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Scenari del settore fonografico 1

Gli scenari del settore fonografico

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A work about the future of music.- A look inside the phonographic industry through the eyes of the bloggers and of some experts.- Three photographies to the future.- Two interviews with two italian independent producers (Fabrizio Brocchieri and Fabio Battistetti) to find out what they thought about the hypothesis proposed by the bloggers through my photographies.- A traditional label VS a community of netlabels:Two ways to see the music, today and tomorrowUn lavoro sul futuro della musica- Uno sguardo all'interno dell'industria fonografica attraverso gli occhi dei bloggers e degli esperti.- Tre fotografie al futuro- Due interviste a due produttori indipendenti italiani (Fabrizio Brocchieri e Fabio Battistetti) per capire cosa pensassero delle ipotesi proposte dai bloggers attraverso le mie fotografie.- Una label tradizionale VS una community di netlabels.Due modi diversi di vedere la musica, oggi e domani.

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GLI SCENARI DEL SETTORE FONOGRAFICO

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A mio padre,ai nostri silenzi pieni

“Per chi viaggia in direzione ostinata e contrariacol suo marchio speciale di speciale disperazione

e tra il vomito dei respinti muove gli ultimi passiper consegnare alla morte una goccia di splendore,

di umanità, di verità”(De Andrè)

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Scenari del settore fonografico

INDICE

Introduzione

1. Il mercato discografico italiano

1.1 Un po' di storia:dai primi supporti a Internet

1.2 La struttura del mercato discografico mondiale: majors e indies.

1.3 Musica oggi

1.4 La crisi del disco

1.5 Filiera tradizionale e sintomi di cambiamento

2. Il futuro della musica. La ricerca sui blog:

2.1. Per una prospettiva a medio termine

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2.2. Dimensione Open e free.

2.2.a. Prima fotografia. No more labels

2.2.b. Seconda fotografia. Ad-supported e flat-based

a. Musica e pubblicità

b. La flat rate

2.2.c. Terza fotografia. Futuro indipendente.

2.2.c.1. Indies. Da ieri a domani

3. Dagli esperti alle labels, le politiche dei produttori:

3.1. La cultura di produzione nella scelta degli intervistati.

3.2. Cinico Disincanto.

3.3. Nettare e Chew-Z

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3.4. Prima fotografia. No more labels

3.5. Seconda fotografia. Ad-supported e Flat-based music

3.6. Terza fotografia. Futuro indipendente.

Conclusioni

Appendice

Retroscena: le interviste in versione integrale

Bibliografia

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Introduzione

In questo lavoro affronto il tema dell'industria musicale, in un momento in cui le dinamiche di mercato sono in divenire e l'industria discografica cerca di posizionarsi in maniere inedite rispetto al passato.

Digitale prima e banda larga poi, hanno esercitato un impatto importante sulle modalità di fruizione e vendita della musica nel mondo.

In precedenza il compact disc aveva operato un'importantissima trasformazione nel mondo della musica registrata. Per la prima volta i fonogrammi non erano più frequenze incise fisicamente sui dischi a microsolco o tracciate su nastro magnetico, ma insieme di unità minime di informazione sintetizzate attraverso il PC: 0, 1. Ovverosia, il linguaggio fondamentale dell'informazione nella contemporaneità.

L'avvento della banda larga ha aperto nuove frontiere per il consumo della musica e per le reti di comunicazione. Velocità e capillarità sono gli attributi di cui è dotato ogni tipo di messaggio che viaggia attraverso la rete, in modo libero e quasi del tutto incontrollato. La musica registrata, anch'essa resa pura informazione digitale, presenta le medesime caratteristiche.

Queste due importanti innovazioni, digitale e banda larga, stanno guidando il mondo della discografia ed il mercato fonografico lungo il percorso di una svolta decisiva. La crisi, che oggi attraversa le vendite dei supporti tradizionali, mi ha

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portata a condurre delle riflessioni su quali siano gli orientamenti che l'industria musicale si appresta a seguire in seguito ai processi attuati dalla convergenza tecnologica e dalle nuove abitudini di ascolto.

Le preoccupazioni e le aspettative che internauti e ascoltatori ripongono nell'immediato futuro sono argomento di numerosi dibattiti sull'avvenire della musica registrata. Come le tecnologie si evolvono ibridando forme e criteri preesistenti1, così anche la musica si declina in modalità non tradizionali, seppur rimediando forme espressive già note. Oggi, collettivi afferenti a diverse case discografiche, artisti, produttori orientano con forme espressive del tutto nuove la loro musica. Segnali significativi del cambiamento in atto – dal punto di vista culturale come da quello economico – sono il rapido sviluppo di una forte sensibilità per la sound-art2 negli ultimi quindici-vent'anni ed il successo della musica elettronica, 1 Bolter J.D., Grusin R. (2002), Remediation, Guerini e Associati, Milano.2 Con sound-art intendiamo un insieme di forme espressive che traggono origine dalle ricerche sul suono di artisti come Luigi Russolo nel primo Novecento, e che ebbero il primo periodo di fiorente attività negli anni '60 e '70 col movimento Fluxus. La sound art è legata quindi al percorso delle avanguardie musicali, dalle installazioni sonore di Max Nauhaus alla Musique Concrète, dalla Glitch music degli anni '90 ai lavori di artisti come Alva Noto, Pansonic, Granular Synthesis.

È uno studio del suono nel suo rapporto con lo spazio, con i sensi, con l'immagine. L'oggetto d'interesse è esplorato nella soundart nelle declinazioni più svariate: melodia, rumore, silenzio, immagine, esperienza multisensoriale. Sin dalla nascita legata all'uso innovativo delle tecnologie, ibrida mezzi e forme espressive appartenenti a sfere abitualmente estranee alla musica. Si pone spesso al confine con la videoarte, diventa performance interattiva dell'ascoltatore con l'ambiente attraverso i suoni, fa uso di canoni e mezzi espressivi non tradizionali.

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all'avanguardia nei contenuti come anche nelle proposte di vendita.

A tal proposito, non sono pochi i teorici che conducono animate discussioni sul web, cercando di suggerire, talvolta con spirito di concretezza, talaltra più utopicamente, scenari futuribili che potrebbero interessare questo settore.

A seguito di un monitoraggio della blogosfera, ho selezionato alcune fra le prospettive indicate per la discografia nei prossimi anni, che a mio avviso si configurano come più calzanti, sia perché fondate su mutamenti reali, sia per il successo che riscuotono nei dibattiti. Questa riflessione sarà il tema del secondo capitolo, dove sono stati selezionati tre possibili scenari, descritti entro dei frames, delle angolazioni privilegiate da cui ho idealmente scattato tre fotografie sul futuro: la scomparsa delle etichette discografiche, la pubblicità e gli abbonamenti come nuove forme di retribuzione della musica in formato digitale e, infine, lo sviluppo delle etichette indipendenti, con una particolare attenzione al mondo delle netlabels, le etichette discografiche sul web.

Questi scatti ambiscono a spostare il focus dei dibattiti sulla discografia un po' oltre le problematiche che investono la congiuntura attuale. I cambiamenti in corso debbono necessariamente portare l'industria musicale tradizionale a ripensare i propri modelli operativi; in alcuni casi questo sta già accadendo ma, se attraverso le previsioni che ho raccolto sarà possibile dare uno stimolo per riflessioni più diffusamente lungimiranti, l'obiettivo prepostomi potrà dirsi raggiunto.

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A tale scopo nel terzo capitolo ho sottoposto un primo “test” sulla credibilità delle ipotesi descritte ad addetti nel settore della musica indipendente italiana.

L'analisi è proseguita quindi “convertendo” i suggerimenti raccolti in digitale dalla rete in analogico. Presa come ipotesi plausibile la maggiore sensibilità delle etichette indipendenti ai cambiamenti della discografia della discografia – da più parti si sostiene che questo sia il vero momento delle indipendenti – ho porto a due produttori, attivi in due diverse realtà italiane, le suddette idee.

La scelta degli intervistati trova fondamento nell'interesse per la cultura di produzione che orienta le politiche manageriali dei discografici. Se alcuni mostrano “ostinatamente” affezione per i vecchi supporti, continuando a perseguire strategie tradizionali, altri invece manifestano una totale sensibilità per le trasformazioni in atto.

Le ragioni di scelte operative diverse da parte delle labels, costituiva quindi una discriminante molto forte, attraverso la quale diventava molto più interessante argomentare con i produttori le teorie precedentemente raccolte nei blog. Per questo la mia scelta è ricaduta su Fabrizio Brocchieri e Fabio Battistetti; il primo producer della casa discografica Cinico Disincanto, il secondo direttore artistico della netlabel Chew-Z e coordinatore di Nettare, prima community di netlabel italiane. Il primo, rappresentante di una realtà discografica tradizionale – e insieme migliore produttore indipendente al MEI 2008 – il secondo, “immerso” nelle dinamiche del mondo digitale e per certi versi più vicino alle istanze del nuovo.

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Dalle interviste dovrebbe emergere non una soluzione al problema attuale della discografia, ma piuttosto una pluralità di posizioni, influenzata dai diversi background, dalle dimensioni e dall'esperienza delle due etichette. Mostrerò ogni fotografia a ciascun produttore, in modo tale da individuare la sua presa di posizione riguardo alla discografia che cambia.

Al termine del lavoro il lettore sarà messo nelle condizioni non di avere una sintesi globale dell'orientamento del panorama indipendente italiano – cosa impossibile, visto che attualmente conta centinaia di labels ognuna diversa dall'altra– ma, più semplicemente, di capire come, nella concretezza, alcuni produttori si stiano muovendo.

Per quanto possa essere difficile cercare di focalizzare l'attenzione su un oggetto in movimento, questa tesi è stata guidata dall'ambizione di ritagliare un'immagine, il più possibile completa, su un possibile sviluppo futuro della musica.

NOTA:

Nelle pagine che seguiranno sarà frequente trovare note a piè di pagina con rimandi agli indirizzi dei blog o dei siti web visionati. Questa tesi sarà disponibile in versione integrale su internet, così da rendere più agevole e immediato seguire i link, cliccando direttamente nel testo.

L'indirizzo da seguire per consultare la tesi sarà reso disponibile contattando l'autrice per e-mail: [email protected] .

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GrazieMichele, per aver portato di nuovo il mio sguardo lontano,

risvegliato in me forza e ostinazione; Bloody, per rendere i suoni intensi e i colori accesi, per guardare le cose e oltre le cose, per correre, per amare, per sognare. Mamma, per avermi aspettata sempre, nonostante tutto; Maria, per avermi accolta, come una figlia.

L'amicizia. Quella con cui crescere, imparando a riconoscere suoni e colori, quella con cui immaginare tutto e parlare per ore, quella che non è mai lontana e quella in cui credere sempre. La biblioteca di via Salaria, la migliore biblioteca in circolazione. Mattia e Antonio, senza i quali questa tesi non sarebbe potuta nascere.

Quelli per cui ho pianto e quelli che hanno pianto per me.

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Capitolo 1

Il mercato discografico

1.1. Un po' di storia. Dai primi supporti a Internet

I primi decenni del '900 hanno visto nascere il consumo di musica con i grammofoni e con le radio, che avevano ormai iniziato a sostituire i pianoforti nei salotti delle case borghesi. La radio si apprestava a diventare il primo grande mezzo di comunicazione di massa e insieme il più grande diffusore di musica registrata (Silva, Ramello, 1999)3.

Da questo momento in poi il mercato della musica ha intrapreso un cammino di continua espansione e ha conosciuto, a fasi alterne, momenti di crisi e di crescita, soprattutto in corrispondenza dell'introduzione dei nuovi supporti.

Dopo la II Guerra Mondiale, il 78 giri prima, il 33 e il 45 giri poi, furono gli artefici dell'esplosione della musica popolare nel neonato settore giovanile. L'accesso alla musica era ora agevolato dalla riduzione dei costi dei supporti e degli stessi impianti di riproduzione.

3 Silva F., Ramello G. (1999), Dal vinile a Internet. Economia della musica tra tecnologia e diritti, Fondazione Giovanni Agnelli.

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Gli anni di Elvis Presley furono anche quelli dell' RCA e delle grandi case discografiche, le onnipresenti majors, che tracciarono gli sviluppi di quest'evoluzione.

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Con l'avvento delle audiocassette il consumo di musica conobbe un importante cambiamento. Per la prima volta chiunque ebbe la possibilità di copiare i dischi su nastro e fare registrazioni personalizzate. In tal modo nacquero le compilation fai-da-te, che diedero origine a una primordiale e vivacissima forma di sharing. Fu anche il primo passo per un progressivo avvicinamento di ruoli tra produttore e fruitore di

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musica, divenuti in seguito, con l'avvento del digitale, facilmente interscambiabili.

Quando nacque il primo compact disc, da una collaborazione Sony-Philips nel 1979, ancora non si riusciva ad intuire la portata dei cambiamenti che tale tecnologia avrebbe introdotto. Ne conseguì un'immediata espansione del mercato dovuta in gran parte alla sostituzione del repertorio precedentemente uscito in vinile. Per la prima volta si potevano avere registrazioni in digitale ad alta definizione che non perdevano in qualità con il tempo o con l'usura. Per la prima volta anche la copia fatta in casa era praticamente identica all'originale.

L'alfabetizzazione informatica e la diffusione della rete Internet portò negli anni '90 a un'ampia dilatazione del fenomeno della duplicazione domestica, che comunque non fu immediatamente dannosa per la salute del mercato dei dischi, il quale continuò a crescere in virtù dell'allargamento del bacino d'utenza.

Il passaggio dai '90 ad 'oggi ha segnato forse i cambiamenti più radicali per la storia del mercato. I volumi delle vendite dei dischi - che comunque, soprattutto per quanto riguarda la prima metà del decennio, sono stati in continua crescita – hanno cominciato a contrarsi, tanto da scatenare gli allarmismi di teorici e produttori discografici.

Con un intervallo di appena un secolo dall'invenzione del primo fonografo, la musica nel 2000 è diventata liquida.

L'avvento della registrazione e riproduzione di fonogrammi su supporti digitali – il cd – prima, la rivoluzione

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Internet poi, hanno apportato importanti cambiamenti non solo per i musicisti e i compositori, ma anche per i fruitori di musica.

Il bacino di utenza della musica oggi è incommensurabilmente più ampio di quanto potesse esserlo stato anche solo dieci anni fa, e continua a crescere in virtù della spasmodica diffusione della musica nel web.

Internet è per sua stessa costituzione dotato di una serie di caratteristiche che lo rendono il mezzo ideale per la condivisione e la diffusione libera del sapere. Si è contraddistinto sin dall'inizio per la sua dimensione free, da tradursi sia come gratuito, ma anche, e forse soprattutto, come libero. Questa propensione si è andata sviluppando progressivamente negli anni, fino a raggiungere una quasi piena realizzazione oggi, col Web 2.0.

Web 2.0 è la Internet del XXI secolo, la nuova rete, che alla staticità dei siti web afferenti all'ormai desueto web 1.0, ha contrapposto la dinamicità dei social-network, rivelandone la potenza di condivisione e di scambio su reti estese, multiple e interconnesse tra loro.

Un mezzo intrinsecamente democratico, qual è Internet, ha contribuito quindi ad accrescere, e non di poco, i consumi della musica, influenzando in modo notevole il mercato discografico mondiale.

1.2. La struttura del mercato

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Come è stato detto in precedenza, la storia dei supporti è stata accompagnata, o, per meglio dire, guidata dalle politiche di gestione attuate dalle majors, le grandi case discografiche.

Tutte queste case hanno ruoli centrali non soltanto nel mercato discografico, dal quale dipendono solo in parte, ma anche in quello dell'editoria, dell'elettronica (SONY BMG), del cinema e dei prodotti multimediali (Warner). Le strategie di marketing da esse utilizzate per la vendita di dischi, sono quindi strettamente connesse agli interessi per le altre aree che occupano nel mercato; dai cd vergini ai supporti hardware, dai servizi per TV via cavo o via satellite agli elettrodomestici.

EMI, Universal, Warner e Sony BMG costituiscono più del 75 % del mercato mondiale (IFPI, 2004) della musica, configurandosi come il risultato di un processo di progressiva concentrazione dell'oligopolio esistente già alle origini.

Le “quattro sorelle” afferiscono alla Recording Association of America (RIAA) l'associazione dei fonografici cui fa riferimento l'IFPI (International Federation of the Phonographic Industry) per ricevere i dati sul mercato internazionale della musica registrata. I dati in nostro possesso, sono quindi i dati dell'oligopolio, e benché queste multinazionali costituiscano un 'ampia maggioranza dell'intero settore, risulta molto difficile avere una visione d'insieme del mercato, poiché di esso fa parte un grande numero di etichette indipendenti.

Per fornire una rappresentazione pratica di questa dinamica, è utile anticipare cosa avviene per quanto riguarda la raccolta dei dati sulle vendite in Italia.

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Dal 1993 i dati sulle vendite nella penisola sono forniti alla RIAA dalla FIMI, la Federazione dell'Industria Musicale Italiana, un'associazione che rappresenta il mercato delle major in Italia, più solamente una piccola quota di indipendenti.

Questo, avviene in un contesto come quello del nostro paese, che si configura come un denso arcipelago di etichette “minori” le quali influiscono in larga misura nell'andamento del mercato del disco.

Basta effettuare un paragone tra i dati FIMI e quelli pubblicati dal succitato mensile M&D, o ancor più, dalla SIAE (la Società Italiana degli Autori e degli Editori per la tutela del diritto d'autore) – sotto la quale è registrata la gran parte degli artisti italiani – per comprendere chiaramente le misure dell'ingente sperequazione. Quando, per la prima volta nel 1995, la SIAE rese pubblici i suoi dati, si scoprì che i dischi venduti in Italia erano più del doppio rispetto alle stime pubblicate dalla FIMI.

Il panorama delle etichette indipendenti restava di fatto “sommerso” e conseguentemente, totalmente ignorato nelle politiche economiche del mercato nazionale e internazionale, che di fatto erano, e continuano ad essere, gestite dalle multinazionali.

Intanto la RIAA, lo specchio più fedele dell'oligopolio delle major, ha sempre perseguito politiche di difesa e tutela orientate alla salvaguardia del medesimo oligopolio. Un sistema che influenza per sua stessa costituzione le politiche delle indies, che, non di rado trovano difficoltà a sopravvivere

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o a crescere e di fatto vengono assimilate nel suo apparato. È stato il caso della storica Polydor, della Geffen, ora sotto Universal, ma anche della Blue note, o della Motown.

Le indipendenti che non vengono assimilate restano comunque sotto l'egida delle grandi, fanno affidamento sul loro forte apparato distributivo per vendere i loro cataloghi e di fatto svolgono la funzione di scouting che ormai le major non svolgono più, se non di rado. Non è raro vedere un'artista “sbocciare” con un'indipendente salvo poi firmare un contratto con major (non sarà difficile citare l'esempio nostrano del cantante Bugo, il cantautore, scoperto dalla Wallace, che quest'anno ha vinto il premio PIVI per il miglior videoclip nella categoria out-indies dopo aver firmato con Universal, solo uno fra i tanti casi di artisti emergenti che poi passano alle più allettanti condizioni delle grandi imprese del disco).

È forse opportuno ricordare che le majors hanno anche ingaggiato una lotta senza precedenti alla cosiddetta pirateria digitale e al sistema del download da piattaforme P2P. Il primo celeberrimo caso fu Napster, fatto chiudere nel 2001, ma da quell'anno numerose battaglie legali si sono susseguite per bloccare la dilagante pratica del filesharing su internet. La RIAA ha sempre agito in tal senso, influenzando campagne mediatiche e politiche degli stati, i quali sono sovente intervenuti giuridicamente dietro la loro influenza, nel tentativo di contrastare, apparentemente con cecità, una evoluzione dell'industria musicale che non può non definirsi inarrestabile.

Il mercato discografico tradizionale sta attraversando oggi un momento di crisi profonda, che sembra avere le

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caratteristiche di un definitivo superamento, se non dei supporti, sicuramente delle filiere di vendita tradizionali.

A fare le spese di questa rivoluzione digitale sono soprattutto i dischi pubblicati per le major, più facile preda dei downloaders sparsi per il globo.

Ma ciò che per le grandi si è rivelato un grosso problema, per le piccole label indipendenti ha costituito invece un'importante risorsa. La rete, come la banda larga, ha consentito la diffusione capillare e immediata della musica indipendente nel mondo, ha permesso di oltrepassare i tradizionali canali di distribuzione i cui costi sono sempre stati troppo onerosi per le etichette minori. È diventata il tramite promozionale di cui in passato le indies erano costrette a fare a meno. Tutto ciò a costo zero.

La logica per molte indipendenti diventa quindi: quanta più gente conosce la mia musica, tanta sarà disposta a vedere i miei concerti e acquistare i miei album.

1.3. Musica oggi

Il compact disc digitale è stato il primo salvacondotto per l'avvento dell'mp3, il nuovo formato che comprime le onde sonore eliminandone la ridondanza e le informazioni impercettibili all'orecchio umano. Portabilità, qualità e duplicabilità, le caratteristiche che hanno determinato il successo della musica in mp3 (Sibilla, 2006), costituiscono la forma comune degli archivi musicali della nostra epoca.

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Il rapporto IFPI del 20084 sancisce una situazione nuova nel mercato internazionale della musica digitale.

Se soltanto nel 2003 non erano ancora riscontrabili dati importanti riguardo i volumi delle vendite in questo settore, oggi una quota pari al 15 % sull'intero mercato discografico risulta esservi impiegata, con tassi di crescita annui assai rilevanti (nel 2007 si è registrato un + 40% rispetto all'anno precedente).

Il dato è importante per quanto riguarda la vendita dei supporti. Oggi infatti non è più necessariamente il cd a essere venduto. Archivi musicali (non più singoli album) possono essere contenuti indiscriminatamente in cd, dvd, hard disc esterni o pennette usb. Soprattutto, possono essere contenuti in lettori mp3 portatili come l'I-Pod di casa Apple, dove i brani musicali non sono altro che leggerissimi files che viaggiano negli spazi urbani e non, accompagnando movimenti e consuetudini. Con l'I-Pod e la nascita dei grandi database di musica, l'unità di misura della stessa non sono più i minuti, ma MegaBytes o, meglio, GigaBytes. Gigabytes di suoni da portare ovunque, potenzialmente sempre. La differenza non è lieve.

Ma musica liquida non è solo I-Pod. È la musica liberata dal supporto, che viaggia su qualsiasi dispositivo portatile, dal telefono cellulare alla PSP dal laptop alle fotocamere e videocamere. La convergenza informatica dei devices e dei dispositivi ha influenzato e continua a causare la liquidità della musica.

4 IFPI, (2008) Digital Music Report, download dal link: http://www.ifpi.org/content/section_resources/dmr2008.html

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Non è un caso se oggi si dice che la musica sia finita in tutti gli interstizi della quotidianità e che costituisca una sorta di colonna sonora di fondo del nostro agire, “riempiendo” spazi che prima erano “silenti”. La fruizione si realizza anche aldilà dell'intenzionalità. Gli edifici pubblici sono architettonicamente composti non solo da mura, ma anche da flussi radiofonici che ininterrottamente accompagnano ogni momento della giornata.

Una volta constatato questo dato di fatto, non è difficile comprendere come il mercato dei consumi si sia esponenzialmente espanso nell'ultimo decennio.

Per il mercato fonografico tradizionale invece è il momento della crisi. Mentre Internet continua a crescere, nel primo semestre del 2008, le vendite dei CD in Italia sono calate del 13% (FIMI 2008)5.

L'industria musicale quindi cresce, in virtù non solo del progresso e della democratizzazione della cultura messa in atto da internet e dai media di massa, ma anche della convergenza tecnologica e della proliferazione di nuovi dispositivi.

Cresce quindi, ma non nei settori tradizionali, dove i dati segnano un costante calo.

5 Notizia del 22 sett 2008, scaricata dal sito web della FIMI: “Mercato della musica registrata ancora in calo secondo i dati

pubblicati da Deloitte per FIMI, Federazione dell'industria musicale italiana. Il mercato tradizionale, ovvero il CD scende del 13% sia a valore sia a volume. Il digitale continua a crescere sul fronte internet con il 30% mentre cala nel mobile del 38%, con un calo medio del digitale dell'8%.”

http://www.fimi.it/dett_ddmercato.php?id=40

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1.4. La crisi del disco

Mentre la digitalizzazione e la conseguente smaterializzazione della musica hanno portato a un crollo delle vendite nel settore discografico, il mercato si espande sempre di più e i consumi crescono in misura notevole, di anno in anno.

Oggi però si spende in modo diverso.Primo esempio. Dai dibattiti tenutisi al MEI di Faenza

nel novembre 2008, è emersa una sempre più spiccata sensibilità delle agenzie di booking e delle etichette discografiche per la gestione dei live. Si ritiene infatti che il trend seguiti dai consumatori di musica oggi sia quello di assistere sempre più ai concerti6. Ora per sentire un album non 6 L'ipotesi è confermata dall'ultimo rapporto sull'economia della musica

realizzato dalla Fondazione Università Iulm, Dismamusica, Fem e SCF Consorzio Fonografici. Il dato sulla vendita dei biglietti per il 2007 è +12,2%, per un fatturato di 768 milioni di euro.

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hanno più bisogno di spostarsi di casa e acquistarlo; possono farlo velocemente, gratis, su last.fm o su jamendo.com. Da qui per molti comincia la cernita e la selezione dei gruppi preferiti per poi volgere alla conquista della dimensione del live e del contatto diretto con l'artista.

Il concerto riveste un significato di una potenza straordinaria. Con esso si sancisce il recupero della dimensione di autenticità nel rapporto di fruizione dell'opera d'arte, da cui sembra quasi del tutto espropriata la musica “fuori supporto” che viaggia sul web. Questa infatti, non solo è infinitamente riprodotta, ma anche liberata dal supporto-feticcio, resa pura informazione. Ciò che è contrario alle logiche del pubblico di certa musica popular, viene recuperato nel concerto.

È anche per questo che per un concerto si è disposti a spendere molti soldi. Sicuramente molti di più di quanto non se ne spendano mensilmente per l'acquisto dei dischi.

Il costo di un concerto non si conclude solamente col prezzo del biglietto; qui si è disposti a fare dei sacrifici per il merchandising di magliette, gadget, pins e borse portavinili. Ma soprattutto qui, si spende anche per il cd originale o per la copia in vinile.

Non è un caso se la Warner ha iniziato a sfruttare le potenzialità del live acquistando, agli inizi del 2008, l'agenzia Friends & Partners. Un'acquisizione significativa sui nuovi orientamenti anche delle majors nel settore.

Il concerto è il marchio dell'autentico nel rapporto con il gruppo ascoltato, e il merchandising, come anche il cd autografato dall'artista, è il trofeo, il bottino dell'avvenuta riunificazione tra le due parti. È quasi come se il concerto

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sancisse il ritorno alla dimensione auratica dell'opera musicale (Benjamin, 1936)7.

Secondo esempio. L'industria musicale oggi riceve molti più introiti anche grazie alle joint-ventures col mercato della telefonia mobile. E benché l'ultimo rapporto IFPI (primo semestre 2008) inizi a rivelare un primo dato di calo, l'acquisto dei ringtones, le suonerie per i cellulari, si è configurato negli ultimi anni come lo sviluppo più significativo nel settore.

Oggi, dopo avere iniziato a investire capitali nel mercato delle suonerie telefoniche in formato midi o come piccole anteprime di brani, le grandi compagnie telefoniche si dedicano alla distribuzione di archivi musicali completi. Nokia Music store, da poco attivo nel nostro paese, grazie ad accordi con le case discografiche offre la possibilità agli utenti Nokia – azienda leader nel settore – di scegliere e poi scaricare sul proprio telefono brani musicali pagando un semplice abbonamento mensile.8

Infine, terzo esempio, ma non in ordine di importanza, a crescere oggi, al posto del mercato tradizionale, sono le vendite di musica on-line. Il modello esemplare di questa dinamica – ma non l'unico, anche se sicuramente molto famoso – è il fenomeno I-Tunes, la piattaforma online pensata e lanciata

7 Benjamin W. (2000), L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica, Torino, Einaudi.

8 La proposta Nokia “Esplora la tua musica: Abbonati allo streaming illimitato da PC di brani e album completi. Naviga tra le principali classifiche musicali e scopri un’ampia scelta di brani, in ambito sia locale che mondiale.” http://www.nokia.it/A41307131 .

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dalla Apple per il succitato I-Pod, attraverso il quale è possibile scaricare qualsiasi brano musicale a 0,99 centesimi di euro. Non è un caso se l'11 ottobre 2008 sul mensile Musica e Dischi si leggeva, in riferimento agli incassi dell'anno appena trascorso che

“L’anno fiscale della Apple si è concluso con un aumento del 34% degli introiti provenienti dalla vendita di prodotti e servizi musicali, che sono passati da 2 miliardi e mezzo del 2007 a 3 miliardi e 34 milioni di dollari quest’anno. In questa cifra rientrano i downloads da iTunes, le vendite di App Store, dei lettori e degli accessori iPod. Il settore musicale conta il 10% delle vendite totali di Apple.”

(M&D, notizia del 2008-11-10).

Le conseguenze sono importanti non solo per i produttori discografici ma anche per i negozi di dischi. I piccoli rivenditori specializzati incontrano oggi sempre più difficoltà, e spesso sono costretti a chiudere di fronte al sempre più netto dominio dei megastore della musica. Da Messaggerie musicali, passando per la Fnac o per i grandi centri commerciali, i grandi negozi possono contare sulla diversificazione dei loro prodotti e sui grandi numeri dei dischi in offerta. Vendono in genere a prezzi più elevati, ma è anche molto facile trovare fra gli scaffali prodotti – soprattutto ristampe di vecchi classici – con bollino special – price. La forza che sta dietro le dimensioni di queste catene in franchising sta negli accordi con le grandi multinazionali.

La crisi è sentita da tutti. In Italia si registra una situazione con tassi di crescita delle vendite online intorno al

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Scenari del settore fonografico

50% all'anno e riduzioni degli incassi nel settore tradizionale che oscillano tra il 10 e il 15% annui (M. De Luigi, 2008 ).9

“Si discute molto del futuro del CD. Ma quale futuro ? L’ultimo album di Madonna (non il vecchio, l’ultimo) è in svendita da HMV a £ 5 (7,5 euro circa).Cd player ? Totalmente scomparsi ! Ipod edMp3 player ? Ce l’hanno anche i cani da compagnia. Telefonini con sound system ? Ce li hanno anche i bambini. Da li si ascolta la musica, dimenticatevi cd, vinili e quant’altro, è solo una questione di mesi… Quali generi di musica si ascoltano dalle source di questo tipo? Solo i prodotti più commerciali da classifica. NESSUNO ascolta Mozart a palla sul bus. Il mobile ha sostituito in pratica il vecchio radiolone tamarro degli anni '80 che i neri del Bronx si portavano in spalla. Ma chi ascolta musica più elaborata, sperimentale, classica, jazz, blues, sofisticazioni dell’electro, musica etnica, sarà davvero soddisfatto dei 96 Kbps ??”

Dj morano10

Una valutazione a tinte accese come questa, portata avanti da un'artista su internet, può essere offrirci un'immagine efficace per iniziare a pensare in che modo evolve la situazione. Si può pensare infatti che alcuni generi musicali risultino più influenzati di altri dalla crisi del supporto. Sarebbero questi i generi più giovani come l'hip-hop o il rock più commerciale, quelli “da classifica” come dice dj Morano.

Ma per ascoltatori di musica jazz o blues, rimasti ancora affezionati ai supporti tradizionali come il vinile, applicare

9 De Luigi M. (a cura di) (2008), La sfida del digitale, Zona.10 http://breakinglondon.blogosfere.it/2006/12/il-futuro-del-cd.html .

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medesime considerazioni sulla fine del supporto, potrebbe risultare fuorviante.

L'analisi si rivela molto più complessa a una lettura non più di superficie.

