice *u‡ del tipo jiti ‘vivere’, 1ª sg jiv\ .

8 Forma il participio passato passivo con il suffisso *t anche un verbo del sottogruppo 2,

otvr:sti , otvr|æ\ , otvr|st) . Per ciò che riguarda l’esistenza di un gruppo di verbi caratterizzato dalla predilezione per il suffisso *t, v. la nota precedente.

Page 175: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

167

I verbi del gruppo Ia formano tutti l’imperfetto dal tema del presente, per mezzo del suffisso *e-ax (v. p. 184). Nella formazione dell’aoristo conservano modalità di formazione arcaiche e non più produttive in paleoslavo (v. p. 179).

I coniugazione – vocali tematiche e/o – suffisso dell’infinito -ø- (Ia)

Radici in occlusiva e fricativa senza apofonia:

Radici in occlusiva e fricativa con apofonia radicale: ei/i

vesti , ved\ condurre (a piedi) ~isti , ~|t\ leggere vesti , veæ\ condurre cvisti , cv|t\ fiorire ¢esti , ¢es\ portare pro¢isti ,

pro¢|æ\ trafiggere

bl<sti , bl<d\ osservare greti , greb\ remare Radici in occlusiva e fricativa

con apofonia radicale: ou/u gr¨sti , gr¨æ\ rosicchiare souti , s)p\9 spargere (grani) s:}i , s:k\ tagliare je}i , jeg\ ardere Radici in occlusiva e fricativa

con apofonia radicale: er/r÷ (r:/r|) mesti , met\ gettare ¢ebr:}i , ¢ebr:g\ curarsi di g¢esti , g¢et\ opprimere otvr:sti , otvr|æ\ aprire stri}i , strig\ tosare ~r:sti , ~r|t\ tratteggiare pe}i , pek\ cuocere ~r:ti , ~r|p\ attingere,

mescere plesti , plet\ intrecciare vr:}i , vr|g\ lanciare re}i , rek\ dire vr:}i , vr|h\ triturare te}i , tek\ scorrere g\sti , g\d\ suonare (strumento a

corde) Radici in occlusiva e fricativa con apofonia radicale: el/l÷ (l:/l|)

jl:sti , jl:d\ ricompensare ml:sti , ml|æ\ emulsionare str:}i , str:g\ sorvegliare tl:}i , tl)k\ colpire bl(sti , bl(d\ parlare a vanvera vl:}i , vl:k\ trascinare ouv(sti , ouv(æ\ inghirlandare æv(}i , æv(g\ raccontare Radici in n, m, r, i‡, u‡

con e senza apofonia æ(ti , æ(b\ strappare kl(ti , kl|¢\ giurare

9 Questo verbo, che non è attestato nei codici del canone, è presente nel Salterio del

Monastero dei Miracoli (Čudovskaja psaltyr’, XI sec.): casi analoghi, per altro non numerosi, qui come di seguito saranno elencati senza ulteriore precisazione. Cfr. N. Van Wijk, Istorija staroslavjanskogo jazyka, Moskva 1957.

Page 176: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 168

I coniugazione – vocali tematiche e/o – suffisso dell’infinito -ø- (Ia) l(}i , l(k\ curvare m(ti , m|¢\ follare, gualcare m(sti , m(t\ scuotere p(ti , p|¢\ stendere,

allungare pr(}i , pr(g\ tendere t(ti , t|¢\ fendere pr(sti , pr(d\ filare ¢a~(ti , ¢a~|¢\ cominciare pris(}i , -s(g\ avvicinarsi a toccare j(ti , j|m\ premere tr(sti , tr(s\ scuotere `ti , im\ prendere bosti , bod\ trafiggere d\ti , d)m\ soffiare mo}i , mog\ potere vlasti , vlad\ dominare pojr:ti , poj|r\ inghiottire rasti , rast\ crescere mr:ti , m|r\ morire teti , tep\ flagellare v)vr:ti , v|r\ trafiggere v)l:sti , v)l:æ\ entrare opr:ti s( , op|r\

s( appoggiarsi

klasti , klad\ mettere raskvr:ti , raskv|r\

far fondere

krasti , krad\ rubare prostr:ti , -st|r\ estendere pasti , pad\ cadere pasti , pas\ pascolare jr|ti , j|r\ sacrificare tr|ti , t|r\ strofinare Estensione della radice -u‡ -: viti , vi+ torcere pl:ti , pl:v\ sarchiare g¢iti , g¢i+ marcire jiti , jiv\ vivere liti , li+ versare piti , pi+ bere Infisso nasale e formante dentale: v)piti , v)pi+ chiamare s:sti , s(d\ sedersi p:ti , po+ cantare le}i , l(g\ coricarsi plouti , plov\ galleggiare b¨ti , b\d\ essere r<ti , r&v\ muggire, ruggire gr(sti , gr(d\ venire routi , rov\ muggire, ruggire iti , id\ andare (a piedi) slouti , slov\ avere fama di pr:qhati , pr:qd\

attraversare (con un mezzo)

trouti , trov\ consumare

Ib. I verbi del gruppo Ib hanno il tema dell’infinito sempre bisillabo, che si

forma aggiungendo alla radice il suffisso -a- (che non compare nel tema del presente). Sono tutti verbi primitivi, né denominali né deverbali, durativi. Dal tema dell’infinito formano l’imperfetto e l’aoristo sigmatico I di tipo più recente (v. p. 181).

Page 177: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

169

Il gruppo Ib è ulteriormente diviso in quattro sottotipi, tutti rappresentati da pochi verbi:

1. radice in r, n e alternanza vocalica radicale (tipo b|rati ‘raccogliere’, 1ª sg ber\);

2. vocale radicale ∞ (tipo s)sati ‘succhiare’, 1ª sg s)s\); 3. altre radici con e senza alternanza (tipo æ)vati ‘chiamare’, 1ª sg æov\); 4. radici con apofonia radicale i/ej (*i/*e-i) del tipo æiqti ‘spalancare’

(*zi-a-ti), 1ª sg æ:+ (*ze-i-o).

I coniugazione – vocali tematiche e/o – suffisso dell’infinito -a- (Ib) Radici in r, n con apofonia: Altre radici: b|rati , ber\ raccogliere kovati , kov\ forgiare d|rati , der\ strappare os¢ovati , os¢ov\ fondare p|rati , per\ innalzare æ)vati , æov\ chiamare g)¢ati , je¢\ seguire, inseguire iskati , isk\ cercare j|dati , jid\ aspettare metati , met\ gettare Radici in vocale con apofonia i/e-i: priqti , pr:+ favorire Radici contenenti ∞: liqti , l:+ versare ot)r)vati , ot)r)v\ strappare smiqti s( , sm:+ s( ridere s)sati , s)s\ succhiare æiqti , æ:+ spalancare t)kati , t)k\ spingere

IIa e IIb. I verbi del gruppo II sono quasi tutti non durativi (cfr. nel gruppo

Ia i verbi non durativi con infisso nasale); molti sono derivati perfettivi di verbi imperfettivi. In qualità di non durativi non formavano originariamente l’imperfetto. Successivamente, in contesti in cui si sottolinea il carattere abituale e ripetuto dell’azione, adottano le forme del nuovo imperfetto slavo formato dal tema del presente con il suffisso *e-ax (v. p. 184).

Il suffisso -no- alterna, raramente, con il suffisso -nu-. I participi passivi del tipo dvig¢ove¢) ‘mosso’ (v. p. 192) e i deverbali del tipo prikos¢ove¢ie ‘contatto’ (v. p. 197) fanno pensare all’alternanza *nou‡ /*nov anche laddove l’infinito ci è noto con il suffisso -no- (potrebbe trattarsi di una nasalizzazione più tarda di un originario suffisso *nou‡ ). I verbi del gruppo II era divisi in due sottotipi diversi, quelli con radice in consonante e quelli con radice in vocale.

Page 178: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 170

I verbi con radice in consonante possono conservare o meno il suffisso: l’aoristo, i participi passati e il sostantivo verbale sono formati senza suffisso; l’aoristo è quello forte tematico (v. p. 179):

I coniugazione - vocali tematiche ne/no – radice in consonante + suffisso -no- (IIa)

dvig¢\ti , dvig¢\ muovere kos¢\ti , kos¢\ toccare v)sklik¢\ti , v)sklik¢\

esclamare pob:g¢\ti , pob:g¢\ darsi alla fuga

ot)rig¢\ti , ot)rig¢\ eruttare ouv(æ¢\ti , ouv(æ¢\ impigliarsi tl)k¢\ti , tl)k¢\ dare un colpo ougas¢\ti , ougas¢\ estinguersi v¨k¢\ti , v¨k¢\ abituarsi pogr(æ¢\ti ,

pogr(æ¢\ affondare

dr)æ¢\ti , dr)æ¢\ osare pog¨b¢\ti , pog¨b¢\ perire v)æd)h¢\ti , -d)h¢\ soffiare v)k¨s¢\ti , v)k¨s¢\ fermentare oujaæ¢\ti , -jaæ¢\ s( spaventarsi mr)k¢\ti , mr)k¢\ imbrunire proæ(b¢\ti , -æ(b¢\ germogliare pomr)æ¢\ti , -mr)æ¢\ gelare v)skr(s¢\ti , -kr|s¢\ resuscitare prom)k¢\ti s( ,

prom)k¢\ s( diffondersi

ouml)k¢\ti , oml)k¢\ tacersi pri¢ik¢\ti , -¢ik¢\ sporgersi oum(k¢\ti , oum(k¢\ diventar molle posag¢\ti , posag¢\ andare sposa popl)æ¢\ti s( , popl)æ¢\ s(

scivolare ohr)(m)¢\ti , ohr)m¢\ diventare zoppo

osl|p¢\ti , osl|p¢\ divenire cieco v)æb)¢\ti , v)æb)¢\ svegliarsi postig¢\ti , postig¢\ raggiungere ouv(¢\ti , ouv(¢\ sfiorire ous)h¢\ti , ous)h¢\ seccarsi s)g)¢\ti , s)g)¢\ piegare is(k¢\ti , is(k¢\ prosciugarsi ous)¢\ti , ous)¢\ addormentarsi isto(p)¢\ti , istop¢\ essere

sommerso ougl|b¢\ti , ougl|b¢\ sprofondare

rastr)g¢\ti , -tr)g¢\ lacerare prisv(¢\ti , prisv(¢\ appassire t)k¢\ti , t)k¢\ bussare i}eæ¢\ti , i}eæ¢\ sparire prot(g¢\ti , -t(g¢\ tirare

I verbi con radice in vocale conservano il suffisso in tutte le forme, ad

eccezione del verbo stati ‘diventare’, 1ª sg sta¢\ , aoristo stah) ; l’aoristo è quello sigmatico I di tipo più recente (v. p. 181):

I coniugazione - vocali tematiche ne/no – radice in vocale + suffisso -no- (IIb)

mi¢\ti , mi¢\ passare poma¢\ti , -ma¢\ fare un segno povi¢\ti , -vi¢\ sottomettere pom:¢\ti , -m:¢\ ricordare dou¢\ti , dou¢\ gonfiare isou¢\ti , -sou¢\ sguainare

Page 179: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

171

pok¨¢\ti , -k¨¢\ fare un cenno ot)ri¢\ti , -ri¢\ rigettare v)spla¢\ti s( , -pla¢\ s(

infiammarsi pli¢\ti , pli¢\ (pl<¢\ti , pl<¢\)

sputare

æi¢\ti , æi¢\ spalancare stati , sta¢\ diventare IIIa. Il gruppo IIIa è diviso in due sottotipi: 1. verbi primitivi con radice t, l, r, n (tipo brati ‘lottare’, 1ª sg bor+) o in

vocale (tipo æ¢ati ‘sapere’, 1ª sg æ¢a+); 2. verbi derivati frequentativi e denominali (tipo d:lati ‘fare’, 1ª sg

d:la+). Del gruppo IIIa1 fanno parte: – cinque verbi con radice in consonante, suffisso dell’infinito -ø-, che

strutturalmente dovrebbero far parte della classe Ia, ma invece seguono il tipo molle della I coniugazione: ml:ti ‘macinare’, 1ª sg mel+ , klati ‘sgozzare’, 1ª sg kol+ , brati ‘lottare’, 1ª sg bor+ , j(ti ‘mietere’, 1ª sg j|¢+ , obr:sti ‘trovare’, 1ª sg obr(}\ .

Come i loro simili del gruppo Ia questi verbi formano l’imperfetto dal tema del presente. L’aoristo invece è sigmatico I del tipo più recente (v. p. 181).

– verbi primitivi con radice in vocale e tema dell’infinito uguale alla radice del tipo æ¢ati ‘sapere’, 1ª sg æ¢a+ :

I coniugazione – vocali tematiche je/jo – suffisso dell’infinito -ø- (IIIa1)

Radici in consonante: brati , bor+ lottare ml:ti , mel+ macinare j(ti , j|¢+ mietere obr:sti , obr(}\ trovare klati , kol+ sgozzare Radici in vocale: æ¢ati , æ¢a+ sapere kr¨ti , kr¨+ coprire siqti , siq+ brillare m¨ti , m¨+ lavare oup)vati , oup)va+ confidare ou¢¨ti , ou¢¨+ scoraggiarsi sp:ti , sp:+ maturare r¨ti , r¨+ scavare v)æd:ti , -d:jd\ e -d:+ fare ¢adouti , ¢adou+ s( gonfiarsi, inorgoglirsi s:ti , s:+ seminare ~outi , ~ou+ sentire s)m:ti , s)m:+ osare obouti , obou+ calzare biti , bi+ battere po~iti , po~i+ riposare s){iti , s){i+ cucire

Page 180: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 172

Del gruppo IIIa2, molto produttivo, fanno parte verbi derivati (imperfettivi, denominali, deverbali) in -e-, -a-, -va- che conservano il suffisso del tema dell’infinito nel tema del presente.

Suffisso -e-: serve a derivare verbi denominali del tipo oum:ti ‘avere la capacità’ (oum) ‘mente’), 1ª sg oum:+ .

Suffisso -a-: serve a derivare verbi denominali del tipo d:lati ‘fare’ (d:lo ‘affare’), 1ª sg d:la+; con l’allungamento della vocale radicale forma frequentativi di verbi imperfettivi e deriva imperfettivi da verbi perfettivi: privoditi impf. ‘arrecare’ e privajdati impf. ‘citare (un passo)’, 1ª sg privajda+ ; v)prositi pf. ‘chiedere’ e v)pra{ati impf. ‘interrogare’, 1ª sg v)pra{a+ .

Suffisso -va-: forma frequentativi di verbi imperfettivi e deriva imperfettivi da verbi perfettivi senza allungamento della vocale radicale: b¨ti impf. ‘essere’, b¨vati impf. ‘trovarsi abitualmente’, 1ª sg b¨va+ ; oubiti pf. ‘uccidere’, oubivati impf. ‘uccidere’, 1ª sg oubiva+; s)gr:ti s( pf. ‘accalorarsi’, s)gr:vati impf. ‘scaldare’, 1ª sg s)gr:va+ .

Tutti questi verbi formano dal tema dell’infinito l’aoristo sigmatico I di tipo recente (d:lah)) e l’imperfetto (d:laah)).

IIIb. Il gruppo IIIb è un gruppo numeroso ma poco produttivo (è produttivo solo il sottogruppo 5), che comprende cinque sottogruppi accomunati dal fatto di formare l’infinito con il suffisso -a- e di non conservare questo suffisso nel tema del presente:

1. Radici in consonante occlusiva e fricativa del tipo glagolati ‘parlare’, 1ª sg glagol+ ;

2. Radici in l, r, m, n del tipo s)lati ‘inviare’, 1ª sg s)l+; 3. Radici con apofonia radicale: alternanza ß/e del tipo imati (*jßm-)

‘prendere’, 1ª sg &ml+; alternanza ß/i del tipo æ|dati ‘costruire’, 1ª sg æijd\; alternanza rß/rě (*r÷/*er) del tipo tr|æati ‘strappare’, 1ª sg tr:j\; alternanza ßv/ju del tipo pl|vati ‘sputare’ (*pl’uu‡ ati < *pj-u--a-ti), 1ª sg pl<+ (*pl’-u--jo < *pj-ou‡ -jan);

4. Radici in vocale del tipo kaqti s( ‘pentirsi’, 1ª sg ka+ s(;

Page 181: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

173

5. Verbi denominali derivati con il suffisso -ova- del tipo v:rovati ‘credere’, 1ª sg v:rou+ (v:ra ‘fede’). Il suffisso *ou‡ davanti a vocale si dentalizza (-ov-), davanti alla semiconsonante -j- del suffisso tematico si monottonga (-u-). Sottotipo molto produttivo, non è incluso nella tabella.

I coniugazione – vocali tematiche je/jo – suffisso dell’infinito -a- (IIIb)

Radici in occlusiva e fricativa: alkati , al~\ avere fame maæati , maj\ ungere v(æati , v(j\ legare metati , me}\ lanciare gasati , ga{\ estinguere mr|cati , mr|~\ oscurarsi glagolati , glagol+ parlare ¢icati , ¢i~\ sorgere g¨bati , g¨bl+ perire plakati , pla~\ piangere dvi™ati , dvij\ muovere pleskati , ple}\ battere le mani douhati , dou{\ soffiare pl(sati , pl({\ danzare j(dati , j(jd\ avere sete ristati , ri}\ correre æobati , æobl+ mangiare r)æati , r)j\ nitrire æ¨bati , æ¨bl+ vacillare r)p)tati , r)p)}\ mormorare iskati , i}\ cercare r:æati , r:j\ intagliare kaæati , kaj\ sembrare skakati , ska~\ saltare kapati , kapl+ gocciolare skr|j|tati ,

skr|j|}\ digrignare

klevetati , kleve}\ calunniare stradati , strajd\ soffrire klepati , klepl+ segnalare str:kati , str:~\ pungolare kl|~|tati , kl|~|}\ battere i denti s¨pati , s¨pl+ spargere klicati , kli~\ gridare cs(æati , os(j\ toccare klokotati , kloko}\ ribollire tesati , te{\ tagliare con

l’accetta kol:bati , kol:bl+ oscillare tratati , tra}\ inseguire k\pati , k\pl+ bagnare trepetati , trepe}\ tremare liæati , lij\ leccare v)st(æati , -t(j\ accusare lob)æati , lob)j\ baciare hapati , hapl+ mordere l)gati , l)j\ mentire ~esati , ~e{\ raccogliere (frutta) l:gati , l:j\ coricarsi {|p)tati , {|p)}\ sussurrare l(cati , l(~\ spargere

trappole poqsati , -q}\ cingere

Alcune radici con apofonia radicale: Alcune radici in vocale: imati , &ml+ prendere v:(q)ti , v:+ soffiare æ|dati , æijd\ costruire d:(q)ti , d:+ fare v)sl|pati , sl:pl+ sgorgare r:qti , r:+ spingere p|sati , pi{\ scrivere

Page 182: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 174

pl|æati , pl:j\ arrampicarsi gr:(q)ti , gr:+ scaldare str)gati , strouj\ raschiare s:(q)ti , s:+ seminare st|lati , stel+ stendere sp:(q)ti , sp:+ prosperare tr|æati , tr:j\ strappare ~r|pati , ~r:pl+ attingere baqti , ba+ raccontare bl|vati , bl<+ vomitare vaqti , va+ scolpire pl|vati , pl<+ sputare da(q)ti , da+ dare kl|vati , kl<+ beccare graqti , gra+ gracchiare kaqti s( , ka+ s( pentirsi Alcune radici in l, r, m, n: laqti , la+ abbaiare mr)m)rati , mr)m)r+ mormorare maqti , ma+ fare segnali orati , or+ arare sta(q)ti , sta+ stare diritto s)lati , s)l+ inviare taqti , ta+ fondersi ste¢ati , ste¢+ gemere ~aqti , ~a+ attendere v)ædr:mati , v)ædr:ml+

sonnecchiare

Ai gruppi Ia, Ib, IIa, IIb, IIIa e IIIb appartiene la totalità dei verbi con

apofonia radicale. IVa. Del gruppo IVa fanno parte verbi fattitivi, frequentativi, denominali. Il

tema dell’infinito si forma con il suffisso -i-. Il tema del presente ha vocale tematica -i- (II coniugazione). La derivazione di fattitivi per il tramite del suffisso -i- non è produttiva: si tratta quindi di un numero finito di verbi10. Per esprimere il concetto del “far fare” il paleoslavo calca sul greco la costruzione (s))tvoriti + infinito del verbo. Anche la derivazione di frequentativi con il suffisso -i- non è produttiva: questa funzione è assolta nella maggioranza dei casi dal suffisso -a-. Ciò favorisce la confusione dei frequentativi in -i- con gli imperfettivi, e il loro utilizzo nella formazione di coppie prefissate: ¢esti (impf. determinato), ¢ositi (frequentativo indeterminato) > pri¢esti (pf.),

10 Riportiamo i verbi da cui i fattitivi e gli frequentativi della lista sono derivati, nell’ordine

di elencazione. I fattitivi sono derivati rispettivamente da go¢eæ¢\ti , iæb¨ti , le}i , pol:ti , s:sti , mr:ti , b)d:ti , te}i , piti , is(k¢\ti , v¨k¢\ti , mr)k¢\ti , v)skr|s¢\ti , pril|p:ti , vis:ti , g¨b¢\ti , stati , sv|t:ti , pogr(æ¢\ti. I frequentativi sono derivati rispettivamente da m(sti , v)l:sti , ¢esti , vesti , g)¢ati , vl:}i , iti , vesti , bl(sti.

Page 183: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

175

pri¢ositi (impf.). Indefinitamente produttiva è invece la derivazione di denominali in -i- di cui pochi sono perfettivi.

II coniugazione – vocale tematica i – suffisso dell’infinito -i- (IVa)

Verbi derivati da aggettivi e sostantivi: Verbi fattitivi: moliti , mol+ pregare go¢oæiti , go¢oj\ liberare hra¢iti , hra¢+ custodire iæbaviti , iæbavl+ salvare raæoriti , raæor+ distruggere polojiti , poloj\ mettere a giacere bogatiti s( , boga}\ s(

arricchirsi paliti , pal+ dare fuoco

iskaæiti , iskaj\ guastare posaditi , posajd\ far sedere, piantare m:riti , m:r+ misurare oumoriti , oumor+ far morire stroiti , stro+ mettere ordine bouditi , boujd\ svegliare l<biti , l<bl+ amare to~iti , to~\ far colare loviti , lovl+ cacciare poiti , po+ abbeverare gostiti , go}\ offrire (a un ospite) is\~iti , is\~\ far asciugare lomiti , loml+ spezzare v)æv:siti , -v:{\ appendere m\~iti , m\~\ tormentare pomra~iti , -mra~\ oscurare m¨sliti , m¨{l+ pensare v)skr:siti , -kr:{\ far resuscitare blaæ¢iti , blaj¢+ scandalizzare pril:piti , -l:pl+ incollare poustiti , pou}\ allentare, liberare ou~iti , ou~+ far imparare prigvoæditi , prigvojd\

inchiodare goubiti , goubl+ far perire

s)motriti , s)mo}r+

osservare staviti , stavl+ mettere (ritto)

m\driti s( , m\jdr\ s(

atteggiarsi a saggio pogr\æiti , pogr\j\

affondare (trans.)

ostriti , o}r+ affilare sv:titi , sv:}\ illuminare blagoslovestiti , blagoslove}\

benedire ou~iti , ou~+ far imparare

qæviti , qjvl+ ferire Verbi frequentativi: m\titi , m\}\ turbare, agitare vla~iti , vla~\ trascinare v)laæiti , v)laj\ entrare hoditi , hojd\ andare ¢ositi , ¢o{\ portare voditi , vojd\ condurre voæiti , voj\ portare (con un

mezzo) bl\diti , bl\jd\ errare

go¢iti , go¢+ cacciare

Page 184: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 176

IVb. Del gruppo IVb fanno parte verbi primitivi che formano il tema dell’infinito con il suffisso -ě-, -’a- (< *e-) e il tema del presente con il suffisso -i-. La loro funzione originaria è quella di indicare uno stato: sono quindi intransitivi e imperfettivi. Si distinguono tre sottotipi:

– verbi con radice in vocale: boqti s( ‘temere’ (a < *e- dopo jod), 1ª sg bo+ s(;

– verbi con radice in velare: kri~ati ‘gridare’ < *krik-e--ti (*e- provoca la I palatalizzazione delle velari), 1ª sg kri~\ ;

– verbi con radice in consonante non velare: gor:ti ‘ardere’, 1ª sg gor+ . Di questo gruppo fanno parte anche un unico verbo in -a- (< *a-): s)pati

‘dormire’, 1ª sg s)pl+ , e due verbi a paradigma misto: hot:ti ‘volere’, 1ª sg ho}\ , e dov|l:ti ‘essere sufficiente’, 1ª sg dov|l+: hot:ti segue la II coniugazione alla 3ª persona pl (hot(t)) e al N maschile e neutro del participio presente attivo (hot(), mentre nei casi obliqui del participio e per tutto il resto si comporta come un verbo della I coniugazione (1ª sg ho}\ , 2ª sg ho}e{i); dov|l:ti segue la II coniugazione esclusivamente alla 3ª persona pl (dov|l(t)) e in generale tende a passare al tipo IIIa2 (dov|l:+ , dov|l:&{i).

II coniugazione – vocale tematica i – suffisso dell’infinito -e- (IVb)

e (< *e- dopo consonante non velare) ’a (< *e- dopo vocale) bol:ti , bol+ essere malato boqti s( , bo+ s( temere b)d:ti , b)jd\ vegliare stoqti , sto+ stare ritto vel:ti , vel+ prescrivere vid:ti , vijd\ vedere a (< *e- dopo velare) vis:ti , vi{\ essere sospeso dvijati , dvij\ muovere vr|t:ti , vr|}\ s( rigirarsi dr|jati , dr|j\ tenere v|r:ti , v|r+ bollire kl(~ati , kl(~\ essere

inginocchiato gor:ti , gor+ ardere kri~ati , kri~\ gridare gr|m:ti , gr|ml+ tuonare lejati , lej\ essere coricato æ|r:ti , æ|r+ guardare l|}ati s( , l|}\

s( brillare

j(d:ti , j(jd\ desiderare ml|~ati , ml|~\ tacere k)s¢:ti , k){¢+ tardare m)~ati , m)~\ scuotere k¨p:ti , k¨pl+ ribollire sl¨{ati , sl¨{\ udire

Page 185: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

177

let:ti , le}\ volare b:jati , b:j\ fuggire pril|p:ti , -l|pl+ essere

incollato t)}ati s( , t)}\ s(

affrettarsi, sforzarsi

mr|æ:ti , mr|j\ essere odioso s)t(jati , s)t(j\ acquistare m|¢:ti , m|¢+ pensare pl|æ:ti , pl|j\ strisciare pol:ti , pol+ incendiare p|r:ti s( , p|r+ s( disputare sv|t:ti s( , sv|}\ s( brillare skr)b:ti , skr)bl+ essere afflitto smr|d:ti , smr|jd\ puzzare st¨d:ti s( , styjd\ s(

vergognarsi

s:d:ti , s:jd\ essere seduto tr|p:ti , tr|pl+ sopportare }(d:ti , }(jd\ spargere s)pati , s)pl+ dormire

21. L’aoristo

In paleoslavo si conoscono quattro tipi di aoristo, un tipo produttivo (sigmatico II) e tre tipi improduttivi (forte atematico, forte tematico, sigmatico I), derivati con modalità non più attive in paleoslavo e rappresentati da un numero limitato di verbi ad altissima frequenza di uso del tipo re}i ‘dire’, iti ‘andare’ e pochi altri.

L’aoristo forte è il più antico; può essere tematico o atematico. L’aoristo forte atematico funge da controparte non durativa del presente

durativo. Privo di suffissi tematici, si forma unendo le desinenze secondarie direttamente alla radice dei verbi non durativi. Progressivamente emarginato dallo sviluppo dell’aoristo forte tematico e dell’aoristo sigmatico, l’aoristo forte atematico è testimoniato in paleoslavo soltanto dalla 2ª e 3ª sg di un numero ristrettissimo di verbi:

a) i verbi atematici dati ‘dare’, qsti ‘mangiare’ e b¨ti ‘essere’; b) alcuni verbi del gruppo Ia che contengono nella radice un dittongo e

sono caratterizzati da un probabile accento circonflesso sulla vocale radicale: viti ‘torcere’, piti ‘bere’, p:ti ‘cantare’, oumr:ti ‘morire’, prostr:ti

Page 186: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 178

‘estendere’, jr:ti ‘sacrificare’, kl(ti ‘giurare’, rasp(ti ‘distendere’, `ti ‘prendere’, ¢a~(ti ‘cominciare’.

In tutte le altre persone questi verbi hanno le forme dell’aoristo sigmatico:

`ti oumr:ti piti dati 2ª `t) oumr:t) pit) dast)

sg 3ª `t) oumr:t) pit) dast)

Quando la desinenza della 2ª e 3ª persona sg -t) (la cui provenienza è

tuttora oggetto di discussione) viene omessa, la flessione di questo aoristo coincide interamente con quella di un aoristo sigmatico. Tuttavia, i verbi caratterizzati da questa estensione della 2ª e 3ª sg formano nel loro complesso un gruppo ben individuato: oltre alla 2ª e 3ª persona dell’aoristo in -t) essi formano infatti il participio passato passivo con il suffisso *t e sostantivi verbali in -tie (v. p. 164, nota 7 e p. 191)11.

L’aoristo forte tematico nasce come aoristo perfettivo; si formava da verbi non durativi dei gruppi Ia e IIa, unendo le vocali tematiche e le desinenze secondarie alla consonante radicale (i verbi in -no- perdevano il suffisso):

Sg Du Pl

1ª id-o-n id-o-ve id-o-mus 2ª id-e-s id-e-ta id-e-te 3ª id-e-t id-e-te id-o-nt

Con la perdita di importanza dell’aoristo forte atematico, aoristo forte

tematico e aoristo sigmatico divengono complementari: l’aoristo forte 11 L’appartenenza a questo gruppo dei verbi che contengono nella radice un dittongo in

liquida è debole e senza futuro, mentre costante appare la presenza dei verbi che contengono nella radice un dittongo in nasale e in aumento l’appartenenza dei verbi con radice monosillaba in vocale. I sostantivi neutri deverbali in -тие elencati dal Grammatičeskij slovar’ russkogo jazyka risalgono ai verbi j(ti , rasp(ti , prokl(ti , ¢a~(ti , `ti; poviti , proliti , biti , iti , piti , jiti; r¨ti , kr¨ti , b¨ti , *pl¨ti , douti . L’elenco dei sostantivi in -тьë comprende витьё, житьё, литьё, питьё, бритьё, шитьё, дутьё, гнутьё, чутьё, вытьё, мытьё, нытьё, рытьё, мятьё, che ci riportano ai seguenti ulteriori infiniti: *briti , {iti , g)¢\ti , ~outi , *v¨ti , m¨ti , ¢¨ti , m(ti (* non sono attestati in paleoslavo, ma in testi più tardi).

Page 187: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

179

tematico, che inizialmente indicava un momento (puntuale) di inizio o di fine di una azione di per sé durativa (per esempio, “cantare una canzone”: cantare è di per sé un’azione durativa, che prevede una sequenza di note; ma l’esecuzione di un canto è un’azione finita), amplia la propria funzione a quella di aoristo puntuale in generale (a spese dell’aoristo atematico), e si oppone così all’aoristo sigmatico, durativo.

In paleoslavo l’aoristo forte tematico, non più produttivo, è attestato da: a) non durativi del gruppo Ia che hanno all’infinito suffisso -ø-, al presente

vocale tematica -e- (v. p. 167 e pp. 181-182); b) il verbo obr:sti ‘trovare’ (gruppo IIIa; v. p. 171); c) non durativi prefissati del gruppo IIa (v. p. 170), di cui sono attestate

anche forme di aoristo sigmatico del tipo più recente, formato sia con, sia senza il suffisso -no12-:

forte tematico sigmatico II

(senza suffisso -no-) sigmatico II

(con suffisso -no-)

ougl|b¢\ti ougleb) ougl|b\

sprofondare

v)sk¨s¢\ti v)sk¨s\ fermentare prisv(¢\ti prisv(d\ appassire ohr)¢\ti ohr)m\ azzopparsi pribeg¢\ti prib:g) accorrere iæb:g¢\ti iæb:g) sfuggire ot)beg¢\ti ot)b:g\ ot)bego{( scappare pog¨b¢\ti pog¨b\ pog¨bo{( perire ¢av¨k¢\ti ¢av¨k\ ¢av¨ko{( adusarsi v)skr|s¢\ti v)skr|s\ v)skr)so{( levarsi v)æ¢ik¢\ti v)æ¢ik\ v)æ¢iko{( sorgere

i}eæ¢\ti i}eæete i}eæ\ , i~eæ\

i}eæo{( sparire

v)ædvig¢\ti v)ædvig) v)ædvig\

v)ædvigo{( erigere

proæ(b¢\ti proæ(b\ proæ(bo{( proæ(b¢\{( spuntare 12 L’elenco di queste forme è tratto da H. Lunt, Old Church Slavonic Grammar, Mouton,

The Hague 1968, pp. 91-92.

