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GLI IDROCARBURI LA CHIMICA DELLA VITA

© GSCATULLO

(

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Gli Idrocarburi Propedeutica

Il modello degli orbitali atomici

L’Atomo L’atomo è la parte più piccola della materia, esso è formato da un nucleo di protoni e neutroni cui ruota

attorno un certo numero di elettroni. All’interno dell’atomo il numero dei protoni corrisponde al numero

atomico, e ne determina le proprietà, ha carica positiva, i neutroni invece hanno carica neutra ma apportano

al nucleo una massa. Generalmente sono in egual numero che i protoni, quando non è così gli atomi che

compongono prendono nome di isotopi.

Gli elettroni, che in un atomo stabile sono di quantità pari a quella dei protoni, hanno carica positiva. Rispetto

al nucleo gli elettroni sono molto più piccoli, 1800 volte per la precisione, e leggeri, per questo riescono ad

orbitargli intorno ad una notevole distanza: si pensi che se il nucleo di un atomo fosse grande quanto una

mela gli atomi gli ruoterebbero attorno ad un chilometro di distanza!

Il concetto di orbitali Inizialmente gli elettroni dell’atomo erano ritenuti ruotare attorno al nucleo in orbite bidimensionali disposte

su più livelli. Questo rigido sistema è stato superato dall’introduzione del concetto di orbitale: una regione

di spazio entro il quale è molto probabile trovare un elettrone.

Per definire gli orbitali si utilizzano i numeri quantici, ricavati dall’equazione della funzione d’onda 𝜓2 che

determina la probabilità che un elettrone si trovi in una data regione di spazio, sono numeri che specificano

il valore di una proprietà dell’elettrone: n, l e m.

Il numero quantico principale, n, definisce l’energia dell’elettrone e può assumere soltanto valori interi

positivi (1, 2, 3…), più il suo valore è alto più l’elettrone sarà distante dal nucleo e dunque avrà più energia. Il

valore minimo è n=1.

Il numero quantico secondario, l, può assumere tutti i valori compresi tra 0 e n-1, determina le caratteristiche

geometriche della funzione di distribuzione della probabilità (dell’orbitale) e definisce il sottolivello

energetico a cui appartiene quel certo orbitale. I sottolivelli sono indicati con lettere anziché con i numeri,

secondo la seguente corrispondenza:

Valori di l 0 1 2 3 Lettera s p d f

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Alla lettera che indica il sottolivello si antepone generalmente il numero di n: il simbolo 2p indica per esempio

la coppia di numeri quantici n=2 e l=1.

Il numero quantico magnetico, m, determina le proprietà dell’atomo quando è sottoposto a un campo

magnetico esterno. Può assumere tutti i valori compresi tra –l ed +l, incluso lo 0, definisce il numero di orbitali

di ciascuno sottolivello energetico.

n Numeri quantici Tipo di orbitale Numero massimo di elettroni per tipo di orbitale l da 0 a n-1 m (-l; 0; +l)

4 3 -3; -2; -1; 0; 1, 2; 3 4f 14 2 -2; -1; 0; 1, 2 4d 10 1 -1; 0; 1 4p 6 0 0 4s 2

3 2 -2; -1; 0; 1, 2 3d 10 1 -1; 0; 1 3p 6 0 0 3s 2

2 1 -1; 0; 1 2p 6 0 0 2s 2

1 0 0 1s 2

Un ulteriore numero quantico ricavato sperimentalmente è lo spin, che può assumere esclusivamente due

valori: +½ e –½. Indica i due possibili stati energetici di un elettrone. Circa questa proprietà dell’elettrone il

fisico austriaco Wolfgang Pauli enunciò nel 1925 una legge fondamentale nota come principio di esclusione

di Pauli: un orbitale può descrivere lo stato quantico di due soli elettroni; essi devono avere spin opposto, cioè

antiparallaelo.

La forma dell’atomo L’orbitale, sappiamo, è un’espressione matematica da cui si ricava la probabilità di presenza dell’elettrone in

un certo punto dello spazio circostante il nucleo. Per delineare una “forma” dell’atomo è sufficiente

considerare la superficie di contorno corrispondente all’orbitale considerato.

La superficie di contorno degli orbitali s è di forma sferica.