Per quanto riguarda i settori maggiormente colpiti, l'industria è posta nelle condizioni di accelerare il processo di riconversione della vecchia filiera, evitando di trovarsi impreparata dinnanzi alla portata di tali trasformazioni. Ma, riconversione della vecchia filiera, oggi è quantomeno l'imperativo comune per tutto il settore.

1.5. Filiera tradizionale e sintomi di cambiamento

Il percorso che, prima dell'avvento del digitale, un disco ha dovuto seguire per essere fruibile dagli ascoltatori è strutturato secondo passaggi più o meno determinati.

La prima fase, Arist & Repertoire è condotta dal personale specializzato dell'etichetta e volta alla scoperta di nuovi artisti e alla loro maturazione. È la cosiddetta fase del talent scouting, condotta oggi essenzialmente dalle etichette indipendenti, le quali, per le ridotte dimensioni e per il maggiore radicamento con le realtà territoriali, sono anche maggiormente facilitate al contatto diretto con le band emergenti.

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La seconda fase è in genere quella della registrazione e produzione del master, il disco matrice, da cui vengono poi registrate tutte le copie. Oggi non è difficile trovare delle band che si presentano alle etichette con dischi già perfettamente registrati e pronti per essere duplicati e distribuiti. Quelli che vengono abitualmente definiti demo, sono in realtà molto spesso opere concluse, di ottima qualità.

Dopo queste prime fasi, di ricerca e contatto con l'etichetta, avvenuta l'“affiliazione” dell'artista, si procede con la stampa e la realizzazione delle copie in vinile, cd o qualsiasi altro supporto, più rispettivo packaging. Sotto questo profilo è bene sottolineare come oggi siano sempre più numerose le labels indipendenti che portano avanti brillanti iniziative, ideando formati del tutto nuovi. Non è raro trovare cofanetti in cartoncino (a volte fatti a mano)11 come custodia, di fattura artigianale e personalizzata, con curatissimi libretti in allegato, inserti fotografici e gadget. Anche per i dischi distribuiti da major la fodera in cartoncino sta diventando sempre più diffusa, rispetto al meno allettante rivestimento plastificato.12

Ulteriore dato che serve a implementare la nostra riflessione sull'effettivo declino dei supporti è il boom di

11 È il caso di Reazioni Pilomotorie, tanake (2004), realizzato con cofanetto in cartoncino e con all'interno una foto con polaroid personalizzata.

12 Interessante è anche l'idea dei Librimusica, presentata al MEI di Faenza 2008 con riferimento all'uscita di “Skiantos. Inascoltabile” ed. Oderso Rubini per la Shake. Al prezzo di un disco il pacchetto affianca cd a libro, con foto interviste e video.

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vendite che sta interessando i vecchi dischi in vinile. Nel primo semestre 2008 infatti i dati FIMI registrano un + 209%.13

Interpretiamo questi dati come dimostrazioni dei tentativi di reazione dell'industria alla minaccia del supporto fisico e del cambiamento delle abitudini di acquisto da parte degli ascoltatori.

Alla stampa segue quindi la distribuzione nei negozi, pratica fondamentale e gestita in maniera quasi totale dalle grandi case discografiche. È questo il momento in cui le piccole etichette, spesso impossibilitate a gestire le spese di 13 Dati FIMI disponibili al link http://www.fimi.it/dett_ddmercato.php?

id=40 .

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distribuzione perché non dotate degli stessi canali distributivi delle major, preferiscono trasferire alle grandi aziende un simile costo, altrimenti troppo oneroso da sostenere.

Dal momento della stampa, l'etichetta comincia a portare avanti la campagna pubblicitaria dell'album. Gli esperti di marketing e l'ufficio stampa collaborano con i media per reclamizzare la band e l'uscita del disco, la quale spesso coincide con un tour promozionale. Funzionale a questo momento è l'uscita del videoclip, da destinare alle reti televisive musicali o allo streaming via web.

La diffusione dei brani dell'album nei media come radio e TV è stata tradizionalmente una delle più importanti tappe per far conoscere l'artista al grande pubblico. Oggi l'intero processo è accompagnato da intense campagne di auto-promozione via web. Fulcro di simili attività non sono semplicemente i siti web, sono soprattutto i social network. Myspace, si è rivelato uno fra i primi e più efficaci nella diffusione di band emergenti, che utilizzano la rete come strumento promozionale per eccellenza e riescono con efficacia a creare nicchie di pubblico per tutto il mondo.

Anche il download da piattaforme on-line o lo streaming gratuito di alcuni brani dell'album interessanti come nuove strategie di marketing. Dal sito della Thrill Jockey, etichetta indipendente chicagoana, è possibile ascoltare gli album gratuitamente prima di procedere all'acquisto, così come si usa in molti negozi di dischi.

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Capitolo 2

Il futuro della musica: La ricerca sui blog

“If you are a young journalist starting out today, you may still aspire to get a big publisher to give you an advance and widely publish your

book; but if you are a young musician starting out today, do you want to get a big record advance or do you want to sell the music yourself [...]?

Stephen J. Dubner14

“By the time Napster hit the scene, the industry had a Hobson’s choice: accept MP3, or die.

We all know what happened next.”

Fredric Dannen

2.1. Per una prospettiva a lungo termine

Mentre la filiera tradizionale viene modificata a piccoli passi in quegli aspetti che più sono stati “presi d'assalto” durante la crisi, da tempo nella rete ci si era apprestati a

14 Tratto da uno dei quorum proposti dalla sezione Freakonomics del NYTimes - What’s the Future of the Music Industry? - postato nel settembre 2007 all'indirizzo: http://freakonomics.blogs.nytimes.com/tag/quorums/page/2/ .

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tracciare possibili scenari futuri, per cominciare a capire in che direzione l'industria fonografica si stesse muovendo.

In pochi avevano preannunciato – ben più di dieci anni fa – gli scenari che andavano configurandosi. Quelle che allora sembravano distopie, sono in alcuni casi divenute realtà problematiche per chi non ha saputo adattarsi per tempo.

Ed è evidente come poche labels fino ad oggi siano state realmente in grado di non lasciarsi cogliere impreparate davanti alla situazione che stava prendendo forma. Come già detto, le grandi case del disco, più di tutte, si sono sempre impegnate a contrastare con mezzi senza dubbio inadeguati – nonché palesemente inutili – il download illegale dei brani.

Memori delle numerose campagne anti-pirateria portate avanti dalla RIAA, studiosi come Kevin Kelly affermavano, ben più di dieci anni fa, quanto sarebbe stato controproducente tentare di opporsi alle dinamiche della rete. “Internet is a copying machine” sostiene Kelly15, nella rete qualsiasi cosa diventa dominio di tutti. Può essere trasmessa, modificata, riprodotta all'infinito. È semplicemente impossibile contrastare un organismo che ha per sua stessa costituzione simili caratteristiche.

15 Il blog di Kevin Kelly è consultabile al link: http://www.kk.org/thetechnium/ .

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Illustration 1: La campagna antipirateria della RIAA suscita campagne di boicottaggio sia fra i downloaders che fra gli

artisti.

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La ragione per cui oggi le etichette discografiche sembrano colte il fallo dalla dilagante pratica del file sharing, è data dalla sostanziale incapacità di inscenarsi anzitempo ciò che stava accadendo nella rete.

A un'iniziale chiusura stanno seguendo ora i primi, impacciati tentativi di adeguamento, attraverso accordi con i gestori delle piattaforme per il download online. Il passaggio al DRM free16 – avvenuto gradualmente, a seguito di accordi tra majors e portali come I-Tunes plus e Amazon all'inizio del 2007, e protrattosi fino a oggi con la decisione presa da casa Sony di rendere disponibile il proprio catalogo musicale online – è un segnale di cambiamento.

Ma è evidente quanto siano accordi e prese di posizioni parziali, se solo si pensa alla infima quota di mercato che vanno a interessare. Oggi la pratica del download legale dei brani investe la netta minoranza del consumo di musica in internet. È difficile che l'utenza si lasci attrarre da una logica come quella del you get what you pay for di I-Tunes, quando è possibile ottenere lo stesso identico prodotto gratuitamente attraverso canali altrettanto accessibili. Applicare la medesima logica del pagamento “analogico” a un mezzo strutturalmente funzionale alla dimensione open e free, come internet, non può che rivelarsi un progetto fallimentare, colmo di

16 Digital Rights Management. È una particolare applicazione della tutela del diritto d'autore per il download di file musicali a pagamento. Consente la tracciabilità nella rete del materiale scaricato che viene appositamente criptato per limitarne l'utilizzo una volta avvenuto l'acquisto.

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controindicazioni per la sopravvivenza stessa della struttura del mercato.

Questa stessa logica, associata a una inappropriata gestione del diritto d'autore da parte delle collecting agencies, ha di fatto compromesso lo sviluppo di una sana economia della musica online, e, dunque, tarpato le ali alle labels indipendenti.

“Il motivo per cui sul mercato sono arrivati prima i pirati è perché chi ha provato a fare musica online [...] - era immediatamente assalito dalla Siae che, anche se la musica era messa a disposizione gratuitamente ed era di artisti sconosciuti, chiedeva un prezzo forfettario di 100-200 euro al mese, così che immediatamente ti dicevi << basta, facciamo un sito solo con le notizie, togliamo la musica>>. [...] Se le nuove generazioni praticano la pirateria, la colpa è delle major e della Siae, che sono i primi a spingere alla clandestinità musicale, chiedendo cifre pazzesche che impediscono la musica legale.”

G. Sangiorgi, presidente dell' Audiocoop17 18.

Non è un caso se oggi si assiste al proliferare di licenze copyright alternative e molto più elastiche. Il successo di Creative Commons, con i diversi pacchetti di licenza previsti, è 17 Audiocoop è la società che rappresenta una grossa fetta delle etichette

indipendenti italiane. Annualmente, da 12 anni, si occupa dell'organizzazione del MEI, il meeting delle etichette indipendenti a Faenza, che ha come scopo quello di verificare lo stato di salute dell'economia in dipendente nella penisola e di incentivarne lo sviluppo.

18 Tratto da un intervento fatto al MEI 2007 da G. Sangiorgi e riportato in: De Luigi M. (a cura di) (2008), La sfida del digitale, Zona.

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stato tale da dimostrare l'inefficacia nonché la necessità di un adeguamento della legislatura sulla tutela del diritto d'autore, così come tradizionalmente intesa, all'attuale congiuntura.19

Oggi sono visibili questi e altri segnali di un cambiamento che è avviato da tempo. Fermarci a registrare in questa sede ogni singolo provvedimento adottato dagli attori del mercato fonografico sarebbe privo di utilità se non inquadrato in una dimensione più ampia.

Per questo il nostro studio, lungi dal voler concludersi nell'analisi dei singoli accordi, è teso invece ad inquadrarli in prospettive a più ampio raggio. Se è vero, com'è vero, che il download legale di brani musicali attraverso portali come I-Tunes, I-tunes plus o Amazon non riesce a sopperire alla crisi del comparto del supporto fisico – come segnalato anche dall'ultimo rapporto IFPI20 – diventa necessario prevedere quali siano le soluzioni alternative che le etichette saranno tenute a seguire per adattarsi al nuovo modello.

19 Creative Commons è un'organizzazione no-profit che rilascia licenze per il diritto d'autore basandosi sulla filosofia del copyleft, la libertà di copiare e talvolta modificare l'opera pur con l'obbligo di attribuirne la paternità. CC non svolge la funzione di collecting, ovvero non si occupa di recuperare i proventi derivanti dallo sfruttamento dell'opera. Le collecting societies tradizionali di tutela, come la nostra Siae, stanno provvedendo a realizzare accordi con CC per quanto riguarda questa funzione. In base ai provvedimenti su cui si comincia a lavorare, nel qual caso l'artista con licenze CC ambisse anche ad avere degli introiti dall'utilizzo del suo artefatto, potrebbe contare sull'azione della SIAE.20 Il rapporto è scaricabile al link:

http://www.ifpi.org/content/section_resources/dmr2008.html .

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I blog sono ambienti in cui le ordinarie preoccupazioni degli addetti al settore trovano sfogo, gli esperti e i gli ascoltatori di musica affrontano discorsi concernenti possibili immaginari in cui è necessario pensare lo svolgimento delle future pratiche del consumo musicale.

Per testare il clima che si respira a proposito del futuro della musica registrata, abbiamo trovato molto utile partire dalle tesi sostenute dai tradizionali esperti del settore ICT legato all'industria musicale, per poi passare alle opinioni di artisti, utenti e consumatori.

Per i prossimi anni potrebbero preannunciarsi importanti cambiamenti non solo per le record labels, ma anche per gli artisti, sia sulle modalità di produzione e di distribuzione della loro musica sia per le licenze di tutela dei diritti sulla stessa.

Individuate le angolazioni più interessanti dalle quali posizionarci per descrivere cosa potrebbe accadere di qui ai prossimi anni, abbiamo scattato le nostre fotografie, sulla base del consenso riscosso dagli utenti o ancora, sulla frequenza dei post nei vari blog da noi seguiti.

In seguito verranno tratteggiati alcuni dei più interessanti modelli emersi nel nostro lavoro.

2.2. Dimensione Open e free.

“It is becoming more and more difficult for the music industry to ignore the basic economics of the their industry: unenforceable property rights (you can’t sue

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everyone) and zero marginal production costs (file sharing is ridiculously easy). All the big labels have now given up on DRM. They haven’t yet given up on trying to charge for their music, but it’s becoming more and more clear that as long as there is a free alternative (file sharing), the price of music will have to fall towards free.21”

Con un immagine semplice ma molto chiara Kevin Kelly22 equipara internet a una fotocopiatrice. Per consentire la stessa trasmissione dei dati ogni sequenza di bit deve essere copiata. La copia è l' essenza stessa della rete. Questa caratteristica si ripercuote su tutta l'informazione in movimento. Poco o nulla sfugge al pubblico dominio una volta entrato nel flusso della rete. E a poco serve contrastare il processo di condivisione che vi si realizza all'interno.

La filosofia open-source è tradizionalmente legata alla storia di Linux e dei suoi sistemi operativi, i quali utilizzano software realizzati e modificati all'interno della sua comunità. La decisa ostilità verso ogni forma di monopolio economico e del sapere – quale quella che si è venuta a realizzare nel settore informatico fin dalla nascita – anima lo spirito collaborativo dei suoi utenti, orientati verso un uso alternativo del PC, in qualche modo estraneo alle dinamiche del profitto.

Ma, come è vero che tale riflessione è stata sviluppata e trova il suo naturale habitat nel mondo del software libero di Linux, è altrettanto vero che lo sharing e il download – illegale 21 Dal post di Michael Arrington sul blog The Crunch :

http://www.techcrunch.com/2008/01/10/the-music-industrys-last-stand-will-be-a-music-tax/ .

22 Esperto in media digitali e cofondatore della rivista Wired.

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– di programmi proprietari è diffusissimo in tutto il mondo connesso a Internet. Il problema della violazione delle leggi anti pirateria tradisce l'esistenza di una pratica comune e reiterata che interessa tutti i programmi proprietari professionali, oltre che film e musica.

Un siffatto fenomeno è endemico del sistema internet, che è pensato e cresciuto nell'egida della gratuità, e come tale destinato a svilupparsi anche in futuro, influenzando i modelli di business delle aziende che vendono servizi e contenuti nel settore.

L'ingresso della musica nella dimensione della liquidità, propria dei canali della rete, comporta la sua diffusione in tutte le parti del globo, un accesso facile e immediato, inintaccabile da alcuna azione di controllo. Questa è la dimensione open e free che, con un processo di osmosi è strutturalmente entrata a far parte della musica digitalizzata.

2.2.1 Prima fotografia. No more labels.

“Fino a metà del decennio scorso la previsione circa la sparizione delle case discografiche avrebbe fatto fare salti di gioia a tutti gli “utopisti” che predicavano “indies” e auto-produzioni, contro le odiate majors, mentre oggi, fra myspace e deezer, last.fm e chilirec e tanto altro, essa suona banalmente familiare, al punto che qualcuno comincia a togliere il punto interrogativo. Ovviamente il processo è sempre contraddittorio e contrastato, ma la tendenza è innegabile. Le vecchie case discografiche non hanno

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più alcun senso. La ragione principale del declino delle case discografiche è che il loro modello ha fatto il proprio tempo, e stiamo assistendo ad una ridefinizione dei rapporti fra artisti, produttori e utenti.”23

Finora l'applicazione di restrizioni sui files attraverso DRM, la chiusura di piattaforme per il P2P, non hanno fatto altro che manifestarsi come contromisure inefficaci.

A molti sembrerebbe che l'industria discografica abbia fallito. Lasciandosi cogliere impreparate, non avendo capito sin dall'inizio ciò che cominciava ad accadere, né riformato a passaggi graduali le singole fasi della filiera, le etichette incontrano oggi la crisi. Si trovano anzi nella posizione di dover riprogettare l'intero processo di produzione per non essere costrette a crollare sotto il peso di un sistema nuovo.

Quando solo una piccola percentuale di tutta la musica presente nel web viene scaricata legalmente, mentre tutto il resto circola attraverso sistemi di download P2P tradizionali o blog o ancora social network, si rende palese una situazione in cui il mercato discografico ha perso il controllo sul suo oggetto primario.

Cercare di concentrarsi sul corretto funzionamento di quella minima frangia di utenza che scarica legalmente in digitale, come stanno facendo ora le majors, può essere certamente utile, ma in una prospettiva limitata e limitante.

23 Tratto dal post di un blogger, scritto nell'agosto 2008: http://geigerdysf.splinder.com/post/18194727/Le+case+discografiche+hanno+fa .

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Interventi di questo tipo stanno portando le case discografiche a una lenta agonia che per molti presto si tradurrà in crollo definitivo. Quando si sono opposte ai sistemi di sharing – temendo forse un effetto boomerang – le etichette discografiche hanno perso una grossa occasione.

“Ma indovinate qual è la più grande cazzata di tutti i tempi fatta dall'industria discografica?

Beh sì: l'affossamento di Napster nel Luglio del 2001. All'epoca Napster aveva circa 40 milioni di utenti interessati a fruire di musica in formato digitale, riuscendo ad accedere ad un patrimonio musicale come mai era stato possibile nella storia della musica. Era come se quasi tutti gli appassionati di musica fossero sintonizzati sulla stessa stazione radio. Un canale strepitoso per la promozione e la vendita dei loro asset. E Napster aveva proposto un accordo miliardario per spartirsi la ghiottissima torta.

Sapete come andò a finire. Le case discografiche trascinarono Napster in tribunale e lo costrinsero a chiudere, distruggendo un business potenzialmente enorme. E gli utenti cosa fecero? Semplicemente si spostarono su altre piattaforme di file sharing che da allora si moltiplicarono a centinaia, sino agli attuali fasti di eMule e bittorrent.”24

Il business nel tempo della musica liquida, avrebbe dovuto adeguarsi al struttura del mezzo sul quale essa è distribuita. Questo non è successo e gli utenti hanno continuato

24 http://chartitalia.blogspot.com/2008/03/le-20-pi-grandi-cazzate-delle- case.html .

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ad ascoltare musica facendo a meno delle etichette discografiche.

Con l'espressione “the end of control”, nel suo blog25, Gerd Leonhard spiega come per un artista non sia più pensabile tentare di esercitare una forma di controllo sulla sua proprietà intellettuale. Ancora meno, che si possa parlare più di proprietà intellettuale, almeno nell'accezione tradizionale. Nella rete nessuno – aldilà dei milioni di utenti connessi contemporaneamente – detiene il controllo sulla distribuzione.

25 http://www.mediafuturist.com/ .

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Foto:2: -s- : http://www.flickr.com/photos/-s-/

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Sarebbe inutile cercare di ostacolare questa tendenza, bensì potrebbe risultare proficuo fare business proprio in una struttura in cui il controllo sui contenuti distribuiti è perduto. La dispersione dei contenuti è strutturalmente connessa alla costituzione del mezzo Internet. Le grandi star internazionali sono nate in un epoca in cui a dominare erano altri mezzi, TV e radio su tutti, che costituivano il canale preferenziale per la conquista del grande pubblico. Su internet la totale libertà di movimento degli utenti consente a tutti gli artisti di farsi conoscere, ma con minore risonanza.

In un interessante post del blog di Wired26, magazine specializzato in ICT, l'artista di fama internazionale David Byrne, fa interessanti considerazioni su ciò che riguarda la questione del controllo dell'artista sulla propria opera. Con una tesi in qualche modo contrastante con quella di Gerd Leonhard, Byrne sottolinea quanto l'online abbia modificato i rapporti dell'artista con l'industria musicale e con la loro stessa musica, dando agli emergenti il pieno controllo sul proprio successo.

Tutto ciò sarebbe garantito dalla gratuità o quasi gratuità delle fasi di produzione promozione e distribuzione autonomamente gestita, processi che richiedono investimenti molto onerosi per la musica su supporto fisico.

Si sarebbe gradualmente passati, dunque, da una fase in cui l'etichetta esercitava il pieno dominio sul prodotto musicale a una fase in cui è l'artista a gestire in toto il corso della sua opera. Dunque, maggiore controllo.

26 http://www.wired.com/entertainment/music/magazine/16-01/ff_byrne? currentPage=all .

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L'artefatto musicale è in qualche modo più vicino all'artista che lo produce, direttamente dipendente dalla sua attività di distribuzione, al di là delle onerose intermediazioni delle etichette discografiche, al di là delle royalities e dal legame con le collecting societies.

Ciò che ambedue queste posizioni hanno in comune è la considerazione di fondo secondo cui l'industria discografica tradizionale avrebbe fallito.

Il ruolo delle grandi industrie del disco sarebbe già entrato in secondo piano, aggirato dal flusso dinamico e interattivo della rete che i singoli utenti sono riusciti a gestire. Originando nuove nicchie di pubblico attorno ad artisti non

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Illustration 3: Wired magazine - http://www.wired.com/entertainment/music/magazine/

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pubblicizzati dai canali tradizionali, diffondendo la voce con il passaparola, i nuovi ascoltatori stanno strutturando un nuovo modello per l'ascolto di musica online.

In futuro il business non si realizzerà più attorno all'acquisto del singolo album al negozio, ma sarà soprattutto basato sull'immagine che l'artista riuscirà a costruire del proprio lavoro, sulle relazioni che saprà intessere nei vari network, attraverso distribuzioni capillari fatte di passaggi su webradio o radio locali, streaming gratuiti dei brani. La conquista dell'attenzione, questo è l'obiettivo, il valore aggiunto cui l'artista deve ambire oggi e ancor più nel futuro prossimo per raggiungere quote di pubblico sempre più vaste.

L'attenzione è la risorsa che consente agli utenti stessi di guadagnare del denaro. Essendo loro produttori di contenuti, hanno a loro volta la possibilità di rivenderli se riescono a raccogliere l'interesse attorno al proprio lavoro nella rete.

“Don't think Money - think Attention, Trust, Merit (Money2.0). This is crucial: the new currency in this hyper-connected economy, is Attention and Trust, based on Merit. In other words, if what you do is good, if it has value, if it maintains that value, over and over again, and if you can get attention repeatedly (by publishing that value in the right context), and if you can get people to trust you and spend time with you, then the money, the remuneration, a very tangible economic benefit will be forthcoming, without a doubt. Money is a consequence of attention, not the other way round.”

Gerd Leonhard

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È la fine della dimensione tradizionale del mainstream, dimostrata anche recentemente da casi di abbandono delle case discografiche maggiori ad opera di star internazionali come Madonna, sostituita da un modello fatto di pubblici selettivi e selezionati formati attraverso il contatto diretto, su canali informali e social network come myspace o last.fm.

Da più parti le tesi che prevedono la fine delle case discografiche trovano consenso. Come leggevamo in un commento al post di Andrea Rotolo nel blog http://fabrizio-rusconi.it/ ne deriverebbero vantaggi per gli artisti:

“Credo che la rivoluzione nel campo della musica scaricabile cambierà radicalmente la distribuzione. non più grandi label sì piuttosto una capacità di autopromozione diffusa a livello di gruppi o singoli cantautori, che grazie alla rete possono scavalcare l'etichetta discografica e lo strozzinaggio che ne consegue. D'altronde non hanno fatto così anche i Radiohead27?”28

27 Alla fine del 2007 i Radiohead hanno pubblicato il loro ultimo album “In Rainbows” rendendone disponibile il download con un offerta libera da parte dei fan. L'operazione ha scatenato molte discussioni in merito alle nuove modalità di distribuzione di musica sul web e sul legame tra artisti e case discografiche.

A quello dei Radiohead è poi seguito, nel 2008, il caso celebre dei Nine Inch Nails, che hanno distribuito la loro musica sotto licenza Creative Commons utilizzando anche un supporto innovativo: quello delle pennette USB, con all'interno i files mp3 dei brani, duplicabili e remixabili.

28 http://fabrizio-rusconi.it/rotocalcojournal/2008/2/18/il-safari-delle-case- discografiche.html .

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E fra gli stessi artisti non è difficile trovare chi sostiene a piene mani l'arrivo della musica libera:

“I'm an indie artist and believe very much in the digital revolution. If it wasn't there I would not have had a chance to produce what I have without serious pain/cash. Most other musicians I know think the same way, in fact most music I find now is from surfing, not from cd stores. The new music world allows so many more the opportunities that only a lucky few had in the day. Now we just need to free up distribution (beyond iTunes ). Theres a ton of great tools out there to get music, reverbnation.com, ilike.com, last.fm, even myspace, check them out ... free your music!”29

o ancora, fra i commenti di un post sulla situazione dell'industria musicale nel web 2.0, la fine delle etichette sarebbe una liberazione anche per gli ascoltatori:

“The internet has pretty much killed the need for record labels.Anybody with any online dexterity can find any type of music in a few minutes. we don't need a label to tell us what to like any more, and i hope the industry takes that into consideration.”30

29 http://digg.com/music/Music_sales_boom_but_albums_fizzle_for_08? FC=PRCT1 .

30 Commento di Bullcutter: http://digg.com/music/2007_The_Music_Industry_by_the_Numbers?FC=PRCK1 .

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L'operazione dei Nine Inch Nails, la loro scelta di distribuire Ghost I-IV, il loro ultimo album gratuitamente con licenza Creative Commons è stata più che premiata dai fan, che non solo hanno scaricato in massa l'album ma hanno pure acquistato un gran numero di dischi:

“L'album era stato distribuito da Reznor31 in una molteplicità di formati, ferma restando la licenza Creative Commons che permetteva la sua libera circolazione (sul P2P, sul web, dovunque) posto che la paternità dell'opera rimanesse inalterata. Nonostante questo, con Ghosts I-IV i NIN hanno incamerato guadagni per milioni di dollari, hanno esaurito con facilità le scorte delle edizioni su disco (anche quelle extra-lusso dal costo di 300 dollari e passa) e soprattutto non hanno dovuto lasciare un solo centesimo alle etichette discografiche.

Nonostante la disponibilità gratuita dei dischi, i fan hanno apprezzato l'iniziativa dei NIN e hanno risposto in massa acquistando l'album da Amazon e altrove, dimostrando che distribuire il proprio operato sotto licenza Creative Commons (quindi "gratis" a una lettura superficiale) non solo non priva l'autore di introiti ma costituisce un'occasione senza precedenti per contribuire allo sviluppo di una community di appassionati in grado di esaltare ulteriormente l'esposizione dei contenuti e degli artisti.32”

31 Il frontman della band Nine inch Nails.32 http://punto-informatico.it/2518061/PI/News/nine-inch-nails-fenomeno-

creative-commons-del-2008.aspx

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Scenari del settore fonografico

Alfonso Maruccia

La fitta rete degli intermediari che fino ad oggi ha comportato gli elevati costi di produzione e distribuzione della musica non esiste più, ciò che diventerebbe di vitale importanza sarebbe l'attività che singoli artisti o bloggers svolgono in qualità di gestori dei contatti e delle nicchie di pubblico33.

Laddove il flusso delle informazioni diviene veloce e in qualche modo incontrollato, la dispersione aumenta e affermare la qualità del proprio lavoro su un unico grande pubblico risulta pressoché impossibile. La quantità delle informazioni messa in circolazione è vertiginosamente aumentata grazie alla rete, ma al contempo i canali sui quali esse sono diffuse sono molteplici e non unilaterali. Per questo è più che fondamentale riuscire a catturare l'interesse degli utenti per affermare il proprio successo.34

Come leggiamo in questo post, mentre tutte le aziende che vendono contenuti, così come le etichette discografiche, sono messe in crisi dal web –

“The web is disrupting and wiping out margins in industries like music, film, newspapers, and increasingly sectors like personal finance and software. But the web is having an equally positive effect in sectors like advertising and direct marketing35”

Fred Wilson33 Sempre Gerd Leonhard ipotizza un futuro in cui i blog sostituiranno le

etichette discografiche.34“The Web is free; what you’re paying for is peoples’ attention.” Chris Aderson.

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- altri settori stanno guadagnando da questa congiuntura. In un commento all'affermazione di Fred Wilson leggiamo:

“Stanno traendo vantaggio da Internet le aziende che riescono ad utilizzare il web per acquisire clienti. Ad un costo ridotto.

Infatti il web si è dimostrato un potente strumento di direct marketing, per mettere a contatto azienda e consumatore. Con il web possiamo misurare quale campagna è più efficace per portare contatti e clienti nuovi. Con un grado di dettaglio che prima non avevamo. E con la possibilità di ottimizzare l’investimento. [...]

Sono tutti settori dove il cliente desidera informazione. E sono settori dove spesso alla base sta una risorsa “scarsa”, non replicabile via web (a differenza di musica e notizie).”36

Nicola Fiabane37

È sulla via del contatto diretto, una versione dialogante del rapporto col pubblico, la nuova frontiera del mercato musicale. Oggi il business ruota non più attorno ai produttori 35 Fred Wilson : http://www.venicemarketingreport.com/modelli-di-

business/internet-e-nuovi-modelli-di-business-alcune-considerazioni-parte-1/

36 http://www.venicemarketingreport.com/modelli-di-business/internet-e- nuovi-modelli-di-business-alcune-considerazioni-parte-1/

37 Nicola Fiabene si occupa di webmarketing.

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Scenari del settore fonografico

di contenuti – poiché essi sono già disponibili gratuitamente in rete – ma attorno agli “scopritori” degli stessi, attorno cioè a tutti i soggetti che si pongono come mediatori tra gli utenti e la musica che cercano, incanalando la scelta attraverso la selezione per gusti e preferenze.

“On top of the content layer is the << discovery/navigation>> layer that makes even more money than the content layer online”.38

A essere mandata in crisi oggi quindi non è la musica in sé, ma il modello tradizionale di monetizzazione della stessa. Il business attorno ai contenuti musicali continuerà a esistere, probabilmente crescerà, ma non più attorno alla pubblicizzazione e vendita per-unità-di-album poiché questi saranno disponibili a tutti senza barriere. Questo comporterebbe la fine delle etichette tradizionali, le quali tuttora incentrano le strategie di profitto sulle vendite dei singoli album, mentre dovrebbero estendere il loro modello di business ai nuovi panorami della musica online39.

Dicevamo che i capitali oggi si stanno spostando verso il livello “ discovery/navigation” ovvero verso i canali e le reti di contatto diretto fra ascoltatori e i loro artisti.

In passato l'esistenza di media generalisti bloccava di fatto l'accesso degli emergenti a una platea di ampio raggio e –

38 http://www.avc.com/a_vc/2007/06/the_free_music_.html 39 In seguito parleremo del modello ad-supported, realizzato attraverso

accordi tra labels e aziende che pagano la musica online, in cambio di pubblicità.

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non essendoci canali alternativi di promozione al pubblico – era ad esempio quasi impossibile per musicisti europei riscuotere successo in altri continenti. Sarebbe bene sottolineare come oggi le band nate in piccoli centri, sconosciute a music-magazines e TV40 che firmano contratti con labels di qualsiasi paese europeo e che partono per tour promozionali in Germania, raccolgono accaniti fan in Giappone o nel Minnesota, esistono e sono numerose.