Page 188: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 180

forte tematico

sigmatico II (senza suffisso -no-)

sigmatico II (con suffisso -no-)

oujas¢\ti s( oujasete s( oujas\ s(

oujasoste s( oujaso{( s(

oujas¢\ste s( oujas¢\{( s( atterrirsi

ouml)k¢\ti ouml)k\ ouml)ko{( zittirsi is)h¢\ti

isoh) is)h\

is)ho{(

seccarsi

s)s)h¢\ti sos)h) seccarsi ous)h¢\ti ous)h¢\ (3 sg) seccarsi outo¢\ti outop\ outopo{( annegare isto¢\ti istop\ istopo{( istop¢\{( annegare pot)k¢\ti s( pot)k\ s( pot)ko{( s( pot)k¢\{( s( inciampare

Parimenti improduttivo e poco rappresentato è l’aoristo sigmatico I (così

detto per distinguerlo dal più tardo sigmatico II), che si forma dai verbi durativi del gruppo Ia. Alla consonante radicale si unisce il suffisso *s (*so alla 1ª sg, du e pl) e le desinenze secondarie. La vocale radicale presenta il grado allungato (e > e; o > a). La 2ª e 3ª sg sono date con l’asterisco perché questi aoristi conservano qui la forma dell’aoristo forte tematico: la vocale radicale è di grado normale, la vocale tematica è -e-:

Sg Du Pl

1ª ne-s-so-n ne-s-so-ve ne-s-so-mus 2ª *ne-s-s-s (nese) ne-s-s-ta ne-s-s-te 3ª *ne-s-s-t (nese) ne-s-s-te ne-s-s-n÷ t

L’uso di questo tipo di aoristo è inizialmente limitato a verbi del gruppo Ia: a) radice in fricativa, sonorante e occlusiva non velare con e senza

apofonia; b) radice in occlusiva velare con e senza apofonia; la velare radicale s > x

(legge di Pedersen). Davanti alla vocale anteriore sviluppata dalla *n÷ della 3ª pl (*sn÷ t > *sınt) x > s (per I palatalizzazione):

Sg Du Pl

1ª re-k-so-n > re-k-x-∞ > rex∞ re-k-so-ve > rexove re-k-so-mus > rexom∞ 2ª (rek-e > rece) re-k-s-ta > resta re-k-s-te > reste 3ª (rek-e > rece) re-k-s-te > reste re-k-s-n÷ t > re-xınt > reše

Page 189: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

181

Ricapitolando, forme non produttive di aoristo forte e sigmatico I sono attestate in paleoslavo per i seguenti verbi13:

aoristo forte tematico aoristo sigmatico (s) aoristo sigmatico (x) iti id)

idete idom) idete id\

-qhati v):d\ , pr::d\ s:sti s:d)

s:dom) s:d\

v)æle}i v)æleg\ -l:sti v)l:æ\ , iæl:æ\ pasti pad\ oukrasti oukrad\ -mo}i v)æmog)

iæ¢emojete v)æmogom) v)æmog\

ou¢isti ou¢|æ\ -vr:}i iævr|g\ , ot)vr|g\ -r:sti obr:t)

obr:tete , s)r:tete obr:tom) obr:t\ , s)r:t\

s)tr(sti s)tr(s) s( s)tr(s\ s(

s)tr(s( s(

-¢esti v)æ¢:s) v)æ¢:ste v)æ¢:s( , pri¢:s(

-vesti priv:s) priv:ste , v)v:ste , iæv:ste v)v:som) priv:ste v:s( , priv:s(

13 L’elenco di queste forme è tratto da H. Lunt, op. cit., pp. 91-92.

Page 190: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 182

aoristo forte tematico aoristo sigmatico (s) aoristo sigmatico (x) otvr:sti otvr:s)

otvr:ste s( otvr:s(

procvisti procvis( probosti probas( s)bl<sti s)bl<s)

s)bl<s(

pogreti pogr:s( kl(ti kl(s) s( -p(ti prop(s( , rasp(s( -~(ti ¢a~(s)

¢a~(s(

-(ti po`s) , pri`s) `som) `s( , v)æ(s(

-~isti ~is( , i~is( ~i{( -m(sti s)m(s) s(

s)m(som) v)æm(s( , s)m(s(

v)æm({( , s)m({(

-qsti qs) qst) , po:st) , s)¢:st) iæ: po:s( , s)¢:s(

qh) qhom)

re}i r:h) r:ste r:sta r:hom) r:ste r:{(

te}i t:h) t:ste t:{(

-vl:}i v)vl:h) s)vl:{( , iævl:{( , obl:{(

ras:}i ras:{( s)l(}i s)l(h)

s)l({( ¢al({(

Page 191: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

183

aoristo forte tematico aoristo sigmatico (s) aoristo sigmatico (x) v)je}i v)j:{( Successivamente, questo aoristo sigmatico I si estende a verbi durativi del

tipo b|rati ‘raccogliere’ (Ib), klati ‘sgozzare’, æ¢ati ‘sapere’ (IIIa), alkati ‘avere fame’ (IIIb), ¢ositi ‘portare’ (IVa), vid:ti ‘vedere’, stoqti ‘essere in piedi’, lejati ‘essere disteso’ (IVb) e non durativi del tipo mi¢\ti ‘passare’ (IIb). Come dopo la velare radicale dei verbi del tipo re}i , aoristo r:h) , così dopo le vocali u, i la fricativa s > x (per Pedersen). Davanti alla vocale anteriore sviluppata dalla *n÷ della 3ª pl (*sn÷ t > *sınt) x > s (per I palatalizzazione). La vocale radicale è di grado normale. Alla 2ª e 3ª sg questi verbi imitano la forma dell’aoristo forte tematico, ma la vocale della terminazione è quella del tema dell’infinito :

Sg Du Pl

1ª nosi-so-n > nosix∞ nosi-so-ve > nosixove nosi-so-mus > nosixom∞ 2ª (nosi) nosi-s-ta nosi-s-te 3ª (nosi) nosi-s-te nosi-s-n÷ t > nosixınt > nosise

Il passaggio s > x si generalizza quindi a tutti i verbi che presentino nella

radice o nel tema dell’infinito una vocale: è questo il tipo più recente di aoristo sigmatico I, caratterizzato dalla maggiore regolarità. Cfr. l’aoristo del verbo b¨ti ‘essere’:

Sg Du Pl

1ª b¨h) b¨hov: b¨hom) 2ª b¨ b¨sta b¨ste 3ª b¨ b¨ste b¨{(

Da questo tipo si differenziano ormai pochi verbi appartenenti a due

categorie arcaiche, quella durativa dell’aoristo sigmatico del tipo v:s) , ved\ e quella non durativa dell’aoristo forte tematico del tipo id) , id\ , caratterizzati dalla mancanza della velare aspirata x. Per procedere alla loro analogizzazione non occorreva altro che inserire il suffisso -s-/-x-, preceduto dalla vocale di raccordo -o-: id) > idoh) . Nasce così l’aoristo sigmatico II,

Page 192: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 184

destinato a essere l’unico produttivo, con uno schema unico di coniugazione per tutti i verbi e le seguenti terminazioni:

Sg Du Pl

1ª -ox∞ idox∞ -oxove idoxove -oxom∞ idoxom∞ 2ª (ide) -osta idosta -oste idoste 3ª (ide) -oste idoste -ose idose

22. L’imperfetto

L’imperfetto slavo non ha nulla in comune con l’imperfetto i.e. Si tratta di una formazione originale slava, forse addirittura dialettale, che rivela un forte influsso da parte dell’aoristo sigmatico.

La maggioranza dei verbi, e precisamente tutti quelli il cui tema dell’infinito esce in -a o in -: , formano l’imperfetto con il suffisso *ax: si tratta dei verbi del gruppo Ib (tipo æ)vati , imperfetto æ)vaah) ‘chiamavo’), IIIb (tipo kaæati , imperfetto kaæaah) ‘sembravo’), IVb (tipo tr|p:ti , imperfetto tr|p:ah) ‘sopportavo’), di quei verbi del gruppo IIIa1 che hanno radice in *a-, *-e- (tipo æ¢ati , imperfetto æ¢aah) ‘sapevo’, s:ti , imperfetto s:ah) ‘seminavo’), di tutti i verbi del gruppo IIIa2 (suffisso dell’infinito -e-, -a-, -va-: oum:ah) ‘ero capace’, d:laah) ‘facevo’, bivaah) ‘uccidevo’).

Tutti i verbi di cui né il tema dell’infinito né la radice escano in -a o in -: formano l’imperfetto dal tema del presente con il suffisso *e-ax, dove *e- rappresenta l’allungamento della vocale tematica del presente: si tratta di tutti i verbi del gruppo Ia (tipo ¢esti , imperfetto ¢es:ah) ‘portavo’) di tutti i verbi del gruppo II (tipo dvig¢\ti , imperfetto dvig¢:ah) ‘muovevo’), dei verbi del gruppo IIIa1 il cui infinito esce in vocali diverse da -a e da -: (tipo biti , imperfetto bi:ah) ‘battevo’; kr¨ti , imperfetto kr¨:ah) ‘coprivo’; m¨ti , imperfetto m¨:ah) ‘lavavo’; ~outi , imperfetto ~ou:ah) ‘sentivo’).

Formano inoltre l’imperfetto con il suffisso *e-ax tutti i verbi il cui tema dell’infinito esca in -a e in -: a seguito di metatesi, monottongazione del dittongo radicale e formazione di vocali nasali. Dopo *-i‡ e dopo consonante palatale *e-ax > *’aax. Si tratta dei verbi del gruppo Ia del tipo vr:}i , imperfetto v|rjaah) ‘lanciavo’, mr:ti , imperfetto m|r:ah) ‘morivo’, kl(ti ,

Page 193: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

185

imperfetto kl|¢:ah) ‘giuravo’, p:ti , imperfetto poqah) ‘cantavo’, piti , imperfetto piqah) ‘bevevo’, e dei cinque verbi in consonante del gruppo IIIa1: ml:ti , tema del presente *mel’-, imperfetto melqah) ‘macinavo’, klati , tema del presente *kol’-, imperfetto kolqah) ‘sgozzavo’, brati , tema del presente *bor’-, imperfetto borqah) ‘lottavo’, j(ti , tema del presente *žßn’-, imperfetto j|¢qah) ‘mietevo’, obr:sti , tema del presente *obrešt’-, imperfetto obr(}aah) ‘trovavo’.

L’imperfetto dei verbi in -i- (IVa), formato anch’esso con il suffisso *e-ax, si confonde in grafia cirillica con l’imperfetto dei verbi frequentativi da loro derivati tramite suffisso -a-: per esempio l’imperfetto di saditi ‘mettere in terra una piantina’ e l’imperfetto del suo iterativo sajdati (< *sadi-a-ti), ancorchè formati con suffissi diversi (rispettivamente *sadi-e-ax e *sadi-a-ax) hanno lo stesso imperfetto sajdaah) .

La forma -’aax- si estende successivamente a tutti i verbi ai verbi del tipo biti , verosimilmente per analogia con i verbi del tipo piti (sulla diversa classificazione di *vi-ti e *pß•i‡-ti v. nota 7), e quindi a tutti i verbi del sotto gruppo IIIa1 con radice in vocale diversa da -a e da -:: biti , imperfetto biqah) ‘battevo’; kr¨ti , imperfetto kr¨qah) ‘coprivo’; m¨ti , imperfetto m¨qah) ‘lavavo’; ~outi , imperfetto ~ouqah) ‘sentivo’.

Il suffisso *ax, *e-ax è seguito dalle vocali tematiche dei tempi passati e dalle desinenze secondarie:

Sg Du Pl 1ª vede-ax-o-n > vedeax∞ vede-ax-o-ve > vedeaxove vede-ax-o-mus > vedeaxom∞ 2ª vede-ax-e-s > vedease vede-ax-e-ta > vedeaseta vede-ax-e-te > vedeasete 3ª vede-ax-e-t > vedease vede-ax-e-te > vedeasete vede-ax-o-nt > vedeaxo Il verbo b¨ti forma l’imperfetto dalla radice *be-- coniugata come un

aoristo sigmatico. Successivamente, per analogia con l’imperfetto, compaiono varianti derivate con il suffisso -ax-:

Sg Du Pl

1ª b:h) e b:ah) b:hov: b:hom) 2ª b: b:sta b:ste 3ª b: e b:a{e b:ste e b:a{ete b:{( e b:ah\

Page 194: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 186

Nei testi del canone paleoslavo si incontrano imperfetti di verbi dei gruppi

Ib e IIIb formati dal tema del presente: si tratta di innovazioni che testimoniano la crescente tendenza a vedere nell’imperfetto un equivalente del presente in un contesto passato e il progressivo avvicinamento tra il tema dell’imperfetto e il tema del presente: nell’XI secolo troviamo la forma æov:a{e accanto a æ)vaa{e quali imperfetti di æ)vati (presente æov\).

Nel contempo le terminazioni -{eta e -{ete (2ª e 3ª du, 2ª pl) tendono già nei testi del canone a confondersi con quelle dell’aoristo sigmatico: -sta, -ste: nel passo ta bes:dovaa{ete k) seb: o vs:h) sih) prikl<~|{iih) s( sih) (“kai; aujtoi; wJmivloun pro;" ajllhvlou" peri; pavntwn tw`n sumbebhkovtwn touvtwn”, “et ipsi loquebantur ad invicem de his omnibus, quae acciderant”, Luca 24:14) il Vangelo di Assemani registra bes:dovaasta.

Infine, già nei testi del canone le vocali tematiche e suffissali tendono ad assimilarsi e fondersi: ved:ah) > ved:h) ‘sapevo’, mojaah) > mojah) ‘potevo’. 23. I participi

I participi appartengono alla categoria morfologica del nome aggettivo e mutano secondo il genere, il numero e il caso. In paleoslavo esistono cinque participi: participio presente attivo, participio presente passivo, participio passato attivo, participio passato passivo, participio perfetto (detto anche participio passato attivo II).

Il participio presente attivo e il participio passato attivo, come gli aggettivi di grado comparativo (v. p. 141), appartenevano in origine alla classe dei temi in consonante (suffissi *nt, *us); successivamente migrati nelle classi dei temi in *jo (maschili e neutri) e in *ja- (femminili), serbano tracce della loro origine nella formazione dei casi diretti (NA).

Il participio presente passivo, il participio passato passivo e il participio perfetto, formati per mezzo dei suffissi *m, *n, *t, *l, appartengono alle classi in *o (maschili e neutri) e in *a- (femminili).

Page 195: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

187

Tutti i participi seguono la flessione nominale, ma possono essere determinati e seguire la flessione degli aggettivi di forma articolata (v. Tavole morfologiche).

Il participio presente attivo si forma dal tema del presente con l’aggiunta

del suffisso *nt (cfr. italiano amante, studente, sapiente). La vocale tematica è -o- (o/no/je, senza alternanza e/o) per i verbi atematici e per quelli della I coniugazione, -i- per i verbi della II coniugazione: *s-o-nt-, *im-o-nt-, *nes-o-nt-, *pros-i-nt-.

La derivazione del participio presente attivo coincide con quella del grado comparativo dell’aggettivo: si tratta di un tema in consonante migrato nelle classi dei temi in *jo (maschili e neutri) e in *ja- (femminili), ma il NA sg m e n non ha suffisso tematico e il N pl m si forma con la desinenza *-es. Il femminile ha in comune con i comparativi la terminazione del N sg f -i (cfr. i sostantivi formati per mezzo del suffisso *jƒ, p. 118).

Il N sg femminile è fortemente caratterizzato dalla presenza della dentale iodizzata (*o-nt-ji > -\}i , *i-nt-ji > -(}i), assente nel N sg m e n: ¢es¨ , ¢es¨ , ¢es\}i ‘portante’; pros(, pros(, pros(}i ‘chiedente’:

m n f N G D A L S

nes - o - nt - s nes - o - nt - jo - ad nes - o - nt - jo - u nes - o - nt - n nes - o - nt - jo - i nes - o - nt - jo - mı

nes - o - nt - n nes - o - nt - jo - ad nes - o - nt - jo - u nes - o - nt - n nes - o - nt - jo - i nes - o - nt - jo - mı

nes - o - nt - ji nes - o - nt - ja- - ns nes - o - nt - ja- - i nes - o - nt - ja- - n nes - o - nt - ja- - i nes - o - nt - ja- - jan

NA GL DS

nes - o - nt - jo- nes - o - nt - jo - ous nes - o - nt - jo - mo-

nes - o - nt - joi‡ nes - o - nt - jo - ous nes - o - nt - jo - mo-

nes - o - nt - jai‡ nes - o - nt - ja- - ous nes - o - nt - ja- - mo-

N G D A L S

nes - o - nt - jo - es nes - o - nt - j(o) - on nes - o - nt - jo - mus nes - o - nt - jo - ns nes - o - nt - joi‡- su nes - o - nt - jo - is

nes - o - nt - jo- nes - o - nt - j(o) - on nes - o - nt - jo - mus nes - o - nt - jo- nes - o - nt - joi‡- su nes - o - nt - jo - is

nes - o - nt - ja- - ns nes - o - nt - j(a-) - on nes - o - nt - ja- - mus nes - o - nt - ja- - ns nes - o - nt - ja- - su nes - o - nt - ja- - mis

Page 196: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 188

Al N sg neutro la forma ¢es¨ è poco chiara, e si spiega con l’analogia morfologica (N sg m ¢es¨ < *nesont-s): foneticamente *nes-ont-ø avrebbe dovuto dare *-o, come nella coniugazione dell’aoristo: *padont > 1ª sg pad\ .

Come nel paradigma del comparativo, agisce qui la tendenza al livellamento del tema, che porta a formare l’A sg m e n con il suffisso *jo: ¢es\}| e ¢es\}e. Successivamente questa forma si generalizza anche al N n.

Il N sg dei verbi con vocale tematica -jo- (*zna-je-nt-s) è æ¢a`; in tutte le altre forme del paradigma (f æ¢a+}i) il suffisso -ost’- è frutto di analogia con il participio dei temi in -o- (*znajost- come *nesost-).

I verbi della II coniugazione hanno N sg m e n hval(, N sg f hval(}i . La nasale del N sg m si spiega probabilmente con l’analogia morfologica (foneticamente *ı-ns > -ı-). Anche qui agisce la tendenza al livellamento del tema, che porta a formare l’A sg m e n con il suffisso *jo: hval(}| e hval(}e. Successivamente questa forma si generalizza anche al N n.

Nella forma articolata il participio presente attivo può fungere da soggetto della proposizione: se iæide s:`i da s:&t) (“ijdou; ejxhlqen oJ speivrwn tou speivrein”, “ecce exiit qui seminat seminare” Matteo 13:3); da i s:`i v) koup: radou&t) s( i j|¢`i (“i {na oJ speivrwn oJmou caivrh/ kai; oJ qerivzwn”, “ut et qui seminat simul gaudeat et qui metit”, Giovanni 4:36).

Il participio passato attivo si forma dal tema dell’infinito con il suffisso *us se il verbo appartiene al gruppo Ia (suffisso -ø- e radice in consonante) e IIa (suffisso -no- e radice in consonante); si forma dal tema dell’infinito con il suffisso *u‡ us se il tema dell’infinito è in vocale (suffisso -ø- e radice in vocale, suffisso -no- e radice in vocale, suffissi -a-, -e-).

I verbi del gruppo IV (II coniugazione) formano il participio passato attivo con il suffisso *us; successivamente, per analogia con gli altri temi in vocale, si generalizza l’uso del suffisso *u‡ us.

La derivazione del participio passato attivo ha le stesse caratteristiche della derivazione del participio presente attivo (temi in *jo e in *ja-): il NA sg m e n non ha suffisso tematico, il N pl m si forma con la desinenza *-es. Il femminile esce al N sg f in -i .

Page 197: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

189

Al N sg m n la consonante finale cade, la semiconsonante si dentalizza, e il suffisso assume il seguente aspetto: *us > -); *u‡ us > -v) : vesti ‘portare’, ved) ‘avente portato’; vesti ‘condurre’, veæ) ‘avente condotto’; krasti ‘rubare’, krad) ‘avente rubato’; re}i ‘dire’, rek) ‘avente detto’; dvig¢\ti ‘muovere’, dvig) ‘avente mosso’; æ)vati ‘chiamare’, æ)vav) ‘avente chiamato’; d:lati ‘fare’, d:lav) ‘avente fatto’; vid:ti ‘vedere’, vid:v) ‘avente visto’; stati ‘diventare’, stav) ‘essente diventato’; mi¢\ti ‘passare’, mi¢\v) ‘essente passato’; moliti ‘pregare’, mol∞| e moliv) ‘avente pregato’.

Il N sg femminile è invece fortemente caratterizzato dalla presenza della fricativa iodizzata (*us-ji > -){i , *u‡ us-ji > -)v{i), assente nel N sg m e n: ¢es) , ¢es) , ¢es){i ‘che ha portato’; stav) , stav) , stav){i ‘che è diventato’.

Il suffisso *jo/*ja- si generalizza a tutti i generi e casi, esclusi NA sg m e n (in seguito si generalizzerà al A sg m e n).

m n f

N G D A L S

nes - us - s nes - us - jo - ad nes - us - jo - u nes - us - n nes - us - jo - i nes - us - jo - mı

nes - us - n nes - us - jo - ad nes - us - jo - u nes - us - n nes - us - jo - i nes - us - jo - mı

nes - us - ji nes - us - ja- - ns nes - us - ja- - i nes - us - ja- - n nes - us - ja- - i nes - us - ja- - jan

NA GL DS

nes - us - jo- nes - us - jo - ous nes - us - jo - mo-

nes - us - joi‡ nes - us - jo - ous nes - us - jo - mo-

nes - us - jai‡ nes - us - ja- - ous nes - us - ja- - mo-

N G D A L S

nes - us - jo - es nes - us - j(o) - on nes - us - jo - mus nes - us - jo - ns nes - us - joi‡- su nes - us - jo - is

nes - us - jo- nes - us - j(o) - on nes - us - jo - mus nes - us - jo- nes - us - joi‡- su nes - us - jo - is

nes - us - ja- - ns nes - us - j(a-) - on nes - us - ja- - mus nes - us - ja- - ns nes - us - ja- - su nes - us - ja- - mis

I verbi del gruppo Ia presentano alcune particolarità: a) quando il tema dell’infinito esce in vocale a seguito di monottongazione

di dittongo il participio passato attivo si forma con il suffisso *u‡ us per analogia con i temi in vocale del gruppo IIIa (del tipo biti): p:ti ‘cantare’, p:v)

Page 198: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 190

‘avente cantato’; piti ‘bere’, piv) ‘avente bevuto’; plouti ‘galleggiare’, plouv) ‘avente galleggiato’.

b) alcuni verbi formano il participio passato attivo dalla radice di grado vocalico debole. Di questi uno forma con la radice di grado debole anche il presente e l’aoristo forte, altri presentano la vocale ridotta anche nel presente, due usano la radice debole esclusivamente per formare il participio passato:

infinito aoristo forte presente part. passato iævr:}i iævr|g\ (3ª pl) iævr|g\ iævr|g) ‘avente respinto’ opr:ti s( op|r\ s( op|r) s( ‘essendosi poggiato’ raskvr:ti raskv|r\ raskv|r) ‘avente fuso’ oumr:ti oum|r\ oum|r) ‘essente morto’ prostr:ti prost|r\ prost|r) ‘avente esteso’ po~r:ti po~r|p\ po~r|p) ‘avente attinto’ kl(ti kl|¢\ kl|¢) ‘avente maledetto’ `ti im\ im) ‘avente preso’ ¢a~(ti ¢a~|¢\ ¢a~|¢) ‘avente iniziato’ ¢ebr:}i ¢ebr:g\ ¢ebr|g) ‘avente trascurato’ iævl:}i iævl:k\ iævl|k) ‘avente trascinato’ Il participio passato attivo è utilizzato in paleoslavo per indicare la

anteriorità di un’azione passata rispetto a un’altra (i priim) ~a{\ hval\ v)ædav) dast) im) , “kai; labw;n pothvrion eujjjjcaristhvsa" e[dwken

aujtoi"”, “et accepto calice, gratias agens dedit eis”, Marco 14:23) o anche la coincidenza di due azioni in una: o¢) je ot)v:}av) re~e (“oJ de; ei\pen aujtoi"”, “quid ait illis”, Marco 14:20).

Il participio presente passivo si forma con l’ausilio del suffisso *m dal

tema del presente. La vocale tematica è -o- (o/no/je, senza alternanza e/o) per i verbi della I coniugazione, -i- per i verbi della II coniugazione: *nes-o-m-, *děla-je-m-, *pros-i-m-. I verbi atematici possono formare il participio presente passivo come verbi della I o della II coniugazione, con la vocale tematica -o- e con quella -i-: *věd-o-m- e *věd-i-m-, *jad-o-m- e *jad-i-m-.

Il participio si declina come un nome in *o (maschile e neutro) e in *a- (femminile): ¢esom) , ¢esomo , ¢esoma ‘che è portato’, d:la&m) , d:la&mo , d:la&ma ‘che è fatto’, prosim) , prosima, prosimo ‘che è chiesto’, v:dom) ,

Page 199: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

191

v:domo , v:doma e v:dim) , v:dimo , v:dima ‘che è risaputo’, qdom) , qdomo , qdoma e qdim) , qdimo , qdima ‘che è mangiato’.

Il participio passato passivo si forma dal tema dell’infinito con l’ausilio dei

suffissi *t e *n seguiti dalle vocali tematiche e dalle desinenze dei nomi in *o (maschile e neutro) e dei nomi in *a- (femminile).

Formano il participio passato con il suffisso *t alcuni verbi del gruppo Ia, caratterizzati dal tema dell’infinito monosillabo e contenente al suo interno un dittongo, nonché, probabilmente, dall’intonazione discendente (si tratta per lo più degli stessi verbi che hanno l’estensione -t) nell’aoristo: v. p. 164, nota 7, e p. 178). I verbi che presentano nel tema dell’infinito metatesi delle liquide formano il participio passato passivo dalla radice di grado ridotto:

infinito presente participio passato passivo rasp(ti prokl(ti ¢a~(ti `ti prostr:ti s)tr:ti jr:ti otvr:sti v)sp:ti poviti proliti

rasp|¢\ prokl|¢\ ¢a~|¢\ im\ prost|r\ s)t|r\ j|r\ otvr|æ\ v)spo+ povi+ proli+

ras-pe-t∞ pro-kle-t∞ na-ce-t∞ je-t∞ pro-stßr-t∞ > prostr÷tß s∞tßr-t∞ > s∞tr÷t∞ zßr-t∞ > zr÷t∞ ot-vßrz-t∞ > otvr÷st∞ v∞s-pe-t∞ po-vi-t∞ pro-li-t∞

rasp(t) prokl(t) ¢a~(t) `t) prostr|t) s)tr|t) jr|t) otvr|st) v)sp:t) povit) prolit)

‘crocifisso’ ‘maledetto’ ‘cominciato’ ‘preso’ ‘steso’ ‘distrutto’ ‘offerto’ ‘aperto’ ‘cantato’ ‘avvolto’ ‘versato’

Formano il participio passato con il suffisso *n i verbi che hanno tema

dell’infinito in -a, -: (radicale o suffissale): vid:ti ‘vedere’, vid:¢) ‘visto’; æ¢ati ‘conoscere’, æ¢a¢) ‘conosciuto’.

Formano il participio passato con il suffisso *en: – i verbi del gruppo Ia (radice in consonante e suffisso -ø-: ¢esti ‘portare’,

¢ese¢) ‘portato’; vesti ‘condurre’, veæe¢) ‘condotto’; re}i ‘dire’, re~e¢) ‘detto’.

I verbi con radice in occlusiva o fricativa con alternanza vocalica radicale (gruppo Ia, sottotipo 2) formano il participio passato passivo dalla radice di grado ridotto: ¢ebr:}i ‘non curarsi’, ¢ebr|je¢) ‘trascurato’; vl:}i

Page 200: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 192

‘trascinare’, vl|~e¢) ‘trascinato’; ot)vr:}i ‘respingere’, ot)vr|je¢) ‘respinto’.

I verbi con radice in consonante liquida o nasale (n, m, l, r) o in semivocale (i‡, u‡ ) con e senza alternanza vocalica radicale (gruppo Ia, sottotipo 3) formano il participio passato passivo dalla radice di grado vocalico ridotto, sia con il suffisso *t, sia con il suffisso *en: jr:ti ‘offrire in sacrificio’, jr|t) e j|re¢) ‘offerto in sacrificio’; s)tr:ti ‘distruggere’, s)tr|t) e s)t|re¢) ‘distrutto’.

– i verbi del gruppo II (con alternanza -no/nov-): dvig¢\ti ‘muovere’, dvig¢ove¢) ‘mosso’; mi¢\ti ‘passare’, mi¢ove¢) ‘passato’. I verbi del gruppo IIa (radice in consonante) possono formare il participio direttamente dalla radice (senza il suffisso -no-): dvig¢\ti > dvije¢);

– i verbi del gruppo IV (II coniugazione): roditi ‘generare’, rojde¢) ‘generato’; ¢ositi ‘portare’, ¢o{e¢) ‘portato’.

I verbi del gruppo IIIa1 con radice in consonante possono formare il participio dal tema dell’infinito con il suffisso *n o dal tema del presente con il suffisso *en: æaklati ‘sgozzare’, æakole¢) e æakla¢) ‘sgozzato’.

I verbi del gruppo IIIa1 in vocale diversa da -a, -: possono formare il participio con il suffisso *t e con il suffisso *en: biti ‘colpire’, bit) e bie¢) ‘colpito’; æab¨ti ‘dimenticare’, æab¨t) e æab)ve¢) ‘dimenticato’; s)kr¨ti ‘nascondere’, s)kr¨t) e s)kr)ve¢) ‘nascosto’.

Il participio perfetto, o risultativo, si forma dal tema dell’infinito con il

suffisso *l e si declina come un nome in *o (maschile e neutro) e in *a- (femminile): vesti ‘portare’, vel) ‘avente portato’ (< *vedl∞); krasti ‘rubare’, kral) ‘avente rubato’ (< *kradl∞); re}i ‘dire’, rekl) ‘avente detto’; dvig¢\ti ‘muovere’, dvigl) ‘avente mosso’; æ)vati ‘chiamare’, æ)val) ‘avente chiamato’; d:lati ‘fare’, d:lal) ‘avente fatto’; vid:ti ‘vedere’, vid:l) ‘avente visto’; stati ‘diventare’, stal) ‘essente diventato’; mi¢\ti ‘passare’, mi¢\l) ‘essente passato’; moliti ‘pregare’, molil) ‘avente pregato’; p:ti ‘cantare’, p:l) ‘avente cantato’; piti ‘bere’, pil) ‘avente bevuto’; plouti ‘galleggiare’, ploul) ‘avente galleggiato’.

Page 201: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

193

Alcuni verbi formano il participio perfetto, così come il participio passato attivo, dalla radice di grado ridotto: iævr|g) > iævr|gl) , oum|r) > oum|rl) , prost|r) > prost|rl) , ¢ebr|g) > ¢ebr|gl) , iævl|k) > iævl|kl) .

Il participio perfetto si usa solo in funzione predicativa al caso nominativo. Coniugato con l’ausiliare b¨ti ‘essere’ forma i tempi composti.

24. I tempi composti: perfetto, piuccheperfetto, futuro anteriore

I tempi composti (per il loro significato temporale v. p. 160) si formano con il participio perfetto e l’ausiliare b¨ti coniugato al presente, all’imperfetto (o al perfetto) e al futuro: – perfetto: pri{|l) &sm| (pri{|la &sm| , pri{|lo &sm|) “sono arrivato” (e quindi sono qui); – piuccheperfetto I: pri{|l) b:h) “ero arrivato” (e quindi ero lì); – piuccheperfetto II: pri{|l) &sm| b¨l) lett. “sono stato [in quel momento] arrivato” (e quindi ero lì); – futuro anteriore: pri{|l) b\d\ “sarò arrivato” (quando qualcosa si verificherà io sarò arrivato e dunque in quel momento sarò lì).

Il piuccheperfetto si può formare con l’imperfetto o con il perfetto dell’ausiliare b¨ti ed esprime anteriorità nel passato. In russo assume una sfumatura semantica di ‘azione mancata’, esprime cioè non la mera anteriorità di una azione rispetto all’altra, ma la mancata realizzazione di un’azione ‘sconfessata’ da quella successiva (in russo я пошла было туда “stavo andandoci [ma non ci sono andata]”; я хотел было “avrei voluto”). Alcuni studiosi (Chaburgaev) ritengono che questa sfumatura fosse propria già del piuccheperfetto paleoslavo: ideje b: lejalo t:lo isousovo (“o{pou e[keito to; sw`ma tou jIhsou”,”ubi positum fuerat corpus Iesu”, Giovanni 20:12) significa che nel sepolcro il corpo non c’è più.

Il futuro anteriore assume in russo una sfumatura ipotetica, che si realizza nella semantica della preposizione, oggi desueta, буде = ‘se’: аще ся где буду описалъ, или переписалъ или дописалъ, чтите исправливая “e se in qualche punto ho sbagliato a scrivere, ho scritto due volte la stessa cosa, ho aggiunto sillabe, nel leggere correggete”.

Page 202: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 194

25. Il modo condizionale

Si definisce tradizionalmente ‘modo condizionale’ (uslovnoe naklonenie) una costruzione perifrastica formata dal participio perfetto e dall’ausiliare essere coniugato in un modo particolare, che potrebbe risalire all’antico ottativo i.e.:

Sg Pl 1ª bim| bim) 2ª bi biste 3ª bi b\

Queste forme, che forse avevano diffusione regionale, tendono ben presto a

confondersi con quelle dell’aoristo, soprattutto nei codici paleoslavi più tardi e poi in quelli di provenienza slava orientale. Diversamente dal modo condizionale italiano, che esprime solo la conseguenza di premesse date (“io sarei, o sarei stato … se …”) questa costruzione perifrastica conserva una forte sfumatura ottativa, che la colloca all’incrocio di condizionale e congiuntivo: aæ) v)æ(l) bim| “io prenderei” o “io avrei preso”; a}e bi raæoum:l) t¨ “se tu capissi”; a}e ¢e bi b¨l) s| æ)lod:i. ¢e bim) pr:dali &go teb: (“eij mh; h\n [eij + imperfetto indicativo: irrealtà nel presente] ou|to" kako;n poiw`n, oujk a[n soi paredwvkamen aujtovn”, “si non esset hic malefactor, non tibi tradidissemus eum”, Giovanni 18:30).

26. Il modo imperativo

Il modo imperativo del paleoslavo discende dall’ottativo indoeuropeo. Si forma dal tema del presente con le desinenze secondarie (le stesse dell’aoristo e dell’imperfetto). I verbi tematici formano l’imperativo aggiungendo alla vocale tematica del presente il suffisso *ı-, antico formante del modo ottativo. La vocale tematica è -o- per i verbi della I coniugazione, -i- per i verbi della II. I verbi atematici formano l’imperativo aggiungendo alla radice il suffisso *jß per la 2ª e la 3ª persona sg, il suffisso *ı- per tutte le altre persone.

L’unico verbo a conservare intatta la flessione è b¨ti , che forma l’imperativo dalla radice *bod-:

Page 203: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

195

Sg Du Pl

1ª b\d:m| b\d:v: b\d:m) 2ª b\di b\d:ta b\d:te 3ª b\di b\d:te b\d\

Le uniche forme ben attestate nei codici sono tuttavia la 2ª sg, du e pl: la 1ª

persona sg e la 3ª pl sono sempre sostituite da costrutti esortativi formati con la preposizione da + presente indicativo: da ¢es\ “che io porti”, da ¢es\t) “che portino” (anche nel caso di b¨ti la costruzione abituale della 3ª pl è da b\d\t)); la 3ª sg e la 1ª duale e plurale sono attestate, ma possono essere sostituite anch’esse da costrutti esortativi del tipo da ¢eset) “che lui porti”.

nesti peti znati dvignoti nositi dati

1ª — — — — — — 2ª nes-o-i-s poi-o-i-s zna-jo-i-s dvig-no-i-s nos-i-i-s dad-jß-s 3ª nes-o-i-t poi-o-i-t zna-jo-i-t dvig-no-i-t nosi-i-t dad-jß-t 1ª nes-o-i-ve poi-o-i-ve zna-jo-i-ve dvig-no-i-ve nosi-i-ve dad-i-ve 2ª nes-o-i-ta poi-o-i-ta zna-jo-i-ta dvig-no-i-ta nosi-i-ta dad-i-ta 3ª (nes-o-i-te) (poi-o-i-te) (zna-jo-i-te) (dvig-no-i-te) (nosi-i-te) (dad-i-te) 1ª nes-o-i-m∞ poi-o-i-m∞ zna-jo-i-m∞ dvig-no-i-m∞ nosi-i-m∞ dad-i-m∞ 2ª nes-o-i-te poi-o-i-te zna-jo-i-te dvig-no-i-te nosi-i-te dad-i-te 3ª — — — — — Il dittongo *oi‡, nato dall’unione tra vocale tematica -o- dei verbi della I

coniugazione in e/o e ne/no e suffisso *ı- dell’antico ottativo, si monottonga diversamente al singolare da un lato, al plurale e duale dall’altro (v. p. 90). Nella coniugazione del singolare *oi‡ > i; nella coniugazione del plurale e del duale *oi‡ > e:

¢esti p:ti æ¢ati dvig¢\ti ¢ositi dati 1ª 2ª ¢esi poi æ¢ai dvig¢i ¢osi dajd| 3ª ¢esi poi æ¢ai dvig¢i ¢osi dajd| 1ª ¢es:v: poiv: æ¢aiv: dvig¢:v: ¢osiv: dadiv: 2ª ¢es:ta poita æ¢aita dvig¢:ta ¢osita dadita 3ª ¢es:te poite æ¢aite dvig¢:te ¢osite dadite 1ª ¢es:m) poim) æ¢aim) dvig¢:m) ¢osim) dadim) 2ª ¢es:te poite æ¢aite dvig¢:te ¢osite dadite

Page 204: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo 196

3ª Il verbo im:ti si comporta come i verbi tematici del tipo oum:ti (IIIa2):

im:i , im:ite. Al contrario, il verbo vid:ti forma la 2ª e la 3ª persona sg con il suffisso *jß, le altre persone con il suffisso *ı-, comportandosi come i verbi atematici qsti (*jad-jß-s > qjd| , *jad-i-te > qdite), dati (*dad-jß-s > dajd| , *dad-i-te > dadite), v:d:ti (*ved-jß-s > v:jd| , *ved-i-te > v:dite): *vid-jß-s > vijd| , *vid-i-te > vidite. 27. Infinito e supino

Come si è detto, infinito e supino sono nomi sostantivi. L’infinito si forma per mezzo dei suffissi tematici *ø, *a-, *no , *e-, *ı-. La radice può presentare un grado apofonico diverso da quello del tema del presente. La terminazione -ti rimanda forse a un antico dativo sg (temi in *ı).

