15
ECCO IL VERO PROBLEMA che possiamo considerare gli antenati della nazione (come ad esempio il diritto per gli abitanti delle province dell‘Impero Romano di essere considerati Romani a tutti gli effetti), è subito emersa una questione etico - politica fondamentale: devono essere considerati ―cittadini‖, soggetti di diritti, tutti gli individui che vivono e lavorano all‘interno del territorio nazionale indipendentemente dalla loro specifica appartenenza a un gruppo naturale, etico o sociale; oppure occorre stabilire differenze tra gli individui, non una gerarchia di ―cittadini‖, non una scala di valori tra gruppi diversi, ma semplicemente una differenziazione di diritti e doveri senza limitare o ledere la libertà sociale e politica di alcun soggetto? E‘ giusto, eticamente e politicamente, riconoscere diritti diversi, ad esempio, all‘uomo e alla donna? Per rispondere occorre studiare e analizzare molti aspetti, come la stessa definizione di cittadinanza differenziata (diritti diversi per gruppi diversi) e del suo contrario: la cittadinanza cieca; l‘opinione pubblica; alcune statistiche diramate dalle più grandi agenzie europee di raccolta dati ; la risposta delle costituzioni attuali, in particolare quella italiana. Abbiamo provato a farlo in questo dossier, è stato un lavoro lungo e laborioso di cui, però, speriamo si valsa la pena. Ma questo dovete dirlo voi. Volume 1, Numero 1 Gennaio 2010 DOSSIER DEL MENSILE: Abbiamo chiesto a 141 studenti (età compresa tra i 17 e i 25 anni) e a 109 adulti se oggi le norme che disciplinano i diritti tengono conto delle differenze naturali fra uomini e donne. Ecco le risposte al nostro sondaggio. CONTINUA A PAGINA 12 OGGI IN ITALIA: CITTADINANZA “CIECA” O DIFFERENZIATA? L‘ASILO DEI PAPA‘: MA LE MAMME LO ACCETTANO? Edizione scuole Abbiamo assistito a decine di casi in cui una donna, capace e ambiziosa, decideva di intraprendere, nello scetticismo generale, un mestiere da uomo. Ma sembra quasi assurdo e paradossale,in contrasto con l‘apparente mentalità comune, che due uomini tentino di avviare un‘attività tradizionalmente considerata da ―femmine‖: mettere su un asilo infantile, ―l‘asilo dei papà‖. CONTINUA A PAGINA 15 LE STATISTICHE DI GENERE Cittadinanza differenziata Pag.2 Cittadinanza ―cieca‖ Pag.3 Statistiche di genere Pag. 4 Costituzione Pag. 10 Sondaggio cittadino Pag. 12 Riunione di redazione Pag.15 SOMMARIO SECONDO VOI ... COSA DICE LA COSTITUZIONE? distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali. Inoltre riconosce uguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti della legge a garanzia dell‘unità familiare; e prevede stessi diritti e stesse retribuzioni per lavoratore e lavoratrice. Infine stabilisce diritti specifici e agevolazioni per l‘uno e l‘altro sesso: ma questi forse non bastano. CONTINUA A PAGINA 10 I sistemi sociali che si sono affermati, fuori e dentro l‘Europa, nel corso della storia hanno quasi sempre attribuito alla donna un ruolo subalterno rispetto a quello esercitato dall‘uomo. Anche se i primi cambiamenti per quanto riguarda l‘emancipazione femminile si verificarono in Occidente, verso la fine del Settecento, tuttavia molto resta ancora da fare per realizzare pari opportunità tra uomini e donne. CONTINUA A PAGINA 4 REDAZIONE (in rigoroso ordine alfabetico): Virginia Barberis, Stefano Grandi, Pavel Kirdoun, Raluca Pop Riunione di redazione al primo istante in cui l‘umanità ha iniziato a parlare liberamente , almeno in ambito politico, dell‘idea di nazione, o di concetti a nostra costituzione garantisce: pari dignità e libertà sociale di tutti i cittadini senza

IL CITTADINO

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cittadinanza cieca o differenziata

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  • ECCO IL VERO PROBLEMA

    che possiamo considerare gli

    antenati della nazione (come ad

    esempio il diritto per gli abitanti

    delle province dellImpero

    Romano di essere considerati

    Romani a tutti gli effetti), subito

    emersa una questione etico -

    politica fondamentale: devono

    essere considerati cittadini,

    soggetti di diritti, tutti gli individui

    che vivono e lavorano allinterno

    del territorio nazionale

    indipendentemente dalla loro

    specifica appartenenza a un

    gruppo naturale, etico o sociale;

    oppure occorre stabilire

    differenze tra gli individui, non

    una gerarchia di cittadini, non

    una scala di valori tra gruppi

    diversi, ma semplicemente una

    differenziazione di diritti e doveri

    senza limitare o ledere la libert

    sociale e politica di alcun

    soggetto? E giusto, eticamente e

    politicamente, riconoscere diritti

    diversi, ad esempio, alluomo e

    alla donna? Per rispondere

    occorre studiare e analizzare molti

    aspetti, come la stessa definizione

    di cittadinanza differenziata (diritti

    diversi per gruppi diversi) e del

    suo contrario: la cittadinanza

    cieca; lopinione pubblica; alcune

    statistiche diramate dalle pi

    grandi agenzie europee di

    raccolta dati ; la risposta delle

    costituzioni attuali, in particolare

    quella italiana. Abbiamo provato

    a farlo in questo dossier, stato

    un lavoro lungo e laborioso di cui,

    per, speriamo si valsa la pena.

    Ma questo dovete dirlo voi.

    Volume 1, Numero 1 Gennaio 2010

    DOSSIER DEL MENSILE:

    Abbiamo chiesto a

    141 studenti (et

    compresa tra i 17 e i 25

    anni) e a 109 adulti se

    oggi le norme che

    disciplinano i diritti

    tengono conto delle

    differenze naturali fra

    uomini e donne. Ecco le

    risposte al nostro

    sondaggio.

    CONTINUA A PAGINA 12

    OGGI IN ITALIA:

    CITTADINANZA CIECA O DIFFERENZIATA?

    LASILO DEI PAPA: MA LE

    MAMME LO ACCETTANO?

    Edizione scuole

    Abbiamo assistito a decine di casi in cui una donna, capace e ambiziosa, decideva di intraprendere, nello scetticismo generale, un mestiere da uomo. Ma sembra quasi assurdo e paradossale,in contrasto con lapparente mentalit comune, che due uomini tentino di avviare unattivit tradizionalmente considerata da femmine: mettere su un asilo infantile, lasilo dei pap. CONTINUA A PAGINA 15

    LE STATISTICHE DI GENERE

    Cittadinanza differenziata

    Pag.2

    Cittadinanza cieca Pag.3

    Statistiche di genere Pag. 4

    Costituzione Pag. 10

    Sondaggio cittadino Pag. 12

    Riunione di redazione Pag.15

    SOMMARIO

    SECONDO VOI ...

    COSA DICE LA

    COSTITUZIONE?

    distinzione di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni personali e sociali. Inoltre riconosce uguaglianza morale e giuridica dei coniugi con i limiti stabiliti della legge a garanzia dellunit familiare; e prevede stessi diritti e stesse retribuzioni per lavoratore e lavoratrice. Infine stabilisce diritti specifici e agevolazioni per luno e laltro sesso: ma questi forse non

    bastano.

    CONTINUA A PAGINA 10

    I sistemi sociali che si

    sono affermati, fuori e

    dentro lEuropa, nel corso

    della storia hanno quasi

    sempre attribuito alla

    donna un ruolo subalterno

    rispetto a quello esercitato

    dalluomo. Anche se i primi

    cambiamenti per quanto riguarda lemancipazione femminile si verificarono in

    Occidente, verso la fine del Settecento, tuttavia molto resta

    ancora da fare per realizzare pari opportunit tra uomini e

    donne.

