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a cura di LUCA DALSENO INCLUSO DVD FUNCTIONAL TRAINING I MANUALI DI FITNESS ACADEMY EDIZIONI CENTRO STUDI LA TORRE UN ALLENAMENTO COMPLETO CHE ALLENA LA COORDINAZIONE, L’EQUILIBRIO, LA FLESSIBILITÀ PER AUMENTARE LA PERFORMANCE E RIDURRE IL RISCHIO DEGLI INFORTUNI

FUNCTIONAL TRAINING - FIF

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Page 1: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

a cura diLUCA DALSENO

INCLUSODVD

FUNCTIONAL TRAINING

I M A N U A L I D I F I TNESS ACADEMYEDIZIONI CENTRO STUDI LA TORRE

UN ALLENAMENTO COMPLETO CHE ALLENA LA COORDINAZIONE, L’EQUILIBRIO, LA FLESSIBILITÀ PER AUMENTARE LA PERFORMANCE

E RIDURRE IL RISCHIO DEGLI INFORTUNI

Page 2: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

F I L O S O F I A AT T I VA

Dedicato a tutti coloro che, negli anni, hanno partecipato ai corsi di formazione della Federazione Italiana Fitness contribuendo alla crescita del settore.

Il contenuto di questo manuale è di proprietà esclusiva del Centro Studi La Torre srl.È vietata la riproduzione, anche parziale, se non dietro autorizzazione del Centro Studi La Torre srl.Il Centro Studi La Torre srl si riserva ogni diritto sul presente manuale.È severamente proibito fare riprese e fotografie durante il corso di formazione.

© CENTRO STUDI LA TORRE. Tutti i diritti riservati

Page 3: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

3INTRODUZIONE

FEDERAZIONE ITALIANA FITNESS

La Federazione Italiana Fitness lavora al fianco degli istruttori professionisti fin dal 1989 ed è cresciuta parallela-mente allo sviluppo del fitness, contribuendo come elemento di primo piano alla sua diffusione e al suo riconosci-mento. L’attività della Federazione Italiana Fitness ricopre un ruolo impegnativo ed entusiasmante.Il Fitness non è infatti, solo una disciplina sportiva, ma ciò che viene inteso come un modo di vivere, un aspetto della società moderna, come confermano le ultime ricerche effettuate nel settore. Di conseguenza, anche la figura dell’istruttore si sta proiettando verso una multidisciplinarità di competenze, per rispondere ai bisogni di un pubblico sempre più evoluto. La Federazione Italiana Fitness principalmente esplica la propria attività nella formazione didattica attraverso corsi di qualifica, master di aggiornamento e stage, incontrando così le crescenti esigenze degli istruttori che richiedono strumenti progrediti di aggiornamento e qualificazione professionale.Il Comitato Scientifico della Federazione Italiana Fitness e lo staff dei docenti esperti e qualificati curano i pro-grammi didattici e agonistici della Federazione il cui operato viene diffuso su scala nazionale alla maggior parte degli istruttori e delle palestre italiane attraverso il proprio magazine “Performance”.Per soddisfare le crescenti adesioni di istruttori e praticanti delle varie discipline del fitness, la Federazione Ita-liana Fitness si sta impegnando in un’opera di capillarizzazione della sua presenza sul territorio italiano, allo scopo di offrire un servizio sempre più efficace e mirato. La Federazione Italiana Fitness è il riferimento per tutte le esigenze associative, formative ed agonistiche dei professionisti del settore palestre.

L’OPERATO DELLA FIF SI PUÒ RIASSUMERE NEI SEGUENTI PUNTI:

• sviluppare la cultura del fitness• promuovere e diffondere un sano stile di vita• offrire servizi professionali di qualità agli

operatori di settore• dare impulso all’attività dei fitness club e

tutelarne l’immagine • organizzare eventi di alto profilo• organizzare competizioni

• attivare relazioni professionali con associazioni straniere di fitness, per favorire uno scambio didattico

• assicurare una formazione qualificata di alta qualità

• offrire informazioni specifiche agli organi di stampa

• produrre un editoria specializzata

I corsi della Federazione Italiana Fitness sono organizzati in collaborazione con A.S.I., Associazioni Sportive e Sociali Italiane, ente di promozione sportiva legalmente riconosciuto dal C.O.N.I. e dal Ministero dell’Interno. Le certificazioni rilascia-te hanno valore internazionale, e sono riconosciute dall’E.F.A., European Fitness Association e dall’IDEA Health & Fitness Association.

A.S.I.: ENTE DI PROMOZIONE SPORTIVARICONOSCIUTO DAL

COMITATO OLIMPICO NAZIONALE ITALIANO

A.S.I.: ENTE DI PROMOZIONE SPORTIVARICONOSCIUTO DAL

MINISTERO DELL’INTERNO

®

FUNCTIONAL TRAINING

Page 4: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

4 CAPITOLO I CENNI DI FISIOLOGIA4 INTRODUZIONE

centro s tudi srl

Il Centro Studi La Torre opera nel settore del fitness dal 1987 e rappresenta il centro servizi della Federazione Italiana Fitness in quanto ne coordina le attività didattiche e formative.Il Centro Studi La Torre si occupa anche della realizzazione e dello sviluppo del materiale didattico: dispense, video, libri di testo, nonché dell’aggiornamento di tale materiale.Il Centro Studi La Torre supporta la Federazione Italiana Fitness anche nell’organizzazione di eventi, pianifica-zione dei corsi istruttori, convention e convegni, gare. È oltremodo impegnato nel settore amministrazione, tesse-ramenti e nell’area editoria e comunicazione.Il Centro Studi La Torre, unitamente alla FIF, è a garanzia di professionalità e competenza, grazie al livello della sua struttura organizzativa, alla qualità dei suoi insegnanti e alla lunga esperienza operativa.

CENTRO STUDI LA TORRE

§ORGANISMO DI FORMAZIONE ACCREDITATO AI SENSI DELLA DELIBERA DI CUI ALLA D.G.R. N. 461/2014

§ENTE ACCREDITATO ALLA FORMAZIONE§AZIENDA CERTIFICATA ISO 9001

FUNCTIONAL TRAINING

Page 5: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

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1987◆ Marzo: 1º corso di formazione insegnanti di Body Building (a cura del Centro Studi La Torre)

1988◆ Febbraio: 1º corso per dirigenti sportivi (Club Manager)

1989◆ Esce il nº 0 di Performance◆ Aprile: Numana, 1ª edizione di Welcome Fitness◆ Luglio: Fondazione della Federazione Italiana Fitness◆ Settembre: Rimini, la FIF aderisce alla 1ª edizione del Festival del Fitness e organizza il convegno “Special Mr. Olympia” in

collaborazione con i promotori della Fiera

1990◆ Febbraio: 1º corso di formazione insegnanti di Aerobica◆ 1º corso di Fitness Trainer

1991◆ Giugno: 1º Campionato Italiano di Cross Training◆ Agosto: Riccione, 1ª edizione di Blue Fitness◆ Forum di Assago (Milano), 1º convention di aerobica

1992◆ Luglio: 1ª viaggio studio in California

1993◆ Maggio: 1º corso di Step Instructor◆ Agosto: Performance passa a 40 pagine

1994◆ Viene realizzato il 1º Annuario del Fitness (576 pagine a colori)◆ Gennaio: Riccione, 1º convegno di Fitness◆ Luglio: Performance cambia copertina, la foto sostituisce il disegno◆ Settembre: Sportilia, 1ª FIF Annual Convention◆ Performance esce anche in formato tabloid◆ Ottobre: i corsi salgono a 20 tipologie◆ Dicembre: Maratona di Aerobica, convention a scopo benefico. Nasce la più grande manifestazione di aerobica mai organizzata

al mondo che, anno dopo anno, supererà il record di partecipanti e città coinvolte: dalle 3 sedi del 1994 alle 56 sedi del 2003.

1995◆ Club vs Club, 1º Campionato Federale di Aerobica◆ Accordo nazionale con C.N.A., nasce Federpalestre◆ Aprile: convegno “Modificazioni metaboliche nell’allenamento”. Relatori: Atko Viru, Yuri Verchoshansky, Carmelo Bosco◆ Collaborazione con l’ISEF di Padova◆ Maggio: Bologna, 1ª edizione Club vs Club (Campionati Italiani per palestre)◆ Performance passa a 64 pagine◆ Firmata convenzione con F.G.I. (Federazione Ginnastica Italia)◆ 1º viaggio studio a New York◆ Accordo con il Dipartimento di Fisiologia Umana dell’Università di Bologna

1996◆ Roma (Scuola Centrale dello Sport, CONI) 1º edizione di “In Corpore Sano”

1997◆ Febbraio: nasce il 1º corso fuori sede con ausilio di materiale audiovisivo◆ Nasce un’area “new age” con corsi di formazione in discipline olistiche

1998◆ 1º viaggio studio a Londra◆ Nasce “Orizzonti” rivista di cultura olistica◆ Esce “Perfò” versione ridotta di Performance◆ I corsi formativi coprono 14 città◆ Welcome Fitness festeggia la 10ª edizione◆ Marzo: 1ª edizione della convention Hip Hop Shock

1999◆ Nasce la sezione A.I.P.T. (Associazione Italiana Personal Trainer)◆ Febbraio: la Maratona di Aerobica passa a 40 sedi, con 404 istruttori e 6200 partecipanti◆ Marzo: Repubblica San Marino, “Convegno dimagrimento e fitness”◆ Il campionato Club vs Club inserisce le eliminatorie Nord, Centro, Sud, Sicilia◆ I delegati territoriali diventano 33

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FUNCTIONAL TRAINING

Page 6: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

6 CAPITOLO I CENNI DI FISIOLOGIA6

2000◆ Gennaio: muore Emilio They◆ Marzo: Roma, congresso internazionale: “Physical exercise and Muscle hypertrophy” con Salomons, Hespel, Rutherford, Dall’A-

glio, Carraro, Kern, Manno, Paoli, Neri, Manglian◆ I corsi istruttori coprono 18 città, i master diventano 33◆ Giugno: l’A.I.N.B.B. viene assorbita dalla FIF (nasce la 3ª sezione)◆ Agosto: Blue Fitness festeggia la 10ª edizione◆ Ottobre: Milano, 1ª edizione del Fitness Marketing Summit◆ La FIF è promotrice dell’E.F.A. (European Fitness Association)◆ 1ª edizione per la “Step Convention”, la “Total Body Convention” e la Personal Trainer Convention

2001◆ Parma, 1º convegno di alimentazione◆ Modena, 1ª edizione di Saranno Presenter◆ Nasce la 4ª sezione: A.I.F.e M. (Associazione Italiana Fitness e Medicina)◆ Luglio: Bellaria, 1ª edizione Beach Fitness◆ La FIF firma l’accordo con MSP Italia◆ Ottobre: presentazione dell’EFA a Bruxelles al Parlamento Europeo

2002◆ La Maratona di Aerobica viene esportata anche all’estero: Losanna, Montecarlo, San Marino◆ Febbraio: dopo i contributi destinati all’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare, Lotta ai tumori - Lila, Comitato per il Tele-

fono Azzurro, la Maratona di Aerobica contribuisce alla realizzazione di una scuola in Mozambico◆ Luglio: il Centro Studi La Torre (apparato organizzatore della FIF) ottiene la certificazione di qualità ISO 9001:2000◆ Performance esce a 132 pagine◆ Ottobre: nascono i FIF Tour (6 città)◆ La FIF organizza il corso di riqualificazione in Emilia Romagna per istruttori di strutture sportive (200 ore)◆ Novembre: la FIF partecipa ai campionati mondiali UIBBN a Guadalupe

2003◆ Il FIF Tour tocca 15 città◆ La Maratona viene organizzata in 56 città superando ogni record di partecipanti◆ Nasce la 5ª sezione: I.D.A. (International Dance Association)◆ Marzo: esce il 1º numero di Expression a cura del Centro Studi La Torre, rivista che si occupa di danza, concorsi, stage, ecc.◆ I corsi vengono riorganizzati seguendo nuove esigenze didattiche (25 i percorsi di formazione, 52 i master)◆ 1º convegno “Medicina della danza”◆ Luglio: Nasce la categoria “Socio effettivo”◆ Antonio Paoli e Marco Neri ricevono il premio CONI stampa sportiva per il testo “Alimentazione, fitness e salute”◆ Novembre: La FIF Annual Convention raggiunge il traguardo della 10ª edizione

2004◆ I fondi della 10ª edizione della Maratona di Aerobica servono alla costruzione di pozzi di acqua potabile in Kenia◆ Aprile: Roma, in collaborazione con la FISD viene organizzato il convegno “Disabili e fitness”◆ Club vs Club festeggia la 10ª edizione◆ Novembre: 1ª edizione Aquawellness

2005◆ La FIF lancia la campagna sull’importanza del defibrillatore nellle palestre◆ I corsi di aerobica, step e tonificazione vengono integrati in un unico format◆ “In Corpore Sano” festeggia la 10ª edizione◆ Club vs Club arriva sul palco di Rimini Wellness. Inizia la collaborazione con l’Ente Fiera di Rimini per l’organizzazione di eventi◆ Nasce la Pilates FIF Academy◆ Nasce l’International Team: presenter stranieri che lavoreranno in Italia in esclusiva per la FIF assieme ai docenti federali anch’essi in

esclusiva. Le convention FIF acquistano così una formula inedita che si differenzia da tutte le altre

2006◆ 23 gennaio: il Centro Studi La Torre (segreteria organizzativa e didattica della Federazione Italiana Fitness) ottiene dalla Regio-

ne Emilia Romagna, la certificazione di ente accreditato alla formazione◆ A partire dal numero di marzo Performance ospita gratuitamente associazioni che si occupano dei diritti dell’uomo, degli ani-

mali e dell’ambiente. Vengono dedicate pagine a: LAV, Greenpeace, Medici senza frontiere, Legambiente, Unicef, OIPA◆ Prendono il via i primi master e-learning◆ Nasce la 6ª sezione FIF (A.W.I. Associazione Wellness Italia)◆ Nel 2006 vengono organizzati: 185 corsi, 595 master monotematici, 23 convention, 9 convegni, 55 città ospitano iniziative

FIF, 37 presenter ospiti, 32 relatori ospiti ai convegni, 56 i docenti FIF, 7 tra gare e concorsi.◆ La FIF collabora attivamente a Rimini Wellness organizzando il palco principale ed altri eventi collaterali. Club vs Club si trasfe-

risce così in Fiera a Rimini.

2007◆ La FIF organizza in Veneto corsi finanziati dal Fondo Sociale Europeo◆ Viene organizzato un corso monografico con l’Università di Cagliari e uno di Pilates con l’Università di Urbino◆ Bologna, 1º convegno sulla colonna vertebrale

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FUNCTIONAL TRAINING

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2008◆ 20ª edizione di Welcome Fitness◆ 1º edizione del “Convegno sulla postura” e “Convegno su spalla e ginocchio”◆ I corsi del Centro Studi La Torre sono presenti sul catalogo interregionale dell’Alta Formazione attraverso un progetto finanziato

dal Ministero del lavoro della salute e delle politiche sociali, attraverso risorse del Fondo Sociale Europeo.◆ Novembre: vengono organizzate 8 convention a Milano, Roma, Cagliari, Palermo, Bologna e Ravenna, alcune tematiche, altre open◆ Esce il 1º numero di P.T. Journal, periodico della sezione A.I.P.T. (Associazione Italiana Personal Trainer)

2009◆ La F.I.F. festeggia 20 anni. Gli uffici si trasferiscono al piano terra della stessa sede (palazzo Spreti a Ravenna). Aumentano gli

spazi, le dotazioni e le postazioni.◆ 10ª edizione della Personal Trainer Convention◆ Esordio delle kettlebell a Welcome Fitness◆ Prende il via la collaborazione con la Nintendo Wii◆ Nasce il FIF Team Show◆ AINBB: agli europei UIBBN di Bruxelles conquista 7 medaglie e ai mondiali UIBBN in Sudafrica ottiene due ori

2010◆ I master di specializzazione diventano 58◆ I corsi di formazione salgono a 26 tipologie◆ Blue Fitness festeggia l’edizione numero 20◆ Esce il 1º numero di “Kinesis”, periodico realizzato dall’A.I.F.eM. che tratta di medicina dello sport◆ Viene firmato l’accordo fra l’Università telematica S. Raffaele e la FIF◆ 10ª edizione per la Total Body Convention e la Step Convention

2011◆ FIF e Università di Urbino organizzano il convegno “Benessere in ogni età”◆ A Siena la FIF organizza la 1ª Functional Training Convention◆ Nasce l’A.I.P.S. (Associazione Italiana Posturologia Sportiva). Il coordinamento è di Luca Franzon◆ Marco Neri e Antonio Paoli sono premiati dal presidente del CONI Petrucci per il loro libro “Principi di metodologia del fitness”

2012◆ Viene creata la FIF Card, iniziativa che propone servizi a beneficio di istruttori e club◆ Prima edizione di Bodyweight Challenge, gara a squadre di functional training, che viene presentata a Rimini Wellness◆ La Federazione Italiana Fitness approda ufficialmente sul social network Facebook◆ Inizia la collaborazione tra FIF ed Eridania.

2013◆ Viene firmato un accordo di collaborazione con l’Università di Napoli◆ In collaborazione con l’Istituto S. George viene attivato un corso di fitness riconosciuto a livello europeo◆ Viene siglato un accordo di sponsorizzazione con Solgar, azienda leader nel campo degli integratori alimentari◆ Si tiene a Livorno, la venticinquesima edizione di Welcome Fitness◆ Prende il via il primo corso biennale per il conseguimento del diploma europeo di Nutritional Sport Consultant, frutto della

collaborazione tra FIF e CNM Italia◆ A partire da settembre è attiva l’iscrizione on-line per partecipare a tutti gli eventi della Federazione Italiana Fitness◆ Parte la collaborazione con l’ente di promozione sportiva ASI, Associazioni Sportive e Sociali Italiane◆ I manuali a supporto didattico dei corsi vengono completamente rinnovati nella grafica e nei contenuti.

2014◆ Maggio: esce il 100esimo numero di Performance, il magazine ufficiale della Federazione◆ Prima edizione a Riminiwellness di “Kettlebell Competition”, campionato individuale e a squadre di kettlebell lifting◆ Per celebrare il 25esimo anniversario della FIF viene pubblicato un libro celebrativo ricco di testimonianze, foto e immagini◆ Esce il primo numero di “Mantra” magazine di SIO, Scuola Italiana Olistica, una nuova sezione del Centro Studi La Torre.

