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COMMISSIONE PROVINCIALE DI TORINO COMITATO REGIONALE PIEMONTESE C C O O R R S S O O D D I I A A L L L L I I E E V V O O A A L L L L E E N N A A T T O O R R E E Q Q U U A A D D E E R R N N O O T T E E C C N N I I C C O O Torino OVEST – Buttigliera 2008 Formatore: Julio Trovato Assistente: Andrea Nicastro

Formatore: Julio Trovato Assistente: Andrea Nicastro · formatore nazionale Julio Trovato, ci si è coordinati al meglio, per uniformare la proposta didattica, soprattutto riguardo

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COMMISSIONE PROVINCIALE DI TORINO

COMITATO REGIONALE PIEMONTESE

CCOORRSSOO DDII AALLLLIIEEVVOO AALLLLEENNAATTOORREE

QQUUAADDEERRNNOO TTEECCNNIICCOO

Torino OVEST – Buttigliera 2008

Formatore: Julio Trovato

Assistente: Andrea Nicastro

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Corso Allievo Allenatore di Torino NORD – Buttigliera, 30 giugno - 17 luglio 2008

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Sommario

1 Presentazione del corso ................................................................................... 5

1.1 Informazioni generali ............................................................................... 5

1.2 Il corso di Buttigliera ................................................................................ 6

1.3 Descrizione degli appunti......................................................................... 6

2 Ball handling...................................................................................................... 7

2.1 Introduzione............................................................................................. 7

2.2 Lo sviluppo della capacità........................................................................ 7

2.3 Gli esercizi ............................................................................................... 7

3 Fondamentali offensivi senza palla ............................................................... 10

3.1 Aspetti tecnici ........................................................................................ 10

3.2 Gli esercizi ............................................................................................. 11

3.3 Conclusioni ............................................................................................ 12

4 Arresti e partenze ............................................................................................ 13

4.1 Arresti .................................................................................................... 13

4.2 Partenze ................................................................................................ 13

4.3 Proposte tecniche.................................................................................. 13

4.4 Conclusioni ............................................................................................ 14

5 Tiro.................................................................................................................... 15

5.1 Didattica del tiro..................................................................................... 15

5.2 Tipi di tiro ............................................................................................... 16

5.3 Gli esercizi ............................................................................................. 16

5.4 Conclusioni ............................................................................................ 17

6 Palleggio .......................................................................................................... 18

6.1 Premessa .............................................................................................. 18

6.2 Esercizi – prima parte (richiamo di ball-handling) .................................. 19

6.3 Uso del palleggio ................................................................................... 19

6.4 Tipi di palleggio...................................................................................... 19

6.5 Movimenti connessi al palleggio ............................................................ 20

6.6 Esercizi – seconda parte (analisi) .......................................................... 20

6.7 Esercizi – terza parte (situazioni)........................................................... 20

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7 Passaggio ........................................................................................................ 21

7.1 Esercizi .................................................................................................. 22

8 Fondamentali difensivi.................................................................................... 23

8.1 Aspetti tecnici ........................................................................................ 23

8.2 Gli esercizi ............................................................................................. 24

8.3 Conclusioni ............................................................................................ 25

9 Regolamento Tecnico ..................................................................................... 26

10 Preparazione fisica.......................................................................................... 27

11 Elementi di didattica........................................................................................ 28

12 Metodologia dell’insegnamento sportivo...................................................... 34

12.1 La comunicazione.................................................................................. 35

12.2 Giovani atleti crescono…....................................................................... 39

12.3 La motivazione ...................................................................................... 41

12.4 L’apprendimento.................................................................................... 44

12.5 Osservazione e misurazione dell’apprendimento .................................. 49

12.6 Etica e sport........................................................................................... 50

13 Bibliografia....................................................................................................... 55

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11 PPrreesseennttaazziioonnee ddeell ccoorrssoo 1.1 Informazioni generali

Nella primavera del 2008, a fronte di una richiesta iniziale di 75 iscrizioni, sono stati attivati 3 corsi in provincia di Torino, con tre diverse collocazioni: Buttigliera, Moncalieri e San Mauro Torinese, in modo da favorire più possibile la raggiungibilità della sede del corso da parte di tutti gli iscritti. Approfitto per ringraziare le società G. S. Dil. Rosta e Pall. San Mauro che hanno messo a disposizione a titolo gratuito i loro impianti per le lezioni.

Le 75 iscrizioni iniziali, si sono ridotte successivamente ridotte a 52, forse per

una generale tendenza iniziale a sottovalutare l’impegno richiesto. Sono stati attivati quindi tre corsi da 16-19 iscritti ciascuno, tenuti da altrettanti formatori riconosciuti dal C.N.A. e con la collaborazione di tre assistenti, tutti in possesso della qualifica minima di “allenatore”, alcuni dei quali hanno già intrapreso l’iter formativo in regione, a cura dei formatori nazionali Julio Trovato e Federico Danna.

Ferma restando la separazione di corsisti, strutture, formatori e assistenti, allo scopo di garantire la maggiore attenzione possibile all’individualizzazione della proposta didattica, si è cercato di considerare i tre corsi congiunti sul piano didattico. Grazie alla collaborazione di formatori e assistenti, e sotto la supervisione del formatore nazionale Julio Trovato, ci si è coordinati al meglio, per uniformare la proposta didattica, soprattutto riguardo le modalità di insegnamento dei singoli moduli. Sui contenuti, ciascun formatore ha sviluppato in autonomia la traccia ricevuta dal C.N.A., organizzando insieme al proprio assistente la suddivisione dei compiti.

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1.2 Il corso di Buttigliera Il corso di Buttigliera (o Torino OVEST) è stato tenuto a cavallo tra giugno e

luglio 2008, con una media di due lezioni a settimana, da questo staff: • Julio Trovato formatore • Andrea Nicastro assistente (oltre che direttore del corso) • Claudio Trisoglio preparatore fisico • Maurizio Rostain istruttore C.I.A. • Mirella Ronco docente della Scuola dello Sport del C.O.N.I. Questi invece gli iscritti al corso: 1. Balsamo Stefano 2. Boldrino Filippo 3. Cammarota Giuseppe 4. Canuto Arianna 5. Galano Fabio 6. Gioana Stefano 7. Giovale Giorgio 8. Girodo Luca 9. Girolamo Graziana 10. Giunti Luca 11. Grosso Daniele 12. Lasorsa Michele 13. Marcolongo Gianluca 14. Santagati Enrico 15. Toso Lorenzo 16. Vaglienti Andrea 17. Zivoli Marina Tutti gli iscritti hanno superato l’esame, consistente in una prova scritta.

1.3 Descrizione degli appunti Questi appunti sono frutto di una miscela fra i contributi dei relatori dei diversi

moduli, e le relazioni prodotte dai corsisti. In particolare nei capitoli 2, 3, 4, 5, 6, 7 e 8 sono contenuti i relativi moduli tecnici, nel capitolo 9 il contributo dell’istruttore C.I.A., nel capitolo 10 quello sulla preparazione fisica, mentre le tematiche legate alla didattica e alla comunicazione sono esaminate nei capitoli 11, a cura del formatore e 12, con un ampio contributo della Scuola dello Sport del C.O.N.I.

Andrea Nicastro Presidente commissione provinciale allenatori di Torino Direttore dei corsi di Allievo Allenatore 2008

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22 BBaallll hhaannddlliinngg 2.1 Introduzione

L’attività del ball handling viene intesa come la capacità dei giocatori di trattare, sentire, manipolare la palla al fine di padroneggiare al meglio l’attrezzo. Tale sensibilità influisce sulla buona riuscita dei principali movimenti tecnici come il palleggio, il passaggio , il tiro e la ricezione.

Il Ball Handling è molto sviluppato, come attività, negli Stati Uniti, dove il rapporto tra i giocatori e la palla, soprattutto nelle scuole, diventa costante e continuo in tutti i momenti della giornata. Per citare alcuni esempi del rapporto che scaturisce da un certo tipo di atteggiamento, possiamo fare riferimento al palleggio. Il palleggio di scuola americana, infatti, tende molto ad aumentare, nel suo ritmo, il contatto con la mano. In pratica per gestire il ritmo del palleggio la velocità del braccio diminuisce quando la palla è a contatto con la mano mentre aumenta nel momento in cui la palla si stacca dalla stessa mano. Questo chiaramente per incrementare il tempo di contatto della palla nell’unità palleggio.

Aumentando il tempo in cui la palla è a contatto con la mano si creano migliori condizioni per effettuare un buon passaggio o per determinare scelte come cambi di direzione più opportuni.

2.2 Lo sviluppo della capacità La capacità di trattare la palla si sviluppa mediante esercizi specifici.

Possiamo, di seguito, distinguere alcuni gruppi di esercitazioni: • esercizi per la rapidità delle mani • esercizi per sensibilizzare le dita • esercizi propedeutici ai movimenti tecnici Tutti gli esercizi tendono a far acquisire ai giocatori, una naturale sensibilità

nei confronti della palla. Allo stesso modo la capacità nel trattamento della palla varia e si sviluppa, effettuando esercitazioni con differenti dinamiche:

• da fermo o in movimento • con o senza palleggio • con 1 o 2 palloni • individuali o a coppie. Dal punto di vista tecnico e considerando l’applicazione pratica eseguita, si

acquisisce una progressiva e naturale confidenza con l’attrezzo.

2.3 Gli esercizi La serie di esercitazioni ha seguito una progressione tecnica determinando

un aumento della difficoltà. Però sappiamo che da un punto di vista tecnico, nel ball handling la difficoltà è direttamente proporzionale all’aumento della velocità con cui si

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eseguono gli esercizi. Le esercitazioni che prevedono l’utilizzo di una sola mano devono chiaramente essere proposte sia a dx che a sx.

• pizzicare la palla due mani sopra la testa • ballare la palla avanti • ballare la palla dietro • ballare la palla sopra la testa • cullare la palla dx e sx • palla su una mano avanti, tocco con il dorso della mano e presa con la

stessa mano sia a dx che a sx • palla su una mano, dorso stessa mano, dorso altra mano e palmo della

seconda. Ritorno • girare la palla intorno al busto e cambio senso • girare la palla intorno alla testa e cambio senso • girare la palla intorno alle caviglie con piedi uniti e cambio senso • girare la palla intorno a tutto il corpo da testa a caviglie e ritorno cambio

senso • girare la palla intorno alle caviglie alternando due insieme e una singola

portando indietro una gamba • girare la palla intorno ad una gamba cambio gamba e senso • disegnare un 8 intorno alle gambe • disegnare un 8 saltellando divaricando avanti/dietro • piedi pari, gambe divaricate passare la palla da avanti a dietro battuta a

terra • stessa cosa con palla sospesa senza che cada a terra • piedi pari, gambe divaricate presa con dx avanti e sx dietro, cambio

presa sx avanti e dx dietro tenendo la palla sospesa • stessa cosa rimbalzo a terra • lancio la palla in alto e la recupero dietro • lancio la palla da dietro e la recupero avanti • unisco i due esercizi • lancio la palla in alto, la lascio cadere a terra e la recupero appena ha

rimbalzato • palleggio mano dx sul posto piedi in movimento (stessa cosa sx) • palleggio mano dx e sx sul posto sempre piedi in movimento • un palleggio sul posto mano dx e cambio, uno a sx e cambio. Sempre

piedi in movimento • dondolare la palla in palleggio a dx e sx con una mano (cambiare

mano) • dondolare la palla avanti e indietro con una mano (cambiare mano) • dondolare dx sx avanti e indietro • dondolare a dx e a sx palleggiando a dx con la mano sx e viceversa • ragno: due palleggi avanti e due palleggi infilando le mani da sotto le

gambe passando da dietro. • palleggio sul posto + uno di spostamento e ritorno • seduti palleggiare davanti e di fianco

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• seduti girare la palla intorno in palleggio • seduti passare la palla sotto le gambe in palleggio • seduti palleggio di taglio, di palmo e di dorso • seduti palleggi con pugno • palleggio sul posto, due palleggi protetti avanti e ritorno + cambio mano • a coppie specchio in palleggio • palleggio con una mano e l’altra tiene un pallone • palleggio con una mano e l’altra tiene un pallone e cambio di mano • palleggio con due palloni • palleggio con due palloni a dx e a sx • palleggio con due palloni e incrocio delle mani sui palloni

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33 FFoonnddaammeennttaallii ooffffeennssiivvii sseennzzaa ppaallllaa La fase di gioco senza palla è una delle fasi più importanti dell’intera gara.