    CONTINUA A PAGINA 4

    REDAZIONE (in rigoroso

    ordine alfabetico):

    Virginia Barberis, Stefano

    Grandi, Pavel Kirdoun, R

    aluca Pop

    Riunione di redazione

    al primo istante in cui

    lumanit ha iniziato a

    parlare liberamente ,

    almeno in ambito

    politico, dellidea di

    nazione, o di concetti

    a nostra

    costituzione

    garantisce: pari

    dignit e libert

    sociale di tutti i

    cittadini senza

  • riconoscimento dei gruppi etico

    sociali e lattribuzione di diversi diritti, e

    in alcuni casi anche di diversi doveri, a

    ciascun gruppo. Si ha quindi una

    cittadinanza differenziata quando lo

    Stato, che lorgano politico in cui

    generalmente si riconosce la nazione,

    ammette che allinterno del proprio

    territorio sono presenti altri gruppi

    etico sociali oltre a quello che ha

    creato la stessa nazione.

    Un esempio di cittadinanza

    differenziata pu essere quello

    dellItalia moderna; infatti, nel periodo

    che va dalla fine della Prima Guerra

    Mondiale (1919) al XXI secolo, nel

    nostro Paese sono state approvate

    numerose riforme che si rispecchiano

    idealmente nel concetto di

    cittadinanza differenziata.

    Sono state istituite alcune

    regioni a statuto speciale (come il

    Trentino Alto Adige; la Valle dAosta;

    il Friuli Venezia Giulia; la Sicilia e la

    Sardegna) che si differenziano da altre

    regioni per alcune caratteristiche

    territoriali, in quanto sono o isole o

    territori di confine; per lingua, infatti,

    nelle regioni di confine ufficialmente

    riconosciuta la doppia lingua; e per

    tradizione, ad esempio il Trentino

    Alto Adige entrato a far parte del

    Regno DItalia solo dal 1919, quindi da

    un punto di vista culturale molto pi

    vicino a una nazione tedesca rispetto

    allItalia. Nelle regioni a statuto speciale

    si possono trovare le caratteristiche

    tipiche della cittadinanza differenziata,

    i tre tipi di diritti che possono essere

    assegnati a una minoranza in un

    territorio nazionale: 1) diritti

    multiculturali (il diritto a unistruzione

    statale in una lingua diversa da quella

    italiana ma comunque parlata dalla

    maggioranza della popolazione di

    quella particolare regione); 2) diritti di

    rappresentanza speciale (nel

    Parlamento Italiano sono presenti

    alcuni seggi che spettano di diritto ai

    rappresentanti delle minoranze del

    Paese, come gli abitanti delle Province

    Autonome e gli Italiani allestero); 3)

    diritti di autogoverno (nelle regioni a

    statuto speciale il potere esecutivo

    spetta, infatti, al governo regionale e

    non a quello centrale; il potere

    legislativo del consiglio regionale,

    non del Parlamento).

    Inoltre nel 1964 stato

    concesso il suffragio universale

    allintera cittadinanza italiana, cos

    tutte le donne sono entrate a far parte

    della politica attiva della propria

    nazione dopo lunghi secoli in cui ogni

    aspetto della politica era in mano, fino

    sociali di diversi diritti, quindi si pu

    definire come una politica

    individualista, in quanto ogni individuo

    di ogni gruppo sociale, sia esso

    composto da milioni di persone o da

    poche centinaia dindividui, gode di

    diritti che, anche se non si possono

    definire ad personam, sono comunque stati creati per favorire il gruppo sociale

    al quale appartiene e, per riflesso,

    favoriscono lui stesso. Questo per

    possibile solamente in uno stato di

    diritto. Se infatti lo stato non si assume

    il compito di garante dei diritti

    individuali, ma si limita ad amministrare

    economicamente e giuridicamente la

    nazione non possibile avere una

    cittadinanza differenziata. In uno stato

    non di diritto, infatti, probabile che

    non vengano garantiti i diritti e non

    vengano riconosciute legislativamente

    luguaglianza e lequit tra gli individui:

    sarebbe (ed purtroppo, in alcuni casi,

    stato) cos possibile che un gruppo

    prenda il controllo dello stato e delle

    istituzioni e vari numerose leggi a tutela

    esclusiva del proprio gruppo e a

    danno dei gruppi etico sociali in

    minoranza: si pu cos creare non una

    cittadinanza differenziata garante di

    diritti ma bens discriminatoria. Con il

    varo di leggi che garantiscono

    solamente la supremazia del pi forte;

    da un punto di vista filosofico si pu

    dire che lo stato di diritto possa cos

    diventare uno stato di natura dove il

    pi forte ha la totale supremazia sul

    gruppo etico sociale in minoranza.

    Questo rappresenta la

    degenerazione della cittadinanza

    differenziata che pu essere

    considerata la forma di politica migliore

    da un punto di vista sociale, ma rimane

    comunque abbastanza difficile da

    attuare, in quanto in ogni stato, tranne

    che in uno stato di diritto, possibile

    usare la cittadinanza differenziata in

    modo da favorire il gruppo sociale

    dominante: questo crea tensioni sociali

    che finiscono per ledere larmonia

    allinterno dello stato. Per questo si

    sviluppato nel corso degli anni un

    nuovo tipo di cittadinanza che

    favorisca l'integrazione delle diverse

    culture all'interno di una democrazia

    liberale e pluralista, nella quale cio

    tutti i cittadini rispettino le stesse regole

    e attribuiscano valore alla diversit e al

    dissenso (G. Sartori, Pluralismo, multiculturalismo e estranei. Saggio sulla societ multietnica; Milano, Rizzoli 2000).

    P A G I N A 2

    al 900, agli uomini dei ceti dominanti a

    cui si sono successivamente aggiunti la

    totalit dei cittadini italiani di sesso

    maschile (1911). Questo era il primo

    passo verso una cittadinanza

    differenziata anche per quanto riguarda

    il rapporto uomo donna. Infatti, nel

    1970, in Italia venne approvata la legge

    che consentiva alla popolazione di

    rendersi ancora pi attivamente

    partecipi alla vita politica: il popolo

    poteva promuovere una legge o

    modificarla con un referendum. Questo

    consent, sempre nel 1970,

    lapprovazione della legge che permette

    alle donne di chiedere e ottenere il

    divorzio, fino ad allora diritto solamente

    maschile. Lallargamento dei diritti delle

    donne pu, a prima vista, sembrare un

    aspetto caratteristico della cittadinanza

    cieca, in quanto si concedono alle

    donne gli stessi diritti caratteristici della

    parte di cittadinanza di sesso maschile,

    ma in realt il primo passo verso una

    cittadinanza differenziata. Infatti il

    riconoscimento di un nuovo gruppo

    etico sociale, quello della cittadinanza

    di sesso femminile, apre la strada a una

    differenziazione di diritti: una volta

    riconosciuta la differenza tra cittadini e

    cittadine, si iniziato a modificare alcune

    leggi e a crearne di nuove per

    consentire alla donna prima la parit di

    diritti e successivamente di averne di

    nuovi (per es. maternit e pensione

    anticipata).

    Da un punto di vista storico

    filosofico la cittadinanza differenziata

    linevitabile conseguenza della nascita

    delle nazioni e degli stati multinazionali

    e/o multietnici. Infatti facile capire

    come, in questi stati, le decisioni

    politiche ed economiche della nazione o

    etnia dominante (numericamente e/o

    militarmente) possano ledere le culture

    minoritarie o addirittura pregiudicarne le

    possibilit di sopravvivenza. Lingua

    nazionale, festivit ufficiali, istruzione,

    accesso alle cariche pubbliche: tutto pu

    essere controllato dalla nazione o etnia

    dominante. Se avviene questo, lequit

    (che rimane una delle caratteristiche

    principali dello stato di diritto) non viene

    rispettata: lo stato di diritto deve quindi

    intervenire per compensare tale

    svantaggio e per garantire la

    sopravvivenza dei contesti sociali e

    culturali in assenza dei quali i membri

    delle culture minoritarie non potrebbero

    esercitare quei diritti e quelle libert che i

    membri della cultura maggioritaria

    danno per scontati. A questo scopo lo

    stato deve fornire alle culture minoritarie

    strumenti per proteggersi dalle decisioni

    della maggioranza (e per sopravvivere

    separate, se cos scelgono di essere),

    come poteri di veto alla legislazione su

    linguaggio e cultura, limiti ai poteri del

    governo nazionale sull'amministrazione

    delle loro terre, rappresentanti delle

    minoranze in parlamento o nelle varie

    istituzioni: diritti riconosciuti a gruppi

    particolari, diritti, appunto, di

    cittadinanza differenziata.