Quella degli orbitali p è articolata in tre forme dal doppio lobo, di dimensioni equivalenti ma che si espandono

in piani dello spazio diversi:

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Quella degli orbitali d invece si articola in cinque forme di cui quattro dai quattro lobi ed una particolare.

L’orbitale f presenta una costruzione ancora più complessa, in 7 forme!

Per scrivere la configurazione elettronica di un atomo qualsiasi nel suo stato fondamentale si segue un

particolare procedimento, chiamato principio di Aufbau (dal tedesco, costruzione), immaginando di

“costruire” un atomo aggiungendo ad uno ad uno i suoi Z elettroni negli orbitali di minor energia disponibili.

Per applicarlo è sufficiente seguire i seguenti punti:

1. Determinare il numero di elettroni dell’atomo neutro, corrispondente al numero atomico Z.

2. Scrivere gli orbitali in ordine di energia crescente seguendo questo schema:

3. Riportare all’esponente di ciascun orbitale, o di gruppo di orbitali, il numero di elettroni che esso

descrive (massimo 2 per gli s, 6 per i p, 10 per i d e 14 per gli f) in modo tale che la somma degli

esponenti dia Z e che prima di aggiungere orbitali a più alta energia è necessario saturare quelli ad

energia inferiore.

Esempio di applicazione: potassio (19 elettroni) 1s22s22p63s23p64s1.

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Dall’analisi degli spettri atomici è emersa una particolarità dell’atomo nota come regola di Hund: nella

configurazione elettronica più stabile di un atomo, gli elettroni appartenenti a un medesimo sottolivello

tendono ad assumere lo stesso spin.

Per far emergere questa caratteristica degli atomi si utilizza una particolare rappresentazione che raffigura

gli orbitali come dei quadratini (1 per l’s, 3 per il p, 5 per il d e 7 per l’f) e gli elettroni come frecce, in ogni

quadratino ne può ospitare al massimo due, da porre con spin opposto, ad eccezione dei casi in cui vale la

regola di Hund.

Rappresentiamo ad esempio la configurazione dell’atomo di carbonio:

L’ibridazione degli orbitali Quando nel 1916 G. Lewis individuò la teoria del legame covalente propose la regola dell’ottetto. A quel

tempo le conoscenze sulle proprietà degli elettroni erano scarse ed il modello proposto dal chimico

statunitense è complessivamente corretto e tutt’ora utilizzabile per descrivere un gran numero di molecole.

Una descrizione più rigorosa deve tener conto delle moderne acquisizioni sia teoriche che sperimentali. Ad

esempio secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg non è possibile conoscere

contemporaneamente la posizione di un elettrone e la sua velocità, è dunque possibile stabilire solo quale

siano le zone dove la probabilità di rinvenire un elettrone sia alta.

Dalla fisica quantistica si originano due modelli:

Teoria del legame di valenza (Valence Bond, VB), elaborata nel 1930 da L. Pauling e da J. Slater, in cui

si sostiene che gli atomi tendono a legarsi per riempire gli orbitali esterni incompleti sovrapponendoli

(e non per raggiungere la configurazione elettronica dei gas nobili come proposto da Lewis).

Teoria dell’orbitale molecolare (Molecular Orbital, MO), elaborata nel 1932 da R. Mulliken e F. Hund,

sostiene che dopo un legame gli elettroni di una molecola ruotano assieme attorno ai nuclei egli

atomi che la compongono descrivendo un orbitale molecolare.

Le molecole biatomiche secondo la teoria del VB È possibile utilizzando la teoria del legame di valenza rappresentare la molecola di idrogeno, H2,

sovrapponendo gli orbitali di ciascun idrogeno.

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Lo stesso può avvenire tra due atomi di fluoro, F2, che possiedono orbitali p:

E anche nell’acido fluoridrico, HF:

In tutte le rappresentazioni delle molecole si può notare come l’addensamento elettronico si sviluppa lungo

l’asse di legame e in modo simmetrico rispetto ad esso: è un legame σ.

Gli orbitali p, sono tuttavia di creare non solo il legame σ, ma anche un legame in cui la distribuzione

elettronica è concentrata in due zone situate da parti opposte rispetto l’asse di legame: il legame π.