Basta eseguire un piccolo calcolo matematico per comprendere come un ipotetico giocatore che sta in campo 40 minuti ha una media di possesso di palla di 4 minuti pari al 10%.

Gli aspetti tecnici basilari per una buona esecuzione dei fondamentali senza la palla sono l’EQUILIBRIO e la RAPIDITA’ DEI PIEDI. Proprio su questi due concetii si baserà poi la proposta tecnica

3.1 Aspetti tecnici I fondamentali individuali senza palla sono quei contenuti tecnici che ci

permetto di muovere sul campo con efficacia senza la palla e ci permetteranno poi di migliorare i l gesto con la palla.

Il gioco senza la palla è alla base delle collaborazioni e il timing di ogni movimento senza palla è spesso dettato da una situazione sul campo pertanto nel presentare delle proposte di lavoro è utile cercare di inserire segnali sul campo che forniscano un timing di esercitazione o uno spazio preciso in cui svolgere il gesto tecnico.

Il fondamentale tipico è la posizione fondamentale. Anche se tale fondamentale ha una figura standard, deve essere considerato in relazione alle caratteristiche fisiche dell’atleta. Nella posizione fondamentale i piedi devono essere paralleli e divaricati all’altezza delle spalle. Le gambe semipiegate,il busto leggermente piegato in avanti a ricercare una posizione di equilibrio e lo sguardo avanti.

I fondamentali individuali senza palla sono: • corsa cestistica • arresto • cambio di velocità • cambio di direzione • cambio di senso • giro • giro in corsa La differenza tra la corsa tradizionale e la corsa cestistica sta nella postura

assunta durante il movimento: una corsa atletica infatti, volta a percorrere un numero notevole di metri è una corsa effettuata per percorrere nel minor tempo possibile la distanza, senza la necessità di essere pronti a cambiare velocità, direzione o eventualmente ad arrestarsi. Sarà eseguita quindi in posizione eretta e allungando di molto il passo.

La corsa cestistica è eseguita per coprire piccole distanze con la possibilità di dover modificare la velocità o la direzione e pertanto è eseguita con il bacino basso e con passi meno allungati.

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Nei cambi di direzione si muove sempre per prima il piede della nuova direzione. Anche se, evitare di allungare il passo verso la nuova direzione ma, effettuare un piccolo movimento verso di essa per poi riprendere con l’altro piede ci permette una migliore esplosività del movimento.

3.2 Gli esercizi Rapidità dei piedi • Fronte ad un alinea del campo da gioco eseguire movimenti di rapidità

dei piedi: spostare il piede destro oltre la linea, spostare il sinistro oltre la linea, riportare indietro il destro, riportare indietro il sinistro

• Spalle alla linea eseguire gli stessi movimenti: dome sopra ma partire con la linea posta di spalle.

• Di lato alla linea: spostare alternativamente prima il destro verso sinistra, riportare il destro a destra e spostare il sinistra a destra.

Questi movimenti permettono di sviluppare una notevole capacita di rapidità dei piedi. Devono essere effettuati evitando di guardare i piedi e cercando di concentrarsi sulla coordinazione.

• Fronte alla linea movimenti di rapidità in movimento: tenere fermo il piede destro, muovere alternativamente avanti e dietro la linea il piede sinistro spostandosi verso sinistra.

• Progressione utilizzando la linea di fondo e l’arco dei tre punti.

Andature • Da posizione fondamentale correre fino alla prima line del volley ed

effettuare un arresto; • Ad ogni arresto effettuare giro dorsale + giro frontale • Variare la corsa introducendo cambio di velocità; • Toccare la linea ed effettuare cambio di senso • Toccare la linea effettuare cambio di direzione • Cambio di velocità al segnale

Lavoro a specchio a coppie • 1c1 superare la metà campo: giocatori posti uno di fronte all’altro. Uno

sulla line di fondo uno sotto canestro. Il giocatore sulla line di fondo deve raggiungere la metà campo evitando che il suo specchio lo tocchi.

• 2c2 superare la metà campo: come sopra ma a coppie. In questo caso è opportuno sviluppare la capacità di leggere lo spazio.

In questo simpatico gioco si riassume l’uso di tanti fondamentali senza palla con l’ausilio di una buona dose di divertimento (che non guasta mai).

Lavoro in situazioni di gioco Una fila sul prolungamento del tiro libero e fuori dall’area dei tre punti. Tutti i

giocatori con palla tranne il primo. Il primo giocatore effettua un movimento senza palla verso il canestro. Giunto all’interno dell’area dei tre secondi effettua cambio di

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direzione e cambio di velocità, dirigendosi verso la lunetta. Riceve palla dal primo giocatore della fila con palla ed effettua terzo tempo.

Questo esercizio si può eseguire inserendo due o più cambi di direzione e di velocità. Oppure disporre dei segnali per i giocatori alla realizzazione dei quali, si segnala il termine del movimento e pertanto la ricezione della palla.

Si ottiene in questo modo una migliore applicazione dei concetti dei fondamentali senza palla. L’aspetto gioco infatti rende stimolante e motivante l’uso e l’esecuzione dei detti movimenti.

3.3 Conclusioni I fondamentali offensivi senza palla rappresentano un aspetto notevole

nell’insegnamento della pallacanestro. Non bisogna trascurare il loro insegnamento e a tal scopo è consigliabile introdurre situazioni di gioco per sviluppare i movimenti appropriati.

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44 AArrrreessttii ee ppaarrtteennzzee Gli arresti e le partenze sono due fondamentali individuali distinti che

verranno trattati insieme in quanto presentano alcune specifiche comuni. Il primo aspetto che accomuna i due fondamentali è l’equilibrio. Tale

postulato di base è infatti alla base di una buona partenza e di un buon arresto. Un Altro aspetto comune ai due fondamentali è l’assunzione e la presenza del piede perno. Occorre che gli atleti abbiano coscienza del proprio piede perno e che arrivino ad eseguire arresti e partenze con la gestione corretta del piede perno.

4.1 Arresti Conosciamo due tipi di arresti: • ad un tempo: i piedi toccano contemporaneamente per terra insieme,

questo tipo di arresto consente al giocatore di scegliere il piedi perno che ritiene più opportuno;

• a due tempi: appoggio prima un piede poi l’altro, in questo caso il piede perno è limitato, non si può scegliere il piede perno che si vuole.

Se invece mi trovo nella situazione di gioco gli arresti sono: • arresto dopo il palleggio: dopo aver palleggiato con la palla il

giocatore si ferma e chiude il palleggio; • arresto alla ricezione della palla: il giocatore riceva palla ed è fermo,

può decidere se palleggiare, tirare o passare (la cosiddetta “triplice minaccia”).

4.2 Partenze Le partenze si dividono in: • incrociata: parto sempre col piede opposto alla mano con cui sto

palleggiando, per evitare i passi devo appurare che la mano stessa abbia già lasciato la palla prima di alzare il piede.

• concorde: parto sempre con la stessa mano e lo stesso piede. Da evitare sono i passi molto ricorrenti con questa partenza e da notare la poca esplosività che fornisce se non dopo il secondo palleggio

4.3 Proposte tecniche • ordine sparso: autopassaggio e arresti ad un tempo • ordine sparso: autopassaggio e arresti a due tempi • come i primi due esercizi con partenza incrociata un palleggio e arresto. • Come i primi due esercizi con partenza omologa un palleggio e arresto • A coppie: passaggio battuto a dx e a sx: recupera e arresto • A coppie, come sopra ma prima viene avanti e poi recupera a dx o a sx • A coppie, uno avanti e l’altro dietro passaggio avanti, recupero, arresto,

giro e passaggio • A coppie, passaggio arresto e scambio in palleggio

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• Coach in lunetta, passaggio consegnato arresto e partenza • Coach in lunetta due arresti e partenza • Stessa cosa con giocatore in lunetta • Due file tutti con la palla tranne il primo. Movimento verso la palla,

arresto e partenza a canestro

4.4 Conclusioni Arresti e partenze sono due fondamentali che spesso vengono presi troppo

poco in considerazione, non considerando che sono quasi la base del basket. Mettendo in pratica, anche qui con una progressione di esercizi la teoria sicuramente si è avuto maggior contatto con ciò che poi noi dovremmo far fare, evitando così che il primo a non saper una delle basi sia proprio l’allenatore.

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55 TTiirroo Il tiro rappresenta il fondamentale più personale dei fondamentali d’attacco

con palla. La peculiarità deriva soprattutto da fattori fisici: • strutturali • muscolari • articolari. Il tiro è il fondamentale che più di ogni altro crea stimolo nei giocatori e si può

dire che la volontà di tiro è decisamente innata in tutti. Qualunque ragazzo che entra in palestra con una palla a spicchi la prima cosa che tenta di fare è proprio tirare a canestro. Proprio per la volontà di saper tirare a canestro ogni giocatore è particolarmente stimolato nel miglioramento della propria tecnica ma spesso la ricerca del risultato (realizzazione a canestro) porta a non precorrere le giuste tappe tecniche.

A tal proposito è interessante analizzare anche quella che viene indicata come la coscienza del tiro. Con questa definizione intendiamo la mentalità, nei nostri giocatori, per cui parallelamente alla crescita tecnica si sviluppi nell’atleta la consapevolezza della propria area di tiro e delle proprie caratteristiche di tiratore.

5.1 Didattica del tiro Così come accennato nell’introduzione il tiro è un movimento del tutto

personale. Esistono tuttavia alcuni aspetti specifici, indispensabili al fine di una corretta realizzazione del movimento.

Facciamo riferimento dapprima ai postulati di base ed in particolare all’equilibrio. Una corretta realizzazione del movimento del tiro non può discernere dalla ricerca di un adeguato equilibrio del corpo. Analizziamo pertanto la posizione del corpo ed in particola re:

• La posizione dei piedi, rivolti verso il canestro. • La posizione dei piedi, divaricati all’altezza delle spalle. • La flessione delle gambe, piegate per realizzare una spinta. Altro elemento indispensabile è rappresentato dalla coordinazione. Un buon

tiro infatti è sempre realizzato in uno stato di ottima coordinazione. Realizzare un tiro in uno stato di equilibrio e coordinazione produce un risultato di grande efficacia ed induce, altresì, a non utilizzare un grosso dispendio di energia (forza) in quanto, grazie ad un movimento coordinato, il nostro corpo riesce a produrre una spinta molto più efficace.