È possibile fare questo col solo strumento dell'auto-promozione via Internet a costo zero. I compiti che tradizionalmente erano di competenza delle labels discografiche, oggi spesso vengono svolti dagli artisti stessi, che trovano nel contratto con l'etichetta spesso più un vincolo che non un vantaggio.

Dice Gerd Leonhard a sostengo di questa ipotesi:

“Your skills and what you have to offer may all of a sudden become a lot less sough-after in your traditional line of work but suddenly become a must-have in a totally unrelated field. Musicians become creators of brand-icons and corporate logos, video-making amateurs become content curators for digital TV services, bloggers become brand evangelists, marketers become social network influencers”.

Gerd Leonhard gio 2 dic 200841

40 Ma non per esempio alle radio locali, su cui ormai da tempo si registra una netta ripresa, o alle webradio, per le quali si parla di boom negli ultimi anni.

41 Dal blog: http://www.mediafuturist.com/

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Scenari del settore fonografico

Diventa inoltre molto più utile e pregnante concentrarsi su economie di scala ridotta, curando artisti dal pubblico più selezionato, ma anche più appassionato, che abbia modo di seguire l'artista e di dialogarci così come il più delle volte avviene nel mondo indipendente.

“Broadcast less, micro-cast more. Stop the monolog and start the collaboration.”

Gerd Leonhard 42

Il futuro della musica sarà incentrato sul lavoro non più delle etichette discografiche ma di nuove figure, quelle dei consumatori – produttori, che non solo accederanno a infiniti cataloghi di musica online, ma che, unicamente per propria passione, saranno in grado di fare talent scouting in rete, promuovere nuovi artisti quando non se stessi e la propria musica. Questa nuova figura del prosumer corrisponde al comune utente che oggi scarica musica, scopre artisti emergenti per lo più sconosciuti e li condivide nel suo network di contatti attraverso blog. Consumer become retailers, il consumatore diventa in tal modo rivenditore del contenuto musicale nel momento in cui mette in atto il naturale processo di condivisione e diffusione.

“L’arrivo sulla scena di siti come MySpace dimostra infatti che le major non hanno neanche più bisogno di ascoltarli i demo, perché il pubblico lo fa già per conto

42 www.mediafuturist.com --->>> TWITTER POST

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suo e fa la sua selezione senza bisogno di intermediari.”43

Le majors non sono più di nessuna utilità, gli ascoltatori di musica oggi fanno a meno delle etichette almeno quanto i musicisti. È per questo che è più che probabile per il futuro che queste grandi case discografiche investano i loro capitali non più nel poco redditizio mercato della produzione artistica tradizionale, perché in tal modo perirebbero schiacciate dalla crisi. Probabilmente saranno protagoniste di joint ventures con società impegnate in altri settori delle ICT. Gli accordi col settore dei videogames, del cinema, quello televisivo o dei servizi online, rappresentano già una risorsa importante per le loro entrate.

Ma la crisi delle grandi etichette nel mondo della discografia potrebbe rivelarsi difficilmente recuperabile esclusivamente con simili accordi, che spesso sono percepiti come parziali e inutili ad arginare la portata di tale fenomeno .

“The record industry is like a giant sinking ship, stranded at the middle of the Atlantic”44.

Superdynamite

43 http://www.supercom.it/Mondo/Net_economy/Internet_e_la_morte_dell a_musica_1.0_l%27industria_riunita_a_New_York_si_confronta_con_nuovi_modelli_e_prospettive_future.html

44 http://www.rollingstone.com/news/story/15137581/the_record_industrys _decline

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Come una grande nave arenata nel mezzo dell'Atlantico, un commentatore di un articolo di Brian Hiatt e Evan Serpick sul declino dell'industria discografica45 – pubblicato sul Rolling Stone nel giugno dello scorso anno – descrive la sua idea dell'industria fonografica oggi.

Forse però, proprio nelle numerose soluzioni creative che le majors stanno adottando nell'ambito del settore online (accordi con piattaforme user-generated come youtube, streaming sponsorizzato), per altri si nasconderebbe la chiave della riuscita. Non a caso nuove strategie costituiscono oggi soluzioni efficaci per l'economia delle etichette discografiche, le quali cominciano a registrare degli introiti dalle nuove pratiche di gestione del servizio musicale online. Ne prossimi paragrafi vedremo quali.

2.2.2. Seconda fotografia.Ad-supported e flat-based music

a) MUSICA E PUBBLICITA':

La crisi della discografia porta alcuni a supporre che per la musica registrata sia ormai terminata l'era del supporto fisico. Ma una volta analizzati alcuni dati significativi – tra cui il boom delle vendite dei vinili nell'ultimo anno46 – ci sembra più opportuno supporre che non sia affatto giunta la fine per cd

45 The record industry's decline.46 Rapporto FIMI consultabile al link:

http://www.fimi.it/dett_ddmercato.php?id=40

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o vinili, ma che il comparto si stia modificando per modelli di distribuzione e ampiezza.

Ipotizziamo che la quota più ampia della musica ascoltata oggi al mondo sia in digitale. L'accesso alla musica liquida è finora legato al problema dei vincoli legali al download e a sistemi di pagamento ancora inappropriati. Molteplici ipotesi e gli stessi provvedimenti di alcune aziende si avvicinano a soluzioni che tendano il più possibile a uno svincolamento dalle normative delle collecting-societies tradizionali e alla gratuità, caratteristica che – come abbiamo visto – risulta essere fondante di tutti i contenuti che circolano sul web.

Negli ultimi anni sono state attivate numerose piattaforme per l'ascolto e il download di musica libera. Queste hanno presto raccolto un'utenza tanto ampia da richiamare l'attenzione di numerose aziende che investono in pubblicità i loro capitali rendendo così disponibili i brani gratuitamente.

“I can imagine a future where you just consume a hell of a lot of music – just hit 'play' on any player, and hear music. There's an ad experience there, and we'll pay the labels a percentage of that ad revenue. All devices will be connected to a network and we can find anything we want and hit 'play' without connecting our device to our computer and dragging a physical file over. People are going to have the expectation that they can get to anything whenever they want to.”47

47 Sempre su un articolo pubblicato sul Rolling Stone, questa volta dal titolo “The fall of the record business: what's next?”, quello citato è il parere di Ian Rogers, music general manager di Yahoo, sullo scenario music-payd-by-ads.

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Scenari del settore fonografico

Ian Rogers

We7 di Peter Gabriel, Spiralfrog, Lastfm, Downlovers, Myspace. Sono tutti portali dai quali – in seguito a degli accordi con le case discografiche – è possibile ascoltare e scaricare gratuitamente la musica, con o anche senza restrizioni DRM. Il metodo di pagamento è un sistema di advertisements:

http://www.rollingstone.com/news/story/15152483/the_fall_of_the_record_business_what_next?source=music_news_rssfeed

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Slide 4: dal blog di Gerd Leonhard: www.mediafuturist.com

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banner pubblicitari che compaiono all'ascolto dei brani per pochi secondi e che consentono agli utenti di accedere, senza grosse restrizioni, alla musica presente in catalogo e, spesso, di trasferirla su supporti portatili come I-Pod o I-Phone.

Ancora Gerd Leonhard inquadra quello del download di musica online ad-based, in un più generale modello di business che interesserebbe non soltanto la musica, ma tutto il mondo delle comunicazioni in digitale, sempre più free e sempre più fondato su un sistema di finanziamento attraverso pubblicità.

Dai ticket per i trasporti, dalla stampa delle fotografie agli e-books per gli studenti, dai newsmagazines48 ai videogames, molti servizi e contenuti cominciano a essere già disponibili a costo zero perché ad-supported.

Le società che fanno leva su questi meccanismi sono cresciute esponenzialmente negli ultimi anni assorbendo quote di capitali le cui dimensioni si rivelano significative come prova della portata di questo fenomeno.

Il sistema di pagamento attraverso pubblicità compenserebbe le etichette degli oneri dovuti alla produzione degli artisti, garantendo loro un profitto sicuro per ogni ascolto del brano messo a disposizione. Le aziende interessate a farsi pubblicità sarebbero egualmente avvantaggiate dall'alta visibilità di cui godrebbero e, soprattutto, gli utenti non sarebbero più (legalmente) tenuti a pagare per un servizio che di fatto già illegalmente non pagavano da tempo. Inoltre, nel qual caso gli artisti non firmino contratti con nessuna label,

48 Molti quotidiani statunitensi sono disponibili gratuitamente nella versione ad-supported online: The New York Times è un celebre esempio.

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Scenari del settore fonografico

potrebbero direttamente beneficiare degli introiti derivanti da ogni singolo stream dei loro brani.

Se fosse sufficiente, tale soluzione accontenterebbe tutti, ma di fatto abbiamo scoperto come in realtà l'insieme dei naviganti non ne sia pacificamente convinto. Ad alimentare dei dubbi è proprio il sistema dei banner, i quali andrebbero contro la stessa filosofia free che si pretenderebbe di portare avanti. Un modo ingannevole per indurre gli utenti a spendere soldi in quantità ancora maggiore. Così un blogger commenta un articolo di Chris Anderson comparso su Wired qualche mese fa49:

“It's not really free though.These are either brand building

exercises to drive you towards paid for services (concerts etc), or in Google's case - the "payment" is the requirement to see adverts which fund the provision of the service.

If a company spends money on advertising - they recoup that cost in higher costs for the items they advertise.”

Geekchic.

C'è chi vede una vera e propria minaccia nascosta dietro questo sistema, il quale metterebbe a rischio la libertà degli utenti.

49 Da tempo Chris Anderson sostiene delle tesi a favore del free business. Il titolo dell'articolo è: “Free! Why $0.00 Is the Future of Business”.

E consultabile al link: http://www.wired.com/techbiz/it/magazine/16-03/ff_free

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“ There is a hidden price tag on everything you get “for free”. Free software, free services, and free giveaways – they add up to a pile of unwritten bills on your desk. You are paying with your freedom, piece by piece.50”

Phreeman.

Nulla è mai dato gratuitamente e, dato questo presupposto, le persone che oggi non spendono grazie al sistema della pubblicità saranno costrette a pagare in futuro un prezzo ben più caro: la libertà. Senza addentrarci ora in problematiche che riguardano la sfera della privacy in rete, le quali si porranno con l'avvento dei nuovi sistemi di direct marketing indirizzato a consumatori specializzati, ci limitiamo a prevedere come la questione della libertà e della tutela dei dati personali sarà in futuro sempre più preminente51.

50 http://digg.com/political_opinion/The_time_has_come_to_give_up_the_ freebies

51 La questione della privacy in rete non riguarda solamente la sfera della pubblicità online. Il fenomeno della pubblicazione di dati anche sensibili in internet avviene soprattutto attraverso l'utilizzo di piattaforme per il social-networking come Facebook o come Myspace. Ogni volta che registrano un account in rete, gli utenti affidano al servizio dedicato le informazioni sulla propria identità digitale, sui propri contatti, sul proprio lifestream. Queste identità non sempre sono “trasferibili” dall'account di un servizio a quello di un altro e spesso l'utente ne perde il controllo. Tale problema è noto come data portability.

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Scenari del settore fonografico

IL FUTURO DELLA PUBBLICITA' ONLINE:

C'è un dato che potrebbe servirci a concludere la nostra riflessione sulla pubblicità in rete. Esso riguarda le modalità di diffusione dei contenuti promozionali e in particolare i sistemi di marketing virale che si sono sviluppati negli ultimi anni grazie alla semplicità e versatilità della rete.

Il viral-marketing si basa sul principio del passaparola, attraverso il quale si diffonde in rete un'idea tra utenti interessati. Consigliare un prodotto, un servizio, e in definitiva una musica interessante o affine ai propri gusti sta diventando una delle modalità più efficaci per far conoscere e anche vendere qualsiasi cosa nel web. Le possibilità di guadagno che strategie fondate sul viral marketing offrono sono testimoniate da vari casi, anche celebri come quello di The million dollar homepage52.

52 “The Million Dollar Homepage è un sito internet creato il 26 agosto 2005 da Alex Tew, uno studente ventenne dallo Wiltshire, con lo scopo di finanziarsi i suoi studi universitari. La pagina principale del sito è strutturata come una griglia composta da quadrati di 10x10 pixel, per un totale di un milione di pixel, che erano tutti inizialmente vuoti e messi in vendita a un dollaro ciascuno, ovvero chiunque poteva acquistarli per sovrascriverli con una scritta pubblicitaria per il proprio sito web.[...]

Nonostante lo stesso Tew non avesse troppa speranza di riuscire effettivamente a guadagnare tutti quei soldi e non avesse previsto nessun tipo di pubblicità tranne il passaparola, dopo tre giorni è riuscito a vendere il primo blocco 20x20 a un sito musicale e nel giro di due settimane aveva guadagnato i soldi per pagarsi il primo anno di studi. A quel punto, la notizia aveva già fatto il giro dei blog e cominciava ad attrarre l'attenzione di giornali britannici [...].”

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L'efficacia del viral marketing si fonda sul suo funzionamento di tipo orizzontale, sul suo originarsi in maniera spontanea all'interno di una community facendo leva sul reciproco scambio di informazioni.

Un rapporto stilato ormai tre anni fa da alcuni esperti dell'Università di Harvard segnala:

“• Nearly one-fourth of frequent online music users say that the ability to share music with others in some fashion is an important criteria when selecting an online music service.• One-tenth of early adopters stated that they often make music purchases based on others' recommendations.• One-third of early adopters of digital media surveyed by Gartner stated that they were interested in online music discovery and recommendation technology that is actually powered by their taste in music.• Some of the most-regular users of online music services, whether free peer-to-peer(P2P) or paid services, are the most interested in consumer-generated recommendation tools.

Predictions• By 2010, 25 percent of online music store transactions will be driven directly from consumer-to-consumer taste-sharing applications, such as playlist publishing and ranking tools built into online music stores or external sites with links to stores.53”

Derek Slater, Mike Mc Guire

http://it.wikipedia.org/wiki/The_Million_Dollar_Homepage .53 http://cyber.law.harvard.edu/node/409 13 dicembre 2005

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Scenari del settore fonografico

Applicazioni fondate sul dispositivo del consiglio sono alla base del successo di piattaforme come Last.fm, che fanno ampio uso di funzioni come “misurazione della compatibilità” fra utenti, link per l'ascolto di artisti simili, liste di eventi a cui poter essere interessati a partecipare. Esse designerebbero per molti esperti il segnale del passaggio dalla fase del File-Sharing a una nuova forma di ascolto musicale, quella basata sul Taste-Sharing.

“Le peer reccomendations sembrano ormai configurarsi come la forma più incisiva di promozione, più della pubblicità tradizionale 'top-down'.54”

Francesco D'Amato

Le conseguenze che questo tipo di pubblicità ha portato e continua a portare sono importanti per le strategie di promozione e vendita della musica, qualsiasi sia l'attore destinato ad applicarle.

b) LA FLAT-RATE:

Di seguito riportiamo il commento che un utente ha scritto in risposta a un articolo pubblicato ormai due anni fa su New york Times, con il titolo “Record labels mull unrestricted digital music”.55

54 http://www.francescodamato.net/damatoblog.html .55 http://news.cnet.com/Record-labels-mull-unrestricted-digital-

music/2100-1027_3-6152313.html?tag=nefd.top

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“ Offer me the ability to download, at badass speeds, any track you sell in any format I want.

Offer me the ability to choose between downloading FLAC, OGG, or several different quality MP3s.

Offer me guaranteed (correct) ID3 tags. (How many tracks have YOU had to fix after torrenting...)

Offer me all the lyrics and album art I can handle.

Offer me discounts on artist concert tickets with my purchases, and other merchandise opportunities too.

Offer me finished albums NOW, don't make me wait 3 months "while the buzz builds" before you release the CD.

Offer me accompanying MUSIC VIDEO downloads in the size and quality of my choice.

Offer me DRM-free media on every one of these things.

It's absolutely none of your business what I do with the media after I buy it. I'll be playing it on my home PC, on my MP3 portable player, in my car on a burnt CD (my wife's car will have a copy too), and I won't have paid to listen per location/copy because that's insane. Sell me these offers based on $10/month for 100 tracks. Or $20/month for 300. Get crazy and offer those prices for MP3s of "low" to "medium" quality, and $5 more for high quality MP3 or lossless.

Blow your own minds and find some way to COMPETE, and you might find people will line

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Scenari del settore fonografico

up if you have a better product. It's not hard to understand.56”

Le proposte avanzate in questo commento sono forse lontane dal poter essere realizzate nei prossimi anni, in quanto presupporrebbero un superamento di una serie di restrizioni anche di natura legale che spesso vincolano la musica messa in circolazione. Ciò che è importante segnalare però è quanto questa, come tante altre persone che scaricano e ascoltano musica, mostri di essere realmente disposta a spendere per ottenere un maggiore servizio legato alla musica stessa. E anzi, se l'industria discografica si rivelasse sensibile alle suggestioni e alle possibilità che giungono dall'adozione di nuovi modelli di business, sicuramente i vantaggi che ne deriverebbero sarebbero considerevoli per entrambe le parti.

Nelle considerazioni presenti in questo commento si sostiene come una rata mensile di 10 o 20$ in cambio di musica e di tutta una serie di servizi ad essa connessi (biglietti per i concerti, merchandise, video, agevolazioni di vario genere), possa rivelarsi un vero affare per le labels discografiche. Gli ascoltatori richiedono dei servizi aggiuntivi, per i quali sarebbero disposti a pagare un abbonamento mensile, mentre ciò che le etichette spenderebbero per renderli disponibili sarebbe molto meno di quanto invece potrebbero guadagnare. Questo semplicemente perché sarebbe impossibile per gli utenti dedicarsi in un solo mese all'ascolto di un vasto numero di artisti. Prosegue il nostro commentatore:56 Commento di Billege al link:

http://digg.com/tech_news/Music_Industry_Considering_Unrestricted_Digital_Music_Sales?FC=PRCK1

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I mean, even at $20/month for 300 tracks, it's highly unlikely I'll grab 300 every month, if ever. The first month I'll concentrate on getting all the music I know I like, but don't have. For the vast majority of people, that MIGHT be four dozen albums. After that, I've got 98% of all the music "I grew up with." From then on, I'll only be grabbing music that's new to me. I mean, how much music can any one person listen to in a month? I can't listen to 30 new artists a month. I can handle 2 or 3 albums a month. You know you'd love me to pay $25 a month for that.

Now stop being idiots and get with the program.57”Billege

“Better then free” sostiene Kevin Kelly quando affronta il medesimo problema. Tutti i contenuti che si possono copiare in rete sono disponibili gratuitamente e per essi non si è disposti a pagare, ma esistono dei servizi, dei valori generativi dice Kevin Kelly, che non possono essere duplicati e che l'utente reputa preziosi. Su questi occorre che si investa per fare del business.

Non si può più pensare di far pagare per i singoli servizi offerti attraverso la rete, bisogna invece cominciare orientarsi verso soluzioni di tipo Flat: tariffe mensili applicate sulla totalità dell'offerta che prevede una pluralità di servizi. In questo senso, la proposta del commentatore citato all'inizio del

57 Come sopra, dal commento di Billege al link: http://digg.com/tech_news/Music_Industry_Considering_Unrestricted_Digital_Music_Sales?FC=PRCK1

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Scenari del settore fonografico

paragrafo comincia a configurarsi all'interno di una strada percorribile dall'industria discografica, per ovviare alle problematiche che da tempo la colpiscono alla base. Ciò richiederebbe una revisione del sistema delle royalities che troppo spesso ingabbia il prodotto musicale in maniera poco proficua sia per gli artisti che per i loro pubblici.

Inoltre, se la soluzione abbonamento venisse presa esclusivamente per monetizzare la musica distribuita su digitale, questa potrebbe rivelarsi fallimentare.

“ Flat fee is an idiotic idea. Someone who wants to download a handful of old songs that they remember from their childhood should not be paying the same as someone who is downloading every album that comes out every single week.

What would happen is that the people who are downloading only a few would be in effect paying for the people who are downloading a lot.58”

bingobongony.

Se i presupposti che abbiamo indicato finora hanno in qualche modo un fondamento reale, allora saremmo portati a ipotizzare che la musica digitale sia destinata a tendere sempre più al costo zero. Un canone mensile esclusivamente destinato all'accesso alla musica dal PC sarebbe un prezzo troppo oneroso per gli ascoltatori. Tuttavia importanti joint ventures

58 http://digg.com/tech_news/EFF_report_slams_RIAA_lawsuit_campaign _calls_for_flat_fee_unlimited_P2P

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concluse nei mesi scorsi da alcune majors col mondo della telefonia mobile si muovono esattamente su questa direzione59.

La portabilità dell'I-phone rispetto al PC sarà un valore aggiunto di grande importanza per l'industria musicale, che tenderà sempre più a essere sfruttato anche in concorrenza con l'attuale I-Pod di casa Apple.

Il valore di questi accordi risiede nel comprendere che le etichette discografiche non possono più pensare di monetizzare il solo contenuto musicale come è sempre avvenuto finora. La portabilità dell'I-phone, come quella dell'I-Pod è una qualità che fa crescere il valore della musica. Ma non è l'unica. Come spiegava il commentatore a inizio paragrafo, tutta una serie di servizi che oggi continuano a essere estranei all'offerta musicale tradizionale potrebbero essere inclusi in un unico pacchetto di vendita, una tariffa flat mensile che una buona parte di dowloaders, oggi illegali, sarebbero, domani, disposti a pagare.

Gerd Leonhard suggerisce come per le etichette discografiche sia utile cominciare a pensare come fornitori di servizi e non più di soli contenuti: “vendere la bottiglia può essere molto più profittevole del vino” e se le labels cominceranno a pensare in questi termini si potrebbe iniziare a scommettere su un aumento importante delle vendite.

“ Music is no longer a product but a SERVICE. Music became a product with the advent of

59 Il riferimento è all'accordo stretto fra Universal, Sony BMG e Nokia, che ha lanciato la proposta Comes with music, per la quale è previsto, insieme all'acquisto del cellulare, un abbonamento che rende possibile il download di brani in quantità limitata e protetti da DRM.

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Scenari del settore fonografico

recording (records, tapes, CDs) and the formation of an industry that quickly figured out that selling the bottle can make more a lot more money than only selling the wine. For the future, think of a 'record label' as a 'music utility company'.”

Gerd Leonhard60

Se le etichette discografiche saranno in grado di implementare un buon rapporto con gli ascoltatori, attraverso l'offerta di servizi adeguati e la realizzazione di un dialogo sempre più stretto con gli stessi, gli obiettivi di business saranno raggiunti e il profitto non andrà perduto. Ma questo futuro è realizzabile per il mondo indipendente, quello delle piccole labels, che da sole sono in grado di costruire nicchie di pubblico altamente fidelizzate. Allo stesso modo lo è per i singoli artisti autoprodotti, quando sono in grado di conquistarsi una comunità di fan che voglia supportarli.

A chi sostiene che oggi chi ascolta musica non sia più disposto a pagarla, Kevin Kelly risponde come al contrario esso voglia contribuire al successo dei suoi artisti e che per questo sia indubbiamente disposto a spendere:

“Audiences WANT to pay creators. Fans like to reward artists, musicians, authors and the like with the tokens of their appreciation, because it allows them to connect. But they will only pay if it is very easy to do, a reasonable amount, and they feel certain the money will directly benefit the creators. Radiohead's recent high-profile experiment in letting fans pay them whatever they wished for a free copy is

60 http://www.mediafuturist.com/2004/09/8-predictions-f.html

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an excellent illustration of the power of patronage. The elusive, intangible connection that flows between appreciative fans and the artist is worth something.61”

Kevin Kelly

Le modalità di pagamento tradizionali sono ormai obsolete. Finché le labels continueranno a proporsi come hanno fatto finora, le persone continueranno ad aggirarle ed esse perderanno importanti possibilità di profitto. Il legame col pubblico deve essere rafforzato e ciò diventa possibile quando i canali di comunicazione con gli artisti si moltiplicano e diventano più diretti. Sulla incentivazione di tali servizi e sui “valori generativi” l'industria musicale potrebbe trovare un nuovo punto di forza e la proposta più adatta per utilizzare un simile modello di business sarebbe esattamente quella della flat-rate, un abbonamento che potrebbe risultare più agevole per gli utenti nell'attuale congiuntura.

2.2.3. Terza fotografia.Futuro indipendente.

“The music business is not just four companies, and indie music's market share is now approaching one-third... and it's growing. Indies have also been more open, historically, to experiments such as selling music without DRM. If the major labels take more than a decade to turn the ship around, they risk running a

61 Tratto dal celebre articolo “Better then free”: http://www.kk.org/thetechnium/archives/2008/01/better_than_fre.php

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ghost ship with little in its cargo hold but a valuable back catalog. The indies could instead become the place for fresh new music and even for established artists who want more control”62.

Greg Scholl

Come abbiamo detto più volte, l'industria discografica sta cambiando. Le majors tentano di non rimanere sopraffatte dalla crisi, lanciandosi in joint-ventures con aziende attive in altri comparti del mondo delle telecomunicazioni, forse consapevoli della situazione di inarrestabile declino che il comparto della musica registrata tradizionale serba per loro. Le grandi dimensioni hanno comportato per queste aziende guadagni ingenti nei periodi di crescita del settore fonografico, ma il calo delle vendite dei dischi le sta portando oggi a un crollo di profitti quasi inarrestabile.

Negli ultimi anni abbiamo anche assistito all'interessante fenomeno della crescita delle etichette discografiche indipendenti. Le ridotte dimensioni di queste aziende consentono loro di risentire in maniera molto più lieve della crisi; inoltre la domanda che esse soddisfano è molto più rigida rispetto a quella del mondo del mainstream poiché le persone che comprano musica indipendente sono spesso appassionate e, come tali, legate da un rapporto di fidelizzazione con gli artisti indipendenti.

62 Il pararere citato in questo post: http://arstechnica.com/news.ars/post/20080226-music-exec-music-1-0-is-dead.html , è di Greg Scholl, capo della label indipendente The Ochard.

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A testare la salute e la vivacità del settore indipendente è stata l'ultima edizione del MEI, il Meeting delle etichette indipendenti, che annualmente si svolge a Faenza in collaborazione con Audiocoop, l'associazione che porta avanti le istanze della scena indie in Italia. Seppur rappresentativo di una parte che per molti è solo minoritaria delle indipendenti italiane, l'affluenza registrata nel 2008, tra labels e musicisti, è cresciuta notevolmente rispetto al passato.

“Niente crisi al MEI, tutti i dati sono in crescita rispetto a quanto registrato l’anno scorso: nonostante la pioggia, sono state piu' dell'anno scorso le presenze tra la fiera di Faenza, il Palazzo delle Esposizioni, Piazza del Popolo , Auditorium di Sant Umiltà e il Teatro Masini e tutti gli altri spazi in cui si sono svolti gli eventi collaterali come la Notte Light (in totale piu' di 30 mila le presenze compresi club, ristoranti, bar, supermercati, piscine, discoteche e altri che hanno fatto attività e iniziative di ogni tipo, spalmate in piu' spazi).

Significativo il numero sullo spazio occupato dalle strutture del MEI, dai 10000 metri quadri dell’anno scorso si è passati agli oltre 15000 metri quadri, grazie a un padiglione in più, un tendone live in più e il Palazzo delle Esposizioni che hanno visto in totale 400 esibizioni live e 400 espositori e 150 tra incontri e convegni.63”

Guido Rolando

63 http://rockinroad.blogosfere.it/2008/12/al-mei-la-musica-sta-bene- ledizione-2008-conferma-il-trend-di-crescita-degli-ultimi-anni.html

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Oggi le independent labels costituiscono una fetta importante dell'intera industria musicale. Anche per questo motivo, nonostante i loro volumi di vendite siano infinitamente minori rispetto alle quote di mercato detenute dalle majors, anche queste sono rappresentate da associazioni che operano per garantirne la visibilità e per promuoverle ai livelli nazionale e internazionale.64

Queste piccole società, con cataloghi relativamente limitati di album al seguito, si sono fatte portavoce di nuovi approcci alla gestione artistica e hanno saputo sfruttare in maniera spesso produttiva un mercato che si apprestava ad accogliere artisti sempre più di nicchia. Le etichette indipendenti hanno conosciuto negli ultimi anni un periodo di grande visibilità, grazie sia alla congiuntura del mercato che alle ventate di innovazione che in un gran numero di occasioni hanno saputo apportare.

È bene sottolineare anticipatamente come la discografia indipendente oggi si configuri come un caleidoscopico universo di realtà anche profondamente diverse tra loro, non uniformi o omologate in medesime filosofie di produzione musicale. Ci sono indies più grandi o con più esperienza, che si comportano come piccole majors rispetto ad altre, neonate etichette, che spesso da sole non riescono a far fronte ai problemi di distribuzione, e firmano licenze affidando tali 64 Oltre alla realtà a noi più vicina, l'italiana Audiocoop, oltre all'AIM,

Association of independent music nel Regno Unito,segnaliamo qui l'IMPALA, associazione no-profit attiva in campo internazionale a rapprentanza di oltre 4000 etichette indipendenti sin dal 2000.

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compiti alle aziende più importanti. Ci sono etichette che operano alla maniera tradizionale e netlabels che producono, distribuiscono, pubblicizzano solo musica online con licenza Creative Commons. Le indipendenti si differenziano per dimensioni, filosofia di produzione, modalità di pubblicizzazione degli artisti; un'infinità di caratteristiche che rendono praticamente impossibile tracciarne una descrizione sommaria e definitiva. Lo stesso attributo “indipendente” crea spesso non pochi problemi nella definizione di un'etichetta.

“Quando si parla di musica indipendente si dovrebbero fare dei distinguo. Indipendente da cosa: dalle multinazionali del disco o dall'andamento del mercato? Analizzando bene, visto che i supporti vengono comunque prodotti dai grandi trust, oggi non esiste l'indipendenza dalle multinazionali del disco, a meno che un musicista non decida di fare solo dei concerti senza registrare nulla. Diverso è il discorso sull'indipendenza dall'andamento del mercato...65”66

Etero Genio

Quando le piccole labels sono indipendenti rispetto all'andamento del mercato pubblicano album che abitualmente non sarebbero destinati a riscuotere il successo nel grande pubblico. Esse sono più libere di muoversi nel settore della sperimentazione e, spesso, è questa qualità che porta queste

65 http://www.sinewaves.it/e-sperimentazione.htm 66 Per un'analisi più approfondita del concetto di indipendente rinviamo il

lettore alla lettura di Keith Negus (1992) Producing Pop.

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etichette ad apportare soluzioni innovative nella gestione della produzione musicale.

Nell'introduzione accennavamo a quanto il mondo della musica elettronica sperimentale abbia apportato cambiamenti spesso all'avanguardia nel settore della discografia. Proprio in quest'ambiente, numerose piccole etichette indipendenti già negli anni '90 sperimentavano soluzioni creative per la distribuzione di musica online. La musica elettronica si è definita attraverso il suo formato e, forse proprio per sua natura, è stata profondamente sensibile alle nuove modalità di diffusione dei brani, libera, in digitale. All'interno della piccolo settore indipendente ha avuto modo di svilupparsi una filosofia più slegata dagli asset delle grandi economie di scala, anche per quanto riguarda la tutela legale del diritto d'autore. Le netlabels, che oggi proliferano sotto l'egida delle licenze Creative Commons, sono rappresentative di un modo diverso di intendere la distribuzione dell'espressione artistica – accessibile a tutti nonché da tutti modificabile – la quale è molto vicina alle prospettive tracciate nel panorama dell'industria culturale da Internet e dal Web 2.0, che state descritte nei paragrafi precedenti.