L’ibridazione del carbonio Allo stato naturale il carbonio, secondo la regola di Hund (che sancisce che finché c’è un orbitale libero gli

elettroni non si appaiano), dovrebbe essere in grado di fare solamente due legami: per fare un legame è

necessario un elettrone “libero”, ovvero che abbia il suo “slot vuoto”.

Eppure tramite le osservazioni sperimentali sappiamo che nell’etene H2C=CH2 il carbonio ha tre legami, e nel

metano CH4 quattro! È necessaria una teoria che spieghi questa “anomalia”.

I° Ipotesi. Uno degli elettroni del 2S del Carbonio viene promosso nell’orbitale 2P vuoto, si avrebbero

così 4 elettroni spaiati e dunque la possibilità di fare fino a 4 legami.

L’osservazione sperimentale dei quattro legami del metano sono tutti lunghi e forti uguali, ma questo

non è compatibile con l’ipotesi “della promozione”, perché significherebbe che tutti gli elettroni

coinvolti nel legame dovrebbero essere dello stesso orbitale, e non 1 in 2s e 3 in 2p!

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II° Ipotesi, la teoria dell’ibridazione degli orbitali atomici, che sostiene che alcuni orbitali si fondono

tra di loro per originare degli orbitali nuovi con caratteristiche intermedie a quelli di partenza.

La seconda ipotesi prevede tre tipi di ibridazione, a seconda di quanti orbitali p vengono coinvolti:

L’ibridazione porta ad una modifica della struttura tridimensionale della molecola: infatti essa tenderà ad

allontanare tra loro gli elementi del legame. Nell’ibridazione SP3, la forma che rende possibile questo

allontanamento massimo è un tetraedro dagli angoli ciascuno di 109,5°; nell’ibridazione SP2 viene utilizzata

una forma triangolare piana, distanziando i vertici-elementi di circa 120° l’uno dall’altro; infine

nell’ibridazione SP la geometria della molecola è lineare, e l’angolo di legame 180°.

Gli idrocarburi

Proteine, carboidrati, grassi, DNA, enzimi, sono solo alcuni dei termini che utilizziamo per descrivere la

struttura e le funzioni degli apparati che caratterizzano gli organismi viventi, e nonostante il grado variabile

di complessità hanno tutti in comune il fatto di essere composti organici. L’aggettivo organico, utilizzato per

descrivere i composti presenti nella materia vivente, ha origine dalla convinzione degli scienziati che questi

composti fossero caratterizzati da una forza vitale intrinseca, e per questo non riproducibile in laboratorio.

Tutti i composti contenenti carbonio sono, con poche eccezioni, da considerarsi organici. Questi composti

compongono, indipendentemente dalla loro funzione, pochi altri elementi oltre il carbonio: idrogeno,

ossigeno e azoto, o anche zolfo, fosforo e pochi altri ancora.

Attualmente sono noti alcuni milioni di composti organici, naturali o di sintesi, ed il loro numero aumenta a

decine ogni anno, questo per la particolare natura del carbonio:

Ha quattro elettroni nello strato di valenza e può formare lunghissime catene di atomi di carbonio

tramite la condivisione di una, due o tre coppie di elettroni.

Il suo valore di elettronegatività (2,5) è tale per cui può legarsi covalentemente con tutti i non-metalli

e con quasi tutti i metalli.

Lo studio delle biomolecole inizia dalle molecole più semplici: gli idrocarburi: composti binari formati soltanto

da carbonio e idrogeno. Gli idrocarburi possono essere classificati in alifatici e aromatici: i primi molecole

costituite da catene di atomi di carbonio lineari o ramificate; il secondo gruppo presenta invece una struttura

ciclica con specifiche proprietà.

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Saturi: Alcani e Cicloalcani Gli idrocarburi saturi sono alifatici, e costituiti da catene di atomi di carbonio uniti soltanto da legami semplici.

L’aggettivo saturo si riferisce al fatto che ogni atomo di carbonio lega il numero massimo possibile di atomi,

cioè quattro. Gli idrocarburi saturi si dividono in alcani e cicloalcani.