Passiamo ora ad analizzare l’aspetto meccanico del movimento e partiamo dalla considerazione che il tiro, come espressione di movimento per la realizzazione di un canestro dalla distanza, viene effettuato con la cosiddetta mano forte, ovvero con la mano predominante. Prendiamo la palla dunque con la mano forte e appoggiamo quest’ultima sulla superficie superiore della palla con le dita ben aperte. Appoggiamo, successivamente, la mano debole sul lato della palla in modo che i pollici delle mani si trovino vicino a formare una T. Portiamo quindi la palla sulla fronte e facciamo in modo che la palla appoggi solo sui polpastrelli della mano forte,

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evitando che tocchi il palmo della mano. Poniamo quindi la palla, la mano, l’avambraccio e il gomito in direzione frontale al canestro ed allineati tra loro in direzione perpendicolare rispetto al campo di gioco. Estendiamo gomito ed avambraccio verso il canestro effettuando un movimento che, idealmente, intenda allungare l’arto per far scivolare la palla all’interno del canestro. Quando l’avambraccio termina la sua corsa ultimiamo il movimento con una frustata del polso, ovvero con un movimento del polso tale da fornire una rotazione alla palla per far si che quest’ultima compia una parabola ascendente/discendente verso il canestro.

5.2 Tipi di tiro • da fermo: classico esempio di tiro da fermo è il tiro libero o il tiro

piazzato, un tiro in cui non avviene nessun disturbo da parte della difesa.

• in elevazione: è sempre considerato come tiro da fermo in quanto non vengono meno i criteri di mancato disturbo. La particolarità è che a differenza del tiro da fermo questo tipo di tiro viene eseguito saltando.

• in sospensione: tiro realizzato in salto effettuando il movimento della parte superiore del corpo quando quest’ultimo si trova alla massima elevazione.

• tiro in corsa: terzo tempo, secondo tempo. I tiri in corsa differiscono dagli altri tiri poiché la mano che effettua il gesto è la mano del lato che si sta attaccando. La tecnica da utilizzare per la realizzazione del tiro in corsa in relazione alla parte superiore del corpo è, in teoria, la stessa che si usa per il tiro da fermo.

• tiri speciali: terzo tempo di potenza.

5.3 Gli esercizi Mediante le esercitazioni sviluppiamo analiticamente le varie parti che

compongono nell’insieme la tecnica del tiro. Cominciamo con una progressione volta a produrre un corretto movimento

per il tiro piazzato: • Giocatori a terra movimento del polso • Giocatori seduti movimento braccia e polso • Stesso lavoro a coppie facendo correre la palla • Sempre con una mano ma a canestro • Inserimento della seconda mano senza canestro

o a terra o seduti o in piedi o con canestro

• inserimento della gambe (arresto ad un tempo) • arresto 2 tempi

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Proseguiamo con l’analisi del tiro in corsa partendo dalla parte conclusiva del gesto. Per cui in una condizione di terzo tempo eseguiamo dapprima l’ultima parte del movimento per poi progredire passo passo nel gesto tecnico:

• conclusione • ultimo passo • 2 passi • Palleggio terzo tempo • Vari palleggi (gestione spazi terzo tempo • Terzo tempo ritmato • Secondo tempo • Inserimento del terzo tempo da passaggio • Terzo tempo di potenza Eseguiamo, da ultimo, una sequenza con arresto e tiro: • da palleggio a sx • dal palleggio a dx • dal passaggio con vari arresti In tutta l’esercitazione è stato ricorrente il concetto secondo il quale non va

mai dimenticata la parte analitica. Non bisogna mai dimenticare cioè che anche nell’esecuzione di un gesto globale, come può essere una sequenza di arresto e tiro, il dettaglio del gesto deve essere eseguito con la stessa precisione con cui è stata eseguita durante la sequenza analitica.

5.4 Conclusioni • Il tiro è un movimento tecnico molto personale • Gli aspetti principali da esaminare sono:

o equilibrio o coordinazione o presa della palla (dopo il palleggio o su ricezione) o posizione della palla sulla mano o posizione della mano, dell’avambraccio e del gomito nel momento in cui si

rilascia la palla

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66 PPaalllleeggggiioo 6.1 Premessa

Il palleggio si può inquadrare secondo i tre postulati base • spazio / tempo • autonomia / collaborazione • equilibrio

oppure secondo i tre “occhiali” o aspetti integrati ma distinti: aspetti fisici, aspetti mentali / relazionali e aspetti tecnici, qui di seguito illustrati.

Aspetti fisici • gestione dell’equilibrio, sentire il peso del corpo • velocità, rapidità, coordinazione tra arti superiori e inferiori nel

palleggio in movimento, uso di torsioni e catene muscolari incrociate (immagine suggestiva ed eloquente: il logo N.B.A.)

Aspetti mentali / relazionali Il palleggio può essere visto come una forma di “potere” ma anche di

“responsabilità”, con diverse realizzazioni: • abuso di palleggio = autonomia egoistica (squadre che hanno bisogno di

giocare “con cinque palloni”) • omissione di palleggio = assenza di autonomia (gestione della paura) • palleggio utile ed efficace = autonomia responsabile, che porta vantaggio

Vietare o limitare il palleggio in alcuni momenti di gioco dell’allenamento, obbliga artificiosamente i giocatori a ricercare la collaborazione, compensando la loro naturale propensione all’individualismo, radicata fin dal primo incontro con la palla.

Aspetti tecnici • posizione della mano sul pallone • violazione di doppio palleggio (legata ad interruzione e ripresa del palleggio)

o mano totalmente o parzialmente posizionata sotto il pallone o palleggio ripetuto con due mani (primo ed unico palleggio a due mani

utile per il post che attacca spalle a canestro) o palla trattenuta (sulla pancia, sul fianco) o durante la fase di palleggio in corsa (accompagnata)

• violazione di passi o legata ad una partenza in palleggio (vedi modulo 4) o durante la fase di palleggio in corsa (accompagnata)

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6.2 Esercizi – prima parte (richiamo di ball-handling) Nel modulo 2 sul trattamento di palla (o ball-handling), parte di questi esercizi

erano già stati proposti sotto altra forma o con alcune varianti. Tutti gli esercizi devono essere ripetuti con entrambe le mani, dedicando all’esercizio della mano debole un tempo almeno pari a quello dedicato alla mano forte, se non addirittura superiore. • palleggio sul posto, alto, basso, giochi sul ritmo • dondolare la palla avanti e indietro (ampio, stretto) • dondolare la palla a destra e sinistra (ampio, stretto) • combinare i due esercizi precedenti (indietro, avanti, sinistra, destra, ecc.) • 2-3 palleggi con una mano e cambio (sentire il peso del corpo) • cambio di mano continuato • idem toccando la punta del piede sinistro con la mano destra e viceversa • idem avanzando un piede ogni 2-3 palleggi e palleggiando in mezzo alle

gambe • cambio di mano continuato dietro la schiena • idem arretrando un piede ogni 2-3 palleggi e palleggiando in mezzo alle

gambe • cambio di mano davanti, dondolato indietro, cambio di mano dietro schiena • idem più 2 cambi di mano in mezzo alle gambe (dall’interno e dall’esterno) • sbizzarrirsi con la fantasia…

6.3 Uso del palleggio Il palleggio nel gioco serve per…

• trasferirsi con il pallone sul campo • battere l’avversario, prendendo il vantaggio (vedi modulo 4 sulle partenze) • attaccare il canestro, mantenendo il vantaggio (esempio “evoluto” di 2c2) • condurre il contropiede, anche se il passaggio è sempre il mezzo più veloce • migliorare un angolo di passaggio (da esterno / interno verso esterno /

interno) • uscire da una situazione di pericolo (linee, angoli, pressione difensiva,

raddoppi) • iniziare un gioco organizzato (più adatto per i senior, meno per i giovani)

6.4 Tipi di palleggio • da fermo senza difensori nelle vicinanze (palleggio a media altezza) • da fermo con difensore vicino (braccio di protezione, palleggio più basso,

mano sopra la palla)

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• a campo libero, spingendo con la stessa mano, o alternando destra e sinistra, in ogni caso da dietro in avanti

Qualunque sia il tipo di palleggio, non si guarda la palla !

6.5 Movimenti connessi al palleggio • cambio di direzione • cambio di mano frontale:

o sentire il peso del corpo alternativamente sui due piedi, o passo concorde (classico) o incrociato (reale), o uso di mani, piedi, spalla

• cambio di mano fra le gambe • cambio di mano dietro schiena • giro in palleggio o virata,

o uso di piedi, mani, testa o una partenza che ricorda la virata: “reverse“ o cambio di senso

• palleggio laterale (mano interna e mano esterna) • finte di cambi di mano ed esitazione in palleggio

6.6 Esercizi – seconda parte (analisi) • Percorso rigido a Zig-zag in palleggio con cambi di mano • Percorso rigido a “otto” sfruttando le linee laterali, di fondo e di metà campo • Cambio di senso a metà campo, poi tiro in corsa, eventualmente preceduto

da altri cambi di mano in posizioni predefinite • UCLA series: diversi tipi di cambio di mano, palleggio in arretramento • 1c0 a tutto campo con un numero decrescente di palleggi (spingere da

dietro, stimolare ciascuno a battere il proprio record personale) • 1c0 a metà campo, cambi di mano singoli-doppi, da finta, da esitazione

6.7 Esercizi – terza parte (situazioni) • giochiamo a … “re del palleggio” • giochiamo a … “fulmine” in palleggio • 1c1 in palleggio dagli angoli di metà campo, entrambi col pallone, l’attaccante

sceglie il canestro da attaccare, il difensore prova a toccarlo palleggiando • idem ma con un solo pallone: il difensore corre libero senza palleggiare • idem con possibilità di cambiare canestro entro le prime linee del volley • idem con possibilità di cambiare pallone, posandolo per terra

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77 PPaassssaaggggiioo Il passaggio è la prima forma di collaborazione ed anche la massima

espressione dei postulati di base. Ogni passaggio deve rispettare principi di spazio/tempo, della posizione e dei

movimenti dei difensori. E’ un fondamentale che si allena con esercizi globali ed esercizi analitici al fine di migliorare i contenuti tecnici ma anche di avere una conoscenza del fondamentale in situazione di gioco.

Le tipologie di passaggio sono: • Passaggi due mani

o Dal petto o Battuto a terra o Sopra la testa o laterale

• Passaggi ad una mano o Baseball o Laterale o Dal palleggio o consegnato

Inoltre i passaggi si differenziano anche in questo modo: • I passaggi perimetrali passano fuori dal cono del difensore • I passaggi verticali attraversano il cono del difensore • I passaggi a 2 mani possono essere al petto, sopra la testa, battuti a

terra o laterali • I passaggi a 1 mano posso essere laterali (tesi o battuti), baseball o

consegnati In ogni passaggio la palla ha un punto di partenza che non è fisso, una

traiettoria che può essere tesa, battuta o lob ed un punto di arrivo che è fisso e indicato dal ricevitore o dalla posizione del difensore.

Ritengo che occorre da subito insegnare nel passaggio: • la spinta delle braccia dosata a seconda della direzione • la ricerca di un buon angolo di passaggio • la differenza tra un passaggio perimetrale, uno in campo aperto e uno

in penetrazione. • la ricerca del difensore sul passaggio in penetrazione • la variazione della posizione di partenza della palla, la traiettoria tesa o

battuta ma il punto di arrivo fisso. • non avere una sola dimensione In fase didattica si procede prima insegnando la tecnica di passaggio in

forma statica. Poi inserendo il movimento del passatore e del ricevitore e infine inserendo la difesa. Con questi principi viene presentata la seguente progressione di lavoro.