Secondo la celebre teoria della Long Tail di Chris Anderson67, previsioni a lungo termine vedrebbero la musica di

67 La teoria della Long Tail o della Coda lunga, fu pubblicata per la prima volta nel 2004 su Wired. L'articolo, che alimentò numerosi dibattiti e che negli anni successivi diventò da stimolo per l'applicazione di nuove strategie di marketing, iniziava così:

“Forget squeezing millions from a few megahits at the top of the charts. The future of entertainment is in

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nicchia destinata a superare il settore del mainstream, quello dei cosiddetti blockbusters, che realizzerebbero grandi volumi di vendita solo nel breve termine, prima di essere definitivamente sommersi. Perché ciò avvenga è però necessario far leva su canali di distribuzione ampi e sviluppati, di cui Internet e i suoi social-network sono appunto la perfetta sintesi. La capillarità delle reti distributive, unita all'ampiezza dell'offerta determinano congiuntamente un fenomeno di parcellizzazione del mercato, dove tutti hanno uguali possibilità di vendere e farsi conoscere, anche se davanti a una platea ridotta di grandi appassionati. L'effetto della coda lunga è garantito e amplificato dal meccanismo di funzionamento dei social network.

Qualsiasi persona che si dedicasse all'ascolto di un successo del momento e che volesse scoprire musica simile a quella della sua hit potrebbe, attraverso last.fm - come con qualsiasi altro portale che utilizzi il meccanismo del taste sharing, attraverso tag68 - facilmente venire a conoscenza di un artista non famoso. Ciò lo porterebbe ad approfondire la sua conoscenza di artisti emergenti, a trovare musicisti ormai dimenticati o, ancora, a scoprire band mai menzionate in nessuna “storia della musica”. In una parola, all'interno di questi portali si costruisce un gusto personale e lo si condivide con la comunità degli utenti. Questa facilità di accesso ad

the millions of niche markets at the shallow end of the bitstream.”http://www.wired.com/wired/archive/12.10/tail.html

68 Le tag sono le etichette, gli attributi con cui viene segnata la musica ascoltata. Su last.fm è possibile ascoltare diverse radio che contengono musica divisa per tag. In questo modo è possibile ascoltare artisti famosi così come emergenti purché accomunati dallo stesso genere musicale.

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archivi infiniti di musica giustificherebbe secondo Anderson l'esistenza di migliaia comunità di fan attorno ad artisti di qualsiasi genere, magari mai emersi nel mercato del mainstream, che però sono riusciti a raccogliere nel lungo periodo, grazie al canale di Internet, pubblici affezionati.

“...The front screen of Rhapsody features Britney Spears, unsurprisingly. Next to the listings of her work is a box of "similar artists." Among them is Pink. If you click on that and are pleased with what you hear, you may do the same for Pink's similar artists, which include No Doubt. And on No Doubt's page, the list includes a few "followers" and "influencers," the last of which includes the Selecter, a 1980s ska band from Coventry, England. In three clicks, Rhapsody may have enticed a Britney Spears fan to try an album that can hardly be found in a record store.

Rhapsody does this with a combination of human editors and genre guides. But Netflix, where 60 percent of rentals come from recommendations, and Amazon do this with collaborative filtering, which uses the browsing and purchasing patterns of users to guide those who follow them ("Customers who bought this also bought ..."). In each, the aim is the same: Use recommendations to drive demand down the Long Tail.

This is the difference between push and pull, between broadcast and personalized taste. Long Tail business can treat consumers as individuals, offering mass customization as an alternative to mass-market fare.69”

Chris Anderson

69 Tratto dall'articolo pubblicato su Wired nell'ottobre 2004:

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L'ampiezza, la capillarità, la capienza pressoché infinita della rete internet, nonché la snellezza con cui si ha accesso a una molteplicità di ascolti consente una tale personalizzazione dei contenuti musicali.

http://www.wired.com/wired/archive/12.10/tail.html?pg=5&topic=tail&topic_set=

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Illustration 5: The long tail

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Il mercato sarebbe sempre più destinato alla parcellizzazione e in tale configurazione le etichette indipendenti sarebbero ben più avvantaggiate rispetto alle majors nelle previsioni sul futuro del mercato fonografico. L'industria di massa è in crisi e il futuro sarebbe nelle mani dei piccoli produttori.

2.2.3.a. Indies. Da ieri a domani

Le etichette indipendenti sono vecchie come la storia della musica pop, basti pensare che sia Billie Holiday che Elvis Presley firmarono i loro primi contratti con etichette indipendenti. Spesso però si usa rintracciare il periodo di fioritura di una cultura indipendente a cavallo tra gli anni '70 e '80, con l'esplosione del fenomeno do-it-yourself della cultura punk. Lo scopo di esprimersi liberamente senza voler sottostare alle influenze delle majors e a ciò che rappresentano, costituiva per molte labels una vera e propria filosofia di produzione, che in molti casi ha portato queste ultime a crescere e a sviluppare attorno a sé delle prosperose scene alternative e underground.

Oggi di quel fenomeno che fu la rivoluzione culturale del punk non si parla più così spesso, le etichette indipendenti sono cresciute in numero e quantità, abbandonando in parte quella concezione di auto-produzione nata quasi trent'anni fa,

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la quale però non è andata perduta e si è spostata verso altri lidi70. Come abbiamo detto in precedenza, le nuove tecnologie e la rivoluzione digitale hanno infatti consentito il proliferare di nuove culture di produzione, come quelle delle netlabels, un oggetto che purtroppo è ancora sottovalutato nella nostra penisola.

Le prime forme di netlabel sono nate quando Internet cominciava a diffondersi, nei primi anni '9071, e ancora non esisteva il formato standard mp3. La cultura di riferimento era quella della musica elettronica e della techno in particolare, che i primi produttori scambiavano fra loro in maniera gratuita attraverso le prime reti BBS. L'idea era quella di scavalcare gli step che le etichette tradizionali, indipendenti e non, interponevano tra artisti e il loro pubblico.

Dalla produzione alla distribuzione, le netlabels consentivano agli artisti di far conoscere la propria musica immediatamente a tutti coloro che si collegavano in rete. La musica di queste etichette doveva essere libera e gratuitamente distribuita e gli album dovevano potersi scaricare insieme alle copertine in formato jpeg, in modo che ognuno potesse stamparsi la propria copia in casa. Questo spiega perché molto

70 Ecco ad esempio un sito che si propone come piattaforma internet per le auto-produzioni: http://www.produzionidalbasso.com/index.php .

71 Una delle prime netlabels fu la Kosmic Free Music Foundation, attiva sin dal 1990 con al seguito un gruppo di artisti provenienti per l'appunto, da tutto il mondo: http://en.wikipedia.org/wiki/Kosmic_Free_Music_Foundation Il primo caso italiano fu invece la torinese Illogik, nata nel 1999 a Torino: http://www.illogik.com/ .

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Scenari del settore fonografico

spesso le licenze con cui oggi sono rilasciati i loro brani siano Creative Commons.

Le netlabels hanno avuto modo di diffondersi nella rete, attraverso il formato mp3 e al download. Oggi a essere prodotti sono non più solamente artisti di musica elettronica. Anche se il fulcro di questa cultura di produzione continuano a essere gli artisti che operano nel campo della techno, dell'house o minimal, la fonografia tradizionale si è andata inevitabilmente congiungendo con queste realtà, in seguito alla naturale evoluzione dei supporti e alla crisi della discografia ufficiale.

Oggi si pensa che il panorama netaudio si aggiri attorno al migliaio di etichette, un numero molto alto, che raccoglie

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attorno a sé grandi numeri di appassionati ascoltatori e produttori72.

In una situazione come quella attuale, dove l'eccesso di musica distribuita comporta paradossalmente un gap conoscitivo sull'intero panorama musicale esistente, l'auto-produzione e l'autonoma distribuzione in internet in sé potrebbe non essere sufficiente a un artista per raggiungere il proprio pubblico.

“Se da un lato è vero che la netlabel music merita molta pazienza e molta attenzione per essere apprezzata fino in fondo e per scremare la merda dalle perle, dall’altro è davvero inumano pensare di poter avere il tempo per prestare la dovuta attenzione a tutto il materiale audio disponibile. Uno dovrebbe fare solo quello nella vita per qualche anno e forse neanche ci riuscirebbe, visto che nascono netlabels in continuazione, rendendo necessario un lavoro di ricerca, download e ascolto continuo nel tempo. Io stesso, pur dedicandoci parecchie ore da svariati anni, ancora posseggo solo il 40% circa di tutta la musica netaudio disponibile per il download (in particolare, ho l’intero catalogo di circa 240 netlabel su più di 600 che dicono ci siano in Rete.. 600 netlabels!!). Fortunatamente, quello che rende coerente l’intera scena è la distribuzione degli ep e degli album in cataloghi, ovvero in monoblocchi compatti e univoci, che rende più facile il tutto. Se ogni release fosse distribuita a sè stante, su un sito

72 Ovviamente la musica diffusa dalle letlabel non è confinata allo spazio del web. In Europa si organizzano importanti contest di netaudio, tutti ispirati a una filosofia della libera condivisione e diffusione della musica.

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personale etc, piuttosto che in un catalogo.. beh ragazzi, penso non starei neanche qui a parlarne ma avrei abbandonato “l’impresa” da un pezzo73”.

Sono diverse anche le persone che sostengono come la presenza di mediatori come canali webradio, blog, etichette indipendenti, sia preminente quanto mai prima d'ora.

Nonostante la loro ampissima quantità e diffusione, spesso le labels indipendenti costituiscono il “marchio di qualità dell'artista”, rappresentano per gli ascoltatori una scena musicale, una scelta di campo nel settore discografico, o una identità che porta con sé la fidelizzazione e spesso un legame a lungo termine con il pubblico. Grazie al loro lavoro, soprattutto, si impedisce all'artista che propone la sua musica, di disperdersi nel mare magnum del web.

“Basically, creating a net label is a new form of qualifying the music [...] There are so much talented persons and creative musicians worldwide these days that the standard music industry can’t handle all of them, so part of them always supposed to be freely released. [...] It’s just an example of the new musical culture, it shows how the “worldwide brain” grows via Internet [...]” (Arturs Pavlovskis and Mr. Prolix, founders of the based out of Riga, LaTVia netlabel INQB8R)”74

Il futuro della musica digitale, per gli artisti emergenti potrebbe trovarsi nelle netlabels dove la musica prodotta

73 http://eldino.wordpress.com/2008/02/ 74 Ibidem.

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potrebbe trovare un modo per essere qualificata. Oltretutto la discografia ufficiale non è abbastanza capiente per raccogliere tutto ciò che in Internet trova spazio attraverso il netaudio.

“L'industria musicale tradizionale non è in grado di gestire tutti questi possibili nuovi talenti, di conseguenza una parte di questi pubblica le proprie produzioni discografiche in formato digitale e gratuito: questa è realtà.”

Eniac75

Ma soprattutto nel web le piccole indies troverebbero un modo per superare il problema dei costi, che i canali tradizionali richiedono in misura ingente. Tali costi sono di fatto insostenibili per un etichetta minore, per la quale i canali di accesso alle reti distributive e a quelle promozionali sono inevitabilmente vincolati da accordi con le case discografiche maggiori, che ne posseggono il controllo.

Affacciarsi alle potenzialità della rete comporta quindi per molte indipendenti un consistente abbattimento dei costi, ma rappresenta anche il rischio della dispersione. Le neltlabels devono quindi concentrare il proprio lavoro sulla selezione degli artisti prodotti.

“ Le netlabels sono un po’ come dei djs: effettuano una “selection”, e spetta a noi ascoltatori premiare quelli di loro che immettono e trasmettono cultura con il proprio lavoro, e declassare chi invece non ha ben chiaro, per ignoranza o per

75 http://www.nettare.org/content/accenni-%E2%80%9Cstorici %E2%80%9D-sul-fenomeno-netlabel-e-considerazioni-sul-tema .

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abitudine, che selezionare un qualcosa significa apporre un filtro sul bacino di provenienza, significa incanalare il contenuto di un grande lago vulcanico in un canale stretto e rigido, e non semplicemente trasbordarlo in un altrettanto grande bacino. Pubblicare musica su una netlabel, da parte del gestore, deve sempre di più far rima con “scelta”, ovvero saper dire di no agli artisti poco talentuosi, che comunque, nell’era del Web 2.0 e di Rapidshare & similia, non avranno problemi, SE PROPRIO CI TENGONO, a trovare un posto virtuale su cui spiattellare le loro “unreleased tracks” da linkare successivamente sul proprio blog, for fans or masochists only.76”

eldino

Ci sembra che le spese risparmiate lavorando su una piattaforma web debbano a ragione essere investite in progetti di promozione sui canali informativi tradizionali, come riviste o radio specializzate – anche sul web – che svolgono il ruolo sempre più necessario di selezione e indirizzamento ragionato all'ascolto. Uscire “fuori dalla rete” è uno dei passi necessari che una netlabel deve compiere con i suoi artisti perché si affermino, ma è anche uno degli ostacoli maggiori che si trova a dover affrontare.

Di questa problematica, e dell'approccio dei produttori discografici ai nuovo scenari del settore fonografico si parlerà più diffusamente nel prossimo capitolo.

76 http://eldino.wordpress.com/2008/02/17/it-eldino-citato-nella-puntata- 18-della-trasmissione-radiofonica-walkman/

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Capitolo 3

Dagli esperti alle labels, le politiche dei produttori.

Finora abbiamo offerto una panoramica almeno in parte rappresentativa di alcune delle più discusse ipotesi sul futuro della musica registrata. Abbiamo visto come il protagonista assoluto di tutte le previsioni, siano esse a medio o a lungo termine, sia Internet e la musica in formato digitale.

Mentre scriviamo questo capitolo, nella rete si discute su questioni che in questo lavoro non hanno avuto modo di essere adeguatamente trattate. Le conseguenze che comporterà la diffusione dei brani musicali su supporti trasportabili come i telefoni cellulari di ultima generazione – gli I-Phone – e l'influenza che un'innovazione tecnologica di tale portata sia destinata a portare per l'intero mercato musicale; la diffusione di nuove licenze per la tutela del diritto d'autore sui brani che verranno diffusi in streaming; il dilagante fenomeno dei videoclip su youtube e il loro modo di influenzare le abitudini degli ascoltatori. Lo shift, lo spostamento che si sta realizzando nelle modalità di ascolto della musica, si ripercuote necessariamente nei modelli business che le labels sono orientate a seguire.

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Abbiamo scattato tre fotografie cercando di non lasciare inespresse le previsioni che in maniera più preminente sono diventate argomento dei blog.

Il lavoro prosegue in questo terzo capitolo con due interviste fatte a due esponenti del settore della musica indipendente italiana. Fabrizio Brocchieri e Fabio Battistetti.

Fabrizio Brocchieri, in arte Cinico, è il responsabile dell'etichetta discografica Cinico Disincanto, che nel 2008 è assurta agli onori della cronaca per aver vinto il premio di migliore etichetta indipendente italiana al MEI di Faenza. Appartiene al comitato direttivo di Audiocoop, associazione di produttori e discografici indipendenti italiani, è Tour Manager e ha esperienze sia nel mondo radiofonico che televisivo.

Fabio Battistetti è stato intervistato sotto la duplice veste di rappresentante di Nettare, la prima, giovanissima, community di netlabels italiana e come responsabile a sua volta della netlabel di musica elettronica Chew-Z. È musicista, conduttore di un programma radiofonico, 77 gestisce una sua webzine78 e collabora con riviste di arte e musica.

77Walkman, programma che si occupa di musica elettronica e di netabel.È trasmesso dalle frequenze di radio Flash, 97.6 Mhz in fm a

Torino e provincia, in streaming al link http://www.radioflash.to/ e in podcast al link http://walkman-podcast.blogspot.com .78 www.laminifanzine.it .

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3.1. La cultura di produzione nella scelta degli intervistati.

La scelta di concludere il nostro lavoro con delle interviste a due esponenti della musica indipendente italiana ha il preciso scopo di verificare se le prospettive da noi visionate in internet e concentrate all'interno dei nostri tre scatti siano o meno lontane dall'effettivo modo di fare musica in Italia.

Se esiste una sperequazione tra le nuove abitudini di consumo, le nuove tecnologie introdotte nel mercato e i modelli di business seguiti dalle etichette indipendenti, è di nostro interesse sapere con quali mezzi sia necessario misurarla, quali presupposti comportino per le labels l'utilizzo di determinati modelli di produzione piuttosto che altri.

Le scelte che stanno dietro le strategie di marketing e dietro la gestione degli artisti, spesso derivano da una precisa cultura di produzione posseduta dall'etichetta, da un'idea del proprio ruolo operativo all'interno del mercato. E questa stessa cultura è influenzata da diversi fattori, politici, geografici, tecnologici. Il contesto e le dinamiche ambientali esercitano un'influenza sulle modalità di produzione della musica popolare79. Così il panorama della musica indipendente italiana ha tutte le sue particolarità rispetto alle realtà d'oltralpe. A loro volta, le etichette esercitano la loro influenza sulla musica che distribuiscono. Gli artisti ne sono condizionati nella misura in

79 Negus K. (1992) Producing pop , Hodder Arnold, New York.

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cui la cultura della label entra a far parte del processo di produzione e promozione dei loro album. L'aspetto interessante della nostra ricerca sta quindi nel tentativo di fare emergere, attraverso le posizioni prese dai producers riguardo le prospettive del mercato musicale, le idee e le convinzioni che influenzano le loro decisioni nel team con cui operano.

La scelta dei nostri intervistati è da ritenersi casuale solo in parte, perché ognuno dei due produttori con cui abbiamo parlato riveste un ruolo significativo nel panorama della musica indipendente italiana.

Abbiamo già accennato a come il settore delle indies sia caratterizzato da tante e tali differenze al suo interno, che non sia possibile in alcun modo parlarne con termini generalizzanti.

Anche per questo motivo, lo scopo prefissato è quello di discutere con due etichette che si distinguono per una molteplicità di aspetti e che quindi rappresentano voci diverse del panorama musicale nazionale.

I fattori che fanno del mondo di Nettare e della Cinico Disincanto due realtà molto diverse risiedono in primis nel modo di operare.

Cinico Disincanto funziona come un'azienda discografica tradizionale, suddivisa in dipartimenti gestiti da professionisti del settore. Cura l'artista dal momento della registrazione dell'album a quello della promozione, fino alla durata del contratto (pp 26 – 3080).

Gli artisti che pubblicano i propri lavori per CD81 sono seguiti da una label che gestisce per loro tutte le fasi della

80 Paragrafo dal titolo: Filiera tradizionale e sintomi di cambiamento81 Da questo momento da leggersi come Cinico Disincanto.

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filiera produttiva e distributiva del prodotto musicale. L'etichetta produce dischi ma partecipa anche a festival, manifesta la sua presenza nel territorio, costruisce e diffonde la propria immagine attraverso una molteplicità di canali, più o meno tradizionali. L'attività di una casa discografica che lavora in questo modo è spesso vincolata dagli alti costi che le varie fasi della filiera comportano. I margini di guadagno, che per una piccola indipendente sono pressoché nulli, unitamente allo stato di sudditanza verso le major, soprattutto per le risorse distributive, ostacolano la crescita delle piccole aziende, le quali continuano ad andare avanti spesso spinte solamente dalla passione.

Per Nettare e Chew-Z i parametri descrittivi da utilizzare sono nettamente divergenti da quelli appena citati.

Se Simon Frith, sociologo della musica, individua il carattere distintivo della musica popular nel suo attributo commerciale: “Il contrasto tra musica-come-espressione e musica-come-merce definisce l’esperienza della musica pop del ventesimo secolo82”, in una netlabel i meccanismi di produzione e consumo tipici della musica popular83 sono più evanescenti. La caratteristica della gratuità della musica da essa diffusa potrebbe rendere l'utilizzo di tali parole, produzione e consumo, non più così facile o scontato.

La formula originaria della netlabel, quella figlia della musica elettronica, nacque con l'obiettivo di liberare la musica 82 Simon Frith, (1987), Art into Pop, Taylor & Francis83 Sul significato dell'attributo popular musicologi e sociologi della musica

hanno portato avanti numerosi dibattiti. Per una spiegazione più chiara rimandiamo alla trattazione di Middleton, Studiare la popular music, Feltrinelli 2007.

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dal suo attributo di merce e di cominciare a pensare la stessa al di là dei cardini tradizionali della produzione e del consumo. Sui canali web il processo di produzione aveva modo di essere sostituito dalla libera espressione dell'artista, il consumo si poteva effettivamente tradurre in ascolto aperto e condiviso.

Espressione e ascolto sono processi istantanei nel netaudio, in quanto, non appena i brani vengono caricati sulla piattaforma utilizzata dall'etichetta, possono essere subito ascoltati e commentati dall'utente che si collega sul sito. Una tale versione semplice, immediata e dialogante dell'ascolto musicale è possibile soltanto in una dimensione connessa come quella che si realizza in rete.

La riproposizione di tali dinamiche nella sfera delle etichette discografiche tradizionali è stata fino a qualche anno fa impensabile. Solo da poco tempo è possibile ascoltare anteprime in streaming dei brani dalle pagine web di alcune etichette discografiche.

Questa caratteristica, che è propria delle netlabels, si pone in stretta correlazione con i cambiamenti che stanno interessando la musica su formato digitale. Per questa particolare sensibilità al mondo della rete e alle modalità di ascolto della musica si internet, quindi non solo per il particolare contesto culturale in cui esse si sono sviluppate, pensiamo che interrogare l'esponente di una netlabel – ancor più se curatore della prima community italiana – possa dare il giusto contributo alla nostra indagine.

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3.2. Cinico Disincanto

Il futuro c'è.Per una sola ragione.

Che la musica non si ferma.(Cinico)

Fabrizio Brocchieri è il label manager di Cinico Disincanto, etichetta discografica romana, nata nel 2000 e con una solida esperienza alle spalle. Dal 2000 Cinico Disincanto ha portato avanti diversi progetti, partecipato a manifestazioni nazionali e vinto, nel novembre 2008, il premio per migliore etichetta indipendente italiana al MEI di Faenza.

Il lavoro che Fabrizio Brocchieri, in arte Cinico, conduce con il suo team è strutturato in maniera perlopiù tradizionale. Dal Talent scouting alla produzione e promozione degli artisti attraverso ufficio stampa, dal mastering alla distribuzione dei supporti, il lavoro dell'etichetta si muove sulle linee di una filiera che l'industria discografica segue da anni, portando avanti anche progetti alternativi, sia nell'organizzazione di eventi che con iniziative sul web.

Il riferimento è a CinicoDemoZone84 un blog che da spazio alle band emergenti delle quali si pubblicano i demo, e a musica da rottAmare, l'idea del baratto musicale nata nel giugno 2008, per spingere chi fosse in possesso di cd “in disuso” a rottamarli in cambio di album dell'etichetta.

84 http://www.demozone.it/ .

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Nonostante il lavoro di questa label sia cominciato quasi dieci anni fa – portando quella che era una piccola realtà a crescere per fama ed importanza non solo nel panorama regionale del Lazio ma anche in quello nazionale – il suo label manager considera lo stato delle cose ancora in una fase di sturt-up.

I cambiamenti che stanno interessando la struttura del mercato, costringono l'intera organizzazione dell'azienda discografica ad adattarsi all'attuale congiuntura con idee nuove, pur mantenendo il classico approccio alla produzione musicale.

Le problematiche analizzate nel secondo capitolo e riproposte nel corso della nostra intervista a Fabrizio Brocchieri – tenutasi presso lo studio di Cinico Disincanto a

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Illustration 6: logo di Cinico Disincanto

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Roma – si sono rivelate in una veste per certi versi molto diversa da come sono state da noi trattate.

L'approccio al problema del formato digitale, della distribuzione della musica nel web, assume, attraverso le parole di una label come CD, delle caratteristiche del tutto particolari, pone problemi, crea divergenze e attriti con l'assetto che si è configurato. Tali problematiche sono connesse a un approccio che ritiene importante proteggere la figura del musicista quale essa era prima del digitale e della banda larga85.

Una figura che può pensare di vivere, in stretto rapporto con la sua casa discografica, esclusivamente della sua arte; e questo sia grazie alle vendite dei dischi, sia grazie ai proventi derivati dal diritto d'autore. Una figura che trova nella musica la sua unica fonte di reddito. Ma il crollo delle vendite dei cd e il dilagare dello sharing sul web hanno messo in crisi tale concezione, mettendo in atto una serie di problemi per chi, come Brocchieri e la sua label, vorrebbe recuperarla e difenderla.

Le considerazioni fatte da Fabrizio Brocchieri ci portano a supporre che, come Cinico Disincanto, tutta una fetta del panorama indipendente italiano stia incontrando non poche difficoltà a trovare l'approccio giusto, più efficace nell'affrontare le trasformazioni che hanno interessato la musica in quest'ultimo decennio.

Ciò nonostante abbiamo avuto la sensazione – dimostrata anche dai riconoscimenti ottenuti, dal numero di produzioni e di progetti portati avanti nell'ultimo anno – di trovarci davanti a un'etichetta in crescita.

85 Vedi introduzione.

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Consapevole di operare in un mercato, come quello italiano, dove esistono molte possibilità non colte dalle etichette indipendenti, e in grado di realizzare progetti attraverso sinergie con etichette discografiche ed enti operanti in tutto il territorio nazionale, Brocchieri ritiene che nonostante le difficoltà, ci siano dei forti margini per la crescita della sua label.

Oltre a essere produttore discografico di CD, Fabrizio Brocchieri fa anche parte del comitato direttivo di Audiocoop, l'associazione di categoria delle etichette indipendenti. Le linee operative seguite dalla sua etichetta derivano quindi anche da una conoscenza dei meccanismi e delle problematiche che caratterizzano l'industria musicale italiana.

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Illustration 7: dalla pagina myspace di Chiazzetta il punkautore, prodotto da CD

www.myspace.com/chiazzettaelasuaband

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Il leitmotiv della filosofia di Cinico Disincanto si fonda sull'idea che per crescere sia necessario far leva sulle sinergie tra case discografiche – indipendenti e non – su accordi con le istituzioni e con le agenzie di collecting, sui contatti con tutti i mezzi di comunicazione. È un idea che vede nella collaborazione fra tutti i soggetti attivi nel settore della musica la risoluzione dei problemi ad essa connessi, dalla lotta alla pirateria al rapporto con le majors, alla figura dell'artista.

3.3. Nettare e Chew-z

Mi piace pensare alla musica come ad un cibo per la mente, e questo dovrebbe essere di prima scelta.

(Eniac)

Fabio Battistetti, in arte Eniac, è responsabile di vari progetti nell'ambito della musica elettronica. È musicista e gestisce, insieme a Daniele Pagliero, la netlabel Chew-Z86. Come abbiamo anticipato, svolge anche le attività di dj radiofonico per Radio Flash con la sua trasmissione Walkman, di giornalista nella sua webzine La Mini e nelle collaborazioni con alcuni magazines, in particolare Exibart, Zero11 e Rumore.

È uno degli ideatori del progetto Nettare87, la prima community di netlabels in Italia. La piattaforma, ovviamente online, è nata solo pochi mesi fa. Appena a dicembre è stata

86 Label nata nel 2006 e attiva nel mondo dell'elettronica sperimentale. http://www.chewz.net/87 www.nettare.org .

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pubblicata la prima release88, una compilation di 20 brani, uno per ognuna delle 20 netlabels afferenti alla community.

Nell'ultima parte del secondo capitolo si rifletteva riguardo a come il panorama delle netlabel stia recentemente suscitando l'interesse della discografia tradizionale. La praticità, i costi di distribuzione e gestione, praticamente nulli, il legame diretto con la rete degli ascoltatori, le potenzialità di diffusione dei progetti attraverso la rete e, non ultima, la crisi della discografia stanno incentivando lo spostamento di molte realtà indipendenti sul web.

Il fenomeno del Netaudio è nato con un approccio critico al sistema della discografia tradizionale e, come già detto, le sue origini risiedono nell'etica del do-it-yourself. Oggi le forme di produzione del netaudio si ibridano anche con l'influenza della discografia tradizionale che si è affacciata a questo mondo. Inoltre, se alla nascita delle etichette sul web il sistema del social networking esisteva ancora allo stato embrionale, oggi con le potenzialità offerte da questa realtà si cerca di stabilire nuovi modelli di azione cooperativa tra varie etichette musicali online.

La caratteristica innovativa di Nettare risiede nel tentativo di ovviare al problema della dispersione della musica prodotta sul web, costituendosi come aggregatore di netlabels

88 La musica prodotta da una netlabel, quando viene distribuita si chiama release, letteralmente rilascio, resa disponibile. I brani vengono caricati sul sito e da esso e resi direttamente disponibili in streaming o per il download. Per l'ampio numero di release e di etichette esistenti si fa ampio utilizzo del sistema dei feed-rss attraverso i quali è possibile seguire con costanza tutto ciò che viene pubblicato per ogni netlabel.

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che provengono da tutta la penisola, oltre che come punto di riferimento per ascoltatori e interessati.

Come dice Fabio Battistetti, il primo obiettivo che si pone questo network è quello di “divenire uno strumento di supporto e cooperazione per le Netlabel italiane in modo da evolvere il Netaudio da fenomeno della “Rete” a realtà concreta per la produzione e distribuzione musicale”. La necessità di tradurre la produzione musicale sul web “in realtà, analogica” concreta diventa un fattore di primaria importanza per portare il fenomeno delle etichette nate sul web nel mondo

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Illustration 8: logo di nettare: www.nettare.org

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della fonografia “ufficiale”. È un riconoscimento che ancora manca alle netlabels, non tanto perché la musica da esse distribuita manchi di qualità, quanto per la loro numerosità e insieme difficoltà a raggiungere i canali di comunicazione ufficiali.

Non a caso il secondo obiettivo di questo progetto si sviluppa come necessità divulgativa, perché, leggiamo sempre dalle parole di Battistetti, “è giunto il tempo che gli ascoltatori intendano che scaricare musica da Internet non significa soltanto file-sharing, Peer To Peer ed “illegalità”, perché le Netlabel distribuiscono produzioni musicali in download gratuito con licenza Creative Commons e con una certa qualità sonora”. Affermare l'idea che la musica rilasciata in releases gratuite in formato digitale sia musica di qualità da ricercare e scaricare – liberamente – è uno degli scogli che questo progetto intende superare, in qualità di “organo informativo del network”.

La nostra intervista a Fabio Battistetti è avvenuta via mail, come a confermare l'ambiente più familiare in cui si trova a lavorare un professionista del netaudio.

Dalle sue valutazioni è emerso un profondo interesse per le implicazioni che il mutato scenario della discografia porterà nel mondo delle etichette e in particolare a quelle sul web. Una sensibilità che traspare anche dalle riflessioni pubblicate sul sito di Nettare e portate avanti nella sua trasmissione radiofonica a scopo divulgativo, Walkman.

Le parole di Battistetti ci portano anche a riflettere su come la volontà di intervenire su più fronti da parte delle

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netlabel al fine di diffondere la musica rilasciata con copyleft89,

anche attraverso i canali fisici tradizionali, a una più vasta platea di ascoltatori sia ferma, ma pur sempre nettamente divergente dal mondo della discografia tradizionale, gestito dalle major.

I modelli di business verso cui l'industria si sta dirigendo suscitano l'interesse di queste realtà “in formato digitale”, spingendole a pensare per il futuro a una più intensa collaborazione col mondo delle indies tradizionali, con cui si vivono problematiche simili. Ma allo stesso tempo esiste una netta linea di demarcazione tra esse e il mondo delle multinazionali della musica.

89 Copyleft, è un'espressione nata in contrapposizione a quella di copyright. Letteralmente significherebbe “diritto (esclusivo, di copia) abbandonato” e si riferisce a un insieme di licenze, non legalamente riconosciute, che consentono la libera riproduzione, e talvolta anche la modifica, della propria opera, purché venga mantenuta l'attribuzione della paternità dell'opera stessa. Tali tipo di licenze sono nate nel mondo del software libero con GNU GPL ma sono diventate famose col fenomeno Creative Commons, l'organizzazione che si occupa di rilasciare licenze per la distribuzione libera di opere creative, dai libri alle immagini, ai filmati e quindi, alla musica. Per una bibliografia sull'argomento è possibile scaricare dal sito http://www.copyleft-italia.it/ i libri di Simone Aliprandi, Creative Commons: manuale operativo (2008) e Capire il Copyright (2002), editi anche in versione cartacea il primo per Stampa Alternativa, il secondo per Prima Ora.