Anche il supino era anticamente un nome. La sua struttura è identica a quella dell’infinito, ma la terminazione è -t) , probabilmente un antico accusativo (temi in *u). È usato in paleoslavo dopo i verbi di moto per indicare lo scopo dell’azione: i id:ah\ v|si k)j|do ¢ap|sat) s( v) svoi grad) (“kai; ejporeuvonto pavnte" ajpogravfesqai, e{kasto" eij" th;n eJautou`

povlin”, “et ibant omnes ut profiterentur singuli in suam civitatem”, Luca 2:3); in quanto sostantivo regge il genitivo del complemento oggetto: s\pr\g) volov|¢¨ih) koupih) p(t). i gr(d\ iskousit) ih) (“zeuvgh bow`n

hjgovrasa pevnte, kai; poreuvomai dokimavsai aujtav”, “iuga boum emi quinque et eo probare illa”, Luca 14:19).

28. Infinito sostantivato e sostantivo verbale

All’infinito sostantivato dell’italiano (“tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare”) corrispondono in paleoslavo due costruzioni. La prima, un vero e proprio infinito sostantivato, dimostra con la presenza di &je (v. p. 149 e p. 248) in veste di articolo determinativo la propria dipendenza dal greco: a &je s:sti o des¢\+ i o {ou+ me¢e ¢:st) m|¢: sego dati (“to; de; kaqivsai ejk dexiw`n mou h[ ejx eujwnuvmwn oujk e[stin ejmo;n touto dounai”, “sedere

Page 205: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Morfologia

197

autem ad dexteram meam vel sinistram non est meum dare”, Matteo 20:23). La seconda consiste invece in un sostantivo deverbale neutro derivato dal tema del participio passato passivo di verbi transitivi e intransitivi per mezzo del suffisso -ß•j-: vid:ti ‘vedere’, vid:¢) ‘visto’, vid:¢ie ‘il vedere’; b¨ti ‘essere’, b¨tie ‘l’essere’.

Dai verbi che hanno una doppia forma di participio passato passivo possono derivare due diversi sostantivi verbali: æab¨ti ‘dimenticare’, æab¨t) e æab)ve¢) ‘dimenticato’, æab¨tie e æab)ve¢ie ‘smarrimento, oblio, stupore’. Questo tipo di sostantivi verbali tende a accentuare la propria natura nominale a scapito di quella verbale: æ¢ati ‘conoscere’, æ¢a¢) ‘conosciuto’, æ¢a¢ie ‘conoscenza’.

Page 206: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine
Page 207: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi*

1. Il paleoslavo e il greco

La sintassi del paleoslavo non presenta particolari difficoltà per un parlante

italiano che abbia qualche dimestichezza con il greco classico, o almeno con le

strutture del latino classico e cristiano e dell’italiano colto. Modellata su quella

greca, la lingua paleoslava ne riproduce da vicino la struttura, l’ordine delle

parole, la punteggiatura. Difficoltà possono nascere semmai con testi slavi per

i quali non esistano o non siano noti paralleli greci: prendiamo una frase come

ææatvori o ¢em| dv|ri loj< ego (Eucologio sinaitico 36a,5-6), tradotta daFrcek “ferme sur lui la porte de son gite”. Siamo nella parte finale di una

preghiera per scacciare i dolori dalle gambe, il Signore è supplicato di fermare

il male, di “inchiodargli il cuore”, di condannarlo, di proibirgli l’accesso alle

carni del sofferente, infine di chiuderlo fuori dal giaciglio del malato perché

non ritorni. Ma chiudere come? La preposizione oo ha come significato

primario quello di “intorno a” (luogo e argomento). L’uso però ce ne mostra

l’allargamento a significati diversi: relazione (“in relazione a”), rapporto (“a

* Tutti gli esempi di questo capitolo sono tratti da codici del canone, anche se l’indicazionerelativa è omessa nel caso di passi dell’Antico e del Nuovo Testamento. Data la finalitàdidattica, questi ultimi sono trascritti in forma normalizzata e accompagnati dalla traduzionegreca e latina (da Novum Testamentum graece et latine. Apparatu critico instructum ediditAugustinus Merk S. J., editio undecima, Romae 1992). I rimanenti esempi, tratti dai codiciCloziano e Suprasliense, dal Salterio sinaitico, dal Libro di Savva e dall’Apostolo di Enino,rispecchiano invece la grafia del codice, e sono accompagnati dal testo parallelo greco, laddovene esista uno, e da una traduzione italiana di servizio. Le edizioni utilizzate per il Salterio sono:Septuaginta. Id est Vetus Testamentum graece iuxta LXX interpretes. Edidit Alfred Rahlfs, vol.II: Libri poetici et prophetici, Stuttgart 1935; Nova Vulgata Bibliorum Sacrorum editio, Roma1986. Quando la numerazione dei versetti del Salterio sinaitico non coincide con quelladell’edizione di Rahlfs è quella slava a essere indicata.

Page 208: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo200

favore” e “contro”), fine, scopo, causa, mezzo, strumento, misura (v. p. 219).

La nostra frase può quindi significare “chiudi per lui” nel senso di “sia chiusa

per ciò che lo riguarda”, oppure “chiudigli contro”, quasi “sbattigli in faccia”,

o addirittura “rinchiudilo”: “la porta si richiuda su di lui e lo imprigioni”. Lo

Staroslavjanskij Slovar’1 ci offre un’ulteriore interpretazione: all’interno del

significato fondamentale di “relazione” si individua un sottotipo così definito:

“ , - . ”.

Non è facile dire quanto l’aderenza ai modelli greci abbia significato una

forzatura degli abiti linguistici slavi, né quali fossero questi abiti; i modi di

esprimere alcuni concetti dovevano avere carattere quasi sperimentale: si

confronti la reggenza della preposizione ppr:d) in due contesti identici: ¢¢e ?pr:d) v)ædvig) kr –– sta (“la domenica prima [della festa] dell’Esaltazionedella croce”, ppr:d) + accusativo: Apostolo di Enino 30a,2-3); vv) s\ ? . pr:d)v)ædvigom) krs ––ta (“sabato, prima [della festa] dell’Esaltazione della croce”,ppr:d) + strumentale, Libro di Savva 127a,5). La storia ulteriore dello slavoecclesiastico è fatta del ciclico rigetto e reimmissione di grecismi, accusati di

estraneità o viceversa invocati a testimonianza della struttura primigenia della

lingua slava, “naturalmente” consustanziale con quella greca. In ogni caso, la

fedeltà al greco conosce da subito alcune significative eccezioni, tra cui la

preferenza accordata al dativo rispetto al genitivo, l’uso dell’aggettivo

possessivo invece del genitivo di specificazione, l’uso del possessivo ssvoiriferito al soggetto al posto di mmoi , ttvoi , la concordanza del pronome relativonelle proposizioni relative.

2. La sintassi della proposizione: il soggetto

La proposizione paleoslava è formata di soggetto, predicato e

complemento. Come in italiano, il soggetto può essere rappresentato da

qualsiasi parte del discorso, variabile o invariabile, o da un sintagma, general-

mente al caso nominativo (più raramente al caso dativo). Il sintagma può

1 Staroslavjanskij slovar’ (po rukopisjam X-XI vekov), pod redakciej R. M. Cejtlin, R.

Ve erki i E. Blagovoj, Moskva 1994.

Page 209: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 201

essere costituito da soggetto e attributo o da soggetto e apposizione. L’infinito

sostantivato può essere accompagnato dal pronome &&je con funzione diarticolo. Lo stesso pronome accompagna, con la stessa funzione, parti

invariabili del discorso quali congiunzioni o interiezioni:

a) il soggetto è un sostantivo: ppride je¢a im\}}i alavastr) hriæm¨¢ard|¢¨ pistiki` drag¨ (“h\lqen gunh; e[cousa ajlavbastron muvrou

navrdou pistikh" polutelou"”, “venit mulier habens alabastrum unguenti

nardi spicati pretiosi”, Marco 14:3);

b) il soggetto è un pronome: ii t) vama pokajet) gor|¢ic\ vveli+(“kajkeino" uJmin deivxei ajnavgaion mevga”, “et ipse ostendet vobis

caenaculum magnum”, Luca 22:12);

c) il soggetto è un aggettivo sostantivato: rre~e beæoume¢) v) srd –cc"svoem) ¢:st) ba –– (“ei\\pen a]frwn ejn kardiva/ aujtou, oujk e]stin qeov"”,

“dixit insipiens in corde suo: «Non est Deus»”, Salmo 52(53):1);

d) il soggetto è un infinito sostantivato: mm¢: bo &je jiti h –– s . i &jeooumr:ti priobr:t:l| (Suprasliense 166,7; cfr. Filippesi 1:21: “ejmoi; ga;rto; zhn Cristo;" kai; to; ajpoqanein kevrdo"”, “mihi enim vivere Christus

est et mori lucrum”);

e) il soggetto è un numerale: vv)ævrati{( je s( sedm| des(t) s)radosti+ (“uJpevstreyan de; oiJ eJbdomhvkonta meta; cara"”, “reversi sunt

autem septuaginta duo cum gaudio”, Luca 10:17);

f) il soggetto è un participio: sse pribliji s( pr:da`i m( (“ijdou;

h[ggiken oJ paradidouv" me”, “ecce appropinquavit qui me tradet”, Matteo

26:46);

g) il soggetto è un neutro plurale (pronome, aggettivo o participio)

sostantivato: vv|sq t:m| b¨{( (“pavnta di aujtou ejgevneto”, “omnia per

ipsum facta sunt”, Giovanni 1:3);

h) il soggetto è una particella invariabile: bb\ddi je slovo va{e. ei ei. i¢i ¢i (“e[stw oJ lovgo" uJmw`n nai; naiv, ou] ou[”, “sit autem sermo vester: est,est; non, non”, Matteo 5:37);

i) il soggetto è un sintagma: ii i<da iskariot|sk¨i . &&di¢) ot) obo<¢a des(te. iide k) arhiereom) (“kai; jIouvda" jIskariwvq, oJ ei|" tw`n

Page 210: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo202

dwvdeka, ajphlqen pro;" tou;" ajrcierei"”, “et Iudas Iscariotes unus de

duodecim abiit ad summos sacerdotes”, Marco 14:10); ssl¨{av) je irod)c:sar| s)m\\ti s( (“ajkouvsa" de; oJ basileu;" JHrw/vdh" ejtaravcqh”,

“audiens autem Herodes rex turbatus est”, Matteo 2:3).

Il soggetto può essere sottointeso. Il pronome personale di 1ª e 2ª persona,

diversamente di quanto non avvenga in russo moderno, può essere omesso, se

non utilizzato con particolare enfasi.

3. Il predicato

Il predicato può essere verbale o nominale. Il predicato verbale può essere

espresso da qualunque verbo, concordato con il soggetto, o dal sintagma

verbale costituito da verbo ausiliare e verbo all’infinito. Il predicato nominale

è formato dal verbo essere e da una parte nominale, rappresentata da qualsiasi

parte declinabile del discorso, posta sempre al caso nominativo (e non

strumentale, come oggi in russo) e concordante per genere e numero con il

soggetto (per quanto riguarda predicati in casi diversi dal nominativo v. i

costrutti impliciti con il soggetto al caso accusativo e dativo alle pp. 235-236).

Casi particolari di concordanza si hanno con i nomi collettivi o con una

pluralità di soggetti.

Il sostantivo collettivo bbratiq (bbratriq) concorda sempre con il verbo alplurale. I sostantivi ¢¢arod) , ggrad) , ddom) , mm)¢oj|stvo , ss)b|ra¢i& reggonoil verbo al singolare o più raramente al plurale:

a) il predicato precede o segue immediatamente il soggetto, con cui

concorda al singolare (concordanza grammaticale): ii se v|s| grad) iæideprotiv\\ isousovi (“kai; ijdou; pasa hJ povli" ejxhlqen eij" uJpavnthsin tw`/jIhsou”, “ecce tota civitas exiit obviam Iesu”, Matteo 8:34);

b) il predicato è separato dal soggetto, con cui concorda al plurale

(concordanza logica): ¢¢) ¢arod) s|. ije ¢e v:st) æako¢a. prokl(ti s\tt)(“ajlla; oJ o[clo" ou|to" oJ mh; ginwvskwn to;n novmon ejpavratoiv eijsin”,

“sed turba haec, quae non novit legem, maledicti sunt”, Giovanni 7:49);

c) il predicato precede o segue immediatamente il soggetto, costituito da un

sintagma in cui è presente anche un sostantivo plurale. La concordanza può

Page 211: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 203

essere al singolare o al plurale: ii v)stav){e v|se m)¢oj|stvo ih). v:s( ikk) pilatou (“kai; ajnasta;n a{pan to; plhqo" aujtw`n h[gagon aujto;n ejpi;to;n Pilaton”, “et surgens omnis multitudo eorum duxerunt illum ad

Pilatum”, Luca 23:1); vv|se m)¢oj|stvo l<dii b:. molitv\ dd:` (“kai;

pan to; plhqo" h\n tou laou proseucovmenon”, “et omnis multitudo populi

erat orans”, Luca 1:10).

In presenza di più soggetti il predicato può concordare al singolare con il

soggetto più vicino, oppure al plurale, soprattutto se i soggetti sono diversi per

genere grammaticale:

a) il predicato precede il primo soggetto con cui concorda al singolare:

ææ)va¢) je b¨st) isous) i ou~e¢ici &go ¢a brak) (“ejklhvqh de; kai; oJ

jIhsou" kai; oiJ maqhtai; aujtou eij" to;n gavmon”, “vocatus est autem et

Iesus et discipuli eius ad nuptias”, Giovanni 2:2);

b) il predicato si colloca tra il primo soggetto, con cui concorda al

singolare, e i soggetti seguenti: dda i s:`i v) koup: radou&t) s( i j|¢`i(“ i{na oJ speivrwn oJmou caivrh/ kai; oJ qerivzwn”, “ut et qui seminat simul

gaudeat et qui metit”, Giovanni 4:36);

c) il predicato, concordato al singolare, si riferisce separatamente a ognuno

dei soggetti compresi nell’elenco: aa}e li r\kka tvoq. li ¢oga tvoq.s)blaj¢q&t) t( (“eij de; hJ ceivr sou h] oJ pouv" sou skandalivzei se”,“si autem manus tua vel pes tuus scandalizat te”, Matteo 18:8);

d) il predicato si riferisce a più nomi inanimati; la concordanza può essere

al singolare come al plurale: ii v:tr) i mor& poslou{a+t) i (“kai; oJ

a[nemo" kai; hJ qavlassa uJpakouvei aujtw`/”, “et ventus et mare oboediunt ei”,

Marco 4:41); ¢¢ebo i æemlq mimo idet) (“oJ oujrano;" kai; hJ gh

pareleuvsetai”, “caelum et terram transibunt”, Matteo 24:35);

e) il predicato concorda al duale o al plurale quando i nomi sono animati: iipr:d) ¢im| idete iqkov) i ioa¢¢) (“kai; prosporeuvontai aujtw`/

jIavkwbo" kai; jIwavnnh"”, “et accedunt ad eum Iacobus et Iohannes”, Marco

10:35);

f) quando i soggetti si collocano tra un participio e un verbo di modo finito

la concordanza diverge: il participio si concorda al singolare e il verbo al

Page 212: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo204

plurale, o più raramente, viceversa: ii b: ot|c| i mati &go ~oud(}a s((“kai; h\n oJ path;r aujtou kai; hJ mhvthr qaumavzonte"”, “et erat pater eius

et mater mirantes”, Luca 2:33);

g) se il predicato è costituito da un verbo reciproco la concordanza è al

duale, o al plurale: mm"lost| i r:s¢ota s)r:tete s`. prav)da i m"r)obob)æaste s` (“e]leo" kai; ajlhvqeia sunhvnthsan, dikaiosuvnh kai; eijrhvnhkatefivlhsan”, “misericordia et veritas obviaverunt sibi, iustitia et pax

osculatae sunt”, Salmo 84(85):11-12).

In paleoslavo, come in russo moderno e parzialmente in italiano, è

possibile l’omissione del verbo essere, sia quando è predicato verbale, sia

quando è copula di un predicato nominale:

a) quando l’avvenimento narrato è introdotto dalla particella sse, ii se(“ecco”, “ed ecco”): sse glas) s) ¢ebes) glagol` (“kai; ijdou; fwnh; ejk tw`noujranw`n levgousa”, “et ecce vox de caelis dicens”, Matteo 3:17); ii se vam)æ¢ame¢i& (“kai; touto uJmin shmeion”, “et hoc vobis signum”, Luca 2:12);b) in alcune ottative: mmir) vam) (“eijrhvnh uJmin”, “Pax vobis”, Giovanni

20:19); ggospod| s) tobo+ (“oJ Kuvrio" meta; sou”, “Dominus tecum”, Luca

1:28);

c) con sostantivi quali iim(, ggor&, vvrem(, ppotr:ba , ppol|™a e simili: iim(&mou ioa¢¢) (“o[noma aujtw`/ jIwavnnh"”, “cui nomen erat Iohannes”,

Giovanni 1:6); kkaq bo pol|æa r|ci mi (“tiv ga;r o[felo", eijpev moi”,

“quale è il vantaggio, dimmi”, Suprasliense 494,19).

4. I complementi

I complementi indicano le circostanze e le modalità dell’avvenimento

narrato: possono riferirsi sia al soggetto che al predicato, e sono espressi dai

casi semplici o accompagnati da preposizioni semplici o improprie2.

2 Le preposizioni improprie (avverbiali) sono in genere sintagmi nominali: per esempiovv)m:sto + genitivo (“al posto di”) è formato dalla preposizione vv) + A di mm:sto(complemento di stato in luogo: “al posto”) + genitivo di specificazione: “al posto di che cosa?”;parimenti pposr:d: + genitivo (“nel mezzo di”) è formato dalla preposizione ppo + L di ssr:da+ G di specificazione.

Page 213: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 205

L’utilizzo di casi semplici (non accompagnati da preposizioni) è molto più

comune di quanto non lo sia nelle lingue slave moderne. In paleoslavo tutti i

casi possono essere utilizzati senza preposizione, con valori che non si

discostano da quelli che conosciamo: l’accusativo semplice ha valore specifico

di complemento oggetto, ma può essere complemento di tempo continuato; il

genitivo semplice ha valore specifico di complemento di specificazione e di

genitivo partitivo, ma può essere complemento oggetto (nelle frasi negative, o

quando l’oggetto sia animato), e può esprimere un complemento di tempo

determinato; il dativo semplice indica il termine, la destinazione di un’azione;

lo strumentale la modalità e lo strumento con cui si compie l’azione o, come

complemento di tempo, la durata e la ripetitività; il locativo ne indica luogo e

momento esatto. Sono possibili però costrutti e reggenze differenti da quelli

moderni.

Mutuato dal greco e molto diffuso in paleoslavo è il cosiddetto doppio

accusativo: una sorta di predicato del complemento oggetto del tipo ~~|to m(glagol&{i blagga÷ (“tiv me levgei" ajgaqovn…”, “quid me dicis bonum?”,

Marco 10:18). Reggono il secondo accusativo verbi di percezione, verba

dicendi e verbi che indicano la manipolazione dell’oggetto (per esempio

“rendere lucido”, oppure “lasciare sporco”): ii mimo id¨ isous) vid:~~lov:ka sl:pa ot) rojd|stva (“kai; paravgwn ei\den a[nqrwpon tuflo;nejk geneth"”, “et praeteriens Iesus vidit hominem caecum a nativitate”,

Giovanni 9:1); vv¨ je r:h) droug¨ (“uJma" de; ei[rhka fivlou"”, “vos autemdixi amicos”, Giovanni 15:15); vv¨ je s)tvoriste i vr|t)p) raæboi¢ikom)(“uJmei" de; aujto;n poieite sphvlaion lh/stw`n”, “vos autem fecistis illam

speluncam latronum”, Matteo 21:13).

Quando la frase è negativa il doppio accusativo si trasforma in doppio

genitivo: ¢¢e tvorite domou ot|ca mo&go domou koupl|¢a&go (“mh;

poieite to;n oi\kon tou patrov" mou oi\kon ejmporivou”, “nolite facere

domum Patris mei domum negotiationis”, Giovanni 2:16).

Quando tra il complemento oggetto e il suo predicato si trovi l’infinito del

verbo essere, o quando il predicato sia un participio, il doppio accusativo

costruisce una proposizione dichiarativa implicita (v. accusativo con l’infinito

Page 214: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo206

e participio congiunto alle p. 235 e 237): kkogo m( glagol+t) ~lov:cib¨ti÷ (“tivna me levgousin oiJ a[nqrwpoi ei\nai…”, “quem me dicunt esse

homines?”, Marco 8:27); oo¢i je vid:v){e i po mor< hod(}| (“oiJ de;ijdovnte" aujto;n ejpi; th" qalavssh" peripatounta”, “at illi ut viderunt eum

ambulantem supra mare”, Marco 6:49).

Il dativo è uno dei casi più utilizzati in paleoslavo. Oltre alla funzione

specifica di complemento di termine, esso può esprimere sia il possesso

(dativo di possesso), sia la relazione soggettiva tra un avvenimento e una

persona, di cui si sottolinea il coinvolgimento (dativo etico, dativo di

vantaggio, dativo di relazione: cfr. il costrutto esortativo dell’italiano

meridionale “mangia a mamma”, o l’italiano standard “mangiarsi una mela”):

iim( &mou ioa¢¢) (“o[noma aujtw`/ jIwavnnh"”, “cui nomen erat Iohannes”,

Giovanni 1:6); ~~|to &st) m|¢: i teb: isouse (“tiv ejmoi; kai; soiv, jIhsou”,“quid mihi et tibi est, Iesu”, Luca 8:28); ~~|to &st) m|¢: i teb: je¢o÷ (“tivejmoi; kai; soiv, guvnai…”, “quid mihi et tibi est, mulier?”, Giovanni 2:4)÷÷ ¢) ¢eb\\det) pol|ææÁ ttvoim) koumirem). a{te tou pridem) (“all ouj

sumfevrei sou toi" eijdwvloi" i{na ejkei e[lqwmen”, “non porterà giovamento

ai tuoi idoli se andiamo là”, Suprasliense 131,6-7).

A queste accezioni, tutte riconducibili al greco, si assomma quella di dativo

di specificazione che, come le costruzioni dette dativo assoluto (v. p. 246) e

dativo con l’infinito (v. p. 236) testimonia della preferenza accordata dal

paleoslavo al dativo rispetto al genitivo e dunque costituisce un raro esempio

di autonomia dai modelli greci: sse pribliji s( godi¢a. i s¨¢)~~lov:~|sk¨i pr:da&t) s( v) r\kk¨ gr:{|¢ikom) (“ijdou; h[ggiken hJ w{ra,kai; oJ uiJo;" tou ajnqrwvpou paradivdotai eij" ceira" aJmartwlw`n”, “ecce

appropinquavit hora, et Filius hominis tradetur in manus peccatorum”, Matteo

26:45); ææatvori … ddv|ri loj< ego (“chiudi … le porte della stanza”,

Eucologio sinaitico 36a,5-6). Il confine tra le diverse potenzialità semantiche

non è sempre netto: così la frase ~~lov:kou eterou bogatou. ougob|æi s(¢iiva (“ajnqrwvpou tino;" plousivou eujfovrhsen hJ cwvra”, “hominis cuiusdamdivitis uberes fructus ager attulit”, Luca 12:16), che traduciamo “la campagna

di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto” (quindi dativo di possesso o di

Page 215: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 207

specificazione), esprime nel contempo una relazione, un vantaggio: “a un

uomo ricco la campagna aveva dato un buon raccolto”. Verosimilmente,

proprio la possibilità di esprimere molteplici significati è causa della fortuna

del dativo. Quando il sostantivo al caso dativo sia retto da un verbo all’infinito

si ha una proposizione dichiarativa implicita del tipo mm|¢: podoba&t)d:lati d:la pos)lav){a&go m( (“hJma" dei ejrgavzesqai ta; e[rga toupevmyantov" me”, “me oportet operari opera eius, qui misit me”, Giovanni

9:4), detta dativo con l’infinito, che equivale all’accusativo con l’infinito del

greco (v. p. 236).

Accanto a questi costrutti occorre menzionare, quali caratteristiche del

paleoslavo, alcune reggenze. Per esempio, i verbi ss\dditi , bbra¢iti ,ppo¢ositi , ¢¢asiliti , ssmiqti s(, tt|rp:ti , oodol:ti , hhot:ti reggono ildativo: ¢¢e s\ddite da ¢e s\dd(t) vam) (“kai; mh; krivnete, kai; ouj mh;kriqhte”, “nolite iudicare, et non iudicabimini”, Luca 6:37).

Il complemento oggetto è espresso solitamente dal caso accusativo nelle

frasi positive, dal caso genitivo nelle frasi negative: ii se &di¢) ot) s\}}iih)s) isousom|. prost|r) r\\k\\ iævl:~e ¢oj| svoi (“kai; ijdou; ei|" tw`n

meta; jIhsou ejkteivna" th;n ceira ajpevspasen th;n mavcairan aujtou”, “et

ecce unus ex his, qui erant cum Iesu, extendens manum exemit gladium

suum”, Matteo 26:51); ~~|to je vidi{i s\~~|c| ije &st) v) oc: bratratvo&go . aa br|v|¢a &je &st) v) oc: tvo&m| ¢e ~ou&{i÷ (“tiv de; blevpei"to; kavrfo" to; ejn tw`/ ojfqalmw`/ tou ajdelfou sou, th;n de; ejn tw`/ sw`/

ojfqalmw`/ doko;n ouj katanoei"…”, “quid autem vides festucam in oculo fratris

tui, et trabem in oculo tuo non vides?”, Matteo 7:3); ¢¢:si oubo dostoi¢‘¢)sl¨{ati tai¢) bj ––i " ! (“oujk ei\ a[xio" ajkousai to; musthvrion tou qeou”,“non sei infatti degno di conoscere i misteri divini”, Suprasliense 8,20-21).

Non si tratta però di una regola che non conosca eccezioni, soprattutto al

plurale: cfr. nel Libro di Savva ¢¢e dadite sv(}e¢iq p|som) (“mh; dw`te to;a{gion toi" kusi;n”, “nolite dare sanctum canibus”, Matteo 7:6). Con lo

svilupparsi della categoria di animatezza il caso accusativo è progressivamente

sostituito dal genitivo dei nomi maschili (propri o comuni) indicanti esseri

umani, soprattutto al singolare: ii oudar|| raba arhi&reova. our:æa &mou

Page 216: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo208

ouho (“kai; patavxa" to;n doulon tou ajrcierevw" ajfeilen aujtou to;

wjtivon”, “et percutiens servum principis sacerdotum amputavit auriculam eius”,

Matteo 26:51).

Il complemento oggetto può essere espresso dal caso genitivo con valore

partitivo (“assaggiare del vino”, “chiedere del pane”, “avere bisogno di

testimoni”, “dare da bere dell’aceto”) in frasi del tipo qqko je v)kousiarhitrikli¢) vi¢a b¨v){ago ot) vod¨ (“wJ" de; ejgeuvsato oJ

ajrcitrivklino" to; u{dwr oi\non gegenhmevnon”, “ut autem gustavit

architriclinius aquam vinum factam”, Giovanni 2:9), kkotora&go je ot) vas)ot|ca v)prosit) s¨¢) hl:ba (“tivna de' ejx uJmw`n patevra aijthvsei oJ

uiJo;" a[rton”, “quis autem ex vobis patrem petit panem”, Luca 11:11) ~~|to&}e ttr:bouem) s)v:d:tel||÷ (“tiv e[ti creivan e[comen martuvrwn…”, “quidadhuc egemus testibus?, Matteo 26:65); vv| jÁÁjd\\ mo+ ¢apoi{ÁÁ mÁÁ oc|ta(“nella sete [quando ho avuto sete] mi hanno dato da bere aceto”, Suprasliense

478,19-20; cfr. Salmo 68(69):22 “kai; eij" th;n divyan mou ejpovtisavn me

o[xo"”, “in siti mea potaverunt me aceto”). Il partitivo ha in paleoslavo un

utilizzo più ampio di quanto lo abbia oggi in russo: così la frase ss)motritekri¢) sel|¢¨h) (“katamavqete ta; krivna tou ajgrou”, “considerate lilia

agri”, Matteo 6:28), che potremmo interpretare nel senso che non occorre

guardare la totalità dei gigli, ma basta guardarne una parte, è tradotta oggi in

russo .

L’uso del genitivo può essere motivato dalla semantica dell’allontanamento

(oot) + G) in frasi del tipo ppriimi raba tvoego sego. ot)meta+}aago s(vss:h) sih) (“accogli il tuo servo, questo qui, che si ritrae da tutte questecose”, Eucologio sinaitico 80b,8-9).

Inoltre, reggono il genitivo verbi che esprimono dolore e timore:

ttrepetati , pplakati e simili: ii ¢e ot)me{t\\ sÁÁ svÁÁtaago ddouha. ¢)trepe{t\\ &go kr:posti (“kai; oujk ajrnoumai to;n a{gion Pneuma: ajlla;trevmw aujtou th;n ijscu;n”, “e non rifiuto lo Spirito Santo, ma temo la sua

forza”, Suprasliense 115,17-18); rr¨daah\ jje v|si i plakaah\ &&`(“e[klaion de; pavnte" kai; ejkovptonto aujth;n”, “flebant autem omnes et

plangebant illam”, Luca 8:52).

Page 217: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 209

Quando il complemento oggetto è retto da un sostantivo deverbale (del tipo

“la distruzione di Cartagine”, che equivale a “il distruggere Cartagine”) in

paleoslavo, come in italiano, l’oggetto dell’azione è espresso dal caso

genitivo: ææa oum)¢oje¢i& beæako¢iq (“dia; to; plhqunqhnai th;n

ajnomivan”, “quoniam abundavit iniquitas”, Matteo 24:12).

Il complemento di agente e, più raramente, il complemento di causa

efficiente si esprimono con il caso genitivo retto dalla preposizione oot) :kkr|}aah\ ss( … oot) ¢&go (“ejbaptivzonto … uJp aujtou”, “baptizabantur ab

eo”, Matteo 3:6); ooupi+t)s` ot)ob"l": domou tvoego (“mequsqhvsontaiajpo; piovthto" tou oi]kou sou”, “inebriabuntur ab ubertate domus tuae”,

Salmo 35(36):9); kkol:ba{e sÁÁ ak¨ ovo{te æ¨bllemo ot) m¢oga v:tra(“ondeggiava come un frutto scosso da un forte vento”, Suprasliense 570,9-

10). Parimenti utilizzato è il caso strumentale: il complemento di agente e di

causa efficiente coincide così con quello di mezzo e strumento: ppr:da¢i jeb\\dete roditelli i bratri&+ i rodom| i droug¨ (“paradoqhvsesqe de;kai; uJpo; gonevwn kai; ajdelfw`n kai; suggenw`n kai; fivlwn”, “trademini

autem a parentibus et fratribus et cognatis et amicis”, Luca 21:16).

Il complemento di specificazione, che può riferirsi tanto al soggetto quanto

ai complementi, si esprime in paleoslavo sia con il caso genitivo sia con il caso

dativo: ppride gospodi¢) rab) t:h) (“e[rcetai oJ kuvrio" tw`n douvlwn

ejkeivnwn”, “venit dominus servorum illorum”, Matteo 25:19); aarhierei je ik)¢ij|¢ici iskaah\\ &go pogoubiti. i star:i{ii¢¨ l<d|m) (“oiJ de;ajrcierei" kai; oiJ grammatei" ejzhvtoun aujto;n ajpolevsai kai; oiJ prw`toi

tou laou”, “principes autem sacerdotum et scribae et principes plebis

quaerebant illum perdere”, Luca 19:47); ii s¨¢) ~lov:~|sk¨i pr:da&t) s(v) r\\k¨ gr:{|¢¢ikom) (“oJ uiJo;" tou ajnqrwvpou paradivdotai eij" ceira"aJmartwlw`n”, “Filius hominis tradetur in manus peccatorum”, Matteo 26:45).

L’uso del dativo, che caratterizza il paleoslavo e poi lo slavo ecclesiastico sino

a tutto il XVII secolo, verrà abbandonato soltanto all’epoca delle riforme

nikoniane, in nome di una maggiore aderenza ai modelli sintattici greci: la

formula vv) v:k¨ v:kom) si trasforma allora nell’attuale vvo v:ki v:kov)(“eij" tou;" aijw`na" tw`n aijwvnwn”, “in saecula saeculorum”).

Page 218: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo210

I complementi di tempo (determinato e continuato), oltre che da avverbi di

tempo, possono essere espressi da ben cinque casi diversi:

a) il caso genitivo retto dalle preposizioni oot) e ddo indica una porzionedelimitata di tempo (da quando, sino a quando, da quando a quando);

b) il caso accusativo determina il tempo in cui si svolge l’azione: semplice

esprime il complemento di tempo continuato: ii s)pit) i v)sta&t) ¢o}| id|¢| (“kai; kaqeuvdh/ kai; ejgeivrhtai nuvkta kai; hJmevran”, “et dormiat, et

exsurgat nocte et die”, Marco 4:27; mmil) mi &st) ¢arod) s|. qko ouje trid|¢i pris:d(t) m|¢:. i ¢e im\\t) ~eso qsti (“splagcnivzomai ejpi; to;no[clon, o{ti h[dh hJmevrai trei" prosmevnousivn moi kai; oujk e[cousin tiv

favgwsin”, “misereor super turbam, quia ecce iam triduo sustinent me nec

habent quod manducent”, Marco 8:2). Retto dalle preposizioni indica tempo

determinato con valenza momentanea (vv) + A), tempo determinato con idea diripetizione (ppo , ¢¢a + A), tempo determinato con idea di approssimazione(ppod) + A);c) il caso dativo retto dalla preposizione kk) indica un tempo delimitato da

un momento successivo (prima di quando);

d) il caso strumentale semplice esprime la durata e la ripetitività: ii t¨ litr|mi d|¢|mi v)ædvig¢e{i +÷ (“kai; su; ejn trisi;n hJmevrai" ejgerei"

aujto;n…”, “et tu in tribus diebus excitabis illud?”, Giovanni 2:20) significa che

l’opera di ricostruzione dura tre giorni; aa ¢o}i+ oudvarqa{e s( ishod(v) gor: (“ta;" de; nuvkta" ejxercovmeno" hujlivzeto eij" to; o[ro"”, “noctibusvero exiens morabatur in monte”, Luca 21:37) significa che l’operazione si

svolge di notte e si ripete ogni notte (ogni primavera, ogni mattina, eccetera);

e) il caso locativo è estraneo all’opposizione duratività / momentaneità: può

essere retto dalle preposizioni vv) (quando, in quale arco di tempo: tempodeterminato con idea di durata: cfr. vv) d|¢| , nel giorno e vv) d|¢e, di giorno),ppo (tempo determinato: dopo quando).I complementi di luogo (stato in luogo, moto a luogo, moto attraverso

luogo, moto entro luogo circoscritto, moto da luogo), oltre che da avverbi di

luogo, possono essere espressi da un gran numero di preposizioni, che reggono

in genere un solo caso, a volte due, raramente tre. Quando la preposizione

Page 219: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 211

regge un unico caso, per esempio vvr|hou + genitivo (spesso si tratta di

preposizioni improprie), la differenza tra stato in luogo e moto a luogo è solo

logica ma non formale: i concetti del ‘portare qualcosa sopra qualcosa’ e dello

‘stare sopra qualcosa’, in teoria due complementi differenti, si esprimono nello

stesso modo. Diverso è il caso delle preposizioni con due reggenze: in genere il

caso accusativo sottolinea la direzionalità, il movimento e la trasformazione da

un luogo o da uno stato in un altro luogo e in un altro stato, i casi locativo e

strumentale esprimono invece staticità. La preposizione ppo con valore di luogoregge tre casi: accusativo, dativo, locativo, conservando sempre il suo valore

distributivo e limitativo (una cosa succede in differenti punti di una superficie,

qua e là, a intervalli regolari).