    La cittadinanza differenziata

    una scelta politica che garantisce il

    riconoscimento a diversi gruppi etico

    I L C I T T A D I N O

    La cittadinanza differenziata

    linevitabile conseguenza della

    nascita delle nazioni e degli stati

    multinazionali e/o multietnici.

    DIFFERENZIATA O CIECA? La cittadinanza da ieri a oggi . sviluppo ed evoluzione

    CITTADINANZA DIFFERENZIATA

    La cittadinanza differenziata

    una scelta politica che garantisce il

    riconoscimento a diversi gruppi

    etico sociali di diversi diritti

    on il termine cittadinanza

    differenziata si indica un

    particolare tipo di cittadinanza,

    il cui aspetto fondamentale il

  • P A G I N A 3

    ogni differenziazione etica sociale e il

    mancato riconoscimento di diversi

    gruppi etico sociali allinterno di una

    stessa nazione. Lo Stato, inteso come

    organo politico in cui si riconosce una

    nazione, non tutela in alcun modo le

    minoranze etniche presenti allinterno

    del territorio nazionale ma considera

    ogni individuo uguale a tutti gli altri

    che abitano lo stesso territorio; ci sono

    quindi diritti e doveri uguali per tutti,

    diritti e doveri che si rispecchiano

    nellideale di nazione proprio del

    gruppo sociale dominante, il gruppo

    sociale in cui si riconosce la nazione

    (per es. Italia e italiani; Francia e

    francesi; ecc.).

    Un esempio di cittadinanza

    cieca pu essere lorganizzazione

    sociale (non politica) del Cristianesimo

    dei primi 100-200 anni d.C. e

    lorganizzazione politica e sociale del

    successivo Stato Pontificio. La morale

    cristiana che costituiva la base della

    societ cristiana dei primi secoli dopo

    Cristo si pu considerare lantenata

    della moderna cittadinanza cieca:

    infatti, nel Cristianesimo presero molta

    importanza valori morali come

    luguaglianza tra gli uomini, lamore

    per il prossimo e luguale

    considerazione che Dio aveva per tutti.

    Allinterno di questa societ

    primordiale non vi era un vero e

    proprio capo che non fosse Dio stesso

    o colui che veniva considerato come il

    portavoce delle idee diffuse da Cristo

    (San Pietro e successivamente i papi).

    Ogni individuo aveva esattamente gli

    stessi diritti e gli stessi doveri di tutti gli

    altri membri della comunit, allo stesso

    modo nella moderna cittadinanza

    cieca ogni persona ha esattamente gli

    uguali diritti e gli uguali doveri propri

    di ogni altro cittadino di quella

    determinata nazione.

    Questo concetto

    delluguaglianza tra gli uomini si

    anche sviluppato allinterno

    dellistituzione pi simile a uno stato

    nazionale che la Chiesa abbia mai

    sviluppato negli anni: lo Stato

    Pontificio. Non esiste un governo e sia

    il potere esecutivo che quello

    legislativo, oltre a quello giudiziario,

    proprio solo del capo supremo dello

    stato: il Papa; ma il Papa stesso si

    dichiara come portavoce,

    rappresentante della volont di Dio in

    terra, quindi, da un punto di vista

    puramente ideale, si pu considerare il

    Papa uguale a ogni altro membro

    dello Stato Pontificio, inferiore solo a

    Dio e superiore a nessun altro.

    Naturalmente non fu realmente cos,

    dato che il Papa aveva praticamente

    potere di vita e di morte su chiunque

    allinterno del territorio statale e

    godeva di una ricchezza che la

    maggioranza della popolazione

    pontificia riusciva a malapena a

    immaginare, ma concettualmente la

    concezione del potere in ambito

    cristiano prima e pontificio poi, era

    molto simile allidea che noi abbiamo

    di cittadinanza cieca.

    Molto simile, ma non uguale

    vecchi doveri. I diritti e i doveri presi a

    modello per la nascita della nuova

    popolazione nazionale furono quelli

    piemontesi: ancora oggi, la nostra

    Costituzione si fonda sullo Statuto

    Albertino del regno sabaudo.

    Questo processo di italianizzazione

    funzion relativamente bene e, anche

    grazie allavvento della televisione nella

    seconda met del Novecento, oggi

    lItalia un Paese unito dal punto di

    vista sociale; certo, rimangono alcuni

    pregiudizi e perplessit riguardo agli

    abitanti di diverse regioni, ma in

    generale la popolazione italiana appare

    omogenea, esiste unidentit nazionale;

    questo un merito della politica della

    cittadinanza cieca.

    Tuttavia in altri Paesi europei

    non and ugualmente bene. E il caso

    della Spagna. Unificata gi nel 1479,

    con il famoso matrimonio tra

    Ferdinando dAragona e Isabella di

    Castiglia, la Spagna, ancora oggi a

    regime monarchico,ha intrapreso sin

    dallunificazione una politica di

    cittadinanza cieca. Sono stati messi a

    tacere, spesso con interventi militari e

    sanguinose repressioni, tutte i tentativi

    di indipendenza attuati dalle regioni

    basche e catalane controllate

    economicamente e politicamente dal

    governo centrale di Madrid. Sia i baschi

    sia i catalani si considerano un popolo

    diverso dal popolo spagnolo: entrambi

    parlano una loro lingua, considerata

    alla stregua di un dialetto da parte

    dellamministrazione centrale;

    riconoscono una propria bandiera;

    sidentificano in un altro ceppo etnico

    rispetto al gruppo sociale spagnolo (i

    baschi riconoscono le proprie origini

    dal ceppo celtico e non da quello

    indoeuropeo, similmente ai bretoni in

    Francia e agli irlandesi in Gran

    Bretagna); inoltre non considerano

    linno nazionale spagnolo come

    proprio inno nazionale. Insomma sia i

    baschi sia i catalani vogliono la nascita

    di un altro stato nazionale diverso e

    opposto a quello spagnolo: inseguono

    la creazione di uno stato nazionale

    basco e di uno stato nazionale

    catalano. Ma per motivi economici, pi

    che politici o sociali, il governo centrale

    spagnolo ha sempre negato

    lindipendenza a queste due regioni: si

    sono venuti cos a creare numerosi

    conflitti sociali, esplosi poi in

    organizzazioni terroristiche (come

    lETA) che compiono atti di guerriglia

    con il solo scopo di indebolire il

    governo centrale e conquistare

    lindipendenza. La cittadinanza cieca

    ha portato, in questo caso, a una serie

    di convivenze forzate allinterno di

    quello che dovrebbe essere uno stato

    nazionale ma che, in realt, non .

    La cittadinanza cieca

    garante di diritti fondamentali quali

    lequit e il rispetto reciproco ma deve

    necessariamente essere limitata a un

    territorio in cui effettivamente vive un

    solo popolo, un solo gruppo sociale;

    solo in questo modo, infatti, sar

    possibile applicare la cittadinanza cieca

    senza attuare alcun tipo di

    discriminazioni che avranno come

    inevitabile conseguenza il lento ma

    inesorabile indebolimento dellarmonia

    interna e del potere dello stato.

    in quanto non esiste unorganizzazione

    politica e sociale del passato che

    equipari senza alcuna distinzione luomo

    alla donna. Infatti, secondo il concetto di

    cittadinanza cieca la donna e luomo

    non dovrebbero essere distinti in quanto

    individui di sesso diverso, ma

    dovrebbero essere considerati

    esattamente degni degli stessi diritti e

    doveri in quanto membri di una stessa

    nazione. Questo tipo di visione della

    societ si ha per esempio nellItalia post-

    guerra mondiale, quando alla donna

    viene concesso il diritto di voto oltre ad

    altri diritti di minore importanza, ma si

    trattava solo di una fase di transizione

    tra il potere oligarchico tipico del regno

    monarchico e quello democratico della

    repubblica; infatti, una volta riconosciuti

    uguali diritti alla donna, in pochi anni si

    passati alla differenziazione di diritti tra

    uomo e donna e quindi a una

    cittadinanza differenziata.

