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Il materialismo dell’esistenza ‘800 e ‘900: l’Io - Dio Maggiani Matteo - 5^ B AS 2009/2010 Liceo Artistico Cardarelli Discipline interessate : Italiano, Storia, Filosofia, Storia dell’arte, Inglese, Discipline Geometriche,Discipline Pittoriche.

Il materialismo dell’esistenza - istitutocardarelli.gov.it · Il positivismo, infatti, fu un movimento fi- ... Qui Darwin osservò piccole variazioni tra alcune specie di animali:

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Il materialismo dell’esistenza ‘800 e ‘900: l’Io - Dio

Maggiani Matteo - 5^ B

AS 2009/2010

Liceo Artistico CardarelliDiscipline interessate : Italiano, Storia, Filosofia, Storia dell’arte,

Inglese, Discipline Geometriche,Discipline Pittoriche.

Il materialismo dell’esistenza

‘800 e ‘900: l’Io - Dio

Maggiani Matteo - 5^ B

AS 2009/2010

Liceo Artistico CardarelliDiscipline interessate : Italiano, Storia, Filosofia, Storia dell’arte, Inglese,

Discipline Geometriche,Discipline Pittoriche.

PREMESSA

La tesina nasce dal desiderio di ricercare le cause prime che hanno portato gradualmente la società del XX e XXI secolo, di cui noi siamo i figli, a mutare i suoi valori di riferimento e ha come fulcro centrale la lettura del libro Il crollo della cultura Occidentale, dello studioso australiano John Carrol

Del libro però ho preso in considerazione solamente i passi in cui l’autore si concentra sulla perdita di valori morali e religiosi e sulla conseguente morte di Dio, trattata dal filosofo Niezstche, venutasi a verificare in particolar modo tra la seconda metà del 1800 e la prima metà del 1900, come diretta conseguenza di una forte innovazione scientifica e di un enorme progresso incarnato nella seconda rivoluzione industriale.

Partendo da tali considerazioni di Carroll stesso ho poi sviluppato e ampliato la trattazione dell’argomento rifacendomi a conoscenze apprese nel corso dell’anno, spazianti in ambito letterario (sia italiano che inglese), storico, filosofico e artistico, e ad approfondimenti per-sonali, conseguiti sia attraverso materiale datomi dai vari insegnanti sia mediante ricerche o letture effettuate sempre sotto consiglio di questi.

Il mio intento finale è stato quello di dare un quadro generale della situazione di crisi mora-le, e soprattutto spirituale, dell’uomo tra la seconda metà del 1800 e la prima metà del 1900, mettendo in luce gli elementi che hanno portato ad essa e al vero e proprio male di vivere, caratteristica quasi costante del Novecento, almeno sino agli anni ‘70, e della sua cultura intera.

Il materialismo è la concezione filosofica per la quale l’unica realtà che può considerar-si esistente è la materia, e tutto deriva dalla sua continua trasformazione. Ciò vale a dire che, sostanzialmente, tutte le cose hanno una natura materiale, ovvero che il fondamento e la sostanza della realtà sono materiali. Con il progredire del pensiero filosofico si tende a sostituire la figura di Dio e con beni materiali e la fiducia nel progresso e nella scienza, ma alla fine ciò comporta un senso di straniamento dalla realtà dovuto alla perdita di quei valori a cui essa era solita riferirsi.

Fu questa la situazione che si venne a creare, a livello europeo, tra la prima metà del 1800 e il primo decennio del 1900 in cui si affermarono le teorie materialiste e deterministe del positivismo , la Seconda Rivoluzione Industriale e le varie scoperte che rivoluziona-rono la concezione di spazio e tempo e della realtà portando ad una situazione generale,

anche se spesso non avvertita criticamente, di incertezza e angoscia.

Il positivismo, infatti, fu un movimento fi-losofico e culturale nato in Francia nella prima metà dell’800 grazie alle opere dei filosofi Saint-Simon e Comte e diffusosi in seguito in Inghil-terra, Germania e Italia. Passando dalla Francia all’Inghilterra, tale filosofia assunse tinte e co-loriture peculiari alla tradizione di quel Paese. Se in Francia, infatti, presentò caratteristiche più astratte tipiche del razionalismo cartesiano, in Inghilterra assunse le vesti dell’empirismo e dall’utilitarismo, giungendo poi a intrecciarsi con l’evoluzionismo di Charles Darwin1. Pur tra molte differenze, esso ebbe tuttavia un ca-rattere comune che lo contraddistinse e lo rese riconoscibile in modo indiscutibile: la celebra-zione del primato della conoscenza scientifica.