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7.1 Esercizi • Due file a fondo campo Tic-tac progressione

o Tic-tac andata e ritorno o Tic –tac andata e ritorno palleggio e un passaggio o Tic-tac andata 2 c 0 + appoggio o Tic-tac 2 c 1 ritorno o Tic-tac 2 c 2 ritorno o Tic tac 2 c 2 + appoggi ritorno

• 2 c 2 tutto campo con appoggi senza palleggio • 4 angoli

o dai e vai o con passaggio baseball

• 3 file a metà campo per apertura di contropiede • Gioco 10 passaggi 2 c 2 per avere un solo ricevitore a disposizione

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88 FFoonnddaammeennttaallii ddiiffeennssiivvii I fondamentali individuali difensivi sono gli elementi tecnici che costituiscono

un’azione difensiva. Gli aspetti più importanti nei fondamentali difensivi sono: • Il lavoro sui piedi • L’equilibrio

8.1 Aspetti tecnici La capacità di difendere necessita di meno talento rispetto a quella di

attacco. Esistono però degli aspetti che coinvolgono diverse aree della sfera personale e che pur esulando da contenuti prettamente tecnici possono influenzare notevolmente il rendimento difensivo di un atleta:

• Capacità fisiche • Atteggiamento mentale • Capacità coordinative I fondamentali difensivi sono: • Posizione • Uso delle braccia e delle mani • Scivolamenti • cambio di guardia • passaggio da corsa a scivolamento • passaggio da scivolamento a corsa La posizione difensiva è simile alla posizione fondamentale d’attacco. Non

occorre, tuttavia, insistere con i nostri giocatori, sul concetto di stare bassi. Ottimi difensori, infatti, ottengono grandi risultati anche non accentuando particolarmente la flessione delle gambe in difesa. Dipende tutto dalle caratteristiche fisiche.

Nella pallacanestro la difesa in generale, subisce l’attacco. Non esiste in concreto l’iniziativa della difesa così come negli sport in cui è previsto il fuorigioco. La difesa, di conseguenza, deve adattarsi a tale aspetto e compiere delle scelte. Tutte le scelte devono però essere supportate sempre dalla ricerca del migliore equilibrio possibile, al fine di realizzare sempre una difesa efficace.

Es. su un movimento di smarcamento in uscita dall’area dei tre secondi, non scelgo di anticipare. Questa scelta, infatti, fornirebbe, all’attacco, una buona occasione per un movimento di back door. Scelgo invece di lasciar ricevere l’avversario per poter immediatamente apportare una nuova difesa in stato di massimo equilibrio.

Nella difesa il movimento principale è lo scivolamento. Lo scivolamento si effettua muovendo per primo il piede della direzione in cui mi muovo.

Questo tipo di gesto tecnico fornisce al difensore la massima reattività in condizione di massimo equilibrio. Minore è l’intervallo dello spazio tra i passi di scivolamento maggiore è la capacità di riacquistare la condizione di equilibrio.

• Scivolamento con passi brevi; • Corsa e immediatamente scivolamento;

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• Ripristino della posizione di equilibrio dopo aver compiuto una scelta. Pur se tale movimento, come detto, fornisce il massimo stato di equilibrio è

pur vero che paga la perdita di velocità di spostamento del difensore. Velocità che viene al contrario, recuperata durante la fase di corsa atletica. Anche in tale contesto occorre compiere delle scelte. Scelta che privilegino sempre un buon recupero dell’equilibrio.

Es. taglio in uscita dell’attaccante, dall’area dei tre secondi. In questo caso se scegliessi di scivolare consentirei all’attaccante un ampio spazio. Opto quindi per una corsa atletica e per un immediato recupero dell’equilibrio una volta terminata quest’ultima.

Un ulteriore aspetto da non trascurare è il lavoro delle braccia. Il movimento delle braccia deve essere infatti indipendente rispetto a quello delle gambe. A tale scopo occorre lavorare molto sugli aspetti coordinativi.

Es. difesa sul tiro. Esercito una difesa sul tiro ostacolando con il braccio più vicino alla palla il movimento, contemporaneamente mantengo la posizione di equilibrio evitando di muovere le gambe. Un movimento sincronizzato braccio-gamba, infatti, mi porterebbe fuori equilibrio consentendo all’avversario di prendere un vantaggio.

8.2 Gli esercizi • Rapidità dei piedi lavorando con le linee del campo

o Step con passi avanti, avanti, dietro dietro o Avanti, dietro in movimento utilizzando un solo piede o Scivolamento a cavallo della linea

In tutti questi esercizi la parte di maggiormente sottolineata è stata quella di eseguire i movimenti evitando di staccare (saltare) i piedi dal terreno di gioco. In questo modo, infatti, non si perde mai l’equilibrio.

• Scivolamenti linea volley-basket o Scivolamenti con cambio di senso al comando dell’istruttore; o Scivolamento corsa verso la line avolley opposta ed arresto a

cavallo della linea; o Scivolamento corsa e ancora scivolamento; o Scivolamenti e corsa con cambio

In questa parte è stata preponderante la ricerca dell’equilibrio una volta terminato il movimento. Si nota moltissimo, tale aspetto, durante il lavoro con il cambio di senso.

• Scivolamenti con rapidità o Scivolamento con cambio di guardia o Scivolamento corsa e scivolamento o Scivolamento in arretramento con palla e conclusione in terzo

tempo o Scivolamento in arretramento con palla e 1 c 0

Equilibrio e coordinazione nella rapidità e cambio della guardia negli esercizi in arretramento. Migliorare l’interesse introducendo temi come il tiro in corsa.

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• Scivolamenti seguendo il movimento della palla effettuato da un compagno

• Scivolamenti a coppie seguendo il movimento della coppia guida con palla.

Scelta di tempo e spazio. Coordinazione e collaborazione. Molti dei postulati di base seno stati introdotti nell’ultima parte e lo sviluppo di questi ultimi permette la visione completa dei movimenti effettuati analiticamente in precedenza.

8.3 Conclusioni Si ritiene opportuno citare la frase che maggiormente ha colpito durante la

lezione: “Quanto migliore è lo stato di equilibrio in fase difensiva tanto migliore è l’efficacia della difesa.”

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99 RReeggoollaammeennttoo TTeeccnniiccoo Il modulo sul regolamento tecnico, tenuto dall’istruttore regionale C.I.A.

Maurizio Rostain, si è posto i seguenti obiettivi: • Dare una panoramica generale su amministrazione del referto, diritti e doveri

dell’allenatore, violazioni e falli. • Insegnare ai futuri allievi allenatori i primi rudimenti di meccanica arbitrale, in

modo da essere sufficientemente pronti per arbitrare le partite di categorie Under 14 e Under 13 previste nell’iter formativo di passaggio dal primo al secondo anno di corso. La lezione si è dimostrata oltremodo interessante, sfatando alcuni “luoghi

comuni” sul regolamento tecnico, e attuando una proficua interazione fra l’istruttore e i corsisti.

Il limite della lezione è coinciso con il tempo a disposizione, inferiore a quello necessario per trattare in modo efficace tutti gli argomenti, ma almeno si è riusciti a stimolare la curiosità sul regolamento tecnico, che gli allievi potranno colmare, leggendolo con attenzione.

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1100 PPrreeppaarraazziioonnee ffiissiiccaa La proposta didattica, teorica e pratica, suddivisa in due moduli da 3 ore

ciascuno, ha affrontato queste tematiche: 1. FATTORI DELLA PRESTAZIONE 2. L’IMPEGNO FISICO 3. PREVENZIONE / LAVORO INDIVIDUALIZZATO 4. POSIZIONE FONDAMENTALE DI EQUILIBRIO 5. CONTROLLO POSTURALE 6. I MOVIMENTI SPECIFICI DEL GIOCATORE 7. COORDINAZIONE MOTORIA 8. CAPACITA’ DI CARICO 9. ORGANIZZAZIONE DELL’ALLENAMENTO Il preparatore Claudio Trisoglio ha fornito la presentazione del suo intervento,

sul quale i corsisti hanno relazionato, ricevendo opportuni feedback. In tanti moduli tecnici del corso sono stati ripresi alcuni concetti legati ad aspetti metabolici e posturali affrontati durante i moduli e rivisti nelle situazioni di gioco.

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1111 EElleemmeennttii ddii ddiiddaattttiiccaa Il modulo sulla didattica, tenuto dal formatore nazionale Julio Trovato, è stato

svolto con tutti e tre i corsi unificati (Buttigliera, Moncalieri e San Mauro) in occasione della presentazione del corso, con due obiettivi:

• uniformare i concetti base della didattica su tutti i corsi, delegando ciascun formatore nella autonoma e personale proposta dei contenuti tecnici;

• fornire subito le basi per una corretta ed efficace didattica, in modo da poterne poi richiamare alcuni elementi durante i moduli tecnici.

Qui di seguito sono riportate le diapositive utilizzate nella presentazione.

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1122 MMeettooddoollooggiiaa ddeellll’’iinnsseeggnnaammeennttoo ssppoorrttiivvoo A cura della prof.ssa Mirella Ronco Docente della Scuola dello Sport del C.O.N.I. Essere un allenatore significa rivestire il ruolo di insegnante e di educatore

consapevole, pertanto le proprie competenze professionali non possono non tener conto - oltre che delle approfondite conoscenze tecnico-sportive specifiche - anche dell’importanza di:

• Saper comunicare con i propri allievi / atleti; • Essere in grado di motivare tutti, per mantenere alto l’interesse

all’attività e al miglioramento personale; • Conoscere a fondo il processo di Insegnamento – Apprendimento, per

agire opportunamente nei confronti del singolo atleta e del gruppo; • Essere in grado di programmare in modo mirato i suoi interventi, con

finalità e obiettivi chiari; • Saper osservare sistematicamente quanto fatto, per individuare ogni

aspetto utile a rendere sempre più efficace l’intervento tecnico, la verifica e la valutazione di quanto realizzato;

• Essere capace di gestire efficacemente i rapporti interpersonali con il gruppo, con i genitori e con i componenti della Società sportiva;

• Vivere e far vivere eticamente lo sport, mirando ad una vera e propria “educazione sportiva” di tutti.

Ogni allievo – anche se apparentemente simile per sesso ed età età - è diverso dall’altro per:

• Capacità, sia Organico-Muscolari che Coordinative. Ciò che è dato dalla natura e dalle opportunità di esercitarsi crea notevoli differenze tra un individuo e un altro anche a livello di abilità espresse, connesse con il passato e il background del giocatore per le possibilità di sviluppo che hanno avuto.

• Struttura fisica. Allievi che hanno la stessa età cronologica possono essere biologicamente molto diversi tra loro, specie nel periodo pre-puberale e puberale: l’azione ormonale – variabile come inizio - produce notevolissimi effetti a livello sia strutturale (aumento di statura, massa muscolare e adiposa, ...) che psicologico (accettazione e coesistenza con il proprio corpo che cambia più o meno in modo positivo rispetto a quello dei coetanei).

• Aspetti affettivi ed emotivi, sia in famiglia che in altri contesti fondamentali di vita (scuola, sport, tempo libero).

• Motivazioni all’attività, sia all’inizio di un percorso di vita sportiva, sia in ogni tappa successiva: se la motivazione cede, scema e può scomparire il desiderio di continuare.

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• Caratteristiche cognitive, perché la mente e le varie espressioni di intelligenza e di memoria giocano un ruolo essenziale per l’apprendimento – anche sportivo – e l’adattamento efficace ai diversi contesti di vita e di pratica sportiva. Da tener presenti, inoltre, i diversi stadi di sviluppo cognitivo, perché fino ai 10-11 anni le capacità di astrazione e rappresentazione (essenziali, ad esempio, per memorizzare mentalmente una sequenza di attività da compiere) non sono ancora perfettamente strutturate.

• Tempi di apprendimento, spesso molto differenti tra un individuo e l’altro.

• Qualità sociali, che si esprimono nel diverso modo di rapportarsi e collaborare con gli altri.

12.1 La comunicazione “Comunicare” vuol dire mettere in comune informazioni attraverso un

processo di trasmissione e ricezione tra due o più persone. Chi vuole dunque comunicare qualcosa deve porsi in modo da mettere l'altro nella situazione ottimale per ricevere la sua comunicazione.