5. Uso delle preposizioni3

Come si è detto, l’utilizzo di casi semplici era comune in paleoslavo. Tutti i

casi possono essere però utilizzati con preposizione, con valori che non si

discostano da quelli delle lingue slave moderne:

bbeæ + genitivo– esclusione: hhrami¢\ … bbeæ os¢ova¢iq (“oijkivan … cwri;" qemelivou”,

“domum … sine fundamento”, Luca 6:49)

bbliæ) + genitivo– luogo: bbliæ) m:sta ideje qs( hl:b¨ (“ejggu;" tou tovpou o{pou

e[fagon to;n a[rton”, “iuxta locum, ubi manducaverant panem”, Giovanni

6:23)

3 Non sono comprese in questo elenco accezioni attestate una sola volta o in passi dubbi.Per esempio: vv)æ + accusativo con valore di stato in luogo ricorrerebbe nell’Eucologiosinaitico (48a,24-26): eegoje petr) vid: m\~~ima. sto` v)s koure¢i: (“lo vide Pietromentre lo torturavano, stando lui vicino al fuoco (lett.: fumo”), ma secondo Fr ek potrebbetrattarsi di un guasto (congettura: vv) s)krou{e¢ii); ppo + accusativo con valore di limitazionericorrerebbe anch’esso nell’Eucologio sinaitico (106b,20): ss)v(æav){e i po r\cc: i po¢oæ: (“avendolo legato per le mani e per i piedi”), ma il passo, tratto da Matteo, è privo dellapreposizione ppo negli altri codici così come in greco.

Page 220: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo212

bliæ) + dativo– luogo: wwba~e bliæ) bo`{t"m) s` ego ssp¢¢"e eego (“plh;n ejggu;" tw`n

foboumevnwn aujto;n to; swthvrion aujtou”, “vere prope timentes eum salutare

ipsius”, Salmo 84(85):10)

vvr|hou + genitivo– luogo: ppoloji{( vr|hou glav¨ &go vi¢\ ¢¢ap|sa¢\ (“ejpevqhkan

ejpavnw th" kefalh" aujtou th;n aijtivan aujtou gegrammevnhn”,

“imposuerunt super caput eius causam ipsius scriptam”, Matteo 27:37)

vv) + accusativo– luogo (moto, direzione): ii v)sp:v){e iæid\ vv) gor\ eeleo¢|sk\ (“kai;

uJmnhvsante" ejxhlqon eij" to; o[ro" tw`n jElaiw`n”, “et hymno dicto, exierunt

in montem Oliveti”, Matteo 26:30); "" b¨h) "m) v) prit)~\ (“kai; ejgenovmhnaujtoi" eij" parabolhvn”, “et factus sum illis in parabolam”, Salmo

68(69):12); dd|¢| v| ¢o{t) s( pr:obl:~e (“il giorno si trasformò in notte”,Suprasliense 475,16); aa}e k)to t( oudarit) v)) des¢¢\++ la¢it\ (“ajll

o{sti" se rJapivzei eij" th;n dexia;n siagovna”, “si quis te percusserit in

dexteram maxillam”, Matteo 5:39)

– relazione o rapporto (contro): aa}e sedmorice+ d|¢|m| s)gr:{it) vv)tt( (“eja;n eJptavki" th" hJmevra" aJmarthvsh/ eij" se;”, “si septies in die

peccaverit in te”, Luca 17:4)

– modo o maniera: aa}e ktto bratra svoego v) g¢¢:v) prokl))¢et) (“sequalcuno nell’ira maledirà il fratello”, Eucologio Sinaitico 104b,15-16); vv)isti¢¢\ bbogat) (“ajleqw`" plouvsio"”, “veramente ricco”, Cloziano 14a,20-

14b,21); vv) isti¢¢\ bbogat) (“o[ntw" plouvsio"”, “nella realtà [essendo]

ricco”, Cloziano 14b,26)

– misura: vv) ¢+je m:r\\ m:rite ¢am:rit) ss( vam) (“ejn w|/ mevtrw/

metreite metrhqhvsetai uJmin”, “in qua mensura mensi fueritis, remetietur

vobis”, Marco 4:24)

– tempo: ii i{|d) v)) treti++ godi¢\ (“kai; ejxelqw;n peri; trivthn

w{ran”, “et egressus circa horam tertiam”, Matteo 20:3); vv|si v¨ s)blaæ¢ite

Page 221: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 213

s( o m|¢: v) ssi+ ¢o}| (“pavnte" uJmei" skandalisqhvsesqe ejn ejmoi; ejnth/ nukti; tauvth/”, “omnes vos scandalum patiemini in me in ista nocte”,

Matteo 26:31); vv) t)) ~as) rre~e isous) ¢¢arodom) (“ejn ejkeivnh/ th/ w{ra/

ei\pen oJ jIhsou" toi" o[cloi"”, “in illa hora dixit Iesus turbis”, Matteo

26:55)

– fine: vv)met:te mr:j( va{( v) lovitv\\ (“calavsate ta; divktua

uJmw`n eij" a[gran”, “laxate retia vestra in capturam”, Luca 5:4)

vv) + locativo– luogo (stato): ssmok)v|¢ic\ iim:a{e eter) v) vvi¢ograd: svo&m|

vv)sajde¢\ (“sukhn ei\cevn ti" pefuteumevnhn ejn tw`/ ajmpelw`ni aujtou”,

“arborem fici habebat quidam plantatam in vinea sua”, Luca 13:6); {{|d){e v)okr||st|¢iih) sel::h) (“ajpelqovnte" eij" tou;" kuvklw/ ajgrou;"”, “euntes inproximas villas”, Marco 6:36); sse a¢geel) gospod||¢| sta v) ¢¢ih) (“kai; ijdou;a[ggelo" Kurivou ejpevsth aujtoi"”, “et ecce angelus Domini stetit iuxta

illos”, Luca 2:9); jje¢a etera s\}}i v) to~~e¢ii kr)ve (“gunh; ou\sa ejn

rJuvsei ai{mato"”, “mulier, quae erat in profluvio sanguinis”, Marco 5:25); vvopsal)t¨r" dees`t|strou¢|¢: po"te emou (“ejn yalthrivw/ dekacovrdw/

yavlate aujtw`/”, “in psalterio decem chordarum psallite illi”, Salmo 32(33):2)

– tempo: bb: je v) d||¢e ou~( v) cr||k)ve. a ¢o}i+ oudvarqa{e s(ishod( v) ggor: (“h\n de; ta;" hJmevra" ejn tw`/ iJerw`/ didavskwn, ta;" de;

nuvkta" ejxercovmeno" hujlivzeto eij" to; o[ro"”, “erat autem diebus docens in

templo, noctibus vero exiens morabatur in monte”, Luca 21:37)

– modo o maniera: dda b\ddet) milost¨¢ii tvoq v) tai¢¢: (“o{pw" h/\

sou hJ ejlehmosuvnh ejn tw`/ kruptw`/”, “ut sit eleemosyna tua in abscondito”,

Matteo 6:4)

– relazione o rapporto: ~~|to v) pro~~iih) pe~~ete s(÷ (“tiv peri; tw`nloipw`n merimnate…”, “quid de ceteris sollicit estis?”, Luca 12:26); ::koblagoiævoli v ¢"h) (“o}ti eujdovkhsa" ejn aujtoi"”, “quoniam complacuisti

in eis”, Salmo 43(44):4)

– fine o scopo: ¢¢i v) æemli ¢¢i v) g¢¢oi tr:b: &st) (“ou[te eij" ghnou[te eij" koprivan eu[qetovn ejstin”, “neque in terram neque in sterquilinium

utile est”, Luca 14:35)

Page 222: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo214

v)æ + accusativo– scambio: vv)ædaah\ mmi æ)laa v)æ dobraa (“ajntapedivdosavn moi

ponhra; ajnti; kalw`n”, “retribuebant mihi mala pro bonis”, Salmo 34(35):12)

– accumulazione: oot) ispl||¢&¢iq &go m¨ v|si pri`hom). blagod:t|v)æ blagod:t|| (“ejk tou plhrwvmato" aujtou hJmei" pavnte" ejlavbomen,kai; cavrin ajnti; cavrito"”, “de plenitudine eius nos omnes accepimus, et

gratiam pro gratia”, Giovanni 1:16)

vv)m:sto + genitivo– scambio: ss)¢:da+}e" l<d" mo` v) hl::ba m:sto (“oiJ e{sqonte" to;n

laovn mou brwvsei a]rtou”, “qui devorant plebem meam ut cibum panis”,

Salmo 52(53):5)

vv)¢) + genitivo– luogo (moto): ii{ed){ema je ima v)¢) grada (“ejlqovntwn de; aujtw`n

... e[xw th" povlew"”, “usciti fuori città”, Suprasliense 14,12-13)

vv)¢: + genitivo– luogo (stato): ii ¢ikomou ot)toli s|m:ti po sl)¢e~|¢::m) æahod::

v|¢: domou svo&go obr:sti ssÁ (“kai; mhkevti mhdevna tolman meta;

hJlivou duvsin e[xw tou oi[kou aujtou euJreqhnai”, “che nessuno da allora

osasse trovarsi dopo il tramonto del sole fuori di casa”, Suprasliense 53,3-5)

vv)skrai + genitivo– luogo (stato): vv)skrai je b:a{e &æera ba¢: (“ejggu;" de; th" livmnh"

h\n balaneion”, “lungo il lago si trovava una piscina”, Suprasliense 76,17)

vv)sl:d) + genitivo– luogo (moto, direzione): sse m¨ ostavihom) vv|sq i v)ssl:d) ttebe

idom) (“ijdou; hJmei" ajfhvkamen pavnta kai; hjkolouqhvsamevn soi”, “ecce

nos reliquimus omnia et secuti sumus te”, Matteo 19:27); oot)pousti +. qkov)pi&t) vv)sl:d) ¢¢as) (“ajpovluson aujthvn, o{ti kravzei o[pisqen hJmw`n”,“dimitte eam, quia clamat post nos”, Matteo 15:23)

Page 223: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 215

do + genitivo– luogo: ii prid\ ddo ¢&go (“kai; h\lqon e{w" aujtou”, “et venerunt usque

ad ipsum”, Luca 4:42); vv:s( i do vr|hou gor¨ (“h[gagon aujto;n e{w"

ojfruvo" tou o[rou"”, “duxerunt illum usque ad supercilium montis”, Luca

4:29); ppetr) je iid:a{e po ¢&m| iædale~e. do dvora arhiereova (“oJ de;Pevtro" hjkolouvqei aujtw`/ ajpo; makrovqen e{w" th" aujlh" tou`

ajrcierevw"”, “Petrus autem sequebatur eum a longe usque in atrium principis

sacerdotum”, Matteo 26:58)

– limite: ppriskr)b|¢a &st) dou{{a moq do s)mr|ti (“perivlupov" ejstinhJ yuchv mou e{w" qanavtou”, “tristis est anima mea usque ad mortem”,

Matteo 26:38); ddajd| im) m||æd\.. ¢a~|¢) ot)) posl::d|¢iih) doppr|v¨ih) (“ajpovdo" aujtoi" to;n misqovn, ajrxavmeno" ajpo; tw`n ejscavtwne{w" tw`n prwvtwn”, “redde illis mercedem incipiens a novissimis usque ad

primos”, Matteo 20:8); oou~( po v|sei i<dei. ¢a~|¢) ot)) galile` do s|de(“didavskwn kaq o{lh" th" jIoudaiva", kai; ajrxavmeno" ajpo; th"

Galilaiva" e{w" w|de”, “docens per universam Iudaeam incipiens a Galilaea

usque huc”, Luca 23:5)

– tempo: oot){est¨` je godi¢¨. t|ma b¨st) po v|sei æemlii. dodev(t¨` godi¢¨ (“ajpo; de; e{kth" w{ra" skovto" ejgevneto ejpi; pasan

th;n ghn e{w" w{ra" ejnavth"”, “a sexta autem hora tenebrae factae sunt super

universam terram usque ad horam nonam”, Matteo 27:45)

– relazione o rapporto (contro): aa{te ima{i ~to do vraga svo&go (“eja;ne[ch/" ti kata; tou ejcqrou”, “se hai qualcosa contro il tuo nemico”,

Suprasliense 421,26)

dd:lq + genitivo (sempre posposto)– causa: ttogo d:lq i protiv\ &&mou iæide ¢arod) (“dia; touto kai;

uJphvnthsen aujtw`/ oJ o[clo"”, “propterea et obviam venit ei turba”, Giovanni

12:18)

ææa + accusativo– luogo: iidi æa m( soto¢o (“u{page, Satana”, “Vade Satana”, Matteo

Page 224: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo216

4:10); aa}e je¢a poustiv){i m\jja si. i posag¢et) æa i¢) (“kai; eja;najpoluvsh/ gunh; to;n a[ndra aujth" kai; gamhvsh/ a[llon”, “et si uxor

dimiserit virum suum et alii nupserit”, Marco 10:12)

– limitazione: iisous) je im) i æa r\kk\ vv)ædvije i (“oJ de; jIhsou"krathvsa" th" ceiro;" aujtou h[geiren aujtovn”, “Iesus autem tenens manum

eius elevavit eum”, Marco 9:27); vv)~era æa ouho oudare¢) b¨vaa{e (“cqe;"ejrrapivzeto”, “ieri era colpito sull’orecchio”, Suprasliense 449,25)

– scambio: ooko æa oko i æ\\b) æa æ\\b) (“ojfqalmo;n ajnti; ojfqalmoukai; ojdovnta ajnti; ojdovnto"”, “oculum pro oculo, et dentem pro dente”,

Matteo 5:38)

– causa: aa}e komou oum|ret) d:ti}| ¢ekr)}e¢) æa l:¢ost| (“se aqualcuno muore un figlio non battezzato per prigrizia”, Eucologio sinaitico

104b,7)

ææa + strumentale– luogo: iidi æa m)¢o+ soto¢o (“u{page ojpivsw mou, satana”, “vade

post me satana”, Matteo 16:23)

ææa + genitivo– vantaggio: mmolitv\ ss)tvor\ ææa v¨. i æa v|sego roda kr|stiq¢|ska

(“presbeuvsw uJpe;r uJmw`n kai; uJpe;r o{lou tou e[qnou" tw`n cristianwn”,

“una preghiera dirò per voi e per tutta la stirpe cristiana”, Suprasliense 17,1)

iiæ + genitivo– luogo: iishod(}e iæ domou li iæ grada togo (“ejxercovmenoi e[xw

th" oijkiva" h] th" povlew" ejkeivnh"”, “exeuntes foras de domo vel civitate”,

Matteo 10:14)

– origine e provenienza: gg –|| iæ mr|tv¨ih) v)stal) (“oJ kuvrio" ejk

nekrw`n ejghvgertai”, “il Signore resuscitò dai morti”, Suprasliense 479,8)

– tempo: vv|sq si s)hra¢ih) iæ <¢osti mo&` (“tauta pavnta ejfuvlaxaejk neovthtov" mou”, “haec omnia custodivi a iuventute mea”, Luca 18:21)

– materia: vvr)t)p) "s kame¢e. "deje h) – pporajdaet) s( (“sphvlaion ejkpevtra" e[nqa Cristo;" gegevnnhtai”, “la grotta di pietra dove nasce Cristo”,

Cloziano 14a,10)

Page 225: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 217

krom: + genitivo– luogo (fuori, lontano da): ¢¢e v)æmoj|¢o &st) prorokou pog¨b¢\tti

krom: i&rousalima (“oujk ejndevcetai profhvthn ajpolevsqai e[xw

jIerousalhvm”, “non capit prophetam perire extra Hierusalem”, Luca 13:33)

– esclusione (senza): tt¨ bo edi¢) vssego gr:ha krom: esi (“su; ga;rmovno" pavsh" aJmartiva" ejkto;" uJpavrcei"”, “tu solo sei senza alcun

peccato”, Eucologio sinaitico 57a,11-12)

kk) + dativo– luogo (moto verso una persona): ii prist\ppi k) ¢&mou &di¢a rab¨¢i

(“kai; proshlqen aujtw`/ miva paidivskh”, “et accessit ad eum una ancilla”,

Matteo 26:69)

– termine: rre~e k) simo¢ou (“tw`/ Sivmwni e[fh”, “dixit Simoni”, Luca

7:44); ii v:rou+t) k) rojd){ououmou sÁ oot) mari( (“kai; pisteuvousineij" to;n ejk Mariva"”, “credono a colui che Maria ha generato”, Suprasliense

216,2)

– relazione o rapporto: aa k) bogou l<b¨ beæ m:r¨ (“kai; pro;" Qeo;n

e[rw" ajneivkasto"”, “e verso Dio amore senza misura”, Suprasliense 275,1);

aa}e je s)gr:{it) k) teb: bratr) tvoi (“eja;n de; aJmarthvsh/ eij" se; oJajdelfov" sou”, “si autem peccaverit in te frater tuus”, Matteo 18:15)

– tempo: ppo¢&je b: paraskev|giii. &je &st) k) s\bbot: (“ejpei; h\n

paraskeuhv, o{ ejstin prosavbbaton”, “quia erat parasceve, quod est ante

sabbatum”, Marco 15:42)

– fine o scopo: ssi bol:æ¢| ¢:st) k) s)m|rti (“au{th hJ ajsqevneia oujke[stin pro;" qavnaton”, “infirmitas haec non est ad mortem”, Giovanni 11:4)

¢¢a + accusativo– tempo: iiæm¨+ ¢a v|s:k\ ¢¢o}) loje moe (“louvsw kaq eJkavsthn

nuvkta th;n klivnhn mou”, “lavabam per singulas noctes lectum meum”,

Salmo 6:7)

– luogo: ii v)æv:q{( v:tri i ¢apad\ ¢¢a hrami¢\ tt\ (“kai;

e[pneusan oiJ a[nemoi kai; prosevpesan th/ oijkiva/ ejkeivnh/”, “et flaverunt

Page 226: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo218

venti et irruerunt in domum illam”, Matteo 7:25); &&gda æ)va¢) b\dde{i ¢abrak) (“o{tan klhqh/" eij" gavmou"”, “cum invitatus fueris ad nuptias”, Luca14:8)

– relazione o rapporto (contro): rr)p)taah\ ¢¢a gospodi¢) (“ejgovgguzonkata; tou oijkodespovtou”, “murmurabant adversus patrem familias”, Matteo

20:11); iiskaah\ ll)jas)v:d:tel|stva ¢a isousa (“ejzhvtoun

yeudomarturivan kata; tou jIhsou”, “quaerebant falsum testimonium contra

Iesum”, Matteo 26:59)

¢¢a + locativo– luogo: ii pride i}( ploda ¢a ¢&i (“kai; h\lqen zhtw`n karpo;n ejn

aujth/”, “et venit quaerens fructum in illa”, Luca 13:6); ¢¢a moseov: s:dali}is:d\\ k)¢ij|¢ici i farisei (“ejpi; th" Mwu >sevw" kaqevdra" ejkavqisanoiJ grammatei" kai; oiJ farisaioi”, “super cathedram Moysi sederunt

scribae et pharisaei”, Matteo 23:2); ¢¢e s(di ¢a pr:d|¢iim| m:st: (“mh;katakliqh/" eij" th;n prwtoklisivan”, “non discumbas in primo loco”, Luca

14:8); oos¢ova¢a bo b: ¢a kame¢e (“teqemelivwto ga;r ejpi; th;n pevtran”,“fundata enim erat super petram”, Matteo 7:25)

¢¢ad) + accusativo– luogo (moto, direzione): ssamar:¢i¢) je eter) gr(d¨ pride ¢ad) ¢||

(“samarivth" de; ti" oJdeuvwn h\lqen kat aujto;n”, “samaritanus autem

quidam iter faciens venit secus eum”, Luca 10:33)

¢¢ad) + strumentale– luogo (stato): aami¢| glagol+ vam). qko ¢ad) v|s:m| im:¢i&m|

postavit) i (“ajmh;n levgw uJmin o{ti ejpi; pasin toi" uJpavrcousin aujtou`katasthvsei aujtovn”, “amen, dico vobis, quoniam super omnia bona

constituet eum”, Matteo 24, 47-48); ¢¢:st) ou~e¢ik) ¢ad) ou~itel&m|svoim| (“oujk e[stin maqhth;" uJpe;r to;n didavskalon”, “non est discipulossuper magistrum”, Luca 6:40)

oo + accusativo– luogo (stato): aa &je s:sti o des¢\++ me¢e. i o l:v\++. ¢:st) m|¢:

Page 227: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 219

dati (“to; de; kaqivsai ejk dexiw`n mou h] ejx eujwnuvmwn oujk e[stin ejmo;ndounai”, “sedere autem ad dexteram meam vel ad sinistram non est meum

dare”, Marco 10:40)

– luogo (moto): ¢¢a r\\kah) v)æ|m\\t) t(. da ¢e o kame¢| pr:t)k¢e{i¢¢og¨ tvo&` (“ejpi; ceirw`n ajrousin se, mhvpote proskovyh/" pro;" livqon

to;n povda sou”, “in manibus tollent te, ne forte offendas ad lapidem pedem

tuum”, Luca 4:11)

– tempo: &&dva o l:to v)æmogo{Á ssÁ ppri(ti sadove (“movli" ejpi;

ejniauto;n i[scusan krathsai ta; futa;”, “solo durante l’estate i giardini

attecchirono”, Suprasliense 301,22-23)

– rapporto o relazione: rraæd:li{( riæ¨ &go. meta+}e jr:bi` o ¢`(“diamerivzontai ta; iJmavtia aujtou, bavllonte" klhron ejp aujta;”,

“diviserunt vestimenta eius mittentes sortem super eis”, Marco 15:24)

oo + locativo– relazione: oo odejdi ~|to s( pe~ete÷ (“kai; peri; ejnduvmato" tiv

merimnate…”, “de vestimento quid solliciti estis?”, Matteo 6:28); ss| &st) s¨¢)moi v)æl<<bl&¢¨i. o ¢&m|je blagovolih) (“ou|tov" ejstin oJ uiJov" mou oJajgaphtov", ejn w/| eujdovkhsa”, “hic est Filius meus dilectus, in quo mihi

complacui”, Matteo 3:17); dd:lo bo dobro s)d:la o m|¢: (“e[rgon ga;r

kalo;n hjrgavsato eij" ejmev”, “opus enim bonum operata est in me”, Matteo

26:10)

– rapporto: oo v|s:kom) bo kr|st"q¢: kaæ¢| c:sar|ska lejit) (“kata;ga;r panto;" cristianou to; dovgma tw`n basilevwn keitai”, “contro ogni

cristiano sta infatti l’editto dell’imperatore”, Suprasliense 101,21-22);

mmolitv\ dd:ite o ¢apast|stvou+}iih) vam) (“proseuvcesqe uJpe;r tw`ndiwkovntwn uJma"”, “orate pro persequentibus ... vos”, Matteo 5:44)

– luogo: ii poqs) ousm:¢) o ~r:sl:h) &go (“kai; zwvnhn dermativnhnperi; th;n ojsfu;n aujtou”, “et zona pellicea circa lumbos eius”, Marco 1:6);

vvid:v) je isous) m)¢og) ¢arod) o seb: (“ijdw;n de; oJ jIhsou" o[clon

peri; aujto;n”, “videns autem Iesus turbas multas circum se”, Matteo 8:18);

vvid:v){e je i ije b:ah\ oo ¢&m|. b¨va&mo& (“ijdovnte" de; oiJ peri;

aujto;n to; ejsovmenon”, “videntes autem hi, qui circa ipsum erant, quod

Page 228: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo220

futurum erat”, Luca 22:49); vv|sqk\ rroæg\ oo m|¢: ¢e tvor(}\ pplodaiæ|met) + (“pan klhma ejn ejmoi; mh; fevron karpovn, ai[rei aujtov”,

“omnem palmitem in me non ferentem fructum, tollet eum”, Giovanni 15:2);

aa}e li k)to hodit) ¢o}i+ pot)k¢et) s(. qko sv:ta ¢:st) o ¢&m|(“eja;n dev ti" peripath`/ ejn th/ nukti;, proskovptei, o{ti to; fw`" oujk

e[stin ejn aujtw`/”, “si autem ambulaverit in nocte, offendit, quia lux non est in

eo”, Giovanni 11:10); ppr:jde b¨ti v|semou mirou o teb: (“pro; tou to;nkovsmon ei\nai para; soiv”, “prius, quam mundus esset, apud te”, Giovanni

17:5)

– argomento: ~~|to se sl¨{\ oo teb:÷ v)ædajd| ot)v:t) opristavl&¢ii domov|¢:&m| (“tiv touto ajkouvw peri; sou… ajpovdo" to;n

lovgon th" oijkonomiva" sou”, “Quid hoc audio de te? redde rationem

vilicationis tuae”, Luca 16:2)

– fine o scopo: ssi bol:æ¢| ¢:st) k) s)m|rti. ¢) o slav: bojii (“au{thhJ ajsqevneia oujk e[stin pro;" qavnaton ajll uJpe;r th" dovxh" tou Qeou”,

“infirmitas haec non est ad mortem, sed pro gloria Dei”, Giovanni 11:4)

– causa: oo sem| raæoum:+t) v|si. qko moi ou~e¢ici &ste (“ejntouvtw/ gnwvsontai pavnte" o{ti ejmoi; maqhtaiv ejste”, “in hoc cognoscent

omnes quia discipuli mei estis”, Giovanni 13:35); sslav(}e boga. o v|s:h)qje sl¨{a{( (“aijnounte" to;n Qeo;n ejpi; pasin oi|" h[kousan”,

“laudantes Deum in omnibus, quae audierant”, Luca 2:20); vv|si v¨s)blaæ¢ite s( o m|¢: v) si++ ¢o}| (“pavnte" uJmei" skandalisqhvsesqeejn ejmoi; ejn th/` nukti; tauvth/”, “omnes vos scandalum patiemini in me in ista

nocte”, Matteo 26:31)

– mezzo e strumento: ¢¢e o hl:b: &di¢om| jiv) b\ddet) ~lov:k) (“oujkejp a[rtw/ movnw/ zhvsetai oJ a[nqrwpo"”, “non in solo pane vivit homo”,

Luca 4:4); rroæga ¢e mojet) ploda tvoriti o seb:. a}e ¢e b\ddet) ¢aloæ: (“to; klhma ouj duvnatai karpo;n fevrein ajf eJautou, eja;n mh; mevnh/

ejn th/ ajmpevlw/”, “palmes non potest ferre fructum a semetipso, nisi manserit

in vite”, Giovanni 15:4); oo k)¢(™i b:s) iægo¢it) b:s¨ (“ejn tw`/ a[rcontitw`n daimonivwn ejkbavllei ta; daimovnia”, “in principe daemoniorum eicit

daemones”, Matteo 9:34); vvid:hom) etera. o ime¢e tvo&m| iægo¢(}a

Page 229: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 221

b:s¨ (“ei[domevn tina ejn tw`/ ojnovmativ sou ejkbavllonta daimovnia”,

“vidimus quemdam in nomine tuo eicientem daemonia”, Marco 9:38)

– misura: oo ¢&m|je s\dd: s\ddite s\dd(t) s( vam) (“ejn w/| ga;r

krivmati krivnete kriqhvsesqe”, “in quo enim iudicio iudicaveritis,

iudicabimini”, Matteo 7:2)

oob + accusativo– luogo: iije b: s tobo+ ob o¢) pol) ior)da¢a (“o}" h\n meta; sou

pevran tou jIordavnou”, “qui erat tecum trans Iordanem”, Giovanni 3:26)

– tempo: bb: ob ¢o}| v) molitv: (“h\n dianuktereuvwn ejn th/

proseuch/”, “erat pernoctans in oratione”, Luca 6:12)

oot) + genitivo– agente e causa efficiente: aaæ) tr:bou+ ot) tebe kr|stiti s( (“ejgw;

creivan e[cw uJpo; sou baptisqhnai”, “ego a te debeo baptizari”, Matteo

3:14); ¢¢ev)æmoj|¢aq ot) ~lov:k) v)æmoj|¢a ot) boga s\\t) (“ta;

ajduvnata para; ajnqrwvpoi" dunata; para; tw`/ Qew`/ ejstin”, “quae

impossibilia sunt apud homines, possibilia sunt apud Deum”, Luca 18:27);

sstrajd\}}ei ot) douh) ¢e~ist) (“oiJ ejnoclouvmenoi ajpo; pneumavtwn

ajkaqavrtwn”, “qui vexabantur a spiritibus immundis”, Luca 6:18); ¢¢e ouboites( ot) oubiva+}iih) t:lo (“mh; fobhqhte ajpo; tw`n ajpoktennovntwn to;sw`ma”, “ne terreamini ab his, qui occidunt corpus”, Luca 12:4)

– tempo: oot) {est¨` je godi¢¨. t|ma b¨st) po v|sei æemlii. dodev(t¨` godi¢¨ (“ajpo; de; e{kth" w{ra" skovto" ejgevneto ejpi; pasan

th;n ghn e{w" w{ra" ejnavth"”, “a sexta autem hora tenebrae factae sunt super

universam terram usque ad horam nonam”, Matteo 27:45)

– luogo: vv)æide ot) vod¨ (“ajnevbh ajpo; tou u{dato"”, “ascendit de

aqua”, Matteo 3:16); iid\ pp:{i ot) grada (“hjkolouvqhsan aujtw`/ pezh`/

ajpo; tw`n povlewn”, “secutae sunt eum pedestres de civitatibus”, Matteo

14:13)

– rapporto o relazione: ¢¢epovi¢|¢) &sm| ot) kr)ve sego prav|d|¢ika(“ajqw`/ov" eijmi ajpo; tou ai{mato" tou dikaivou touvtou”, “innocens ego sum

Page 230: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo222

a sanguine iusti huius”, Matteo 27:24)

– origine e provenienza: iisous) je … ppride v) vita¢i+. ideje b:laæar) oum|r¨i. &goje v)skr:si ot) mr|tv¨ih) isous) (“oJ ou\n jIhsou"… h\lqen eij" Bhqanivan, o{pou h\n Lavzaro", o}n h[geiren ejk nekrw`n oJ

jIhsou"”, “Iesus ergo … venit Bethaniam, ubi Lazarus fuerat mortuus, quem

suscitavit Iesus”, Giovanni 12:1); vv:m| qko &goje kolij|do prosi{i ot)boga dast) teb: bog) (“oi\da o{ti o{sa a]n aijthvsh/ to;n Qeo;n dwvsei soioJ Qeov"”, “scio quia quaecumque poposceris a Deo, dabit tibi Deus”, Giovanni

11:22)

– mezzo e strumento: vv|sqko oubo dr:vo ot) ploda svo&go poæ¢a&t)s( (“e{kaston ga;r devndron ejk tou ijdivou karpou ginwvsketai”,

“unaquaeque enim arbor de fructu suo cognoscitur”, Luca 6:44)

– causa: oot) radosti &go idet) (“ajpo; th" cara" aujtou uJpavgei”,“prae gaudio illius vadit”, Matteo 13:44); iiæd¨ha+}em) ~lov:kom) ot)straha i ~aq¢iq (“ajpoyucovntwn ajnqrwvpwn ajpo; fovbou kai;

prosdokiva"”, “arescentibus hominibus prae timore et exspectatione”, Luca

21:26)

– modo: vv)æl<bi{i gospoda boga tvo&go ot) v|sego sr|d|ca tvo&go(“ajgaphvsei" Kuvrion to;n Qeovn sou ejx o{lh" th" kardiva" sou”, “diliges

Dominum Deum tuum ex toto corde tuo”, Luca 10:27)

– materia: ss)plet){e v:¢|c| ot) tr|¢iq (“plevxante" stevfanon ejx

ajkanqw`n”, “plectentes coronam de spinis”, Matteo 27:29)

– separazione: &&gda ot)stavl&¢) b\dd\ oot) stro&¢iq domou (“o{tanmetastaqw` ejk th" oijkonomiva"”, “cum amotus fuero a vilicatione”, Luca

16:4)

– paragone: ooum|¢"l) i esi malom| ~"m| ot) a¢ –ggl) (“hjlavttwsa"

aujto;n bracuv ti parJ ajggevlou"”, “minuisti eum paulo minus ab angelis”,

Salmo 8:6)

– partitivo: pp(t| je b: ot) ¢iih) boui (“pevnte de; ejx aujtw`n h\sanmwrai;”, “quinque autem ex eis erant fatuae”, Matteo 25:2); ddadite ¢am) ot)ol:q va{ego (“dovte hJmin ejk tou ejlaivou uJmw`n”, “date nobis de oleo

vestro”, Matteo 25:8)

Page 231: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 223

po + accusativo– luogo: bb\dd\tt) tr\ssi po m:sta (“e[sontai seismoi; kata; tovpou"”,

“erunt terraemotus per loca”, Marco 13:8)

– tempo: ppo v|s( d|¢i s:d:ah) s) vami v) cr|k)ve ou~( (“kaq

hJmevran ejn tw`/ iJerw`/ ejkaqezovmhn didavskwn”, “cotidie apud vos sedebam

docens in templo”, Matteo 26:55);

– causa: ppo ~|to s) m¨tari i gr:{|¢ik¨ qst) i pi&t)÷ (“tiv, o{timeta; tw`n telwnw`n kai; aJmartwlw`n ejsqivei kai; pivnei…”, “qua re cum

publicanis et peccatoribus manducat et bibit?”, Marco 2:16); ¢¢e dostoi¢o&st) v)lojiti &go v) kar)va¢\\ po ¢&je c:¢a kr)ve &st) (“oujk e[xestinbalein aujta; eij" to;n korbanan, ejpei; timh; ai{matov" ejstin”, “non licet

eos mittere in corbonam, quia pretium sanguinis est”, Matteo 27:6)

– fine o scopo: ppos)lav) po æ)va¢¨` im) (“ajposteivla" ejpi; tou;"

klhqevnta" uJp aujtou”, “avendo mandato [a chiamare] quelli invitati da lui,”

Suprasliense 267,4-5)

ppo + dativo– luogo: ppoveli mi priti k) teb: po vodam) (“kevleusovn me ejlqein

pro;" se; ejpi; ta; u{data”, “iube me ad te venire super aquas”, Matteo 14:28);

oou~( po v|sei i<dei (“didavskwn kaq o{lh" th" jIoudaiva"”, “docens per

universam Iudaeam”, Luca 23:5); tt|ma b¨st) po v|sei æemlii (“skovto"ejgevneto ejpi; pasan th;n ghn”, “tenebrae factae sunt super universam

terram”, Matteo 27:45)