2015◆ Si tiene a Bologna, nel mese di ottobre, la 25ª edizione della FIF Annual Convention◆ Inizia la collaborazione con la Galbusera presente, con i suoi prodotti, ai più importanti eventi della Federazione◆ Affascinante cornice per Blue Fitness, la storica kermesse della FIF, che si svolge eccezionalmente a Milano all’interno dell’EXPO

2016◆ Debuttano all’interno della programazione federale i corsi per la formazione in istruttori di Kalisthenics◆ Alcuni corsi federali (Functional Training, Pilates Matwork e Pilates Matwork Advanced) sono stati riconosciuti dal MIUR, Mini-

stero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca.

2017◆ Grazie all’accordo con ASI, EPS del CONI, i soci istruttori FIF regolarmente affiliati riceveranno anche il Tesserino di Tecnico

Nazionale con l’iscrizione all’albo nazionale dei tecnici ASI e all’albo Istruttori FIF.◆ Parte a ottobre il “Corso Universitario di Alta Formazione in Functional Training Specialist” in collaborazione con l’Università

telematica San Raffaele Roma◆ Debutta negli store di Apple e Google la nuova app gratuita della Federazione Italiana Fitness per smartphone e tablet◆ Nuova prestigiosa collaborazione tra FIF e “Real Madrid Graduate School - Universidad Europea”

L a s t o r i a c o n t i n u a . . .

F E D E R A Z I O N E I T A L I A N A F I T N E S Sl e t a p p e f o n d a m e n t a l i d e l l a s u a s t o r i a

FUNCTIONAL TRAINING

Page 8: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

8 CAPITOLO I CENNI DI FISIOLOGIA8 PRESENTAZIONE E AUTORI

L’AUTORE

Luca DalsenoPersonal Trainer FIF. È docente federale del settore Functional Training per F.I.F. Docente responsabile dei corsi di kardio kombat. Presenter alle convention tematiche federali. Vanta una esperienza pluriennale in allenamenti funzionali ed è ex atleta Yoseikan Bido. Istruttore diplomato di Tacfit e Primal Move

IL MANUALE

FUNCTIONAL TRAININGUn allenamento completo che allena la coordinazione, l’equilibrio, la flessibilità per aumentare la performance e ridurre il rischio degli infortuni

Il training funzionale è un allenamento di estrema completezza e grande impatto emotivo, che garantisce fidelizzazione e spirito di gruppo. Gli esercizi sono di carattere globale e funzionale, l’attivazione me-tabolica raggiunge alti livelli e si allena forza, coordinazione e destrezza. L’allenamento funzionale è la risposta a ciò che la tendenza del fitness richiede a un programma di esercizi.

diploma diISTRUTTORE DI

FUNCTIONAL TRAINING

rilasciato a:

......................................................................................................................................................................................................................................................

.................................................... lì, ....................................................

Il Presidente F.I.F. Il Presidente A.S.I.

AGGIORNAMENTO TECNICO PER L’ANNO:

Segreteria didattica: Centro Studi La TorreENTE ACCREDITATO ALLA FORMAZIONEAZIENDA CERTIFICATA ISO 9001:2008

ATTIVITÀ SPORTIVA: GINNASTICA FINALIZZATA ALLA SALUTE ED AL FITNESS

FEDERAZIONE ITALIANA FITNESSr i c o n o s c i u t a d a :

E.F.A.: EUROPEAN FITNESS ASSOCIATIONA.S.I.: ASSOCIAZIONI SPORTIVE E SOCIALI ITALIANE

A.S.I.: ENTE DI PROMOZIONESPORTIVO RICONOSCIUTO DAL CONI

A.S.I.: ENTE RICONOSCIUTO DAL MINISTERO DELL’INTERNO

ASI aderisce al sistema SNaQ del Coni (Sistema Nazionale delle Qualifiche dei Tecnici Sportivi)

FUNCTIONAL TRAINING

Page 9: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

9INDICE

INTRODUZIONE ................................................................................ pag. 11

Capitolo 1 CENNI STORICI E OBIETTIVI ................................................................ pag. 13

Capitolo 2 STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE...................................... pag. 17

Capitolo 3 ESEMPI PRATICI DI WARM UP ............................................................... pag. 25

Capitolo 4 FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE” ............................................ pag. 33

Capitolo 5 SQUAT E VARIAZIONI ......................................................................... pag. 41

Capitolo 6 DEADLIFT E VARIAZIONI ...................................................................... pag. 51

Capitolo 7 PUSH UP E VARIAZIONI....................................................................... pag. 61

Capitolo 8 PRESS E VARIAZIONI ........................................................................... pag. 69

Capitolo 9 THRUSTER E VARIAZIONI ..................................................................... pag. 75

Capitolo 10 JUMP E VARIAZIONI ............................................................................ pag. 79

Capitolo 11 SLAM .............................................................................................. pag. 83

Capitolo 12 UNCONVENTIONAL EXERCIZES .......................................................... pag. 85

Capitolo 13 TEORIA DI ALLENAMENTO E DI PROPOSTE ALLENANTI............................ pag. 87

I N D I C E

FUNCTIONAL TRAINING

Page 10: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

10 PROGRAMMA

PROGRAMMA TEORICO-PRATICO DEL CORSO DI

FUNCTIONAL TRAINING

• Introduzione (Cenni storici)• Obiettivi• Struttura di una lezione

- Warm up: (Foam roller, Stretch & Mobility, Movement prep, Pre Skills, Pre Activations)- Strenght- Power- Conditioning- Cool down

• Perchè scegliere il format FIF• 2 Esempi pratici in Bodyweight di: Dynamic Mobility, Movements prep, Pre activation, Conditioning• Core training (Plank, Bench, Side plank/bench, Rockers, Side chops, Diagonal chops, Anti rotational

chop)• Squat• Tests valutativi• Bw: Air squat, Lunges, Skater squat• Kb: Goblet squat• Mb: Squat, Rock up• Bb: Back squat, Front squat• Mb: Deadlift• Kb: Deadlift, 2H Swing, 2H Deadclean, 2H Clean• Bb: Deadlift, Deadlift high pull• Bw: Push up e variazioni• Bw: Burpee e variazioni• Bw/Mb: Varianti di Plyo push up• Kb: 2H Press• Bb: Press, Push press• Mb/Kb: Thruster• Mb: Throwing thruster• Bw: Jump, Squat jump• Mb/Kb: Jumping thruster• Mb: Jumping throwing thruster• Bb: Thruster• Sb: Ball slam• Unconventional training (Kb, Mb, Bb, Plates)• Teoria dell’allenamento, Tipologie di workout

FUNCTIONAL TRAINING

Page 11: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

INTRODUZIONE

Page 12: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

12 INTRODUZIONE

PERCHÈ SCEGLIERE IL FORMAT FIF?

Il nuovo format FIF è stato progettato mettendo al primo posto i nostri principali utenti, vale a dire gli istruttori, e la loro corretta formazione. Negli ultimi 10 anni infatti il Functional training ha subito alcune contamina-zioni rispetto alla sua reale natura che come abbiamo visto ha, come reale obiettivo, l’attenzione quasi maniacale alla cura del movimento. Col passare del tempo infatti sta passando il messaggio che per fare Functional bisogna a tutti i costi “morire sul campo” o comunque uscire sempre e comunque stremati. E’ chiaro che la performance sia sicuramente un aspetto importante di questa attività, ma non dovrebbe essere l’unico. In Italia siamo molto bravi a personalizzare ciò che ha radici straniere e all’estero siamo conosciuti un po’ anche per questo. L’avvento e il successo del Cross Training/Fit crossing o simili ha letteralmente creato un filone quasi parallelo. Oggi infatti in Italia chi pratica queste ultime attività ha come obiettivo principale la performance, il risultato finale. Tutto questo spesso a scapito della qualità esecutiva. L’aumento degli infortuni durante la pratica di queste attività ha imposto un intervento da parte di chi deve fare vera Formazione. Noi della FIF abbiamo pensato ad un progetto che possa farvi acquisire le conoscenze di base del functional training, mettervi a conoscenza delle ultime evidenze scientifiche e darvi la possibilità di poter subito iniziare a lavorare su di un programma solido e costruttivo. Naturalmente non tralasciando anche l’aspetto prestativo e divertente dei classici “Circuiti”. Non solo, questo format sarà utile anche per stimolare la voglia di conoscenza in tutti voi per continuare il percorso di crescita e confrontarsi per mi-gliorare la qualità del proprio lavoro. Oggi scegliere FIF significa aprire le porte della conoscenza e della professionalità, un passo importante per migliorare il lavoro come trainer con l’intento di dare un vantaggio a tutte quelle strutture dove c’è bisogno di professionisti del settore, e così facendo mantenere uno standard qualitativo alto nel preservare la salute dei propri clienti.

FUNCTIONAL TRAINING

Page 13: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

CAPITOLO 1

Cenni storici e obiettivi

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14 CAPITOLO 1 CENNI STORICI E OBIETTIVI

1.1 • CENNI STORICI

Parlare di functional training oggi risulta molto difficile a causa della enorme confusione che si è creata nel darle una giusta definizione e collocazione. Proviamo a fare un po’ di chiarezza.Partiamo dal presupposto che è impossibile attribuire una data specifica alla nascita del functional training, poiché nasce e si sviluppa nel tempo attraverso il movimento umano, possiamo però dare un’ indicazione di partenza su quando il fenomeno del functional training si è introdotto nel mondo del fitness.Questo accade a cavallo tra gli anni 80-90, quando alcuni preparatori atletici del calibro di Gary Gray e Vern Gambetta hanno introdotto molti aspetti scientifici nelle loro programmazioni di allenamento per i loro atleti; fu una vera e propria rivoluzione alla scoperta del movimento umano e dell’applicazione scientifica.Molti studi scientifici come quelli del dott. Stuart Mc Gill (conosciuto anche col soprannome di “dr. Spine”) sul rachide lombare o quelli del Dr. Vladimir Janda sulla mobilità distale e stabilità prossimale hanno lette-ralmente cambiato il modo di vedere la preparazione atletica, anche perché tali concetti potevano essere applicate su chiunque individuo e qualunque attività.Susseguendosi tra di loro, furono presi in considerazione molti altri studi di ricercatori ed esperti del corpo umano (Dr.ssa Shirley Sahrmann, Porterfield, De Rosa per citarne alcuni) per introdurli nei programmi di molte squadre importanti di football, NBA, baseball, hockey e molti altri sport.Negli anni questo fenomeno è cresciuto a dismisura, grazie al contributo e alla continua applicazione scientifica sul campo di molti coach di strength & conditioning che ancora oggi portano innovazione e scienza nel functional training e attraverso le loro competenze specifiche aumentano il bagaglio di cono-scenze in questo ambiente.

1.2 • OBIETTIVI

Dopo un review sulla storia, come possiamo dare una definizione di functional training?Nella traduzione letterale functional training significa “allenamento funzionale”, la parola funzionale invece significa “avere uno scopo”. La differenza è tutta lì: ovvero non dobbiamo soffermarci sull’essere funziona-le ma sullo scopo, quale è il nostro scopo? Il nostro scopo è quello di migliorare le funzioni fisiologiche dell’uomo, attraverso 3 importanti passaggi:

- Riduzione della possibilità d’infortunio- Migliorare la qualità dei movimenti- Ottimizzare la performance

Che tu sia un atleta, una semplice persona alla ricerca di un miglioramento della forma fisica o una perso-na con problemi fisici, questi tre passaggi sono fondamentali per definire l’allenamento funzionale. Quindi parlare di functional training non significa di parlare di un gesto sportivo specifico, altrimenti potremmo allenare solo atleti, ma in realtà ciò che riguarda l’allenamento funzionale è aspecifico da ogni genere di sport, poiché mira alla riduzione dell’incidenza degli infortuni con una finalità di ottimizzazione, quindi possiamo mostrare come dovrebbe essere la piramide di un coach di functional training

sport skills

mobilità

strength & conditioning

movement

stabilità movimento

FUNCTIONAL TRAINING

Page 15: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

15CENNI STORICI E OBIETTIVI CAPITOLO 1

Dove finisce il nostro lavoro? Finisce nel momento in cui il nostro atleta è diventato sano e forte(linea rossa), dopodiché sarà il tecnico di campo, nel caso di un atleta agonista, a lavorare sulla sua specialità.E tutto ciò in che modalità può essere fatto? Anche su questo si può seguire una regola molto importante per quanto semplice. Ecco riassunto il concetto in 3 punti rilevanti per far sì che un allenamento, un programma o una lezione si possano definire funzionali:

Questo concetto è stato ripreso dai coach Michael Boyle e Gray Cook che lo hanno inserito come base per strutturare un programma di successo per i loro atleti.

sport skills

mobilità

strength & conditioning

movement

stabilità movimento

FUNCTIONAL TRAINING

Page 16: FUNCTIONAL TRAINING - FIF
Page 17: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

CAPITOLO 2

Struttura e componentidi una lezione

Page 18: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

18 CAPITOLO I CENNI DI FISIOLOGIA18

2.1 • COME STRUTTURARE UNA LEZIONE?

Strutturare una lezione quindi, non è più così difficile se abbiamo ben chiaro i concetti riportati sopra.Sappiamo ora che è importante ridurre le possibilità di infortunio, quindi risulta scontato che se abbiamo un anello debole nella nostra struttura si andrà a lavorare con l’obiettivo che quel deficit ritorni a funzionare nella maniera corretta.Ecco ciò che fa di una lezione una vera lezione di functional training:

- Warm up (foam roller, stretch, mobility)- Primal Pattern (squat, lift, press, pull, locomote, jump, twist/roll, throw, carry)- Knees, Hips, Core, Shoulders Pre Activation (Movement prep, Movement skill) - Strength/Power/Conditioning- Recovery

È possibile lavorare su tutte queste componenti senza escluderne nessuna; in una buona programmazione tutte le componenti dovranno avere un equilibrio all’interno di una periodizzazione stagionale. Questo tipo di lavoro ci permetterà di raggiungere con successo gli obiettivi, migliorando la performance dei nostri atleti, ma soprattutto migliorando quello che è il loro standard di vita. Il tutto passa, ovviamente, da un buon warm up che è parte fondamentale dell’allenamento, perché attraverso di esso andiamo a lavorare tutte quelle qualità di movimento di cui il corpo necessita per migliorare il suo controllo motorio, la sua mobilità e la sua coordinazione.

2.2 • WARMUP: L’IMPORTANZA DELL’UTILIZZO DEL FOAM ROLLER

Le ultime evidenze scientifiche ci portano sempre di più verso un riscaldamento accurato che non raggiunga solo l’obiettivo di riscaldare il corpo per poi allenarsi, ma che al contempo sia organizzato attraverso una sequenza di esercizi volti a migliorare e correggere quelli che sono i maggiori deficit degli atleti. Negli ultimi 15 anni le ricerche scientifiche si sono orientate verso un sistema di riscaldamento che potesse poten-zialmente aiutare gli atleti a risolvere problemi di mobilità o di rigidità dei tessuti molli. Ognuno di questi studi ovviamente ha portato all’utilizzo del foam roller.Il foam roller è una delle migliori invenzioni dell’ultimo ventennio dato che riesce a lavorare sui tessuti molli e sulla fascia senza l’ausilio di un operatore manuale, ed è uno strumento molto pratico. Anche il foam roller però segue delle indicazioni precise nel suo utilizzo. Andiamo a vedere quali.

- Pre workout: rilascio mio fasciale, invio di messaggi al sistema nervoso centrale, ottimo per iniziare il warm up; il rullo utilizzato in questo caso manderà una miriade di segnali al SNC su eventuali trigger point e disfunzioni, accrescendo così il lavoro di mobility su di un articolazione specifica. Le rullate devono essere veloci per un numero massimo di 8\10, poiché il nostro intento è inviare segnali al SNC e non quello di prendere un unico punto per trattarlo, questo causerebbe un’ ini-bizione del muscolo stesso e una perdita eccessiva di idratazione della fascia.

- Fascia plantare: è molto consigliato iniziare sempre dalla fascia plantare, questo perché sotto ai nostri piedi ci sono milioni di recettori pronti a mandare informazioni al SNC ed eventuali richieste di funzionalità.

- Sequenza: la sequenza quindi diventa fondamentale nell’utilizzo del foam roller, partire dal basso verso l’alto ci assicurerà un risultato migliore per il nostro warm up.

- Zone critiche: una delle zone critiche di maggior rilevanza è la colonna vertebrale, pertanto bi-sogna non abusare del rullo lungo i diversi tratti della colonna per evitare interiorizzazioni delle vertebre con la troppa pressione del rullo; altre zone da limitare sono quelle in prossimità delle giunture articolari e tendinee, poiché sono dei tratti estremamente sensibili e un uso sconsiderato del rullo porterebbe ad una disfunzione del blocco articolare in questione.

- Post workout: nel post workout le tecniche da utilizzare possono essere diverse, e il loro utilizzo può incidere maggiormente su specifiche zone disfunzionali.

CAPITOLO 2 STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE

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19CENNI DI FISIOLOGIA CAPITOLO I 19STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE CAPITOLO 2

Sequenza di lavoro tipo(dal basso verso l’alto):• Collo• Spalle posteriori• Upper back • Adduttori• Quadricipite• TFL • Ischiocrurali• Gastrocnemio• Fascia plantare

2.2.1 • StretchLo stretching è una parte che ha sempre fatto discutere il mondo del fitness, farlo prima o dopo? Quanti secondi mantenere la posizione? Statico o dinamico? Bene oggi la scienza ci ha fornito tanto materiale da poter utilizzare per lo stretching. Gli ultimi studi hanno dimostrato incrementi sulla flessibilità e sull’allungamento muscolare con esercizi che non prendessero solo singole parti muscolari ma movimenti più complessi (Mayers 2002) sempre per un discorso mio-fasciale.

Quindi abbiamo sempre fatto male? In realtà no perché c’è qualcosa di buono in ciò che abbiamo sempre fatto solo che deve essere affiancato alle conoscenze scientifiche attuali. La nascita del foam roller ha dato un grosso aiuto nell’esecuzione dello stretch dato che sciogliere i trigger point e poi utilizzare strategie di stretching è stato dimostrato essere molto più efficiente rispetto a quando non se ne faceva uso dato che si tendeva in parole povere a tensionare una corda in cui era presente un “nodo” forzandolo, con il risultato finale di stringerlo ancora di più.

Quindi quanto a lungo e quanto stretching dobbiamo fare? La risposta è alquanto complessa ma ci sono dei parametri di riferimento. Partendo dal presupposto di aver terminato la nostra sequenza di foam rolling, possiamo passare ad eseguire esercizi di stretch statici/dinamici (alternandoli e non escludendo nessuno dei due) senza un eccessivo allungamento, perché questo porterebbe ad una lassità della parete musco-lare. La strategia migliore sarà ripetere l’esercizio prendendo come parametro il nostro respiro fisiologico (5/8 respiri) in modo tale da creare il giusto allungamento e accorciamento della catena muscolare. Da preferire sono gli esercizi a lunga catena, utilizzare sempre esercizi che permettano di usare quante più linee miofasciali possibili per avere migliori incrementi di flessibilità.