Un messaggio non è mai neutro, perché: • chi lo emette lo filtra, in base alle sue caratteristiche personali e le sue

finalità • chi lo riceve lo integra con il suo vissuto, le sue conoscenze, i suoi

obiettivi. Un allenatore deve perciò riuscire a leggere correttamente il feedback (cioè

l’informazione di ritorno che gli perviene a seguito di quanto trasmesso) che il suo atleta gli comunica, vale a dire come egli ha recepito e rielaborato il messaggio che ha ricevuto, e considerare che ognuno ha i suoi “tempi” anche per comunicare, diversi da quelli di qualsiasi altro soggetto: deve stare attento a non dare niente per scontato, per creare un ponte comunicativo che funzioni nel modo migliore.

E' importante verbalizzare il lavoro che è stato fatto. Una strategia utile per fissare i contenuti che si vogliono trasmettere durante

l'allenamento e per verificare come siano stati rielaborati è chiedere agli atleti di verbalizzare il lavoro svolto. Questo infatti porta l'atleta a:

• connettere in modo temporale il lavoro svolto (facilitando l'apprendimento futuro)

• aiuta la memorizzazione dei gesti e dei concetti su cui si è lavorato

I princìpi di un processo comunicativo Alla base del processo comunicativo ci sono quattro princìpi fondamentali

(assiomi): • Non si può non comunicare. Anche il silenzio e l’immobilità più neutra

in realtà “parlano”.

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• Tutti gli scambi comunicativi sono simmetrici (es: tra compagni di squadra o gruppo di amici o colleghi, ecc.) o complementari (es. tra allenatore e atleta, docente e allievo, ecc.).

• Le comunicazioni si compongono di aspetti verbali e non verbali: “comunicare” non vuol dire solo usare la voce, perché in relatà è tutto il corpo che parla (sguardi, movimenti della testa, postura...), egli aspetti non verbali sono quelli maggiormente percepiti come veritieri dagli altri.

• Occorre vagliare attentamente – e ci vuole grande attenzione, sensibilità e costanza d’impegno per farlo - gli aspetti non verbali che si possono cogliere dai propri giocatori (svogliatezza, timidezza, propositività, nervosismo, ecc.), perché solitamente la comunicazione non verbale non è intenzionale: essa può rivelare molto del carattere dei vari soggetti, permettendo di trovare la strategia migliore per comunicare con ciascuno.

• Ogni comunicazione ha un aspetto di relazione (dato dal rapporto che in quel momento è presente o si instaura tra le persone) e uno di contenuto (legato a ciò che si intende trasmettere).

• Il messaggio di relazione: o non manca mai (anche se spesso è inconsapevole) o è più veloce del contenuto o incide sul contenuto, sulla comprensione e sull'ascolto (proprio o

altrui) o il suo feedback migliore è la conferma, l’accoglienza del messaggio.

Il messaggio relazionale incide dunque fortemente su quello che è il contenuto che si trasmette, per cui è bene che un allenatore crei e conservi un clima relazionale intenso per mantenere a livelli elevati la soglia comunicativa (sia come emittente che come ricevente) presente in lui e nei suoi atleti.

Per comunicare efficacemente Per essere un buon comunicatore occorre lavorare su: • Messaggi verbali: diretti, chiari e costruiti in modo specifico per la

propria utenza • Risposte: chiare, tempestive e sicure a eventuali domande (se in quel

momento non c’è tempo o non è il caso di soffermarvisi, fornire comunque una risposta essenziale, per poi magari riprendere il concetto in un secondo tempo)

• Capacità di “ascolto”: delle parole, dei bisogni del momento, delle difficoltà, degli spazi interpersonali

• Comunicazione non verbale di cui si è portatori • Paralinguaggio (es: volume e tono della voce, scansione delle parole,

uso di pause e variazioni di ritmo, ecc.) • Uso dei rinforzi, per motivare al rapporto e all’espressione.

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Gli ostacoli ad una comunicazione efficace Che ostacoli può trovare una comunicazione? • L'iceberg delle emozioni. Spesso delle emozioni (dell'allenatore, ma

anche dei giocatori) si manifesta solo una parte: resto resta nascosto, ma va considerato. (qualsiasi atteggiamento di nervosismo, di indifferenza o di euforia ha sempre un perché).

• Il paraocchi, vale a dire vedere solo quello che si vuole e non il resto. Un esempio potrebbe essere quello prodotto dal cosiddetto “Effetto Pigmalione”: comunicare e lavorare in modo privilegiato con un certo giocatore, consente a questi di ottenere il massimo dei benefìci possibili dall’allenamento mentre gli altri, trascurati, fanno sempre meno e si deprimono sempre più senza che ciò venga colto dall’allenatore. In questo modo si rischia di demotivare chi invece avrebbe – magari in un prossimo futuro - ottime potenzialità di riuscita.

• Il terzo orecchio: farsi distrarre da rumori di fondo, da pensieri non inerenti.

• Il tutto subito: avere fretta, dare per scontati tanti aspetti pensando che sia ovvio e immediato il riscontro da ottenere, che il tempo di apprendimento sia corrispondente al tempo di spiegazione

• Il giudice: giudicare sempre l'operato degli altri ma mai il proprio; è l’atteggiamento tipico di chi dà continuamente la colpa agli altri per qualsiasi cosa, ottenendo spesso reazioni negative.

• Il predicatore: dispensare consigli in ogni occasione come se si fosse depositari della Verità assoluta; in questo modo la propria volontà tende a volersi sostituire alle esperienze altrui, stroncando le opportunità di crescita e di autonomia decisionale degli altri (dei giocatori, nel nostro caso).

Allenare comunicando efficacemente I protagonisti di un allenamento sono sempre almeno due: l'allenatore e

l'atleta (o gli atleti). E' importante che queste due figure coesistano dinamicamente, per rendere possibile – da parte dell’allenatore – un’efficace comunicazione didattica, in quanto – perché si verifichi un apprendimento - non è tanto importante ciò che il docente dice, quanto piuttosto ciò che il discente capisce.

Nel caso dell’insegnamento sportivo, non si può prescindere da: • la consapevolezza dei bisogni dell'atleta dal punto di vista tecnico,

relazionale e motivazionale • le relazioni interpersonali che si instaurano tra allenatore e atleta, tra

allenatore e genitori (nel caso di squadre giovanili) e tra genitori e atleta stesso.

• il contesto in cui si comunica, che può essere variato (lo spogliatoio, alcuni angoli particolari..) in modo da favorire gli scambi in certi frangenti

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• il modo in cui l'allenatore si pone, lo stile di insegnamento L'allenatore può decidere di fornire delle informazioni dopo aver osservato

attentamente e considerato: • Se è necessario. L'errore visto è fondamentale e da correggere

immediatamente o casuale o ripetuto nel tempo, e ce ne si può rendere conto solo osservandone la comparsa in tempi successivi, anche se a breve distanza?

• Quando comunicare. C’è comunicazione e comunicazione: c’è quella fatta con calma, dettagliata, e quella “volante”, volta a sostenere ed affiancare l’esecuzione pratica. Entrambe, anche se diverse, vanno utilizzate in modo appropriato e coerente con il contesto in cui si sta operando.

• Cosa va comunicato. Occorre cogliere il nucleo dell'errore principale, non si può correggere tutto in una volta sola.

• Quanto e come comunicare. Non bisogna parlar troppo, ma lasciare invece molto spazio alla pratica, che migliora la percezione dello spazio, le abilità. l'orientamento, l'equilibrio, la coordinazione e la tecnica del giocatore

• Come atteggiarsi. A seconda dell'atteggiamento che si tiene, del modo in cui ci si pone verso un atleta o un gruppo, cambiano i risultati che si ottengono. Ci si può infatti porre: o in modo autoritario, imponendo il proprio punto di vista e non

dando spazio a alternative; è un atteggiamento utile se la situazione rischia di degenerare o i tempi sono limitati. Un atteggiamento esclusivamente di questo tipo, specie con i più giovani, non favorisce però la maturazione degli atleti, riduce la loro autostima, in quanto essi diventano dei semplici esecutori, e limiterà fortemente la creatività. Essere autoritario è diverso dall’essere autorevole, cioè riconosciuto competente e depositario di un sapere, rispettato e riconosciuto come riferimento importante dal gruppo, che ne asseconda volentieri le volontà. L'autoritarismo (se necessario) di un allenatore autorevole è sopportato quindi molto bene dagli atleti.

o in modo protettivo, rendendo cioè la vita facile ai giocatori per non dover mai fare vivere delle delusioni. Un atteggiamento di questo genere dà luogo a progressi piccolissimi nell’arco di tempo, in quanto si cerca di non assegnare proposte o incontri difficili al gruppo, che non verrà quindi mai posto nella situazione di doversi attivare per trovare soluzioni necessarie a far fronte a delle complicazioni. Esso si rivela utile solo eccezionalmente e per casi ben definiti e limitati nel tempo (es: difficoltà di integrazione nel gruppo; recupero di autostima), ma non può essere l'unico atteggiamento utilizzato sempre.

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o in modo permissivo, non imponendo dei limiti e creando la condizione ideale per il non-rispetto delle regole e la non-attivazione dell’attenzione. È molto difficile recuperare il controllo del gruppo da una situazione di questo genere; è più facile invece il contrario, partire cioè da regole molto precise da rispettare per lasciare poi scaturire successivamente momenti di attività meno rigide, ma sempre ordinate e regolamentate.

o in modo democratico, comunicando i propri pensieri e i propri obiettivi, coinvolgendo – quando ciò fosse utile – gli atleti nelle riflessioni e nei confronti. Questo modo di lavorare e porsi, anche se gratificante e motivante per gli atleti, richiede però tempi molto lunghi.

L’ideale è saper miscelare un po' tutto, a seconda dei momenti, delle scadenze, del procedere della programmazione, delle variabili legate a contesti di verio genere.

12.2 Giovani atleti crescono… In francese “allenare” si traduce con “entrainer”, che ha un significato molto

più ampio del corrispettivo italiano. Infatti la sua traduzione significa: • tirare “con” sé o “verso” di sé • agire sui sentimenti di terzi in modo positivo e maturativo • essere la causa e avere la conseguenza, essere un punto di partenza e

di arrivo Si tratta dunque di un intervento a 360 gradi sull’individuo da allenare: si

agisce sul corpo ma anche sulla psiche per migliorare le prestazioni, e vi è un adattamento continuo al gruppo ma anche ai singoli, diversi gli uni dagli altri. Il tutto in vista di una maturazione complessiva della persona e dell’atleta che si mette in gioco per migliorare le sue abilità e le sue competenze, insieme ad un allenatore non distante, ma parte integrante della crescita, dei successi e delle sconfitte.

Tappe di sviluppo essenziali Un ragazzo ha un “prima” e un “dopo”: uno lo influenza, l’altro lo aspetta. A seconda delle opportunità di confronto con se stesso e con gli altri, di

sperimentazione della propria motricità, di cammino verso l’autonomia percorso individualmente e nel confronto con gli altri, ciascun soggetto può successivamente vivere con più o meno facilità l’esperienza sportiva. E se si ha a che fare con gruppi giovanili, ciò si manifesta ancora con particolare evidenza.

Andiamo a vedere qualche tappa fondamentale dello sviluppo sia motorio che della personalità (le età sono puramente di riferimento generale, perché numerose sono le possibilità di anticipazione o di ritardo rispetto ad esse, dipendenti da altrettante opportunità favorevoli o interferenze negative):

0-2 anni: scoprirsi e scoprire il mondo. Si sperimenta il proprio corpo che si muove, che si esplora e si appropria dello spazio, che è sede di sensazioni, che può muoversi in modo vario e sempre più efficace nella realtà circostante. Si

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conquista la parola, per comunicare con gli altri anche il proprio pensiero; si conquista la stazione eretta per spostarsi agevolmente e “a mani libere”. Se il bambino è in un ambiente stimolante, con persone che stanno al gioco e lo fanno sperimentare, si iniziano a creare ottimi prerequisiti per l'apprendimento futuro (equilibri, dosaggio della forza, orientamento,...).