– tempo: ¢¢e po m)¢ogou prist\\pll|{e sto`}ei r:{( petrovi (“meta;mikro;n de; proselqovnte" oiJ eJstw`te" ei\pon tw`/ Pevtrw/”, “et post

pusillum accesserunt qui stabant et dixerunt Petro”, Matteo 26:73); vv:ste qkopo d)vo< d|¢ou pasha b¨va&t) (“oi[date o{ti meta; duvo hJmevra" to;

pavsca givnetai”, “scitis quia post biduum Pascha fiet”, Matteo 26:2);

– modo o maniera: ppo d:lom) je ih) ¢e hodite (“kata; de; ta; e[rgaaujtw`n mh; poieite”, “secundum opera vero eorum nolite facere”, Matteo

23:3)

– distributivo: ii pri`s( po p:¢(™™ou (“kai; e[labon to; ajna; dhnavrion”,“acceperunt autem et ipsi singulos denarios”, Matteo 20:10)

Page 232: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo224

po + locativo– luogo: oo¢a je abi& ostav){a mr:j(. po ¢&m| idoste (“oiJ de;

eujqevw" ajfevnte" ta; divktua hjkolouvqhsan aujtw`/”, “illi continuo relictis

retibus secuti sunt eum”, Matteo 4:20); iidi po m|¢: (“ajkolouvqei moi”,

“sequere me”, Luca 5:27)

– tempo: ¢¢e po m)¢o™: prist\ppl||{e sto`}ei r:{( petrovi (“meta;mikro;n de; proselqovnte" oiJ eJstw`te" ei\pon tw`/ Pevtrw/”, “et post

pusillum accesserunt qui stabant et dixerunt Petro”, Matteo 26:73); ppov)skr|s¢ove¢ii je mo&m| varq+ v¨ v) galilei (“meta; de; to;

ejgerqhnaiv me proavxw uJma" eij" th;n Galilaivan”, “postquam autem

resurrexero, praecedam vos in Galilaeam”, Matteo 26:32); vv) s\? porrojdstv: hv –:: (“[lettura] per il sabato dopo il Natale”, Libro di Savva 142b,3)

ppod) + accusativo– tempo: ttr(som¨ je da v)kousit) pod) ve~er). malo ka{ic( (“il

febbricitante mangi un poco di semolino verso sera”, Eucologio sinaitico

44a,21-23)

– luogo: kkol| krat¨ v)shot:h) s)b|rati ~(da tvoq. qkoje s)bira&t)kkoko{| p)te¢|c( svo` pod) kril: (“posavki" hjqevlhsa ejpisunagagein

ta; tevkna sou, o}n trovpon o[rni" ejpisunavgei ta; nossiva aujth" uJpo;

ta;" ptevruga"”, “quoties volui congregare filios tuos quemadmodum gallina

congregat pullos suos sub alas”, Matteo 23:37); vv)s: pokoril) es " pod)¢o™: ego. ov|c` " vol¨ v|s` (“pavnta uJpevtaxa" uJpokavtw tw`n podw`n

aujtou, provbata kai; bova" pavsa"”, “omnia subiecisti sub pedibus eius, oves

et boves universas”, Salmo 8:9)

ppod) + strumentale– luogo: ss\}}a pod) smok)vice+ vid:h) t( (“ei\dovn se uJpokavtw th"

sukh"”, “vidi te sub ficu”, Giovanni 1:49); vv)æleje mwusii pod)kam¨kom) velikom) (“oJ Mwsh", keklikw;" pammegevqou" livqou

uJpokavtw”, “Mosè si distese sotto un grandissimo masso”, Suprasliense

275,16-17)

Page 233: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 225

posr:d: (ppo sr:d:) + genitivo– luogo: kkorabl| je b: posr:d: morq (“to; de; ploion mevson th"

qalavssh" h\n”, “navicola autem in medio mari …”, Matteo 14:24); oo¢) jepro{|d) posr:d: ih) id:a{e (“aujto;" de; dielqw;n dia; mevsou aujtw`n

ejporeuveto”, “ipse autem transiens per medium illorum ibat”, Luca 4:30); pposr:d: æeml( (“ejn mevsw/ th" gh"”, “nel mezzo della terra”, Cloziano

13b,26)

pposr:d: + dativo– luogo: ppo sr:d: dv:ma jivotoma (“ejn mevsw/ duvo zw/vwn”, “tra due

vite”, Cloziano 13b,26); pposr:d: ¢asto`{ti" j"æ¢" " gr(d\{{ti" (“ejnmevsw/ th" parouvsh" zwh" kai; th" mellouvsh"”, “tra la presente vita e

quella che verrà”, Cloziano 13b,37-38); ppo sr:d: d|¢)s) j"v¨"m) "mr)tv¨m) (“ejn mevsw/ shvmeron zwvntwn kai; nekrw`n”, “tra quelli oggi vivie i morti”, Cloziano 13b,39-40)

ppri + locativo– luogo: llejaa{e pri vrat:h) &go (“ejbevblhto pro;" to;n pulw`na

aujtou”, “iacebat ad ianuam eius”, Luca 16:20)

– tempo: oobl(™i s) ¢ama qko pri ve~er: &st) (“meinon meq hJmw`n,

o{ti pro;" eJspevran ejsti;n”, “mane nobiscum, quoniam advesperascit”, Luca

24:29)

– relazione o rapporto: ppri odejdi ~|to s( pe~ete÷ (“kai; peri;ejnduvmato" tiv merimna`te…”, “de vestimento quid solliciti estis?”, Matteo

6:28)

pprotiv\ / pprotivo + dativo– luogo: pprotiv\ mma¢ast¨rou ot|ca isakia. ¢a polou¢o{t) s)æ)da

cr)k)ve svÁÁtago pr|vom\\~e¢ika stefa¢a (“ajntikru; tou monasthrivou

tou ajbba; jIsaaki;ou kata; mesembrivan e[ktise martuvrion tou aJgivou

prwtomavrturo" Stefavnou”, “di fronte al monastero di padre Isacco a nord

[in greco: a sud] costruì la chiesa di S. Stefano protomartire”, Suprasliense

208,25-28); iiæid\ pprotiv\ jje¢ihou (“ejxhlqon eij" uJpavnthsin tou

Page 234: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo226

numfivou”, “exierunt obviam sponso”, Matteo 25:1)

– relazione o rapporto: ii ovomou dast) .d – .. tala¢t) ovomou je .b – ..ovomou je .a –– . komouj|do protiv\\ sil: svo&i (“kai; w|/ me;n e[dwken

pevnte tavlanta, w|/ de; duvo, w|/ de; e{n, eJkavstw/ kata; th;n ijdivan duvnamin”,

“uni dedit quinque talenta, alii autem duo, alii vero unum, unicuique

secundum propriam virtutem”, Matteo 25:15); ¢¢e mog\{{te protiviti sÁpprotiv\ oodr)jÁ{{tii &go sil: (“non potendo opporre resistenza alla

[contro la] forza che lo sopraffaceva”, Suprasliense 566,29-30)

ppr:d) + accusativo– luogo (moto, direzione): ii{|d){< je &mou pr:d) vrata (“ejxelqovnta

de; ej" to;n pulw`na”, “exeunte autem illo ianuam”, Matteo 26:71)

– tempo: ¢¢e ? pr:d) v)ædvig) kr –ssta (“la domenica prima [della festa]dell’Esaltazione della croce”, Apostolo di Enino 30a,2-3)

ppr:d) + strumentale– luogo (stato): ppetr) je stoq pr:d) vrat¨ v)¢: (“oJ de; Pevtro"

eiJsthvkei pro;" th/ quvra/ e[xw”, “Petrus autem stabat ad ostium foris”,

Giovanni 18:16)

– relazione o rapporto: "" ! tr)pl\ ""m` tvoe :ko blago pr:d) pr?::¢¨mitvoimi (“kai; uJpomenw` to; o}nomav sou, o}ti crhsto;n ejnantivon tw`n

oJsivwn sou”, “et exspectabo nomen tuum, quoniam bonum est, in conspectu

sanctorum tuorum”, Salmo 51(52):11)

– tempo: vv) s\?. pr:d) v)ædvigom) krs ––ta (“il sabato prima [della festa]dell’Esaltazione della croce”, Libro di Savva 127a,5)

ppr:mo + dativo– luogo: iid:ta v) v|s| qje &st) pr:mo vama (“uJpavgete eij" th;n

kwvmhn th;n katevnanti uJmw`n”, “ite in castellum, quod contra vos est”, Marco

11:2)

rraæv: + genitivo– esclusione: qqd){iih) je b: m\jj| p(t| t¨s(}| raæv: je¢) i

dd:tii (“oiJ de; ejsqivonte" h\san a[ndre" wJsei; pentakiscivlioi cwri;"

Page 235: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 227

gunaikw`n kai; paidivwn”, “manducantium autem fuit numerus quinque milia

virorum, exceptis mulieribus et parvulis”, Matteo 14:21)

rradi + genitivo (sempre posposto)– causa: ii b\ddete ¢e¢avidim¨ ot) v|s:h) ime¢e mo&go radi (“kai;

e[sesqe misouvmenoi uJpo; pavntwn dia; to; o[nomav mou”, “et eritis odio

omnibus propter nomen meum”, Luca 21:17)

– fine o scopo: ¢¢:st) bo ¢i~‘toje tako bo –uu l<bo qkoje &jeob|{taago radi ousp:ha jiti (“ouJde;n ga;r ou{tw" ejstiv tw/` Qew/` fivlon,wJ" to; koinwfelw`" zh/`n”, “niente è caro a Dio quanto il vivere per il bene

comune”, Suprasliense 379,1-3)

ss) + genitivo– luogo: ss){|d){em) im) s) gor¨. s)r:te i ¢arod) m)¢og)

(“katelqovntwn aujtw`n ajpo; tou o[rou" sunhvnthsen aujtw`/ o[clo" poluv"”,

“descendentibus illis de monte, occurrit illis turba multa”, Luca 9:37)

– tempo: ss) ve~era id\{{te (“ajpo; eJspevra" ajpiovnte"”, “che si recavanodalla sera”, Suprasliense 35,8-9)

ss) + strumentale– compagnia e unione: ii s| b: ~lov:k) s) isousom| ¢aæar:¢i¢om|

(“ou|to" h\n meta; jIhsou tou Nazwraivou”, “et hic erat cum Iesu Nazareno”,

Matteo 26:71); qqko ¢a raæboi¢ika li iæidete s) or\jjiem| idr|kol|mi (“wJ" ejpi; lh/sth;n ejxhvlqate meta; macairw`n kai; xuvlwn”,

“tamquam ad latronem existis cum gladiis et fustibus”, Matteo 26:55)

– mezzo o strumento: ii pak¨ ot)vr|je s( s) kl(tvo+ (“kai; pavlin

hjrnhvsato meta; o{rkou”, “et iterum negavit se cum iuramento”, Matteo

26:72)

– modo o maniera: ii v)æ|r:v) ¢a ¢` s) g¢:vom| . . . glagola (“kai;peribleyavmeno" aujtou;" met ojrgh" … levgei”, “et circumspiciens eos

cum ira … dicit”, Marco 3:5)

– rapporto o relazione (pro e contro): aa}e tako &st) vi¢a ~lov:kou s)je¢o+ (“eij ou{tw" ejsti;n hJ aijtiva tou ajnqrwvpou meta; th" gunaikov"”,

Page 236: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo228

“si ita est causa hominis cum uxore”, Matteo 19:10); ss)tvoriti milost| s)ot|ci ¢a{imi (“poihsai e[leo" meta; tw`n patevrwn hJmw`n”, “ad

faciendam misericordiam cum patribus nostris”, Luca 1:72)

– paragone: ii t)~|¢) b¨st) s) ¢e oum|r){iimi (“kai; tetartaio"

i[so" h\n tw`/ mhvte th;n ajrch;n teqnew`ti”, “era uguale [Lazzaro] a quelli che

non sono morti”, Suprasliense 317,21)

oou + genitivo– luogo: ii vid: d)va a¢gela v) b:lah) s:d(}a &di¢ogo ou glav¨ i

&&di¢ogo ou ¢ogou ideje b: lejalo t:lo isousovo (“kai; qewrei duvoajggevlou" ejn leukoi" kaqezomevnou", e{na pro;" th/ kefalh/ kai; e{na

pro;" toi" posivn, o{pou e[keito to; sw`ma tou jIhsou”, “et vidit duos

angelos in albis sedentes, unum ad caput et unum ad pedes, ubi positum fuerat

corpus Iesu”, Giovanni 20:12); aa}e ~eso prosite ou ot|ca v) im( mo&dast) vam) (“a[n ti aijthvshte to;n patevra dwvsei uJmin ejn tw`/ ojnovmativmou”,“si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis”, Giovanni 16:23);

iije i ou~i s( ou isousa (“o}" kai; aujto;" ejmaqhvteusen tw`/ jIhsou”, “quiet ipse discipulus erat Iesu”, Matteo 27:57); qqd\}}e i pi+}e qje s\tt) ou¢ih) (“ejsqivonte" kai; pivnonte" ta; par aujtw`n”, “edentes et bibentes

quae apud illos sunt”, Luca 10:7); mmolqa{e i farisei eter) daob:dou&t) ou ¢&go (“ejrwta/ aujto;n farisaio" o{pw" ajristhvsh/ par

aujtw`/”, “rogavit illum quidam pharisaeus ut pranderet apud se”, Luca 11:37)

6. La sintassi del periodo

Le frasi del paleoslavo possono essere semplici o complesse.

La frase semplice è formata da una sola proposizione che, come in italiano,

può essere dichiarativa (enunciativa), interrogativa, esclamativa, volitiva.

Le proposizioni dichiarative enunciano fatti e circostanze: ~~lov:k) eter)b: bogat) (“a[nqrwpov" tis h\n plouvsio"”, “Homo quidam erat dives”, Luca16:1); ppolou ¢o}i je v)pl|| b¨st) (“mevsh" de; nukto;" kraugh; gevgonen”,“Media autem nocte clamor factus est”, Matteo 25:6).

Le proposizioni interrogative contengono una domanda; sono introdotte da

Page 237: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 229

pronomi, avverbi o particelle interrogative (kk)to , ~~|to , kk¨i , ~~ii , kkak) ,kkakov) , kk)de, kk)gda , eeda, lli , iili , aa}e, eccetera) e si concludono

solitamente con il segno di interpunzione “÷÷”, che corrisponde al modernopunto di domanda: ~~|to se sl¨{\ oo teb:÷ (“tiv touto ajkouvw peri; sou…”,“Quid hoc audio de te?”, Luca 16:2); kk)de &st| obit:l| ideje pash\\ s)oou~e¢ik¨ svoimi s)¢:m|÷ (“pou ejstin to; katavluma o{pou to; pavsca

meta; tw`n maqhtw`n mou favgw…”, “Ubi est diversorium, ubi pascha cum

discipulis meis manducem”, Luca 22:11); ¢¢e po p:¢(™ou li s)v:}ah) s)ttobo+÷ (“oujci; dhnarivou sunefwvnhsa" moi…”, “nonne ex denario convenistimecum?”, Matteo 20:13); iili ¢:st) mi l:t| s)tvoriti v) svoih) mi &jeho}\\÷ a}e oko tvo& l\\kavo &st). qko aæ) blag) &sm)÷ (“h] oujke[xestivn moi o} qevlw poihsai ejn toi" ejmoi"… h] oJ ojfqalmov" sou

ponhrov" ejstin, o{ti ejgw; ajgaqov" eijmi…”, “Aut non licet mihi quod volo

facere? an oculus tuus nequam est, quia ego bonus sum?”, Matteo 20:15);

~~|to je vidi{i s\~~|c| ije &st) v) oc: bratra tvo&go , aa br|v|¢a &je&st) v) oc: tvo&m| ¢e ~ou&{i÷ li kako re~e{i bratrou tvo&mou.oostavi i iæ|m\ ss\~~|c| iæ o~ese tvo&go . i se br|v|¢o v) oc: tvo&m|÷(“tiv de; blevpei" to; kavrfo" to; ejn tw`/ ojfqalmw`/ tou ajdelfou sou, th;n

de; ejn tw`/ sw`/ ojfqalmw`/ doko;n ouj katanoei"… h] pw`" ejrei" tw`/ ajdelfw`/

sou: a[fe" ejkbavlw to; kavrfo" ejk tou ojfqalmou sou, kai; ijdou; hJ doko;"

ejn tw`/ ojfqalmw`/ sou…”, “quid autem vides festucam in oculo fratris tui, et

trabem in oculo tuo non vides? Aut quomodo dicis fratri tuo: Sine, eiciam

festucam de oculo tuo, et ecce trabs est in oculo tuo?”, Matteo 7:3-4).

Le proposizioni esclamative contengono un’esclamazione: sse je¢ih)gr(det) (“ijdou; oJ numfivo" e[rcetai”, “Ecce sponsus venit”, Matteo 25:6);ggor& je ~lov:kou tomou im|je s¨¢) ~lov:~|sk¨i pr:da&t) s( (“oujai;de; tw`/ ajnqrwvpw/ ejkeivnw/, di ou| oJ uiJo;" tou ajnqrwvpou paradivdotai”,

“vae autem homini illi, per quem Filius hominis tradetur”, Marco 14:21).

Proposizioni volitive (o esortative, o ottative) sono quelle che esprimono

un desiderio, una volontà, un ordine: dda v)ævesel "t) s` gora sio¢|ska. iv)ædradou+t) s` d)}eri " !<d:isk¨ (“eujfranqhvtw to; o}ro" Siw;n,

ajgalliavsqwsan aiJ qugatevre" th" jIoudaiva"”, “laetetur mons Sion, et

Page 238: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo230

exsultent filiae Iudae”, Salmo 47(48):12); oot|~e moi a}e v)æmoj|¢o &st)da mimoidet) ot) me¢e ~a{a si (“pavter mou, eij dunatovn ejstin,

parelqevtw ajp ejmou to; pothvrion touto”, “Pater mi, si possibile est,

transeat a me calix iste”, Matteo 26:39); iishodite v) s)r:te¢i& &go(“ejxevrcesqe eij" ajpavnthsin aujtou”, “exite obviam ei”, Matteo 25:6);

rradoui s( ravvi (“caire, rJabbiv”, “Ave Rabbi”, Matteo 26:49); &&gdaæ)va¢) b\\de{i ¢a brak). ¢e s(di ¢a pr:d|¢iim| m:st: … ¢¢) &gdaæ)va¢) b\\de{i. {|d) s(di ¢a posl:d|¢iim| m:st: (“o{tan klhqh/"

eij" gavmou", mh; katakliqh/" eij" th;n prwtoklisivan … ajll o{tan

klhqh/", poreuqei;" ajnavpese eij" to;n e[scaton tovpon”, “cum invitatus

fueris ad nuptias, non discumbas in primo loco … sed cum vocatus fueris,

vade recumbe in novissimo loco”, Luca 14:8-10); ¢¢e d:ite d:tiiprihoditi k) m|¢:. i ¢e bra¢ite im) (“a[fete ta; paidiva e[rcesqai

prov" me, mh; kwluvete aujtav”, “sinite parvulos venire ad me, et ne

prohibueritis eos”, Marco 10:14).

La frase complessa è formata da diverse proposizioni, poste tra loro in

rapporti di coordinazione o di subordinazione ed espresse in forma esplicita o

implicita.

Quando si ha coordinazione (paratassi) le proposizioni conservano la

propria autonomia sintattica.

Principali congiunzioni coordinative e nessi correlativi sono:

– con valore copulativo (affermativo o negativo) ii - ii , ¢¢i - ¢¢i , ttakojde :ss)bira+t) je br:me¢a t(j|ka i ¢eoudob| ¢osima. i v)ælaga+t) ¢aple}a ~lov:~|ska (“desmeuvousin de; fortiva bareva kai; dusbavstakta

kai; ejpitiqevasin ejpi; tou;" w[mou" tw`n ajnqrwvpwn”, “alligant enim onera

gravia et importabilia et imponunt in umeros hominum”, Matteo 23:4);

– con valore avversativo jje, aa, ¢¢) : aa pr|stom| svoim| ¢e hot(t)dvig¢\\ti ih) (“aujtoi; de; tw`/ daktuvlw/ aujtw`n ouj qevlousin kinhsai

aujtav”, “digito autem suo nolunt ea movere”, Matteo 23:4); oo¢i je im){eisousa v:s(( k) kaiqf: arhiereovi. ideje k)¢iij|¢ici i star|cis)b|ra{( s(. petr) je id:a{e po ¢&m| iædale~e (“oiJ de; krathvsante"

Page 239: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 231

to;n jIhsoun, ajphvgagon pro;" Kai >avfan to;n ajrciereva, o{pou oiJ

grammatei" kai; oiJ presbuvteroi sunhvcqhsan. oJ de; Pevtro" hjkolouvqei

aujtw`/ ajpo; makrovqen”, “at illi tenentes Iesum duxerunt ad Caipham principem

sacerdotum, ubi scribae et seniores convenerant. Petrus autem sequebatur eum

a longe”, Matteo 26:58);

– con valore disgiuntivo lli , iili: ppokori mi sÁ.. i &d‘¢ooume¢) mib\\di. ili æ|l: oum|re{i (“peivqei kai; givnh/ oJ;movfrwn mou h} kakw`"ajpoqnhvskei"”, “sottomettiti e sii a me conforme, o finirai male”, Suprasliense

65,11-12);

– con valore conclusivo o esplicativo iibo , bbo: ii s)¢ide d)jd| i prid\rr:k¨ i v)æv:q{( v:tri i ¢apad\ ¢¢a hrami¢\ tt\.. i ¢e pade s(.oos¢ova¢a bo b: ¢a kame¢e (“kai; katevbh hJ broch; kai; h\lqon oiJ potamoi;kai; e[pneusan oiJ a[nemoi kai; prosevpesan th/ oijkiva/ ejkeivnh/, kai; oujk

e[pesen: teqemelivwto ga;r ejpi; th;n pevtran”, “et descendit pluvia, et

venerunt flumina, et flaverunt venti et irruerunt in domum illam, et non

cecidit: fundata enim erat super petram”, Matteo 7:25); oot|~e ot)poustiim). ¢e v:d(t) bo s( ~|to tvor(t) (“pavter, a[fe" aujtoi": ouj ga;r

oi[dasin tiv poiousin”, “Pater dimitte illis; non enim sciunt quid faciunt”,

Luca 23:34).

Particolare attenzione si deve prestare a una caratteristica sintattica del

paleoslavo, mutuata dal greco, cioè all’uso frequentissimo delle congiunzioni

ii e jje con un valore che solo alla lontana si può considerare copulativo eavversativo: ii , come il kai; greco, ha la funzione di sottolineare l’andamentodella narrazione: ii pri{|d) rab) pov:da gospodi¢ou svo&mou … ii re~erab). gospodi. b¨st) &je povel:. i &}e m:sto &st). i re~e gospod|rrabou … (“kai; paragenovmeno" oJ doulo" ajphvggeilen tw`/ kurivw/ aujtou

… kai; ei\pen oJ doulo": kuvrie, gevgonen o{ ejpevtaxa", kai; e[ti tovpo"

ejstivn. kai; ei\pen oJ kuvrio" pro;" to;n doulon … ”, “Et reversus servus

nuntiavit haec domino suo … Et ait servus: Domine, factum est ut imperasti, et

adhuc locus est. Et ait dominus servo …”, Luca 14:21-23); jje, come il de;greco, costituisce un raccordo tematico tra la nuova proposizione e quanto già

detto: ppetr) je v)¢: s:d:a{e ¢a dvor:. i prist\ppi k) ¢&mou &di¢a

Page 240: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo232

rab¨¢i glagol+}i. i t¨ b: s) isoussom| galileisk¨im|. o¢) jeot)vr|je s( pr:d) v|s:mi glagol`. ¢e v:m| ~|to glagol&{i. i{|d){<jje &mou v) vrata. ouæ|r: i drougaq (“oJ de; Pevtro" ejkavqhto e[xw ejn

th/ aujlh/: kai; proshlqen aujtw`/ miva paidivskh levgousa: kai; su; h\sqa

meta; jIhsou tou Galilaivou. oJ de; hjrnhvsato e[mprosqen pavntwn levgwn:

oujk oi\da tiv levgei". ejxelqovnta de; eij" to;n pulw`na ei\den aujto;n a[llh”,

“Petrus vero sedebat foris in atrio, et accessit ad eum una ancilla dicens: Et tu

cum Iesu Galilaeo eras. At ille negavit coram omnibus dicens: Nescio quid

dicis. Exeunte autem illo ianuam, vidit eum alia”, Matteo 26:69-75).

Quando si ha subordinazione (ipotassi) le proposizioni si distinguono in

principali (o reggenti) e subordinate. Nei riguardi della proposizione reggente

le subordinate possono svolgere funzione di soggetto, di predicato, di attributo

o di apposizione, di complemento (oggetto, di specificazione, di tempo, di

luogo, di causa, di scopo eccetera). A seconda della funzione svolta le

subordinate si caratterizzano come completive (che hanno la funzione di

soggetto o di oggetto rispetto al verbo della reggente), relative (che hanno

valore di apposizione rispetto a un membro della reggente) e circostanziali

(che hanno la funzione dei complementi indiretti e degli avverbi). Sono

proposizioni completive le dichiarative soggettive e oggettive e le

interrogative indirette. Sono proposizioni circostanziali le causali, le

temporali, le finali, le consecutive, le concessive, le condizionali, le

comparative eccetera.

7. Proposizioni completive

Proposizioni completive (soggettive, oggettive e interrogative indirette)

sono quelle frasi che fungono da soggetto o da oggetto della principale: in

paleoslavo possono essere introdotte da molteplici congiunzioni e pronomi, tra

cui le più comuni sono le congiunzioni qqko , aa}e, &&je, dda (con sfumaturafinale e dopo i verbi che indicano volere e disvolere), eeda (dopo i verbatimendi, per es. bbl<sti e bboqti s() e i pronomi ~~|to , kk)to: ddov|l&t)ou~e¢ikou da b\\det) qkoje ou~itell|| &go (“ajrketo;n tw`/ maqhth/ i{na

Page 241: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 233

gevnhtai wJ" oJ didavskalo" aujtou”, “sufficit discipulo, ut sit sicut magister

eius”, Matteo 10:25); oot) v:ka ¢:st) sl¨{a¢o qko k)to otvr|æe o~isl:pou rojde¢ou (“ejk tou aijw`no" oujk hJkouvsqh o{ti hjnevw/xevn ti"

ojfqalmou" tuflou gegennhmevnou”, “a saeculo non est auditum quia quis

aperuit oculos caeci nati”, Giovanni 9:32); lli m|¢it) ti s( qko ¢e mog\¢¢¨¢: oumoliti ot|ca mo&go (“h] dokei" o{ti ouj duvnamai parakalevsaito;n patevra mou”, “an putas, quia non possum rogare Patrem meum”, Matteo

26:53); vv:ste qko po d)vo< d|¢ou pasha b¨va&t) (“oi[date o{ti meta;duvo hJmevra" to; pavsca givnetai”, “scitis quia post biduum Pascha fiet”,

Matteo 26:2); ææakli¢a+ t( bogom| jiv¨m| da re~e{i ¢am). a}e t¨ &sihristos) s¨¢)) bojii (“ejxorkivzw se kata; tou Qeou tou zw`nto", i{na

hJmin ei[ph/", eij su; ei\ oJ Cristo;" oJ uiJo;" tou Qeou”, “adiuro te per Deum

vivum, ut dicas nobis, si tu es Christus Filius Dei”, Matteo 26:63); ii~oujdaah\\ s( &je m\\jdaa{e v) cr|k)ve (“kai; ejqauvmazon ejn tw`/cronivzein ejn tw`/ naw`/ aujtovn”, “et mirabantur, quod tardaret ipse in templo”,

Luca 1:21); ¢¢e hot:a{e da bi k)to ~oul) (“oujdevna h[qelen gnw`nai”,

“neminem voluit scire”, Marco 7:24); bbl<di oubo. eda sv:t) ije &st) v)teb:. t)ma &&st) (“skovpei ou\n mh; to; fw`" to; ejn soi; skovto" ejstivn”,“vide ergo ne lumen, quod in te est, tenebrae sint”, Luca 11:35); ¢¢e oum:+¢i s)v:m). ~|to t¨ glagol&{i (“ou[te oi\da ou[te ejpivstamai su; tiv

levgei"”, “neque scio neque novi quid dicas”, Marco 14:68).

Un tipo particolare di proposizione dichiarativa è costituito dal discorso

indiretto. Diversamente da ciò che accade in italiano, in paleoslavo per

l’assenza della consecutio temporum il discorso indiretto non costituisce una

parafrasi/riscrittura del discorso diretto governata da precise regole di com-

mutazione. La differenza tra i due costrutti è marcata solo dalla presenza della

congiunzione qqko : ppetr) je v)¢: s:d:a{e ¢a dvor:. i prist\ppi k)¢&mou &di¢a rab¨¢i glagol+}i. i t¨ b: s) isousom|| galileisk¨im|.o¢) je ot)vr|je s( pr:d) v|s:mi glagol`. ¢e v:m| ~|to glagol&{i.ii{|d){< je &mou v) vrata. ouæ|r: i drougaq. i glagola im) tou is| b: ~lov:k) s) isousom| ¢aæar:¢i¢om|. i pak¨ ot)vr|je s( s)

Page 242: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo234

kl(tvo+. qko ¢e æ¢a+ ~lov:ka. ¢e po m)¢o™™: prist\ppl||{e sto`}eir:{( petrovi. v) isti¢\\ i t¨ ot) ¢¢ih) &si. ibo i bes:da tvoq av: t(ttvorit). t)gda ¢a~(t) rotiti s( i kl(ti s( qko ¢e æ¢a+ (“oJ de;

Pevtro" ejkavqhto e[xw ejn th/ aujlh/: kai; proshlqen aujtw`/ miva paidivskh

levgousa: kai; su; h\sqa meta; jIhsou tou Galilaivou. oJ de; hjrnhvsato

e[mprosqen pavntwn levgwn: oujk oi\da tiv levgei". ejxelqovnta de; eij" to;n

pulw`na ei\den aujto;n a[llh kai; levgei toi" ejkei: ou|to" h\n meta; jIhsou

tou Nazwraivou. kai; pavlin hjrnhvsato meta; o{rkou o{ti oujk oi\da to;n

a[nqrwpon. meta; mikro;n de; proselqovnte" oiJ eJstw`te" ei\pon tw`/

Pevtrw/: ajlhqw`" kai; su; ejx aujtw`n ei\, kai; ga;r hJ laliav sou dhlovn se

poiei. tovte h[rxato kataqemativzein kai; ojmnuvein o{ti oujk oi\da to;n

a[nqrwpon. kai; eujqevw" ajlevktwr ejfwvnhsen. kai; ejmnhvsqh oJ Pevtro"”;

“Petrus vero sedebat foris in atrio, et accessit ad eum una ancilla dicens: Et tu

cum Iesu Galilaeo eras. At ille negavit coram omnibus dicens: Nescio quid

dicis. Exeunte autem illo ianuam, vidit eum alia ancilla et ait his qui erant ibi:

Et hic erat cum Iesu Nazareno. Et iterum negavit cum iuramento: Quia non

novi hominem. Et post pusillum accesserunt qui stabant et dixerunt Petro:

Vere et tu ex illis es; nam et loquela tua manifestum te facit. Tunc coepit

detestari et iurare, quia non novisset hominem. Et continuo gallus cantavit. Et

recordatus est Petrus verbi Iesu quod dixerat: Prius quam gallus cantet, ter me

negabis. Et egressus foras flevit amare”, Matteo 26:69-75).

Di fatto, la congiunzione qqko funge da equivalente dei due punti, come èdel resto possibile anche in greco (il cosiddetto “ o{ti recitativo”).

Come in greco, il discorso indiretto può avviarsi come dichiarativa

implicita, non introdotta dalla congiunzione qqko , e trapassare in discorsodiretto: ii t) æapr:ti &mou ¢ikomouje ¢e glagolati. ¢o {|d) pokajis( i&reovi. i pri¢esi o o~i}e¢ii svo&m| (“kai; aujto;" parhvggeilen

aujtw`/ mhdeni; eijpein, ajlla; ajpelqw;n deixon seauto;n tw`/ iJerei, kai;

prosevnegke peri; tou kaqarismou sou”, “et ipse praecepit illi ut nemini

diceret; sed vade, ostende te sacerdoti et offer pro emundatione tua”, Luca

5:14).

Page 243: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 235

8. Proposizioni completive implicite

Tutte le proposizioni completive possono essere implicite: si costruiscono

allora con l’accusativo con l’infinito, con il dativo con l’infinito, con un

participio congiunto in funzione di apposizione (completiva), con l’infinito

semplice.

a) infinito semplice: si usa quando il soggetto della reggente e quello della

subordinata coincidono: ii hot: mi¢\tti ` (“kai; h[qelen parelqein

aujtouv"”, “et volebat praeterire eos”, Marco 6:48); ¢¢| ¢e hot:a{e ¢oujde+s)tvoriti dobra (“ajll oujk hjbouvleto ajnavgkh/ poihsai kalovn”, “ma non

voleva fare il bene a forza”, Suprasliense 408,24).

b) accusativo con l’infinito: come si è detto a proposito del complemento

oggetto, il confine tra doppio accusativo e accusativo con l’infinito è

rappresentato solo dalla presenza del verbo, grazie alla quale la costruzione del

doppio accusativo si trasforma in una proposizione completiva (qui una

interrogativa indiretta) del tipo kkogo m( glagol+t) ~lov:ci b¨ti÷ (“tivname levgousin oiJ a[nqrwpoi ei\nai…”, “quem me dicunt esse homines?” Marco

8:27). La corrispondente esplicita suonerebbe: “gli uomini credono che io sia

chi?”. I verbi che reggono una subordinata del tipo accusativo con l’infinito

sono gli stessi che reggono il doppio accusativo: ii ¢e ostavi iti po seb: ¢i&&di¢ogo (“kai; oujk ajfhken oujdevna met aujtou sunakolouqh`sai”, “et

non admisit quemquam se sequi”, Marco 5:37); ii glouh¨` tvorit)sl¨{ati. i ¢:m¨` glagolati (“kai; tou;" kwfou;" poiei ajkouvein kai;

tou;" ajlavlou" lalein”, “et surdos fecit audire et mutos loqui”, Marco 7:37); ""crk –– v| tvo+ stt–\\+ b¨ti s)podobi i (“kai; nao;n a[giovn sou genevsqai

kataxivwson”, “rendilo degno di essere tuo sacro tempio”, Eucologio sinaitico

81b,3); oos\ddi{( i b¨ti povi¢|¢a s)mr|ti (“katevkrinan aujto;n e[noconei\nai qanatou`”, “condemnaverunt eum esse reum mortis”, Marco 14:64).

c) dativo con l’infinito: questo costrutto è caratterizzato dal fatto che il

soggetto della subordinata implicita è posto al caso dativo: qqko dobr:& &st)&di¢omou ~lov:kkou oumr:ti æa l<di (“o{ti sumfevrei e{na a[nqrwpon

Page 244: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo236

ajpoqanein uJpe;r tou laou”, “quia expedit unum hominem mori pro populo”,

Giovanni 18:14). È chiaro che il vantaggio del mettere a morte un unico uomo

non coinvolge l’uomo in questione, che è quindi soggetto della subordinata

implicita, non certo complemento di termine del verbo “expedit”, che significa

“conviene, giova, è utile”.