Il più semplice degli alcani è il metano, CH4, che presenta una struttura tetraedrica con angoli di legame di

109,5°. I quattro atomi di idrogeno sono legati a quello di carbonio mediante legami . La struttura presenta

quattro orbitali ibridi sp3.

Rispetto al metano, l’alcano più semplice, l’etano lega tra loro due carboni, che possono a loro volta legarsi

con un massimo di tre atomi di idrogeno. Nel caso del propano il carbonio centrale della catena può legarsi

con soli due atomi di idrogeni, ecc. Per passare dal propano al butano, dal butano al pentano, dal pentano

all’esano e così via, è sufficiente aggiungere un gruppo –CH2- all’interno della catena. Per questo motivo si

dice che gli alcani costituiscono una serie omologa: una serie di composti in cui ciascun termine differisce dal

precedente di un’unità costante. La serie omologa si può esprimere con la formula generale:

CnH2n+2 con n intero.

Per rappresentare in modo semplice gli idrocarburi si ricorre alle strutture in due dimensioni anziché a quelle

tetraedriche, per motivi di praticità. Un’ulteriore semplificazione può aversi con la formula condensata, che

sott’intende i legami del carbonio con altri atomi.

Di seguito altri alcani con i rispettivi nomi.

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Una molecola di alcani può assumere diverse forme “ruotando” attorno al legame semplice C-C, queste forme

prendono nome di conformazioni.

A partire dal propano è possibile “chiudere” la catena carboniosa, unendo assieme i CH3 estremi, che nella

creazione del legame di congiuntura perdono entrambi due atomi di idrogeno ( CH2) dovendo i due carboni

unirsi tra di loro. In questo modo si forma il cicloalcano corrispondente all’alcano di cui si va a chiudere la

catena.

La struttura più interessante dei cicloalcani per lo studio delle

molecole biologiche è quella del cicloesano che, per via della sua

struttura, può assumere diverse conformazioni, le più importanti

sono quelle a sedia e a barca. La prima risulta più stabile, essendo gli

atomi di idrogeno meno ravvicinati nello spazio e dunque meno

soggette alle forze elettriche tra loro.

Nomenclatura Sino a quando i composti organici conosciuti erano relativamente pochi i nomi venivano assegnati senza

regole precise: per esempio il limonene è chiamato così perché ottenuto dai limoni o il barbiturico per la

santa festeggiata nel giorno in cui il chimico Adolf Baeyer lo sintetizzò e per il nome della sua donna.

Nel 1892 la IUPAC elaborò delle regole precise per l’attribuzione dei nomi. Ad eccezione dei primi quattro

termini (metano, etano, propano, butano), il nome degli alcani è costituito dal prefisso numerico greco,

corrispondente al numero di atomi di carbonio, seguito dal suffisso –ano.

CH4 C2H6 C3H8 C4H10 C5H12 C6H14 C7H16 C8H18 C9H20 C10H22 metano etano propano butano pentano esano eptano ottano nonano decano

Se la catena è lineare si antepone al nome la lettera n separata da un trattino, e sta per “normale” ed informa

che la catena è lineare. Es. n-pentano si legge normalpentano.

Per assegnare il nome ad un alcano ramificato bisogna seguire le seguenti tappe:

1. Trovare l’idrocarburo principale, individuando la più lunga catena di atomi di carbonio e

riconoscerne le ramificazioni. Nel caso in esame siamo davanti ad un esano, una catena di sei atomi

di carbonio. Alla catena è legato un CH3, un sostituente, termine che sarà approfondito più avanti.

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2. Numerare gli atomi della catena principale, in modo da attribuire il numero più basso possibile agli

atomi che legano i sostituenti.

3. Identificare e numerare i sostituenti. I sostituenti sono indicati preceduti dal numero del carbonio

cui si vanno a legare e devono essere elencati in ordine alfabetico (butil-, etil-, metil-, propil- ecc.),

se sono presenti due o più sostituenti identici si adoperano i prefissi di-, tri-, tetra- ecc. (non

considerati per l’ordine alfabetico) ed il numero che indica la posizione va ripetuto.

4. Scrivere il nome seguendo le regole della punteggiatura, senza interruzioni, in una sola parola, il

trattino per separare il numero del carbonio dal nome del radicale cui è legato e la virgola per

separare i vari numeri nel caso in cui lo stesso sostituente sia presente più volte.