E se non ho un rullo a disposizione? Semplice, non fare stretch!

Spesso la soluzione giusta è quella più semplice, alternative comunque ce ne sono: la più semplice è quella di utilizzare esercizi di mobility e movement prep che hanno un grosso impatto sul SNC e sulle linee miofasciali.

2.2.2 • MobilityUna volta creata la rete di messaggi da mandare al SNC attraverso il foam roller, inseriamo il corretto movimento in modo tale da consolidare e migliorare la struttura. Ricordando lo schema di lavoro prece-dentemente illustrato bisogna inserire prima la mobilità! Il lavoro di mobility spesso viene fatto male perché troppe volte confuso con esercizi di stretching o di controllo motorio.Dunque cos’è la mobilità? La mobilità è l’arco di movimento (ROM) attivo in cui si muove un’ articolazione, nelle sue possibilità di escursione e senza raggiungere la soglia del dolore.Di base molte persone hanno problemi di mobilità, solitamente però viene fatto un errore in fase di stesura del programma, ovvero si guarda solo l’articolazione con un range di movimento ridotto senza dar conto al resto, questo schema però renderà le cose più semplici sotto l’aspetto valutativo di un problema di ipo-mobilità.

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20 CAPITOLO I CENNI DI FISIOLOGIA20 CAPITOLO 2 STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE

Ideato dai coach Micheal Boyle e Gray Cook questo schema ci dà una rapida visualizzazione di come le articolazioni seguono uno schema di mobilità e stabilità susseguendosi l’una all’altra, e se abbiamo capito che il functional training lavora sulla complessità dei movimenti corporei, non possiamo soffermarci ad un semplice lavoro di mobilità su di un segmento, ma lavorare la mobilità in tutti i segmenti articolari mobili.La mobilità è un fattore importante e predominante nell’allenamento poiché ci consente di muoverci libera-mente nello spazio, riducendo la possibilità di infortunarci a causa di un movimento scorretto. Quindi non bisogna sottovalutare questo concetto ma inserirlo come fonte primaria durante la stesura di un qualsiasi programma.

Esercizi propedeutici per la mobilità:• Toes mobility: ancoraggio dei piedi a terra come a voler perforare il suolo con i piedi e lavorare

sull’apertura delle dita ad onda partendo dal primo dito del piede.• Ankle flex: dalla posizione finale di un Front lunge appoggiare anche il ginocchio posteriore a

terra, iniziare con le dita il piede “anteriore” appoggiati al battiscopa. Flettere la caviglia fino a portare il ginocchio in appoggio al muro, ripetere l’esecuzione distanziando il piede dal battisco-pa fino quando non si arriva vicino al proprio limite. Insistere in questa posizione.

• Hip car: in posizione quadrupedica eseguire movimenti circolari con il ginocchio mantenendo le curve fisiologiche e mobilizzando solo il femore.

• Hip flex: in posizione di Bench portare il ginocchio verso il petto rispettando il range di movimento che permetta di mantenere il neutro con la schiena.

• Hip extension: in posizione quadrupedica , spostare la gamba opposta posteriormente sollevan-dola dal suolo come a voler calciare con il tallone il muro dietro.

• Quadruped Thoracic spine rotation – Leg abduction/extended on wall: in posizione quadrupe-dica abdurre/estendere un anca ed eseguire delle torsioni a carico del rachide toracico facendo passare il braccio corrispondente sotto la spalla opposta cercando di raggiungere il punto più lontano. Ripetere con l’altro braccio prima di eseguirlo sul lato opposto.

• Toracic spine extension: posizione inginocchiata, portare i gomiti su di un box cercando la mas-sima espansione toracica verso il pavimento in fase espiratoria.

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21CENNI DI FISIOLOGIA CAPITOLO I 21STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE CAPITOLO 2

• Shoulder car: partendo in posizione di mezza accosciata con la spalla attaccata ad un muro cerco la massima rotazione del braccio poggiato alla parete mantenendo inalterata la posizione della schiena.

• Movement neck : in posizione supina espirare portando il mento in basso e contemporaneamen-te spingere la parte alta della testa verso l’alto come a voler contrastare una forza opposta che spinge verso il basso. A questo punto eseguire delle rotazioni laterali seguendo il movimenti con gli occhi.

2.3 • PRE ACTIVATION

Le pre-attivazioni sono il miglior modo per consolidare i lavori nel warm up, pre-attivare significa muoversi nel miglior modo possibile attivando tutte quelle sequenze di muscoli che ci permettono di mantenere con la miglior tecnica possibile un gesto nel tempo, ma soprattutto i lavori di pre-attivazione fungono da transfer per il SNC predisponendolo a captare sequenze corrette di movimento al fine di migliorare le disfunzioni. I “Movement prep” e “Movement skill” vengono utilizzati con questo scopo, e fanno da pilastro alla co-struzione del movimento. Avere atleti sani e performanti significa insegnare loro il corretto movimento e le corrette attivazioni. Le “strutture” da stimolare in questa fase sono principalmente quattro: ginocchia, anche, core e spalle. Gli esercizi possono essere classificati come: linear, lateral e multiplanar movement. Questa considerazione sulla suddivisone dei movimenti, è stata attuata in principio da Mark Verstegen dando così al mondo del functional training una strada per attivare la fascia in maniera semplice e senza rischio.Il fattore più positivo di questi esercizi è che si possono inserire in maniera mista nel warm up in modo da lavorare tutte quelle componenti utili all’attivazione neuro fasciale; più possibilità di movimento ho più la mia attivazione sarà migliore, questo perché come è stato visto in alcuni studi nei primi anni del 2000 dal dott. Thomas Myers le connessioni fasciali sono su larga scala e le linee miofasciali ricoprono tutto il corpo interconnettendolo in toto, ed è per questo che sarà opportuno attivare non solo la parte muscolare ma anche la coordinazione nervosa.

2.3.1 • Movement PrepQuesto termine definisce, come dice EXOS, “un approccio integrato per preparare l’atleta fisicamente e mentalmente alle esigenze di allenamento e competizione attraverso un periodo di preparazione progressi-vo e specifico”. Quindi l’obiettivo di questa parte fondamentale del warm up è quello di preparare il corpo a muoversi, e non solo per aumentare la temperatura del corpo e dei tessuti come nel classico riscalda-mento. I movement prep dovrebbero accompagnare quindi qualsiasi tipologia di allenamento indipenden-temente dall’ obiettivo, in quanto sono veri e propri correttivi del movimento, che non preparano un gesto specifico, ma preparano il corpo al movimento stesso. Queste sequenze di movimento ci permetteranno di connetterci al SNC inviando informazioni importanti su diversi aspetti, come:

- coordinazione - attivazione- gesto

Prepararsi al movimento con sequenze di gesti mirate alla globalità e alla capacità di sviluppare pattern di movimento nella maniera più corretta possibile, questo è l’obiettivo dei movement prep.

Gli obiettivi da raggiungere in una sessione di Movement prep sono:• Aumentare la temperatura del tessuto: influendo in modo determinante sulla diminuzione della

rigidità muscolare, tendinea e tissutale.• Raffinare i modelli di movimento e ottimizzare la mobilità esistente: l’obiettivo principale è quello

di innescare i modelli di mobilità e movimento che si possiedono già. In altre parole, la fase di Movement prep ha come focus una fase di attivazione e raffinazione, più che la ricerca di un miglioramento.

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22 CAPITOLO 2 STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE

• Provare le abilità motorie “imminenti”: la maggior parte delle attività coinvolge la locomozione, sia che si usi l’andatura, la marcia, il jogging, lo sprint o il cambio di direzione. Quindi è estrema-mente importante provare quelle abilità sempre basate sulla specificità della sessione imminente.

• Attivare il sistema motorio e neuromuscolare: passando da generale a specifico, da lento a veloce, da bassa forza a alta forza, l’obiettivo principale è raggiungere il potenziamento post-attivazione.

2.3.2 • Movement Skills I movement skills sono la parte di un warm up che andranno eseguiti subito dopo i movement prep. A dif-ferenza di questi ultimi i Movement skill consistono in una sequenza di movimenti specifici al workout che si dovrà successivamente eseguire. Si eseguiranno movimenti preferibilmente a corpo libero lineari, multipla-nari utilizzando esercizi di Forza/Potenza, ampio spazio in questa fase all’utilizzo della Pliometria come tecnica principale (link ideale tra forza e velocità). La loro peculiarità consiste anche nella possibilità di essere eseguiti in qualsiasi condizione di spazio a disposizione. E’ consigliato ripeterli per una determinata distanza o per determinate reps, ad esempio 5 per movimento, preferendo generalmente l’alta intensità ad un alto volume.

2.4 • STRENGTH

La Forza è determinata da almeno tre fattori, uno di tipo strutturale e due di tipo nervoso:- La sezione trasversale del muscolo (dimensione) direttamente collegata all’ipertrofia.- La coordinazione intramuscolare - è la capacità del SNC di reclutare efficacemente le unità mo-

torie di un singolo muscolo in maniera più efficiente per raggiungere lo scopo voluto).- La coordinazione intermuscolare – è la capacità del SNC di reclutare efficacemente tutti i muscoli

coinvolti nel movimento per raggiungere lo scopo voluto). Questa qualità è riferita alla capacità del sistema nervoso di utilizzare tutti i muscoli coinvolti nel movimento in maniera simultanea e concertata e non un solo singolo muscolo

La Forza si distingue in:Forza Massimale Assoluta - rappresenta la più elevata quantità di Forza Massimale che un atleta è

in grado di sviluppare mediante una contrazione volontaria ed è indipendente dal peso corporeo. Fondamentale per i CT

Forza Massimale Relativa - è il rapporto tra la Forza Massimale Assoluta sviluppata ed il peso corporeo dell’atleta espresso in kg.. Fondamentale per sport da combattimento, PL, WL.

Forza rapida - è la capacità di vincere o superare delle resistenze esterne con un’ elevata rapidità di reazione.

La Forza rapida è distinta in:- Forza rapida - esplosiva elastica riflessa - definita come la capacità di compiere un gesto

esplosivo a seguito di una breve contrazione eccentrica (plyo exercises - jumping)- Forza rapida - esplosiva elastica o reattiva - definita come la capacità di compiere un gesto

esplosivo a seguito di un’intensa contrazione eccentrica (plyo exercises -jump)- Forza rapida - esplosiva - definita come la capacità da parte del nostro sistema neuromusco-

lare di esprimere elevati gradienti di forza nel minor tempo possibile partendo da una stazione statica

Forza ipertrofica - la capacità di generare forza grazie all’incremento del volume muscolare.Forza resistente - capacità di opporsi a resistenze esterne nel tempo (breve-media-lunga durata).

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23STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE CAPITOLO 2

PARAMETRI GENERALI DI ALLENAMENTO

F. Max F. Rapida F. Ipertrofica F. Resistente

Intensità 85-100% RM 40-70% RM 65-75% RM 40-60% RM

Volume 1-5 reps 6-10 reps 8-12 reps > 15 reps

Densità 3-5 minuti 2-3 minuti < 2 minuti 30-60 secondi

Gli esercizi e i metodi di allenamento migliori per sviluppare un’ottimale Forza Massimale sono quelli del Powerlifting, dello Strongman e della Gymnastic/Calisthenic.Tipici esercizi utilizzati per lavorare sulla Forza sono: Il Deadlift, Back e Front Squat, Bench Press, Press, Pull Up e Dip sovraccaricati, Log Press, Shouldering Stone, tenute statiche agli anelli come il Front Lever ecc. ecc.

2.4.1 • Power

Si tratta in pratica dell’ l’abilità di esercitare la massima forza nella minore unità di tempo (Zatsiorsky).Le seguenti equazioni ne illustrano il principio:

- P = F ∙ v - P = (m ∙ a) ∙ (S/t)

Dove: P (Potenza), F (Forza), S (Spazio), t (Tempo), m (Massa), a (Accelerazione), v (Velocità).Osservando queste equazioni appare subito evidente quanto sia importante il contributo del fattore acce-lerazione nell’incremento non solo della Potenza ma anche nell’incremento della stessa Forza Massimale.

La Potenza pura è di natura prettamente alattacida ed è una qualità divenuta sempre più fondamentale nello sport del CT classico mano a mano che sono divenuti sempre più importanti e diffusi i movimenti del Weigthlifting. Come nel caso della Forza Massimale la Potenza è importante anche perché da essa dipen-dono poi proporzionalmente in misura variabile tutte le tipologie di Potenza Resistente.Gli esercizi e i metodi di allenamento migliori per sviluppare un’ottimale Potenza alattacida sono innanzitut-to i Jump, grazie ai quali è possibile allenare questa qualità anche in persone senza un background atletico elevato. E’ chiaro che le contaminazioni attuali fanno subito pensare al Weightlifitng; la raccomandazione è di non improvvisarsi atleti ma essere consapevoli della complessità del gesto prima di eseguirlo. Inoltre si possono includere gli esercizi Pliometrici e gli Sprint brevi eseguiti sia con la corsa sia con ergometri tipici come il Row, la AirDyne/Assault Bike e lo SkyErg.Tipici esercizi utilizzati per lavorare sulla Potenza alattacida sono: balzi in verticale su box (Plyo Box Jump Up), balzi in orizzontale (Broad Jumps) ecc. sprint brevi come 30-100 m di Corsa, 10-20 Kcal al Row o alla AirDyne ecc, oltre allo Snatch e

il Clean & Jerk e rispettive varianti quali: Power Snatch, Power Clean, Push Press ecc.

2.4.2 • Conditioning (Aerobic Capacity / Power Aerobic Capacity)Aumentare le capacità cardio-respiratorie e cardio-vascolari è importante tanto per l’atleta quanto per il soggetto comune; infatti allenare queste capacità non significa solo avere più “fiato” da erogare in una prestazione, ma può essere utile sotto molteplici aspetti.Avere più resistenza respiratoria ci aiuterà a migliorare la capacità di resistenza nel tempo, e stimolerà un adattamento del cuore ad un determinato sforzo, quindi anche in una situazione di benessere precario, migliorare tali capacità sarà utile allo sviluppo strutturale del nostro organismo. Negli ultimi anni è stato visto come un aumento della soglia del VO2max sia intrinsecamente connesso al miglioramento di una performance, questo però allo stesso tempo è direttamente connesso alla sport-specificità dell’atleta dove lavori di sprint, tempo run e shuttle hanno dimostrato grandi miglioramenti. Ad ogni modo, le ultime ricerche scientifiche portano sempre di più il conditioning verso un lavoro intervallato, e non più su lunghe distanze.

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24 CAPITOLO 2 STRUTTURA E COMPONENTI DI UNA LEZIONE

Questo perché le nostre capacità fisiologiche rispondono ad un tipo di fibra più veloce che viene attivata attraverso un lavoro intervallato tra tempo e recupero. Questo rapporto farà si che gli adattamenti cardio-vascolari siano migliori, che il VO2max aumenti e che le capacità aerobiche aumentino seguendo una progressione sempre costante.Si può differenziare il rapporto lavoro tempo attraverso una progressione settimanale:

WK1 WK2 WK3 WK4 WK5 WK6

1-2x5 round 1-2x8 round 1-1x5 round 1-1x8 round 2-1x5 round 2-1x round

Questa tabella è solo un esempio di come si può lavorare con i tempi intervallati in progressione, il primo numero indica il tempo di lavoro (che potrà variare dai 10 secondi per i principianti ai 50 secondi per i più avanzati), mentre il secondo è il tempo di recupero. La cosa più interessante dei lavori intervallati è la versatilità di questo tipo di conditioning e la varietà di utilizzo degli esercizi che si possono utilizzare.

2.5 • RECOVERY

Con questo termine si devono intendere 2 tipologie di recupero (fisico e mentale) con 2 timing di attiva-zione ben precisi: uno coincide col termine di ogni allenamento e uno coincide col termine di un periodo di attività che possa aver stressato fisicamente e/o mentalmente l’atleta. L’obiettivo di questa fase è di riportare il corpo nel suo stato di bilanciamento fisiologico e quindi pronto per affrontare nuove sfide. Questo concetto così importante racchiuso nel termine Recovery è però spesso dimenticato, soprattutto da una ben determinata fascia di atleti/praticanti e purtroppo anche da molti preparatori atletici/allena-tori/personal trainer.Il recupero fisico e mentale lo si può raggiungere utilizzando le tecniche più conosciute (stretching, yoga, massaggi, respirazione, …) ed anche cercando di migliorare la durata e la qualità del sonno, dell’ali-mentazione e dello stile di vita. Non è compito di questo manuale approfondire questo argomento ma è giusto ricordare che la fase di Recovery è parte di un allenamento qualitativo, in grado di migliorare significativamente le performance. E’ importante precisare che il Recovery non corrisponde ai 5 minuti di stretching finale durante i quali si è già mentalmente in doccia…

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CAPITOLO 3

Esempi pratici di warm up

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26 CAPITOLO 3 ESEMPI PRATICI DI WARM UP

3.1 • DYNAMIC MOBILITY – MOVEMENTS PREP – PRE ACTIVATION – CONDITIONING

FORMAT 1IN PIEDI:

• BACINO antero/retroversioni, inclinazioni, pelvic clock• ANCHE circonduzioni leva corta/lunga• GINOCCHIA circonduzioni• CAVIGLIE circonduzioni, flesso/estensioni piede alzato e a terra• CERVICALE tors., flex, inclinaz., diagonali, anteposiz./retroposiz. mento • SPALLE circonduzioni leva corta/lunga, egyptian prep, tea cup• TORACE inclinaz., scivolamenti, full circle• GOMITI cerchi pollice in giù• POLSI movimenti a 8 con pollice e indice, accelerazione moto

A TERRA:• FULL SQUAT

• FULL SQUAT + MOVIMENTI A “8” DEL BACINO

• CRAWL + DESTABILIZZ.

• CRAB + DESTABILIZZ.

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27ESEMPI PRATICI DI WARM UP CAPITOLO 3

• BENCH + DESTABILIZZ.

• REVERSE BENCH + DESTABILIZZ.