In altri contesti l’analisi del caso dativo è meno univoca: ppovel:h)herovimom) rab)sk¨ str:{ti tÁÁ (“e[taxa ta; Ceroubi;m douloprepw`"

fulavttein se”, “ho ordinato ai cherubini di guardarti come un servo”,

Suprasliense 470,4-5); qqko podoba&t) s¨¢ou ~lov:~|skou&mou m)¢ogopostradati (“o{ti dei to;n uiJo;n tou ajnqrwvpou polla; paqein”, “quoniamoportet Filium hominis pati multa”, Marco 8:31); qqkoje ¢e b:a{ev|m:stiti sÁÁ ¢arodou (“w{ste mh; cwreisqai aujtou;" pavnta"”, “poichénon era possibile alla folla starci”, Suprasliense 109,2-3).

Eventuali predicati concordano con il soggetto al caso dativo (doppio

dativo): ww ot)da¢|i gr:hov). " o iæb¨t|i pr:gr:{e¢ei. " b¨ti emouvv¨{){< mir)¢¨h) pe~alei. g<oospod><< pomo<llim)s(> (“uJpe;r ajfevsew"aJmartiw`n kai; sugcwrhvsew" tw`n plhmmelhmavtwn aujtou kai; tou

genevsqai aujto;n uJyhlovteron tw`n tou kovsmou fronhmavtwn - tou

Kurivou <dehqw`men>”, “per la remissione dei peccati e per la cancellazione

delle colpe e per essere lui superiore agli affanni di questo mondo, Signore,

preghiamo”, Eucologio sinaitico 98b,8).

Il dativo con l’infinito corrisponde alla costruzione greca dell’accusativo

con l’infinito: cfr. infatti ss)tvor\ hherovim) pokla¢qti ti sÁ (“poiw` ta;

Ceroubi;m proskunhsaiv se”, “farò che i cherubini ti si inchinino”,

Suprasliense 470,5-6). Il costrutto non va confuso con periodi nei quali il

dativo, sia retto dal verbo della principale sia retto dall’infinito, non costituisca

il soggetto della subordinata esplicita: per esempio nella frase ¢¢a~(t) im)glagolati. &je hot:a{e b¨ti &mou (“h[rxato aujtoi" levgein ta;

mevllonta aujtw`/ sumbaivnein”, “coepit illis dicere quae essent ei eventura”,

Marco 10:32) non possiamo parlare di dativo con l’infinito perché soggetto

della subordinata non è Gesù, ma le cose che stanno per succedergli.

Page 245: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 237

d) participio congiunto: si tratta di un costrutto molto comune in

paleoslavo così come in greco, destinato a divenire marca stilistica di registri

aulici e classicheggianti. A distinguerlo dall’accusativo con l’infinito è solo il

fatto che il predicato sia un participio: iim:i m( ot)re~e¢a (“e[ce me

parh/thmevnon”, “habe me excusatum”, Luca 14:18) iim:i m( ot)rek){a s((“e[ce me parh/thmevnon”, “habe me excusatum”, Luca 14:19); oot)sel:ouæ|rite s¨¢a ~lov:~|ska&go. s:d(}a o des¢\\+ sil¨. i gr(d\\}a ¢aooblac:h) ¢ebes|sk¨ih) (“ajp a[rti o[yesqe to;n uiJo;n tou ajnqrwvpou

kaqhvmenon ejk dexiw`n th" dunavmew" kai; ejrcovmenon ejpi; tw`n nefelw`n

tou oujranou”, “amodo videbitis Filium hominis sedentem a dextris virtutis et

venientem in nubibus caeli”, Matteo 26:64); ssmok)v|¢ic\ iim:a{e eter) v)vi¢ograd: svo&m| v)sajde¢\\ (“sukhn ei\cevn ti" pefuteumevnhn ejn tw`/

ajmpelw`ni aujtou”, “arborem fici habebat quidam plantatam in vinea sua”,

Luca 13:6); kkogo glagol+t) ~lov:ci s\}}a s¨¢a ~lov:~|ska&go÷ (“tivnalevgousin oiJ a[nqrwpoi ei\nai to;n uiJo;n tou ajnqrwvpou…”, “quem dicunt

homines esse Filium hominis?” Matteo 16:13); kk)gda je t( vid:hom)bol(}a (“povte dev se ei[domen ajsqenh”, “quando te vidimus infirmum”,Matteo 25:39); oo¢i je vid:v){e i po mor< hod(}| (“oiJ de; ijdovnte"aujto;n ejpi; th" qalavssh" peripatounta”, “at illi ut viderunt eum

ambulantem supra mare”, Marco 6:49); ii ic:li `. qko ¢arodou divitis(. vid(}e ¢:m¨` glagol+}( i b:d|¢¨` s)drav¨ i hrom¨` hod(}(ii sl:p¨` vid(}( (“kai; ejqeravpeusen aujtouv": w{ste tou;" o[clou"

qaumavsai blevponta" kwfou;" lalounta", kullou;" uJgiei" kai; kwlou;"

peripatounta" kai; tuflou;" blevponta"”, “et curavit eos, ita ut turbae

mirarentur, videntes mutos loquentes, claudos ambulantes, caecos videntes”,

Matteo 15:31).

9. Proposizioni relative

Le proposizioni relative rappresentano la più antica e più semplice forma di

subordinazione dell’indoeuropeo. Introdotte da pronomi relativi e relativi

indefiniti (iije, iije kolij|do , iije a}e, qqk) , qqk)je, &&lik)) e da avverbirelativi e relativi indefiniti (&&gda, &&gdaje, qqmoje, qqmoje kolij|do ,

Page 246: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo238

ideje, iideje kolij|do) le relative proprie, o determinative, specificano unelemento della reggente, di cui costituiscono una sorta di apposizione: ~~|to jevidi{i s\\~|c| ije &st) v) o~ese bratra tvo&go , aa br|v|¢a &je &st) v)o~ese tvo&m| ¢e ~ou&{i÷ (“tiv de; blevpei" to; kavrfo" to; ejn tw`/

ojfqalmw`/ tou ajdelfou sou, th;n de; doko;n th;n ejn tw`/ ijdivw/ ojfqalmw`/ ouj

katanoei"…”, “quid autem vides festucam in oculo fratris tui, trabem autem,

quae in oculo tuo est, non consideras?”, Luca 6:41); oot|~e ¢a{| ije &si ¢a¢ebess|h) (“pavter hJmw`n oJ ejn toi" oujranoi"”, “Pater noster, qui es in

caelis”, Matteo 6:9); &&goje a}e lob)j\ tt) &st) (“o}n a]n filhvsw, aujtov"ejstin”, “quemcumque osculatus fuero, ipse est”, Matteo 26:48); ii &je a}es)v(je{i ¢a æemlli. b\\det) s)v(æa¢o ¢¢a ¢ebes|h) (“kai; o} eja;n dhvsh/"ejpi; th" gh" e[stai dedemevnon ejn toi" oujranoi"”, “et quodcumque

ligaveris super terram, erit ligatum et in caelis”, Matteo 16:19); &&mouje¢:sm| dostoi¢) poklo¢¢| s( raædr:{iti reme¢e sapogou &go (“ou| oujkeijmi; iJkano;" kuvya" lusai to;n iJmavnta tw`n uJpodhmavtwn aujtou”, “cuius

non sum dignus procumbens solvere corigiam calceamentorum eius”, Marco

1:7); bb\ddet) bo t)gda skr)b| veliq. qkaje ¢e b¨la. ot) ¢a~ala v|segomira. do sel: (“e[stai ga;r tovte qliyi" megavlh, oi{a ouj gevgonen ajpajrch" kovsmou e{w" tou nun”, “erit enim tunc tribulatio magna, qualis non

fuit ab initio mundi usque modo”, Matteo 24:21); ii raæg)¢\vv) k)¢ig¨obr:te m:sto. ideje b: ¢apisa¢o (“kai; ajnoivxa" to; biblivon eu|ren to;ntovpon ou| h\n gegrammevnon”, “Et ut revolvit librum invenit locum ubi

scriptum erat”, Luca 4:17); &&liko ho}ete da tvor(t) vam) ~lov:ci. takoi v¨ tvorite im) (“pavnta ou\n o{sa eja;n qevlhte i{na poiw`sin uJmin oiJa[nqrwpoi, ou{tw" kai; uJmei" poieite aujtoi"”, “omnia ergo quaecumque

vultis ut faciant vobis homines, et vos facite illis”, Matteo 7:12); ssi v)vita¢ii b¨{( ob) o¢) pol) ior)da¢a. ideje b: ioa¢¢) kr|st( (“tautaejn Bhqaniva/ ejgevneto pevran tou jIordavnou, o{pou h\n oJ jIwavnnh"

baptivzwn”, “haec in Bethania facta sunt trans Iordanem, ubi erat Iohannes

baptizans”, Giovanni 1:28); qqmoje aæ) id\ ¢¢e moje{i ¢¨¢: po m|¢:iti (“o{pou uJpavgw ouj duvnasaiv moi nun ajkolouqhsai”, “quo ego vado,

non potes me modo sequi”, Giovanni 13:36); oou~itel< id\ ppo teb: qmoje

Page 247: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 239

kolij||do ide{i (“didavskale, ajkolouqhvsw soi o{pou eja;n ajpevrch/”,

“magister, sequar te, quocumque ieris”, Matteo 8:19).

Le relative possono avere valore finale, causale, temporale, ipotetico,

concessivo eccetera: si parla in questo caso di relative improprie, o

circostanziali: ¢¢o &je a}e dast) s( vam) v) t) ~as). to glagolite(“ajll o} eja;n doqh/ [ejavn + congiuntivo: eventualità] uJmin ejn ejkeivnh/ th/

w{ra/, touto laleite”, “sed quod datum vobis fuerit in illa hora, id

loquimini”, Marco 13:11); vv) to je vr:mÁÁ &g’dda st – ¨` m\~~aah\.. b:a{estoude¢| velika (“kata; de; to;n kairo;n ejkeinon, o{te oiJ a{gioi

ejmartuvrhsan, ei\cen kruvo" mevga”, “in quel tempo, quando i santi subivano

il martirio, faceva molto freddo”, Suprasliense 76,10-12); pprid\tt) je d|¢e.&&gdaje ot)imet) s( ot) ¢ih) je¢ih) (“ejleuvsontai de; hJmevrai o{tanajparqh/ ajp aujtw`n oJ numfivo"”, “venient autem dies, cum auferetur ab eis

sponsus”, Matteo 9:15).

Come in greco, il pronome relativo può trovarsi in posizione prolettica,

cioè anticipare la proposizione reggente della relativa, e il suo antecedente

dimostrativo può essere taciuto: ¢¢a ¢&je &si pri{|l) tvori (“ejf o} pavrei

eJtaire”, “ad quod venisti, fac”, Matteo 26:50). Ciò avviene in particolare

quando si abbia la cosiddetta “attrazione diretta del pronome relativo”, quando

cioè il pronome relativo, che dovrebbe andare al caso nominativo o accusativo,

viene “attratto” nel caso obliquo del nome cui si riferisce e viene retto dalla

stessa preposizione: ii ¢ik)to je ¢e v:st) k)to &st) … oot|c| t)k)mos¨¢) i &mouje a}e ho}et) s¨¢) qviti (“kai; oujdei;" ginwvskei tiv"

ejstin … oJ path;r eij mh; oJ uiJo;" kai; w|/ eja;n bouvlhtai oJ uiJo;"

ajpokaluvyai”, “et nemo scit quis sit … Pater nisi Filius et cui voluerit Filius

revelare”, Luca 10:22); ppridet) gospodi¢) raba togo v) d|¢| v) ¢||je ¢e~a&t). i v) ~as) v) ¢¢|je ¢e v:st) (“h{xei oJ kuvrio" tou douvlou ejkeivnouejn hJmevra/ h/| ouj prosdoka/ kai; ejn w{ra/ h|/ ouj ginwvskei”, “veniet dominus

servi illius in die qua non sperat, et hora qua ignorat”, Matteo 24:50).

Diversamente dal greco, da cui questo costrutto è mutuato, il paleoslavo e

successivamente lo slavo ecclesiastico utilizzano di rado e sempre meno

questo tipo di concordanza, che verrà reintrodotta come norma all’epoca delle

Page 248: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo240

riforme nikoniane: ii glagola ima. id:ta v) v|s| qje &st) pr:mo vama.ii abi& v)hod(}a v) ¢+ obr(}eta jr:b|c| priv(æa¢). ¢a ¢&m|je¢:st) ¢e ou ¢ik)toje ot) ~lov:k)v) s:l) (“kai; levgei aujtoi": uJpavgeteeij" th;n kwvmhn th;n katevnanti uJmw`n, kai; eujqu;" eijsporeuovmenoi eij"

aujth;n euJrhvsete pw`lon dedemevnon, ejf o}n oujdei;" ou[pw ajnqrwvpwn

ejkavqisen”, “et ait illis: ite in castellum, quod contra vos est, et statim

introeuntes illuc invenietis pullum ligatum, super quem nemo adhuc hominum

sedit”, Marco 11:2).

10. Proposizioni circostanziali

Le proposizioni circostanziali sono nella frase complessa ciò che i

complementi sono nella frase semplice: servono cioè a specificare le

circostanze nelle quali si svolge l’azione della reggente cui si riferiscono. Le

circostanziali sono definite, in base alla funzione logica che svolgono, causali,

comparative, concessive, consecutive, finali, ipotetiche, temporali eccetera.

Queste definizioni sono tuttavia di scarsa rilevanza, tanto più che il paleoslavo

non possiede strumenti sintattici atti a differenziare le subordinate che siano

paragonabili a quelli del latino e del greco.

Ciò che distingue i vari tipi di subordinata circostanziale è, a livello

formale, la sola congiunzione o avverbio da cui è introdotta; ma molte

congiunzioni introducono diverse subordinate circostanziali: &&je, cheabbiamo visto introdurre le completive, introduce anche proposizioni causali,

temporali, ipotetiche; qqko introduce tutto. In quanto al modo verbale, chetanta importanza ha in greco e in latino, il paleoslavo non possiede la

ricchezza di quelle: le subordinate utilizzano nella grande maggioranza dei

casi il modo indicativo. Quando la proposizione abbia valore ipotetico o

ottativo il paleoslavo ricorre a una costruzione perifrastica, detta ora uslovnoe

naklonenie (letteralmente “modo condizionale”), ora soslagatel’noe

naklonenie (letteralmente “modo congiuntivo”), formata dal participio perfetto

e dall’ausiliare bb¨ti coniugato in un modo particolare, che potrebbe risalireall’antico ottativo i.e. (v. p. 194).

Page 249: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 241

11. Proposizioni ipotetiche e periodo ipotetico

Le proposizioni ipotetiche sono introdotte dalle congiunzioni aa}e, &&je,&&l|ma, &&gda. Di queste, &&je, &&l|ma e &&gda reggono sempre l’indicativo: ii&je pl|ti+ pob:jde¢i b¨ste. kr:posti+ d{{–))¢\++ pob:dite (“kai; eijth/ sarki; hjtthvqhte, th/ ejnstavsei th" yuch" nikhvsate”, “e se siete stati

vinti nel corpo, vincerete per forza d’animo”, Suprasliense 108,21-22); &&lmagospodi¢) moi gospojde ¢e v:st) ¢i~soje iæ me¢e … kkako mog\ aaæ)s)tvoriti ¢epriqæ¢i¢o& se d:lo (“eij oJ Kuvriov" mou, devspoina, ouj

ginwvskei di ejmev ti … pw`" poihvsw to; ponhro;n touto”, “se il mio

Signore, o signora, non sa nulla di me … come posso fare questa cosa

malvagia”, Suprasliense 366,3-8); ssego rad" ¢e oubo"m) s` egdas)m\\}aet) s` æeml: (“di;a touto ouj fobhqhsovmeqa ejn tw`/

taravssesqai th;n ghn”, “propterea non timebimus, dum turbabitur terra”,

Salmo 45(46):3). In quanto ad aa}e, la congiunzione di maggior utilizzo nelleipotetiche, essa regge l’indicativo o il cosiddetto condizionale in proposizioni

che conviene considerare quali protasi di un periodo ipotetico. L’assenza di

desinenze specifiche per i modi ottativo e congiuntivo fa sì che il periodo

ipotetico non abbia la complessa strutturazione del greco e del latino: protasi e

apodosi, condizioni e conseguenze si costruiscono per mezzo della stessa

costruzione perifrastica. Rispetto ai quattro tipi di periodo ipotetico del greco

classico (realtà, eventualità, possibilità, irrealtà), già peraltro ridotti a tre nel

Nuovo Testamento a causa della “morte” dell’ottativo, il paleoslavo distingue

solo tra realtà (realtà e eventualità) e non realtà (possibilità e irrealtà),

utilizzando la costruzione perifrastica per esprimere i modi della non realtà:

a) realtà e eventualità: aa}e k)to imat) ou{i sl¨{ati da sl¨{it) (“ei[ti" e[cei [eij + indicativo: realtà] w\ta ajkouvein, ajkouevtw”, “si quis habet

aures audiendi, audiat”, Marco 7:16); oot|~e moi a}e ¢e v)æmojet) ~a{a simimoiti ot) me¢e. a}e ¢e pi+ &`. b\\di volq tvoq (“pavter mou, eij

ouj duvnatai [eij + indicativo: realtà] touto parelqein, eja;n mh; aujto; pivw

[ejavn + congiuntivo: eventualità], genhqhvtw to; qevlhmav sou”, “Pater mi, si

non potest hic calix transire, nisi bibam illum, fiat voluntas tua”, Matteo

26:42); dda a{te k’tto ho{tet) prist\\piti i " !æb:g¢\\ti. prib:jit) k)

Page 250: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo242

ba¢¢i (“o{pw" ejavn ti" qevlh/ [ejavn + congiuntivo: eventualità] parabhnai,

prosfuvgh/ tw`/ balaneivw//”, “affinché, se qualcuno voleva muoversi e

scappare, corresse nella piscina”, Suprasliense 76,18-19); ii a}e vama k)torre~et) ~|to se d:&ta. r|c:ta qko gospod| tr:bou&t). i abi& pak¨pos)l&t) i s:mo (“kai; ejavn ti" ujmin ei[ph/ [ejavn + congiuntivo:

eventualità]: tiv poieite touto… ei[pate: oJ Kuvrio" aujtou creivan e[cei,

kai; eujqu;" aujto;n ajpostevllei pavlin w|de”, “et si quis vobis dixerit: quid

facitis? dicite, quia Domino necessarius est, et continuo illum dimittet huc”,

Marco 11:3);

b) possibilità e irrealtà: aa}e bo biste v:r\ iimali moseovi. v:r\ bbiste`li i m|¢: (“eij ga;r ejpisteuvete Mwu >sei [eij + imperfetto indicativo:irrealtà nel presente], ejpisteuvete a]n ejmoiv”, “si enim crederetis Moysi,

crederetis forsitan et mihi”, Giovanni 5:46); aa}e ¢e bi b¨l). s| æ)lod:i. ¢ebim) pr:dali &go teb: (“eij mh; h\n [eij + imperfetto indicativo: irrealtànel presente] ou|to" kako;n poiw`n, oujk a[n soi paredwvkamen aujtovn”, “si

non esset hic malefactor, non tibi tradidissemus eum”, Giovanni 18:30); ddobrobi &mou b¨lo a}e ¢e bi rodil) s( ~lov:k) t) (“kalo;n h\n aujtw`/, eijoujk ejgennhvqh [eij + aoristo: irrealtà nel passato] oJ a[nqrwpo" ejkeino"”,

“bonum erat ei, si natus non fuisset homo ille”, Marco 14:21).

Delle restanti proposizioni circostanziali hanno una fisionomia meglio

definita le proposizioni causali, concessive, consecutive, finali e temporali. La

congiunzione più utilizzata è qqko , qqkoje, al punto che potrebbe essere utileparlare di un gruppo di subordinate introdotte da un “che subordinante

generico”, o “polivalente”, sul cui sfondo far risaltare le proposizioni dalla

semantica più definita.

12. Proposizioni causali

Le proposizioni causali sono introdotte dalle congiunzioni qqko , &&je,&&l|ma, ææa¢&, ææa¢&je, ppo¢&, ppo¢&je + indicativo: ssego radi v¨ ¢eposlou{a&te. qko ¢:ste ot) boga (“dia; touto uJmei" oujk ajkouvete, o{tiejk tou Qeou oujk ejstev”, “propterea vos non auditis , quia ex Deo non estis”,

Page 251: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 243

Giovanni 8:47); rradouite s( i veselite s(. qko m|æda va{a m)¢oga&st) ¢a ¢ebes|h) (“caivrete kai; ajgalliasqe, o{ti oJ misqo;" uJmw`n polu;"ejn toi" oujranoi"”, “gaudete et exsultate, quoniam merces vestra copiosa est

in caelis”, Matteo 5:12); rradou+ sÁ ttakojde. &je vijd\ ootrok¨prostom) (æ¨kom| i d:lesem|. p:s¢| c:sarou tvorÁÁ{tÁÁ (“caivrw me;n

wJsauvtw" oi|" oJrw` paida" ejleuqevra/ kai; glwvssh/ kai; pravxei th;n

ajnavrrhsin tou basilevw" poioumevnou"”, “mi rallegro inoltre perché vedo

fanciulli che con linguaggio e azioni libere cantano le lodi del re”,

Suprasliense 332,30 - 333,3); ¢¢) &l’mma oubo t){ti{i sÁ ¢¢a s)mr|t|. jiv)da iægori{i (“ejpei; ou\n speuvdei" ejpi; to;n qavnaton zw`n kahvsh/”,

“poiché ti affretti alla morte, che tu arda vivo”, Suprasliense 140, 20-21);

&&lma oubo domou ¢e im:a{e vlad¨ka. sego d:l‘mma oubo glagol\\t) …(“ejpei; ou\n oijkivan oujk ei\cen oJ Despovth", dia; touto aujtw`/ levgousi

…”, “poiché dunque a casa non c’era il padrone, per questo dicono …”,

Suprasliense 416,1-3); ii se b\dde{i ml|~(. i ¢e mog¨i proglagolati. do¢&goje d|¢e b\\det) se. æa¢& ¢e v:rova. sloves|m) moim) (“kai; ijdou;e[sh/ siwpw`n kai; mh; dunavmeno" lalhsai, a[cri h|" hJmevra" gevnhtai

tauta, ajnq w|n oujk ejpivsteusa" toi" lovgoi" mou”, “et ecce eris tacens et

non poteris loqui usque in diem, quo haec fiant, pro eo quod non credidisti

verbis meis”, Luca 1:20); ¢¢e dostoi¢o &st) v)lojiti &go v) kar)va¢\..po¢&je c:¢a kr)ve &st) (“oujk e[xestin balein aujta; eij" to;n korbanan,ejpei; timh; ai{matov" ejstin”, “non licet eos mittere in corbonam, quia pretium

sanguinis est”, Matteo 27:6).

13. Proposizioni concessive

Le proposizioni concessive sono introdotte dalle congiunzioni aa}e, aa}e i ,qqko + indicativo o “condizionale”: vv:rou`i v) m(. a}e oum|ret) ojivet)(“oJ pisteuvwn eij" ejme; ka]n ajpoqavnh/ zhvsetai”, “qui credit in me, etiam si

mortuus fuerit, vivet”, Giovanni 11:25); aa}e i v|si s)blaæ¢(t) s( o teb:.aæ) ¢ikolije ¢e s)blaj¢+ s( (“eij pavnte" skandalisqhvsontai ejn soiv,ejgw; oujdevpote skandalisqhvsomai”, “et si omnes scandalizati fuerint in te,

ego nunquam scandalizabor”, Matteo 26:33); aa a{te i &di¢) bi b¨l)

Page 252: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo244

~oudim¨i. dov|l:a{e ¢a{ei sil: odol:ti (“eij kai; ei\" h\n oJ

qaumazovmeno", thvn ge tw`n hJmetevrwn lovgwn duvnamin ejxhvrkei

katapalaisai”, “se anche fosse stato uno solo quello degno di meraviglia,

basterebbe a superare la forza delle nostre parole”, Suprasliense 82,28-29).

14. Proposizioni consecutive

Le proposizioni consecutive sono introdotte da qqko + indicativo: vvl|¢¨ jev)livaah\\ s( v) ladi+. qko ouje pogr(æ¢\\ti hot:a{e (“ta; kuvmataejpevballen eij" to; ploion, w{ste h[dh gemivzesqai to; ploion”, “fluctus

mittebat in navim, ita ut impleretur navis”, Marco 4:37); ss)r:tete i d)vabb:s|¢a … ll<ta ™:lo. qko ¢e mojaa{e ¢ik)toje. mi¢\tti p\tt|m| t:m|(“uJphvnthsan aujtw`/ duvo daimonizovmenoi … calepoi; livan, w{ste mh;

ijscuvein tina; parelqein dia; th" oJdou ejkeivnh"”, “occurrerunt ei duo

habentes daemonia … saevi nimis, ita ut nemo posset transire per viam illam”,

Matteo 8:28); kk)to s| &st). qko v:tri. i mor& poslou{a+t) &go÷(“potapov" ejstin ou|to", o{ti kai; oiJ a[nemoi kai; hJ qavlassa aujtw`/

uJpakouvousin…”, “qualis est hic, quia venti et mare oboediunt ei?”, Matteo

8:27).

15. Proposizioni finali

Le proposizioni finali sono introdotte dalle congiunzioni dda , qqko da , eeda,eeda kako + indicativo o “condizionale”: mmolite s( oubo gospodi¢ouj(tv: da iævedet) d:latel` ¢a j(tv\\ svo+ (“dehvqvhte ou\n tou

kurivou tou qerismou, o{pw" ejkbavlh/ ejrgavta" eij" to;n qerismo;n aujtou”,

“rogate ergo Dominum messis, ut mittat operarios in messem suam”, Matteo

9:38); bb)dite i molite s( da ¢e v)¢idete v) ¢apast| (“grhgoreite kai;proseuvcesqe, i{na mh; eijsevlqhte eij" peirasmo;n”, “vigilate et orate, ut non

intretis in tentationem”, Matteo 26:41); ss)v:t) s)tvori{( … qqko daobl|st(t) i slovom| (“sumbouvlion e[labon o{pw" aujto;n pagideuvswsin

ejn lovgw/”, “consilium inierunt ut caperent eum in sermone”, Matteo 22:15);

mmolqa{e i b:s|¢ovav¨i s(. da bi s) ¢¢im| b¨l) (“parekavlei aujto;n oJdaimonisqei;" i{na met aujtou h/\”, “a daemonio vexatus fuerat, ut esset cum

Page 253: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 245

illo”, Marco 5:18); ææakli¢a+ t( bogom| jiv¨im| da re~e{i ¢am). a}et¨ &si hristos) s¨¢) bojii (“ejxorkivzw se kata; tou Qeou tou

zw`nto", i{na hJmin ei[ph/", eij su; ei\ oJ Cristo;" oJ uiJo;" tou Qeou”,

“adiuro te per Deum vivum, ut dicas nobis, si tu es Christus Filius Dei”,

Matteo 26:63); ææapr:ti im). da ¢e av: &go s)tvor(t) (“kai; ejpetivmhsenaujtoi", i{na mh; fanero;n aujto;n poihvswsin”, “et praecepit eis ne

manifestum eum facerent”, Matteo 12:16); rrabi je r:{( &mou. ho}e{i lioubo da {|d){e ispl:vem) `. o¢) je re~e ¢i. eda v)str)ga+}eppl:vel). v)str)g¢ete koup|¢o s) ¢iim| i p|{e¢ic\ (“oiJ de; douloi aujtw`/levgousin: qevlei" ou\n ajpelqovnte" sullevxwmen aujtav… oJ dev fhsin: ou[,

mhvpote sullevgonte" ta; zizavnia ejkrizwvshte a{ma aujtoi" to;n siton”,

“servi autem dixerunt ei: Vis, imus et colligemus ea? Et ait: Non, ne forte

colligentes zizania eradicetis simul cum eis et triticum”, Matteo 13:28-29);

oot)v:}a{( je m\ddr¨` glagol+}(. eda kako ¢e dosta¢et) ¢am) ivam). id:te je pa~e k) proda+}iim) i koupite seb: (“ajpekrivqhsande; aiJ frovnimoi levgousai: mhv pote ouj mh; ajrkevsh/ hJmin kai; uJmin:

poreuvesqe mallon pro;" tou;" pwlounta" kai; ajgoravsate eJautai"”,

“responderunt prudentes dicentes: Ne forte non sufficiat nobis et vobis, ite

potius ad vendentes et emite vobis”, Matteo 25:9).

16. Proposizioni temporali

Le proposizioni temporali sono introdotte dalle congiunzioni &&gda,&&gdaje, qqko , &&je, dda , ddo¢||de, ddo¢||deje, ddokol: , oot)¢&lije , ppr:jdedaje, e simili + indicativo: ¢¢e oum¨va+t) bo r\kk) svoih). &gda hl:b)qd(t) (“ouj ga;r nivptontai ta;" ceira", o{tan a[rton ejsqivwsin”, “nonenim lavant manus suas cum panem manducant”, Matteo 15:2); ii &gdajeid:a{e ¢arodi oug¢:taah\\ i (“ejn de; tw`/ uJpavgein aujto;n oiJ o[cloi

sunevpnigon aujtovn”, “et contigit, dum iret, a turbis comprimebatur”, Luca

8:42); ppr:jde daje kokot) ¢e v)æglasit). tri krat¨ ot)vr|je{i s(mme¢e (“pri;n ajlevktora fwnhsai tri;" ajparnhvsh/ me”, “prius quam gallus

cantet, ter me negabis”, Matteo 26:75); ss:dite tou. do¢||deje {|d)pomol+ s( tamo (“kaqivsate aujtou e{w" ou| ajpelqw;n ejkei

Page 254: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo246

proseuvxwmai”, “sedete hic donec vadam illuc et orem”, Matteo 26:36);

ppridet) godi¢a. da v|sqk)i je oubiet) v¨. m|¢it) s( slouj|b\ppri¢ositi bogou (“e[rcetai w{ra i{na pa" oJ ajpokteivna" uJma" dovxh/

latreivan prosfevrein tw`/ Qew`/”, “venit hora, ut omnis, qui interficit vos,

arbitretur obsequium se praestare Deo”, Giovanni 16:2); ii b¨st). qkov)æleje s) ¢¢ima. pri&m) hl:b) blagoslovi (“kai; ejgevneto ejn tw`/

katakliqhnai aujto;n met aujtw`n labw;n to;n a[rton eujlovghsen”, “et

factum est, dum recumberet cum eis, accepit panem et benedixit”, Luca

24:30); tt)gda bo &je i v|æÁ hhl:b) i<da. tou v)sko~i v| ¢|| diqvol)(“kai; ga;r tovte, meta; to; labein th;n prosforavn, ejpephvdhse tw`/ jIouvda/

oJ diavbolo"”, “allora non appena prese il pane Giuda, subito gli si avventò

contro il diavolo”, Suprasliense 421,2).

17. Proposizioni circostanziali implicite

Le proposizioni circostanziali possono essere implicite: si costruiscono

allora con l’infinito, semplice o retto da qqko , dda , oppure con un participio alcaso dativo (dativo assoluto). Questo costrutto, equivalente al genitivo

assoluto del greco, è costituito da un sostantivo o pronome che funge da

soggetto e da un participio che funge da predicato, entrambi declinati al caso

dativo. Il soggetto è per lo più differente da quello della reggente, ma, come in

greco, sono possibili eccezioni a questa norma.

Il dativo assoluto può assumere valore temporale, causale e concessivo.

Le finali implicite sono introdotte da qqko + infinito oppure espresse con ilsupino (dopo i verbi di moto): ss)v(j:te ` v)s¢op¨. qko s)je}i `(“dhvsate aujta; eij" devsma" pro;" to; katakausai aujtav”, “alligate ea in

fasciculos ad comburendum”, Matteo 13:30); ss)v:t) s)tvori{( … qqkooubiti i (“sumbouvlion e[labon … w{ste qanatwsai aujtovn”, “consilium

inierunt … ut eum morti traderent”, Matteo 27:1); ppri{l¨ bo b:{Á qqkojemaslo v|liqti (“kai; ga;r h\san paragenovmenai, w{ste e[laion balein”,“erano giunte infatti a versare unguento”, Suprasliense 445,2); ii id:ah\vv|si k)j|do ¢ap|sat) s( v) svoi grad) (“kai; ejporeuvonto pavnte"

Page 255: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 247

ajpogravfesqai, e{kasto" eij" th;n eJautou povlin”, “et ibant omnes ut

profiterentur singuli in suam civitatem”, Luca 2:3); ss\ppr\gg) volov|¢¨ih)kkoupih) p(t). i gr(d\ iiskousit) ih) (“zeuvgh bow`n hjgovrasa pevnte,kai; poreuvomai dokimavsai aujtav”, “iuga boum emi quinque et eo probare

illa”, Luca 14:19).

Le consecutive implicite sono introdotte da qqko , dda + infinito: ii se tr\ss)velii b¨st) v) moorii. qko pokr¨vati s( korabl< vl|¢ami (“kai; ijdou;seismo;" mevga" ejgevneto ejn th/ qalavssh/, w{ste to; ploion kaluvptesqai

uJpo; tw`n kumavtwn”, “et ecce motus magnus factus est in mari, ita ut navicula

operiretur fluctibus”, Matteo 8:24); ii abi& s)b|ra{( s( m)¢o™i. qkojekk)tomou ¢e v)m:}ati s( ¢i pr:d) dv|r|mi (“kai; sunhvcqhsan polloiv,w{ste mhkevti cwrein mhde; ta; pro;" th;n quvran”, “et convenerunt multi,

ita ut non caperet neque ad ianuam”, Marco 2:2); ii ic:li `. qko ¢arodoudiviti s(. vid(}e ¢¢:m¨` glagol+}( i b:d|¢¨` s)drav¨ i hrom¨`hod(}( i sl:p¨` vid(}( (“kai; ejqeravpeusen aujtouv": w{ste tou;"

o[clou" qaumavsai blevponta" kwfou;" lalounta", kullou;" uJgiei" kai;

kwlou;" peripatounta" kai; tuflou;" blevponta"”, “et curavit eos, ita ut

turbae mirarentur, videntes mutos loquentes, claudos ambulantes, caecos

videntes”, Matteo 15:31); ttolika bo sila b:a{e ou~itelq. da ibl\\d¢ica privl:}i ¢a svo& poslou{a¢ie (“tosauvth ga;r h\n hJ

duvnami" tou didaskavlou, wJ" kai; povrna" ejpispasqai eij" th;n oijkeivan

uJpakohvn”, “tale era la forza del maestro, da costringere anche le prostitute ad

ascoltarlo”, Suprasliense 408, 20-21).

Le temporali, le causali e le concessive implicite sono espresse nella

maggioranza dei casi con un dativo assoluto: ppoæd: je b¨v){i. &gdajeææahojdaa{e sl)¢|ce. pri¢o{aah\ kk) ¢&mou v|s( ¢ed\jj|¢¨` (“ojyiva"de; genomevnh", o{te e[dusen oJ h{lio", e[feron pro;" aujto;n pavnta" tou;"

kakw`" e[conta"”, “vespere autem facto, cum occidisset sol, afferebant ad eum

omnes male habentes”, Marco 1:32); iijdiv){ou je &mou v|sq. b¨st)glad) kr:p)k) ¢a stra¢: toi (“dapanhvsanto" de; aujtou pavnta

ejgevneto limo;" ijscura; kata; th;n cwvran ejkeivnhn”, “et postquam omnia

Page 256: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Il paleoslavo248

consummasset, facta est fames valida in regione illa”, Luca 15:14); ii{|d){oujje &mou v) vrata. ouæ|r: i drougaq (“ejxelqovnta de; eij" to;n pulw`na

ei\den aujto;n a[llh”, “exeunte autem illo ianuam, vidit eum alia”, Matteo

26:71); mm\dd(}ou je je¢ihou. v)ædr:ma{( s( v|s( i s)paah\(“cronivzonto" de; tou numfivou ejnuvstaxan pasai kai; ejkavqeudon”,

“moram autem faciente sponso, dormitaverunt omnes et dormierunt”, Matteo

25:5-6); ii ¢edostav){ou vi¢ou. glagola mati isousova k) ¢&mou. vi¢a¢e im\\t) (“kai; uJsterhvsanto" oi[nou levgei hJ mhvthr tou jIhsou pro;"aujtovn: oi\non oujk e[cousin”, “et deficiente vino, dicit mater Iesu ad eum:

vinum non habent”, Giovanni 2:3); ttolika je æ¢ame¢iq s)tvor|{ou &moupr:d) ¢¢imi. ¢e v:rovaah\\ v)¢| (“tosauta de; aujtou shmeia

pepoihkovto" e[mprosqen aujtw`n oujk ejpivsteuon eij" aujtovn”, “cum autem

tanta signa fecisset coram eis, non credebant in eum”, Giovanni 12:37); iitolikou s\\}<. ¢e protr)je s( mr:ja (“kai; tosouvtwn o[ntwn oujk

ejscivsqh to; divktuon”, “et cum tanti essent, non est scissum rete”, Giovanni

21:11).