Nel caso in esame il composto è un 3-metilesano.

I sostituenti sono quei gruppi legati alla catena principale, si

chiamano radicali alchilici quei sostituenti saturi che presentano solo

atomi di carbonio ed idrogeno e sono indicati generalmente con il

simbolo R-. I radicali alchilici si ricavano, formalmente, per

allontanamento di un atomo di idrogeno dall’alcano corrispondente

e il loro nome si ottiene sostituendo il suffisso –ano con –ile. Si

possono identificare dunque il metile, l’etile, l’n-propile, l’n-butile, ecc.

La nomenclatura dei cicloalcani segue quella degli alcani, con alcune eccezioni: se presente un solo

sostituente non c’è bisogno di numerazione, se sono presenti due o più sostituenti gli atomi di carbonio

devono essere numerati in modo da utilizzare i numeri più piccoli possibili. A parità di numerazione si segue

l’ordine alfabetico.

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Proprietà chimiche e fisiche I composti che appartengono ad una stessa serie omologa hanno proprietà chimiche ma differenti proprietà

fisiche dipendenti dal variare della massa molecolare e dalla forma della molecola.

Il punto di ebollizione degli alcani a catena lineare cresce regolarmente all’aumentare della massa. A

temperatura ambiente i primi quattro termini (sino al butano) sono gassosi, quelli successivi sino al

pentadecano (15 atomi di carbonio) sono liquidi e gli altri solidi. Fra i cicloalcani i primi due sono gas a

temperatura ambiente, i successivi cinque liquidi e dal ciclodecano in poi solidi.

Alcani e cicloalcani reagiscono in condizioni opportune anche con gli alogeni, si parla allora di reazioni di

alogenzazione. Gli alogeni in grado di combinarsi con gli alcani sono fluoro, cloro e bromo. Il risultato della

reazione è la sostituzione di uno o più atomi di idrogeno dell’alcano con atomi di alogeno. Nel caso in cui un

atomo ne sostituisce un altro sono classificate come reazioni di sostituzione. Nel caso della clorurazione del

metano che ha tra i suoi prodotti il cloroformio si ha:

Insaturi: Alcheni e Alchini Gli alcheni sono idrocarburi che presentano nella loro molecola il doppio legame C=C. Gli alchini sono invece

caratterizzati dal triplo legame C≡C. Ciascuno dei due atomi di carbonio coinvolto nel legame multiplo non è

legato a quattro atomi, come negli alcani, ma soltanto a tre negli alcheni e a due negli alchini. I carboni infatti

hanno rispettivamente doppio e triplo legame tra loro. Per questo non aver saturato la capacità dei loro

carboni di legarsi con altri atomi questi idrocarburi si chiamano insaturi.

La geometria che caratterizza gli alcheni è planare, gli angoli di legame che si

formano sono circa di 120°. Quella degli alchini è invece lineare, gli angoli di legame

sono di 180°.

Nomenclatura La nomenclatura di questi idrocarburi riprende quella degli idrocarburi saturi sostituendo al suffisso –ano del

corrispondente alcano il suffisso –ene per gli alcheni, ed –ino per gli alchini. Nel caso in cui nella catena siano

presenti due o più legami multipli, al suffisso –ene o –ino si antepone il prefisso di-, tri-, ecc.

In questo caso i legami multipli possono essere classificati in base alla posizione: sono doppi legami cumulati

quando sono in successione, coniugati, quando sono alternati a legami semplici e isolati quando due legami

multipli sono separati da più di un legame semplice.

Qualora un legame multiplo non facesse parte di una catena di atomi di carbonio principale ma di una

ramificazione, essa terminerebbe il proprio nome in –enil o in –inil a seconda che si tratti di un doppio o di

un triplo legame.

Possiamo riassumere nelle seguenti regole il procedimento per assegnare il nome ad un idrocarburo insaturo:

1. Individuare la catena di atomi di carbonio più lunga che, possibilmente, contenga già tutti i legami

multipli presenti.

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2. Numerarla in modo da attribuire il numero più basso possibile ai legami multipli (i doppi sono

prioritari).