    Da un punto di vista storico

    filosofico la cittadinanza cieca la forma

    di cittadinanza che deriva direttamente

    dallideologia nazionalista che stata

    predominante dalla met dell800 sino

    alla fine del XX secolo. Questideologia

    era a forte impronta etnica: infatti,

    veniva visto come necessaria la

    creazione di alcuni stati nazionali, per

    rendere indipendenti, in termini politici

    ed economici, tutti i membri di un

    particolare gruppo sociale che era la

    maggioranza in un determinato

    territorio. Allinterno di questi nuovi stati,

    in teoria, doveva vivere solo il particolare

    gruppo sociale che aveva lottato per la

    sua creazione (in Italia, italiani; in

    Francia, francesi; e cos via); era tuttavia

    difficile identificare esattamente un

    territorio in cui viveva un solo gruppo

    sociale, infatti, nel periodo tipico del

    feudalesimo, le popolazioni europee e

    mondiali si erano mischiate.

    Cos si arrivati alla creazione

    di stati nazionali senza una vera e

    propria nazione: per esempio, quando

    nacque il Regno dItalia, nel 1861,

    nacque uno stato nazionale, lo Stato

    degli italiani, ma non cera una

    popolazione omogenea nella penisola.

    Ogni regione aveva le proprie

    caratteristiche sociali profondamente

    diverse dalle altre: per rendere lItalia

    uno stato nazionale vero e proprio era

    necessario ricondurre ogni gruppo

    sociale (che possiamo identificare

    allincirca con ogni regione) a

    caratteristiche sociali ed economiche il

    pi simile possibile a quelle di ciascun

    altro gruppo sociale: in poche parole era

    necessario omogeneizzare la

    popolazione della penisola (Abbiamo

    fatto lItalia, ora dobbiamo fare gli

    italiani M. DAzeglio). Ci era possibile solo con una cittadinanza cieca:

    andavano garantiti uguali diritti e uguali

    doveri a ciascun gruppo sociale presente

    nella nazione: questi dovevano essere i

    nuovi diritti e i nuovi doveri degli italiani

    a cui ciascun gruppo sociale doveva

    adeguarsi tralasciando i vecchi diritti e i

    CITTADINANZA CIECA

    La cittadinanza cieca garante di

    diritti fondamentali ma deve

    necessariamente essere limitata a un

    territorio in cui effettivamente vive un

    solo popolo

    I L C I T T A D I N O

    on il termine cittadinanza

    cieca si indica un particolare

    tipo di cittadinanza il cui

    aspetto fondamentale il

    completo abbattimento di

  • e Francia, se si considera quella

    delle donne. Laumento della

    speranza di vita si deve soprattutto

    alla diminuzione della mortalit

    nelle et anziane, riconducibile a

    molteplici fattori di ordine medico-

    scientifico e sociale. In generale le

    donne vivono pi a lungo degli

    uomini, anche se il loro vantaggio

    nei paesi dellEuropa occidentale

    andato assottigliandosi, in

    conseguenza di una

    omogeneizzazione dei

    comportamenti e degli stili di vita.

    Resta invece notevole nei paesi

    dellEuropa dellEst.

    Longevit

    Famiglia e lavoro

    Per quanto riguarda la diffusione del part-time, le donne italiane sono ancora al di sotto della media Ue e vicino ai livelli di Francia

    e Spagna. Sono invece molto lontane dai comportamenti delle olandesi che nel 75% dei casi lavorano a part-time. Per questo

    opinione diffusa che questo segmento di occupazione femminile possa ulteriormente svilupparsi in futuro. Per quanto riguarda

    invece la diffusione del lavoro a tempo determinato, le italiane si collocano poco al di sopra della media Ue e vicino a Paesi Bassi e

    Germania, che hanno per un tasso di occupazione femminile molto pi elevato di quello del nostro Paese.

    P A G I N A 4

    STATISTICHE DI GENERE Ecco come emerge il rapporto uomodonna secondo alcuni importanti centri di ricerca europei

    I L C I T T A D I N O

    La conciliazione del ruolo di lavoratrice e di madre

    rappresenta per le donne di oggi una delle sfide pi

    complesse. La pi intensa partecipazione al mercato

    del lavoro fa s che spesso la donna si trovi sulle

    spalle le stesse responsabilit delluomo fuori casa e

    un carico ben pi gravoso nella vita familiare. Carico

    che dipende dalla cura dei figli e della casa, ma

    anche, sempre pi spesso,dallaccudimento di

    familiari anziani, malati e o disabili. Sempre pi

    spesso le donne italiane, in mancanza di adeguati

    servizi, si rivolgono ad altre donne, a volte parenti, a

    volte immigrate straniere (specie per la cura degli anziani),per il disbrigo delle faccende domestiche e il lavoro di cura. In

    tutti i paesi dellUnione europea il tempo di lavoro totale delle donne maggiore di quello degli uomini. Ci dovuto

    soprattutto al numero di ore che le donne dedicano al lavoro domestico. Le donne italiane dedicano al lavoro pi tempo

    rispetto a quelle residenti negli altri paesi dellEuropa occidentale con valori che si avvicinano a quelli dei paesi

    dellEuropa dellEst. Vale la pena di sottolineare che proprio allItalia appartiene il primato del tempo dedicato dalle

    donne al lavoro familiare. Contemporaneamente nel nostro paese si registra il pi elevato differenziale tra il tempo

    dedicato alla famiglia dalle donne e quello che allo stesso tipo di lavoro dedicano gli uomini.

    Italia uno dei paesi pi

    longevi dEuropa e del

    mondo. il secondo in

    Europa se si considera la

    speranza di vita degli uomini

    e il terzo, dopo Spagna

  • Istruzione

    Le donne italiane, nonostante la forte crescita dellistruzione registrata, non hanno ancora

    recuperato il divario esistente rispetto a altri paesi europei in tema di quota di popolazione

    con alti livelli di istruzione. Nel 2005 lo svantaggio della popolazione italiana

    rappresentato nella figura relativa alla popolazione 25-34 anni con almeno un titolo di

    scuola secondaria superiore per genere nei paesi Ue. Il nostro Paese si trova infatti ancora

    agli ultimi posti della graduatoria riguardante la percentuale di donne tra 25 e 34 anni con

    almeno un titolo di istruzione secondaria superiore, superato solo dagli altri paesi

    mediterranei. In 18 paesi europei su 27 la quota di donne con livello di istruzione

    superiore tra i 25-34enni pi elevata di quella degli uomini. I vantaggi pi rilevanti per le

    donne si registrano proprio nei paesi mediterranei.

    In Italia Gli ultimi decenni della storia italiana sono caratterizzati dalla crescita del livello di istruzione delle donne. Nella fascia di

    popolazione tra 25 e 44 anni le donne con un titolo superiore sono oggi relativamente pi numerose degli uomini. Tra gli anni

    scolastici 1970/71 e 2005/06 il tasso di conseguimento del diploma per le donne pi che triplicato e oggi le diciannovenni che

    raggiungono il diploma sono quasi l80% e sono diventate pi numerose dei ragazzi. Anche per quanto riguarda la laurea si sono

    invertiti i rapporti di forza tra uomini e donne e oggi oltre il 28,1% delle 25enni raggiunge la laurea, contro il 19% tra i ragazzi.

    Continua pagina seguente

    P A G I N A 5 I L C I T T A D I N O

  • Per quanto riguarda il

    conseguimento della laurea,

    nellanno scolastico 2004/05

    i livelli pi alti di

    conseguimento per entrambi

    i sessi e il vantaggio

    maggiore per le donne

    (+13,4%) si registrano nel

    Centro Italia. Inoltre, la figura

    relativa ai laureati per genere

    e regione di residenza

    nellanno accademico

    2004/05 mostra che sono

    piccole regioni del Centro e

    del Sud, come il Molise,

    lUmbria e la Basilicata,

    quelle dove si osserva la

    proporzione pi elevata di

    laureate ogni cento 25enni,

    con proporzioni che

    superano il 35% e arrivano a

    oltre il 40%.