Sono possibili anche costruzioni con l’infinito (che si faranno più frequenti

nella storia ulteriore dello slavo ecclesiastico, spesso con la congiunzione &&je,vvo &je, in virtù di una maggiore subalternità al greco)4:– con valore causale: ""ouliq¢ou t)gda pri{ed){ou v) a¢tiohiisk¨i

grad). ¢e bo &&st) c:sarem) togo ¢are{ti. dov|l:&t) bo &moubeæako¢¢ikom) i pr:st\\p|¢ikom) æ)vati i. æa¢¢e æapov:di boji`ppr:st\ppiv){ou &mou koumirom) jr|ti (“Ijoulianou tovte …

paragenomevnou kata; th;n jAntiovcou povlin, ei[ ge basileva crh; ejkeinon

ejponomavsai, ajrkei ga;r aujtw`/ to;n paravnomon kai; parabavthn …

kaleisqai aujto;n, dia; to; ta;" ejntola;" tou qeou parabavnta aujto;n

4 “Gli alti pregi della primitiva traduzione slavo ecclesiastica del Vangelo andaronoprogressivamente diminuendo nel corso della trasmissione del testo: i copisti e i revisori,incuranti del valore letterario ed esegetico della traduzione di Cirillo e Metodio, si sforzarono diconformarla sempre più pedissequamente all’originale greco, spesso sacrificandone le altequalità stilistiche, per ottenere una traduzione letterale”: N. Radovich, Testi del Vangelo inSlavo ecclesiastico antico, Napoli 1964, p. XVI.

Page 257: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Sintassi 249

eijdwvloi" qusai”, “giunto allora Giuliano nella città di Antiochia, infatti non

si deve chiamarlo cesare, basta per lui che lo si dica fuorilegge e apostata,

poiché, infranti i comandamenti divini, sacrificava agli idoli”, Suprasliense

214,1-6);

– con valore finale: ss:d:a{e s) slougami. vid:ti ko¢|~i¢\ (“ejkavqhtometa; tw`n uJphretw`n ijdein to; tevlo"”, “sedebat cum ministris, ut videret

finem”, Matteo 26:58); bb¨st) je oumr:ti ¢i}ou&mou. i ¢ese¢ou b¨tia¢ggel¨ ¢a lo¢o avraaml& (“ejgevneto de; ajpoqanein to;n ptwco;n kai;

ajpenecqhnai aujto;n uJpo; tw`n ajggevlwn eij" to;n kovlpon jAbraavm”,

“factum est autem ut moreretur mendicus et portaretur ab angelis in sinum

Abrahae”, Luca 16:22); oo b¨ti ¢am) hramou. i jili}<. pr:staa–aago emoud––ha. g<oospod><< pomo<llim)s(> (“per essere noi la casa e il tempio del suosanto spirito preghiamo il signore”, Eucologio sinaitico 60a,7).

Page 258: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine
Page 259: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

APPENDICE 1

La normalizzazione

Normalizzare significa riportare ogni singola parola storicamente attestata

dai testi del canone alla sua forma “corretta”. L’esigenza di normalizzare

nasce da motivazioni diverse, scientifiche, didattiche, catalografiche.

Normalizzati devono essere i lemmi di un vocabolario, le forme dei paradigmi,

gli esempi di un manuale. La normalizzazione serve anche a descrivere le

caratteristiche di un manoscritto, ma qui la norma del testo entra in

concorrenza con quella della lingua.

La normalizzazione può essere fondamentalmente di due tipi:

a) glagolizzante, orientata cioè sull’alfabeto glagolitico e sui più antichi

manoscritti del canone;

b) cirillica, cioè orientata sull’alfabeto cirillico e sui manoscritti più recenti.

Sono possibili anche scelte differenti, necessarie a studiosi che hanno a che

fare con le caratteristiche di singoli manoscritti o propongono una propria

ricostruzione del sistema linguistico di una epoca data.

La normalizzazione può riguardare i livelli grafico, fonetico, morfologico.

Per normalizzazione grafica si intende l’uso di uniformare differenti grafie

di uno stesso fonema. Qui la scelta di un tipo di normalizzazione non ha

nessuna rilevanza, i criteri possono essere dettati da considerazioni pratiche,

quali la migliore leggibilità, o tecnici, quali il concreto inventario di caratteri

offerto dal computer.

Qui si sono seguiti i criteri dello Staroslavjanskij slovar’ (po rukopisjam X-

XI vekov), edito a Mosca nel 1994:

Page 260: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 1252

– le diverse rese grafiche di /i/ (ii , "", oppure "" !) si normalizzano come ii (aeccezione del caso in cui il grafema abbia valore di cifra);

– le diverse rese grafiche di /o/ (oo , ww) si normalizzano come oo (a eccezionedel caso in cui il grafema abbia valore di cifra e della interiezione: ww!);– le diverse rese grafiche di /u/ (oou , '' , uu) si normalizzano come oou;– le diverse rese grafiche di /y/ (yy , ¨ , @@, ))i) si normalizzano come ¨ ;– le diverse rese grafiche di /e/ (((, ÁÁ, A) si normalizzano come ((;– le diverse rese grafiche degli jer tesi davanti a i o a jod (ß• e • ) si

normalizzano rispettivamente come ii e ¨ evitando le oscillazioni del tipoaab|& / aabi& ‘subito’, ss)kaæa¢|& / ss)kaæa¢i& ‘racconto’, vv¨i¢\ / vv)i¢\‘sempre’;

– le diverse rese grafiche di /z/ (ææ , zz) si normalizzano come ææ ;– le diverse rese grafiche di / / (™™ , ™™) si normalizzano come ™™ ;– le diverse rese grafiche di /st/ ({{t , }}) si normalizzano come }} .

Per normalizzazione fonetica si intende la restituzione della forma

ortografica e fonetica “ideale”, corrispondente alla norma del canone

paleoslavo:

a) si restituisce la forma etimologicamente corretta di ß e , cioè: si elimina

la confusione di jer molle e jer duro; si ripristinano gli eventuali jer caduti in

posizione debole o vocalizzati in posizione forte; si ripristina la corretta resa

delle sonoranti in funzione sillabica (esempi: dd|jd) , ddojd) > dd)jd)‘pioggia’; {{)d) , {{ed) > {{|d) ‘che è andato’; mm¢og) > mm)¢og) ‘molto’;ppr)v) , pp|rv) > ppr|v) ‘primo’);b) si restituisce la forma etimologicamente corretta di i e y: bbiti ‘battere’,

bb¨ti ‘essere’;c) si restituisce la forma etimologicamente corretta di e e e: iime¢e ‘del

nome’ (G sg), iim:¢i& ‘le proprietà’;d) si restituisce la forma etimologicamente corretta di z e : ææv:r| ‘fiera’,

™™:lo ‘molto’;e) si restituiscono gli esiti corretti delle iodizzazioni: ppr:jde ‘prima’,

hho}\ ‘io voglio’;

Page 261: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

La normalizzazione 253

f) si restituisce la forma etimologicamente corretta delle vocali nasali, sia

nel caso di confusione tra le vocali nasali stesse, sia nel caso di loro

sostituzione con vocali orali; in quanto al loro inventario, se si segue la

normalizzazione glagolizzante, viene usato un sistema grafico a tre elementi

che prevede l’uso di un grafema unico per la vocale nasale anteriore iodizzata

e non iodizzata (glag. M traslitterato con (() e di due grafemi per la resa dellavocale posteriore iodizzata e non iodizzata (glag. q, J traslitterati con \\ ,++); se si segue la normalizzazione cirillica, viene usato un sistema grafico aquattro elementi che prevede l’uso di due grafemi tanto per la vocale nasale

anteriore (non iodizzata e iodizzata: ((, ` oppure I, M) quanto per quella

posteriore (non iodizzata e iodizzata: \\ , ++ oppureq, J).

g) si normalizza l’uso delle vocali iodizzate a seconda del tipo di

normalizzazione prescelto. In glagolitico, e nei manoscritti cirillici

glagolizzanti, non vi è una coerente modalità di individuazione grafematica

della presenza di jod: le uniche vocali “iodizzate” (sulla cui natura fonetica

peraltro esistono opinioni divergenti) sono ju (V) e jo (J). La normalizzazione

dell’uso delle vocali iodizzate può dunque essere diversa se si scelga il tipo

glagolizzante o cirillico.

La normalizzazione glagolizzante opera con un inventario di due vocali

iodizzate (ju, jo):

– u, ju (oou per u, << per 7): in inizio di parola si normalizzano

etimologicamente, ma con concessioni a criteri statistici (ooutro ‘mattina’ etutti i derivati di questa radice che significa ‘presto’, ‘di buon ora’ si

normalizzano con la iniziale non iodizzata; la radice <<¢- ‘giovane’ e tutti isuoi derivati si normalizzano con la iniziale iodizzata); nelle terminazioni la

vocale iodizzata si usa dopo vocale, dopo jod e dopo tutte le consonanti

iodizzate e palatalizzate: ææ¢ame¢i< ‘al segno’, kko¢< ‘al cavallo’, mm\jj<‘all’uomo’, oot|c< ‘al padre’;– o, jo (\\ per q, ++ per J): in inizio di parola si usa esclusivamente la

vocale non iodizzata (eccezione: l’A sg f del pronome anaforico: ++ ‘lei’ e

l’avverbio ++douje, ++d:je ‘dove’); per il resto la vocale iodizzata si usa

Page 262: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 1254

dopo vocale, dopo jod e dopo tutte le consonanti iodizzate e palatalizzate:

mmo+ ‘mia’ (A sg f), gglagol+ ‘io dico’, oou~e¢ic+ ‘allieva’ (A sg f);

– e, je sono indicate in tutte le posizioni con ee, che traslittera e;

– e, je sono indicate in tutte le posizioni con ((, che traslitteraM;

– e, ja sono indicate in tutte le posizioni con :: , che traslittera A.

La normalizzazione orientata sul cirillico opera con un inventario di cinque

vocali iodizzate (qq, &&, `, ++ , <<):– u, ju (oou , <<): in inizio di parola si normalizzano etimologicamente, ma

con concessioni ai criteri statistici di cui si è detto. Per il resto, la

normalizzazione cirillica può accogliere o meno il progressivo indurimento

delle palatali con conseguente arretramento di ju: la vocale iodizzata,

obbligatoria dopo vocale, dopo jod e dopo consonante liquida, nasale o labiale

iodizzata (r’, l’, n’, ml’, pl’, bl’, vl’), non è sempre utilizzata anche dopo le

restanti consonanti palatali: ~~oudo e ~~<do ‘miracolo’. Nelle terminazioni:ææ¢ame¢i< ‘al segno’, kko¢< ‘al cavallo’, mm\jj< o mm\jjou ‘all’uomo’, oot|c< ooot|cou ‘al padre’.– o, jo (\\ , ++): in inizio di parola si usa esclusivamente la vocale non

iodizzata con le eccezioni di cui si è detto; per il resto la vocale iodizzata si usa

dopo vocale, dopo jod e dopo consonante liquida, nasale o labiale iodizzata

(r’, l’, n’, ml’, pl’, bl’, vl’): mmo+ ‘mia’ (A sg f), gglagol+ ‘io dico’, mentre

dopo le altre palatali la normalizzazione cirillica può accogliere la vocale non

iodizzata: dd:vic+ e dd:vic\ ‘fanciulla’ (A sg f);– e, je (ee, &&): si usa la vocale non iodizzata dopo consonante (escluse le

liquide, nasali e labiali iodizzate); si usa la vocale iodizzata dopo silenzio,

dopo vocale, dopo jod e dopo le liquide, nasali e labiali iodizzate: r’, l’, n’,

ml’, pl’, bl’, vl’ (fanno eccezione i prestiti, per esempio eeva¢geeli& ‘vangelo’ ealcune poche parole slave: eeda ‘se’, eei ‘sì’, eese ‘ecco’, eeter) ‘un tale’);– e, je (((, `): si usa la vocale non iodizzata dopo consonante (escluse le

palatali nate dalla jodizzazione di liquide, nasali e labiali); si usa la vocale

iodizzata dopo silenzio, dopo vocale, dopo jod e dopo le liquide, nasali e

labiali iodizzate (r’, l’, n’, ml’, pl’, bl’, vl’).

Page 263: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

La normalizzazione 255

– e, ja (:: , qq): mentre il sistema grafico del glagolitico rispecchia la totaleomofonia di *e- in tutte le posizioni, indicando questo suono con il grafema A

(cirillico ::), la normalizzazione cirillica utilizza :: per indicare *e- e *e-2 dopoconsonante dura e dopo c’, ’, z’, s’ frutto della II e della III palatalizzazione,

qq per indicare *e- dopo vocale, dopo silenzio, dopo jod e dopo le consonantipalatali, aa (ma anche qq) per indicare *e- dopo c’, z’, s’, st’, zd’: vv:d:ti‘sapere’, cc:¢a ‘prezzo’, qqd| ‘cibo’, ssl¨{ati e ssl¨{qti ‘ascoltare’:

norm. glag litica norm. cirillicae- dopo consonante v:d:ti ‘sapere’ v:d:tie- dopo c’, ’, z’, s’ (II e III pal.) c:¢a ‘prezzo’ c:¢ae- dopo c’, z’, s’, st’, zd’ kri~:ti ‘gridare’ kri~ati

kkri~qtie- dopo j,r’, l’, n’, ml’, pl’, bl’, vl’

bo:ti s(‘temere’ppomy{l:a{ete ‘pensavate’(2ª pl. impf.)

boqti s(ppomy{lqa{ete

e- dopo silenzio :d| ‘cibo’ qd|e- dopo vocale kr¨:ah) ‘coprivo’ (1ª sg impf.) kr¨qah)

– a, ja (aa, qq): mentre il sistema grafico del glagolitico rispecchia lametafonizzazione di *a- dopo jod (anche protetico) e dopo consonante palatale,

indicando questo suono con il grafema A (cirillico ::), la normalizzazionecirillica utilizza aa per indicare *a- dopo vocale, dopo silenzio (con rarissimeeccezioni1) e dopo consonante non palatale, qq per indicare *a- dopo jod e dopole liquide, nasali e labiali iodizzate. Dopo le altre consonanti palatali (c’, ’, z’,

s’, c’, z’, s’, st’, zd’) la normalizzazione cirillica accoglie preferibilmente la

vocale non iodizzata:

1 In quanto alla oscillazione tra a e ja in inizio di parola, poiché si tratta dellosviluppo non conseguente di jod protetico davanti a *a- etimologica iniziale di parola,la normalizzazione si avvale di criteri statistici: una parola che in paleoslavo sia

presente più spesso senza lo jod protetico viene normalizzata con la iniziale nonjodizzata (esempio: aaæ) ‘io’), una parola che in paleoslavo sia presente più spesso conlo jod protetico viene normalizzata con la iniziale jodizzata (esempio: qqko ‘come’),ovvero :: in normalizzazione glagolizzante, qq in normalizzazione cirillica.

Page 264: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 1256

norm. glag litica norm. cirillicaa- dopo consonante ¢oga ‘gamba’ ¢ogaa- dopo c’, ’, z’, s’ (III pal.) d:vic: ‘fanciulla’

oot|c: ‘del padre’ (G sg m)kk)¢(™: ‘del principe’ (G sg m)

d:vica (-ccq)oot|ca (-ccq)kk)¢(™a (-™™q)

a- dopo c’, z’, s’, st’, zd’ m|{: ‘messa’ m|{a (-{{q)a- dopo jr’, l’, n’, ml’, pl’, bl’, vl’

mo: ‘mia’vvol: ‘libertà’

moqvvolq

a- dopo silenzio ak¨ ‘come se’::ko ‘come’

ak¨qqko

a- dopo vocale kaæaah)) ‘dicevo’ (1ª sg impf.) kaæaah)

Volendo indicare la presenza di jod, la normalizzazione di tipo

glagolizzante può ricorrere all’archetto, usato anche nella normalizzazione di

tipo cirillico davanti a i e davanti a ß:

norm. glagolitica norm. cirillicavolja ‘libertà’ voll: volqmorje ‘mare’ morre mor&zemlje ‘della terra’ æemll( æeml`konjß ‘cavallo’ ko¢¢| ko¢¢|bogynji ‘dea’ bog¨¢¢i bog¨¢¢i

Un capitolo particolare nel discorso sulla normalizzazione spetta ai prestiti.

Le parole di origine non slava presentano spesso varianti di carattere grafico

(generate dalla possibilità di scegliere diverse rese grafiche) o di carattere

fonetico (generate dalla diversa modalità del prestito, per via orale, con

conseguente adattamento, o per via scritta, nel caso di prestiti dotti). Nel

normalizzare si sceglierà la variante che si incontra con maggior frequenza nei

manoscritti:

– alla lettera greca q (theta) possono corrispondere i grafemi slavi tt ,normativo per esempio in aati¢¨ ‘Atene’, oppure ## , normativo in aa#i¢ei‘ateniese’;

– alla lettera greca f (phita) possono corrispondere i grafemi slavi pp, vv, ff(normativi per esempio in kkaper)¢aoum) ‘Cafarnao’, pprosvora ‘ostia’,

rrafail) ‘Raffaele’);

Page 265: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

La normalizzazione 257

– alla lettera greca u (üpsilon) possono corrispondere i grafemi cirillici ££ ,oou , << , vv, ii , di cui << è l’unico soggetto a regolare normalizzazione (<< > ££ :kk<pr) > kk££pr) ‘Cipro’). Gli altri sono normativi per esempio in vv£sso¢)‘bisso’, ttoum|pa¢) ‘timpano’, eeva¢geeli& ‘evangelo’, mm£ra ‘mirra’, mmiro¢)‘Mirone’. Va osservato che già il grafema greco si riferisce a una realtà

fonetica complessa: in aderenza alle norme ortoepiche del greco bizantino

üpsilon si pronuncia [i] per itacismo quando è vocale, ma suona come u‡

dentalizzato [v] nei dittonghi.

– alla lettera greca y (psi) possono corrispondere il grafema $$ o il

digramma pps, che verrà preferito nella normalizzazione;– alla lettera greca x (ksi) possono corrispondere il grafema ¶¶ o il digramma

kks, che verrà preferito nella normalizzazione.Ci sono casi in cui la forma accepita è unica:

– si normalizzano le diverse rese grafiche delle velari in posizione davanti a

vocale anteriore (kk , kk , gg , gg nei manoscritti cirillici, il grafema †† , introdotto

dallo studioso Jagic come traslitterazione del glagolitico Q, nelle moderne

edizioni di manoscritti glagolitici) in kk , gg (kkesar|| > kkesarr| ‘cesare’,

eeva¢|†eeli& > eeva¢geeli& ‘evangelo’. Le grafie ggg , ggk , che corrispondono algreco gg, gk, sono normalizzate in ¢¢g , ¢¢k: aa¢geel) ‘angelo’, aa¢k£ra ‘áncora’;– si normalizza in posizione iniziale di parola ee: eepiskoup) ‘episcopo’;– si normalizza in posizione finale di parola la forma -eei: ffarisei (e non

ffaris:i) ‘fariseo’.Per ciò che riguarda le forme “adattate”, cioè i prestiti in cui l’inserimento

di vocali (in genere ß, ) scioglie gruppi consonantici impropri alla fonetica

slava, esse vengono accolte e considerate normative qualora maggioritarie (per

esempio ppsal)m) , ‘salmo’, ma non pp)s)l)m)).

Infine, la normalizzazione morfologica opera con criteri differenti a

seconda delle finalità che si propone, ripristinando le forme paradigmatiche, o

eliminando errori e incongruenze all’interno della norma ricostruita per un

dato testo.

Page 266: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine
Page 267: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 1. Temi in *a-: sostantivi femminili

N G D A L S V

je¢a je¢¨ je¢: je¢\ je¢: je¢o+ je¢o

æemlq æeml` æeml∞i æeml+ æeml∞i æeml&+ æeml&

dou{a dou{( dou{i dou{\ dou{i dou{e+ dou{e

NA GL DS

je¢: je¢ou je¢ama

æeml∞i æeml< æemlqma

dou{i dou{ou dou{ama

N G D A L S

je¢¨ je¢) je¢am) je¢¨ je¢ah) je¢ami

æeml` æeml∞| æemlqm) æeml` æemlqh) æemlqmi

dou{( dou{| dou{am) dou{( dou{ah) dou{ami

N G D A L S V

bog¨¢∞i bog¨¢` bog¨¢∞i bog¨¢+ bog¨¢∞i bog¨¢e+ bog¨¢&

æmiq æmi` æmii æmi+ æmii æmi&+ æmi&

ml)¢i(i) ml)¢i` ml)¢ii ml)¢i+ ml)¢ii ml)¢e+ ml)¢i&

NA GL DS

bog¨¢∞i bog¨¢< bog¨¢qma

æmii æmi< æmiqma

ml)¢ii ml)¢i< ml)¢iqma

N G D A L S

bog¨¢` bog¨¢∞| bog¨¢qm) bog¨¢` bog¨¢qh) bog¨¢qmi

æmi` æmii æmiqm) æmi` æmiqh) æmiqmi

ml)¢i` ml)¢ii ml)¢iqm) ml)¢i` ml)¢iqh) ml)¢iqmi

Page 268: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 260

2. Temi in *a-: sostantivi maschili

N G D A L S V

vo&voda vo&vod¨ vo&vod: vo&vod\ vo&vod: vo&vodo+ vo&vodo

qd|ca qd|c( qd|ci qd|c\ qd|ci qd|ce+ qd|ce

s\dii s\di` s\dii s\di+ s\dii s\die+ s\di&

NA GL DS

vo&vod: vo&vodou vo&vodama

qd|ci qd|cou qd|cama

s\dii s\di< s\diqma

N G D A L S

vo&vod¨ vo&vod) vo&vodam) vo&vod¨ vo&vodah) vo&vodami

qd|c( qd|c| qd|cam) qd|c( qd|dcah) qd|cami

s\di` s\dii s\diqm) s\di` s\diqh) s\diqmi

3. Temi in *o-: sostantivi maschili

N G D A L S V

rab) raba rabou rab) rab: rabom| rabe

ko¢∞| ko¢q ko¢< ko¢∞| ko¢∞i ko¢&m| ko¢<

m\j| m\ja m\jou m\j| m\ji m\jem| m\jou

jr:bii jr:biq jr:bi< jr:bii jr:bii jr:bi&m| jr:bi<

NA GL DS

raba rabou raboma

ko¢q ko¢< ko¢&ma

m\ja m\jou m\jema

jr:biq jr:bi< jr:bi&ma

N G D A L S

rabi rab) rabom) rab¨ rab:h) rab¨

ko¢∞i ko¢∞| ko¢&m) ko¢` ko¢∞ih) ko¢∞i

m\ji m\j| m\jem) m\j\ m\jih) m\ji

jr:bii jr:bii jr:bi&m) jr:bi` jr:biih) jr:bii

Page 269: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 261

4. Temi in *o-: sostantivi neutri

N G D A L S

l:to l:ta l:tou l:to l:t: l:tom|

pol& polq pol< pol& pol∞i pol&m|

s)¢|mi}e s)¢|mi}a s)¢|mi}ou s)¢|mi}e s)¢|mi}i s)¢|mi}em|

æ¢ame¢i& æ¢ame¢iq æ¢ame¢i< æ¢ame¢i& æ¢ame¢ii æ¢ame¢i&m|

NA GL DS

l:t: l:tou l:toma

pol∞i pol< pol&ma

s)¢|mi}i s)¢|mi}ou s)¢|mi}ema

æ¢ame¢ii æ¢ame¢i< æ¢ame¢i&ma

N G D A L S

l:ta l:t) l:tom) l:ta l:t:h) l:t¨

polq pol∞| pol&m) polq pol∞ih) pol∞i

s)¢|mi}a s)¢|mi}| s)¢|mi}em) s)¢|mi}a s)¢|mi}ih) s)¢|mi}i

æ¢ame¢iq æ¢ame¢ii æ¢ame¢i&m) æ¢ame¢iq æ¢ame¢iih) æ¢ame¢ii

5. Temi in *u: sostantivi maschili

N G D A L S V

s¨¢) s¨¢ou s¨¢ovi s¨¢) s¨¢ou *s¨¢)m| (s¨¢om|) s¨¢ou

dom) domou domovi dom) domou

pol) polou polou

NA GL DS

s¨¢¨ s¨¢ovou s¨¢)ma

pol¨ pol)ma

N G D A L S

s¨¢ove s¨¢ov) *s¨¢)m) (s¨¢om)) s¨¢¨ *s¨¢)h) (s¨¢oh)) s¨¢)mi

domov)

Page 270: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 262

6. Temi in *ı: sostantivi maschili e femminili

N G D A L S V

p\t| p\ti p\ti p\t| p\ti p\t|m| p\ti

kost| kosti kosti kost| kosti kosti+ kosti

NA GL DS

p\ti p\ti< p\t|ma

kosti kosti< kost|ma

N G D A L S

p\ti& p\tii p\t|m) p\ti p\t|h) p\t|mi

l<di& l<dii l<d|m) l<di l<d|h) l<d|mi

kosti kostii kost|m) kosti kost|h) kost|mi

7. Temi in *n (sostantivi maschili e neutri) e in *nt (sostantivi neutri)

N G D A L S

kam¨ kame¢e kame¢i kame¢| kame¢e kame¢|m|

vr:m( vr:me¢e vr:me¢i vr:m( vr:me¢e vr:me¢|m|

otro~( otro~(te otro~(ti otro~( otro~(te otro~(t|m|

NA GL DS

kame¢i kame¢ou kame¢|ma

vr:me¢: vr:me¢ou vr:me¢|ma

otro~(t: otro~(tou otro~(t|ma

N G D A L S

kame¢e kame¢) kame¢|m) kame¢i kame¢|h) kame¢|mi

vr:me¢a vr:me¢) vr:me¢|m) vr:me¢a vr:me¢|h) vr:me¢¨

otro~(ta otro~(t) otro~(t|m) otro~(ta otro~(t|h) otro~(t¨

Page 271: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 263

8. Temi in *s (sostantivi neutri), in *r e in *u- (sostantivi femminili) NV

G D A L S

slovo slovese slovesi slovo slovese sloves|m|

mati matere materi mater| materi materi+

svekr¨ svekr)ve svekr)vi svekr)v| svekr)ve svekr)vi+

NA GL DS

sloves: slovesou sloves|ma

*materi *materou *mater|ma

svekr)vi svekr)vou svekr)vama

N G D A L S

slovesa sloves) sloves|m) slovesa sloves|h) sloves¨

materi mater) mater|m) materi mater|h) mater|mi

svekr)vi svekr)v) svekr)vam) svekr)vi svekr)vah) svekr)vami

9. Aggettivi possessivi

m n f N

G D A L S

moi mo&go mo&mou moi mo&m| moim|

mo& mo&go mo&mou mo& mo&m| moim|

moq mo&` mo&i mo+ mo&i mo&+

NA GL DS

moq mo&< moima

moi mo&< moima

moi mo&< moima

N G D A L S

moi moih) moim) mo` moih) moimi

moq moih) moim) moq moih) moimi

mo` moih) moim) mo` moih) moimi

Page 272: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 264

m n f N

G D A L S

¢a{| ¢a{ego ¢a{emou ¢a{| ¢a{em| ¢a{im|

¢a{e ¢a{ego ¢a{emou ¢a{e ¢a{em| ¢a{im|

¢a{a ¢a{e` ¢a{ei ¢a{\ ¢a{ei ¢a{e+

NA GL DS

¢a{a ¢a{e< ¢a{ima

¢a{i ¢a{e< ¢a{ima

¢a{i ¢a{e< ¢a{ima

N G D A L S

¢a{i ¢a{ih) ¢a{im) ¢a{( ¢a{ih) ¢a{imi

¢a{a ¢a{ih) ¢a{im) ¢a{a ¢a{ih) ¢a{imi

¢a{( ¢a{ih) ¢a{im) ¢a{( ¢a{ih) ¢a{imi

10. Aggettivi di grado comparativo

maschile maschile di forma lunga N

G D A L S

bol∞ii bol∞|{a bol∞|{ou bol∞ii bol∞|{i bol∞|{em|

bol∞ii bol∞|{a&go bol∞|{ou&mou bol∞ii bol∞|{iim| bol∞|{iim|

NA GL DS

bol∞|{a bol∞|{ou bol∞|{ema

bol∞|{aq bol∞|{ou< bol∞|{iima

N G D A L S

bol∞|{e bol∞|{| bol∞|{em) bol∞|{( bol∞|{ih) bol∞|{i

bol∞|{ei bol∞|{iih) bol∞|{iim) bol∞|{(` bol∞|{iih) bol∞|{iimi

Page 273: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 265

neutro neutro di forma lunga N

G D A L S

bol& bol∞|{a bol∞|{ou bol& bol∞|{i bol∞|{em|

bol&& bol∞|{a&go bol∞|{ou&mou bol&& bol∞|{iim| bol∞|{iim|

NA GL DS

bol∞|{i bol∞|{ou bol∞|{ema

bol∞|{ii bol∞|{ou< bol∞|{iima

N G D A L S

bol∞|{a bol∞|{| bol∞|{em) bol∞|{a bol∞|{ih) bol∞|{i

bol∞|{aq bol∞|{iih) bol∞|{iim) bol∞|{aq bol∞|{iih) bol∞|{iimi

femminile femminile di forma lunga N

G D A L S

bol∞|{i bol∞|{( bol∞|{i bol∞|{\ bol∞|{i bol∞|{e+

bol∞|{iq bol∞|{(` bol∞|{ii bol∞|{\+ bol∞|{ii bol∞|{e+

NA GL DS

bol∞|{i bol∞|{ou bol∞|{ama

bol∞|{ii bol∞|{ou< bol∞|{iima

N G D A L S

bol∞|{( bol∞|{| bol∞|{am) bol∞|{( bol∞|{ah) bol∞|{ami

bol∞|{(` bol∞|{iih) bol∞|{iim) bol∞|{(` bol∞|{iih) bol∞|{iimi

Page 274: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 266

11. Coniugazione dei verbi atematici: b¨ti e v:d:ti infinito b¨ti v:d:ti

sg 1ª 2ª 3ª

&sm| &si &st)

v:m| v:si v:st)

presente du 1ª 2ª 3

&sv: &sta &ste

v:v: v:sta v:ste

pl 1ª 2ª 3ª

&sm) &ste s\t)

v:sm) v:ste v:d(t)

sg 1ª 2ª 3ª

b\d\ b\de{i b\det)

futuro du 1ª 2ª 3

b\dev: b\deta b\dete

pl 1ª 2ª 3ª

b\dem) b\dete b\d\t)

sg 1ª 2ª 3ª

b\di b\di

v:jd| v:jd|

imperativo du 1ª 2ª 3

b\d:v: b\d:ta

v:div: v:dita

pl 1ª 2ª 3ª

b\d:m) b\d:te

v:dim) v:dite

participio pres. attivo m n f

s¨ s¨ s\}i

v:d¨ v:d¨ v:d\}i

Page 275: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 267

infinito b¨ti v:d:ti

participio pres. passivo m n f

v:dom) e v:dim) v:domo e v:dimo v:doma e v:dima

sg 1ª 2ª 3ª

b¨h) b¨ / b¨st) b¨ / b¨st)

v:d:h) v:d: v:d:

aoristo du 1ª 2ª 3

b¨hov: b¨sta b¨ste

v:d:hov: v:d:sta v:d:ste

pl 1ª 2ª 3ª

b¨hom) b¨ste b¨{(

v:d:hom) v:d:ste v:d:{(

sg 1ª 2ª 3ª

b:h) b: b: / b:a{e

v:d:ah) v:d:a{e v:d:a{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

b:hov: b:sta b:ste / b:a{ete

v:d:ahov: v:d:a{eta v:d:a{ete

pl 1ª 2ª 3ª

b:hom) b:ste b:{( / b:ah\

v:d:ahom) v:d:a{ete v:d:ah\

condizionale sg 1ª 2ª 3ª

bim) / bih) bi bi

pl 1ª 2ª 3ª

bim) / bihom) biste b\ / bi{(

participio pass. attivo m n f

b¨v) b¨v) b¨v){i

v:d:v) v:d:v) v:d:v){i

participio perfetto b¨l) , -o , -a v:d:l) , -o , -a participio pass. passivo v:d:¢) , -o, -a supino v:d:t)

Page 276: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 268

12. Coniugazione dei verbi atematici: dati , qsti e im:ti infinito dati qsti im:ti

sg 1ª 2ª 3ª

dam| dasi dast)

qm| qsi qst)

imam| ima{i imat)

presente du 1ª 2ª 3

dav: dasta daste

qv: qsta qste

imav: imata imate

pl 1ª 2ª 3ª

dam) daste dad(t)

qm) qste qd(t)

imam) imate im\t)

sg 1ª 2ª 3ª

presente con valore di futuro

du 1ª 2ª 3

pl 1ª 2ª 3ª

sg 1ª 2ª 3ª

dajd| dajd|

qjd| qjd|

im:i im:i

imperativo du 1ª 2ª 3

dadiv: dadita

qdiv: qdita

im:iv: im:ita

pl 1ª 2ª 3ª

dadim) dadite

qdim) qdite

im:im) im:ite

participio presente attivo

m n f

dad¨ dad¨ dad\}i

qd¨ qd¨ qd\}i

im¨ / im:` im¨ / im:` im\}i / im:+}i

participio presente passivo

qdom) e qdim) , -o , -a

Page 277: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 269

infinito dati qsti im:ti

sg 1ª 2ª 3ª

dah) da / dast) da / dast)

qs) / qh) q / qst) q / qst)

im:h) im: im:

aoristo du 1ª 2ª 3

dahov: dasta daste

qsov: / qhov: qsta qste

im:hov: im:sta im:ste

pl 1ª 2ª 3ª

dahom) daste da{(

qsom) / qhom) qste qs( / q{(

im:hom) im:ste im:{(

sg 1ª 2ª 3ª

dad:ah) dad:a{e dad:a{e

qd:ah) qd:a{e qd:a{e

im:ah) im:a{e im:a{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

dad:ahov: dad:a{eta dad:a{ete

qd:ahov: qd:a{eta qd:a{ete

im:ahov: im:a{eta im:a{ete

pl 1ª 2ª 3ª

dad:ahom) dad:a{ete dad:ah\

qd:ahom) qd:a{ete qd:ah\

im:ahom) im:a{ete im:ah\

condizionale sg 1ª 2ª 3ª

pl 1ª 2ª 3ª

participio passato attivo

m n f

dav) dav) dav){i

qd) qd) qd){i

im:v) im:v) im:v){i

participio perfetto m n f

dal) , -o , -a ql) , -o , -a im:l) , -o , -a participio presente passivo m n f

da¢), -o , -a qde¢), -o , -a supino dat) qst) im:t)

Page 278: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 270

13. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -e-: vesti , mo}i (re}i) e p(ti infinito vesti mo}i (re}i) p(ti

sg 1ª 2ª 3ª

ved\ vede{i vedet)

mog\ moje{i mojet)

p|¢\ p|¢e{i p|¢et)

presente du 1ª 2ª 3

vedev: vedeta vedete

mojev: mojeta mojete

p|¢ev: p|¢eta p|¢ete

pl 1ª 2ª 3ª

vedem) vedete ved\t)

mojem) mojete mog\t)

p|¢em) p|¢ete p|¢\t)

sg 1ª 2ª 3ª

vedi vedi

mo™i mo™i

p|¢i p|¢i

imperativo du 1ª 2ª 3

ved:v: ved:ta

mo™:v: mo™:ta

p|¢:v: p|¢:ta

pl 1ª 2ª 3ª

ved:m) ved:te

mo™:m) mo™:te

p|¢:m) p|¢:te

participio presente attivo

m n f

ved¨ ved¨ ved\}i

mog¨ mog¨ mog\}i

p|¢¨ p|¢¨ p|¢\}i

participio presente passivo

m n f

vedom) vedomo vedoma

(rekom) rekomo rekoma)

p|¢om) p|¢omo p|¢oma

sg 1ª 2ª 3ª

ved) ved) vede

mog) moje moje

aoristo asigmatico

du 1ª 2ª 3ª

vedov: vedeta vedete

mogov: mojeta mojete

pl 1ª 2ª 3ª

vedom) vedete ved\

mogom) mojete mog\

Page 279: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 271

infinito vesti mo}i (re}i) p(ti

sg 1ª 2ª 3ª

v:s) [vede] [vede]

r:h) [re~e] [re~e]

p(s)** p( p(

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3

v:sov: v:sta v:ste

r:hov: r:sta r:ste

p(sov: p(sta p(ste

pl 1ª 2ª 3ª

v:som) v:ste v:s(

r:hom) r:ste r:{(

p(som) p(ste p(s(

sg 1ª 2ª 3ª

vedoh) [vede] [vede]

mogoh) [moje] [moje]

aoristo sigmatico II

du 1ª 2ª 3

vedohov: vedosta vedoste

mogohov: mogosta mogoste

pl 1ª 2ª 3ª

vedohom) vedoste vedo{(

mogohom) mogoste mogo{(

sg 1ª 2ª 3ª

ved:ah) ved:a{e ved:a{e

mojaah) mojaa{e mojaa{e

p|¢:ah) p|¢:a{e p|¢:a{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

ved:ahov: ved:a{eta ved:a{ete

mojaahov: mojaa{eta mojaa{ete

p|¢:ahov: p|¢:a{eta p|¢:a{ete

pl 1ª 2ª 3ª

ved:ahom) ved:a{ete ved:ah\

mojaahom) mojaa{ete mojaah\

p|¢:ahom) p|¢:a{ete p|¢:ah\

participio passato attivo

m n f

ved) ved) ved){i

mog) mog) mog){i

p|¢) p|¢) p|¢){i

participio perfetto m n f vel), -o , -a mogl) , -o , -a p(l) , -o , -a participio pass.ato passivo m n f

vede¢), -o , -a

(re~e¢) , -o , -a)

p(t) , -o , -a

supino vest) mo}| p(t) * con semplificazione del nesso consonantico [dz] > [z]: moæi eccetera. ** con trasformazione della fricativa dentale [s] > [x]: p(h) , p(hov: , p(hom) , p({(.