3. Nominare la catena principale indicando il numero di atomi di carbonio con il prefisso numerico

greco corrispondente e aggiungendo il suffisso –ene o –ino al posto di –ano. Il nome deve essere

preceduto dal numero più basso del carbonio tra i due coinvolti nel legame multiplo.

4. Se sono presenti ramificazioni si procede come per gli alcani.

Per esempio per nominare il seguente composto

Si individua la catena carboniosa più lunga contenente il doppio legame (CH2…CH3), numerandola da 1-

CH2 a 6 – CH3, chiamandola 1-esene secondo la regola 3 e nominando le ramificazioni.

Otteniamo il nome: 4-etil-5-metil-2-propil-1-esene.

Reazione di addizione elettrofila C’è molta differenza fra la reattività degli idrocarburi saturi e quella degli insaturi: ciò è causato dalla presenza

nei secondi del legame π, in cui gli elettroni sono meno vincolati al nucleo rispetto a quelli del legame σ, e

dunque in opportune condizioni di reazioni possono essere utilizzati per formare nuovi legami con altri atomi.

Per questo la reazione tipica degli alcheni e degli alchini è l’addizione.

Durante questa reazione il legame multiplo si rompe ed i carboni si saturano, legandosi con tutti gli atomi

con cui riescono. Poiché la reazione di addizione è dovuta alla presenza di elettroni π, i reagenti che vanno

ad addizionarsi sono detti elettrofili e la reazione addizione elettrofila.

Aromatici Un particolare gruppo di composti insaturi sono gli aromatici, così chiamati per il forte

odore caratteristico dei primi scoperti. Il principale esponente degli aromatici è il

benzene (C6H6). Queste molecole a differenza degli altri idrocarburi insaturi non danno

normalmente reazioni di addizione elettrofila.

La struttura di questi composti è stata ipotizzata per la prima volta nel 1865 da F. A.

Kekulé, che sostenne che i sei atomi di carbonio fossero disposti ai vertici di un esagono

regolare con un atomo di idrogeno legato a ciascuno di essi. Per “salvaguardare” la

tetravalenza del carbonio ipotizzò anche un’alternanza tra legami semplici e doppi lungo l’anello.

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La differenza di reattività rispetto agli altri idrocarburi insaturi la spiegò anche con la rapidità con cui i legami

si scambiano di posto. Le ipotesi di Kekulé sono state confermate in gran parte dalle misure sperimentali, ma

le proprietà del benzene si è cercato di spiegarle in maniera più convincente con due teorie: la teoria della

risonanza e quella degli orbitali molecolari. La prima sostiene che la molecola può assumere due differenti

“disposizioni” tramite la sovrapposizione degli orbitali ibridi sp2, che possono essere definite forme limite

equiprobabili, la struttura vera del benzene è una forma intermedia fra esse.

La teoria degli orbitali molecolari ipotizza invece che gli elettroni della molecola sono liberi di circolare

all’interno di tutto l’anello. Questa delocalizzazione elettronica viene rappresentata iscrivendo all’interno

dell’esagono un cerchio, omettendo per brevità gli atomi di idrogeno.

I nomi dei composti aromatici sono fondamentalmente legati alla nomenclatura tradizionale.

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Quando due degli atomi di idrogeno dell’anello aromatico sono sostituiti da altri atomi

o gruppi atomici si formano isomeri diversi a seconda della posizione in cui i sostituenti

vanno ad inserirsi. Per distinguerli si ricorre alla numerazione degli atomi del Carbonio

(partendo da uno dei due C che lega il sostituente) o alla denominazione orto-, meta-

e para-.

Sostituzione elettrofila aromatica La reazione tipica dei composti aromatici è la sostituzione elettrofila aromatica: che comporta la sostituzione

di uno dei sei atomi di idrogeno dell’anello da parte di un elettrofilo. In questo modo il numero degli elettroni

π da cui dipende la stabilità della molecola rimane inalterato.

La reazione avviene grazie ad un elettrofilo che è uno ione positivo o un dipolo. La trasformazione di un

reagente in un elettrofilo può avvenire grazie ad opportuni catalizzatori, i più usati sono gli acidi di Lewis

(AlCl3, FeCl3, FeBr3).

I Gruppi Funzionali Un gruppo funzionale è un atomo o un gruppo di atomi che determina le proprietà chimiche di un composto

organico, permettendone la classificazione.