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La parola ai produttori

Di seguito ripercorreremo le fasi affrontate nel capitolo precedente con le nostre tre fotografie, riportando il pensiero di Fabrizio Brocchieri e di Fabio Battistetti in proposito.90

3.4. Prima fotografia. No more labels

Le case discografiche che continueranno a lavorare alla maniera tradizionale, senza prendere in considerazione e, di conseguenza, sfruttare le trasformazioni operate dal digitale, saranno seriamente messe in crisi e probabilmente costrette a scomparire. L'ipotesi secondo la quale la crisi del mercato del disco metterà a repentaglio l'esistenza di coloro che non vorranno adattarsi è di fatto confermata per entrambi da concreti dati di fatto, ma, nonostante questo, sia per Brocchieri che per Battistetti, ciò non determinerà la morte delle etichette musicali.

Per entrambi è ben più probabile che le labels siano portate a rivedere la propria struttura, anche in maniera drastica, piuttosto che essere destinate a sparire del tutto. Esistono alcune funzioni che solo le etichette discografiche, attraverso le loro figure specializzate, sarebbero in grado di svolgere:

90 Per comodità useremo delle abbreviazioni per indicare a chi si riferiscono le parole citate: CD di Cinico Disincanto per Fabrizio Brocchieri, N di Nettare per Fabio Battistetti, -s- per l'autrice.

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CD: - Io non penso che siamo destinati a sparire [...]. Credo che le etichette tradizionali siano destinate a trasformarsi, multinazionali e indipendenti. E in parte noi lo stiamo già facendo perché, come ti dicevo, siamo, parallelamente alla nostra attività, anche fornitori di una serie di servizi che vanno dalla distribuzione al booking, dal management alla promozione. E li forniamo a pagamento agli artisti che decidono di rivolgersi a noi per questi servizi qui, ma che desiderano non entrare nel nostro catalogo. Però attenzione, perché ci sono degli aspetti del lavoro che sono ignorati dagli artisti stessi che nessun internet, nessuna auto-produzione ti potranno mai sostituire.

N: - È un dato di fatto che debbono mutare (le etichette discografiche, nda), molte lo hanno già fatto, ma credo non ci sia ancora una coscienza comune al riguardo. E’ un passo necessario e che gioverà anche alle etichette, ma credo ci voglia ancora un po’ di tempo: molte labels chiuderanno, altre si trasformeranno ma soprattutto nasceranno nuove identità.[...]Io credo che ci deve essere qualcuno, qualcosa in grado dirigere a livello qualitativo “la marea di musica” che Internet ha portato negli ultimi 10 anni; delineo questa figura in colui che sceglie di produrre un disco, sia all’interno del contesto di un’etichetta tradizionale che in una netlabel o in un ipotetico blog.

Etichette tradizionali e netlabel operano in contesti distanti fra loro e lavorano utilizzando strategie operative in

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parte differenti. Entrambi i nostri intervistati delineano un futuro con delle figure specializzate il cui compiti rimarranno inevitabilmente centrali nella gestione dell'opera musicale. A rimanere centrale e forse ad essere ulteriormente rafforzata sarà la linea editoriale dell'etichetta:

CD: - Il lavoro editoriale è quello che porta il label manager di un etichetta a gestire le edizioni di un artista e a gestirle in maniera tale che io provo a metterti nella colonna sonora di un film provo a metterti nella colonna sonora di uno spot provo a farti fare passaggi TV. Non possiamo pensare che tutti facciano tutto dal soli, è impensabile.[...]

Il mondo mainstream fine a se stesso secondo me non ha un grandissimo futuro, ma non potrà essere soppiantato interamente dalle auto-produzioni che si diffondono utilizzando il web. Ci deve essere una via di mezzo che va trovata perché comunque sia poi, nella maggior parte dei casi il gruppo che affronta il mondo da solo non ha l'esperienza per poterlo fare e quindi magari fa degli errori, spreca energie, spreca risorse, quando potrebbe invece magari guidato, ottimizzarle. Insomma riconosciamo a ognuno il proprio ruolo: c'è chi sa scrivere delle canzoni e c'è chi sa promuoverle, chi sa produrle.

Lasciare che la musica prodotta navighi in un un oceano indefinito di auto-produzioni, prive di alcuna direzione e qualificazione è impossibile per entrambi gli intervistati. Dal punto di vista di Brocchieri è fondamentale garantire la visibilità dell'artista sui canali tradizionali. Secondo Battistetti

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il lavoro editoriale di un produttore servirebbe sia per selezionare i lavori di qualità, sia per dare ad essi il giusto valore, indirizzandoli attraverso i canali di comunicazione accessibili agli ascoltatori:

N: - Individuo nelle etichette discografiche una figura che resterà centrale, quella del direttore artistico [...] Per la mia esperienza, ritengo sia una figura cardine, oggi e domani, nel definire una linea editoriale che abbia come principio la qualità musicale, perché è questa che alla fin fine paga, soprattutto nell’ottica delle etichette discografiche che avranno mantenuto questo status perché hanno definito un proprio stile, delle caratteristiche ben determinate che l’ascoltatore riconoscerà facilmente quando andrà a scegliere i dischi. Una figura del genere deve stare al passo dei tempi e dovrà assumere una mentalità che punta non solo alla musica in senso stretto, ma che si confronta con i nuovi media e le altre forme artistiche.

Per questo è forse da ipotizzarsi una parcellizzazione del lavoro delle etichette, con un rafforzamento di alcune aree del lavoro discografico piuttosto che altre, ma non una fine toutcourt. Già da oggi Cinico Disincanto lavora anche solamente come società di servizi a pagamento, che fornisce singolarmente agli artisti, abbandonando così diverse fasi della filiera tradizionale. E le etichette tradizionali sono anche costrette a rivedere i loro rapporti con gli artisti dal punto di vista legale:

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CD: - Oggi le cose sono un po' cambiate, un po' per esigenza economica di sopravvivenza e un po' perché gli stessi gruppi stanno percorrendo strade diverse. Sempre più spesso noi ci ritroviamo ad avere artisti che vengono da noi con il materiale già finito.

Sono pochi i casi in cui arrivano delle band che ci fanno ascoltare delle cose chitarra e voce con le quali c'è da costruire un progetto. Molte volte arrivano con le idee già chiare con un prodotto già finito. E a quel punto noi diventiamo più fornitori di servizi. Sicuramente c'è un lavoro di scouting che sta alla base di tutto, perché c'è un lavoro di valutazione artistica su un progetto, che ci mette nella condizione di decidere se si tratta di un progetto valido, su cui investire o meno. E poi però saltiamo tutta la fase produttiva prendiamo il master e quindi riprendiamo il percorso dal mastering in poi, stampa del disco e spesso arrivano anche con la grafica già fatta.[...] Non ti nascondo che noi stiamo rivedendo i nostri contratti anche proprio in funzione della scena cambiata e del contesto in cui ci muoviamo cambiato.

Fabrizio Brocchieri ha dimostrato con chiarezza l'esperienza diretta che Cinico Disincanto sta vivendo. La volontà non solo di sopravvivere, ma di crescere e portare avanti il proprio progetto, sta portando l'etichetta a rivedere il suo ruolo, a riposizionare la sua struttura rendendo più elastici i compiti della filiera in ciascuna delle sue fasi. Per una etichetta che produce musica in modo tradizionale la misura del cambiamento è sentita in maniera ben più diretta di quanto non lo sia per una netlabel. Gli stessi rapporti con i musicisti

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costringono la casa discografica ad adeguare i propri mezzi alle necessità degli artisti, a diventare per questo fornitori di servizi come Gerd Leonhard sostiene.

Questo panorama però è estraneo alla realtà vissuta da una netlabel. A questo punto la questione per Battistetti diventa quasi etica:

N: - A mio modo di vedere, un venditore di servizi è ben distante da un discografico, probabilmente avremo in parallelo le due figure, ma l’ipotesi di vendita di servizi legati alla musica mi sa di globalizzazione asettica: ho il dubbio che si possa perdere il focus: creare e diffondere un bene culturale che esprime e da emozioni. Il rischio di questa strada è che favorisca la musica da sottofondo, ma non abbiamo già la radio per questo? A livello di modello di business, le affermazioni di Leonhard ci stanno [...], però ricordiamoci che stiamo parlando di musica.

Saranno le majors, secondo Nettare, a evolvere il loro rapporto con la musica come service-providers; le etichette discografiche, quelle che si occupano di musica da scoprire e diffondere, rimarranno estranee a tali dinamiche. Certamente tale riflessione si deve alla natura in qualche modo “anti economica” del suo lavoro in quanto netlabel. Ma ciò nonostante è impossibile, anche per una label con una cultura di produzione del suo tipo, non immaginare la concretezza dell'evoluzione del ruolo del marketing nello sviluppo dell'opera musicale.

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N: - Le indies hanno subito il colpo ma chi è sopravvissuto ha imparato quali siano i metodi vincenti per questo preciso momento.

-s- : A cosa stai pensando?

N: - Acquisire le modalità nuove del marketing, aprirsi verso il digitale e pubblicazioni online gratuite (a scopo promozionale).

Le case discografiche quindi continueranno a esistere e ad essere operative nel settore della produzione musicale. Perché il ruolo da loro svolto è imprescindibile, soprattutto dal punto di vista editoriale. Chi ascolta musica è indirizzato dal lavoro di selezione artistica operato dalle labels, e gli artisti hanno bisogno delle etichette per la gestione delle attività promozionali, di booking, di accesso ai canali di comunicazione più o meno tradizionali.

Questi ruoli sono imprescindibili e si manterranno, anche se sicuramente la struttura organizzativa e la divisione dei compiti dovrà adattarsi alle nuove necessità del mercato.

CD: - Non è sufficiente posizionarsi su Internet e dire “Esisto” perché il mondo improvvisamente di accorga di te. E' vero che ci sono i meccanismi del viral marketing e della promozione sul web che ti consentono con una maggiore facilità di diffondere un progetto e di farlo conoscere. Però che questo diventi la regola generale per tutti e che quindi diventi la fetta di maggioranza del mercato ci credo un po' poco. ...Sarebbe

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una bella utopia, in realtà non è così, non può essere così. No. Cioè metterebbe in discussione, significherebbe che crolla tutto il castello ma non soltanto della musica, proprio della gestione globale delle cose. Sarebbe bello che fosse sufficiente il web per farsi conoscere dal mondo. In realtà non basta.

3.5. Seconda Fotografia.Ad-supported e Flat-based music

Dalle nostre interviste è emerso come questi due scenari siano valutati in maniera differente da Brocchieri e Battistetti.

Nel secondo capitolo abbiamo potuto vedere come già il mondo della discografia si stia spostando verso panorami di questo genere. I due produttori cominciano a misurare le loro valutazioni con tali cambiamenti Lo stesso Brocchieri, nel corso della discussione, accennava alla proposta Prefueled91, per la distribuzione a basso costo di musica in formato digitale, presentata al Popkomm92 di Berlino nel 2007.

L'approccio a simili prospettive di pagamento però, diverge per i due producers sotto una molteplicità di aspetti,

91 Prefueled è una realtà già attiva in vari paesi nord-europei e in Sud Africa, consistente nella distribuzione di file digitali (non solo musica, ma anche immagini e video) attraverso distributori simili a quelli della benzina, posizionati nei centri commerciali. Il basso costo dei files sarebbe garantito da un sistema di pubblicità trasmesse dagli schermi di questi distributori. www.prefueled.com .

92 Il Popkomm è un meeting internazionale per la musica indipendente che si svolge ogni anno a Berlino.

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motivati dalle diverse prassi operative adottate nel settore della produzione musicale.

Mentre Chew-Z, l'etichetta di Fabio Battistetti, e, insieme, tutte le netlabel della community di Nettare distribuiscono musica in formato digitale gratuito (con licenza copyleft), Cinico Disincanto pubblica le proprie produzioni su supporto fisico, il cd. Per il primo, il download e lo sharing – libero – dei brani costituiscono la natura stessa della distribuzione musicale ma, per il secondo, tali pratiche implicano tutte le problematiche legate alla sfera della tutela del diritto d'autore che investono la discografia tradizionale.

L'idea che la musica in formato digitale debba essere fruita quasi a costo zero dagli utenti, comporta, dal punto di

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Illustration 9: Intervista a Fabrizio Brocchieri – Cinico Disincanto

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vista di Cinico Disinincanto, tutta una serie di problematiche conesse al valore dell'opera musicale. Dietro la produzione di ogni singolo brano c'è un lavoro che troppo spesso non viene neanche preso in considerazione da chi scarica musica. Questo lavoro deve essere ricompensato con l'acquisto degli album, perché è con questo che l'artista viene messo nelle condizioni economiche di continuare a suonare e a produrre le sue opere.

E pubblicità e abbonamenti non sono costituiti per dare il giusto valore alla produzione artistica.

La prospettiva per cui la musica online debba tendere sempre più alla gratuità investe quindi problematiche riguardanti la vita dei musicisti e la possibilità che vengono date loro di vivere o meno della loro arte.

CD: - Quindi, chi se ne frega, io la musica la scarico, vai a quel paese te e chi pensava di mangiarci su. Ma non è così. La musica ha un suo valore. Altrimenti arriva il giorno che nessun artista produrrà più niente perché non avrà più le risorse economiche, non avrà più il tempo per mettersi a comporre.

E' innegabile come la figura del musicista toutcourt oggi sia di fatto in crisi, per questo, cercare di guadagnare sulla gratuità della sua opera (attraverso lo sfruttamento dei valori generativi93) per Fabrizio Brocchieri non è, e non deve essere, la soluzione.

CD: - Io non credo che la musica debba essere diffusa gratuitamente, e soprattutto che si debba ripagare con altre

93 Vedi p.70 e Seconda fotografia al cap. 2.

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cose. No. È una cosa che proprio non mi piace concettualmente. Poi magari finirà così, però secondo me no. [...]

La gente, soprattutto le nuove generazioni fanno fatica a concepire la musica come un bene da pagare perché sono talmente tanto abituate ad averla addosso che è come l'aria.

Il download è una pratica reiterata e diffusa. Abbiamo visto come sia molto difficile e complicato contrastare questo fenomeno. Di fatto le tariffe flat e i sistemi di advertisement sono stati una risposta della discografia a questo problema.

Ma per Brocchieri c'è un problema di fondo nella questione del download, quello illegale, che non è stato risolto nel modo più giusto. E' la questione della lotta alla pirateria:

CD: - Sai cosa c'è di sbagliato nelle campagne contro la pirateria che sono state fatte in tutti questi anni? C'è un principio di fondo sbagliato. Queste campagne sono state strutturate in modo da criminalizzare l'utente. Cioè io cerco di spaventarti, io ti dico: chi scarica compie un reato, io ti dico: rischi questo rischi quello... che, rivolto a dei ragazzi prevalentemente giovani, quanti può dissuaderne? Nella maggior parte dei casi, uno non fa altro che alimentare il livello di sfida. È come uno che fa un graffito sul muro. La mattina passa l'operaio per imbiancare e la notte quelli tornano e fanno un altro graffito. E si va avanti così all'infinito. Pensi che non sappiano che fare quel graffito potrebbe portare una multa, commettere un reato? Certo che lo sanno, ma è una sfida.

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La lotta alla pirateria avrebbe dovuto essere condotta con modalità differenti. Esistono delle strategie di contrasto, non frontali e criminalizzanti, che avrebbero potuto dimostrare la loro validità per contrastare il download illegale:

CD: - Non è che non è giusto sottolineare che si tratta di un crimine però [...] secondo me, la via giusta per contrastare il download illegale sul web, lo scambio di files, il file sharing... Ce ne sono due:

Una è quella di fare formazione. [...]Io ti prendo, entro in una scuola, ci sarà una band

nella scuola? C'è sempre una band in una scuola. Prendo questa band e gli dico: Tu che vuoi fare da grande? Il musicista? Hai una band? Perfetto, proviamo. Ci mettiamo insieme, e nell'arco di un tot di mesi io ti faccio fare tutti i passaggi che servono per farti arrivare al prodotto finale. Ma, insieme a te, lo fanno tutti i tuoi compagni di scuola che vivono con te tutte le fasi: la sala prove, il lavoro col produttore, l'adattamento delle canzoni, l'aggiustamento dei testi, l'arrangiamento e poi il servizio fotografico, la scelta di come ti devi vestire, le prove sul palco, tutto il sudore, l'energia, il denaro che serve. Farglielo conoscere direttamente e poi quando arrivi al punto finale, quando tu finalmente hai in mano quest'oggetto, allora puoi andare dai ragazzi e dirgli: adesso che i vostri amici sono diventati degli artisti, che questo disco è frutto di un anno di lavoro, te lo compri o te lo scarichi gratis? Sicuramente ci sarà qualcuno che dice: - me lo scarico gratis, però una fetta di persone avranno capito cosa c'è

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dietro, che non è un gioco , che non è una cosa che sta lì perché ci è arrivata per caso. [...]

Il punto numero due è che il mercato mainstream ha agevolato la pirateria lavorando solo sui singoli e non lavorando sul progetto intero di un album di fatto:- perché mi devo comprare l'intero disco di Britney spears se mi piace soltanto l'ultima canzone? Me la scarico.[...] Invece io ti do il disco: perché ti devi comprare il disco della Marcosbanda? perché è bello tutto. E se ti scarichi tutte le canzoni, alla fine avrai un'accozzaglia di file che non hanno una loro interezza. Allora, siccome io il disco te lo vendo a 10 euro, spendili.Quindi intanto una politica di abbattimento dei costi del supporto. Primo. Secondo lavorare su progetti artistici interi, e non su singole canzoni.

Per Cinico Disincanto il fatto che la distribuzione della propria musica avvenga il più possibile attraverso supporto fisico rappresenta un obiettivo fondamentale. Il lavoro di questa casa discografica è incentrato sulla produzione in cd-r, per il quale si spendono ingenti somme di denaro. Nonostante la promozione avvenga anche su web, con passaggi in streaming dei brani, occorre incentivare il più possibile l'acquisto dei cd originali, non tanto la vendita di musica in formato digitale attraverso tariffe flat o pubblicità:

CD: - A me non piacciono molto queste cose, mi rendo conto che ci dovrò fare i conti prima o poi, però sono percorsi che mi piacciono poco perché non danno valore alla musica,

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perché la considerano un mezzo per qualcos'altro. E fra l'altro io ho qualche dubbio sulla reale efficacia.

Il riferimento è alla ad-supported music, la cui efficacia sarebbe messa in discussione da più fattori:

CD: - Quanta gente di quella che si sorbisce lo spottino per scaricarsi la canzone, poi sfrutta quello spottino lì? Arriverà il momento in cui i pubblicitari dovranno fare i conti con questa cosa e vedranno se il gioco vale la candela![...]

In realtà tu non scarichi gratis perché tu scarichi gratis, ma perché ti impegni a guardarti il filmatino pubblicitario. Allora se mi devo impegnare a guardare il filmatino pubblicitario, ma chi se ne frega, scarico da emule!

Il download della musica in formato digitale quindi, dovrebbe essere contrastato senza trovare soluzioni, in realtà inefficaci, come il sistema dei banner pubblicitari. Questo, a fronte di un maggiore impegno delle etichette nel rendere disponibili dei brani in streaming, a scopo promozionale.

L'attuale congiuntura di crisi economica influisce sulle spese che la gente destina alla musica. E un'etichetta che, come Cinico Disincanto, lavora molto sugli investimenti per la produzione e distribuzione dei supporti fisici, deve tenere conto di questo e di altri fattori nell'ideazione di strategie che aiutino l'etichetta sia a “mantenersi a galla” che ad affermarsi nel territorio. Strategie più efficaci per il pagamento della musica risiederebbero in particolare nei concerti e nella cura delle edizioni stampate:

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CD: - Credo molto di più in altri percorsi, per esempio, come dicevi tu, il settore live è un settore che ancora funziona, con tutte le sue difficoltà con tutta la fatica che fanno i piccoli locali a sopravvivere alla crisi etc, però quello è un settore su cui ancora si può lavorare. Allora una cosa che noi per esempio stiamo sperimentando è quella di, sul tour promozionale di lancio di un progetto nuovo – ed è un'operazione che stiamo facendo insieme a un altra realtà romana [...] – nei concerti di presentazione del nuovo album, invece di fare ingresso libero e mettere il cd in vendita sul banchetto., noi facciamo ingresso a 10 euro, incluso l'album. Tu entri, paghi il biglietto e io ti do il disco. Poi se il locale è d'accordo, gli diamo anche una consumazione.

Però intanto io diffondo dischi originali, tu sei venuto e fruisci comunque di un concerto, il locale lavora ed è contento e abbiamo ottenuto ognuno il proprio scopo. Questa può essere una strada.

Certamente gli ostacoli che Cinico Disincanto si trova a dover affrontare sono di una portata differente rispetto a quelli di una netlabel. Abbiamo visto come il fenomeno del download interessi direttamente le attività di CD, e come susciti prese di posizione, adozione di strategie alternative ma efficaci per la vendita della propria musica.

Secondo Fabio Battistetti che, ricordiamo, ci parla a nome di una netlabel, il problema riguarda le alte sfere della discografia internazionale. Il mondo delle major è il principale interessato a trovare tali soluzioni perché vede la musica

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unicamente come business e fonte di business. Il fatto che oggi si stia arrivando a questo tipo di soluzioni ha una spiegazione piuttosto chiara:

N: - Hanno rischiato (le majors, nda) seriamente l’oblio, ma ora hanno capito che non è più tempo per l’inutile caccia alle streghe del Peer To Peer, cioè contro i propri possibili clienti, è tempo di riportarli sotto il proprio mantello parlando con la lingua della “Rete”.

D'altra parte i cambiamenti nel futuro dell'industria discografica ci saranno per tutti, anche se, dal punto di vista di Nettare, questi saranno diretti dalle multinazionali della musica:

N: - La grossa rivoluzione credo sarà mossa dall’alto e non da come i medio-piccoli saranno in grado di muoversi.

Per quanto riguarda il binomio flat-rate e pubblicità il parere di Fabio Battistetti non si discosta in maniera rilevante da quello di Fabrizio Brocchieri. La pubblicità non piace e, così com'è, non avrà successo:

N: - Le grandi manovre vengono fatte dall’alto, ma il motore della musica sta nel basso e questo si muove in maniera abbastanza indipendente, con un proprio obbiettivo: non è facile ora come ora capire se si adotteranno metodologie flat o di sponsorizzazione.

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Io credo molto di più nelle flat, in una canone che mi permetterà di usufruire della musica che voglio quando voglio e dove voglio, perché la pubblicità non l’abbiamo mai tollerata, guarda all’esempio della TV commerciale… c’è troppa pubblicità ovunque, probabilmente la porteranno anche sulle pagine di un libro, ma la gente non la vuole, credo preferisca pagare per un servizio di buona qualità dove non ha “interferenze” del genere.

Ciononostante, anche Battistetti sottolinea l'importanza del settore dei concerti che, in particolare per una netlabel, costituiscono il momento per stabilire il primo contatto fisico col pubblico e la prima fonte di guadagno attraverso la vendita delle releases e del merchandising:

N: - Se il musicista suona dal vivo ha modo di farsi conoscere maggiormente sul territorio ed è l’occasione anche per vendere la release in formato cd. [...]Ho visto negli ultimi 5 anni un ritorno del “concerto” : da parte del pubblico è venuto fuori entusiasmo ed interesse per una situazione che è collettiva, concreta ed emozionale. [...]

Al banchetto durante il concerto si vende l’edizione in cd della release, magari con un edizione particolare.

Il futuro del business secondo Fabio Battistetti interesserà le soluzioni da noi previste e in particolare:

N: - Penso agli abbonamenti flat per la musica digitale, il potenziamento del disco come oggetto (il vinile, l’edizione

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limitata o ricca di particolari): ci vorranno grossi investimenti che in prima battuta una indie non potrà affrontare, ma non è detto.

3.6. Terza fotografia. Futuro indipendente.

Abbiamo visto nell'ultimo paragrafo del secondo capitolo come, secondo numerosi esperti, l'attuale situazione del mercato discografico rappresenti un'occasione da sfruttare per le etichette indipendenti. La teoria di Chris Anderson sulla “Coda Lunga” e la previsione che l'industria dell'intrattenimento e, in particolare, il settore della musica sia destinato a una progressiva parcellizzazione dei contenuti, valorizzano questa ipotesi. L'abbiamo sottoposta ai nostri intervistati che hanno dato numerosi nuovi stimoli a quelli precedentemente proposti.

In particolare ci riferiamo alla necessità, rimarcata da entrambi i produttori, di cercare strategie di azione comuni. Utilizzare network per trovare soluzioni operative al problema della discografia e per la valorizzazione della musica di qualità. Soprattutto per la difesa del lavoro delle indipendenti in quanto fulcro dell'attività di ricerca e Talent-scouting, fucine per la diffusione di nuovi generi e per la sperimentazione.

CD: - Sicuramente questo è il momento delle etichette indipendenti per una ragione fondamentale: la differenza che c'è tra una multinazionale e le etichette indipendenti, proprio a

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monte sta nell'approccio nei confronti dei progetti artistici. Le indipendenti fanno scouting, le multinazionali no.

Fare scouting, per un addetto al settore della musica indipendente, significa cercare musica di qualità fra tutta quella prodotta. Adottarla, definendo attraverso essa anche i tratti somatici della propria casa discografica, la quale dovrà costruirsi come un punto di riferimento per il pubblico. Da qui

N: - può nascere la riflessione sulle piccole etichette di nicchia, con un proprio pubblico fedele o un proprio stile, che avranno indubbiamente un futuro, proprio per la funzione primaria di innovazione musicale come motore; questo è in assoluto un punto di forza.[...] Teniamo a mente che il futuro della musica in senso stretto continuerà ad essere in mano alle piccole etichette, perché sono loro che danno voce per primi ai talenti, supportano le piccole band, definiscono generi musicali.

Questo aspetto non potrà nel prossimo futuro non suscitare le interesse delle grandi etichette musicali, che secondo Nettare cercheranno una più stretta relazione col mondo delle indies:

N: - Il rapporto majors – indies è probabile che tenderà ad essere un qualcosa di più indistinto, perché le grosse etichette, oltre che pescare artisti, inizieranno ad assumere anche le dinamiche utilizzate dalle indies.

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Da parte loro però le indipendenti hanno anche dei problemi, che risiedono in grande misura nella carenza di fondi da investire nei loro progetti. Questo gap economico spesso si traduce in mancanza di potere e in una strutturale dipendenza dalla grande discografia. Questo problema, e una sua possibile soluzione, ci è stato spiegato approfonditamente da Fabrizio Brocchieri:

CD: - Per fare il grande salto servono i budget e il potere delle multinazionali che sono quelle che poi hanno il potere che un'indipendente non ha. Quindi inevitabilmente anche noi ci rapportiamo con la grande discografia, con la grande distribuzione, con le multinazionali e serve molta pazienza, e anche un po' di disincanto.[...]

Devi tener conto del fatto che comunque le etichette indipendenti sono per la maggior parte tagliate fuori dai circuiti tradizionali di promozione.

-s- : Anche se non è detto che siano i più efficaci

CD: - No, non è detto che siano i più efficaci, però sono ancora la maggior parte. Occupano comunque la fetta maggiore dell'ascolto radiofonico, dell'ascolto televisivo e sono ad appannaggio delle multinazionali e dei grandi indipendenti che hanno le risorse economiche per poter fare gli investimenti. perché poi c'è questo a monte di tutto. C'è il denaro.[...]

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Noi, cerchiamo di collocare i prodotti sul mercato, farti capire di che si tratta e poi però se non interviene qualcuno con dei finanziamenti importanti... [...]

Sì, è il momento delle etichette indipendenti però purtroppo il potere – tra virgolette – nei confronti dei media tradizionali è ancora nelle mani di chi ha il denaro da investire, cosa che hanno le multinazionali. Io non credo che le multinazionali siano destinate a scomparire, sicuramente sono destinate a ristrutturarsi, a rivedere il proprio ruolo e la propria posizione, se poi si sveglieranno e magari decideranno; per esempio, una cosa che potrebbe essere intelligente, ma a quanto pare non si riesce a mettere in piedi, è: ok tu chi sei, Cinico Disincanto? [...] Perfetto: cosa fai, fai delle cose che mi interessano? Vieni da me, ti lascio la tua autonomia, questo è il budget a disposizione. Però entro in con-proprietà con te. Se le cose che tu fai, aiutato da me major funzionano, io poi le acquisisco, o comunque ne sono partner. Però ti riconosco la capacità di fare quel lavoro sul territorio di scouting che noi non siamo in grado di fare e quindi ti considero una sorta di laboratorio mio, della multinazionale.

Questo potrebbe essere il futuro. Multinazionali fornitori di grandi servizi di distribuzione, di grande promozione, di risorse economiche ed etichette indipendenti fornitori di idee nuove, di progetti nuovi, questa potrebbe essere la via. Noi indipendenti già ci siamo arrivati a questo ragionamento, bisogna vedere se ci arrivano le major, i capi delle major.

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La collaborazione tra indipendenti e major garantirebbe secondo CD la freschezza della musica distribuita sul mercato e a giovarne sarebbero sia le piccole che le grandi case discografiche. Le prime perché vedrebbero crescere la musica da loro prodotta, accedendo a canali distributivi e promozionali senza dover fare grossi sacrifici nel budget, le seconde perché renderebbero produttiva una sezione del lavoro che oramai non lo è più. Come abbiamo visto, la decisione spetterebbe alle major (il riferimento è in particolar modo al panorama italiano) che sono le responsabili, secondo Cinico, delle operazioni fallimentari sugli artisti prodotti finora.

Mentre da Cinico Disincanto giungono proposte di “affiliazione” al mondo delle majors, Nettare prevede nuove forme di cooperazione con l'universo delle indipendenti off-line. Tradizionalmente le netlabel si costituiscono per la loro profonda diversità rispetto alle etichette attive sul mondo “reale”. Oggi però, l'accresciuta attenzione attorno al panorama del netaudio ha spinto le netlabel a cercare nuove strade per diffondere le proprie musiche a pubblici più ampi.

N: - Le netlabel stanno assumendo coscienza della loro potenzialità solo da un paio di anni, hanno dalla propria una struttura semplice ed economica ma debbono confrontarsi maggiormente con il resto. [...]

A riguardo del futuro penso si arriverà ad un incontro tra netlabel ed indipendenti, sfruttando le voraci nicchie e spostando le entrate dalla vendita del disco a quella dell’oggetto (merchandising, dischi in edizione limitata).

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Queste strade sono percorribili attraverso uno scambio produttivo di reciproche esperienze e idee tra indies-su-terra e indies-in-rete. Così, quando ci descrive il progetto Nettare, nato di recente, Eniac pone questo come uno dei principali obiettivi del progetto:

N: - Nettare è davvero appena nata, ha compiuto i primi 2 passi: riunire le Netllabel italiane ed iniziare a dialogare sotto il tema della musica, pubblicando la compilation Nettare 01. La comunità crescerà naturalmente per interazione e per raffronto tra i percorsi diversi che vengono raccontati; siamo ancora in una fase promozionale perché uno degli obbiettivi è quello di far conoscere in ogni dove il Netaudio. [...]

Stiamo lavorando per esser presenti sul territorio, nella realtà, che alla fin fine è il luogo in cui conta essere. Credo

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Illustration 10: Eniac

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che debba nascere una dialogo con le etichette tradizionali o con realtà più grandi di diffusione musicale.[...]

Penso ad un dialogo per scambiare punti di vista ed esperienze, in modo da migliorare. [...] Netlabel ed Indies alla fine hanno un unico obbiettivo, per di più comune: la musica.