• CANE A FACCIA IN GIU’+BENCH+COBRA

• CANE A FACCIA IN GIU’+EROE+SWITCH IN SALTO

• CANE A FACCIA IN GIU’+EROE+FULL SQUAT

• GROINERS (BENCH TO FULL SQUAT IN SALTO)

Eroe

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28 CAPITOLO 3 ESEMPI PRATICI DI WARM UP

• SIT THRU KNEES

• SIDE KICK

• SIDE KICK+BENCH+PUSH UP+SIDE KICK+BENCH+PUSH UP

• KNEELING PULL & PUSH (ex TIGER STRETCH)

• RANA AL SUOLO

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29ESEMPI PRATICI DI WARM UP CAPITOLO 3

FORMAT 2• CORSA SUL POSTO

• CALCIATE DIETRO

• SKIP

• JUMPING JACK

• TAP SX/DX

• RECUPERO CON ESERCIZI DI MOBILITA’ PER ANCHE E SPALLE

• PASSAGGI PROFONDI IN AFFONDO LATERALE

• FULL SQUAT + TORSO TWIST

• TABLE TOP

• TRIPOD

Torso Twist

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30 CAPITOLO 3 ESEMPI PRATICI DI WARM UP

• TABLE SWING

• L - SIT

• KNEELING JUMP+JUMP

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31ESEMPI PRATICI DI WARM UP CAPITOLO 3

IN FILE INDIANE:• FRONT LUNGE CON ENFASI SULLA FLESSIONE DELL’ANCA E MANTENIMENTO DEL NEUTRO SUL

RACHIDE E ABDUZIONE DELL’ANCA

• BACK LUNGE CON ENFASI SULLA FLESSIONE ED ESTENSIONE DELL’ANCA E MANTENIMENTO DEL NEUTRO SUL RACHIDE E ABDUZIONE DELL’ANCA

• HINDU PUSH UP+CAMMINA CON I PIEDI E POI CON LE MANI FINO AL CANE A FACCIA IN GIÙ

• LIZARD WALK

• RABBIT WALK

• FROG JUMP

• GOSLING WALK (CAMMINATA IN MASSIMA ACCOSCIATA PORTANDO IL GINOCCHIO A TERRA)

• CENTIPEDE WALK (CAMMINATA IN APPOGGIO SUI GLUTEI)

• BABOON WALK (SPOSTAMENTI LATERALI IN AFFONDO LATERALE)

• MACACO WALK (COME IL BABOON PERO’ SPOSTANDOTI “ZIGZAGANDO” IN DIAGONALE)

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CAPITOLO 4

Funzione e allenamentodel “Core”

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34 CAPITOLO 4 FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE”

4.1 • IL CORE

Il core è uno degli argomenti più interessanti degli ultimi anni, perché intorno ad esso ruotano tante defini-zioni spesso poco chiare che lo hanno reso un argomento sempre più trattato da molti preparatori atletici.Se pensiamo al core, dobbiamo vederlo come un insieme di colonne portanti (anteriori, laterali e posteriori) che hanno funzione di sostenimento e protezione della colonna vertebrale, “durante molte attività, il ruolo primario dei muscoli addominali è di fornire un supporto ed un limite alle rotazioni sulla colonna lombare” (Sharmann 2002), quindi un vero e proprio lavoro di stabilità che serve a sorreggere la struttura più im-portante.I movimenti a carico del rachide lombare variano notevolmente da individuo ad individuo ed in rapporto all’età, ma in linea generale si può affermare che l’estensione, associata ad un aumento della lordosi lombare, ha una ampiezza di 30°, mentre la flessione, associata ad un appiattimento della stessa, ha una ampiezza di 40°. Per quanto riguarda l’inclinazione laterale, l’ampiezza varia dai 20° ai 30°, e per le torsioni è di soli 5°. La notevole ampiezza della flesso-estensione, rispetto agli altri movimenti, è data dall’orientamento delle faccette articolari che guardano in un piano sagittale.

Il diaframma ricopre un ruolo fondamentale nel lavoro del core, il fisiatra Michael Mullin esprime il concetto di diaframma come muscolo profondo addominale, che viene utilizzato per sostenere la struttura insieme al core e completare un processo attivo di coinvolgimento dei muscoli addominali profondi.Negli anni ‘90 , sono stati svolti diversi studi sulla funzione del core, come quello della terapista Shirley Sahrmann che definisce “la funzione dei muscoli addominali come grandi stabilizzatori del tronco”, o come il dott. Stuart Mc Gill che con i suoi studi (più di 400) ha rivoluzionato il modo di vedere il lavoro sul core, queste nuove frontiere infatti ci aprono le porte ad una nuova visione, o meglio una suddivisione specifica di quelle che sono le sue funzioni reali, 3 nello specifico:

- Anti rotazione- Anti flessione- Anti estensione

Uno degli studi più affermati del dott. Mc Gill è proprio quello sulla flessione lombare, dove egli stesso sostiene che la sua flessione è così minima (circa 5 gradi) che dopo un determinato periodo di tempo è inevitabile che non nasca un problema vertebrale o articolare. Questo ci proietta quindi su nuove tipologie di lavoro per il core.Uno dei massimi esponenti del mondo della preparazione atletica, Mark Verstegen ha apportato alcuni esercizi nelle programmazioni fitness, come il chop and lift (cook,1990) che sono divenuti ormai parte integrante di molti programmi di lavoro dei migliori preparatori atletici di sport professionistici.

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35FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE” CAPITOLO 4

4.1.1 • La funzione stabilizzatrice del coreLa stabilità della colonna è mantenuta grazie all’azione continua della muscolatura “anticipatoria”, che si attiva prima dell’inizio di qualsiasi movimento e mantiene un livello di contrazione basso durante tutto il ROM. Si tratta di muscoli non adatti a svolgere azioni di potenza, per le loro caratteristiche anatomiche, e formano una sorta di cilindro con azione di fascia sulla colonna vertebrale, definita Unità Interna (the core):

il diaframma, forma la parte superiore del cilindro; il pavimento pelvico, ne forma la base; il trasverso dell’addome, ne forma la parte anteriore; il multifido, ne forma la parte posteriore.

Hodges e Richarson hanno dimostrato che il trasverso dell’addome e il multifido si contraggono 30 ms prima di qualsiasi movimento con gli arti superiori, e 110 ms prima di qualsiasi movimento con gli arti inferiori in persone sane, con la funzione di stabilizzazione della colonna e il loro timing di attivazione, in molti soggetti affetti da LBP (Low Back Pain), risulta ritardato. L’azione isometrica del muscolo trasverso, con funzione stabilizzante della parete addominale, si ritrova dunque prima di qualsiasi movimento che il nostro corpo compia. Vi sono poi i muscoli che costituiscono l’Unità Esterna (the slings), che non svolgono una funzione di stabilizzazione spinale, ma permettono al corpo di muoversi attorno ad un nucleo stabile. Tale unità è formata:

dal sistema obliquo posteriore (gran dorsale, grande gluteo, fascia toraco-dorsale), dal sistema longitudinale profondo (muscoli erettori della colonna, bicipite femorale, legamento

sacro-tuberoso), dal sistema obliquo anteriore (obliqui dell’addome, adduttori controlaterali, fascia addominale

anteriore) dal sistema laterale (medio e piccolo gluteo, adduttori)

Sulla base di tali concetti, la capacità di mantenere un’adeguata stabilità funzionale ed un efficiente controllo neuromuscolare nella regione lombo pelvica assume un ruolo fondamentale nella prevenzione e nel recupero di patologie muscolo – scheletriche, nel controllo della postura e nel miglioramento delle performance sportive.

4.1.2 • I muscoli del coreIl Core non è una entità definita anatomicamente. È comprensiva di 3 parti:

1. i gruppi muscolari dell’anca, la muscolatura del cingolo scapolare, la muscolatura anteriore e posteriore del tronco e la muscolatura del pavimento del bacino;

2. la fascia toraco-lombare (FTL) e la muscolatura di connessione tra queste strutture;3. la pressione intraddominale (PIA);

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36 CAPITOLO 4 FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE”

Un controllo appropriato del Centro richiede la forza dei componenti muscolari in aggiunta al controllo neuromuscolare e la coordinazione della FTL e della PIA. Come unica unità funzionale, questi componenti provvedono alla stabilità del tronco, mantengono la neutralità della spina, resistono alle forze di flessione ed estensione, così da annullare componenti di rotazionelungo la spina. Oltre a proteggere la spina, il Centro è il fondamento che abilita gli atleti a generare, dissipare e trasferire le forza in cui si imbattono praticando la loro disciplina. Per mettere in evidenza l’importanza del Core, nel movimento bisogna adottare come assioma la seguente frase del dott Massa-roni: “Stabilità prossimale prima della mobilità distale”.Nel Core è dunque inclusa tutta la muscolatura correlata con l’anca: flessori, estensori, rotatori abduttori e adduttori. Anche i muscoli del pavimento pelvico devono essere inclusi in questo gruppo. Il gruppo degli addominali, compresi i muscoli di tutto il perimetro del basso tronco.I gruppi anteriori comprendono: il retto dell’addome, l’obliquo interno ed esterno ed il traverso dell’addome.I gruppi posteriori includono: i grandi erettori della spina (Multifido, Semispinale del dorso, Semispina-le del collo, Semispinale della testa, Interspinosi, Rotatori), piccoli intersegmentali, quadrati dei lombi.Per finire, il Centro include tutta la muscolatura toracica media e superiore, la muscolatura della cintura scapolare e il latissimus dorsi.La fascia toraco-lombare (FTL) è costituita da tessuto connettivo fibroso che origina dal processo trasverso e spinoso delle vertebre. Questo tessuto connettivo copre la muscolatura della spina lombare dorsale e si inserisce nel tessuto connettivo del latissimus, nel traverso, nell’obliquo interno dell’addome e nel gruppo degli estensori dell’anca. L’attiva contrazione del traverso, dell’obliquo interno e del latissimus tira direttamente la FTL orizzontalmente e diagonalmente verso l’alto. Lacontrazione degli estensori della spina posteriormente inclinano la pelvi lordizzando: tale situazione crea pressione sui processi spinosi e sulla FTL, in direzione verticale e diagonalmente verso il basso. Visto così in totale, abbiamo una cintura interna simile strutturalmente ad un corsetto che provvede alla stabilizzazi-one delle forze per la spina dorsale lombare in tutte le direzioni. È la cintura interna naturale che aiuta gli estensori spinali a resistere alla pressione indotta da una resistenza esterna.La pressione intra-addominale (PIA) viene generata dalla chiusura volontaria della glottide, in seguito un’inspirazione e l’attivazione dei muscoli espiratori a fiato sospeso (intercostali interni, muscolatura ad-dominale, ecc.). Tale situazione è comunemente chiamata “manovra di Valsalva” eviene usata dalla maggior parte di noi quando solleviamo oggetti pesanti o più leggeri, ma in modo molto rapido o comunque durante una richiesta vicina alla massima domanda di potenza. Un aumento estremo e prolungato di PIA può essere pericoloso, mentre livelli moderati sono funzionali, producendo un’aggiunta di tensione alla FTL. Proprio come l’introduzione supplementare di aria in un pallone, crea una pressione aumentata all’interno del pallone. Questa tensione aumenta l’estensione attraverso l’aumento del momento delle forze anti-flessorie che la muscolatura del Core può generare. La pressione intra-addominale può essere aumentata attraverso l’uso di una cintura esterna; tale uso richiede sempre un rilasciamento dei muscoli dell’addome. È l’esatto opposto di ciò che invece si deve fare: ricercare l’attivazione del traverso dell’addome, con conseguente trascinamento verso il dentro dell’ombelico. Non farlo vuol dire disattivare il componente primario della FTL e della nostra cintura interna. L’uso della cintura esterna durante pesanti esercizi è controversa: gli eventuali e limitati effetti protettivi sono fortemente messi in dubbio. Molti autori sono convinti che gli atleti – prima di indossare cinture esterne – debbano imparare corrette tecniche di stabilizzazione del CentroLa fascia lombo-dorsale è una robusta fascia costituita da tre strati di connettivo fibroso che origina dal processo trasverso e spinoso delle vertebre. Si inserisce nel tessuto connettivo del latissimus, nel muscolo trasverso dell’addome, nell’obliquo interno e nel gruppo degli estensori dell’anca.

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37FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE” CAPITOLO 4

4.2 • CORE TRAINING

Plank (sui gomiti)

Esecuzione in cui si si dovrà attivare isometricamente tutta la muscolatura stabilizzatrice del tronco (anti estensoria) e del cingolo scapolo omerale. Si dovrà fare attenzione al mantenimento delle curve fisiologi-che, all’assetto del bacino in linea con la colonna per evitare il collasso e l’iperestensione o la flessione delle anche. Mantenere le scapole in posizione neutra evitando principalmente una eccessiva adduzione. Bench (a braccia tese)

Stesse modalità esecutive del Plank, però a gomiti estesi.

Side Plank

Questa esecuzione si eseguirà in decubito laterale, in appoggio sul gomito omolaterale che dovrà essere posizionato (circa) perpendicolarmente alla spalla. Si dovrà attivare tutta la muscolatura anti inclinatoria del tronco mantenendo una linea tra caviglie, bacino e spalle che dovranno rimanere stabili per tutta l’e-secuzione.

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38 CAPITOLO 4 FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE”

Side Bench (a gomito esteso)Modalità simile alla versione precedente che dovrà essere eseguita a gomito esteso.

MB Rockers

In questo esercizio si utilizzerà una palla medica sula quale saranno posizionate le mani mentre il corpo rimarrà proteso come nella posizione di Bench. A questo punto la palla verrà fatta ruotare prima verso destra e poi in direzione opposta, mantenendo il corpo perfettamente stabile.Esiste anche una versione in cui, partendo sempre da un Bench con mani sulla palla, si dovranno eseguire delle destabilizzazioni provenienti dalla parte centrale del nostro corpo inclinando prima e poi ruotando il bacino. L’obiettivo in questa versione è mantenere ferma la palla durante tutta l’esecuzione.

MB/DB Side chops

Esecuzione in cui si dovrà posizionare e mantenere un sovraccarico all’altezza del petto (palla medica, manubrio, ecc). L’obiettivo sarà far ruotare in modo potente il tronco sfruttando prima di tutto la spinta de-gli arti inferiori che inizieranno a produrre energia grazie alla rotazione dei piedi , trasferendo poi forza alle cosce, poi al core e quindi al tronco che si muoverà appunto grazie a questa sinergia e sincronia di attivazioni. Il timing corretto di attivazione quindi dovrà per forza essere: arti inferiori – bacino – tronco (e quindi palla medica o altro sovraccarico).

MB/DB Diagonal chops

In questa variante praticamente si dovrà far compiere al sovraccarico (palla medica o manubrio) una traiettoria, appunto, diagonale. Si dovrà partire infatti posizionare l’attrezzo nel punto, a sx o dx, più alto possibile da raggiungere; quindi a gomiti e ginocchia estesi. In partenza avremo il bacino ruotato di circa 90° rispetto alla posizione standard iniziale, il movimento inizierà con una fase di “Pull” durante la quale

SPINE CORRECTOR

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39FUNZIONE E ALLENAMENTO DEL “CORE” CAPITOLO 4

si dovrà pensare di strappare l’attrezzo come fosse ancorato nella sua posizione iniziale portandolo circa al petto. Subito dopo inizierà quindi la fase propulsiva simultanea di torsione bacino e di “Push” con le braccia portando, anzi meglio dire, spingendo con energia il sovraccarico verso il basso e sul lato opposto rispetto al punto di partenza. La fase di ritorno dovrà ripercorrere la stessa traiettoria dell’andata, iniziando sempre con una tirata al petto e una fase propulsiva di spinta verso l’alto ruotando il bacino in direzione opposta alla prima parte del gesto.

Anti Rotational ChopLavoro anti rotatorio che può essere svolto in stazione eretta o in posizione di affondo. Si utilizzerà un ela-stico, di solito afferrato a 2 mani, come elemento destabilizzante ancorato a destra o sinistra all’altezza del bacino. Si cercherà quindi di mantenere una posizione perfettamente frontale attivando isometricamente la muscolatura anti rotatoria del tronco per contrastere le forze torsive dell’elastico.

SPINE CORRECTOR

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CAPITOLO 5

Squat e variazioni

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42 CAPITOLO 5 SQUAT E VARIAZIONI

5.1 • SQUAT

Lo squat è giustamente ritenuto uno degli esercizi più importanti da allenare durante i nostri workout, nona caso è il primo ad essere stato menzionato tra i 9 schemi motori di base.La bibliografia attuale ne trae sempre spunto per illustrare quanto lo squat sia un movimento naturale per l’uomo e quante volte venga eseguito durante la giornata, purtroppo però troppo spesso la meccanica dei movimenti con il passare degli anni ne subisce cattive influenze iniziando a cambiare le traiettorie ideali causa sempre più ridotte mobilità articolari e flessibilità muscolari dipendenti a loro volta da adat-tamenti posturali causati da uno stile di vita scorretto, dal lavoro, dallo stress…Lo squat è inoltre l’esercizio ritenuto “il re” da ogni preparatore, non esiste infatti disciplina sportiva in cui non venga utilizzato per migliorare le performances di ogni atleta.Si parte in stazione eretta a ginocchia ed anche estese, si flettono anche, ginocchia e caviglie, si scende alla massima accosciata possibile (fino dove sia possibile mantenere le curve fisiologiche del rachide) e si ritorna al punto di partenza.Data la multiarticolarità del gesto e la necessaria capacità di stabilizzazione che richiede un’esecuzione perfetta, possiamo capire quanta muscolatura sia coinvolta. Attenzione però a non cadere nel tranello del ritenerlo “magico”: è infatti dai più considerato un “total body exercize” con transfert prestativi come incremento della forza, potenza e in grado di stimolare produzioni ormonali utili per sviluppare ipertrofia, il miglior esercizio per sviluppare tonicità dei glutei e gambe,…Tutto vero? Direi che la verità sta nel mezzo, come spesso accade. E’ sicuramente un esercizio multiarticola-re e quindi in grado di attivare gran parte della muscolatura (quadricipiti, glutei, femorali, polpacci, addut-tori, stabilizzatori del tronco, erettori spinali,…) però ad esempio quella che viene attivata durante le fasi di un Pull è ovviamente sollecitata in modo irrilevante, così come la produzione di tesosterone è molto spesso un effetto rapido ed immediato che però non è persistente a livello organico ed inoltre è proporzionale dal tipo di esecuzione. Uno degli aspetti fondamentali infatti da considerare è la profondità di uno squat. Se vogliamo analizzare questo esercizio da un aspetto prettamente funzionale, sarebbe ottimale pretendere uno squat in massima accosciata (glutei a circa 10cm da terra) con curve fisiologiche intatte ed eseguito a piedi nudi. Lo Squat da ricercare per ritenerlo degno di questo nome è comunque almeno con le anche al di sotto della linea delle ginocchia (Squat da Powerlifting).E’ quindi evidente che si devono mettere sui 2 piatti della bilancia causa-effetto le variabili profondità/intensità/carico/volume per poterlo ritenere così efficace.Anche se resta assolutamente uno degli esercizi cardine su cui ci concentreremo anche per la sua innata versatilità, in quanto la sua adattabilità ci permette di poterlo far eseguire a chiunque, è necessario prima di tutto analizzarlo partendo da uno screening iniziale del nostro atleta/cliente e subito dopo lavorare per gradi di difficoltà crescenti partendo dall’esecuzione in Bodyweight senza sovraccarichi.Quando parliamo di valutazione iniziale intendiamo valutare il livello di mobilità articolare delle artico-lazioni principalmente coinvolte (tibio-tarsica, coxo-femorale, toracica e scapolo-omerale) e di flessibilità muscolare (femorali).Una volta eseguiti questi tests possiamo inziare ad impostare i nostri Squats per i quali è innanzitutto fonda-mentale non forzare ciò che è naturale, nel senso che ogni Squat è diverso da soggetto a soggetto e quindi dobbiamo partire da come una persona si accoscia in modo naturale ed adattarlo alle sue caratteristiche. Uno Squat potrà quindi risultare ad anche o caviglie più flesse, più o meno profondo a seconda dei sog-getti che sottoporremo a questo esercizio.Da evitare quindi nei primi tempi di insegnamento di questo esercizio l’utilizzo di Multipower, Trx, con schiena in appoggio a Fitball al muro, e tutto ciò che comunque “sporca” la traiettoria fisiologica.Consigliamo quindi di partire con lo squat a corpo libero: l’Air squat, successivamente analizzeremo le varianti bipodaliche e monopodaliche con attrezzi.