2-6 anni: scoprire l’altro e gli altri. Si passa da un modo solitario di giocare a forme più intergrate con gli altri: si imita la realtà, si rivestono dei ruoli, si rivestono gli oggetti di significati simbolici; si scoprono le regole essenziali del giocare con gli altri, del rispetto di tempi e turni. Si afferma sempre più il proprio punto di vista, maturando gli estremismi tipici dei 3-4 anni con i successivi confronti – prevalentemente scolastici e ludici – con i coetanei, grazie al ruolo di intermediazione svolto dagli adulti di riferimento. Il percorso verso l’autonomia di pensiero e di movimento vive un periodo magico: compito dell’adulto è quello di aiutare la sperimentazione controllata e sicura, la consapevolezza e la capacità di scelta.

6-11 anni: il corpo e la mente crescono. All’inizio di questo periodo si verifica il primo picco di crescita staturale, a seguito del quale si modificano gli spazi percepiti e si ha una diminuzione della forza in quanto vi è un deficit anatomo - fisiologico generale; non avrebbe alcun senso un lavoro troppo intenso da un punto di vista muscolare, in quanto gli apparati non sono ancora del tutto sviluppati, così è ottima cosa lavorare principalmente sulle capacità Coordinative, in modo polivalente e multilaterale. In questi anni si evolvono anche le anche le capacità cognitive, che vedono il passaggio dalla concretezza dell’esperienza utile ad apprendere a forme di intelligenza in cui la logica trova spazi importanti.

Dagli 11-12 anni in poi: progressivo scompiglio generale (affettivo, cognitivo, sessuale, individuale e sociale) a seguito dell’azione ormonale che contraddistingue l’età prepuberale e – soprattutto - la pubertà vera e propria. Cambia il corpo, che cresce a più riprese a livello ponderale e staturale; si evidenziano, con tempistica tutta loro, i caratteri sessuali secondari, che spesso creano non pochi disagi; la pelle risulta spesso costellata di irregolarità poco estetiche. E intanto il mondo dell’immagine bombarda l’immaginario collettivo – anche quello adolescenziale – di parametri estetici sinonimi di successo. Parallelamente, nel giovane cresce il bisogno di sentirsi parte di un gruppo a sè stante, diverso da quello familiare, un gruppo che accolga e condivida pensieri, scoperte, esperienze. Qui si gioca il grosso ruolo del gruppo-squadra, dove ciascuno trova una sua collocazione, in cui si condividono regole e fatica, si raccolgono incitamenti e rimproveri se va scemando l’impegno ad andare più in là. L’allenatore stesso diventa adulto di riferimento, da imitare e cui tendere per assomigliargli; una bella responsabilità, un’opportunità educativa straordinaria.

Nei ragazzi, a qualsiasi età (anche se con ovvie diversità di approccio) è importante educare all’autostima, per poter poi avere giocatori meno ansiosi, capaci di maggior concentrazione e fiducia nelle proprie capacità e – conseguentemente – capaci di prestazioni migliori, quindi con una migliore motivazione verso l’attività sportiva.

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12.3 La motivazione La motivazione è una spinta interna che indirizza un individuo verso una

meta. In questa ottica è fondamentale porsi degli obiettivi chiari e ben definiti, in quanto la mancanza di motivazione potrebbe essere poi la causa di noia, insoddisfazione o – nel peggiore dei casi – di abbandono dell’attività.

La motivazione è un atteggiamento mentale influenzato da: • Personalità dell'individuo • Abilità possedute • Desiderio di riuscita, la voglia di successo. Le motivazioni non hanno tutte la stessa origine. Esse possono infatti essere: • intrinseche, interne al ragazzo, attivate dai bisogni (sulle quali occorre

puntare moltissimo) • estrinseche, che dipendono da un intervento esterno al soggetto La presenza (o l'assenza) di motivazioni può dipendere da: • la situazione contingente, il contesto • la qualità degli stimoli ricevuti • l'intensità degli stimoli ricevuti • la difficoltà del lavoro; il lavoro è infatti motivante solo se è sempre un

po’ più difficile di ciò che si sa fare, mentre è demotivante se troppo difficile o troppo facile

• le abilità socio – relazionali del ragazzo, nei copnfronti sia degli adulti che del gruppo dei pari.

La motivazione di un giocatore influisce poi su molti aspetti: • Ciò che facciamo; • Quanto tempo vi impieghiamo; • Come lo facciamo; • Come percepiamo i risultati del nostro agire. Le motivazioni si suddividono in due categorie: Generali e Specifiche

all'attività sportiva e motoria.

Motivazioni generali Sono relative al benessere dell'individuo in relazione a tutti gli aspetti del suo

essere. Si possono riconoscere Motivazioni: • ATTINENTI AL CORPO

o Esperienze cinestetiche piacevoli o Autocontrollo.

• ATTINENTI ALL’AMBIENTE o Padroneggiare la realtà esterna o Esplorazione e risoluzione di problemi posti dall’ambiente

• ATTINENTI AGLI ALTRI

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o Identificazioni positive con il gruppo dei pari o Ricerca di consenso, cooperazione ludica e confronto competitivo o Esplorazione e assunzione di regole d’interazione sociale grazie al

gioco • ATTINENTI AL SÈ

o Fiducia in se stessi e autoaffermazione o Ricerca d’identità.

Motivazioni specifiche alle attività motorie e allo sport Esse si dividono, a loro volta, in due gruppi distinti: primarie e secondarie. Le Motivazioni Primarie sono: • il gioco, la fonte principale di conoscenza, esperienza, confronto. La

tecnica va infatti inserita su una base ludica, con i più giovani, perché se il bambino si diverte è più propenso a imparare e a migliorarsi.

• l'agonismo, il confronto con se stessi e con gli altri che va vissuto in modo opportuno, con la consapevolezza dei traguardi positivi raggiunti sotto tutti i punti di vista.

Le Motivazioni Secondarie sono: • il successo, la spinta alla soddisfazione personale • l'affiliazione al gruppo sportivo in cui ci si trova, il farne parte • l'estetica • la compensazione, il poter trovare nello sport gratificazione che altrove

non si raccolgono (nel rendimento scolastico, ad esempio)

Effetti della motivazione Una persona motivata: • si attiva più facilmente, • fissa più velocemente la sua concentrazione verso un certo obiettivo o

una data finalità, indirizzandovi i propri sforzi Non è facile, dall’esterno, capire se una persona è motivata oppure no, ma è

importante sapere che possono essere causa di demotivazione: • scarsa autostima presente nel soggetto • limitazione oggettive (fisiche, ortopediche..) all'attività • difficoltà a relazionarsi e a confrontarsi, sia con gli adulti che con il

gruppo dei pari • scarsa predisposizione al nuovo • scarso interesse per le attività ludico – sportive in generale

Come rinforzare la motivazione C’è tutta una serie di accorgimenti e strategie attuabile allo scopo di

rinforzare la motivazione all'attività:

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• valorizzare gli sforzi e l'impegno prodotti, ancora prima del risultato ottenuto. Più che sulla prestazione, bisogna focalizzarsi sul compito, su ciò che è stato fatto e come lo si è fatto

• limitare la correzione degli errori, nell'esecuzione di specifici gesti motori e tecnici, a quelli fondamentali

• creare un clima sereno, positivo e sollecitante • presentare le attività che si vogliono proporre in modo stimolante • collaborare in modo positivo e attivo con tutte le altre figure che

interagiscono nell'educazione del gruppo e dei singoli atleti (genitori, dirigenti..)

La leadership Per Leadership si intende un processo di influenza interpersonale, orientato

verso degli obiettivi, che uno o più membri del gruppo esplica verso gli altri grazie a qualità “polarizzanti”. L’allenatore di una squadra o di un gruppo può – e dovrebbe – essere un leader tra e per gli altri.

Caratteristiche di una buona leadership: • Sapere che il proprio ruolo è “servire” e non viceversa • Far sentire importanti tutti • Dare direttive chiare • Essere efficaci, con poche parole • Criticare in privato e lodare in pubblico • Separare l’errore dalla persona • Enfatizzare il lavoro di squadra, piuttosto che l’individualità • Dall’oggi puntare chiaramente al domani • Accettare anche critiche e rimproveri

La leadership dell’allenatore si esplica attraverso: • Acquisizione e miglioramento delle competenze sportive degli atleti • Mantenimento della disciplina • Realizzazione di quanto serve a raggiungere le mete postesi dalla

Società Sportiva • Motivazione degli atleti L’allenatore vince e perde insieme alla squadra o al singolo atleta.

STILI DECISIONALI che influenzano la leadership dell’allenatore (Vroom e Jago, 1978):

• AUTOCRATICO I prende personalmente le decisioni basandosi sulle informazioni ottenute

• AUTOCRATICO II ottiene le informazioni dai membri e decide da solo

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• CONSULTIVO I consulta individualmente i membri più influenti del gruppo, ne considera le idee e decide da solo

• CONSULTIVO II condivide i problemi con tutti insieme, ne considera le idee e decide da solo

• STILE DI GRUPPO condivide i problemi col gruppo, lascia che questo esamini soluzioni alternative e giunge ad una soluzione consensuale

La scelta dello stile decisionale da utilizzare dipende da: a) Pressione del tempo b) Qualità della richiesta c) Informazioni dell’allenatore d) Complessità del problema e) Richiesta di accettazione f) Potere dell’allenatore g) Integrazione della squadra

12.4 L’apprendimento L'apprendimento è un processo dinamico di interazione nel quale l'allievo

dà il suo contributo attivo. I termini processo e dinamico sottintendono che alla base dell'apprendimento sono presenti continue evoluzioni e cambiamenti in atto.

L'apprendimento può essere: • motorio • cognitivo • affettivo In base alla natura della sua attivazione, si può parlare di apprendimento: • spontaneo, che avviene in seguito a interazioni casuali tra l'organismo

e l'ambiente; l'iniziativa è attivamente nelle mani del singolo, il quale fa suo qualcosa di sperimentato o casualmente o per imitazione. Le potenzialità maturate vengono espresse con l'esercizio spontaneo.

• orientato: c'è un soggetto esterno (l'educatore) il quale guida e orienta le proposte fatte al soggetto, che hanno come risultato ultimo il cambiamento auspicato. In questo caso l'apprendimento è guidato e assistito in modo sistematico.

L'apprendimento motorio L'apprendimento motorio è un processo temporale, nel quale si passa

attraverso tre stadi successivi variabili come durata: 1) Coordinazione Grezza (primi accenni di movimento; presenza di molte

tensioni muscolari e scarso controllo della forza; attenzione volta

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prevalentemente al risultato; forte dipendenza dalla memoria motoria posseduta)

2) Coordinazione Fine (miglioramento generale; molto tempo dedicato all’allenamento; maggior controllo delle informazioni; miglior coordinazione intramuscolare e intermuscolare; capacità di ripetere correttamente più volte quanto appreso; esecuzione più consapevole)

3) Stabilizzazione della coordinazione fine, Disponibilità variabile (fase “aperta” di continuo perfezionamento; costanza di movimento e, quindi, di prestazione).

Perché possa avvenire un apprendimento, è necessario che vi sia la presenza di alcuni prerequisiti ad esso:

• Idoneità del soggetto. Ad esempio l’età gioca un ruolo importante: lo sviluppo neuro-fisiologico avviene in direzione cefalo-caudale e prossimo - distale (cioè dal capo verso i piedi e dal centro del corpo verso la sua periferia), ragion per cui i piedi sono l'ultima parte a poter essere controllata con efficacia e non ha senso proporre esercizi in cui serva un loro utilizzo preciso a bambini ancora troppo piccoli.