In un futuro assai prossimo giungeremo ad un mix di produzioni digitali e fisiche e la promozione sarà frutto delle esperienze fatte in Rete ed offline.

Forme di cooperazione tra indipendenti sono per altro contemplate anche da CD, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei tour degli artisti nelle varie regioni italiane:

CD: - Noi, ma anche altre realtà con cui collaboriamo, romane e non, stiamo cercando un po' di fare quadrato [...]

Stiamo cercando di creare una rete. Noi, ti faccio un esempio pratico, siamo molto forti nel Lazio anche da un punto di vista di booking di concerti etc, magari c'è una realtà milanese che è molto forte nella Lombardia e che ha difficoltà a lavorare sia promozionalmente che per quello che riguarda i concerti dei propri artisti nel Lazio. Uniti insieme loro possono dare una mano a noi noi possiamo dare una mano a loro.

Dalla consapevolezza di essere realtà in crescita sembrerebbe derivare, per entrambi i nostri intervistati, la necessità di continuare ad affermarsi nel territorio e di superare la condizione di “nanismo” e di mancanza di spirito

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intraprendente che spesso caratterizza molte delle etichette indipendenti italiane.

Ma mentre Nettare guarda con interesse il panorama della discografia tradizionale indipendente, Cinico Disincanto continua a rimanere estraneo rispetto alle prospettive offerte dal netaudio. Intuisce però delle problematiche reali con cui, rimanendo confinate nel web, queste le label online devono per forza di cose confrontarsi. Il contatto col pubblico che si realizza attraverso i live, la promozione attraverso canali tradizionali di informazione, il booking o altri passaggi della filiera tradizionale, spesso mancano nelle netlabel. Quest'assenza determina forse la perdita di buone occasioni per l'affermazione nel territorio “reale” da parte della label e per sancire il contatto diretto con un pubblico più ampio:

CD: - Le netlabels sono una conseguenza diretta di tutti i discorsi che abbiamo fatto finora, il mercato sta andando in questa direzione, si cerca di trovare un modo per sopravvivere, uno dei modi per sopravvivere è abbattere i costi e quindi diventare delle realtà virtuali sostanzialmente. Che però nascono e crescono sul web, e bisogna vedere se sono in grado di uscire dal web nel momento in cui c'è l'esigenza di uscire.[...] La promozione sulle radio, la distribuzione, il booking, il management, la gestione editoriale, lo scouting. Sono tutte cose che secondo me un'etichetta indipendente è in grado di fare può e deve fare. La netlabel fa solo una parte di queste cose. Fa lo scouting, prende delle canzoni e le mette su una vetrina web e fa un po' di promozione,ma fa promozione solo sul web. Noi facciamo promozione sul web, ma facciamo

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promozione anche sulle radio sulla TV sulla carta stampata. Non lo so ho come la sensazione che le manchi un pezzo a una netlabel, però, massimo rispetto perché anche da li possono partire progetti che poi si evolvono anche in un'altra forma.

D'altra parte anche Fabio Battistetti conferma in parte questa sensazione:

N: - Il rischio c’è, ribadisco: sta all’etichetta dare un inprint forte alla propria produzione e ci sta anche un investimento in termini di promozione per emergere non come fenomeno (netaudio) ma come realtà produttiva vera e propria. Internet è un’ oceano di musica, sono necessari dei fari, altrimenti i naviganti non sanno dove andare.

Sulle modalità di promozione utilizzate da un'etichetta come Chew-Z ad esempio:

N: - Ci sono canali dedicati all’interno di varie community netaudio tra mailing lists, forums ed alcuni portali di riferimento: netlabels.org, archive.org, phlow magazine, il podcast della rivista tedesca De:Bug…

Oltre c’è la promozione verso l’esterno: i social networks in primis, le riviste musicali e web (anche se si fa fatica ad essere recensiti perché il netaudio non è ancora considerato come “discografia”)

Il netaudio non è ancora considerato come discografia ma, spesso, il mancato accesso ai canali di promozione

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tradizionali, come radio o riviste specializzate, e la scarsa considerazione che purtroppo ne deriva, è proprio responsabilità delle netlabel. L'errore sta nel presupporre che la platea di Internet sia sufficientemente ampia per consentire di affermarsi efficacemente nel panorama musicale, perdendo di vista il carattere dispersivo che la stessa rete implica:

-s- : Non è che si tratta anche di un approccio delle netlabels, un po' diffidente verso i canali d'informazione tradizionale?

N: - Direi che non c’è diffidenza, il problema è su un altro livello: quanto si è coscienti del proprio ruolo come etichetta che sta su Internet, cioè potenzialmente di fronte ad un pubblico enorme: spesso questa coscienza non c’è… ed allora non si considera neanche il farsi recensire sulle riviste… Chi questa coscienza ce l’ha è invece molto intraprendente ad arrivare ovunque.

Il confronto tra i pareri dei due intervistati realizzato a posteriori in questo paragrafo, pone in evidenza come due realtà differenti per molti aspetti e al contempo simili per altri, percepiscano il cambiamento del panorama musicale indipendente attraverso le proprie esperienze.

Nel corso dei nostri due dibattiti è stata affrontata anche la tematica delle licenze per la tutela del diritto d'autore. In particolare è emerso come per entrambi i produttori sia necessaria una revisione dell'attuale sistema delle licenze. Le prospettive, come prevedibile, divergono. Fabio Battistetti

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sposa la filosofia copyleft di Creative Commons, Fabrizio Brocchieri naturalmente si lega alla Siae. Ma, affrontando il problema coi due producers, abbiamo sortito degli sviluppi interessanti.

Un primo parere da Fabio B. sulla Siae:

-s- : - Vorrei capire cosa pensi rispetto al futuro delle collecting agencies come la Siae, guardando ad esempio il caso dell' Olanda, dove è stato portato avanti un accordo tra Creative Commons e Buma/Stemra, la loro Siae, per gli artisti che vogliono usare le loro opere, licenziate CC anche a scopo commerciale.

N: - Il modello SIAE è esemplare per quanto sia vecchio: il suo statuto rimanda agli anni 40, prima della nascita del

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rock… Nell’ultimo periodo in seguito a spinte e picconate ha iniziato una lenta opera di ridiscussione, questa azione deve velocizzarsi perché oggi tutto corre, ed il gap aumenta sempre di più. Un giovane musicista oggi si trova davanti muraglie burocratiche, e non strumenti supporto alla propria attività. Per fortuna Creative Commons è una valida via, ma non è completa perché non è una collecting society94. Sono fiducioso sul processo di cambimento che sta avvenendo, anche in Italia è iniziato un dialogo tra SIAE e CC, vedremo dove porterà.

Il parere di Fabrizio Brocchieri su CC:

-s- : Che cosa ne pensi dei nuovi tipi di licenza, della filosofia della musica gratuita di Creative Commons?

CD: - Riguardo il CC, e comunque tutte le forme di licenza gratuita. Detto molto sinceramente mi sembra il punto di vista di quelli che hanno scritto certe cose sul mio blog rispetto al discorso della pirateria. Mi sembra il punto di vista dell'artista che dice faccio da solo. Non me ne frega niente dei diritti non me ne frega niente della SIAE, non me ne frega niente di te discografico che vuoi guadagnare sulla mia arte io faccio arte e la diffondo.

94 Una collecting society raccoglie i proventi derivanti dallo sfruttamento dell'opera. Creative Commons non svolge questa funzione, in quanto rilascia licenze per utilizzi non commerciale dell'opera. Ciononostante si sta lavorando per trovare soluzioni legali e accordi tra Collecting agencies e CC in modo che sia possibile utilizzare licenze copyleft anche a scopo commerciale. Ciò è avvenuto in Olanda, come detto nella domanda.

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Per Cinico Disincanto la preferenza per una licenza piuttosto che per altre riguarda la scelta che l'artista fa, di investire o meno la propria vita nella musica. La Siae, per quanto vecchi e farraginosi possano essere i suoi meccanismi, garantisce a un'artista di vivere. Il rinunciarci assomiglia a un atto di presunzione. Questo è motivato dal fatto che sia artisti che le case discografiche che lavorano in maniera tradizionale, devono in buona parte la loro esistenza ai proventi garantiti dal diritto d'autore.

CD: - verrà il giorno che tu dovrai decidere se tu di quest'arte ci vuoi vivere o se la lasci come un hobby. Se la lasci come un hobby sei libero di fare quello che vuoi, se decidi di viverci vedrai che cominciano a farti comodo i soldi del diritto d'autore; perché non dimentichiamoci che comunque alla fine quella rappresenta una fetta non indifferente del reddito per un artista e per un'azienda che gestisce l'artista.

Il diritto d'autore, il diritto editoriale di conseguenza, sono una parte importante della voce attiva di un bilancio di un'etichetta discografica, e anche quindi dell'artista. [...] Di queste cose uno vive. Allora, ci vuoi rinunciare? Allora rinunciaci, ma io non capisco perché. Perché non vuoi dare i soldi alla SIAE, perché ti vuoi sentire libero? Ma tu sei libero, puoi fare tutto quello che vuoi delle tue canzoni. Non vuoi avere un editore? Diventa editore di te stesso, se ritieni di essere in grado di diventalo. Ma serve qualcuno che tuteli comunque i tuoi diritti e faccia la raccolta dei proventi derivanti dallo sfruttamento della tua opera. È inevitabile.[...]

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Se c'è qualcuno che raccoglie del denaro per lo sfruttamento di una tua opera non vedo per quale motivo devi rinunciarci. A beneficio di cosa? È questo che io non capisco. Cioè a beneficio di chi? Chi ci guadagna dalla rinuncia al diritto d'autore allo sfruttamento della propria opera? Mi sfugge; sì, sei libero, va bene, però non è l'open source del software, non lo so, francamente non lo vedo come la via futura. Poi ovviamente io parlo dal mio punto di vista, quindi qualcuno dirà: bé certo, tu fai il discografico, se non fosse così tu non lavoreresti più. Il che è anche vero, però insomma io continuo a vederla in questo modo.

Abbiamo chiesto a Battistetti di darci una sua risposta per queste affermazioni:

N: - La decisione su hobby o lavoro è un mio stesso attuale dubbio, la decisione è data dal fatto che oggi per campare di musica occorre fare troppi salti mortali e dal mio punto di vista per ora non ne vale la pena. Però sono conscio del fatto che, se decido di campare di musica, i diritti sulle opere debbono essere una parte dei miei guadagni in un modo o nell’altro: non sono contrario alla SIAE ed alle collecting societies, ma così come sono non aiutano, perché hanno meccanismi burocratici enormi ! Il Copyleft non è la risposta, e neanche un'alternativa. Nasce da una critica ed ha un‘etica totalmente differente ai modelli di business che ancora oggi prevalgono. Una entità del genere per applicarsi alla realtà necessita di accordarsi con le collecting societies.

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Ognuno può esser editore di se stesso: è possibile, oggi ci sono gli strumenti e credo che in futuro lo sviluppo di Creative Commons e soprattutto di organismi come la SIAE permetterà una maggiore indipendenza. CC non si occupa del recupero dei diritti, non è sua competenza; io noto però un’interesse verso la creazione di un’entità a sé, che possa gestire la ridistribuzione dei diritti di un opera licenziata CC e usata in un ambito commerciale, cercando di equilibrare al meglio le quote tra produttore e collecting society, partendo da una diminuzione dei costi burocratici.

Oggi la ri-distribuzione dei proventi dei diritti d’autore gestiti dalla SIAE ha un metodo che taglia le gambe ai piccoli ed ingrassa chi, credo, non ne abbia bisogno: quelli che stanno in testa alle classifiche. Ricordiamoci che il tutto parte da una critica verso un modello obsoleto, poi pian piano ha iniziato a definire un proprio modello: questo passaggio è in corso, ora !

D'altra parte, il fatto che il modello attuale abbia meccanismi che necessitano una revisione, è opinione confermata anche da Cinico:

CD: - Che la SIAE abbia dei suoi problemi di gestione, che ci siano dei meccanismi che vanno rivisti è assolutamente vero e bisogna lavorare in questa direzione. Sono cambiate delle cose negli ultimi anni, alcune in peggio purtroppo, e bisogna discutere, lottare per cercare di ottenere quello che veramente spetta agli artisti. Però anche lì, determinate decisioni siano state prese dalla SIAE perché si erano create delle situazioni

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malate. Parlo per esempio della ripartizione del concertino.[...]

Sicuramente ci sono delle cose che possono essere migliorate, nella SIAE, nel IMAIE nel SCF, insomma in tutte le società che fanno collecting di diritti.

Le problematiche inerenti la sfera dei diritti sono complesse ma rilevanti. Una loro disamina generale in queste interviste rende intuibile quanto il tema meriti maggiore considerazione.

Per ampliare lo spettro dei temi trattati in questo lavoro abbiamo reputato utile darne un accenno attraverso le parole degli intervistati, in modo che essi stessi sottolineassero dai loro punti di vista come le tradizionali forme di tutela dei diritti d'autore stiano progressivamente subendo delle revisioni.

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Conclusioni:

Avevo terminato l'introduzione a questo lavoro con il proposito di “ritagliare un'immagine” sui possibili sviluppi futuri del mondo della discografia.

Attraverso una prima analisi storica sull'evoluzione dei supporti abbiamo visto come, in concomitanza con ogni innovazione tecnologica, il mercato discografico abbia dovuto affrontare fasi di forte contrazione e fasi di importante crescita. Davanti al cambiamento, il mercato si è spesso dimostrato impreparato e restio a cogliere le occasioni che ogni innovazione avrebbe potuto apportare. Così, ancora oggi, a distanza di dieci anni dall'avvento di Napster, l'industria discografica si trova impacciata a trovare soluzioni efficaci per la crisi delle vendite dei dischi. La filiera tradizionale della produzione musicale sta già cambiando in seguito all'influenza dei nuovi media. Le prassi normalmente seguite dagli artisti, come anche le abitudini degli ascoltatori, si stanno fortemente modificando, mettendo talvolta in crisi la sopravvivenza stessa delle case discografiche.

Siamo riusciti a localizzare, nel secondo capitolo, il fulcro dei cambiamenti in atto nella dimensione strutturalmente aperta e libera che qualifica la rete internet. Open e free sono gli attributi che ho utilizzato per definire anche la percezione che gli utenti hanno riguardo i contenuti che viaggiano in rete. Questi attributi hanno definito quella prospettiva, quel frame il cui utilizzo era stato anticipato nell'introduzione e dal quale

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sono state scattate le tre fotografie sul futuro della musica registrata.

No more labels, non più etichette discografiche, è il primo shot che i blog prospettano al lettore. Una soluzione apparentemente “traumatica”, ma confermata dagli effettivi cambiamenti in atto nel mondo delle case discografiche, le quali, per non morire, sono costrette a rivedere il loro assetto tradizionale. Al lettore attento parrà superfluo ma, al termine di questo lavoro, è bene puntualizzare per tutti la definizione data in no more traditional labels, poiché se per etichetta si intende il punto di riferimento per artisti e ascoltatori nell'ambito della produzione o promozione o distribuzione della musica, piuttosto che tutte e tre le cose, in molti presuppongono che questo soggetto non sia destinato a sparire.

La seconda fotografia ha “catturato” due soggetti destinati ad avere seguito nell'industria musicale: la pubblicità e l'abbonamento. Gli scenari ad-supported e flat-based sono fondati sui reali cambiamenti nelle strategie di commercializzazione della musica in formato digitale portati avanti dalle majors che si sono lanciate in joint-ventures con piattaforme web o con compagnie per la telefonia mobile. Lo stato ancora embrionale con cui attualmente si presentano questi scenari, suscita molte perplessità fra i bloggers. Senza perdere l'angolazione privilegiata della dimensione open e free, che abbiamo preso in partenza, il parere di alcuni esperti consente di individuare nei valori generativi che gravitano attorno alla musica l'oggetto su cui in futuro si concentreranno tali forme di pagamento.

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Sempre la teoria di un esperto in ICT, Chris Anderson, trova conferma nell'attuale congiuntura del mercato, nonché nei pareri rilevati in numerosi post dei blog in monitoraggio, consentendo di mettere a fuoco l'immagine della terza fotografia. Un futuro indipendente potrebbe caratterizzare la fonografia nei prossimi anni. Con la teoria della Long Tail di Anderson, ho spiegato l'ipotesi di una progressiva parcellizzazione del mercato, garantita dalla capillare rete distributiva che è Internet. Un mercato dove, nel lungo termine, le piccole case discografiche costituiranno lo zoccolo duro delle vendite, potendo fare affidamento sulla forte identità che le caratterizza e sul rapporto di fidelizzazione col pubblico. Un futuro indipendente che forse si sposterà su piattaforme digitali prendendo le forme delle netlabels, etichette discografiche che pubblicano e diffondono musica libera attraverso il web, con licenze Creative Commons.

Quando ho mostrato queste tre fotografie a Fabrizio Brocchieri e a Fabio Battistetti avevo tra le mani tre stravolgenti suggestioni per il futuro, tre immagini che sarebbero state improponibili prima dell'avvento di Internet. L'obiettivo era valutare come l'idea di fare musica, di produrla si approcciasse a queste tre immagini. Come le convinzioni di un produttore restassero indifferenti, o piuttosto, venissero influenzate dalle dinamiche di mercato.

Ho incontrato la resistenza di Cinico Disincanto, sia contro la pirateria sia contro lo svilimento del cd-r ad opera del formato mp3. Allo stesso tempo però, vi ho trovato la lungimiranza, nell'impegno a trovare ugualmente una

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molteplicità di soluzioni alternative per poter crescere anche nel mutato contesto musicale.

In Fabio Battistetti ho incontrato invece l'interesse, come un desiderio di cogliere le possibilità offerte dalla rete; di fare in modo che le netlabels superino definitivamente per tutti l'idea che ci sia un gap rispetto alla discografia ufficiale, sfruttando la congiuntura ad esse favorevole. Ho dato molta attenzione al panorama delle netlabels, perché queste rappresentano non solo un sistema particolare di diffondere musica, ma anche un modo di “suonare musica”, che sembra diffondersi sempre più negli ultimi anni. Parlo di quella che molti chiamano computer music o la laptop music (e non di una particolare scena musicale), che si esplica attraverso un'infinità di generi e sottogeneri ma che ha in comune l'utilizzo del laptop portatile. Un sistema che sta cambiando e ibridando forme sonore precedentemente esistenti, ma non solo, un sistema che determina nuove pratiche di socializzazione della musica stessa; dalla performance all'ascolto. Il mondo delle netlabels non rappresenta quindi soltanto una particolare forma di diffusione della musica, ma la forma di diffusione propria di un tipo di musica che penso sia destinata ad avere in futuro sempre più attenzione.

Come avevo chiarito sin dall'inizio, lo scopo della tesi è stato quello di indicare dei punti di partenza dai quali gli addetti al settore fonografico dovrebbero cominciare a riflettere per definire nuovi modelli di gestione dell'oggetto musicale.

La rete Internet è stata la causa di gran parte degli stravolgimenti che hanno interessato il settore fonografico ma,

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attraverso un buon utilizzo della rete, penso che si possa arrivare a trovare delle idee per valorizzare la musica in misura maggiore che in passato.

“Sì, perché è di musica che alla fine stiamo parlando”, sia Fabrizio Brocchieri sia Fabio Battistetti più volte hanno specificato questo nel corso delle nostre interviste. La musica, quella che oggi riempie ogni attimo delle vite della gente, la musica che è diventata liquida come l'acqua, la musica che è nascosta in un blog o in uno scantinato. Quella di ottima qualità, quella che non emerge, quella che non paga. Quella che non riesce a crescere perché è vincolata dai meccanismi di un business che non ha nella musica il suo obiettivo primario.

Questo lavoro non è rivolto a chi investe nella musica per arrivare ad altri scopi, è rivolto a chi investe nella musica per solo amore della musica.

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APPENDICE

Retroscena: le interviste in versione integrale

Intervista a Fabrizio Brocchieri

1. Iniziamo con una mia curiosità personale. Scaricavo il logo della vostra etichetta e non ho potuto non riflettere sul gioco delle lettere Cinico Disincanto. Il richiamo al Cd è involontario o si riferisce a una vostra precisa idea sul modo di produrre musica, legato a questo supporto?

No è stato quasi incidentale. è nata l'idea di cd parlando con degli amici parlando con Andrea Staderini, il primo artista che abbiamo prodotto a cui ci legava anche un rapporto di amicizia.Chiacchierando una sera è venuta fuori questa storia del cinico disincanto.

E' un atteggiamento, un modo di vivere la discografia perché serve un po' di cinismo considerando che noi riceviamo tonnellate di materiale tonnellate di richieste, ultimamente stanno diventando quasi richieste di aiuto da parte di artisti che si rivolgono a noi come ad altre etichette.

Una volta arrivavano ai provini e dicevano ci producete? Adesso arrivano i dischi finiti e ci dicono dateci una mano a diffondere il progetto quindi sta cambiando anche un po' il ruolo.

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Quindi il cinismo serve anche a scartare il 90% delle cose che ti arrivano perché in un anno non si arriva a portare avanti più di 2, 3 produzioni.e disincanto perché questo è un ambiente ,quello della discografia tradizionale, con il quale noi continuiamo a confrontarci tutt'oggi, proprio anche noi etichette indipendenti perché noi siamo un po' la start-up dei progetti artistici ma poi inevitabilmente per fare il grande salto servono i budget e il potere delle multinazionali che sono quelle che poi hanno il potere che un'indipendente non ha. Quindi inevitabilmente anche noi ci rapportiamo con la grande discografia con la grande distribuzione con le multinazionali e serve molta pazienza e anche un po' di disincanto nel senso che bisogna essere psicologicamente pronti a tante porte sbattute in faccia, a telefoni che squillano a vuoto. Finché poi un giorno al telefono qualcuno risponde perché magari hai fatto quel piccolo passetto in più che ti permette di ottenere l'attenzione che magari stai chiedendo da tanto tempo. E quindi da cinico disincanto poi ci siamo resi conto che comunque cd identificava un supporto. In realtà quando noi siamo partiti eravamo nella fase di sperimentazione ancora del web. Non c'era la banda larga e quindi comunque il cd rivestiva un ruolo primario nell'ambito della produzione discografica. Oggi questa situazione è un po' cambiata, però io personalmente sono molto affezionato al supporto, perché credo che nel supporto disco ci sia la possibilità di esprimere l'interezza di un progetto. E quindi sì è stata una cosa casuale ma alla quale adesso siamo molto legati e il fatto di avere oggi nel logo CD lo consideriamo una sorta di punto fermo. E' una cosa alla

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quale non vogliamo rinunciare. Io personalmente non voglio rinunciare perché il file scaricato da internet ha valore nella sua singolarità. Il progetto che tu riesci a esprimere in un album è una cosa differente. Non voglio tornare all'idea del concept album, però in realtà se tu prendi un disco e lo metti su dall'inizio alla fine è diverso di ascoltare delle canzoni random magari con delle playlist fatte dall'I-pod stesso che decide per assonanze a noi sconosciute. E poi c'è un discorso di qualità. L'mp3 per quanto si possa comprimere poco, comunque avrà sempre una qualità inferiore. Io ho sempre una cosa che dico a mio figlio che ha 17 anni e ai suoi amici. Un giorno prima o poi vi porto in una sala di ascolto, prendiamo una canzone dal vostro I-Pod e la colleghiamo all'impianto, poi prendiamo la stessa canzone da cd e la colleghiamo all'impianto, poi prendiamo la stessa canzone da vinile e la colleghiamo all'impianto. Se capite la differenza c'è ancora speranza, altrimenti no. Insomma, chi è nato da adesso, negli ultimi 15 anni ha conosciuto solo l'mp3. Più o meno.

2. Cinico Disincanto è un etichetta che ha un'esperienza; ormai è attiva da quasi 10 anni. Nella vostra pagina di myspace descrivete il vostro modo di lavorare che non ci sembra discostarsi molto dalle modalità di produzione tradizionali.

Esperienze come quelle di Muxtape (il portale che diventò famoso per lo sharing dei brani e la condivisione di compilation create dagli utenti) e quelle dei portali per lo

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sharing della musica online segnalano che è in corso uno shift dell'esperienza di fruizione della musica.

D'altra parte anche tu ripeti spesso come la produzione di artisti emergenti oggi sia esclusivamente un fatto d'amore per la musica e che se si guardasse al solo lato economico ci sarebbe sola da perdere.

Secondo quello che vedi tu, come le labels, in particolare quelle italiane, stanno cambiando il loro modo di approcciarsi alla musica? Qual è il problema fondamentale che la tua etichetta deve affrontare oggi?

L'approccio di un'etichetta indipendente sta indubbiamente cambiando. E sta cambiando non per volontà ma per rimanere al passo con l'evoluzione del settore e del mondo, insomma non si possono chiudere gli occhi e andare avanti alla cieca. Bisogna tenerli aperti, guardare la strada che si sta percorrendo per cercare almeno di restare in carreggiata, insomma, non perdersi. Come ti stavo dicendo prima, pensa che noi la prima cosa che abbiamo prodotto in assoluto è stato su web, non era neanche un cd. E' stato un esperimento fatto sul web si una canzone messa in download gratuito e 3500 download in poche settimane ci hanno spinto ad insistere e a portare avanti quel progetto lì che poi è diventato anche un progetto discografico. Oggigiorno, noi per esempio il primo progetto che abbiamo prodotto interamente è quello dei Cappello a Cilindro e un progetto seguito per 3 anni e mezzo durante il quale abbiamo letteralmente preso per mano una band agli esordi. perché non aveva pubblicato niente se non un paio di demo fatti in casa con la copertina

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fotocopiata e distribuiti agli amici e ai fan più stretti e li abbiamo portati in studio, li abbiamo vestiti, abbiamo cercato di dargli un'immagine, abbiamo fatto un videoclip, abbiamo prodotto il primo album. Insomma c'è stato il percorso, quello classico che fa una band quando viene messa sotto contratto da una casa discografica e abbiamo ottenuto nell'arco di tre anni e mezzo dei risultati, indubbiamente. Oggi le cose sono un po' cambiate, un po' per esigenza economica di sopravvivenza e un po' perché gli stessi gruppi stanno percorrendo strade diverse. Sempre più spesso noi ci ritroviamo ad avere artisti che vengono da noi con il materiale già finito., Sono pochi i casi in cui arrivano delle band che ci fanno ascoltare delle cose chitarra e voce con le quali c'è da costruire un progetto. Molte volte arrivano con le idee già chiare con un prodotto già finito. E quel punto noi diventiamo più fornitori di servizi. Sicuramente c'è un lavoro di scouting che sta alla base di tutto perché c'è un lavoro di valutazione artistica su un progetto che ci mette nella condizione di decidere se si tratta di un progetto valido, su cui investire o meno. E poi però saltiamo tutta la fase produttiva prendiamo il master e quindi riprendiamo il percorso dal mastering in poi, stampa del disco e spesso arrivano anche con la grafica già fatta. L'ultimo progetto che noi abbiamo pubblicato, veramente sono arrivati chiavi in mano e la cosa sorprendente è stata che sono arrivati da noi con un prodotto secondo me di alta qualità e la cosa che mi ha sorpreso è che sinora nessuno se ne fosse accorto. Tant'è che sono già uscite recensioni da XL di Repubblica, Rockerilla Rumore, insomma anche riviste di un certo livello che ne parlano con toni esaltanti e loro sono arrivati da noi con un

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prodotto già finito. Noi non abbiamo fatto altro che impacchettare il tutto e lavorare sulla produzione e adesso sul booking. Quindi un po' sta cambiando il ruolo delle etichette discografiche e credo che questa sarà un po' la chiave di lettura nei prossimi anni. Chi sarà in grado di tenersi a galla, perché poi di questo si tratta in un contesto che comunque è di crisi. Cioè in questo momento noi abbiamo la crisi della discografia e la crisi internazionale che comunque penalizza anche il settore della musica in quanto intrattenimento, in quanto prima cosa che viene depennata dalle spese quotidiane quando c'è un periodo di ristrettezze economiche. Cioè se tu ieri guadagnavi mille oggi guadagni 500 oggi la prima cosa che tagli è il cinema, i dischi i concerti, perché ci sono dei beni primari a cui non puoi rinunciare. La musica fa parte dell'intrattenimento e quindi dei beni non primari anche se poi viviamo in mezzo alla musica tutto il giorno. Quindi il ruolo delle etichette indipendenti necessariamente l'approccio cambia, sta cambiando, si sta evolvendo. Chi riesce ad adattarsi a questo nuovo percorso sicuramente resterà a galla e nei prossimi anni detterà un po' le linee. Ed è la ragione per cui noi, ma anche altre realtà con cui collaboriamo, romane e non stiamo cercando un po' di fare quadrato attorno a questa situazione, trovare strategie comuni per cercare di superare il momento che stiamo vivendo. Stiamo cercando di creare una rete. Noi, ti faccio un esempio pratico, siamo molto forti nel Lazio anche da un punto di vista di booking di concerti etc, magari c'è una realtà milanese che è molto forte nella Lombardia e che ha difficoltà a lavorare sia promozionalmente che per quello che riguarda i concerti dei

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propri artisti nel Lazio. Uniti insieme loro possono dare una mano a noi noi possiamo dare una mano a loro. Creiamo una rete, anche perché tutto questo devi tener conto del fatto che comunque le etichette indipendenti sono per la maggior parte tagliate fuori dai circuiti tradizionali di promozione.

Anche se non è detto che siano i più efficaci

No, non è detto che siano i più efficaci però sono ancora la maggior parte. Occupano comunque la fetta maggiore dell'ascolto radiofonico, dell'ascolto televisivo e sono ad appannaggio delle multinazionali e dei grandi indipendenti che hanno le risorse economiche per poter fare gli investimenti. perché poi c'è questo a monte di tutto. C'è il denaro. E quindi sì, è vero che ogni tanto salta fuori il genio che crea l'hit che gli permette di superare il muro e di portarsi dall'altra parte dello steccato. Quindi improvvisamente passi su MTV passi su alla music – su All Music ci passiamo anche noi, su MTV è diverso il meccanismo – passi su radio dj etc. Però succede una volta ogni cento, ogni mille forse. E non va bene, perché invece in Inghilterra e in America non è così. Il meccanismo è completamente differente. Siamo noi che siamo legati in Italia al fatto che siamo la provincia dell'impero, che le multinazionali Italiane che detengono praticamente il 90% del controllo del mercato, vivono sulle direttive che arrivano dall'estero, considerano l'Italia un mercato di provincia dove promuovere la musica che arriva dalla casa madre. Non c'è nessun interesse a sviluppare il repertorio local. Quando viene fatto viene fatto esclusivamente per a volte anche scaricare

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l'iva. Abbiamo un margine di budget da spendere, che facciamo? Vabbè, produciamo un paio di artisti.

3. Tu pensi che le major siano destinate a continuare ad avere questa quota di mercato così ampia? In realtà ci sono molti dati che dicono che questo sia il momento delle indipendenti, le major stanno perdendo vaste quote di mercato con la crisi della discografia. I dischi venduti dalle major sono i più scaricati, mentre le etichette indipendenti godono della fidelizzazione del pubblico no? E quindi molti dicono che le major siano destinate al crollo o a concentrarsi su altre sfere della musica come magari quella della telefonia mobile. Musica comunque digitale piuttosto che quella su supporto fisico come continuano invece a fare le etichette indipendenti.