Gli alcoli, i fenoli e gli eteri. Gli alcoli derivano dagli idrocarburi per sostituzione di un idrogeno con un gruppo ossidrile –OH che ne

diventa il gruppo funzionale. La formula generale è R-OH, dove R- sono i sostituenti saturi composti da

idrogeno e carbonio (gli alcani, gli alcheni e gli alchini).

Si classificano in primari, secondari e terziari a seconda che l’atomo di carbonio a cui è legato l’ossidrile sia

unito rispettivamente a uno, due o tre atomi di carbonio.

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Secondo la nomenclatura IUPAC il nome dell’alcol deriva da quello dell’idrocarburo corrispondente a cui si

aggiunge la desinenza –olo, i primi elementi saranno allora: metanolo, etanolo, propanolo e butanolo. È

importante specificare, prima del nome della catena la posizione del gruppo ossidrile. Se

presentano due o tre gruppi ossidrili, gli alcoli prendono il nome di dioli e trioli. Esistono

anche degli alcoli aromatici, che prendono nome di fenoli dal fenolo, loro capostipite.

Il composto in figura è un alcol terziario, la catena di atomi di carbonio

è lineare (da CH3 a CH3). Numeriamo i carboni da destra verso sinistra,

ed individuiamo la posizione del gruppo metile e del gruppo ossidrile.

Nominiamo la molecola: 2-metil-2-butanolo.

Gli eteri sono caratterizzati da un atomo di ossigeno che lega due

gruppi alchilici (idrocarburi, R), la loro formula generale è R-O-R’. La nomenclatura di questi composti si basa

sul nome, in ordine alfabetico, delle catene alchiliche presenti nella molecola a cui segue il nome –etere.

Per quanto riguarda le proprietà fisiche di questi gruppi funzionali considerati a parità di massa molecolare,

gli alcoli e i fenoli hanno punti di ebollizione più alti rispetto agli idrocarburi e agli eteri. La solubilità degli

alcoli è inversamente proporzionale al numero di atomi di carbonio nella catena: al crescere di questi

decresce la solubilità e viceversa. Ciò è dovuto alla presenza del gruppo ossidrile che favorisce la creazione

di legami ad idrogeno, difficili da rompere e che rendono quindi meno solubili i composti.

Tra gli alcoli e i fenoli di particolare interesse spiccano il metanolo (CH3OH), altamente tossico, impiegato

come carburante ed utilizzato nell’industria chimica, e l’etanolo (CH3CH2OH), costituente di tutte le bevande

alcoliche, si ottiene per fermentazione degli zuccheri da parte di microorganismi. È adoperato come

combustibile al posto della benzina ed impiegato nell’industria dei solventi, dei profumi e dei cosmetici.

Gli aldeidi e i chetoni Il gruppo funzionale caratteristico delle aldeidi, R-CHO, e dei chetoni, R-CO-R’ è molto simile, la struttura

comune >C=O è detto anche carbonile, ed i due composti carbossilici.

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La nomenclatura utilizza il nome dell’alcano corrispondente a cui si aggiunge il suffisso –ale per le aldeidi, e

–one per i chetoni. Al nome si premette poi un numero per indicare la posizione dell’ossigeno. Il composto

seguente per esempio è un 3-pentanone.

I punti di ebollizione delle aldeidi e dei chetoni, a parità di massa molecolare, sono più alti di quelli degli

idrocarburi ma minori di quelli degli alcoli.

Gli acidi carbossilici Gli acidi carbossilici sono caratterizzati dal gruppo funzionale –COOH, chiamato gruppo carbossile. La

nomenclatura degli acidi carbossilici prevede l’aggiunta del suffisso –oico al nome dell’alcano

corrispondente.

Gli acidi carbossilici tendono a formare legami a idrogeno intermolecolari, per questo presentano punti di

ebollizione abbastanza alti. Sono acidi deboli, ma più forti dei fenoli e degli alcoli, abbassano il valore del PH.

Reagiscono con basi forti formando dei sali.

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Appendici

Immagini orbitali

Composti nominati di esempio

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Realizzato il 01/12/2015 da Paolo Franchi, 5BC (A.S. 2015/2016).

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