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43SQUAT E VARIAZIONI CAPITOLO 5

5.1.1 • Test valutativiCome abbiamo visto in precedenza prima di sottoporre un qualunque soggetto ad uno squat è opportuno verificarne le eventuali carenze esecutive. Vi consigliamo 4 tests semplici:

1. ANKLE FLEX TEST (Mobilità tibio-tarsica)

2. CLOSED SQUAT (Mobilità tibio-tarsica)

3. OVERHEAD FACE THE WALL SQUAT (Mobilità anche, toracica, scapolo-omerale)

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44 CAPITOLO 5 SQUAT E VARIAZIONI

4. HEEL FAR FROM HIP (flessibilità femorali)

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45SQUAT E VARIAZIONI CAPITOLO 5

AIR SQUAT

ESERCIZIO ESECUZIONE ERRORI COMUNI

AIR SQUAT 1. In stazione eretta, piedi larghezza spalle o leggermente più divaricati; piedi extra ruotati verso l’esterno (20-30°). Braccia lungo i fianchi.

2. Testa “alta”, non guardare mai il pavimento.3. Mantenere fisiologiche le curve del rachide.4. Scendere portando il sedere indietro e in basso.5. La discesa deve essere attiva; non ci si lascia cadere ma

ci si “tira” verso il basso utilizzando i flessori dell’anca.6. Il movimento inizia flettendo anche, ginocchia e caviglie

SIMULTANEAMENTE. Un errato timing di attivazione por-terà a stress eccessivi sulle medesime articolazioni.

7. Le ginocchia devono sempre seguire la direzione data dai piedi e non dovranno MAI chiudersi verso l’interno.

8. Mantenere più peso possibile sul centro del piede/tallone.9. Contemporaneamente alla discesa sollevare le braccia e

portarle distese verso avanti o verso l’alto. Posizionare le braccia in questo modo aiuta a mantenere fisiologiche le curve della schiena.

10. Mantenere sempre il busto “alto e lungo”.11. Guardando il movimento di profilo, durante la discesa le

orecchie non si devono spostare in avanti ma scendere dritte verso il basso.

12. Scendere fino al punto più basso in cui sia possibile man-tenere fisiologica la lordosi lombare.

13. Al ritorno, nel punto finale, estendere le anche e cercare di essere il “più alti” possibile.

14. Risalire senza mai lasciare che il busto si inclini in avanti.15. Durante la salita attivare i piedi immaginando di premere

e spingere lateralmente sul pavimento (ma senza spostarli) come a volerlo aprire in due.

• Non scendere sotto il pa-rallelo della coscia col ter-reno.

• Sbagliare il timing di atti-vazione

• Perdere la curva lombare, soprattutto nella parte bas-sa.

• Non mantenere le ginoc-chia in asse con i piedi ma lasciarle cedere all’in-terno.

• Non tenere il busto eretto con petto in fuori e spalle indietro e basse ma as-sumere un atteggiamento ipercifotico.

• Guardare a terra.• Sollevare i talloni.• Non estendere completa-

mente le anche nella parte alta.

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46 CAPITOLO 5 SQUAT E VARIAZIONI

5.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DI “SQUAT”

BACK LUNGE/FRONT LUNGE

Universalmente conosciuti col termine “Affondi”, l’esecuzione avviene sul piano sagittale e dalla stazione eretta si sposterà un piede indietro (BACK LUNGE) ad una distanza tale che possa permettere un grado di flessione ad entrambe le ginocchia di 90°. Nella fase di discesa il ginocchio corrispondente all’anca che si estende deve andare a sfiorare il pavimento, mantenendo le curve fisiologiche, per poi ritornare in posizione di partenza.La meccanica dei Front lunges è la stessa con la variante dello spostamento anteriore di un piede.Le prime volte che si approccia a questo esercizio è consigliabile partire con i back lunges in quanto è più semplice mantenere la postura corretta, subito dopo eseguire i front lunges.

SKATER SQUAT

Lo Skater squat è una variante monopodalica della famiglia degli squat, in quanto tale va eseguita solo dopo aver appreso una buona tecnica e forza nell’esercizio base (squat). L’esecuzione prevede la partenza in stazione eretta, si estenderà un’anca con il ginocchio flesso di circa 90° e contemporaneamente la cavi-glia e il ginocchio opposto dovranno flettersi fino a permettere al ginocchio opposto di sfiorare il pavimento in pieno controllo (senza sbattere). Il focus principale durante tutta l’esecuzione dovrebbe essere rivolto al mantenimento del neutro sulla spina lombare. Dopo una brevissima pausa si ritornerà in posizione iniziale.

Esercizi propedeutici sono: Box skater squat, Eccentric skater squat Esercizi upgrade sono: Deficit skater squat, Closed skater squat, Plyo skater squat

E’ doveroso aggiungere a questa versione classica dell’esercizio una in stile “americano” che ha come obiettivo principale il mantenimento delle curve fisiologiche e la sensibilizzazione della fase di Hip hinge. Durante la fase di discesa viene enfatizzata principalmente la flessione dell’anca rispetto al ginocchio e caviglia corrispondenti al piede che rimane in appoggio al pavimento, l’anca opposta si estenderà così come il ginocchio corrispondente sarà molto meno flesso rispetto alla sua versione originale.

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47SQUAT E VARIAZIONI CAPITOLO 5

GOBLET SQUAT

Con questo nome si intende uno squat eseguito con un sovraccarico (di solito Kettlebell) mantenuto frontal-mente all’altezza del petto e sorretto lateralmente come un calice, da cui deriva appunto il nome “Goblet squat”. Tutte le indicazioni da eseguire sono le stesse dello squat classico. Ciò che verrà modificato sarà il grado di estensione del tronco in quanto biomeccanicamente il baricentro si sposterà leggermente in avanti a causa del sovraccarico. Naturalmente è una variante eseguibile anche con palle mediche tipo Wall ball o con maniglie, con manubri, dischi,ecc.

ROCK UP

In questa variante in effetti si combinano 2 dei 9 schemi motori precedentemente analizzati, lo squat e il roll. Si partirà quindi in stazione eretta con una wall ball, palla medica con le maniglie, manubrio, disco, all’altez-za del petto come in un Goblet squat. Dopodiché si eseguirà la fase eccentrica dello squat fino alla massima accosciata in quanto si dovranno portare i glutei in appoggio al pavimento facendo attenzione al manteni-mento del neutro sul rachide lombare il più a lungo possibile. Poi inizierà la fase di roll in cui con una rullata sulla schiena si porteranno i piedi a toccare la wall ball (o altro attrezzo utilizzato) mantenuta tra le mani a braccia completamente distese dietro la testa e appoggiate al suolo. Inizierà poi subito la fase di ritorno in cui con una rullata opposta ci si riporterà in assetto da full squat per poi ritornare in piedi. Tutta l’esecuzione dovrà essere fluida, senza blocchi nelle 4 fasi esecutive. Tutto ciò sarà possibile solo in presenza principalmente di una buona mobilità tibio-tarsica. Lo stesso esercizio può essere eseguito in modalità bodyweight, quindi senza sovraccarichi. Questa esecuzione richiede ancor più la presenza di caviglie mobili e stabili.

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48 CAPITOLO 5 SQUAT E VARIAZIONI

BACK SQUAT

Lo squat per antonomasia più conosciuto è sicuramente il Back squat (con bilanciere posizionato posterior-mente). Chiunque abbia frequentato un centro fitness si sarà imbattuto nelle più o meno corrette esecuzioni di questa versione, ma sicuramente è sicuramente uno dei più eseguiti e proposti nelle varie schede di allenamento. L’esecuzione è ovviamente la stessa già analizzata, ciò che va suggerito riguarda innanzitutto il posizionamento del bilanciere che, data la sua caratteristica principale (la possibilità di caricare molto peso), necessita di essere sistemato circa all’altezza della spina della scapola, non sulle vertebre cervi-cali!!! Molto spesso infatti si vedono spugnoni, asciugamani e altri “ammortizzatori” appoggiati sul collo dei presunti campioni di sollevamento pesi che non fanno altro che gravare sul rachide cervicale. Questo avviene molto spesso a causa di una ridotta mobilità delle spalle, ma come avrete capito non è un rack ottimale, anzi funzionale, per rimanere in tema.Si può discutere se posizionarlo sopra la spina della scapola o sotto, ma di sicuro non va appoggiato sul collo.La larghezza della presa è variabile, si parte all’incirca appena oltre la larghezza delle spalle fino ad una apertura che varierà in maniera indirettamente proporzionale alla mobilità scapolo-omerale.Importante partire col bilanciere appoggiato su di una rack ad un’altezza che ci costringa ad abbassarci per sistemare il bilanciere. Molto spesso infatti si vedono persone che salgono sulla punta dei piedi per staccare il peso, questo non è corretto anche per motivi di sicurezza. Il bilanciere va sollevato dai blocchi grazie ad una estensione di ginocchia, i talloni dovranno sempre rimanere a terra.Ultima veloce analisi per quanto riguarda il mito “ginocchia oltre le punte dei piedi”: la flessione tibio-tarsica influisce, come già detto, sulla flessione delle anche e quindi del busto. Uno squat a caviglia forza-tamente bloccata (proiezione del ginocchio posteriore all’alluce) automaticamente fa flettere maggiormente il tronco con potenziale stress maggiore a livello lombare durante la fase di estensione in salita. Viceversa uno squat a caviglie eccessivamente flesse dorsalmente diventa pericoloso per le ginocchia… Quindi come al solito la verità sta nel mezzo, sicuramente ad un soggetto con una buona mobilità/stabilità articolare non va imposto lo squat, va adattato.

FRONT SQUAT

Variante eseguita con il bilanciere che sarà posizionato anteriormente sopra il petto. La posizione di rack in un Front squat deve essere tale per cui il bilanciere sia mantenuto stabile e sostenuto da tutta la nostra struttura, non come avviene spesso dai deltoidi e bicipiti in fase di spinta. Per permettere tutto è ancora necessaria una ottima mobilità a livello della spalla resa tale anche da una buona flessibilità a livello del muscolo gran dorsale, in quanto una volta posizionato il bilanciere sulle prime falangi del secondo, terzo

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49SQUAT E VARIAZIONI CAPITOLO 5

e quarto metacarpo, si dovranno mantenere i gomiti più alti delle spalle durante tutta l’esecuzione. Ci sono almeno tre motivi che rendono questa versione più complicata di un back squat: il fatto di essere un movimento meno naturale di uno squat classico, la necessità di stabilizzazione maggiore rispetto ad un back squat e soprattutto il poco margine di errore (in un back la traiettoria è “aggiustabile” da una maggior flessione di caviglia o di anche, mentre nel front squat la traiettoria è solo una percorribile, quella giusta. Per questo prima di approcciarsi da neofiti è necessario aver iniziato a padroneggiare il back squat con dei carichi sufficientemente allenanti (almeno 6 reps con il proprio bw). Rispetto ad un back questa versione stimola maggiormente gli erettori spinali ed i quadricipiti in quanto il posizionamento del bilanciere porta ad uno sbilanciamento anteriore che dovrà essere bilanciato in estensione, e la traiettoria sarà eseguita a tronco più eretto rispetto alla versione col bilanciere dietro, con relativa maggior flessione alle ginocchia.

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CAPITOLO 6

Deadlift e variazioni

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52 CAPITOLO 6 DEADLIFT E VARIAZIONI

6.1 • DEADLIFT

Il Deadlift più comunemente conosciuto come “Stacco” è il secondo tra gli schemi motori base, ma riveste un’importanza fondamentale tanto quanto lo Squat appena analizzato. Infatti tanto è naturale e ripetitivo per l’uomo accosciarsi e risollevarsi, altrettanto le è il sollevare qualcosa da terra. Farlo in modo corretto e salutare non è semplice, farlo in modo allenante ancora meno. Vediamo allora come approcciare a questa tecnica in totale sicurezza e, mantenendo sempre questa condizione al massimo, alla massima prestazione possibile.L’esecuzione ha come obiettivo di abbassarci, afferrare e sollevare un qualsiasi oggetto da terra fino al raggiungimento della stazione eretta sfruttando il reclutamento massimale degli estensori delle anche e la loro potenza fisiologica innata, che avranno il compito maggiore durante uno stacco. Il tutto naturalmente rispettando la regola numero 1: il mantenimento delle curve fisiologiche.Glutei, femorali costituiranno quindi “il motore” principale, erettori spinali, polpacci, quadricipiti, adduttori, muscoli della presa e stabilizzatori del tronco, ecc, … lavoreranno in sinergia. Ci si dovrà posizionare con il sovraccarico tra i piedi ove possibile (Palla medica, kettlebell, manubrio, ecc) o circa all’altezza del centro del piede. Si partirà in stazione eretta a ginocchia ed anche estese, distanza tra i talloni pari circa a quella delle anche, una leggera extra rotazione dei piedi. A questo punto inizia la prima fase, quella di avvicinamento all’attrezzo da sollevare, sfruttando maggiormente la flessione delle anche rispetto ad uno squat. Conseguentemente le ginocchia si fletteranno meno, le caviglie addirittura in modo pressoché impercettibile. In partenza il bacino dovrà essere ad un’altezza compresa tra le ginocchia e le spalle. La cosa più semplice ed immediata è paragonare la fase concentrica di uno stacco ad un salto, il più potente che potenzialmente sia possibile fare. Basta pensare a questo e la posizione di partenza diventa piuttosto intuitiva. Una volta trovato il setting iniziale si dovrà afferrare l’attrezzo di turno, ricercare il massimo tensionamento muscolare quasi ad immaginare di diventare un’unica cosa con il sovraccarico attivando gli estensori del rachide, i dorsali, le anche dovranno essere “pronte” ad esprimere la massima esplosività. A questo punto ritorneremo in stazione eretta il più velocemente possibile. Il tutto, è giusto ricordarlo, mantenendo i dettami posturali evidenziati.I limiti fisiologici di questo esercizio sono per lo più legati alla flessibilità dei femorali, in quanto responsabili principalmente di un corretto mantenimento della lordosi lombare nel punto di partenza in basso. Ancora una vota quindi l’importanza di un lavoro specifico per migliorare questa caratteristica va sottolineata.Altro limite, questo però non migliorabile, sta nella conformazione dell’articolazione coxo-femorale, in particolare al posizionamento della testa del femore ed al suo “margine di movimento” all’interno dell’arti-colazione acetabolo-femore. Il deadlift e lo squat sono infine purtroppo ancora oggi erroneamente associati a problematiche articolari e muscolari, invece la verità è l’esatto contrario. Il problema non è tanto l’esercizio, quanto la sua esecuzione.Vediamo ora alcune varianti, partendo dalle più semplici a quelle più complicate.

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53DEADLIFT E VARIAZIONI CAPITOLO 6

6.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DI DEADLIFT

MB DEADLIFTIl deadlift con palla medica (wall ball o palla con maniglie) è una variante molto valida per iniziare l’ap-proccio a questo esercizio. Posizionare la palla medica tra le caviglie.Nulla da aggiungere rispetto a quanto già evidenziato nella descrizione precedente.L’ampiezza dello stance dei piedi potrebbe dover aumentare leggermente a causa dell’ingombro della palla.

KB DEADLIFT

Stesso discorso per l’esecuzione con la Medball, consigliati I kettlebell da competizione in quanto la maniglia (che dovrà essere posizionata all’altezzq dei malleoli) è più ampia e può comodamente essere impugnata anche dagli uomini a 2 mani.Utile per apprendere la meccanica di estensione delle anche utilizzata nello Swing.

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54 CAPITOLO 6 DEADLIFT E VARIAZIONI

2H KB SWING

SWING“Lo swing deve essere bello, fluido, atletico e potente” Brett Jones, master RKC e SF

ESECUZIONE ERRORI COMUNI INPUT CORRETTIVI

1 Posizionarsi a circa 30-50 cm dal kettlebell. Kettlebell troppo vicino

2

I piedi hanno la stessa posizione assunta nello stacco, o comunque dovranno avere una larghezza tale per cui il kettlebell sarà in grado di passare tra le gambe in completa sicurezza senza il pericolo di colpire le ginocchia. Sarà da evitare anche una larghezza eccessiva tra i piedi.

Scorretta larghezza dei piedi.

3Abbassarsi fino a raggiungere una posizione uguale o simile a quella della parte bassa dello stacco.

Scendere “squattando”Scendere, come nello stacco, andando indietro con il sedere.

Perdere le curve fisiologiche

4

Allungare le braccia in avanti e afferrare la maniglia del kettlebell; inclinare il kettlebell in modo che la maniglia, con la sua inclinazione, risulti un proseguimento della linea delle braccia. A questo punto ci si dovrebbe trovare, volutamente, ad avere le braccia “troppo allungate in avanti”.

5

Senza perdere le curve della schiena e gli angoli alle articolazioni, cercare di “piegare” la maniglia e tirare a se il kettlebell con un movimento di “scrollata” facendolo strisciare sul pavimento. Il “piegare” la maniglia ed il successivo “dragare” il kettlebell consentono, attraverso l’attivazione del gran dorsale, di connettere la spalla al tronco e di “compattarla”.

Tirare piegando i gomiti Scrollare!!!

6

Le braccia devono essere tese ma rilassate.È inoltre necessario sentire gli ischiocrurali tesi come “la corda di un arco”; se così non dovesse essere aggiustare la posizione della schiena e/o del bacino.