    Occupazione

    Loccupazione della popolazione in et lavorativa rappresenta uno degli

    indicatori chiave per misurare le differenze di genere. Nel 2005 risultano

    occupate il 45,3% delle donne tra i 15-64 anni contro il 69,7% degli uomini.

    Anche per la classe di et in cui si raggiungono i livelli massimi di occupazione,

    ovvero per le persone di 35-44 anni, le differenze sono notevoli: 61,3% per le

    donne e 91,2% per gli uomini. I differenziali di genere si riducono per al

    crescere del livello di istruzione della popolazione: i tassi femminili variano

    dal17,5% delle donne con licenza elementare al 73,3% di quelle con una laurea

    o un dottorato, mentre per gli uomini variano dal 51,4% all84,2%. Nonostante

    la crescita delloccupazione femminile degli ultimi decenni, la differenza in

    termini di tassi di occupazione femminili tra lItalia e gli altri paesi europei

    ancora rilevante. I nostri tassi di occupazione femminile risultano inferiori a

    quelli medi dellUnione europea per ogni classe det. La figura relativa al tasso

    di occupazione delle persone di15-64 anni per genere nei paesi Ue mostra

    chiaramente lesistenza di un gap non soltanto rispetto ai paesi di Ue15, ma

    anche a quelli di pi recente adesione. LItalia, infatti, oggi, dopo Malta, il

    paese con i pi bassi livelli di occupazione femminili di tutta lUnione. Inoltre,

    considerando le classi di et, per le giovani il tasso tende ad aumentare con let

    pi lentamente che nella media Ue e tende a decrescere gi a partire dai 40

    anni, in anticipo rispetto a quanto avviene negli altri paesi.

    P A G I N A 6 I L C I T T A D I N O

  • In Italia I livelli pi elevati di occupazione

    femminile e i pi bassi

    differenziali tra uomini e donne

    si osservano nel Nord del paese.

    In particolare in Emilia-

    Romagna, dove il tasso di

    occupazione femminile pari al

    60%, e ha quindi raggiunto il

    tasso obiettivo posto dalla

    strategia di Lisbona, i tassi

    femminili sono inferiori a quelli

    maschili solo del 27%. Nel

    Mezzogiorno, invece, i livelli

    sono molto inferiori e i

    differenziali di genere molto

    elevati: in Puglia il tasso di

    occupazione femminile , infatti,

    meno della met di quello

    dellEmilia Romagna ed 2,3

    volte pi basso di quello

    maschile. In questa ripartizione,

    soltanto le laureate riescono in

    qualche misura a superare le

    difficolt di trovare

    unoccupazione: i loro tassi,

    infatti, sono pi vicini a quelli

    delle donne delle altre

    ripartizioni.

    Le differenze ancora esistenti dimostrano comunque che il grande investimento in istruzione fatto nei passati decenni dalle donne

    italiane non ha ancora avuto il suo riconoscimento in termini di sbocchi professionali nel mercato del lavoro.

    Nei livelli di disoccupazione di uomini e donne permangono differenze sensibili.

    Nel 2005 il tasso riferito alle donne pari al 10,1%, mentre quello degli uomini del

    6,2%. Se raffrontata alla situazione del 1995, per, la disoccupazione femminile

    diminuita di oltre un terzo, mentre la diminuzione per gli uomini stata meno

    intensa. Differenze tra uomini e donne si osservano anche per i tassi di

    disoccupazione giovanile (15-24 anni): le ragazze presentano un tasso del 27,4%,

    contro il 21,5% dei ragazzi. Un differenziale a svantaggio delle donne si registra

    anche considerando la disoccupazione per livello di istruzione: le disoccupate con

    livello di istruzione universitario sono il 7,7%, contro il 4,4% degli uomini.

    Disoccupazione

    Continua pagina seguente.

    P A G I N A 7 I L C I T T A D I N O

    In 21 paesi europei su 27 la disoccupazione femminile supera quella maschile. I tassi di disoccupazione femminile collocano il

    nostro Paese nel gruppo di coda della graduatoria europea, insieme a Germania e Francia, ma a qualche distanza da Polonia,

    Slovacchia, Grecia, paesi in cui i tassi femminili superano largamente il 15%. Lalta disoccupazione delle donne nei paesi

    mediterranei legata a un modello di offerta di lavoro , in cui si tende a privilegiare loccupazione dei capi famiglia maschi in et

    adulta a svantaggio delloccupazione delle donne e dei giovani. In altri paesi, in cui loccupazione femminile raggiunge livelli

    elevati, come nel Regno Unito, non solo la disoccupazione delle donne ai livelli minimi europei, ma la disoccupazione maschile

    pi rilevante di quella femminile.

  • In Italia Grandi differenze

    territoriali riguardo ai

    tassi di disoccupazione si

    osservano nel Paese, sia

    nei livelli, sia nei

    differenziali tra uomini e

    donne. Sicilia, Puglia e

    Calabria sono le regioni

    in cui la disoccupazione

    femminile (come del

    resto quella maschile)

    risulta pi elevata. In

    queste regioni i tassi

    femminili superano

    ancora il 20%, anche se

    dieci anni prima

    arrivavano a superare il

    30%. Dal 1995 al 2005,

    Friuli-Venezia Giulia,

    Piemonte e Marche sono

    le regioni che hanno

    visto diminuire

    maggiormente la

    disoccupazione

    femminile, mentre in

    Calabria e Basilicata

    lindicatore peggiorato

    o rimasto stazionario.

    Le differenze tra i tassi maschili e femminili sono maggiori nel Mezzogiorno e mentre per gli uomini tendono a diminuire al

    crescere del livello di istruzione, per le donne sono maggiori tra coloro che hanno ottenuto la licenza media. Le differenze

    maggiori si osservano in Abruzzo e nella provincia di Trento, dove i tassi femminili sono quasi tre volte superiori a quelli maschili. Il

    Lazio e la Calabria presentano i differenziali di genere pi bassi, anche se: i tassi femminili sono comunque di un terzo superiori a

    quelli maschili.

    Rappresentanza parlamentare

    P A G I N A 8 I L C I T T A D I N O

    La percentuale di donne elette nelle

    assemblee parlamentari a suffragio diretto

    costituisce uno degli indicatori adottati in sede

    nazionale e internazionale per la valutazione

    della partecipazione femminile allattivit

    politica. Le quote di parlamentari italiane elette

    nelle assemblee nazionali sono pari a circa il

    14% degli eletti al Senato della Repubblica e al

    17% alla Camera dei deputati. Al Parlamento

    europeo la rappresentanza femminile italiana

    supera il 19% degli eletti nazionali. Nel

    confronto con i paesi Ue la rappresentanza

    parlamentare delle donne italiane risulta

    modesta. Se rapportata alle equivalenti

    rappresentanze nazionali comunitarie la quota

    di deputate elette in Italia alla Camera dei

    deputati si colloca ampiamente al di sotto delle

    percentuali dei paesi nordici e della Spagna

    (tutte superiori al 36%). Va segnalato che

    mentre in Danimarca, Norvegia, Finlandia e

    Svezia il confronto non completamente

    applicabile per la presenza di una sola Camera, nei Paesi Bassi e in Spagna la sussistenza di due rami parlamentari rende

    congruente la comparazione con il caso nazionale. Rispetto alle Camere di questi due paesi le quote di deputate italiane risultano

    in entrambi i casi inferiori di oltre 18 punti percentuali, mentre la rappresentanza femminile al Senato della repubblica

    nettamente inferiore a quella del Senato spagnolo (-9,3 punti percentuali) e della Camera alta olandese (-15,1 punti percentuali).