• Disponibilità del soggetto ad apprendere e fare esperienza. L'idea di imparare deve procurare piacere ed impazienza.

• Opportunità del soggetto ad apprendere (es: numero e tipologia di palestre e istruttori presenti sul territorio; iniziative di promozione sportiva a scuola; ecc.).

Meccanismo cognitivo alla base di un apprendimento motorio: • Progettazione di un’azione in vista di uno scopo • Rievocazione di un programma motorio adeguato e adattabile • Differenziazione e integrazione di tale programma sulla base di un

nuovo modello • Controllo del nuovo programma attraverso il risultato parziale o globale

dell’azione Il feedback esterno, fornito dall’allenatore o da strumentazioni di vario

genere, dovrebbe rendere accessibili e coscienti le informazioni interne (feedback intrinseco, legato alle percezioni soggettive ricevute costantemente da organi e apparati) dell’allievo e far sì che questi sia in grado di riformulare il progetto motorio in funzione dell’esecuzione precedente. “Determinante non è quello che l’emittente dice, ma piuttosto quello che il ricevente capisce” (H .U. Mutti,1999).

Princìpi metodologici Per favorire qualsiasi tipo di apprendimento, anche quello motorio, occorre

lavorare con attenzione sui seguenti aspetti metodologici: a) la formulazione degli obiettivi b) la presentazione del compito c) l'individualizzazione

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d) la quantità di esperienza e) la variabilità delle proposte f) la correzione dell'errore e il rinforzo motivazionale g) l'autovalutazione

a) La formulazione degli obiettivi Gli obiettivi è necessario che siano: • scanditi nel tempo, definendo bene quelli a lungo, medio e breve tempo • individualizzati, perché tutti devono poter esprimere le proprie

potenzialità • difficili, ma realistici (altrimenti demotivano) • formulati – quando possibile - anche insieme all'allievo, in quanto egli è

parte attiva del processo di apprendimento • verificati, perché ci vuole sempre un feedback oggettivo di riscontro (se

il suo esito è negativo, occorre riconsiderare quanto fatto per proporlo in modo più efficace).

Il proprio piano di lavoro va progettato prima e poi eventualmente modificato in base alle capacità, ai ritmi di apprendimento e alle abilità dei singoli e del gruppo (non deve essere rigido, ma va adattato alle esigenze del momento).

Può essere utile tenere schede riassuntive, che servono: • per la pianificazione globale del lavoro • come evidenze delle singole sedute (se vengono presi tempi, o

misurazioni particolari), in modo da creare una banca dati utilizzabile anche in un secondo momento.

b) La presentazione del compito La presentazione del compito deve avvenire tramite: • informazioni chiare e sintetiche, fornite senza dilungarsi inutilmente a

parole • definizione verbale dei punti chiave dell'azione, anche con l’ausilio di

supporti visivi (dimostrazioni, immagini, filmati, ecc.) • collegamento immediato tra le informazioni fornite e l'esperienza

pratica e l’esecuzione di quanto richiesto • domande e richieste di spiegazioni, facendo verbalizzare le proprie

esperienze ai ragazzi (questo aiuta molto l’interiorizzazione e la memorizzazione di quanto appena svolto). Possono rivelarsi utili anche compiti di osservazione reciproca nei quali, ad esempio, un gruppo lavora mentre l'altro osserva e poi verbalizza

• attenzione all'organizzazione temporale dell'azione, tanto più impegnativa quanto più complessa

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c) Individualizzazione del lavoro Il compito va individualizzato: • adattando le proposte alle esigenze dei singoli ragazzi e del gruppo • formando gruppi omogenei (per età, capacità, livello di apprendimento,

ecc.) • assegnando compiti di difficoltà diverse (per motivare tutti) • assegnando compiti differenziati ai vari gruppi o per tipologia o per

livello di prestazione richiesta (ad esempio nei lavori a circuito fare richieste differenti ai vari gruppi, omogenei tra loro in riferimento ai parametri che interessano in quel momento)

• incoraggiando il lavoro autonomo e la messa in gioco personale

d) Quantità di esperienza La quantità di esperienza (cioè di “parte pratica”) si favorisce con: • la massimizzazione dei tempi di attività • la limitazione dei tempi di spiegazione • la suddivisione degli allievi in gruppi e, se essi sono numerosi, la loro

frequente alternanza con compiti di osservazione e di verifica La verifica è qualcosa di oggettivo, di misurabile (possono quindi

occuparsene anche i ragazzi, se organizzati e istruiti sul da farsi) ed è diversa dalla valutazione, che tiene conto anche del progresso nell'apprendimento, del tempo di apprendimento, dell'atteggiamento generale dell'atleta, delle modalità e del processo di apprendimento (ed è quindi un aspetto del quale si occupa personalmente l’allenatore/insegnante).

e) Variabilità delle proposte Le proposte fatte, per non essere noiose, vanno variate continuamente.

Questo si ottiene con: • esperienze multilaterali, soprattutto per i più giovani, utili a sviluppare

molto le Capacità Coordinative, così da esercitare più aspetti fondamentali

• esperienze variate, anche all'interno di uno stesso programma motorio, modificando richieste e condizioni esecutive (ad esempio gli spazi)

• simmetrizzazione dei movimenti (infatti il lavoro dell'arto contro-laterale fornisce ulteriori input anche a quello dominante, migliorandone la qualità esecutiva e coordinativa).

f) Correzione dell’errore e rinforzo motivazionale FASI dell’intervento correttivo: 1. Osservazione e identificazione (localizzazione, causa, frequenza,…) 2. Scelta se intervenire o meno 3. Definizione delle possibilità tecniche più appropriate di correzione

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4. Considerazione delle metodologie didattiche di correzione più appropriate

5. Scelta del tipo e della modalità di informazione da fornire 6. Intervento correttivo (non oltre 60” dall’esecuzione errata) 7. Controllo sull’efficacia dell’intervento fornito 8. Ripetizione del movimento per consolidarne l’apprendimento Gli errori vanno corretti senza produrre demotivazione nel soggetto. Per

ovviare a ciò è utile:: • ridurre gradualmente il feedback esterno: l'autonomia matura l'atleta,

che gradualmente si stacca dalla dipendenza di continuo giudizio del suo allenatore

• correggere un errore alla volta, partendo da quello più importante • fornire istruzioni in positivo e descrivere l'azione a posteriori; occorre

sottolineare anche ciò che è stato realizzato bene, per motivare ad un miglioramento delle lacune ancora presenti e ottenere sempre più attenzione

• coinvolgere il soggetto con domande (su quanto appena fatto, su eventuali altre possibilità esecutive, su pregresse attività simili, ecc.)

• richiedere all'allievo la valutazione di particolari dell'azione svolta e discutere con lui circa le difficoltà da lui incontrate; si rielabora mentalmente quanto fatto e si interiorizza, recuperando la memoria motoria a breve termine (molto forte) in modo che diventi efficace e durevole

• rivolgere frequenti incoraggiamenti • riconoscere i miglioramenti e l'impegno profuso • utilizzare un linguaggio chiaro e adeguato ad età e grado di

comprensione.

g) Autovalutazione Il ragazzo deve essere messo nella condizione di poter capire cosa ha fatto

di giusto e cosa di sbagliato, attraverso: • schede di valutazione che gli vengono fornite e attraverso le quali gli

viene chiesta una verifica sistematica dei livelli di prestazione; con questa specie di sintetico “auto-scout” viene stimolata la consapevolezza dell’apprendimento raggiunto, in quanto egli registra sistematicamente i suoi dati e può controllarli e confrontarli con altri (suoi o altrui) anche in momenti successivi

• rappresentazione grafica dei progressi ottenuti, in modo da vedere e controllare meglio i propri miglioramenti e avere ben chiari i propri punti deboli

• obiettivi periodici significativi e realistici che il ragazzo viene incoraggiato a porsi (devono essere ben identificabili, perché divengano significativi e traducibili in azioni concrete da svolgere)

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12.5 Osservazione e misurazione dell’apprendimento Per un allenatore è utile osservare l'apprendimento, al fine di: • determinare l'efficacia delle istruzioni date • poter fornire un feedback al ragazzo sulle prestazioni da lui realizzate • definire il livello di raggiungimento degli obiettivi che ci siamo

precedentemente posti L'insegnante si deve concentrare su: • condotta motoria dell'allievo, la realizzazione di quanto spiegato e

richiesto. • osservazione dello svolgimento dei movimenti, come vengono

realizzate le azioni in funzione dell'obiettivo (importante, a tal fine, porsi in un corretto punto di osservazione, così da poter considerare tutto ciò che serve).

Per svolgere una corretta osservazione, l'insegnante deve possedere: • una memoria motoria molto dettagliata. Non si può scrivere durante

l'esecuzione di un esercizio, ma registrare mentalmente la sequenza delle azioni per poterne poi trascrivere i punti salienti e parlarne coi ragazzi. Per la registrazione, si possono preparare griglie di verifica / valutazione con dichiarati Descrittori (= elementi da osservare) e Indicatori (= quantificazione dell’aderenza o meno al modello esecutivo auspicato).

• avere un’ottima capacità di anticipazione mentale, in quanto occorre conoscere alla perfezione il movimento atteso e dunque sapere quando andare ad osservare i vari gesti che lo compongono (in quale ordine compaiono, in quale momento, ecc.).

Le osservazioni possono avere due finalità: • verificare • valutare

Osservazione di verifica La verifica serve a considerare nel dettaglio l'azione dell'atleta, per vedere: • se c'è o meno un errore • se viene utilizzata o meno una tecnica che è stata insegnata • la frequenza di utilizzo di una certa tecnica • la frequenza di utilizzo di un determinato comportamento o azione La verifica è oggettiva: si considera il contenuto che vogliamo verificare e lo

si quantifica.

Osservazione di valutazione La valutazione può avvenire in diversi momenti del lavoro: • iniziale, in modo da valutare i pre-requisiti dell'atleta o il suo punto di

partenza

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• in itinere, per vedere i singoli progressi • alla fine, per vedere il risultato finale È quindi legata a un concetto di rapporto temporale (prima – dopo). Essa:: • serve a giudicare la qualità della prestazione; • viene fatta mentre l'atleta è coinvolto nell'esecuzione globale del

movimento, non si guarda il singolo contenuto ma le competenze globali acquisite e messe in atto;

• ha una componente di soggettività (legata alla persona che valuta), che può essere minimizzata con l'uso di indicatori specifici.

Schede di osservazione • Hanno un modalità di utilizzo codificata • Delimitano il campo di osservazione • Definiscono gli aspetti qualitativi e quantitativi del comportamento da

osservare • Utilizzano Descrittori e Indicatori (numerici o simbolici) • Possono servire a verificare e valutare abilità, combinazioni fra abilità,

fasi esecutive, aspetti relazionali, comportamenti, …

12.6 Etica e sport L’Etica è, per definizione, la “parte della filosofia che si occupa del

problema morale, ossia del comportamento dell’uomo in relazione ai mezzi, ai fini, ai moventi”, e inoltre può essere indicata come il “modello di comportamenti che un individuo o un gruppo di individui segue nelle proprie azioni” (“Il Grande Dizionario Garzanti della lingua italiana”, Garzanti Editore, 1987).

Sport: fonte di “opportunità” e di “rischi” Lo sport può offrire numerose opportunità positive ai ragazzi, affinché essi

crescano nel migliore dei modi: divertimento, miglioramento delle proprie abilità, maturazione del carattere, benessere anatomo - funzionale, interazione costruttiva con gli altri, allenamento dell’autostima, controllo emotivo, riscatto sociale (si può dimostrare quanto si vale anche partendo da una situazione culturale o socio-economica non “vincente”), valorizzazione delle diversità, possibilità di diventare un modello positivo per il prossimo, possibilità di fare dello sport una professione.