Gomiti flessi

7 Mantenere la lordosi cervicale (come nello stacco).

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55DEADLIFT E VARIAZIONI CAPITOLO 6

8

Inspirare e proiettare il kettlebell indietro tra le gambe (e non in basso) in modo che le braccia finiscano contro le costole e gli avambracci contro la parte alta delle cosce: questo è il Back Swing. Nel back swing le braccia devono essere tese e la maniglia del kettlebell deve trovarsi sopra il livello delle ginocchia.

Perdere le curve fisiologiche

Il kettlebell è tra i polpacci ed è troppo basso!

9

Non appena gli avanbracci colpiscono l’interno coscia, invertire il movimento estendendo le anche in modo esplosivo, come se si volesse saltare in alto.

Estendere le anche nel momento sbagliato.

10

Durante la salita il braccio deve mantenere il contatto con la gabbia toracica finchè non avviene una “forte e visibile contrazione dei glutei” (Hip Inge). Solo a questo punto ci può essere la sconnessione del gran dorsale ed il braccio può iniziare ad allontanarsi dal busto; ma attenzione non ci dovrà mai essere la “disconnessione” della spalla in avanti!

Staccare le braccia troppo presto.Lasciare che la spalla vada in avanti

11

Spalle e braccia non devono sollevare il kettlebell; le braccia in particolar modo dovranno comportarsi come delle corde, tese ma “passive”. Il loro compito non è generare forza, ma trasmettere al kettlebell quella che arriva dalle anche.

Il kettlebell viene sollevato dalle braccia

12Espirare in modo “forzato” vicino al punto alto del movimento, più o meno al momento dell’hip hinge.

13 Il kettlebell va proiettato in avanti! (non in alto) Il kettlebell è portato troppo in alto

14

Nel punto alto dello swing:- Il corpo è una linea retta perpendicolare o quasi

al pavimento- la schiena e le spalle sono in posizione“neutra” - le anche e le ginocchia sono completamente

estese- i piedi sono completamente a terra (non sollevare

i talloni)- le braccia sono perpendicolari, o quasi, al corpo- il kettlebell deve essere la proiezione delle

braccia e non “flippare” in alto- i quadricipiti, i glutei e gli addominali si

contraggono visibilmente (“Squeeze”)- per un istante il kettlebell “fluttua”, è “senza peso”

Iperestensione della schiena.Il kettlebell “flippa”

15

Dopo avere fluttuato, il kettlebell inizierà a scendere. Non deve scendere a peso morto, ma deve essere attivamente portato in basso grazie alla contrazione dei gran dorsali.

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56 CAPITOLO 6 DEADLIFT E VARIAZIONI

16

Il corpo rimane eretto ed i glutei contratti più o meno fino a che i bicipiti non toccano la cassa toracica, solo a questo punto i glutei “mollano” e le anche iniziano ad andare indietro.Il bacino si sposta “all’ultimo momento”.

Iniziare ad andare indietro con le anche troppo presto

17Ricordare che le anche sono “il motore”, e la schiena è “la trasmissione”… la schiena (o le braccia) non devono mai essere il motore!

18

Utilizzare un peso “giusto”, ricordarsi che un carico troppo leggero (<16kg per gli uomini, <12kg per le donne) potrebbe far apprendere una meccanica scorretta

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57DEADLIFT E VARIAZIONI CAPITOLO 6

2H KB DEAD CLEAN

ESECUZIONE ERRORI COMUNI INPUT CORRETTIVI

1/12

Seguire tutte le indicazioni relative ai punti da 1 a 12 del Deadlift.

13

Contemporaneamente all’estensione delle anche effettuare una trazione al mento facendo scorrere le mani dall’apice ai lati della maniglia del KB per portarlo statico al petto.

14

Nella posizione alta continuare a mantenere la posizione di schiena e spalle fin qui descritta con gli avambracci chiusi addotti al tronco (posizione compatta di massimo tensionamento)

15Si deve essere il “più alti possibile” per cui mantenere quadricipiti, addominali, glutei e gran dorsali contratti.

16

Invertire il movimento ritornando al punto di partenza cioè con la maniglia all’altezza dei talloni ammortizzando la velocità in discesa del KB flettendo anche e ginocchia.

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58 CAPITOLO 6 DEADLIFT E VARIAZIONI

2H KB CLEAN (GROUND TO CHEST)Per descrivere questo esercizio basta assimilare questo concetto:“Il clean è uno swing che termina nella posizione di rack” David Whitley, master RKC e SFQuesto ci fa capire già tutto in quanto questa esecuzione non è nient’altro che il prodotto dei 2 esercizi precedneti con KB: Swing e Deadclean.Prima di tutto è fondamentale imparare la posizione di “incastro”, il rack che potrebbe essere così descritto:

INPUT TECNICI• il kettlebell è sorretto anche dalla adduzione degli avambracci• le braccia sono attaccate al busto in appoggio sulle coste • i gomiti cercano idealmente l’appoggio sulle creste iliache omolaterali• i polsi sono allineati agli avambracci (il polso è “nullo”)• i glutei sono contratti • la cintura addominale è contratta per stabilizzare il bacino e proteggere la zona lombare.

ESERCITAZIONE• Walking in posizione di rack: serve a registrare le immagini e impressioni per migliorare la co-

scienza dell’equilibrio e del controllo della presa e della posizione del kettlebell:

Una volta assimilato il concetto di rack si potrà passare alla fase successiva di apprendimento.Si partirà nella stessa posizione di uno Swing, dopo aver eseguito la fase eccentrica (back swing) si sfrut-terà la fase concentrica per portare il KB in rack al petto.La cosa fondamentale per evitare che l’attrezzo ci sbatta violentemente contro durante la fase di rack è mantenere sempre gli omeri attaccati al costato durante tutta l’esecuzione, evitando così di far accumulare troppa inerzia al KB.

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59DEADLIFT E VARIAZIONI CAPITOLO 6

BB DEADLIFT

ESERCIZIO ESECUZIONE

DEADLIFT

1. Larghezza dei piedi appena più stretta di quella delle spalle.2. Leggera “naturale” extra rotazione dei piedi.3. Le tibie devono essere praticamente a contatto del bilanciere in fase iniziale.4. Mantenere il petto in fuori e “alto” e spingere indietro le anche fino al

raggiungimento della posizione.5. Mantenere sempre la lordosi lombare e le scapole addotte.6. Spingere indietro il bacino fino a che non si riesce ad afferrare il bilanciere. NON

scendere in squat.7. La presa può essere simmetrica o mista. Larghezza spalle o comunque una

larghezza tale per cui le mani non rimangano schiacciate contro gli arti inferiori durante il movimento. Verificare che i pollici sfiorino le cosce nel punto più alto.

8. Afferrare la sbarra e spingere le spalle indietro ed in basso in modo da pre-attivare il gran dorsale al fine di stabilizzare il rachide. Pre-attivare inoltre i tricipiti e “premerli” contro il gran dorsale.

9. Attivare la muscolatura addominale come se si stesse per ricevere un pugno.10. Fissare un punto sul pavimento a circa 2 metri e mantenervi lo sguardo per tutto il

movimento.11. Spingere attraverso i talloni, immaginare di voler “spingere via” il pavimento o di

voler “far entrare” i talloni nel pavimento; staccare il bilanciere e assicurarsi che le anche e le spalle si muovano simultaneamente fino al superamento delle ginocchia (“sticking point”)

12. L’angolo di inclinazione del busto non cambia finchè il bilanciere non ha superato le ginocchia.

13. Al termine della tirata, nel punto più alto, contrarre i glutei ed estendere completamente le anche.

14. Iniziare la discesa dalle anche, NON dalle ginocchia. Andarsi a sedere indietro tenendo tutto il peso sul centro del piede. Il bilanciere deve sempre rimanere a contatto con cosce e gambe.

15. Mantenere la curva lombare le spalle indietro ed il petto in fuori.16. Eseguire ogni ripetizione come se fosse l’unica ripetizione da fare; ripetere tutto ad

ogni ripetizione.

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60 CAPITOLO 6 DEADLIFT E VARIAZIONI

DEADLIFT HIGH PULL

Esercizio di pura Potenza in cui oltre a tutto quanto già descritto nel deadlift, si deve aggiungere l’interven-to degli arti superiori che dovranno “tirare” il bilanciere il più in alto possibile (circa tra il petto e il mento).Quindi terminata la fase estensiva delle anche e ginocchia (solo in questo momento) iniziare la fase di scrollata delle spalle. Subito dopo inizierà la trazione degli arti superiori flettendo i gomiti immaginando di “tirarli in alto e indietro”. Essendo un esercizio altamente coordinativo, il timing di attivazione sarà di importanza fondamentale.E’ inoltre un’ottima propedeutica per le alzate del Weighlifting come Clean e Snatch.

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CAPITOLO 7

Push up e variazioni

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62 CAPITOLO 7 PUSH UP E VARIAZIONI

7.1 • PUSH UP

Il Push up appartiene allo schema motorio di Press, è un esercizio a corpo libero utilizzato per il poten-ziamento degli arti superiori, tuttavia altamente sinergico tanto da inserirlo nella categoria dei principali esercizi funzionali del Bodyweight.L’esecuzione prevede la partenza in posizione di Bench, avverrà poi una flessione dei gomiti mantenendo tutto il corpo in tensione, fino a portare il petto a sfiorare il pavimento. Ritornare poi in posizione iniziale estendendo completamente i gomiti.Nella sua esecuzione si individuano le azioni dinamiche (fasiche) e statiche (toniche) delle principali catene muscolari coinvolte.

• I muscoli dinamici saranno quelli di braccia, spalle, petto, dorso.• I muscoli statici saranno i muscoli del tronco e del bacino.

Maggiore è l’equilibrio di forze tra le catene muscolari coinvolte in sinergia, maggiore è il controllo del peso del proprio corpo con il risultato del rispetto delle curve fisiologiche della colonna vertebrale.I casi di disequilibrio di forze possono prevedere

• La muscolatura del dorso, dei paravertebrali, del quadrato dei lombi e muscoli dell’anca sono ipotonici. La posizione del corpo risulta con il bacino troppo in alto

• La muscolatura addominale è ipotonica. La posizione del corpo risulta con il bacino troppo basso con un evidente atteggiamento iperlordotico.

In entrambi i casi di disequilibrio posturale durante l’esecuzione dell’esercizio si incorre in un sovraccarico di forze sulla zona lombo-sacrale.

ESERCIZIO ESECUZIONE ERRORI COMUNI

PUSH UP

1. Posizionare le mani in appoggio al suolo con larghezza pari a circa quella delle spalle e leggermente indietro rispetto alla loro perpendicolare.

2. Allineare capo, busto, bacino, gambe e piedi.3. Testa, tronco e bacino in perfetto allineamento

con lo sguardo rivolto perpendicolarmente verso il basso.

4. Curve fisiologiche della colonna vertebrale in neutro.

5. Durante il piegamento inspirare e mantenere gli omeri addotti a sfiorare il costato per attivare e rinforzare maggiormente i tricipiti (sono spesso l’anello debole della catena estensoria).

6. Durante la fase di risalita espirare e distendere gli arti superiori per tornare nella posizione di partenza.

• Bacino troppo basso (iperlordosi)

• Bacino troppo alto (ipercifosi)

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63PUSH UP E VARIAZIONI CAPITOLO 7

7.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DI PUSH UP

KNEELING PUSH UP (SULLE GINOCCHIA)

Versione semplificata del push up nella quale si eseguirà l’esercizio con entrambe le ginocchia appoggiate al pavimento. Per tutto il resto fare riferimento alle indicazioni già analizzate nel push up. Per trovare la posizione iniziale è consigliato appoggiare le ginocchia dopo essersi posizionati in bench mantenendo quindi lo stesso atteggiamento corporeo.

PARTIAL PUSH UP (CON RIALZO SOTTO IL PETTO)

Anche questa è una regressione rispetto all’esercizio base in quanto il range di movimento sarà ridotto dalla presenza di un rialzo (di solito una palla medica) all’altezza del petto.

ECCENTRIC PUSH UP (TECNICA NEGATIVA)Ultimo esercizio di approccio al push up è questa versione in cui si dovrà cercare di forzare la durata della fase eccentrica per almeno 5 secondi per poi ritornare in posizione di partenza senza eseguire la fase concentrica (una volta arrivati col petto a terra, mettersi in posizione della “foglia” e poi in bench).

PUSH UP

Versione base dell’esercizo.

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64 CAPITOLO 7 PUSH UP E VARIAZIONI

FLOOR RELEASE PUSH UP

Primo upgrade in cui una volta completata la fase eccentrica, si appoggerà tutto il corpo a terra sollevando le mani dal pavimento per almeno 1 secondo per annullare l’effetto di riflesso“elastico” muscolare. Eseguire subito dopo la fase concentrica.

ONE LEG PUSH UPPush up in appoggio su 1 piede. La destabilizzazione indotta da un appoggio più instabile rispetto alla versione base si rifletterà in maggior lavoro sul core e conseguentemente anche sulla muscolatura agonista.

PUSH PLANK

Esecuzione in cui si alterneranno 2 posizioni: plank e bench. Il passaggio da una all’altra avverrà alternan-do l’appoggio a terra mani/gomiti.

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65PUSH UP E VARIAZIONI CAPITOLO 7

DIAMOND PUSH UP

La variabile di intensità in questa variante sarà l’appoggio delle mani a terra che dovrà essere con uno stan-ce molto più stretto della versione standard. Si dovrà infatti eseguire l’esercizio con i pollici e gli indici delle 2 mani che si toccano. Il reclutamento dei tricipiti sarà, per questo motivo, maggiore rispetto al push up.

HINDU PUSH UP

Si partirà nella posizione del “cane faccia in giù”, si dovranno poi portare gli avambracci a terra flettendo i gomiti. A questo punto inizia la fase in cui si dovrà scendere immaginando di dover entrare con la testa dentro il pavimento, per poi iniziare la fase di estensione dei gomiti non appena le spalle saranno perpen-dicolari alle mani. La posizione di arrivo finale sarà quella del “cobra”. Ritornare in posizione iniziale con una semplice flessione di anche.

SPIDERMAN PUSH UP

Variante in cui in corrispondenza della fase eccentric del push up si dovrà eseguire una flessione all’anca cercando di portare il ginocchio oltre il gomito, in appoggio sul tricipite.

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66 CAPITOLO 7 PUSH UP E VARIAZIONI

ONE ARM ASSISTED PUSH UP

Push up con una mano in posizione standard e l’altra più distante, a gomito quasi esteso.

“L-7” PUSH UP

Una mano in posizione standard e l’altra sarà in appoggio dorsale, l’obiettivo sarà sbilanciare volutamente il carico sulla mano in appoggio palmare per alleviare il sovraccarico sul polso della mano opposta.

PARTIAL ONE ARM PUSH UP (CON RIALZO SOTTO IL PETTO)Stessa metodica della versione già analizzata del push up. Si eseguirà un push up ad una mano a range ridotto.

BURPEE

Esercizio da considerare un “total body” grazie alle sue componenti che dovranno essere eseguite in modo fluido tanto da renderlo un unico esercizio per chi lo osserva. Si partirà in stazione eretta con i piedi larghezza fisiologica, si eseguirà una accosciata massimale portando le mani al suolo. Contemporane-amente all’appoggio delle mani si estenderanno completamente entrambe le ginocchia in salto facendo

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67PUSH UP E VARIAZIONI CAPITOLO 7

corrispondere a questa fase di volo la fase eccentrica del push up (facendo attenzione al mantenimento della postura corretta in modo particolare in questa fase dove si dovrà evitare una estensione di anche non controllata). Si eseguirà subito senza pause la fase concentrica del push up abbinata alla flessione di an-che e ginocchia in salto per ritornare in accosciata massimale staccando le mani dal pavimento. Quest’ul-tima fase ci permetterà di poter avere un assetto in full squat posturalmente più corretto ed inoltre avremo subito le mani posizionate in modo più favorevole per dare una spinta propulsiva nel salto che dovrà essere eseguito come ultimo gesto componente un burpee. Nel punto più alto del salto si dovrà eseguire un battito di mani che scandirà il numero di ripetizioni eseguito. L’atterraggio dal salto corrisponderà con l’inizio della ripetizione successiva. Esistono molte varianti del burpee come ad esempio:

• No-push up burpee: l’atleta non esegue il push up durante l’esercizio.• No-jump burpee: l’atleta non esegue il salto.• Broad-jump burpee: l’atleta salta in avanti non in alto.• Tuck-jump burpee l’atleta porta le ginocchia al il petto quando salta.• Box-jump burpee: l’atleta salta su di un Box.• One-arm burpee: l’atleta usa solo una mano durante tutto l’esercizio, incluso il push up.• Dumbell burpee: l’atleta tiene nelle mani due manubri mentre esegue l’esercizio.• Pull-up burpee: l’atleta durante il salto si aggrappa ad una sbarra ed esegue un pull-up (trazione)

PLYOMETRIC PUSH UPFacendo leva sui polsi e sulla parte inferiore del palmo delle mani, spingete il corpo verso l’alto in maniera esplosiva, in modo che le mani e la parte superiore del corpo si ritrovino per un attimo in aria, senza con-tatto col pavimento. Riprendete contatto stabilizzando la posizione e riprendete l’esecuzione dell’esercizio.

T-ROTATION PUSH UP

Si alterneranno 2 esercizi in modo fluido e continuativo: push up e side bench. Si eseguirà un push up classico, enfatizzando però la fase concentrica che dovrà fungere da spinta per arrivare in posizione di side bench. Il ritorno avverrà in modo simile, si dovrà infatti accelerare la fase di ritorno dal side bench per aumentare l’intensità della fase eccentrica del push up.

NO TOUCH PUSH UP

Una volta assimilata la tecnica del “T-Rotation push up” si potrà eseguire in modo più semplice e intuitivo il “clapping push up” dove sfruttando la fase eccentrica come propulsione si eseguirà la fase concentrica arrivando a staccare le mani dal suolo.

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68 CAPITOLO 7 PUSH UP E VARIAZIONI

HOT COAL PUSH UP

Variante pliometrica in cui si utilizzerà un attrezzo che fungerà da “scalino” (ad esempio una palla medica). Durante la fase concentrica si staccheranno le mani dal suolo e si toccherà la parte superiore dell’attrezzo.