Sicuramente questo è il momento delle etichette indipendenti per una ragione fondamentale: la differenza che c'è tra una multinazionale e le etichette indipendenti, proprio a monte sta nell'approccio nei confronti dei progetti artistici. Le indipendenti fanno scouting, le multinazionali no. Non ne sono proprio più capaci per diverse ragioni. uno perché il ruolo dell'A&R nelle multinazionali è ricoperto da gente che non ha la cultura specifica che gli permette di svolgere quel lavoro lì, ma magari per giochi di acquisizioni accorpamenti, fusioni societarie, il giro delle poltrone porta a sedersi nella poltrona di A&R uno che prima stava al marketing e che magari con un po' di fortuna ha una sua cultura musicale. Ma anche no. Quindi non c'è più proprio quello stimolo quello spirito di fare

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ricerca. Le multinazionali non la fanno più, ma da anni ormai. Quando vado a fare le docenze, mi capita ai corsi di formazione, nei master, porto sempre un esempio di un discografico di una multinazionale che mi disse un po' di anni fa, quando io nel mio solito giro gli portai dei progetti da valutare perché, come ti dicevo prima, noi abbiamo bisogno di quel passo ulteriore fatto di denaro e di potere e che noi non abbiamo. Quindi noi, diciamo cerchiamo di collocare i prodotti sul mercato, farti capire di che si tratta e poi però se non interviene qualcuno con dei finanziamenti importanti... e come al solito gli ho sottoposto a lui come ad altri delle cose e alla fine lui mi disse il materiale è molto interessante, complimenti, fate un buon lavoro di ricerca, però sai, noi stiamo cercando una cantautrice tipo consoli. Io dico scusa, che significa tipo consoli, io c'ho una cantautrice tipo se stessa! E noi sai, però adesso la consoli funziona, a noi ci serve una consoli. - e allora cerca una consoli, ma che ti devo dì. Inutile dirti che quella che poi presero sotto contratto perché assomigliava alla consoli tu non sai neanche chi è: nel senso che ha vissuto una sua stagione fatta di un singoletto che è morto lì e poi fine della storia. Questo per dire che se tu stai dietro a una scrivania, gestisci dei budget, invece di investirli per dire -mm questi chi so? A cappello a cilindro, Marcosbanda, che fanno? Ah, una roba nuova, mai sentita! investiamo proviamo, sperimentiamo. Invece gli devi dire questo, vai dai cappello a cilindro e gli devi dire no però dovresti essere più rock, perché funzionano i subsonica. Oppure vai da una cantante no però devi assomigliare più a Amy Winehouse – e il riferimento è ovvio a Giusy Ferreri –

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Giusy Ferreri era chiusa 5 anni in un cassetto e non sapevano cosa farsene. Improvvisamente hanno avuto il lampo di genio X-Factor, facciamola diventare la Amy Winehouse Italiana. E poi è brava, ma questo è un altro paio di maniche. Cioè probabilmente sarebbe stata brava anche ad essere sé stessa invece le hanno dovuto costruire attorno un vestito che scimmiottasse qualcosa che funziona all'estero. Ma io dico, siamo nella patria della musica della melodia. Ma perché non provare a investire sulla fantasia sull'originalità dei nostri artisti?Noi questo lo facciamo, le etichette indipendenti questo lo fanno, quindi indubbiamente questoè il momento delle etichette indipendenti. perché poi l'altra cosa che fa la differenza è che le indipendenti generalmente molto difficilmente lavorano sui singoli. E' molto più facile che lavorino su un progetto completo. E qui torniamo al discorso di prima del cd. Io quando valuto un progetto non mi fermo alla singola canzone. Voglio sentirlo tutto il materiale. perché è proprio perché le etichette indipendenti non hanno accesso a certi canali, io devo partire dal presupposto che un disco che esce cinico disincanto deve essere lavorato dal mio ufficio promozione per almeno un anno e mezzo. Per poter lavorare un anno e mezzo su un disco deve essere un disco bello. Dalla prima all'ultima traccia. Deve essere un disco dove io posso ogni 3 mesi sollecitare le radio per farmi passare una canzone nuova, dove io posso permettermi di fare, se trovo le risorse per farlo, due tre videoclip, dove io posso permettermi di far parlare la stampa per sei mesi e aspettare, avere la pazienza che escano le recensioni una dietro l'altra. Avere la pazienza che il gruppo

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faccia i concorsi, li vinca, mi dia spunti per fare notizia, per far parlare, per tenere alto il livello di comunicazione. Noi questo è quello che stiamo facendo. Noi abbiamo avuto la Marcosbanda che tra metà del 2007 e metà del 2008 ha vinto i principali concorsi che c'erano compreso il cornetto free music, l'artista che non c'era, voci per la libertà di amnesty. Tutte queste sono cose che ci permettono di tenere alto il livello di comunicazione sull'artista, ma possiamo farlo solo perché abbiamo un progetto di un album che è bello dalla prima all'ultima traccia. Quindi questo fa la differenza perché l'indipendente lavora sull'artista, sul progetto non sulla canzone one shot se funziona bene se no arrivederci ne prendiamo un'altra. perché non ce lo possiamo permettere.

Quindi per cercare di rispondere alla tua domanda, perché mi rendo conto che poi divago, sì, è il momento delle etichette indipendenti però purtroppo il potere – tra virgolette – nei confronti dei media tradizionali è ancora nelle mani di chi ha il denaro da investire, cosa che hanno le multinazionali. Io non credo che le multinazionali siano destinate a scomparire, sicuramente sono destinate a ristrutturarsi, a rivedere il proprio ruolo e la propria posizione, se poi si sveglieranno e magari decideranno – per esempio una cosa che potrebbe essere intelligente ma a quanto pare non si riesce a mettere in piedi è ok tu chi sei C.D? Tu chi sei altipiani? chi sei, tube records? Perfetto cosa fai, fai delle cose che mi interessano? Vieni da me, ti lascio la tua autonomia, questo è il budget a disposizione. Però entro in con-proprietà con te. Se le cose che tu fai, aiutato da me major funzionano, io poi le acquisisco, o

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comunque ne sono partner. Però ti riconosco la capacità di fare quel lavoro sul territorio di scouting che noi non siamo in grado di fare e quindi ti considero una sorta di laboratorio mio, della multinazionale. Questo potrebbe essere il futuro. Multinazionali fornitori di grandi servizi di distribuzione, di grande promozione, di risorse economiche ed etichette indipendenti fornitori di idee nuove, di progetti nuovi, questa potrebbe essere la via. Noi indipendenti già ci siamo arrivati a questo ragionamento, bisogna vedere se ci arrivano le major, i capi delle major.

4. Ti prospetto un futuro in cui ci siano soltanto mercati di nicchia e in cui l'unico successo sia ottenuto soltanto da piccole etichette indipendenti, piccolissime, che riescono a farsi conoscere in tutte le parti del mondo al di là dei canali mainstream come la televisione e i media di massa. Tu cosa pensi di questo futuro?

Io sinceramente non lo ritengo uno scenario realistico. perché le nicchie sono nicchie. non sono convinto c del fatto che sia tutto nelle mani di internet e che, insomma quella del gruppo e che parte dal piccolo paese di provincia e che arriva a conquistare il mondo è un po' una favoletta, nel senso che può capitare. perché tutto può capitare. E però spesso ci sono una serie di coincidenze, di fattori e di circostanze che permettono questo. Cioè non può diventare la regola, capisci cosa voglio dire? E' un'eccezione. Non è sufficiente posizionarsi su internet e dire esisto perché il mondo

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improvvisamente di accorga di te. E' vero che ci sono i meccanismi del viral marketing e della promozione sul web che ti consentono con una maggiore facilità di diffondere un progetto e di farlo conoscere. Però che questo diventi la regola generale per tutti e che quindi diventi la fetta di maggioranza del mercato ci credo un po' poco. ...Sarebbe una bella utopia, in realtà non è così, non può essere così. no. Cioè metterebbe in discussione, significherebbe che crolla tutto il castello ma non soltanto della musica, proprio della gestione globale delle cose. Sarebbe bello è che fosse sufficiente il web per farsi conoscere dal mondo. In realtà non basta quel, come sarebbe molto più utile magari che invece di comprare al supermercato qui sotto della frutta prodotta in, nel Nord-Africa e importata in Italia io prendessi le arance coltivate a un km da qui. Ci sarebbero tanti risparmi no, però significa tornare all'artigianato, fondamentalmente, alla piccola.. Io credo che nessuna del.. sono due mondi veri entrambi che devono e dovranno trovare un modo di coesistere. Non ha un futuro il mainstream fine a se stesso. Io credo che l'MTV che costruisce personaggi a tavolino... Sai perché ti dicevo favoletta prima, perché anche negli anni passati no, ci sono stati dei casi: “Ah l'artista scoperta da internet dal discografico...” : erano tutte cose costruite a tavolino. Erano artisti già sotto contratto con multinazionali americane messi sul web e fatti partire dal basso. Ah sono la povera artista sconosciuta, volete diventare miei fan? Guardate, questo è il mio video! E in realtà era un video fatto con i soldi di una multinazionale, non se l'era fatto a casa da sola. Quindi era un test, era un progetto per vedere se un determinato meccanismo funzionava, e ha funzionato.

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Però c'erano i soldi dietro. Cioè non era la cosa partita dal niente. Allora il mondo mainstream fine a se stesso secondo me non ha un grandissimo futuro, ma non potrà essere soppiantato interamente dalle auto-produzioni che si diffondono utilizzando il web. Ci deve essere una via di mezzo che va trovata perché comunque sia poi, nella maggior parte dei casi il gruppo che affronta il mondo da solo non ha l'esperienza per poterlo fare e quindi magari fa degli errori, spreca energie, spreca risorse, quando potrebbe invece magari guidato, ottimizzarle. Insomma riconosciamo a ognuno il proprio ruolo: c'è chi sa scrivere delle canzoni e c'è chi sa promuoverle, chi sa produrle. Chi pensa di saper fare tutto da solo è un po' presuntuoso. Questo vale a qualsiasi livello. Sai quanti gruppi vengono da me con dei master finiti e io gli dico ecco il materiale è buono, però certo che qua magari si poteva sviluppare meglio questa cosa, oppure i suoni... E però sai, ormai l'abbiamo finito. Ema se tu venivi da me un po' prima gli stessi soldi che hai speso per fare il tuo master lo facevi guidato e magari ottenevi un risultato migliore. A volte questa cosa di voler fare tutto da soli è un po' sposata con un'idea di indipendenza che va bene, per carità. Però bisogna stare anche con i piedi per terra e bisogna anche riconoscere a ogni personaggio, a ogni parte in causa di questo settore la propria professionalità e saperla utilizzare.

5. C'è chi sostiene che le etichette discografiche siano destinate a cessare di esistere e, come dicevi anche tu, anche voi vi state trasformando in fornitori di servizi perché ci sono

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degli artisti che vengono da voi già col master pronto, no? Quindi molti sostengono che, appunto, quelle che ora sono le etichette discografiche, potranno essere facilmente sostituite da specialisti freelance che ti offriranno quel servizio, unicamente per ciò che ti serve. Poi c'è chi dice che le future etichette discografiche saranno dei blog che raccoglieranno le communities di appassionati attorno all'etichetta stessa e poi diffonderanno la voce, tutto in digitale. E poi le modalità di produzione potranno essere anche il vinile, qualsiasi altra cosa. Se io ti dicessi: Cinico Disincanto non è destinata ad avere un futuro perché non varrebbe la pena di spendere tutti questi soldi in una struttura di questo tipo, tu cosa penseresti?

io non penso che siamo destinati a sparire. Indubbiamente come hai detto tu all'inizio il fare produzione a livello indipendente è un po' una passione. Un po' come una volta c'era il mecenate che portava gli artisti alla sua corte e gli dava l'opportunità di sviluppare la propria arte. Ovviamente l'obiettivo di tutti noi indipendenti è quello di diventare delle aziende in attivo. Quindi in grado di generare un reddito e di consentire a tutte le persone che ci lavorano attorno di poter fare un lavoro che comunque si fa con grande passione, con grande energia senza vincoli di orario etc che merita di essere remunerato. Molti di noi parallelamente svolgono anche altre attività che consentono poi di tenere a galla la struttura discografica. Io stesso, Cinico disincanto fine a se stessa è

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ancora nella fase start-up, quindi ancora nella fase di raggiungimento del margine di guadagno sufficiente a gestire il tutto. Quello che manca viene compensato dalle altre attività che io svolto però porto avanti lo stesso perché credo in questa cosa che sta crescendo anno do po anno. Dopo di ché, per rispondere alla tua domanda, io sì credo che le etichette tradizionale siano destinate a trasformarsi, multinazionali e indipendenti e in parte noi lo stiamo già facendo perché, come ti dicevo, siamo, parallelamente alla nostra attività anche fornitori di una serie di servizi che vanno dalla distribuzione al booking dal management alla promozione e li forniamo a pagamento agli artisti che decidono di rivolgersi a noi per questi servizi qui ma che desiderano non entrare nel nostro catalogo. Però attenzione perché ci sono degli aspetti del lavoro che sono ignorati dagli artisti stessi che nessun internet, nessuna auto-produzione ti potranno mai sostituire. Ti faccio un esempio c'è il lavoro editoriale. Noi siamo anche una società editoriale. Il lavoro editoriale è quello che porta il label manager di un etichetta a gestire le edizioni di un artista e a gestirle in maniera tale che io provo a metterti nella colonna sonora di un film provo a metterti nella colonna sonora di uno spot provo a farti fare passaggi TV on possiamo pensare che tutti facciano tutto dal soli, è impensabile. Quindi comunque il ruolo dell'etichetta e il ruolo dell'editore è un ruolo comunque che si mantiene nel tempo, trasformandosi, anche rivedendo il proprio rapporto con gli artisti anche da un punto di vista contrattuale. Non ti nascondo che noi stiamo rivedendo i nostri contratti anche proprio in funzione della scena cambiata del contesto in cui ci muoviamo cambiato.

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Però il futuro c'è. Per una sola ragione. Che la musica non si ferma. Ci può essere tutta la crisi del mondo, però l'artista che sente l'esigenza di esprimere un proprio sentimento attraverso la musica e il fruitore che sente l'esigenza di assimilare queste sensazioni queste emozioni attraverso la musica è una cosa che ci sarà sempre. Noi siamo talmente tanto abituati a vivere nel flusso della musica che non ce ne rendiamo neanche più conto dell'importanza che ha. Se tu provi a immaginare la tua vita senza la musica ti rendi conto che diventa una roba assolutamente vuota. perché tu ormai la musica ce l'hai ovunque. Nei negozi, nella metropolitana, negli autobus, negli uffici, nell'I-Pod, in TV. Spesso la TV viene tenuta accesa come un tempo venuta accesa la radio. E' un sottofondo che sta lì, trasmette musica, videoclip, neanche li guardi però l'ascolti. È un flusso continuo di cose che è un po' alla radice del problema del concetto di musica gratuita. La gente soprattutto le nuove generazioni fanno fatica a concepire la musica come un bene da pagare perché sono talmente tanto abituate ad averla addosso che è come l'aria. [Se tu hai visto il mio blog hai visto che il tipo di atteggiamento..] nell'immaginario collettivo l'immaginario del discografico è di quello che sfrutta l'artista e si compra il cayenne . Io l'ultima macchina che ho avuto me la sono venduta per fare il disco dei cappello a cilindro. Questo per inciso, poi ne ho comprato un'altra. Però c'è stato un momento in cui ho dovuto fare una scelta. Non mi devo comprare il cayenne io non sono il discografico della multinazionale che negli anni 70 80 si è arricchito alle spalle degli artisti, sono una nuova generazione di discografici che cerca di fare questo lavoro con amore e con passione come si

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faceva negli anni 60 70. adesso le cose sono un po' cambiate però nell'immaginario collettivo è rimasto quel concetti lì. Quindi, chi se ne frega, io la musica la scarico, vai a quel paese te e chi pensava di mangiarci su, ma non è così. La musica ha un suo valore. Altrimenti arriva il giorno che nessun artista produrrà più niente perché non avrà più le risorse economiche, non avrà più il tempo per mettersi a comporre. I gruppi che sto producendo io all80% lavorano tutti. C'è chi fa l'infermiere, chi fa il ricercatore biologico, chi fa l'autista del sindaco, cioè sono tutti ragazzi che lavorano e che fanno musica per hobby, chiaramente con l'obiettivo di fare della musica l'attività primaria. Però sono in una fase dove con i piedi per terra dicono, devo campare e però voglio sognare. Questo sogno bisogna anche alimentarlo in qualche modo, altrimenti arriva il giorno in cui , come l'artista che abbiamo prodotto cioè Andrea Staderini, arriva il giorno che appendi la chitarra al chiodo perché non c'hai più il tempo per giocare. LA musica è anche una professione. Va riconosciuta, va remunerata e questo è il modo per farlo capire al pubblico.

6. L'idea che la gente pensi che la musica debba essere gratis, è una conclusione a cui sono arrivata anch'io nel corso della mia tesi. E grosso modo è dimostrata anche dal fatto che le strategie di contrasto della pirateria si sono rivelate fallimentari nonostante sia in crescita il mercato del download legale. Però è una minima parte rispetto al marasma di roba che si scarica gratis. A questo punto molti pensano che sia più utile cercare di smetterla di contrastare il

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download e di concentrarsi su altre modalità di retribuzione della musica. Perché in realtà la gente continua a spendere per la musica, lo dimostra il fatto che le spese per i concerti sono cresciute negli ultimi anni, e ai concerti poi si comprano i cd originali, si comprano i vinili, si comprano i gadget, le borse porta-vinili, si compra tutto e si spendono tantissimi soldi per la musica. Per questo, non è più utile forse far leva su altri fattori, far pagare la musica in modo un po' diverso? Questa è una domanda.

7. Poi veniamo anche a un altro tema che si nota tramite le modalità che si incontrano in tanti portali come myspace o last.fm, dove la musica gratuita ed è pagata da delle aziende che fanno pubblicità, per cui ti esce il banner e ascolti la musica gratuitamente perché pagata dalle grandi aziende. Questa è una modalità.Altri invece pensano che il futuro possa risiedere nelle tariffe flat. Abbonamenti mensili o annuali per cui tu ti scarichi tutta la musica che vuoi e però ti paghi l'abbonamento, come succederà anche per i telefoni (Nokia comes with music). Sono tutte soluzioni orientate sulla musica gratuita in digitale, in modo tale da non cercare di contrastare più questo fenomeno che è incontrastabile alla fine. Qual è il tuo pensiero su questo fatto e soprattutto sei d'accordo con chi pensa che debba essere distribuita gratuitamente su internet, se sia necessario cambiare le modalità di vendita della musica?

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La risposta è no alla tua ultima domanda. Io non credo che la musica debba essere diffusa gratuitamente, e soprattutto che si debba ripagare con altre cose. No è una cosa che proprio non mi piace concettualmente. Poi magari finirà così, però secondo me no.

È già così!

Non è soltanto così. Guarda partiamo dall'inizio della tua domanda. Le campagne contro la pirateria. Sai cosa c'è di sbagliato nelle campagne contro la pirateria che sono state fatte in tutti questi anni. C'è un principio di fondo sbagliato. Queste campagne sono state strutturate in modo da criminalizzare l'utente. Cioè io cerco di spaventarti, io ti dico: chi scarica compie un reato, io ti dico: rischi questo rischi quello che, rivolto a dei ragazzi prevalentemente giovani, quanti può dissuaderne? Nella maggior parte dei casi uno non fa altro che alimentare il livello di sfida. È come che fa un graffito sul muro. La mattina passa l'operaio per imbiancare e la notte quelli tornano e fanno un altro graffito. E si va avanti così all'infinito. Pensi che non sappiano che fare quel graffito potrebbe portare una multa, commettere un reato? Certo che lo sanno, ma è una sfida. Allora soprattutto quando si è molto giovani, si vive tutto come una sfida. Il giovane contro il vecchio...

Criminalizzare secondo me, che è stato il metodo per reprimere la pirateria in questi anni è sbagliato, o meglio non è che non è giusto sottolineare che si tratta di un crimine però secondo me invece sarebbe molto più utile – infatti c'è un

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progetto su cui noi stiamo lavorando, che va proprio in questa direzione, stiamo adesso cercando gli interlocutori a livello istituzionale e a livello di enti disposti a sostenere (ci stiamo rivolgendo alla SIAE all'IMAIE e alle istituzioni) per trovare delle realtà interessate a sostenere questo tipo di progetto – la via giusta secondo me per contrastare il download illegale sul web, lo scambio di files il file sharing, la via giusta, ce ne sono due:Una è quella di fare formazione. Quanti ragazzi di 15 16 anni conoscono il reale valore dell'mp3 che scaricano? Pochissimi. Per loro è musica, è un file, sta lì e lo scaricano. Allora perché non pensare a un percorso che permetta, nelle scuole, nei licei, nelle scuole medie, che permetta ai ragazzi di far vivere ai ragazzi tutta la filiera produttiva che c'è dietro a quell'mp3. Io ti prendo, entro in una scuola, ci sarà una band nella scuola? C'è sempre una band in una scuola. prendo questa band e gli dico: Tu che vuoi fare da grande? Il musicista? Hai una band? Perfetto, proviamoci ci mettiamo insieme e nell'arco di un tot di mesi io ti faccio fare tutti i passaggi che servono per farti arrivare al prodotto finale. Ma insieme a te lo fanno tutti i tuoi compagni di scuola che vivono con te tutte le fasi: la sala prove, il lavoro col produttore, l'adattamento delle canzoni, l'aggiustamento dei testi, l'arrangiamento e poi il servizio fotografico, la scelta di come ti devi vestire, le prove sul palco, tutto il sudore, l'energia, il denaro che serve. Farglielo conoscere direttamente e poi quando arrivi al punto finale quando tu finalmente hai in mano quest'oggetto, allora puoi andare dai ragazzi e dirgli: adesso che i vostri amici sono diventati degli artisti, che questo disco è frutto di un anno di

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lavoro, te lo compri o te lo scarichi gratis? Sicuramente ci sarà qualcuno che dice: - me lo scarico gratis, però una fetta di persone avranno capito cosa c'è dietro, che non è un gioco , che non è una cosa che sta lì perché ci è arrivata per caso. E' arrivata lì, in quel file che stai scaricando, perché qualcuno ha fatto un sacco di fatica! E queste sono cose che bisogna far conoscere. Cioè secondo me è molto più efficace fare un lavoro di questo genere cioè di fare formazione cominciando dalle scuole, piuttosto che andare da un ragazzino e dirgli: - sei un pirata! E quello si mette la benda e fa: -sì, sono un pirata, e allora? Spiegagli cosa c'è di sbagliato in quello che fa, non gli dire solo che ha sbagliato. Altrimenti non capirà mai.Questo è il punto numero uno.Il punto numero due è che il mercato mainstream ha agevolato la pirateria lavorando solo sui singoli e non lavorando sul progetto intero di un album di fatto:- perché mi devo comprare l'intero disco di Britney Spears se mi piace soltanto l'ultima canzone? Me la scarico. Non giustifica quei 22 euro che vogliono per il disco. Allora invece io ti do il disco: perché ti devi comprare il disco della Marcosbanda? perché è bello tutto. E se ti scarichi tutte le canzoni alla fine avrai un'accozzaglia di file che non hanno una loro interezza allora siccome io il disco te lo vendo a 10 euro, spendili.Quindi intanto una politica di abbattimento dei costi del supporto. Primo. Secondo lavorare su progetti artistici interi, e non su singole canzoni. E questi sono due modi per contrastare la pirateria.

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> Invece per quanto riguarda la pubblicità, le tariffe flat?

A me non piacciono molto queste cose, mi rendo conto che ci dovrò fare i conti prima o poi, però sono percorsi che mi piacciono poco perché non danno valore alla musica perché la considerano un mezzo per qualcos'altro e fra l'altro io ho qualche dubbio sulla reale efficacia nel senso che adesso tutti quanti si sono entusiasmati per questa cosa ma, realmente, quanta gente di quelli che si sorbisce lo spottino per scaricarsi la canzone poi sfrutta quello spottino lì? Arriverà il momento in cui i pubblicitari dovranno fare i conti con questa cosa e vedranno se il gioco vale la candela!

Io non so se ne hai sentito parlare ma c'è un sistema di distribuzione digitale, fisica che si chiama Prefueled (video: http://www.youtube.com/watch?v=jykFzwGcIw8 Popkomm 2007; sito: https://www.prefueled.com/v3/ , nda). È stato presentato due anni fa al Popkomm di Berlino e noi siamo stati in contatto con loro e stiamo sviluppando anche insieme una parte dedicata alla musica indipendente. Prefueled si basa su questo. Cioè, loro hanno dei distributori fisici che sono fatti come delle pompe di benzina di una volta, caricati con brani digitali che tu puoi scaricare a un prezzo irrisorio, perché il resto viene messo dalla pubblicità che loro mettono sui pannelli luminosi che ti appaiono ogni volta che tu scarichi un brano. Loro sono convinti che questo sistema funzioni. Loro posizionano questi distributori per esempio dentro i centri commerciali. Sono appena arrivati in Italia, è una società tedesca. Loro sono convinti che questa sia la strada. E io ho

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detto:- vediamo, se vi serve una consulenza sulla parte indipendente stiamo lavorando insieme su questo progetto, però io qualche dubbio ce l'ho. perché stiamo sempre lì cioè in realtà tu non scarichi gratis perché tu scarichi gratis ma perché ti impegni a guardarti il filmatino pubblicitario. Allora se mi devo impegnare a guardare il filmatino pubblicitario, ma chi se ne frega, scarico da emule! Cioè, torniamo sempre lì, capito?

Però, vediamo come va a finire, io non ci credo molto, credo molto di più in altri percorsi, per esempio, come dicevi tu, il settore live è un settore che ancora funziona, con tutte le sue difficoltà con tutta la fatica che fanno i piccoli locali a sopravvivere alla crisi etc, però quello è un settore su cui ancora si può lavorare. Allora una cosa che noi per esempio stiamo sperimentando è quella di, sul tour promozionale di lancio di un progetto nuovo – ed è un'operazione che stiamo facendo insieme a un altra realtà romana, stiamo facendo questo test – nei concerti di presentazione del nuovo album, invece di fare ingresso libero e mettere il cd in vendita sul banchetto., noi facciamo ingresso a 10 euro, incluso l'album. Tu entri, paghi il biglietto e io ti do il disco. Poi se il locale è d'accordo, gli diamo anche una consumazione. Però intanto io diffondo dischi originali, tu sei venuto e fruisci comunque di un concerto, il locale lavora ed è contento e abbiamo ottenuto ognuno il proprio scopo. Questa può essere una strada. Però io da una parte guardo molto al futuro, da una parte sono molto ancorato al supporto, al disco all'interezza del progetto al bello di poter sfogliare un booklet. Noi abbiamo fatto un disco di un gruppo che si chiama Jacinto Canek, che fra l'altro

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stanno andando meglio all'estero che in Italia, stanno progettando per aprire il 5 tour nei Balcani, e loro hanno un disco che è bello da vedere. C'è un booklet tutto a cartoni animati fatto da un disegnatore e insomma quello non ce l'avrai mai scaricandolo da internet né legalmente né illegalmente. Poi uno può anche dire che non gliene frega niente, però se c'è qualcuno che ha anche la passione per l'oggetto io voglio continuare a darglieli quegli oggetti.

Io, a questo proposito lascio un po' perdere le domande e ti dico la mia esperienza personale. Io sono una di quelle che si scaricano fiumi di roba. E me la scarico, però da quando ho iniziato a scaricare, mi compro un sacco di cd, e ci spendo un sacco di soldi. Questo perché scaricare la musica magari mi consente di scoprire cose nuove, mi appassiono. Cioè, io sono d'accordissimo col fatto che la musica che io sto scaricando ha un grosso lavoro dietro, però magari, prima di conoscerla io non avrei speso tutti questi soldi. La mia passione è cresciuta esponenzialmente anche grazie a questo: io i soldi che spendo per concerti, per vinili per cd, per gadgets li spendo Creative Commons ho modo di conoscere la musica anche scaricandola ed è così che ho scoperto la passione che magari prima non avrei potuto scoprire.

Si ma guarda questo va benissimo, nel senso che tu fai un utilizzo del file sharing, conoscitivo cioè sfrutti il file sharing per andare a compensare quelle lacune di conoscenza che tutti i media tradizionali ti negano. Ok? perché tu sui

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media tradizionali tu senti passare sempre e solo le stesse canzoni. Quindi non ahi nessuna speranza di scoprirne delle altre. Qui torniamo ad altri discorsi. Posso dirti per esempio, io sono nel comitato direttivo di Audiocoop, che è un'associazione di categoria di discografici e produttori indipendenti, da anni ci stiamo battendo per una legge sulla musica, tra i punti fondamentali di questa legge c'è cercare di fruttare il modello francese e imporre ai media un tot di programmazione Italiana, che non vuol dire cantata in Italiano vuol dire di produzione Italiana. Può sembrare un modo di ragionare antico, protezionistico, però bisogna valorizzare quello che noi facciamo, quello che noi produciamo bisogna dargli spazio. Probabilmente se tu avessi tante radio che trasmettono cose diverse e avessi individuato quel canale radiofonico che ti fa ascoltare cose nuove tu non avresti neanche bisogno di scaricartele da internet. Tu le scarichi, se trovi ne trovi una che ti piace, la vai a comprare. Bene. Ma se tu per esempio avessi una radio che quella cosa te la passa e ti spiega chi è quel gruppo, ti fa un lavoro di informazione musicale. Tu non avresti bisogno di andartelo a scaricare perché lo ascolti e dici -oh, sai che questo è bello e poi magari hai lo speaker che ti dice – questo è un gruppo inglese, questo è un gruppo Italiano emergente, hanno vinto quel concorso, questo è il loro sito web, allora tu magari vai sul sito, c'è lo streaming delle canzoni, le puoi ascoltare. Per esempio l'ultimo progetto che noi abbiamo pubblicato, sul sito della band è possibile scaricare in streaming tutti i brani. Ascolta se ti piace compra. Allora il download fatto come lo

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fai tu ha un senso perché tu ti vai a ritagliare quella fetta di conoscenza che non ti vien fornita dai media.

Quello che voglio dire io è che penso che il mio non sia un caso singolo ma che come me ci sia tanta gente che avendo a disposizione infiniti cataloghi di musica che per esempio mio padre, e questo discorso vale per tutti, pur essendo appassionato si sarebbe sognato di conoscere. Molta più gente conosce molta più musica, e questo spinge molta più gente ad appassionarsi di musica e comprarla. E questo è per concludere, per concludere il discorso.

8. Che cosa ne pensi dei nuovi tipi di licenza che stanno andando molto, anche riguardo a questo problema della pirateria, la filosofia della musica gratuita e dei contenuti gratuiti che è creative commons, con jamendo – se n'è parlato anche al MEI... In relazione a questo, se pensi sia utile per un artista scegliere questo tipo di licenze, se pensi che comunque degli introiti ci possano essere oppure se sia più giusto magari cercare delle soluzioni alternative anche in collaborazione con la SIAE, come si pensa di andare a fare nei prossimi anni.

9. E poi, ti ho anticipato prima che andò a intervistare un esponente del mondo delle netlabels italiane, volevo chiederti: oggi si parla spesso delle netlabels anche perché il mercato della discografia tradizionale si sta avvicinando alla sfera del digitale.

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Le netlabels sono nate nella scena della musica elettronica, però si stanno diffondendo anche per gli altri generi musicali. Pensi che sia più semplice per un artista oggi farsi conoscere attraverso la rete piuttosto che firmando un contratto con un'etichetta? Cosa ne pensi di tutti gli artisti che sono riusciti a farsi un nome unicamente con la pubblicità virale?

Quindi: prima parte Creative Commons, seconda parte cosa ne pensi del mondo delle netlabels e del futuro di questa scena.