    Tra i sistemi politici bicamerali anche in Germania e nel Regno Unito si rilevano quote di rappresentanza femminile superiori a

    quelle italiane in entrambe le assemblee, pur con differenze percentuali meno accentuate; in Francia solo alla Camera bassa la

    quota femminile (12,2%) inferiore a quella italiana, mentre al Senato lindicatore supera di 3 punti percentuali quello nazionale.

    Considerando la quota di deputate elette dallItalia al Parlamento europeo, pur essendo la percentuale superiore a quella delle

    elette nelle Camere nazionali (19,2%), il divario rispetto agli altri paesi non muta (media Ue 30,3%). Solo Cipro e Malta (entrambe

    senza rappresentanza femminile) e la Polonia registrano quote rosa inferiori a quelle delle elette italiane. Allopposto in Svezia la

    percentuale di donne elette (57,9%) supera quella degli uomini di quasi 16 punti percentuali, mentre in nei Paesi Bassi, in Slovenia,

    in Francia e nel Lussemburgo si rilevano valori superiori di oltre 10 punti rispetto al valore medio comunitario.

  • In Italia La rappresentanza femminile nel parlamento

    italiano, pur decisamente minoritaria, si

    rafforzata nellultima legislatura: alla Camera dei

    deputati le donne sono pari al 17,1 degli eletti,

    mentre al Senato della repubblica le senatrici

    rappresentano il 14% dellassemblea. Le quote

    risultano in assoluto le pi elevate della storia

    parlamentare, in entrambe le camere, e

    invertono la tendenza negativa della decrescita

    della rappresentanza femminile in Parlamento

    prodottasi nel corso degli anni Novanta, dopo il

    picco registrato nella XII legislatura.

    Il dato acquista ulteriore valenza positiva considerando la distribuzione delle elette per classe di et. Infatti, i rapporti tra le

    rappresentanze di genere risultano meno sbilanciati a favore degli uomini nellambito delle classi pi giovani (25-29 e 29-39 alla

    Camera e 40-49 al Senato); tale dato, considerato anche il forte tasso di rielezione in successive legislature che caratterizza il nostro

    Paese, lascerebbe supporre un ulteriore consolidamento delle quote delle elette anche nelle classi pi anziane, nel corso delle

    future legislature.

    Dati aggiornati l11 gennaio 2010: 82% uomini e 18% donne.

    Partecipazione sociale

    Lappartenenza a organizzazioni di volontariato e il

    prestare attivit gratuite per sindacati, associazioni

    ecologiche o altre associazioni rappresentano

    unimportante dimensione della partecipazione sociale: in

    Italia quasi 4 milioni e mezzo di persone si impegnano

    gratuitamente prestando la loro attivit in associazioni di

    volontariato e poco meno di 2 milioni in altre associazioni;

    pi di 9 milioni hanno versato soldi a unassociazione e

    circa 700 mila svolgono attivit gratuita per un sindacato.

    Rispetto agli uomini, le donne italiane presentano tassi

    meno elevati di partecipazione alle forme di

    associazionismo, ma dallanalisi dei dati riferita a profili pi

    specifici risulta che, soprattutto nelle classi di et pi

    giovani e tra le persone occupate, i tassi di partecipazione

    femminile superano quelli maschili.

    P A G I N A 9 I L C I T T A D I N O

  • P A G I N A 1 0 I L C I T T A D I N O

    Art.3

    "Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. E compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando, di fatto, la libert e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese".

    Cosi la Costituzione nel terzo

    articolo esprime la parit di condizione giuridica di ogni individuo davanti alla legge. Uomini e donne, "sulla carta", si trovano sullo stesso piano senza alcuna distinzione. La prima proposizione afferma luguaglianza formale, come pari dignit ed equit di fronte alla legge. La seconda parte fa carico alla Repubblica di interventi per raggiungere luguaglianza sostanziale. Sono in questo modo poste le premesse costituzionali per lo stato sociale o di diritto.

    Art.29

    La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come societ naturale fondata sul matrimonio.

    Il matrimonio ordinato sull'uguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell'unit familiare.

    La famiglia, costituita dai genitori e dai figli, viene considerata una comunit che precede lo stato, quando si fondi su un accordo solenne, come il matrimonio (sia civile sia religioso). Fino al 1968, il Codice penale puniva ladulterio solo della moglie; fino al 1975, il marito era considerato superiore alla moglie ed esistevano la potest maritale, ossia lautorit del marito sulla moglie, e la patria potest, ossia lautorit del padre sui figli. Con la legge n.898 del 1970 si reso possibile alla donna, a determinate condizioni, sciogliere il matrimonio (divorzio). Quanto alluguaglianza dei due coniugi (corollario dellart.3/1) essa stata riconosciuta soltanto con la legge n.151 del 1975 (riforma del diritto di

    famiglia).

    Art.48

    Sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno raggiunto la maggiore et. Il voto personale ed eguale, libero e segreto. Il suo esercizio dovere civico.

    La legge stabilisce requisiti e modalit per l'esercizio del diritto di voto dei cittadini residenti all'estero e ne assicura l'effettivit. A tale fine istituita una circoscrizione Estero per l'elezione delle Camere, alla quale sono assegnati seggi nel numero stabilito da norma costituzionale e secondo criteri determinati dalla legge.

    Il diritto di voto non pu essere limitato se non per incapacit civile o per effetto di sentenza penale irrevocabile o nei casi di indegnit morale indicati dalla legge.

    Con il primo comma viene affermato il principio del suffragio universale sia maschile che femminile; questo avviene solo nel 1964, infatti, fino ad allora, il diritto di voto era concesso unicamente ai cittadini italiani di sesso maschile, indipendentemente dalla condizione sociale ed economica (disposizione di stampo giolittiano del

    1911).

    Art.51

    Tutti i cittadini dell'uno o dell'altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunit tra donne e uomini.

    La legge pu, per l'ammissione ai pubblici uffici e alle cariche elettive, parificare ai cittadini gli italiani non appartenenti alla Repubblica.

    Chi chiamato a funzioni pubbliche elettive ha diritto di disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il suo posto di lavoro.

    Larticolo stabilisce che tutti i cittadini godono dellelettorato passivo, cio possono venire eletti (salvo i casi previsti di ineleggibilit definiti negli artt. 56/3, 58/2, 84/1) ed esercitare un pubblico servizio (cfr. art. 97/3). Lultimo comma vuole rendere effettivo per chiunque il diritto di esercitare una

    carica elettiva.

    Art.31

    La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l'adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

    Protegge la maternit, l'infanzia e la giovent, favorendo gli istituti necessari a tale scopo.

    Il favore dello stato verso la famiglia costituita con il matrimonio (contrapposta quindi alla famiglia naturale) si manifesta in molte forme. Fra queste: il divieto di licenziamento per matrimonio (legge n.7 del 1963), in particolare per le lavoratrici; la tutela della lavoratrice madre (legge n.1204 del 1971, che prevede lobbligo dellastensione dal lavoro due mesi prima e tre mesi dopo il parto, nonch permessi per curare il bambino piccolo, estesi anche al padre con la legge n.53 del 2000 sui congedi parentali); listituzione dei consultori familiari (legge n.405 del 1975).

    Art.37

    La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione.

    La legge stabilisce il limite minimo di et per il lavoro salariato.

    La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parit di lavoro, il diritto alla parit di retribuzione.

    Il primo comma afferma il principio della parit fra lavoratori e lavoratrici, per quanto riguarda la retribuzione e le condizioni di lavoro e carriera. Lattuazione di questo principio ha dovuto, per, attendere la legge n.903 del 1977, che vieta ogni discriminazione nellassunzione e nella progressione di carriera. Le donne hanno ottenuto gli stessi diritti degli uomini in ambito lavorativo con particolare attenzione in caso di maternit, dove le condizioni di lavoro devono essere adeguate al perseguimento della "essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale e adeguata protezione".

    COSA DICE LA COSTITUZIONE . Articoli che regolano i rapporti tra cittadini

    ART.3 Tutti i cittadini hanno pari dignit

    sociale e sono uguali davanti alla legge,

    senza distinzione di sesso, di razza, di

    lingua, di religione, di opinioni politiche,

    di condizioni personali e sociali.