SIDE TO SIDE PUSH UP

Anche in questo caso si utilizza universalmente una wall ball sulla quale avremo posizionato una mano (mentre l’altra sarà in appoggio al pavimento con larghezza standard per un push up). Durante la fase concentrica si staccheranno le mani dai rispettivi appoggi e si invertiranno le posizioni palla/pavimento. Quindi tecnicamente l’esecuzione corretta richiede uno spostamento del tronco mentre la palla medica rimarrà ferma.Esiste anche una seconda versione di questo esercizio: si avrà una mano posizionata sulla palla medica e l’altra al suolo, la distanza tra le mani potrà essere leggermente più larga dell’impostazione standard. A questo punto si eseguirà il push up in cui durante la fase concentrica si dovrà spingere la palla verso la mano opposta durante la fase di volo. La fase eccentrica conseguente dovrà avvenire con le mani su appoggi invertiti. Rispetto alla versione precedente quindi in cui sarà la palla medica a spostarsi mentre chi esegue dovrà rimanere fermo.

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CAPITOLO 8

Press e variazioni

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70 CAPITOLO 8 PRESS E VARIAZIONI

8.1 • PRESS

Rimanendo ancora sullo schema motorio base “Press” analizzeremo ora la versione più classica, espres-sione di forza pura. Nel Press infatti rimanendo in stazione eretta, a ginocchia ed anche estese, si dovrà spostare un sovraccarico dal petto fino sopra la testa, tecnicamente dalla posizone di rack a quella in lock out (overhead). Dopo aver analizzato la posizione di rack è ora fondamentale imparare il lock out. Vedia-mo ora i principali punti di questa posizione:INPUT TECNICI

• i gomiti sono estesi, le mani sopra la testa e la loro perpendicolare attraversa la settima vertebra cervicale fino ai talloni

• le scapole alla fine del movimento saranno alte, ruotate cranialmente e basculate caudalmente• i pugni saranno in presa stretta

ESERCITAZIONE• walking in lock out: come per la camminata in rack, serve a correggere la posizione, a prendere

coscienza della capacità di stabilizzare la spalla, di controllare l’equilibrio e di supportare il cari-co scelto.

A questo punto si può eseguire questa meccanica in cui come visto dovremo spostare un carico dal petto fino sopra la testa reclutando deltoide anteriore e tricipite in primis ma anche altri gruppi muscolari sinergici come bicipite, pettorale e tutti gli stabilizzatori del tronco. La fase di discesa può essere vista come una fase concentrica di trazione, in cui non si dovrà subire passivamente il carico reso ancora più dinamico dalla forza di gravità, ma lo si dovrà padroneggiare immaginando appunto di trazionarlo in rack.

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71PRESS E VARIAZIONI CAPITOLO 8

8.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DEL PRESS

2H KB PRESS

ESECUZIONE ERRORI COMUNI INPUT CORRETTIVI

1

Prima di iniziare il press:- assicurarsi di avere la spalla “neutra” e tutto

il corpo contratto come nella posizione alta del 2H clean.

- mantenere per un istante la posizione, quindi eseguire una piccola e veloce inspirazione ed iniziare il movimento.

2

Non pensare a spingere in alto il kettlebell, immaginare invece di volersi spingere via da esso e di voler sprofondare con i piedi dentro il pavimento; il tutto senza mai “mollare” con quadricipiti, glutei, addominali, lombari e stabilizzatori della scapola.

3

Nella salita espirare e mantenere sempre gli avambracci verticali o quasi ed i polsi allineati con essi; quadricipiti, glutei e addominali dovranno rimanere contratti durante tutta l’esecuzione, il collo mantiene la sua posizione “fisiologica”, non si deve iperestendere il tratto lombare e la spalla deve rimanere sempre rimanere stabile lasciando muovere la scapola in modo naturale.

4

Salire con una traiettoria curva; il braccio inizia ad aprirsi in fuori in modo evidente solo dopo che la mano passa l’altezza della testa mantenendo però sempre l’avambraccio perpendicolare.

5

Nella posizione alta: - le braccia sono tese e appena più indietro

del viso - i bicipiti sono vicino all’orecchio

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72 CAPITOLO 8 PRESS E VARIAZIONI

6

Prima di iniziare la discesa, piccola inspirazione, quindi espirare durante la discesa.La discesa deve essere attiva, ma questa volta grazie all’attivazione del gran dorsale, bicipite, gran pettorale e i muscoli del fianco. Una negativa attiva permette poi una positiva migliore.Pensare ad eseguire una trazione “strict” a 2 braccia e focalizzare l’attenzione sul gomito e non sulla mano.La traiettoria ripercorre quella usata per la salita.

7 Una volta che il kettlebell è tornato giù, piccola pausa, poi breve inspirazione e si ripete il press.

BB PRESS

ESERCIZIO ESECUZIONE

BB PRESS

1. Piedi larghezza anche.2. Il bilanciere è in rack position con le mani leggermente più larghe di queste.3. I gomiti si abbasseranno fino a risultare leggermente più avanzati rispetto al

bilanciere.4. Prima di iniziare il press, inspirare e contrarre glutei, quadricipiti e addominali.5. La spinta è diretta verso l’alto; non curvare la traiettoria per superare la testa.6. Retroporre il mento per permettere una traiettoria perpendicolare al bilanciere.7. Non pensare a spingere il bilanciere verso l’alto ma immaginare di volersi

allontanare dall’attrezzo spingendosi via da esso.8. Non appena il bilanciere ha superato la testa, riportare il capo in asse e

completare la spinta espirando nell’ultima fase.9. Durante tutto questo, glutei, quadricipiti e addominali rimangono costantemente

contratti.10. Nella discesa non cedere semplicemente al carico ma “tirarlo” in basso con il gran

dorsale.

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73PRESS E VARIAZIONI CAPITOLO 8

BB PUSH PRESS

ESERCIZIO ESECUZIONE

BB PUSH PRESS

1. La posizione di partenza è la stessa del press.2. Dip: Con un rapido movimento piegare le ginocchia fino ad abbassarsi di 7-12 cm.3. Nel piegamento non arretrare troppo con il bacino ma avanzare leggermente con le

ginocchia. Il busto rimane sempre eretto.4. Drive: Senza fermarsi nel punto basso, estendere in modo esplosivo gli arti inferiori e

le anche.5. Press: Non appena gli arti inferiori e le anche hanno raggiunto la completa

estensione, spingere in modo esplosivo il bilanciere sopra la testa fino alla completa estensione delle braccia per arrivare in lockout.

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CAPITOLO 9

Thruster e variazioni

Page 76: FUNCTIONAL TRAINING - FIF

76 CAPITOLO 9 THRUSTER E VARIAZIONI

9.1 • THRUSTER

Per spiegare meglio questo esercizio la cosa migliore è vederlo come un Front squat + Push press. Infatti la sua esecuzione prevede la partenza in stazione eretta con il sovraccarico all’altezza del petto, successiva-mente si eseguirà un front squat in massima accosciata di sicurezza (mantenimento della fisiologiche curve della colonna) possibile, per poi risalire repentinamente e sfruttando l’inerzia proveniente dagli arti inferiori spingere il sovraccarico fino sopra la testa come in un push press. Quindi l’obiettivo di questo esercizio total body è coordinare e sfruttare al massimo la potenza derivante dalla risalita dal front squat, trasferirla al core e solo nell’ultima parte del gesto utilizzare la muscolatura estensoria dell’avambraccio in spinta. Si ripartirà dalla posizione di lock out immaginando di trazionare il sovraccarico in basso e un attimo prima di arrivare all’altezza del petto iniziare la fase eccentrica di Front squat, risalire e terminare con il sovrac-carico in overhead.L’esecuzione quindi deve essere vista come un unico movimento fluido.

9.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DEL THRUSTER

MB/KB THRUSTER

L’utilizzo di una medball, kettlebell o altri attrezzi simili è molto semplice ed intuitivo se applicato a questo esercizio. Consigliata una presa in stile “Bottom up” per i kettlebell per maggior comodità

MB THROWING THRUSTERIn questa variante eseguibile con palla medica si eseguirà la stessa meccanica del Thruster e sfruttando la fase di risalita si lancerà la palla contro un muro (o bersaglio) per poi riafferrarla ed eseguire gli altri Throwing thruster stabiliti.

BB THRUSTER

La versione con bilanciere necessita un approfondimento ulteriore per la difficoltà tecnica indotta dal poten-ziale peso utilizzabile. Un Thruster degno di questo nome infatti andrebbe eseguito con un peso superiore

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77THRUSTER E VARIAZIONI CAPITOLO 9

all’1RM del Press. Solo in questo modo infatti è possibile “costringersi” a sfruttare la spinta propulsiva degli arti inferiori. Utilizzando carichi impegnativi quindi si dovrà fare molta attenzione al posizionamento del bilanciere durante le fasi del movimento in quanto risulteranno di fondamentale importanza le posizioni di rack (a gomiti alti come già analizzata nel Front squat) per la fase di discesa e salita parziale. Non appena si avrà raggiunta una quasi completa estensione delle ginocchia (7-15 cm più bassi rispetto alla posizione eretta come già visto nel Push press) si dovranno abbassare i gomiti per sfruttare meglio la fase di Push press. Il timing e la coordinazione ancora una volta sono importantissimi. Per questo motivo solo con un carico adeguato si può imparare al meglio questa tecnica.

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CAPITOLO 10

Jump e variazioni

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80 CAPITOLO 10 JUMP E VARIAZIONI

10.1 • JUMP

Il Jump può essere definito come la base di partenza degli esercizi di potenza.Questo perché saltare sul posto, su di un box o su di un ostacolo ha la predisposizione dell’utilizzo della maggiore quantità di forza in minor tempo possibile.Se la potenza viene definita come:

P= f:t

Il miglior modo per allenarla è saltare!Saltare non è cosa di poco conto, perché al suo interno richiede un grosso reclutamento del sistema ner-voso ed una adeguata tecnica.La tecnica del salto si potrebbe definire in 4 fasi:

1. Partenza2. Caricamento3. Fase aerea 4. Atterraggio

Ognuna di queste componenti deve essere eseguita in maniera corretta, perché il nostro SNC riceverà un messaggio ad alto impatto e le energie che vengono scaricate al suolo sono così tante che diventa dove-roso mettere in sicurezza le articolazioni.

Esempio:Un saltatore in alto riesce a scaricare a terra, prima di slanciarsi, fino a 550kg in più rispetto al suo peso corporeo (fonte universitaria americana).con questo possiamo capire quanto sia importante mettere in sicurezza le articolazioni al fine di evitare usure ed infortuni.La parte fondamentale della tecnica del jump è l’hip hinge, perché attraverso esso si passa in due fasi molto importanti quali il caricamento e l’atterraggio, ma non solo perché ciò che accomuna il jump con alcuni dei più importanti esercizi di potenza è proprio l’hip hinge, vedi ad esempio clean, jerk, swing. Tutti hanno la predisposizione dell’utilizzo dell’hip hinge al fine di una buona riuscita tecnica.Lo sviluppo del jump, quindi, con le sue progressioni e variazioni ci permetterà di comprendere gli esercizi di potenza in maniera corretta, e sarà il miglior start up per ogni atleta o persona comune che si alleni. Uno dei migliori preparatori di NBA Al Vermeil (Chicago Bulls) sottolinea spesso l’importanza di questo gesto, con il grande miglioramento coordinativo e di forza dei suoi atleti.In definitiva il jump va insegnato secondo una corretta tecnica e deve essere inserito nei programmi di lavoro per ogni soggetto.

jump bodyweight Su box Su ostacoli

hop bodyweight Su box frontale

Su box laterale

Su ostali frontale

Su ostacli laterale 45°

Progressione del jump

jump stick bounce continuoushop stick bounce continuous

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81JUMP E VARIAZIONI CAPITOLO 10

10.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DEL JUMP

MB/KB JUMPING THRUSTER

Variante in cui si al Thruster si aggiungerà un salto in fase di estensione finale.

MB JUMPING THROWING THRUSTERVariazione “completa” composta da Thruster + Jump + Lancio palla.

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CAPITOLO 11

Slam

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84 CAPITOLO 11 SLAM

11.1 • SLAM

Fanno parte di questa categoria tutti gli esercizi eseguiti con Slam Ball che verrà schiacciata con forza al pavimento mediante utilizzo degli arti superiori, core ed arti inferiori.Saranno esercizi in grado di sviluppare Potenza pura che, se ben eseguiti, aumenteranno anche il controllo del core in quanto la muscolatura stabilizzatrice (principalmente l’anti estensoria in fase di caricamento ed anti flessoria in fase di slam) sarà molto sollecitata.

11.2 • VARIANTI DELLA MECCANICA DELLO SLAM

BALL SLAM

Partire con la palla a terra posizionata tra i piedi, eseguire un’accosciata in modo corretto fino ad affer-rare la slam ball, riportarla tramite una meccanica simile al Thruster fino dietro la testa. A questo punto invertire la direzione di movimento della palla iniziando a trazionare con i dorsali e schiacciarla violente-mente al suolo utilizzando il core come propulsore (mantenendo il neutro). La palla dovrà essere lanciata tra i piedi per riprodurre le stesse condizioni di partenza.

PUSH SLAMVariante simile alla precedente in cui la parte iniziale di caricamento sarà la stessa con l’aggiunta di un piccolo balzo posteriore nel momento in cui la palla raggiungerà la parte posteriore della testa. Subito dopo si dovrà contemporaneamente trazionare la slamball, eseguire un balzo per ritornare in posizione di partenza, accelerare la palla durante la sua discesa tramite una “accosciata attiva”, ruotare il posi-zionamento dei gomiti passando da una fase di trazione ad una di spinta quando la palla è all’altezza dello sterno. La ripetizione terminerà quando la palla sarà sbattuta al pavimento. Un’altra differenza rispetto al Ball slam è il fatto che la palla dovrà rimanere sempre afferrata tra le mani e mai lanciata. Ciò renderà agevole l’esecuzione delle ripetizioni previste.

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CAPITOLO 12

Unconventional exercizes

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86 CAPITOLO 12 UNCONVENTIONAL EXERCIZES

12.1 • UNCONVENTIONAL EXERCIZES

In questa categoria rientrano tutti quegli esercizi ritenuti “non convenzionali” in relazione all’utilizzo classico dell’attrezzo. Vedremo quindi come usare Kettlebell, Bilancere, Plate in modo alternativo:

12.1.1 • KETTLEBELL:• FIGURE 8• FIGURE 0 / WALKING FIGURE 0• AROUND THE WORLD• “GET UP STAND UP”

12.1.2 • BILANCERE:• ONE ARM ROW• ROLL OUT• ONE ARM PRESS• FLOOR WIPERS

12.1.3 • PLATE:• HALO• TRUCK DRIVER• PRESSING SQUAT• ROLL BENCH

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CAPITOLO 13

Teoria di allenamento e diproposte allenanti

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88 CAPITOLO 13 TEORIA DI ALLENAMENTO E DI PROPOSTE ALLENANTI

13.1 • TEORIA DELL’ALLENAMENTO

Ad oggi l’allenamento è la fonte di benessere primaria per l’essere umano. La sedentarietà prende sempre di più il sopravvento e la richiesta del corpo al movimento è sempre maggiore con il passare degli anni, per questo la definizione di allenamento, oggi, dovrebbe virare verso la salute ed il benessere non più solo per un fattore estetico. Quindi se pensiamo a questo concetto ci rendiamo conto, di quanto i nostri programmi di allenamento dovrebbero spostarsi verso uno status di benessere psicofisico migliore, e alla domanda: “quale è il miglior metodo allenante?”, probabilmente la risposta è: “dipende”! Ad oggi è molto difficile far muovere le persone e stimolarle all’allenamento, per questo motivo, “qualsiasi forma allenante può essere perfetta se lo scopo è la cura del movimento e il benessere dei clienti.”Nel mondo esistono miriadi di protocolli di allenamento ottimi, ognuno di esso però fa riferimento ad un soggetto specifico o ad una situazione specifica, per questo la scelta dell’allenamento non è che a discre-zione del trainer. Ciò che conta è aver chiaro le basi da cui iniziare, le applicazioni scientifiche a cui fare riferimento e la voglia di mettersi in gioco al fine di costruire un protocollo di allenamento perfetto per i propri clienti. Tuttavia teoricamente ci sono delle basi per fare in modo che un allenamento, un protocollo ed un programma siano buoni; si tratta dei fattori fondamentali essenziali evidenziati qui di seguito.

- Tipologia di allenamento: Total body

- Articolazioni sollecitate: Ginocchio dominante Anca dominante Core Spalla dominante

- Direzioni e piani di movimento: Tirata verticale (piano frontale) Tirata orizzontale (piano sagittale) Spinta verticale (piano frontale) Spinta orizzontale (piano sagittale) Torsioni (piano trasversale) Rullate (piano sagittale) Core training (stabilizzazioni/triplanare)

Questi punti sono dunque essenziali in un programma di allenamento al fine del suo sicuro successo. Negli ultimi anni è stata rilevata l’importanza dell’allenamento monopodalico e monolaterale sia per atleti che non atleti, al fine di aumentare le riserve di salute e benessere fisico; alcuni studi hanno confermato che l’allenamento monopodalico aumenti del ben 20% la forza totale corporea rispetto all’allenamento con esercizi bipodalici. Mentre negli esercizi per gli arti superiori monolaterali sono stati evidenziati i migliora-menti e i reclutamenti miofasciali, ma soprattutto un’ attivazione maggiore del core. Con questi parametri possiamo divertirci a sviluppare programmi di allenamento a nostro piacimento, inserendo sempre la base dei fondamentali sopra citati. Con riferimento specifico ai tempi di recupero, dato l’aumento a dismisura della sedentarietà, le persone passano molto più tempo ferme e sedute di quanto noi pensiamo: si stima che un uomo di mezza età stia in movimento solo 2 ore al giorno; da qui comprendiamo quanto i recuperi passivi per soggetti già sedentari siano dannosi o comunque non influiscano in maniera positiva sull’allenamento. A questo punto, avendo tutte le carte in tavola inerenti la tipologia di allenamento, i movimenti e i tempi di recupero possiamo cre-are programmi attraverso qualsiasi circuito che stimoli i clienti ad allenarsi e al contempo divertirsi.

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13.1.1 • Esempi di circuiti • TIMING CIRCUIT Semplicemente “Circuiti a tempo”, i più utilizzati e sempre facilmente applicabili, ne esistono

delle più svariate tipologie, anche qua a seconda della qualità che si vuole allenare si gioca sul rapporto tempo di lavoro/recupero. Troveremo quindi circuiti con rapporto 1/2 per soggetti poco condizionati, o per lavori in cui si ricerca un recupero “completo” o quasi, oppure rapporto 1/1, 2/1, 3/1… Il Tabata, come vedremo, non è niente altro è che un Timing Circuit codificato con rapporto di lavoro 2/1, per 8 round.

• REPS CIRCUIT Anche questa metodologia è facilmente intuibile, dove il carico di lavoro è dato dal numero di

ripetizioni da eseguire, famosi sono i circuiti in stile Crossfit® , 21-15-9-3, oppure 21-18-15-12-9-6-3… Anche questi sono di solito tipologie di lavoro in stile Ladder con numero di ripetizioni codificate.