Page 280: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 272

14. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -e-: mr:ti (tr|ti), plouti e æ)vati

infinito mr:ti

(tr|ti) plouti æ)vati

sg 1ª 2ª 3ª

m|r\ m|re{i m|ret)

plov\ plove{i plovet)

æov\ æove{i æovet)

presente du 1ª 2ª 3

m|rev: m|reta m|rete

plovev: ploveta plovete

æovev: æoveta æovete

pl 1ª 2ª 3ª

m|rem) m|rete m|r\t)

plovem) plovete plov\t)

æovem) æovete æov\t)

sg 1ª 2ª 3ª

m|ri m|ri

plovi plovi

æovi æovi

imperativo du 1ª 2ª 3

m|r:v: m|t:ta

plov:v: plov:ta

æov:v: æov:ta

pl 1ª 2ª 3ª

m|r:m) m|r:te

plov:m) plov:te

æov:m) æov:te

participio presente attivo

m n f

m|r¨ m|r¨ m|r\}i

plov¨ plov¨ plov\}i

æov¨ æov¨ æov\}i

participio presente passivo

m n f

(t|rom) t|romo t|roma)

æovom) æovomo æovoma

sg 1ª 2ª 3ª

(ot|re)

aoristo asigmatico

du 1ª 2ª 3ª

pl 1ª 2ª 3ª

Page 281: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 273

infinito mr:ti

(tr|ti) plouti æ)vati

sg 1ª 2ª 3ª

mr:h) mr: mr:

plouh) plou plou

æ)vah) æ)va æ)va

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3

mr:hov: mr:sta mr:ste

plouhov: plousta plouste

æ)vahov: æ)vasta æ)vaste

pl 1ª 2ª 3ª

mr:hom) mr:ste mr:{(

plouhom) plouste plou{(

æ)vahom) æ)vaste æ)va{(

sg 1ª 2ª 3ª

aoristo sigmatico II

du 1ª 2ª 3

pl 1ª 2ª 3ª

sg 1ª 2ª 3ª

m|r:ah) m|r:a{e m|r:a{e

plov:ah) plov:a{e plov:a{e

æ)vaah) æ)vaa{e æ)vaa{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

m|r:ahov: m|r:a{eta m|r:a{ete

plov:ahov: plov:a{eta plov:a{ete

æ)vaahov: æ)vaa{eta æ)vaa{ete

pl 1ª 2ª 3ª

m|r:ahom) m|r:a{ete m|r:ah\

plov:ahom) plov:a{ete plov:ah\

æ)vaahom) æ)vaa{ete æ)vaah\

participio passato attivo

m n f

m|r) m|r) m|r){i

plouv) plouv) plouv){i

æ)vav) æ)vav) æ)vav){i

participio perfetto m n f

mr|l) ,-o , -a ploul) , -o , -a æ|val), -o , -a

participio pass. passivo m n f

t|re¢) / tr|t) , -o , -a

plove¢) , -o , -a æ)va¢) , -o, -a

supino mr:t) plout) æ)vat)

Page 282: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 274

15. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -ne-: dvig¢\ti (kos¢\ti), mi¢\ti (ri¢\ti) e stati

infinito dvig¢\ti (kos¢\ti)

mi¢\ti (ri¢\ti) stati

sg 1ª 2ª 3ª

dvig¢\ dvig¢e{i dvig¢et)

mi¢\ mi¢e{i mi¢et)

sta¢\ sta¢e{i sta¢et)

presente du 1ª 2ª 3

dvig¢ev: dvig¢eta dvig¢ete

mi¢ev: mi¢eta mi¢ete

sta¢ev: sta¢eta sta¢ete

pl 1ª 2ª 3ª

dvig¢em) dvig¢ete dvig¢\t)

mi¢em) mi¢ete mi¢\t)

sta¢em) sta¢ete sta¢\t)

sg 1ª 2ª 3ª

dvig¢i dvig¢i

mi¢i mi¢i

sta¢i sta¢i

imperativo du 1ª 2ª 3

dvig¢:v: dvig¢:ta

mi¢:v: mi¢:ta

sta¢:v: sta¢:ta

pl 1ª 2ª 3ª

dvig¢:m) dvig¢:te

mi¢:m) mi¢:te

sta¢:m) sta¢:te

participio presente attivo

m n f

dvig¢¨ dvig¢¨ dvig¢\}i

mi¢¨ mi¢¨ mi¢\}i

sta¢¨ sta¢¨ sta¢\}i

participio presente passivo m n f

(¢eistr|g¢om) , -o , -a)

sg 1ª 2ª 3ª

dvig) dvije dvije

aoristo asigmatico

du 1ª 2ª 3ª

dvigov: dvijeta dvijete

pl 1ª 2ª 3ª

dvigom) dvijete dvig\

Page 283: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 275

infinito dvig¢\ti (kos¢\ti)

mi¢\ti (ri¢\ti) stati

sg 1ª 2ª 3ª

(kos¢\h) [kos¢\] [kos¢\]

mi¢\h) [mi¢\] [mi¢\]

stah) [sta] [sta]

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3

kos¢\hov: kos¢\sta kos¢\ste

mi¢\hov: mi¢\sta mi¢\ste

stahov: stasta staste

pl 1ª 2ª 3ª

kos¢\hom) kos¢\ste kos¢\{()

mi¢\hom) mi¢\ste mi¢\{(

stahov: staste sta{(

sg 1ª 2ª 3ª

dvigoh) [dvije] [dvije]

aoristo sigmatico II

du 1ª 2ª 3

dvigohov: dvigosta dvigoste

pl 1ª 2ª 3ª

dvigohom) dvigoste dvigo{(

sg 1ª 2ª 3ª

-dvig¢:ah) -dvig¢:a{e -dvig¢:a{e

(ri¢:ah) ri¢:a{e ri¢:a{e

-sta¢:ah) -sta¢:a{e -sta¢:a{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

-dvig¢:ahov: -dvig¢:a{eta -dvig¢:a{ete

ri¢:ahov: ri¢:a{eta ri¢:a{ete

-sta¢:ahov: -sta¢:a{eta -sta¢:a{ete

pl 1ª 2ª 3ª

-dvig¢:ahom) -dvig¢:a{ete -dvig¢:ah\

ri¢:ahom) ri¢:a{ete ri¢:ah\)

-sta¢:ahom) -sta¢:a{ete -sta¢:ah\

participio passato attivo

m n f

dvig) dvig) dvig){i

mi¢\v) mi¢\v) mi¢\v){i

stav) stav) stav){i

participio perfetto m n f dvigl) , -o, -a mi¢\l) , -o , -a stal) , -o , -a

participio passato passivo m n f

dvig¢ove¢) e dvije¢) , -o , -a

supino stat)

Page 284: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 276

16. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -je-: æ¢ati, brati (klati) e ml:ti

infinito æ¢ati brati (klati) ml:ti

sg 1ª 2ª 3ª

æ¢a+ æ¢a&{i æ¢a&t)

bor+ bor&{i bor&t)

mel+ mel&{i mel&t)

presente du 1ª 2ª 3

æ¢a&v: æ¢a&ta æ¢a&te

bor&v: bor&ta bor&te

mel&v: mel&ta mel&te

pl 1ª 2ª 3ª

æ¢a&m) æ¢a&te æ¢a+t)

bor&m) bor&te bor+t)

mel&m) mel&te mel+t)

sg 1ª 2ª 3ª

æ¢ai æ¢ai

bor∞i bor∞i

mel∞i mel∞i

imperativo du 1ª 2ª 3

æ¢aiv: æ¢aita

bor∞iv: bor∞ita

mel∞iv: mel∞ita

pl 1ª 2ª 3ª

æ¢aim) æ¢aite

bor∞im) bor∞ite

mel∞im) mel∞ite

participio presente attivo

m n f

æ¢a` æ¢a` æ¢a+}i

bor` bor` bor+}i

mel` mel` mel+}i

participio presente passivo m n f

æ¢a&m), -o , -a

(kol&m) , -o , -a)

mel&m) , -o , -a

sg 1ª 2ª 3ª

æ¢ah) æ¢a æ¢a

brah) bra bra

ml:h) ml: ml:

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3ª

æ¢ahov: æ¢asta æ¢aste

brahov: brasta braste

ml:hov: ml:sta ml:ste

pl 1ª 2ª 3ª

æ¢ahom) æ¢aste æ¢a{(

brahom) braste bra{(

ml:hom) ml:ste ml:{(

Page 285: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 277

sg 1ª 2ª 3ª

æ¢aah) æ¢aa{e æ¢aa{e

borqah) borqa{e borqa{e

melqah) melqa{e melqa{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

æ¢aahov: æ¢aa{eta æ¢aa{ete

borqahov: borqa{eta borqa{ete

melqahov: melqa{eta melqa{ete

pl 1ª 2ª 3ª

æ¢aahom) æ¢aa{ete æ¢aah\

borqahom) borqa{ete borqah\

melqahom) melqa{ete melqah\

participio passato attivo

m n f

æ¢av) æ¢av) æ¢av){i

brav) brav) brav){i

ml:v) ml:v) ml:v){i

participio perfetto m n f

æ¢al), -o , -a bral) , -o , -a ml:l) , -o , -a participio passato passivo m n f

æ¢a¢) , -o , -a bore¢), -o , -a ml:¢) , -o , -a supino æ¢at) brat) ml:t)

17. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -je-: glagolati, plakati e v:rovati

infinito glagolati plakati v:rovati

sg 1ª 2ª 3ª

glagol+ glagol&{i glagol&t)

pla~\ pla~e{i pla~et)

v:rou+ v:rou&{i v:rou&t)

presente du 1ª 2ª 3

glagol&v: glagol&ta glagol&te

pla~ev: pla~eta pla~ete

v:rou&v: v:rou&ta v:rou&te

pl 1ª 2ª 3ª

glagol&m) glagol&te glagol+t)

pla~em) pla~ete pla~\t)

v:rou&m) v:rou&te v:rou+t)

sg 1ª 2ª 3ª

glagol∞i glagol∞i

pla~i pla~i

v:roui v:roui

imperativo du 1ª 2ª 3

glagol∞iv: glagol∞ita

pla~iv: pla~ita

v:rouiv: v:rouita

Page 286: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 278

infinito glagolati plakati v:rovati

pl 1ª 2ª 3ª

glagol∞im) glagol∞ite

pla~im) pla~ite

v:rouim) v:rouite

participio presente attivo

m n f

glagol` glagol` glagol+}i

pla~( pla~( pla~\}i

v:rou` v:rou` v:rou+}i

participio presente passivo m n f

glagol&m) , -o , -a v:rou&m) ,

-o , -a

sg 1ª 2ª 3ª

glagolah) glagola glagola

plakah) plaka plaka

v:rovah) v:rova v:rova

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3ª

glagolahov: glagolasta glagolaste

plakahov: plakasta plakaste

v:rovahov: v:rovasta v:rovaste

pl 1ª 2ª 3ª

glagolahom) glagolaste glagola{(

plakahom) plakaste plaka{(

v:rovahom) v:rovaste v:rova{(

sg 1ª 2ª 3ª

glagolaah) glagolaa{e glagolaa{e

plakaah) plakaa{e plakaa{e

v:rovaah) v:rovaa{e v:rovaa{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

glagolaahov: glagolaa{eta glagolaa{ete

plakaahov: plakaa{eta plakaa{ete

v:rovaahov: v:rovaa{eta v:rovaa{ete

pl 1ª 2ª 3ª

glagolaahom) glagolaa{ete glagolaah\

plakaahom) plakaa{ete plakaah\

v:rovaahom) v:rovaa{ete v:rovaah\

participio passato attivo

m n f

glagolav) glagolav) glagolav){i

plakav) plakav) plakav){i

v:rovav) v:rovav) v:rovav){i

participio perfetto m n f

glagolal) , -o , -a

plakal) , -o , -a

v:roval), -o , -a

participio passato passivo m n f

glagola¢) , -o , -a

plaka¢) , -o , -a

v:rova¢) , -o , -a

supino glagolat) plakat) v:rovat)

Page 287: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 279

18. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -i-: s)pati , dr|jati e tr|p:ti

infinito s)pati dr|jati tr|p:ti

sg 1ª 2ª 3ª

s)pl+ s)pi{i s)pit)

dr|j\ dr|ji{i dr|jit)

tr|pl+ tr|pi{i tr|pit)

presente du 1ª 2ª 3

s)piv: s)pita s)pite

dr|jiv: dr|jita dr|jite

tr|piv: tr|pita tr|pite

pl 1ª 2ª 3ª

s)pim) s)pite s)p(t)

dr|jim) dr|jite dr|j(t)

tr|pim) tr|pite tr|p(t)

sg 1ª 2ª 3ª

s)pi s)pi

dr|ji dr|ji

tr|pi tr|pi

imperativo du 1ª 2ª 3

s)piv: s)pita

dr|jiv: dr|jita

tr|piv: tr|pita

pl 1ª 2ª 3ª

s)pim) s)pite

dr|jim) dr|jite

tr|pim) tr|pite

participio presente attivo

m n f

s)p( s)p( s)p(}i

dr|j( dr|j( dr|j({i

tr|p( tr|p( tr|p(}i

participio presente passivo m n f

dr|jim) , -o , -a

tr|pim) , -o , -a

sg 1ª 2ª 3ª

s)pah) s)pa s)pa

dr|jah) dr|ja dr|ja

tr|p:h) tr|p: tr|p:

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3ª

s)pahov: s)pasta s)paste

dr|jahov: dr|jasta dr|jaste

tr|p:hov: tr|p:sta tr|p:ste

pl 1ª 2ª 3ª

s)pahom) s)paste s)pa{(

dr|jahom) dr|jaste dr|ja{(

tr|p:hom) tr|p:ste tr|p:{(

Page 288: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 280

infinito s)pati dr|jati tr|p:ti

sg 1ª 2ª 3ª

s)paah) s)paa{e s)paa{e

dr|jaah) bdr|jaa{e dr|jaa{e

tr|p:ah) tr|p:a{e tr|p:a{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

s)paahov: s)paa{eta s)paa{ete

dr|jaahov: dr|jaa{eta dr|jaa{ete

tr|p:ahov: tr|p:a{eta tr|p:a{ete

pl 1ª 2ª 3ª

s)paahom) s)paa{ete s)paah\

dr|jaahom) dr|jaa{ete dr|jaah\

tr|p:ahom) tr|p:a{ete tr|p:ah\

participio passato attivo

m n f

s)pav) s)pav) s)pav){i

dr|jav) dr|jav) dr|jav){i

tr|p:v) tr|p:v) tr|p:v){i

participio perfetto m n f

s)pal) , -o , -a

dr|jal) , -o , -a

tr|p:l) , -o , -a

participio passato passivo m n f

dr|ja¢) , -o , -a

tr|p:¢) , -o , -a

supino s)pat) dr|jat) tr|p:t) 19. Coniugazione dei verbi tematici con tema del presente in -i-: hoditi , hvaliti e prositi infinito hoditi hvaliti prositi

sg 1ª 2ª 3ª

hojd\ hodi{i hodit)

hval+ hvali{i hvalit)

pro{\ prosi{i prosit)

presente du 1ª 2ª 3

hodiv: hodita hodite

hvaliv: hvalita hvalite

prosiv: prosita prosite

pl 1ª 2ª 3ª

hodim) hodite hod(t)

hvalim) hvalite hval(t)

prosim) prosite pros(t)

sg 1ª 2ª 3ª

hodi hodi

hvali hvali

prosi prosi

imperativo du 1ª 2ª 3

hodiv: hodita

hvaliv: hvalita

prosiv: prosita

Page 289: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 281

infinito hoditi hvaliti prositi

pl 1ª 2ª 3ª

hodim) hodite

hvalim) hvalite

prosim) prosite

participio presente attivo

m n f

hod( hod( hod(}i

hval( hval( hval(}i

pros( pros( pros(}i

participio presente passivo m n f

hvalim) , -o , -a prosim) , -o , -a

sg 1ª 2ª 3ª

hodih) hodi hodi

hvalih) hvali hvali

prosih) prosi prosi

aoristo sigmatico I

du 1ª 2ª 3ª

hodihov: hodista hodiste

hvalihov: hvalista hvaliste

prosihov: prosista prosiste

pl 1ª 2ª 3ª

hodihom) hodiste hodi{(

hvalihom) hvaliste hvali{(

prosihom) prosiste prosi{(

sg 1ª 2ª 3ª

hojdaah) hojdaa{e hojdaa{e

hvalqah) hvalqa{e hvalqa{e

pro{aah) pro{aa{e pro{aa{e

imperfetto du 1ª 2ª 3

hojdaahov: hojdaa{eta hojdaa{ete

hvalqahov: hvalqa{eta hvalqa{ete

pro{aahov: pro{aa{eta pro{aa{ete

pl 1ª 2ª 3ª

hojdaahom) hojdaa{ete hojdaah\

hvalqahom) hvalqa{ete hvalqah\

pro{aahom) pro{aa{ete pro{aah\

participio passato attivo

m n f

hodiv) hodiv) hodiv){i

hval∞| hval∞| hval∞|{i

pro{| pro{| pro{|{i

participio perfetto m n f

hodil) , -o , -a hvalil) , -o, -a prosil) , -o , -a participio passato passivo

hval&¢) , -o , -a pro{e¢) , -o , -a supino hodit) hvalit) prosit)

Page 290: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 282

20. Participio presente attivo (tema del presente e/o) m n f N

G D A L S

¢es¨ ¢es\}a /: ¢es\}< /ou ¢es\}| ¢es\}i ¢es\}em|

¢es¨ ¢es\}a /: ¢es\}< /ou ¢es\}e ¢es\}i ¢es\}em|

¢es\}i ¢es\}( ¢es\}i ¢es\}\ ¢es\}i ¢es\}e+

NA GL DS

¢es\}a /: ¢es\}< /ou ¢es\}ema

¢es\}i ¢es\}< /ou ¢es\}ema

¢es\}i ¢es\}< /ou ¢es\}ama

N G D A L S

¢es\}e ¢es\}| ¢es\}em) ¢es\}( ¢es\}ih) ¢es\}i

¢es\}a ¢es\}| ¢es\}em) ¢es\}a ¢es\}ih) ¢es\}i

¢es\}( ¢es\}| ¢es\}am) ¢es\}( ¢es\}ah) ¢es\}ami

21. Participio presente attivo di forma articolata (tema del presente e/o)

m n f N

G D A L S

¢es¨i ¢es\}a&go ¢es\}<&mou ¢es\}ii ¢es\}iim| ¢es\}iim|

¢es\}e& ¢es\}a&go ¢es\}<&mou ¢es\}e& ¢es\}iim| ¢es\}iim|

¢es\}iq ¢es\}(` ¢es\}ii ¢es\}\+ ¢es\}ii ¢es\}e+

NA GL DS

¢es\}aq ¢es\}<< ¢es\}iima

¢es\}ii ¢es\}<< ¢es\}iima

¢es\}ii ¢es\}<< ¢es\}iima

N G D A L S

¢es\}ei ¢es\}iih) ¢es\}iim) ¢es\}(` ¢es\}iih) ¢es\}iimi

¢es\}aq ¢es\}iih) ¢es\}iim) ¢es\}aq ¢es\}iih) ¢es\}iimi

¢es\}(` ¢es\}iih) ¢es\}iim) ¢es\}(` ¢es\}iih) ¢es\}iimi

Page 291: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 283

22. Participio presente attivo (tema del presente je/jo) m n f N

G D A L S

æ¢a` æ¢a+}a /: æ¢a+}< /ou æ¢a+}| æ¢a+}i æ¢a+}em|

æ¢a` æ¢a+}a /: æ¢a+}< /ou æ¢a+}e æ¢a+}i æ¢a+}em|

æ¢a+}i æ¢a+}( æ¢a+}i æ¢a+}\ æ¢a+}i æ¢a+}e+

NA GL DS

æ¢a+}a /: æ¢a+}< /ou æ¢a+}ema

æ¢a+}i æ¢a+}< /ou æ¢a+}ema

æ¢a+}i æ¢a+}< /ou æ¢a+}ama

N G D A L S

æ¢a+}e æ¢a+}| æ¢a+}em) æ¢a+}( æ¢a+}ih) æ¢a+}i

æ¢a+}a /: æ¢a+}| æ¢a+}em) æ¢a+}a /: æ¢a+}ih) æ¢a+}i

æ¢a+}( æ¢a+}| æ¢a+}am) æ¢a+}( æ¢a+}ah) æ¢a+}ami

23. Participio presente attivo di forma articolata (tema del presente je/jo)

m n f N

G D A L S

æ¢a`i æ¢a+}a&go æ¢a+}<&mou æ¢a+}ii æ¢a+}iim| æ¢a+}iim|

æ¢a+}e& æ¢a+}a&go æ¢a+}<&mou æ¢a+}e& æ¢a+}iim| æ¢a+}iim|

æ¢a+}iq æ¢a+}(` æ¢a+}ii æ¢a+}\+ æ¢a+}ii æ¢a+}e+

NA GL DS

æ¢a+}aq æ¢a+}<< æ¢a+}iima

æ¢a+}ii æ¢a+}<< æ¢a+}iima

æ¢a+}ii æ¢a+}<< æ¢a+}iima

N G D A L S

æ¢a+}ei æ¢a+}iih) æ¢a+}iim) æ¢a+}(` æ¢a+}iih) æ¢a+}iimi

æ¢a+}aq æ¢a+}iih) æ¢a+}iim) æ¢a+}aq æ¢a+}iih) æ¢a+}iimi

æ¢a+}(` æ¢a+}iih) æ¢a+}iim) æ¢a+}(` æ¢a+}iih) æ¢a+}iimi

Page 292: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 284

24. Participio presente attivo (tema del presente i) m n f N

G D A L S

hval( hval(}a /q hval(}</ou hval(}| hval(}i hval(}em|

hval( hval(}a /q hval(}</ou hval(}e hval(}i hval(}em|

hval(}i hval(}( hval(}i hval(}\ hval(}i hval(}e+

NA GL DS

hval(}a /: hval(}</ou hval(}ema

hval(}i hval(}</ou hval(}ema

hval(}i hval(}</ou hval(}ama

N G D A L S

hval(}e hval(}| hval(}em) hval(}( hval(}ih) hval(}i

hval(}a /: hval(}| hval(}em) hval(}a /: hval(}ih) hval(}i

hval(}( hval(}| hval(}am) hval(}( hval(}ah) hval(}ami

25. Participio presente attivo di forma articolata (tema del presente i)

m n f N

G D A L S

hval(i hval(}a&go hval(}<&mou hval(}ii hval(}iim| hval(}iim|

hval(}e& hval(}a&go hval(}<&mou hval(}e& hval(}iim| hval(}iim|

hval(}iq hval(}(` hval(}ii hval(}\+ hval(}ii hval(}e+

NA GL DS

hval(}aq hval(}<< hval(}iima

hval(}ii hval(}<< hval(}iima

hval(}ii hval(}<< hval(}iima

N G D A L S

hval(}e hval(}| hval(}em) hval(}( hval(}ih) hval(}i

hval(}a /: hval(}| hval(}em) hval(}a /: hval(}ih) hval(}i

hval(}( hval(}| hval(}am) hval(}( hval(}ah) hval(}ami

Page 293: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 285

26. Participio passato attivo (tema del presente e/o)

m n f N

G D A L S

¢es) ¢es){a /: ¢es){< /ou ¢es){| ¢es){i ¢es){em|

¢es) ¢es){a /: ¢es){< /ou ¢es){e ¢es){i ¢es){em|

¢es){i ¢es){( ¢es){i ¢es){\ ¢es){i ¢es){e+

NA GL DS

¢es){a /: ¢es){< /ou ¢es){ema

¢es){i ¢es){< /ou ¢es){ema

¢es){i ¢es){< /ou ¢es){ama

N G D A L S

¢es){e ¢es){| ¢es){em) ¢es){( ¢es){ih) ¢es){i

¢es){a ¢es){| ¢es){em) ¢es){a ¢es){ih) ¢es){i

¢es){( ¢es){| ¢es){am) ¢es){( ¢es){ah) ¢es){ami

27. Participio passato attivo di forma articolata (tema del presente e/o)

m n f N

G D A L S

¢es¨i ¢es){a&go ¢es){<&mou ¢es){ii ¢es){iim| ¢es){iim|

¢es){e& ¢es){a&go ¢es){<&mou ¢es){e& ¢es){iim| ¢es){iim|

¢es){iq ¢es){(` ¢es){ii ¢es){\+ ¢es){ii ¢es){e+

NA GL DS

¢es){aq ¢es){<< ¢es){iima

¢es){ii ¢es){<< ¢es){iima

¢es){ii ¢es){<< ¢es){iima

N G D A L S

¢es){ei ¢es){iih) ¢es){iim) ¢es){(` ¢es){iih) ¢es){iimi

¢es){aq ¢es){iih) ¢es){iim) ¢es){aq ¢es){iih) ¢es){iimi

¢es){(` ¢es){iih) ¢es){iim) ¢es){(` ¢es){iih) ¢es){iimi

Page 294: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Appendice 2 286

28. Participio passato attivo (tema del presente je/jo)

m n f N

G D A L S

æ¢av) æ¢av){a /: æ¢av){< /ou æ¢av){| æ¢av){i æ¢av){em|

æ¢av) æ¢av){a /: æ¢av){< /ou æ¢av){e æ¢av){i æ¢av){em|

æ¢av){i æ¢av){( æ¢av){i æ¢av){\ æ¢av){i æ¢av){e+

NA GL DS

æ¢av){a /: æ¢av){< /ou æ¢av){ema

æ¢av){i æ¢av){< /ou æ¢av){ema

æ¢av){i æ¢av){< /ou æ¢av){ama

N G D A L S

æ¢av){e æ¢av){| æ¢av){em) æ¢av){( æ¢av){ih) æ¢av){i

æ¢av){a /: æ¢av){| æ¢av){em) æ¢av){a /: æ¢av){ih) æ¢av){i

æ¢av){( æ¢av){| æ¢av){am) æ¢av){( æ¢av){ah) æ¢av){ami

29. Participio passato attivo di forma articolata (tema del presente je/jo)

m n f N

G D A L S

æ¢av¨i æ¢av){a&go æ¢av){<&mou æ¢av){ii æ¢av){iim| æ¢av){iim|

æ¢av){e& æ¢av){a&go æ¢av){<&mou æ¢av){e& æ¢av){iim| æ¢av){iim|

æ¢av){iq æ¢av){(` æ¢av){ii æ¢av){\+ æ¢av){ii æ¢av){e+

NA GL DS

æ¢av){aq æ¢av){<< æ¢av){iima

æ¢av){ii æ¢av){<< æ¢av){iima

æ¢av){ii æ¢av){<< æ¢av){iima

N G D A L S

æ¢av){ei æ¢av){iih) æ¢av){iim) æ¢av){(` æ¢av){iih) æ¢av){iimi

æ¢av){aq æ¢av){iih) æ¢av){iim) æ¢av){aq æ¢av){iih) æ¢av){iimi

æ¢av){(` æ¢av){iih) æ¢av){iim) æ¢av){(` æ¢av){iih) æ¢av){iimi

Page 295: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

Tavole morfologiche 287

30. Participio passato attivo (tema del presente i)

m n f N

G D A L S

hval∞| hval∞|{a/q hval∞|{</ou hval∞|{| hval∞|{i hval∞|{em|

hval∞| hval∞|{a/q hval∞|{</ou hval∞|{e hval∞|{i hval∞|{em|

hval∞|{i hval∞|{( hval∞|{i hval∞|{\ hval∞|{i hval∞|{e+

NA GL DS

hval∞|{a/: hval∞|{</ou hval∞|{ema

hval∞|{i hval∞|{</ou hval∞|{ema

hval∞|{i hval∞|{</ou hval∞|{ama

N G D A L S

hval∞|{e hval∞|{| hval∞|{em) hval∞|{( hval∞|{ih) hval∞|{i

hval∞|{a/: hval∞|{| hval∞|{em) hval∞|{a/: hval∞|{ih) hval∞|{i

hval∞|{( hval∞|{| hval∞|{am) hval∞|{( hval∞|{ah) hval∞|{ami

31. Participio passato attivo di forma articolata (tema del presente i)

m n f N

G D A L S

hval∞|i hval∞|{a&go hval∞|{<&mou hval∞|{ii hval∞|{iim| hval∞|{iim|

hval∞|{e& hval∞|{a&go hval∞|{<&mou hval∞|{e& hval∞|{iim| hval∞|{iim|

hval∞|{iq hval∞|{(` hval∞|{ii hval∞|{\+ hval∞|{ii hval∞|{e+

NA GL DS

hval∞|{aq hval∞|{<< hval∞|{iima

hval∞|{ii hval∞|{<< hval∞|{iima

hval∞|{ii hval∞|{<< hval∞|{iima

N G D A L S

hval∞|{ei hval∞|{iih) hval∞|{iim) hval∞|{(` hval∞|{iih) hval∞|{iimi

hval∞|{aq hval∞|{iih) hval∞|{iim) hval∞|{aq hval∞|{iih) hval∞|{iimi

hval∞|{(` hval∞|{iih) hval∞|{iim) hval∞|{(` hval∞|{iih) hval∞|{iimi

Page 296: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine
Page 297: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine

manuali

Biomedica

Branchi R., Le impronte nel paziente to-talmente edentulo

Rossetti R., Manuale di batteriologia clinica. Dalla teoria alla pratica in laboratorio

Rucci L., Testo Atlante di embriologia clinica della Laringe. La chirurgia conservativa compartimentale della regione glottica

Scienze

Bart J.C.J., Polymer Additive Analytics. Industrial Practice and Case Studies

Caramelli D., Antropologia molecolare. Manuale di base

Scialpi A., Mengoni A. (a cura di), La PCR e le sue varianti. Quaderno di laboratorio

Simonetta M.A., Short history of Biology from the Origins to the 20th Century

Spinicci R., Elementi di chimicaSpinicci R., Elementi di chimica (nuova

edizione)

Scienze Sociali

Ciampi F., Fondamenti di economia e ge-stione delle imprese

Giovannini P. (a cura di), Teorie sociolo-giche alla prova

Maggino F., L’analisi dei dati nell’inda-gine statistica. Volume 1. La realizza-zione dell’indagine e l’analisi prelimi-nare dei dati

Maggino F., L’analisi dei dati nell’indagi-ne statistica. Volume 2. L’esplorazione dei dati e la validazione dei risultati

Magliulo A., Elementi di economia del turismo

Visentini L., Bertoldi, M., Conoscere le organizzazioni. Una guida alle pro-spettive analitiche e alle pratiche gestionali

Scienze Tecnologiche

Borri C., Pastò S., Lezioni di ingegneria del vento

Borri C., Betti M., Marino E., Lectures on Solid Mechanics

Gulli R., Struttura e costruzione / Struc-ture and Construction

Policicchio F., Lineamenti di infrastrut-ture ferroviarie

umaniSTica

Bertini F., Risorse, conflitti, continenti e nazioni. Dalla rivoluzione industriale alle guerre irachene, dal Risorgimen-to alla conferma della Costituzione repubblicana

Bombi A.S., Pinto G., Cannoni E., Picto-rial Assessment of Interpersonal Relationships (PAIR). An analytic system for understanding children’s drawings

Borello E., Mannori S., Teoria e tecnica delle comunicazioni di massa

Brandi L., Salvadori B., Dal suono alla parola. Percezione e produzione del linguaggio tra neurolinguistica e psicolinguistica

Coniglione F., Lenoci M., Mari G., Polizzi G. (a cura di), Manuale di base di Sto-ria della filosofia

Marcialis N., Introduzione alla lingua paleoslava

Michelazzo F., Nuovi itinerari alla sco-perta del greco antico. Le strutture fondamentali della lingua greca: fo-netica, morfologia, sintassi, semanti-ca, pragmatica

Peruzzi A., Il significato inesistente. Le-zioni sulla semantica

Peruzzi A., Modelli della spiegazione scientifica

Sandrini M.G., Filosofia dei metodi in-duttivi e logica della ricerca

Trisciuzzi L., Zappaterra T., Bichi L., Te-nersi per mano. Disabilità e forma-zione del sé nell’autobiografia

Page 298: F0487 Marcialis Prime-Ultime Pagine