    Una pagina della Costituzione Italiana

    Francobollo celebrativo

    dei 60 anni della

    Costituzione Italiana

  • P A G I N A 1 1 I L C I T T A D I N O

    lo scopo di assicurare le pari opportunit e l'uguaglianza di trattamento tra donne e uomini, nonch di lottare contro ogni discriminazione basata sul sesso. In questo settore, l'UE ha seguito un duplice approccio, associando azioni specifiche e gender mainstreaming . Questo tema presenta parimenti una forte dimensione internazionale in termini di lotta contro la povert, di accesso all'istruzione e ai servizi sanitari, di partecipazione all'economia e al processo decisionale, nonch di diritti delle donne in quanto

    diritti dell'uomo.

    La tabella di marcia definisce alcuni settori esistenti e propone settori di intervento interamente nuovi. Complessivamente vengono considerati sei settori prioritari: indipendenza economica uguale per le donne e gli uomini, conciliazione della vita privata e professionale, rappresentanza uguale nell'assunzione di decisioni, eliminazione di ogni forma di violenza basata sul genere, eliminazione degli stereotipi legati al genere e promozione della parit fra le donne e gli uomini nelle politiche esterne e di sviluppo. Infine, un'indipendenza economica uguale per le donne e gli

    uomini.

    Le principali tematiche che la costituzione vuole

    affrontare sono:

    La presenza di uno scarto di retribuzione del 15% fra le donne e gli uomini, risultante da ineguaglianze strutturali come, ad esempio,

    la segregazione in settori di lavoro.

    Pochi uomini prendono un congedo parentale o lavorano a tempo parziale. Dovrebbero pertanto essere adottate misure volte ad esortarli ad assumere maggiori responsabilit

    familiari.

    La minore rappresentanza persistente delle donne nella societ civile, nella vita politica e nell'alta amministrazione pubblica,

    rappresenta un "deficit" democratico.

    Una partecipazione equilibrata pu contribuire ad una cultura del lavoro pi produttiva ed innovatrice. essenziale a tal fine la

    trasparenza nei processi di promozione.

    Pratiche quali la mutilazione genitale femminile o i matrimoni precoci e forzati costituiscono violazioni del diritto fondamentale alla vita, alla sicurezza, alla libert, alla dignit e

    all'integrit fisica ed emotiva.

    L'eliminazione degli stereotipi legati al genere.

    La promozione della parit nelle politiche esterne

    e di sviluppo.

    La Commissione terr conto dell'aspetto legato al genere in varie comunicazioni future, in particolare sulla demografia, sull'attuazione di un sistema di statistiche comparabili sulla criminalit, sulle vittime e sulla giustizia sociale, nonch su "Una visione europea nella parit fra le

    donne e gli uomini nella cooperazione allo sviluppo".

    Il divieto di discriminazione fra donne e uomini si applica all'accesso ai beni e ai servizi, nonch alla fornitura di beni e servizi, tanto per il settore pubblico che per il settore privato. Le differenze di trattamento fra donne e uomini possono essere accettate solo quando sono giustificate da un obiettivo legittimo come ad esempio la protezione delle vittime di violenze a carattere sessuale (nel caso di famiglie unisex) e la libert di associazione (nel quadro d'iscrizione a club privati unisex). Ogni limitazione dovr tuttavia

    essere appropriata e necessaria.

    La legge italiana ed europea mette sullo stesso livello uomini e donne, anche se dal lato pratico della vita reale questuguaglianza non viene ancora completamente attuata. Il Parlamento Europeo si mostra favorevole al disfacimento delle tradizioni maschiliste e paternaliste dei secoli precedenti, e mira al raggiungimento delle pari opportunit. Il Parlamento sollecita misure per colmare le differenze salariali tra uomini e donne, anche imponendo ai datori di lavoro di elaborare piani d'azione specifici. Chiede di eliminare penalizzazioni derivanti dal congedo maternit e dall'attivit autonoma e di promuovere l'imprenditoria femminile. Nel rilevare gli effetti positivi delle "quote rosa" in politica, chiede un'azione UE concertata contro la violenza sulle donne, inclusa la tratta, e misure per scoraggiare la domanda di prostituzione. Il Parlamento Europeo impegnato a garantire pari opportunit con leggi che tutelino i diritti declinati al femminile. La lotta contro le discriminazioni basate sul sesso uno dei pilastri fondamentali su cui stata costruita l'Europa di oggi. In tema di pari opportunit tra uomini e donne, l'Unione europea e il Parlamento hanno adottato differenti strumenti che vanno dall'approvazione di direttive in materia al sostegno di progetti di associazioni e organizzazioni non governative impegnate in questo campo. E in Italia? Si dovette aspettare il 2 giugno 1946 per vedere riconosciuto questo diritto, in verit pi per la presa di coscienza di alcuni uomini politici illuminati e di poche donne politiche, come Nilde Jotti, che non per la presenza di un vero e proprio movimento femminile nel nostro paese. Quest'ultimo si ebbe solo sull'onda delle manifestazioni studentesche del 1968, con la nascita dei primi collettivi femministi. Si pass in pochi anni da canzoni come "Non ho l'et" ad altre di carattere opposto, come "Non sono una signora". Molte pi donne incominciarono perfino a far politica, soprattutto nei ranghi del Partito Radicale, come Adele Faccio e la giovane Emma Bonino, ma anche della Democrazia Cristiana, come Tina Anselmi, che fu anche il primo ministro donna della nostra repubblica. Il principio delle pari opportunit tra uomini e donne nel mondo del lavoro previsto nel Trattato di Roma del 1957, ma le prime direttive in materia sono arrivate solo a met degli anni settanta. Le azioni intraprese a livello europeo hanno migliorato la situazione di discriminazione delle donne nell'ambito lavorativo, ma

    la strada ancora lunga per debellarla del tutto.

    COSA DICE LA COSTITUZIONE . LUnione Europea si adopera per eliminare discriminazioni tra uomo e donna: vediamo come.

    Il palazzo dellUE a Strasburgo

    Linterno del Parlamento Europeo

    uguaglianza tra le donne e gli uomini

    rappresenta uno dei principi fondamentali

    sanciti dal diritto comunitario. Gli obiettivi

    dell'Unione europea (UE) in materia di

    uguaglianza tra le donne e gli uomini hanno

  • SONDAGGIO CITTADINO

    0

    10

    20

    30

    40

    50

    60

    70

    80

    90

    Si No

    Ragazzi Ragazze Uomini Donne

    0

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    Scol Fam Leg Lav Soc

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    ella societ italiana vengono applicate,

    secondo lei, discriminazioni basate sul

    sesso?

    Se s, in quale ambito?

    (scolastico,familiare,legislativo,lavorativo, sociale)

    Secondo la sua esperienza personale,ritiene

    che i suoi diritti di cittadino/a vengano

    garantiti?

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    A suo parere, giusto che uomini e donne

    godano di diritti diversi?

    9 domande per 250 persone ecco le risposte

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    E giusto consentire alle donne le stesse

    attivit lavorative che un tempo erano

    prerogativa di soli uomini e viceversa?

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    I diritti specifici della donna sono gi previsti

    dalla normativa italiana, pensa che siano

    sufficienti?

    Pensa che anche alluomo spetti un periodo

    di paternit simile a quello che la legge

    riconosce alla donna?

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    Alla donna in quanto madre e moglie viene

    preclusa la possibilit di avere una carriera

    lavorativa uguale a quella delluomo?

    Continua pagina seguente.