Lo sport può però anche assumere valenze negative, se praticato – o fatto praticare – in modo eticamente scorretto. Ad esempio, in esso è purtroppo possibile individuare con una certa frequenza:

• Pressioni sempre più marcate da parte di genitori e allenatori, tali da condurre un po’ per volta alla perdita del divertimento nel fare sport (aspetto invece fondamentale); questo è molto spesso causa di abbandono precoce, favorito da chi pretende troppo e troppo presto dal ragazzo.

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• Logica commerciale che prevale sulla logica sportiva. Il valore economico delle persone e delle manifestazioni sportive svolte a certi livelli prevalgono sul resto, facendo perdere di vista altri aspetti (ad esempio le gare disputate in orari non idonei a causa degli accordi televisivi;..).

• Precocità sempre maggiore della spinta all'agonismo, con rischi per la salute sia fisica che mentale del ragazzo (stress, delusioni, frustrazioni..).

• Ricerca di fama e benessere al di fuori del proprio Paese. Sono sempre di più gli atleti che tendono a migrare dagli Stati più poveri a quelli in cui vi sono maggiori possibilità di guadagno e crescita sportiva; ciò – ovviamente – aumenta sempre più il divario tra Nazioni e opportunità.

• Ricerca di successo a tutti i costi, come può accadere in assenza di arbitraggio o quando si ricorre a simulazioni di fallo o danneggiamento degli avversari.

• Impegni sempre più frequenti in calendario, che portano a rischi di doping. Anche a livello giovanile spesso non si favorisce una giusta distribuzione della fatica e dello stress (sia fisico che mentale) e del giusto e fondamentale riposo.

• Giudizi esterni sulla prestazione e sulla persona: pagelle, voti, cartellini, processi, osservatori causano stress psicologico.

• L'autostima legata unicamente alla vittoria.

Le “quattro D” dell’Etica Sportiva secondo Sandro Gamba: • DEDIZIONE • DISCIPLINA • DETERMINAZIONE • DESIDERIO DI DARE QUALCOSA IN PIÙ

Indicazioni etiche La CARTA DEI DIRITTI del ragazzo nello sport (Commissione Tempo Libero

ONU, 1992) 1. Diritto a fare dello sport 2. Diritto di divertirsi e di giocare 3. Diritto di beneficiare di un ambiente sano 4. Diritto di essere trattato con dignità 5. Diritto di essere accompagnato e allenato da persone competenti 6. Diritto di misurarsi con giovani di pari forza 7. Diritto di partecipare a competizioni adatte

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8. Diritto di praticare il proprio sport nel pieno rispetto delle norme di sicurezza

9. Diritto di disporre del sufficiente tempo di riposo 10. Diritto di non essere un campione.

CODICE EUROPEO di ETICA SPORTIVA (Consiglio d’Europa, 7^ Conferenza dei Ministri europei responsabili dello Sport. Rodi, 13 – 15 maggio 1992)

PRINCIPIO-BASE: Le considerazioni etiche insite nel “gioco leale” (fair play) non sono elementi facoltativi, a nessun livello (pratica, gestione e politica sportiva)

PRESUPPOSTO: Praticare uno sport e trarne soddisfazione è un diritto OBIETTIVO: Il fair play dei bambini e dei giovani, delle istituzioni e degli

adulti che hanno influenza diretta o indiretta su di essi

CODICE DI COMPORTAMENTO SPORTIVO (CONI, luglio 2004) 1. OSSERVANZA DELLA DISCIPLINA SPORTIVA 2. PRINCIPIO DI LEALTÀ 3. DIVIETO DI ALTERAZIONE DEI RISULTATI SPORTIVI 4. DIVIETO DI DOPING E DI ALTRE FORME DI NOCUMENTO DELLA

SALUTE 5. PRINCIPIO DI NON VIOLENZA 6. PRINCIPIO DI NON DISCRIMINAZIONE 7. DIVIETO DI DICHIARAZIONI LESIVE DELLA REPUTAZIONE 8. DOVERE DI RISERVATEZZA 9. PRINCIPIO DI IMPARZIALITÀ 10. PREVENZIONE DEI CONFLITTI DI INTERESSI

La carta del FAIR PLAY “Qualunque sia la mia funzione nello sport, anche quella di spettatore, mi

impegno a: 1. Fare di ogni incontro sportivo un momento di privilegio, una specie di

festa, qualunque sia l’importanza della posta e la virilità della gara 2. Conformarmi alle regole e allo spirito dello sport praticato 3. Rispettare i miei avversari come me stesso 4. Accettare le decisioni dell’arbitro o dei giudici sportivi sapendo che,

come me, hanno diritto all’errore, ma che fanno di tutto per non commetterne

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5. Non adoperare espedienti o inganni per ottenere un successo 6. Restare degno nella vittoria come nella sconfitta 7. Aiutare ognuno con la mia presenza, la mia esperienza e la mia

comprensione 8. Portare aiuto ad ogni sportivo ferito o in difficoltà tale da mettere in

pericolo la propria vita 9. Comportarmi da vero ambasciatore dello sport, aiutando a far rispettare

intorno a me i principi suddetti. Prendendo questo impegno, mi riconosco come un vero sportivo.”

I protagonisti di un percorso etico Gli allenatori sono figure non solo importanti per l’addestramento tecnico dei

soggetti loro affidati, ma anche riferimenti di grande rilievo nella formazione etica dei giocatori. I comportamenti che i praticanti assumono, in ambito sportivo, possono essere sono legati:

• al loro credo morale (quindi alla loro storia personale) • alle scelte fatte da chi li osserva e da chi ha potere d'immagine

(giocatori famosi, stampa..), di cui spesso diviene punto di riferimento ciò che viene sottolineato maggiormente (in bene e in male)

• ai piccoli atteggiamenti negativi che vengono talvolta tollerati e accettati, diventando consuetudini (es: piccole frodi sportive, simulazioni, ecc.) che rischiano di sclerotizzare comportamenti deprecabili.

Chi pratica uno sport deve cercare di comportarsi con correttezza dentro e fuori dal campo di gioco, e lo stesso comportamento dovrebbe essere tenuto anche dalle persone che organizzano lo sport e da coloro che lo seguono in veste di spettatori.

Questa educazione sportiva può essere trasmessa dai genitori, dagli allenatori, dalle società sportive in cui il giovane svolge la sua attività.

Sono molti, comunque, i soggetti particolarmente importanti nella formazione di un ragazzo che pratica sport:. Considerati in uno pseudo - ordine cronologico di intervento, essi possono essere individuati in:

• Genitori: offrono occasioni di conoscenza e sperimentazione o decidono senza possibilità di ripensamento? Scelgono considerando le inclinazioni del figlio o i propri interessi? In palestra e alle partite fanno i genitori o gli allenatori-bis?

• Altre figure “familiari” (conoscenti, ecc.). I consigli e le esperienze altrui vanno considerate, soppesate e confrontate in funzione del bene reale del ragazzo (a livello formativo, funzionale, psicologico e sociale)

• Amici. Più l’età cresce, più il giovanissimo ama stare con coloro con cui si sente a suo aglio e dà valore a ciò che gli amici dicono.

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• Insegnanti. Docenti attenti, sensibili e preparati possono svolgere il ruolo fondamentale di veri educatori in merito alle scelte più idonee di attività, di organizzazione e gestione del rapporto scuola-sport, ecc.

• Istruttori sportivi. Sono preparati anche ad aver a che fare con delle persone, oltre che con degli atleti? Conoscono le caratteristiche funzionali e psicologiche caratteristiche delle diverse età (soprattutto se hanno a che fare con giovani o giovanissimi)? Possiedono competenze metodologiche, oltre che tecniche? Ecc.

• Spettatori e “Giudici” (giornali e televisione, osservatori, selezionatori, ecc.). I giudizi (...e troppo spesso questi sono affrettati, superficiali e legati al singolo momento..) pesano come macigni sul cuore, specie dei più giovani: l’autostima dipende molto dal modo di porsi degli adulti e da quanto il soggetto ritenga di essere percepito come “capace” o “incapace” da essi. Chi dà giudizi di merito dovrebbe tener sempre conto che: o C’è anche chi arriva secondo, non solo chi vince o Esiste la fatica, che prepara il risultato o I “tempi” (individuali / sociali / sportivi) sono molto diversi, tra una

persona e l’altra, tra un gruppo e l’altro o Al concetto di VITTORIA andrebbe sostituito quello di SUCCESSO

(nei confronti dei miglioramenti comunque raggiunti, ecc.)

Educare “eticamente” “Scrivere ricette è facile; è intendersi con la gente che è difficile”, scriveva F.

Kafka. Non è possibile stabilire a priori il percorso ideale da seguire per essere molto efficaci anche come “allenatori etici”, ma certamente esistono alcune opportunità che – se considerate e realizzate al momento giusto – daranno a ciascun istruttore una marcia in più:

• Lavorare anche sui genitori (con riunioni indette ad hoc, materiali scritti con sopra sintetizzate le finalità, gli obiettivi anche educativi della Società o del gruppo, ecc.)

• Rispettare - Chiedere rispetto - Far rispettare tutti • Far capire i “perché” delle proprie scelte • Abituare all'autoanalisi e all'osservazione degli altri • Educare alla positività nei confronti del proprio impegno e di quello altrui • Aiutare la maturazione del controllo delle emozioni • Favorire una sana ed equilibrata autostima • Aiutare ad identificare il successo sportivo non solo con la vittoria • Allenare alla lealtà e all'ottimismo

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1133 BBiibblliiooggrraaffiiaa Il corso non ha un libro di testo: questi appunti vogliono esserlo, anche se

postumi. Tuttavia la prof. Mirella Ronco ha inteso fornire ai corsisti un elenco di testi, per ulteriori ed eventuali approfondimenti legati ad aspetti di metodologia, suddivisi per tematica.

Insegnamento e relazione tra allenatore e atleta • MADELLA A.., CEI A., LONDONI M., AQUILI N., Metodologia

dell’insegnamento sportivo, Roma, CONI SDS, 1993 • AA. VV., Guida tecnica generale dei Centri di Avviamento allo Sport,

SSS, Roma, 2001 • BORTOLI L., ROBAZZA C., “Agonismo e stress nello sport giovanile”,

Equilibrio, n. 14, 1995, pp.13 -15 • BORTOLI L., ROBAZZA C., “La relazione allenatore-atleta nello sport

giovanile”, Movimento, anno XI, n. 3, 1995, pp.142 -144 • PRUNELLI V., Sport & formazione dell’uomo, FIGC Settore Giovanile e

Scolastico, Roma, 1992

Apprendimento motorio • Schmidt R.A., Wrisberg C.A., Apprendimento motorio e prestazione,

SSS, Roma, 2000 • Singer R.N., L’apprendimento delle capacità motorie, SSS, Roma, 1984 • I.E.I., C.O.N.I., L’Educazione Motoria di base, IEI, Roma • I.E.I., C.O.N.I., Corpo, movimento, prestazione – Parte generale, IEI,

Roma

Etica • Marra A. a cura di, “Manuale di Etica e Sport”, Transparency

International Italia, Milano, 2004 • Consiglio d’Europa, “CODICE EUROPEO di ETICA SPORTIVA”, 1992 • AA.VV., “Tante strade. Lo sport tra pensiero e racconto”, vol. B, Ed.

Scolastiche Bruno Mondadori, 2003 • Scuola dello Sport, a cura di, “Nuovi orientamenti per l’avviamento dei

giovani allo sport”, SSS, Roma, 1984