Parto dal fondo. Le netlabels sono una conseguenza diretta di tutti i discorsi che abbiamo fatto finora, il mercato sta andando in questa direzione, si cerca di trovare un modo per sopravvivere, uno dei modi per sopravvivere è abbattere i costi e quindi diventare delle realtà virtuali sostanzialmente che però nascono e crescono sul web e bisogna vedere se sono in grado di uscire dal web nel momento in cui c'è l'esigenza di uscire. Mi sembrano dei grandi vivai che per carità, vanno benissimo. Però non lo so insomma noi siamo abituati a , tu all'inizio dicevi che Cinico disincanto ha una struttura, non hai usato la parola antica, però, il concetto tradizionale, è vero, e a me piace così. Mi piace che ci sia una realtà piccola, ma in grado di gestire tutto. Quindi come in grande fanno le multinazionali, o meglio facevano una volta. Questo perché tu devi sapere, io vengo dalla radio, ho cominciato lavorando in radio. In questi anni ho avuto la fortuna di fare esperienza in radio in TV nel live. Tuttora faccio il tour manager a Paolo

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Belli, quindi giro l'Italia in tournée. Ho avuto modo di lavorare negli uffici stampa ho fatto promozione, quindi ho avuto modo di stare da una parte e dall'altra della barricata in diverse situazioni. Ho avuto modo di essere fornitore e cliente. Questo ha fatto sì, ha costruito un' esperienza che mi permette di provare a intuire le esigenze di entrambe le parti. E questa cosa io cerco di trasmetterla alle persone con cui lavoro con cui collaboro, nell'ottica di ottimizzare tutte le cose che noi facciamo, quindi la promozione sulle radio la distribuzione il booking il management, la gestione editoriale, lo scouting. Sono tutte cose che secondo me un'etichetta indipendente è in grado di fare può e deve fare. La netlabel fa solo una parte di queste cose. Fa lo scouting, prende delle canzoni e le mette su una vetrina, web e fa un po' di promozione,ma fa promozione solo sul web. Noi facciamo promozione sul web, ma facciamo promozione anche sulle radio sulla TV sulla carta stampata. Non lo so ho come la sensazione che le manchi un pezzo a una netlabel, però, massimo rispetto perché anche da li possono partire progetti che poi si evolvono anche in un'altra forma.

Riguardo il CC, e comunque tutte le forme di licenza gratuita. Detto molto sinceramente mi sembra il punto di vista di quelli che hanno scritto certe cose sul mio blog rispetto al discorso della pirateria. Mi sembra il punto di vista dell'artista che dice faccio da solo. Non me ne frega niente dei diritti non me ne frega niente della SIAE, non me ne frega niente di te discografico che vuoi guadagnare sulla mia arte io faccio arte e la diffondo. Però verrà il giorno che tu dovrai decidere se tu di quest'arte ci vuoi vivere o se la lasci come un hobby. Se la

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lasci come un hobby sei libero di fare quello che vuoi, se decidi di viverci vedrai che cominciano a farti comodo i soldi del diritto d'autore perché non dimentichiamoci che comunque alla fine quella rappresenta una fetta non indifferente del reddito per un artista e per un'azienda che gestisce l'artista. Il diritto d'autore, il diritto editoriale di conseguenza, sono una parte importante della voce attiva di un bilancio di un'etichetta discografica, e anche quindi dell'artista. Tu sai quanto paga un passaggio TV di una canzone in prima serata? Tanti soldi. Un passaggio in prima serata arriva a pagare anche 1000 euro di diritto d'autore. Tu vai una volta in TV, canti una canzone e ti porti a casa 1000 euro. In prima serata. Questo che significa? Significa che di queste cose uno vive. Allora, ci vuoi rinunciare? Allora rinunciaci, ma io non capisco perché. perché non vuoi dare i soldi alla SIAE, perché ti vuoi sentire libero? Ma tu sei libero, puoi fare tutto quello che vuoi delle tue canzoni. Non vuoi avere un editore? Diventa editore di te stesso se ritieni di essere in grado di diventalo. Ma serve qualcuno che tuteli comunque i tuoi diritti e faccia la raccolta dei proventi derivanti dallo sfruttamento della tua opera. È inevitabile. Poi che la SIAE abbia dei suoi problemi di gestione, che ci siano dei meccanismi che vanno rivisti è assolutamente vero e bisogna lavorare in questa direzione. Sono cambiate delle cose negli ultimi anni alcune in peggio purtroppo e bisogna discutere, lottare per cercare di ottenere quello che veramente spetta agli artisti. Però anche lì, determinate decisioni siano state prese dalla SIAE perché si erano create delle situazioni malate. Parlo per esempio della ripartizione del concertino. Si è deciso di farla a campione e

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non sulla base del programma musicale, perché? perché sono state scoperte delle truffe,m soprattutto in certe zone d'Italia dove c'erano le grandi orchestre di musica da ballo che facevano capo ad un'unica organizzazione o al sud dove c'erano quelli che fanno il piano bar, quelli che fanno l'intrattenimento che facevano capo ad altre organizzazioni di dubbia matrice che non compilavano il vero programma musicale, lo compilavano mettendo dentro le canzoni che poi avrebbero portato soldi, proventi a chi forniva il lavoro. E' stato scoperto questo meccanismo malato, si è usato il metodo peggiore probabilmente per risolvere la situazione, il metodo migliore forse sarebbe stato fare i controlli. siccome fare i controlli costa, è stato preferito dire bé allora sai che facciamo? Facciamo a campione. Ma fare a campione ha penalizzato tutti quelli che invece andavano realmente nei locali e compilavano il programma musicale scrivendo realmente quello che loro suonavano compresi quelli che scrivevano le proprie canzoni che realmente suonavano. Quindi indubbiamente questo meccanismo ha penalizzato. Io capisco che ci possa essere l'artista che dice io non accetto che ci sia qualcuno che decide determinate cose, non mi voglio far comandare da nessuno etc. sicuramente ci sono delle cose che possono essere migliorate, nella SIAE, nell'IMAIE nell'SCF, insomma in tutte le società che fanno collecting di diritti. Però se c'è qualcuno che raccoglie del denaro per lo sfruttamento di una tua opera non vedo per quale motivo devi rinunciarci. A beneficio di cosa? È questo che io non capisco. Cioè a beneficio di chi? Chi ci guadagna dalla rinuncia al diritto d'autore allo sfruttamento della propria opera. Mi sfugge si sei

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libero va bene, però non è l'open source del software, non lo so, francamente non lo vedo come la via futura. Poi ovviamente io parlo dal mio punto di vista quindi qualcuno dirà bé certo, tu fai il discografico, se non fosse così tu non lavoreresti più. Il che è anche vero però insomma io continuo a vederla in questo modo.

Un altra cosa. Avete intenzione di continuare a produrre sempre su supporti tipo cd o pensate anche a vinili, audiocassette, perché stanno uscendo fuori un sacco di idee alternative rispetto a questo.

Guarda torniamo al discorso di prima sulle nicchie. Le nicchie sono tanto belle, però sono nicchie, non sono produttive. Allora o sei i Radiohead..

Però c'è un dato preciso: la vendita dei vinili è aumentata del 200% nell'ultimo anno.

Bisogna vedere quanti se ne vendevano prima però, se le vendite sono aumentate del 200% e prima se ne vendeva 1. Il vinile non è il futuro.

Sì, però è sempre un dato, non possiamo sottovalutarlo.

È un dato, per carità, però è anche un dato che va a rafforzare quello che ti dicevo io. Comunque c'è una fascia di attenzione verso il prodotto, l'oggetto. Allora che poi si sia rispolverato il

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vinile per il godimento dei cultori, va benissimo, ma non è il futuro. Siamo seri su, il vinile è un supporto scomodo, è un supporto da casa non è un supporto da auto, non è un supporto da viaggio, non è...

Ma non lo sarà neanche il cd nel senso che pure il cd... Fanno le automobile per l'ipod adesso.

Si sì, anche la mia c'ha il buco per mettere la pennetta, però, sì va bene, d'accordo. Però resta il problema che ti dicevo prima, cioè, che tutti i file compressi hanno una qualità nettamente inferiore. Allora poi, è vero, non c'è più l'educazione di ascoltare la musica in una determinata maniera, però la differenza c'è. Cioè, il cd può reggere il confronto con il vinile e nello stesso tempo essere un supporto agile da portare in giro, da utilizzare in macchina, me lo metto nella borsa e lo metto in ufficio, me lo porto a casa, lo regalo lo diffondo etc. E quindi, comunque il vinile è penalizzato perché c'ha una sua scomodità, un suo essere confinato a un uso domestico. Devi avere il giradischi e lo devi mettere su, non c'hai neanche il telecomando per farlo partire da lontano, cioè ti devi alzare devi andare lì, prendere il braccetto. Il confronto tra cd e vinile è giocato su questo: qualità quasi simile e comunque il cd regge il confronto con il vinile a fronte di una maggiore praticità. L'I-pod non regge il confronto. Dal punto di vista tecnologico, da un punto di vista.. sicuramente è più facile, più comodo più pratico. Ma dal punto di vista di qualità non c'è confronto.

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Esistono anche altri formati, non solo l'mp3; senza perdita di qualità.

Parliamone, guarda attraversiamo la strada, andiamo nello studio di mastering e ti faccio parlare con uno dei più bravi fonici di mastering che ci sono in Italia e fatti dare da lui la risposta che è più bravo di me. Ma non è così.

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Intervista a Fabio Battistetti95

1. Esperienze come quelle di muxtape (il portale che diventò famoso per lo sharing dei brani e la condivisione di compilation create dagli utenti) e quelle dei portali per lo sharing della musica online segnalano che è in corso uno shift dell'esperienza di fruizione della musica.

In questo senso, in quale misura credi che le labels cambieranno il loro modo di approcciarsi alla musica?

La fruizione musicale è stata cambiata dagli ascoltatori senza vincoli particolari, dall’altro lato le etichette discografiche subiscono ancora l’influenza dei vincoli del mercato tradizionale e da una certa conservazione nel proprio status tradizionale, ma è un dato di fatto che debbono mutare, molte lo hanno già fatto, ma credo non ci sia ancora una coscienza comune al riguardo. E’ un passo necessario e che gioverà anche alle etichette, ma credo ci voglia ancora un po’ di tempo: molte labels chiuderanno, altre si trasformeranno ma soprattutto nasceranno nuove identità. Individuo nelle etichette discografiche una figura che resterà centrale, quella del direttore artistico: il perché verrà fuori dalle prossime risposte.

2. I cambiamenti che stanno interessando l'industria musicale portano diverse persone, tra esperti e bloggers a

95 Intervista via e-mail in due fasi. Le repliche da parte dell'intervistatrice saranno introdotte dal simbolo >> .

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sostenere che il futuro della musica sia destinato a vedere la fine delle etichette discografiche.

Le funzioni di produzione, promozione e anche distribuzione potranno essere svolte quasi quasi a costo zero in Internet sfruttando la potenza dei social network e del direct marketing.

C'è chi dice che le labels saranno sostituite dai blog, gestiti da persone appassionate e che i compiti più direttamente specializzati, che ora sono affidati alle etichette, saranno in futuro destinati a singoli specialisti freelance.

Davanti a questo genere di previsioni qual è la tua posizione? Tu ora rappresenti il mondo delle netlabels, nato e cresciuto con internet, quindi in qualche modo slegato dai vincoli del business dell'industria discografica. Come vedi però la situazione delle indipendenti tradizionali in un futuro a medio termine?

Io credo che ci deve essere qualcuno, qualcosa in grado dirigere a livello qualitativo il “la marea di musica” che Internet ha portato negli ultimi 10 anni; delineo questa figura in colui che scegli di produrre un disco, sia all’interno del contesto di un’etichetta tradizionale che in una netlabel o in un ipotetico blog. Questa marea musicale deve in qualche modo essere indicizzata altrimenti la fruizione tenderà al caos delle piccole nicchie e la qualità di una produzione rischierebbe di esser messa sotto dal puro marketing. Credo sia importante la figura di un direttore artistico, una persona con cognizione di causa sulla materia musica, produzione e distribuzione ed ovviamente sveglia rispetto agli input degli

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ascoltatori e dell’onda mediatica. Le netlabel stanno assumendo coscienza della loro potenzialità solo da un paio di anni, hanno dalla propria una struttura semplice ed economica ma debbono confrontarsi maggiormente con il resto. Le indies hanno subito il colpo ma chi è sopravvissuto ha imparato quali siano i metodi vincenti per questo preciso momento.

>> A cosa stai pensando?

Acquisire le modalità nuove del marketing, aprirsi verso il digitale e pubblicazioni online gratuite (a scopo promozionale.A riguardo del futuro penso si arriverà ad un incontro tra netlabel ed indipendenti, sfruttando le voraci nicchie e spostando le entrate dalla vendita del disco a quella dell’oggetto (merchandising, dischi in edizione limitata): niente di innovativo rispetto a quanto sta già succedendo. La grossa rivoluzione credo sarà mossa dall’alto e non come i medio-piccoli saranno in grado di muoversi.

>> Hai qualche idea in particolare?

Penso agli abbonamenti flat per la musica digitale, il potenziamento del disco come oggetto (il vinile, l’edizione limitata o ricca di particolari): ci vorranno grossi investimenti che in prima battuta una indie non potrà affrontare, ma non è detto.

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Mi chiedevi di approfondire la questione direttore artistico :

Per la mia esperienza, ritengo sia una figura cardine oggi e domani nel definire una linea editoriale che abbia come principio la qualità musicale, perché è questa che alla fin fine paga, soprattutto nell’ottica delle etichette discografiche che avranno mantenuto questo status perché hanno definito un proprio stile, delle caratteristiche ben determinate che l’ascoltatore riconoscerà facilmente quando andrà a scegliere i dischi. Una figura del genere deve stare al passo dei tempi e dovrà assumere una mentalità che punta non solo alla musica in senso stretto, ma che si confronta con i nuovi media e le altre forme artistiche: l’interazione è una delle strade da percorrere all’interno del percorso di un etichetta, questo non vuol dire diventare un servizio ma differenziare la proposta secondo la propria linea editoriale, questa deve essere una garanzia sia nel caso di un disco, che di un evento...

3. Gerd Leonhard, un esperto in nuovi media sostiene che le etichette debbano smettere di definirsi come produttori e distributori di contenuti e iniziare ad operare come fornitori di servizi, improntando il loro modello di business su questi ultimi e non più sulla musica come è stato finora. Kevin Kelly usa motti come Better then free. La musica è gratis ma gli utenti pagherebbero ben volentieri servizi connessi ad essa, valori generativi che rafforzano i loro legami con gli artisti.

Qual è la tua opinione in proposito?

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A mio modo di vedere, un venditore di servizi è ben distante da un discografico, probabilmente avremo in parallelo le due figure, ma l’ipotesi di vendita di servizi legati alla musica mi sa di globalizzazione asettica: ho il dubbio che si possa perdere il focus: creare e diffondere un bene culturale che esprime e da emozioni. Il rischio di questa strada è che favorisca la musica da sottofondo, ma non abbiamo già la radio per questo ?

A livello di modello di business, le affermazioni di Leonhard ci stanno, perché è un dato di fatto che molte telcom tradizionali son diventate fornitori di servizi e queste rappresentano casi di successo all’interno del business degli ultimi anni, però ricordiamoci che stiamo parlando di musica. Le majors prenderanno tali strade, forti dei loro business a 360° così come realtà del tipo di I-Tunes, Amazon.

4. Su quali parametri pensi che si debba valutare la bontà del lavoro di un'etichetta discografica?

Qualità del prodotto musicale in primis, capacità di creare affezione da parte degli ascoltatori e capacità di ricerca.

5. Sappiamo che il mondo delle netlabels è nato e cresciuto con l'etica della libera distribuzione dei files musicali e che quindi è totalmente slegata dalle problematiche che riguardano il Diritto d'Autore, download e i DRM.

Vorrei però capire cosa pensi rispetto al futuro delle collecting agencies come la Siae. Guardando ad esempio il

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caso dell'Olanda, dove è stato portato avanti un accordo tra Creative Commons e Buma/Stemra, la loro Siae, per gli artisti che vogliono usare le loro opere,licenziate Creative Commons anche a scopo commerciale.

Il modello SIAE è esemplare per quanto sia vecchio tale modello, il suo statuto rimanda agli anni 40, prima della nascita del rock… Nell’ultimo periodo in seguito a spinte e picconate ha iniziata una lenta opera di ridiscussione, questa azione deve velocizzarsi perché oggi tutto corre ed il gap aumenta sempre di più. Un giovane musicista oggi si trova davanti a se muraglie burocratiche e non strumenti supporto alla propria attività, per fortuna Creative Commons è una valida via, ma non è completa perché non è una collecting society. Sono fiducioso sul processo di cambiamento che sta avvenendo, anche in Italia è iniziato un dialogo tra SIAE e CC, vedremo dove porterà.

>> Nel mio lavoro ho avuto l'occasione di intervistare anche Fabrizio Brocchieri, che è il label manager di Cinico disincanto. Abbiamo avuto modo di parlare assieme di SIAE e licenze alternative e questa è una parte della sua riflessione:

“... Verrà il giorno che tu dovrai decidere se tu di quest'arte ci vuoi vivere o se la lasci come un hobby. Se la lasci come un hobby sei libero di fare quello che vuoi, se decidi di viverci vedrai che cominciano a farti comodo i soldi del diritto d'autore; perché non dimentichiamoci che comunque alla fine quella rappresenta una fetta non indifferente del

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reddito per un artista e per un'azienda che gestisce l'artista. Il diritto d'autore, il diritto editoriale di conseguenza, sono una parte importante della voce attiva di un bilancio di un'etichetta discografica, e anche quindi dell'artista. [...]

Di queste cose uno vive. Allora, ci vuoi rinunciare? Allora rinunciaci, ma io non capisco perché. perché non vuoi dare i soldi alla SIAE, perché ti vuoi sentire libero? Ma tu sei libero, puoi fare tutto quello che vuoi delle tue canzoni. Non vuoi avere un editore? Diventa editore di te stesso, se ritieni di essere in grado di diventalo. Ma serve qualcuno che tuteli comunque i tuoi diritti e faccia la raccolta dei proventi derivanti dallo sfruttamento della tua opera. È inevitabile. [...]

Se c'è qualcuno che raccoglie del denaro per lo sfruttamento di una tua opera non vedo per quale motivo devi rinunciarci. A beneficio di cosa? È questo che io non capisco. Cioè a beneficio di chi? Chi ci guadagna dalla rinuncia al diritto d'autore allo sfruttamento della propria opera. Mi sfugge si sei libero va bene, però non è l'open source del software, non lo so, francamente non lo vedo come la via futura.”

La tua opinione in cosa diverge da quella di Cinico, in cosa sei d'accordo?

La decisione su hobby o lavoro è un mio stesso attuale dubbio, la decisione è data dal fatto che oggi per campare di musica occorre fare troppi salti mortali e dal mio punto di vista per ora non ne vale la pena, però sono conscio del fatto che se decido di campare di musica i diritti sulle opere debbono essere una parte dei miei guadagni in un modo o

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nell’altro: non sono contrario alla SIAE ed alle collecting societies, ma così come sono non aiutano, perché hanno meccanismi burocratici enormi ! Il Copyleft non è la risposta, e neanche un alternativa, nasce da una critica ed ha un‘etica totalmente differente ai modelli di business che ancora oggi prevalgono; una entità del genere per applicarsi alla realtà necessita di accordarsi con le collecting societies.

Ognuno può esser editore di se stesso: è possibile, oggi ci sono gli strumenti e credo che in futuro lo sviluppo di Creative Commons e soprattutto di organismi come la SIAE permetterà una maggiore indipendenza. CC non si occupa del recupero dei diritti, non è sua competenza, io noto però un’interesse verso la creazione di un’entità a se che possa gestire la ridistribuzione dei diritti di un opera licenziata in CC usata in un ambito commerciale, cercando di equilibrare al meglio le quote tra produttore e collecting society, partendo da una diminuzione dei costi burocratici. Oggi la ri-distribuzione dei proventi dei diritti d’autore gestiti dalla SIAE ed ha un metodo che taglia le gambe ai piccoli ed ingrassa chi, credo, non ne abbia bisogno: quelli che stanno in testa alle classifiche. Ricordiamoci che il tutto parte da una critica verso un modello obsoleto, poi pian piano ha iniziato a definire un proprio modello: questo passaggio è in corso, ora !

6. Stavamo già accennando ai casi come MySpace o Last.fm, che si stanno orientando verso sistemi di tipo ad supported, per cui i brani ascoltati sono finanziati da banner pubblicitari. Molte previsioni vedono questo tipo di mercato in crescita.

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Poi ci sono iniziative come la recente Nokia Comes with Music che si spostano verso scenari di tipo flat. Abbonamenti annuali o mensili che consentono all'utente di scaricare quantità più o meno limitate di brani musicali attraverso accordi tra etichette discografiche e mondo della telefonia mobile.

Quali conseguenze credi che questi cambiamenti porteranno per la discografia tradizionale? Credi che le indipendenti sapranno sfruttare l'occasione?

È il grande dubbio: le grandi manovre vengono fatte dall’alto, ma il motore della musica sta nel basso e questo si muove in maniera abbastanza indipendente, con un proprio obbiettivo: non è facile ora come ora capire se si adotteranno metodologie flat o di sponsorizzazione.

Io credo molto di più nelle flat, in una canone che mi permetterà di usufruire della musica che voglio quando voglio e dove voglio, perché la pubblicità non l’abbiamo mai tollerata, guarda all’esempio della TV commerciale… c’è troppa pubblicità ovunque, probabilmente la porteranno anche sulle pagine di un libro, ma la gente non la vuole, credo preferisca pagare per un servizio di buona qualità dove non ha “interferenze” del genere.

7. Nonostante da più parti si continui a parlare di crisi per il settore discografico, il consumo di musica continua a crescere. Cresce soprattutto il settore indipendente.

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Molti pensano che il futuro della discografia sia in mano alle piccole etichette, quelle indipendenti, che sono in grado di instaurare un contatto molto più diretto col loro pubblico e creare nicchie di ascoltatori fidelizzati attorno ai propri artisti.

Tu come vedi il futuro delle multinazionali del disco, pensi che le majors siano condannate al l'oblio come fanno alcuni, pensi che si sposteranno verso altri mercati (telefonia su tutti) e come vedi il loro rapporto con le indies nei prossimi anni?

In questo momento credo che le majors del disco debbano temere soprattutto per i grandi gruppi economici che hanno dietro, che vista la crisi finanziaria non navigano in buone acque. Nonostante ciò hanno un potere molto forte e credo saranno ancora sfrutteranno appieno ne nuove dinamiche che si stanno definendo. Hnano rischiato seriamente l’oblio, ma ora hanno capito che non è più tempo per l’inutile caccia alle streghe del Peer To Peer, cioè contro i proprio possibili clienti, è tempo di riportarli sotto il proprio mantello parlando con la lingua della “Rete”. Il rapporto majors – indies è probabile che tenderà ad essere un qualcosa di più indistinto, perché le grosse etichette oltre che pescare artisti inizieranno ad assumere anche le dinamiche utilizzate dalle indies.

Teniamo a mente che il futuro della musica in senso stretto continuerà ad essere in mano alle piccole etichette,

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perché sono loro che danno voce per primi ai talenti, supportano le piccole bands, definiscono generi musicali…

8. Come vedi invece il mondo delle indipendenti.? E' chiaro che non è possibile parlare a nome di tutte, però, secondo la tua esperienza personale, c'è qualcosa che il settore indipendente italiano deve rimproverarsi? Qual è invece il suo punto di forza?

Non ho pienamente il polso della situazione delle indies nostrane, resto fermo a circa 3 anni fa quando le seguivo per motivi radiofonici. Il “nanismo italiano” ha colpito anche in questo settore e non porta molto lontano soprattutto quando l’idea di compare un cd sembra esser superata… ma proprio da qui può nascere la riflessione delle piccole etichetta di nicchia, con un proprio pubblico fedele o un proprio stile che avranno indubbiamente un futuro proprio per la funzione primaria di innovazione musicale come motore; questo è in assoluto un punto di forza. Cosa c’è da rimproverare ? il ritardo nel capire quel che succedeva, e la poca mentalità “imprenditoriale” che si riscontra in molte etichette che alla fin fine avanti per passione, nonostante abbiamo prodotti buone bands e magari venduto oltre il migliaio di copie per una singola produzione, in alcuni casi questi elementi avrebbero dovuto scatenare un evoluzione.

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9. Il gran numero di release e di netlabels, l'affiliamento di quasi tutte a interfacce come scene.org o archive.org e simili, non rischia di spersonalizzare troppo i singoli artisti/contenuti? In che misura gli artisti che suonano per netlabels come le vostre utilizzano i lives come occasioni di contatto con il pubblico, ri-contestualizzazione della musica, occasione per la vendita degli album?

Il rischio c’è, ribadisco: sta all’etichetta dare un inprint forte alla propria produzione e ci sta anche un investimento in termini di promozione per emergere non come fenomeno (netaudio) ma come realtà produttiva vera e propria. Internet è un’ oceano di musica, sono necessari dei fari altrimenti i naviganti non sanno dove andare: in questo senso portali come Phlow Magazine o nel caso italiano, Nettare, hanno molto senso perché danno delle “dritte” su cosa ascoltare sotto forma di segnalazioni e recensioni.

L’esibizione dal vivo dovrebbe essere l’obbiettivo primario per una Netlabel (oltre al merchandising ed licensing – creare e fornire musica per applicazioni multimediali: dal cinema (colonne sonore), alla pubblicità, alle installazioni… - ) nel riguardo dei propri artisti e ti posso dire che questo funziona, se il musicista suonano dal vivo ha modo di farsi conoscere maggiormente sul territorio ed è l’occasione anche per vendere la release in formato cd. Non è una pratica così diffusa, in Italia ha sicuramente una certa evidenza rispetto ad altri paesi, qui da noi è il modo migliore per vedere dei rientri.

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>> Mi stai dicendo che da noi i concerti funzionano meglio che da altre parti?

No, intendo che qui da noi una Netlabel si espone parecchio sul territorio ed in tali occasioni presenta le proprie opere in formato fisico, per venderle.

Ho visto negli ultimi 5 anni un ritorno del “concerto” : da parte del pubblico è venuto fuori entusiasmo ed interesse per una situazione che è collettiva, concreta ed emozionale.

10. Come avviene la promozione degli artisti che suonano per netlabels? Come vi comportate con Chew-Z?

Ci sono canali dedicati all’interno di varie communities netuadio tra mailing lists, forums ed alcuni portali di riferimento: netlabels.org, archive.org, phlow magazine, il podcast della rivista tedesca De:Bug… Oltre c’è la promozione verso l’esterno: i social networks in primis, le riviste musicali e web (anche se si fa fatica ad essere recensiti perché il netaudio non è ancora considerato come “discografia”)

>> Ma non è che si tratta anche di un approccio delle netlabels, un po' diffidente verso i canali d'informazione tradizionale? Non si potrebbe cercare un maggiore contatto con radio e music-magazines ad esempio? L'esempio di walkman su radio flash l'ho trovato molto interessante, era la prima volta che scoprivo una trasmissione radiofonica sul

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netaudio. È così o ci sono altri casi che magari io non conosco?

Direi che non c’è diffidenza, il problema è su un altro livello: quanto si è coscienti del proprio ruolo come etichetta che sta su Internet, cioè potenzialmente di fronte ad un pubblico enorme: spesso questa coscienza non c’è… ed allora non si considera neanche il farsi recensire sulle riviste… Chi questa coscienza ce l’ha è invece molto intraprendente ad arrivare ovunque.Walkman non è un esempio isolato, nell’ultimo anno sono nate almeno altri 2 programmi nella radiofonia italiana (Radio Incontro di Pisa e Radio Sherwood di Padova), all’estero c’è molto altro grazie soprattutto ai podcast

L’evento dal vivo, il cosiddetto “showcase” è un altro momento promozionale importante perché porti sul territorio quel che hai “creato” nella Rete.Questi rappresentano i movimenti di Chew-Z ed in linea di massima gli stessi che compie una qualsiasi Netlabel che sia interessata a far conoscere la propria opera.

>> Quindi portate anche qualche cd “fisico” nei live? Come si comporta una netlabel con gli artisti che vogliono farsi un tour? Te lo chiedo perché per certi versi è difficile capire come si muove una netlabel “fuori” dalla rete. Mi vengono in mente i contest di netaudio, ma vorrei saperne di più. Che tipo di problemi avete?

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Sì, al banchetto durante il concerto si vende l’edizione in cd della release, magari con un edizione particolare.

Tour: non ho esperienza al riguardo, ma posso dirti che mi metterei d’accordo con l’artista per fornirgli delle copie in cd o del merchandising, dividendo i costi e gli utili (ciò dipende dal tipo di investimento che fai verso e con l’artista).

Fuori dalla rete, si attera sulla Terra, con tutte le dinamiche che conosciamo, in parte ci si adegua e questo non è un fatto negativo, in più si cerca di portare le dinamiche netlabel all’interno di un evento, ovvero una maggiore interattività con il pubblico.

C’è molta curiosità da parte del pubblico e l’occasione di un concerto o di un dj set è un momento di forte interazione che ritengo essere stimolante ed assai concreto perché ti da il polso della realtà.

11. Internet è un canale dove diffusione e condivisione della musica sono realizzabili a costo zero. La musica prodotta liberamente su netlabel perde la caratteristica di prodotto e riacquista in qualche modo quella di libera forma espressiva, l'ascolto, allo stesso modo, non può essere più inteso come consumo. Con internet la musica si libera.Ora tu dimmi i contro.

Viviamo un periodo di transizione: si stanno realizzando molte visioni dell’etica hacker in un mondo sempre più chiuso, al tempo stesso a conti fatti in tutta questa libertà la moneta non è ancora tornata nelle tasche, si è

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investito un bel po’. Ora si ipotizza di vender servizi, merchandising, brani per colonne sonore… ma tutti questi scenari nel pratico debbono ancora arrivare ed alcuni di questi snaturano un po’ la libera espressione. Mi piace pensare alla musica come ad un cibo per la mente e questo dovrebbe essere di prima scelta.

12. Nettare: un'esperienza appena iniziata e un progetto ambizioso. La prima community di netlabels italiana. Da quali idee è partito questo progetto e in che direzione vorreste che cresca in futuro?

L’idea è nata tra il confronto di alcune Netlabel: si è iniziato a parlare dietro ad un tavolo ed ad un buon Lambrusco, raccontando la propria esperienza, la propria visione e la volontà di fare network per far emergere il Netaudio italiano. Nettare è davvero appena nata, ha compiuto i primi 2 passi: riunire le Netllabel italiane ed iniziare a dialogare sotto il tema della musica, pubblicando la compilation Nettare 01. La comunità crescerà naturalmente per interazione e per raffronto tra i percorsi diversi che vengono raccontati; siamo ancora in una fase promozionale perché uno degli obbiettivi è quello di far conoscere in ogni dove il Netaudio. Stiamo allacciando collaborazioni con esperienze analoghe all’estero, in particolare in Germania ed Inghilterra dove il terreno è parecchio florido ed al tempo stesso stiamo lavorando per esser presenti sul territorio, nella realtà che alla fin fine è il luogo in cui conta essere. Credo che

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debba nascere una dialogo con le etichette tradizionali o con realtà più grandi di diffusione musicale.

>> Stai pensando alle attività di promozione o anche a quelle di produzione di supporti fisici?

Penso ad un dialogo per scambiare punti di vista ed esperienze, in modo da migliorare: le parole espresse da Cinico Disincanto sono un buon esempio di cosa potrebbe essere. Netlabel ed Indies alla fine ha un unico obbiettivo, per di più comune: la musica.In un futuro assai prossimo giungeremo ad un mix di produzioni digitali e fisiche e la promozione sarà frutto delle esperienze fatte in Rete ed offline.

13. Pensiero libero. Un tuo desiderio, da musicista e addetto ai lavori, per la musica nel futuro.

Mi piacerebbe una maggiore attenzione per la musica in se, come forma culturale. Oggi è fondamentale la comunicazione, il condividere, ma non metterei in primo piano gli aspetti sociali se si parla di musica: il tutto sta diventando forse un po’ troppo evanescente, opterei per qualcosa di più concreto e reale. In questo contesto parlo soprattutto come ascoltatore ma anche come musicista: occorre concentrarsi anche sulla musica perché ne ha bisogno, si dice che non si crea più nessuno stile, è tutto un rimescolare, un riproporre, ma è così vero ? o è solo quello che emerge dalla nuvola comunicativa ?

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Forse se ci concentriamo maggiormente sul concreto scopriremo che la creatività è sempre in movimento.

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