    P A G I N A 1 3 I L C I T T A D I N O

  • Se lei fosse ministro delle pari

    opportunit:

    a) Negherebbe alle donne laccesso

    ad alcune attivit lavorative

    b) Negherebbe agli uomini laccesso

    ad alcune attivit lavorative

    c) Riconoscerebbe anche alluomo il

    diritto di intervenire in decisioni

    per ora puramente femminili

    (aborto, pillola del giorno dopo,

    ecc)

    d) Promulgherebbe una legge per

    rendere obbligatoria una

    percentuale rilevante (50%) di

    donne in Parlamento

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    Dalla teoria alla pratica Proposte dei nostri intervistati per rendere la normativa migliore

    Pi severit nelle leggi contro gli abusi e le violenze sulle donne

    Leggi migliori che proteggono il salario e il posto di lavoro durante il periodo di maternit

    Maggiore tutela nei confronti dellimmagine femminile

    Quote di genere per occupazioni di lavoro di alta responsabilit ( per esempio in ambito politico) ed equit di stipendio a parit di mansione

    Potenziamento dei servizi a sostegno della famiglia

    Maggiori incentivi alle aziende per favorire il lavoro a casa

    Campagna di sensibilizzazione culturale riguardo largomento rivolto soprattutto alle nuove generazioni (per esempio ribadire che il compito di gestione della famiglia non specifico della donna)

    Maggiori strutture di assistenza (asili sul posto di lavoro, mense ) per permettere o agevolare la carriera della donna.

    Garanzia in caso in cui luomo abbia un ruolo attivo e importante nella vita della donna del suo diritto di paternit

    (anche se la donna contraria)

    Miglior organizzazione periodo di maternit per poter usufruire meglio delle risorse statali anche per altri ambiti

    P A G I N A 1 4 I L C I T T A D I N O

    by LA REDAZIONE

  • P A G I N A 1 5 I L C I T T A D I N O

    LASILO DEI PAPA: MA LE MAMME LO ACCETTANO?

    Riunione di redazione

    svolgere le stesse professioni) pu far apparire gli uomini vittime di discriminazioni, non bisogna dimenticare per, che da sempre la donna ad essere sfavorita in ambito sociale, politico ed economico. Infatti, ancora nel 2010, secondo i dati dellIstat, nei 192 paesi del mondo solo 12 donne sono capi di stato; in Italia la rappresentanza femminile in Parlamento soltanto del 18%; in ambito lavorativo il tempo di lavoro retribuito delle donne corrisponde al 50-70% di quello degli uomini, ma quello non retribuito risulta essere oltre il doppio di quello maschile; in media nel mondo il reddito delle donne ammonta a pi o meno i due terzi di quello degli uomini; e ancora il nostro paese al penultimo posto nella classifica europea per loccupazione femminile con appena il 46,3% delle donne occupate; inoltre dai nostri sondaggi sembra che ben l80% delle donne si senta discriminata.

    Stefano rilancia che la parit tra uomini e donne comunque garantita dalle costituzioni della maggior parte dei paesi mondiali. Per esempio, in Italia, larticolo 3 afferma che: Tutti i cittadini hanno pari dignit sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, larticolo 37 sostiene che: La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parit di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore, larticolo 51 dichiara che: Tutti i cittadini delluno e dellaltro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di uguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge. A tale fine la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunit tra donne e uomini. Inoltre ci sono molte testimonianze di donne che hanno raggiunto posizioni politiche e lavorative importanti. E sufficiente pensare ad Angela Merkel, cancelliere della Repubblica Federale Tedesca; Hillary Clinton, segretario di stato americano; Michelle Bachalet, primo ministro del Cile; e ancora il direttore generale della Croce Rossa italiana una donna, il presidente della Confindustria una donna, oltre il 30% delle imprese in Australia, Canada e Stati Uniti sono possedute e gestite da donne. Il vero problema da risolvere non sta nelluguaglianza costituzionale tra uomo e donna, ma piuttosto nella mentalit corrente. La societ ancora saldamente maschilista. Si abituati a pensare che la famiglia e la casa siano responsabilit essenzialmente femminili, oppure che alcune attivit

    siano meglio gestite da uomini.

    Raluca daccordo, ma la questione sempre pi complicata: Come fare a cambiare la mentalit? L'uguaglianza delle donne e degli uomini un diritto fondamentale per tutte e per tutti, e

    Pavel concorda con Raluca. Lobiettivo principale sensibilizzare la popolazione riguardo largomento. Probabilmente la soluzione ideale, considerati tutti gli aspetti della questione, potrebbe essere una nuova forma di cittadinanza. Soprattutto in Italia la modifica dovrebbe portare ad una normativa che garantisce effettivamente la parit con misure pi severe e mirate, partendo per, sembra una contraddizione, da un aumento di leggi a favore del solo genere femminile. Per esempio, la proposta del Ministro delle Pari Opportunit, Mara Carfagna, di aprire scuole infantili sui posti di lavoro permetterebbe alle donne di perseguire pi facilmente una carriera simile a quella delluomo. Ma se non la concezione comune a cambiare non vorremmo che, come ha fatto notare Massimo Gramellini riguardo ad un servizio del programma di Italia1, Le Iene, luguaglianza per cui ci siamo tanto battuti diventi una parit al ribasso, che consente alle donne di trattare in pubblico il corpo degli uomini con lo stesso disprezzo con cui gli uomini a volte, ma sempre

    pi spesso, trattano quello delle donne.

    rappresenta un valore determinante per la democrazia. Per essere compiuto pienamente, il diritto non deve essere solo riconosciuto per legge, ma deve essere effettivamente esercitato. Nella vita quotidiana persistono ancora disparit, che sono prassi consolidate, derivanti da numerosi stereotipi presenti nella famiglia, nell'educazione, nella cultura, nei mezzi di comunicazione, nel mondo del lavoro e nell'organizzazione della societ. Il cambiamento di questa mentalit pu avvenire soltanto attraverso interventi dallalto: gli enti locali e regionali, che sono gli ambiti di governo pi vicini ai cittadini, rappresentano i livelli d'intervento pi adatti a combattere il persistere e il riprodursi delle disparit e a promuovere una societ veramente equa, intraprendendo azioni concrete a favore dell'uguaglianza. Una delle principali iniziative del 2008 per giungere alla parit tra donne e uomini stata l'adozione, da parte della Commissione Europea, di varie misure destinate a favorire un migliore equilibrio tra lavoro e vita privata, e un'equa suddivisione, tra donne e uomini, delle responsabilit private e familiari. Una migliore ripartizione del tempo consacrato al lavoro e alla famiglia, richiede una suddivisione pi corretta del tempo dedicato al lavoro retribuito e a quello non retribuito. Le misure di conciliazione devono rivolgersi anche agli uomini; per questo motivo sono state introdotte una serie di agevolazioni tanto per le donne quanto per gli uomini: una pi ampia disponibilit di strutture di custodia per bambini (Germania, Regno Unito e Paesi Bassi), modalit di congedo pi vantaggiose, in particolare per i padri, che possono essere stimolati a condividere equamente con le donne le responsabilit parentali o di altro genere (Svezia, Germania, Grecia, Lituania e Spagna), ed azioni di sensibilizzazione sul ruolo dei padri (Slovenia). Unaltra proposta importante riguarda la lotta contro gli stereotipi legati al sesso, che rappresentano convincimenti culturali e sociali nei confronti di ruoli e funzioni considerati per tradizione 'maschili' o 'femminili', che possono influenzare le donne e gli uomini nella scelta dei loro studi e delle loro attivit. Per realizzare questo obiettivo, i bambini e i giovani hanno bisogno di modelli di donne e di uomini non basati su esempi prestabiliti. Le pratiche e gli atteggiamenti discriminatori devono essere eliminati dai materiali e metodi didattici, dall'insegnamento e dall'orientamento professionale. E possibile eliminare questi pregiudizi tramite azioni di formazione e di sensibilizzazione sul luogo di lavoro e modificare in tal modo culture di lavoro basate su una versione stereotipata dei ruoli e delle competenze. Perci, occorre incoraggiare i mezzi di comunicazione, compreso il settore pubblicitario, a diffondere immagini e contenuti non convenzionali e allo stesso tempo i partiti politici e i parlamenti europeo e nazionali ad adottare misure adeguate, affinch la presenza delle donne e degli uomini, sulle liste elettorali e nelle nomine a cariche pubbliche, sia pi

    equilibrata.

    irginia sostiene che, se da un

    lato la reazione delle donne di

    fronte alla notizia (il 46% delle

    intervistate ritiene che uomini

    e donne non debbano

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