• MIX CIRCUIT Naturalmente è possibile mixare i timing circuit con i reps circuit, creando circuiti di allenamento in

cui si possono alternare stazioni a tempo a stazioni a ripetizioni. Ad esempio una stazione in cui si lavora 30’’ e poi si eseguono 30 ripetizioni, ripetute per più round, oppure abbinare altre 2 o suoi multipli di stazioni in un unico round.

• COMPLEX Secondo il coach Dan John un Complex è “una serie di esercizi svolti uno di seguito all’altro senza

pause dove si devono eseguire tutte le ripetizioni di un esercizio prima di passare a quello succes-sivo. L’attrezzo lascia le mani o “si riposa” a terra solo dopo che tutti gli esercizi e tutte le ripetizioni sono state eseguite”. Alwin Cosgrove ne da’ una definizione ancora più concisa “un Complex è un circuito in cui si usa un solo attrezzo, un solo carico ed un solo spazio”. Solitamente un Com-plex è formato da 5-8 esercizi scelti in modo da poter essere eseguiti tutti con un unico attrezzo (bilanciere, manubri, kettlebells o corpo libero) e disposti in una sequenza logica che permetta di passare da un esercizio al successivo in modo “fluido e naturale”. Per esempio se è previsto il back squat dopo il press, l’ultima ripetizione di press prevederà di scendere con il bilanciere dietro il collo in modo da essere già pronti per lo squat.

Qual’ è il campo di applicazione del Complex?• Come parte finale del riscaldamento prima dell’allenamento in questo caso lo si esegue 2-3

volte con un bastone o al massimo con il bilanciere scarico• Come condizionamento generale per gli sports• Per il dimagrimento• Per l’aumento di massa muscolare• Per i giorni di “non allenamento”• Per allenamenti “salvatempo”

Come si articola un Complex ?• Si ripete 2-5 volte recuperando 1’30”- 2’30” tra una ripetizione e l’altra• Per un effetto “bruciagrassi” o per un condizionamento cardiovascolare sono ottimali le serie

da 8 ripetizioni• per l’aumento di massa risultano migliori le serie da 3 ripetizioni eseguite con il bilanciere

• LADDER Il metodo di allenamento Ladder (scala) è stato proposto da Pavel Tsatsouline con specifico riferi-

mento all’esercizio del pull up, ma certamente le sue origini risalgono ad un passato atletico molto lontano.

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Qual’ è il campo di applicazione del Ladder? Il Ladder trova specifica applicazione nei programmi di allenamento che hanno l’obiettivo di au-

mentare il numero di ripetizioni eseguite con un determinato carico; pertanto può essere utilizzato in tutti gli esercizi a carico fisso e/o a peso corporeo. Come la gran parte dei metodi efficaci il Ladder è estremamente banale; consta di serie di lavoro a carico fisso ma ripetizioni crescenti fino ad una serie ad alte ripetizioni che costituisce l’apice della “scala”. Il principale beneficio nonchè punto di forza del Ladder sta nella possibilità di eseguire un alto volume in poco tempo (la durata massima è di 15’) e senza creare alti livelli di stress nervoso e metabolico; per questo possibile ripetere questo allenamento più volte al giorno.

Come si articola un Ladder ?• si può eseguire a coppie, utilizzando come tempo di recupero lo stesso tempo necessario al

compagno per completare la sua serie• senza un compagno è possibile ipotizzare i recuperi in base ala durata della serie stessa

(recuperi crescenti) ESEMPIO Set 1- 1 rep Rest 10” Set 2- 2 reps Rest 15” Set 3- 3 reps Rest 20” Set 10- 1 reps TOTALE 55 REPS

• senza recupero tra le serie se le singole serie sono a conduzione alternata (ad esempio lo snatch 1 H)

Al termine del primo Ladder si può ricominciare con• un nuovo Ladder ma inverso da 10 a 1• un nuovo Ladder ma scalando di 2 (2-4-6-8-10)• due nuovi Ladder con due scale opposte (da 1a10 & da10 a 1)

Una volta compresa la logica del metodo saranno possibili le più disparate personalizzazioni sulla base dei propri obiettivi.

Ad esempio un ladder 1-2-3-4-5 ha un carico per lavorare sulla forza, se ripetuto 5 volte ha un vo-lume totale di 75 ripetizioni che è un lavoro per l’ipertrofia; se non si vuole ipertrofia si accorcia il ladder per esempio 1-2-3 o anche 1-2 (per 5 volte rispettivamente 30 e 15 ripetizioni). Un ladder 2-4-6-8-10 avrà, visto ripetizioni e volume, scopo cardiovascolare e/o di forza resistente.

• TABATA Il protocollo Tabata nasce da uno studio del 1996 svolto dal Dr. Izumi Tabata e il suo team pres-

so il National Institute of Fitness and Sports di Tokyo. Lo studio, che prevedeva 5 allenamenti a settimana ed è durato 6 settimane, paragonò su cicloergometro due diversi protocolli: la classica attività aerobica, svolta ad una intensità costante pari al 70% del VO2max per 60 minuti, ed una composta da ampie variazioni di intensità della durata totale di soli 4 minuti. In questi pochi minuti si utilizzavano sia i meccanismi aerobici che anaerobici e si alternavano a 20 secondi estrema-mente intensi (circa 170% VO2max), 10 secondi di riposo in un ciclo continuo ripetuto per 8 volte fino ad arrivare appunto a 4 minuti di lavoro.

Il gruppo dei 60 minuti aumentò il VO2max di circa un 10% senza nessun miglioramento della capacità anaerobica. Il gruppo dei 4 minuti registrò un aumento del VO2max del 14% e un incremento del 28% della capacità anaerobica. Risultò quindi che l’allenamento tradizionale ad intensità costante migliora la potenza aerobica ma non migliora la capacità anaerobica, mentre l’attività intermittente ad alta intensità è in grado di aumentare in modo significativo sia la perfor-mance aerobica che anaerobica; quest’ ultima, per inciso, possiamo definirla come la capacità

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di continuare a svolgere l’esercizio in carenza di ossigeno e con aumentati livelli di acido lattico. Oltre ai miglioramenti della performance, il metodo Tabata sembra portare ad una significativa perdita di massa grassa; probabilmente tale risultato è dovuto a 2 fattori: per primo l’elevato de-bito di ossigeno che deriva da una attività così intensa e secondo l’influenza che un esercizio di questo genere ha sulla produzione ormonale. Infatti grazie all’intensità elevata aumentano i livelli di GH e catecolamine, entrambi ormoni lipolitici, e si ha, rispetto ad una sessione di cardio più lunga, una minore secrezione di cortisolo, ormone catabolico particolarmente sensibile alla durata dell’esercizio.

Cosa scegliere per eseguire un tabata? Se lo scopo è il miglioramento cardiovascolare e/o la resistenza lattacida “generale” o il dima-

grimento, saranno da preferire esercizi o attività che muovano grandi catene cinetiche come la corsa, i salti, lo swing, i burpees, lo squat, il thruster, il clean and press ecc…

Per un lavoro lattacido localizzato o per fare “qualcosa di diverso” è possibile utilizzare il Tabata praticamente con tutto: push up, addominali, pull up, ecc…

Quanto far durare un allenamento che include il Tabata e per quante volte ripeterlo? Anche se su carta si parla di soli 4 minuti, vista l’elevata intensità del protocollo, bisogna con-

siderare almeno 4-7 minuti di riscaldamento e altrettanti di defaticamento, il che porta ad una durata minima consigliabile dell’allenamento di 12 minuti. Per ottenere il massimo dei benefici sia prestazionali che estetici, si consiglia di svolgerlo non più di 2-3 volte a settimana alternandolo ad allenamenti più “classici” e meno impegnativi.

N.B. Poiché si tratta di un metodo avanzato per poterne ricavare più benefici possibili non è con-sigliabile proporlo ai principianti che dovrebbero invece avvicinarsi con gradualità ad allenamenti di questo genere.

• EMOTM o EMOM EMOM è una delle tecniche di allenamento della forza più utilizzate nel campo dell’allenamento

funzionale. Il modo in cui questo tipo di formula di allenamento funziona è il seguente: uno o due movimenti sono utilizzati per fare o ogni minuto o alternando ogni due minuti nel corso di 10 fino a 30 minuti. Ripetizioni di 2-5 sono fatte a un’alta percentuale dell’1RM dell’atleta.

I periodi di riposo sono ridotti al minimo, mentre il sistema nervoso centrale non è eccessivamente tassato.

Ciò che questa formula permette all’atleta di fare è accumulare volume e sviluppare una meccani-ca coerente con carichi o movimenti che richiedono elevati livelli di coordinazione.

Esempio: EMOM alternando sul minuto: 3 slanci al 75%1RM sul minuto dispari 3 muscle-up sul minuto pari Risulta chiaro che un atleta potrà eseguire 30 slanci e 30 muscle-up in meno di 20 minuti. Questa

è una fantastica quantità di lavoro che dovrebbe consentire sufficiente recupero del sistema nervo-so centrale per mantenere una solida tecnica con tempi di recupero limitati in 20 minuti.

Questo è un modo efficiente per sviluppare abilità e capacità.

• AMRAP Acronimo di “As Many Round As Possible”. Modalità di allenamento in cui, entro un tempo li-

mite reimpostato, si devono cercare di eseguire più round possibili di lavoro. Ogni round sarà composto da esercizi e ripetizioni anche queste già stabilite prima di iniziare il workout. Durante l’esecuzione non si dovranno mai modificare i carichi o ripetizioni stabilite, le pause sono assolu-tamente soggettive, nel senso che ognuno potrà recuperare nel momento del bisogno. Va da sé

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che la quantità finale di tempo di recupero influenzerà in positivo o in negativo l’esecuzione di più o meno round/ripetizioni. Sempre consigliabile scegliere un mix di esercizi che vada a coinvol-gere tutte le parti del nostro corpo con esercizi multi articolari. Come per tutte le modalità ad alto impegno fisico, è consigliabile impostare un numero di esercizi e ripetizioni facilmente semplice da memorizzare, per non rischiare di sbagliare durante il workout.

Ad esempio: 5 esercizi per 5 ripetizioni ognuno 5 esercizi per ripetizioni in stile scala crescente da 1 a 5 3 esercizi da 3-6-9 ripetizioni La durata di un AMRAP di solito è di 20’, ciò non impedisce eventualmente l’utilizzo e la combi-

nazione di 2 workout di 10’ ognuno.

• AFAP Acronimo di “As Fast As Possible”. Anche in questo workout reimposteremo il numero di esercizi da eseguirsi e il numero di ripetizioni

per ogni esercizio. La differenza rispetto ad un AMRAP sta nel fatto che il lavoro sarà composto da un solo round gigante, in cui il numero di ripetizioni da eseguire per ogni esercizio sarà molto alto.

E’ necessario terminare tutte le ripetizioni di un esercizio prima di passare all’esercizio successivo. Si dovrà cronometrare tutta la durata del workout. L’obiettivo nel tempo è cercare di portare a

termine il nostro circuito nel minor tempo possibile. La gestione delle pause è come nelle modalità AMRAP, quindi assolutamente “al bisogno”. A meno di obiettivi specifici, è comunque consigliabile non creare workout la cui esecuzione sfori

i 30’.

• H.T.C. Acronimo di “Human Timing Circuit”. Allenamento a circuito da proporre in sedute di allenamento composte da gruppi di persone, più

si è, più ci si diverte e si diventa competitivi, in quanto la durata esecutiva di ogni round è stabi-lita dalla velocità con cui gli atleti che saranno nella postazione “Target” porteranno a termine il numero di ripetizioni di un determinato esercizio prestabilito.

Per capirci meglio, immaginato di avere ad esempio 20 persone, dividetele in 10 gruppi da 2 e stabilite 9 esercizi da eseguire, più uno che definiremo “Target”.

Il “Target” lo stabiliremo noi, sia come esercizio che come numero di ripetizioni. Mentre per le restanti 9 postazioni noi stabiliremo solo l’esercizio da eseguire.

Non appena daremo lo start, tutte le persone inizieranno ad eseguire il loro esercizio non sa-pendo per quanto tempo dovranno lavorare, il tempo di ogni round sarà scandito e regolato da quanto tempo impiegheranno quelli della postazione “Target” a finire tutte le ripetizioni.

Ad esempio impostare un circuito di 9 esercizi e stabilire che la postazione “Target” sarà terminata solo quando i 2 atleti avranno portato a termine l’esecuzione di 20 burpees alternati. Cioè solo quando uno dei 2 avrà terminato un burpee, potrà partire l’altro. E fino al compimento del 20° burpee gli altri eseguiranno il loro esercizio assegnato.

Si creerà quindi una sorta di gara per cercare di terminare il più presto possibile l’esercizio “Tar-get” che stimolerà i partecipanti a dare quel qualcosa in più.

E’ ancor più coinvolgente se si invitano i 2 della stazione “Target” a contare ad alta voce il nu-mero corrispondente al burpee eseguito, per far si che anche tutti gli altri sappiano a che punto si trovano, senza dover essere costretti a guardare in direzione della stazione principale.

Ulteriore consiglio potrebbe essere quello di disporre le 9 stazioni in cerchio e mettere la stazione “Target” al centro del cerchio…

• DECK OF CARDS Letteralmente “Mazzo di carte”: si assegna 1 esercizio rispettivamente ai 4 semi delle carte da

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poker, si estrarrà un numero a piacere di carte, il valore delle carte stabilirà il numero di reps da eseguire. Il Jack vale 11 reps, la Donna 12 reps, il Re 13 reps, il Jolly vale 20 reps dell’esercizio precedente. Si dovrà quindi eseguire in stile AFAP il round con la stessa successione delle carte estratte. Ad esempio:

CUORI = Thruster (@50%bw) FIORI = Push up PICCHE = Pull up QUADRI = Box jump (@60/50)

Si estraggono 8 carte e sono usciti:• 4 di CUORI• 8 di QUADRI• 2 di CUORI• JOLLY• Re di PICCHE• Asso di FIORI• Donna di FIORI• 9 di PICCHE

Si dovrà quindi eseguire nel minor tempo possibile il seguente round:• 4 Thruster• 8 Box jump• 2 Thruster• 20 Thruster• 13 Pull up• 1 Push up• 12 Push up• 9 Pull up

• SPELL YOUR NAME In questa tipologia di workout per ogni lettera dell’alfabeto si assegneranno esercizio e numero di

ripetizioni corrispondenti. Dopodichè basterà scegliere ad esempio 5 nomi e cognomi di perso-naggi famosi/famigliari/ecc… e “tramutarli” in lavoro.

Ad esempio:• A: 50 Jumping Jack• B: 20 GHD Sit up• C: 30 Air squat• D: 15 Push up• E: 1’ Wall Ball (@10/6)• Ecc…

Se uno dei nomi fosse “CADA BEDE” si dovrebbero eseguire nel minor tempo possibile i seguenti esercizi:

30 Air squat + 50 Jumping jack + 15 Push up + 50 Jumping jack + 20 GHD Sit up + 1’ Wall Ball (@10/6) + 15 Push up + 1’ Wall Ball (@10/6)

• I GO YOU GO Come suggerisce il nome stesso della modalità esecutiva, in questo tipo di workout si lavorerà

in maniera alternata, nel senso che una persona lavora portando a termine una certa quantità di ripetizioni (di solito relative ad un solo esercizio) e solo quando avrà terminato inizierà la seconda persona o gruppo. La finalità del metodo “I go you go” non è specificatamente “allenante” ma ha lo scopo di coinvolgere il gruppo, nello specifico le coppie del gruppo, in modo tale che tutti

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debbano essere costantemente attenti a ciò che si deve fare anche durante il recupero (visto che è vincolato a cosa fa il compagno).

Grazie a questo metodo è inoltre possibile aumentare la densità del lavoro quindi si eliminano i tempi morti ed infine può essere utile nel caso in cui non ci siano attrezzi per tutti. La finalità dell’al-lenamento dipende dalle ripetizioni o dalla durata della serie.

• FINISHERS Un Finisher è un breve allenamento ad alta intensità da eseguirsi alla fine di un allenamento con

lo scopo di: Velocizzare la perdita di grasso (grazie all’EPOC che ne deriva) Accelerare il recupero (in base al tipo di Finisher) Migliorare ed allenare il “condizionamento generale” I Finisher sono quasi sempre semplici, ma questo non significa facili, e necessitano di poca attrez-

zatura, gli esercizi in bodyweight sono quindi perfetti. Devono essere scelti esercizi, o combinazioni di esercizi, che coinvolgano grandi masse muscola-

ri. La durata di un Finisher mediamente va da 5 a 15 minuti (spesso meno di 10 minuti). Il Finisher deve essere impegnativo per il soggetto… al termine l’effetto cardiovascolare/debito di

ossigeno deve essere evidente. Esempi per tutti i gusti, da quello “più orientato verso la forza” a quello più cardiovascolare.

1) Pistol Squat 5+5 / Riposo 30” Pistol Squat 3+3 / Riposo 30” Pistol Squat 1+12) Con lo stesso meccanismo di sopra ma accoppiando 2 esercizi Tuck Jump 10 / Riposo 15-30” Pull up 10 / Riposo 15-30” Tuck Jump 9 / Riposo 15-30” Pull up 9 / Riposo 15-30” …... Tuck Jump 1 / Riposo 15-30” Pull up 13) Qualunque complex può essere usato come un Finisher… 4-6 ripetizioni del complex con

recupero più o meno pari al lavoro.4) Scegliere un esercizio di forza pura, per esempio skater squat in deficit o handstand push up,

ed in 5 minuti eseguire più ripetizioni possibili.5) Stessa logica di sopra ma con esercizi “più cardiovascolari” tipo swing, burpees, squat jump,

box jump, skip luge, rock up, quad hop… o una combinazione di essi6) Invece di avere il tempo fisso posso avere le ripetizioni fisse Esempio, nel minor tempo possibile eseguire: 50 push up 50 air squat 50 sit up (o addome a scelta) 100 back lunge o walking lunge (50+50)

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FUNCTIONAL TRAININGUn allenamento completo che allena la coordinazione, l’equilibrio, la flessibilità

per aumentare la performance e ridurre il rischio degli infortuni

Il training funzionale è un allenamento di estre-ma completezza e grande impatto emotivo, che garantisce fidelizzazione e spirito di gruppo. Gli esercizi sono di carattere globale e funzionale, l’attivazione metabolica raggiunge alti livelli e si allena forza, coordinazione e destrezza. L’al-lenamento funzionale è la risposta a ciò che la tendenza del fitness richiede a un programma di esercizi.

TESTO UFFICIALE DELLA FEDERAZIONE ITALIANA FITNESS PER IL CORSO DI:

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