I fattori che portarono a riconoscere la cen-tralità della scienza, e del suo ruolo privilegia-to nella società, furono molteplici. Tra questi il principale fu rappresentato dallo sviluppo del-l’industria capitalistica moderna che fornì un impulso decisivo alla ricerca scientifica e tec-

nologica.

1 Charles Darwin era un biologo, geologo, zoologo e botanico britannico che si occupò dell’evoluzione delle specie. Parten-do dalla teoria evoluzionista dello zoologo francese Lamarck, ma reputandola insoddisfacente perché non in grado di provare in modo scientifico come l’evoluzione si verificasse, compì un viaggio di circumnavigazione della terra durante il quale fece interessanti osservazioni. Particolarmente stimolanti risultarono quelle effettuate nelle isole Galàpagos, un gruppo di isolette vulcaniche del Pacifico, vicinissime tra loro e senza grandissime differenze nella flora e nella fauna.

Qui Darwin osservò piccole variazioni tra alcune specie di animali: ad esempio gigantesche testuggini che presentavano lievi differenze da un’isola all’altra, o i fringuelli, il cui becco variava a seconda vivessero nell’uno e nell’altra. Alla fine giunse alla conclusione che le specie non sono fisse né immutabili nel tempo; sopravvivono gli esseri che si adat-tano meglio alle condizioni dell’ambiente e sono, quindi, avvantaggiati rispetto agli altri; la differenziazione delle specie dà origine all’evoluzione biologica ed è quindi prodotto della selezione naturale. La teoria venne elaborata nella sua opera più importante: l’Origine delle specie

Auguste Comte

Nel corso dell’Ottocento si assistette a una vera esplosione delle scienze e delle tecni-che. Questo determinismo fu alla base di una visione pessimistica e negativa,nonché priva di ogni valore spirituale, di molti artisti e letterati come l’ inglese Thomas Hardy.

Thomas Hardy worked out the idea of a kind of fatalistic determinism and predestination, according to which all men fulfil their destiny without finding any help either in society, which oppresses and destroys them, or in love, which often leads to unhappiness. The evo-lutionary theory increased Hardy’ s compassion for suffering people and for all living crea-tures. Hardy was also deeply struck by the new scientific and geological discoveries which, against all traditional beliefs, proved that the world had existed longer than man. This led not only him but many other people to refuse Christian doctrine and the Bible and to work out a pessimistic theory, according to which man is an insignificant insect in a universe quite indifferent of him. Far from being the beloved son of a providential Father-God, man is only a puppet in the hands of an inscrutable malicious force (called “Immanent Will” by Hardy), which blindly rules universe and human destiny. According to Hardy man is there-

fore the powerless vic-tim of an obscure fate.

La cultura che si venne a creare in que-gli anni fu caratteriz-zata infatti da un rigo-roso materialismo che ricondusse la condizio-ne umana a quella di ogni altro animale ed escluse qualsiasi solu-zione di tipo metafisi-co e spiritualistico; un sostanziale determini-smo in base al quale l’uomo è determinato dagli istinti,dai biso-gni materiali,dalla si-tuazione storica in cui

vive;da una concezione del progresso fondata sull’evoluzionismo,secondo cui le diverse specie si evolvono attraverso la selezione naturale2 e la lotta per la vita.

Proprio la selezione naturale e la lotta per l’esistenza stanno alla base del progresso come dimostrò lo scrittore italiano Giovanni Verga all’interno del suo ciclo di romanzi denominato I Vinti che rappresenta successivamente la vita dei pescatori e dei contadini (I Malavoglia), poi la borghesia di provincia (Mastro don Gesualdo) e la nobiltà cittadina (La

� Principio in base al quale le variazioni insorgono dapprima in modo spontaneo e casuale (forse per un errore genetico il collo di alcune giraffe era più lungo del normale), poi sono soggette alla pressione dell’ambiente che opera una selezione isolando i gruppi con varianti utili e facendo scomparire quelli che ne sono privi.

I famosi fringuelli di Darwin, i Geospiza che, con le loro variazioni nella forma del bec-co, diedero conferma della pressione dell’ambiente sull’evoluzione delle specie animali.

duchessa di Leyra), infine il mondo parlamen-tare romano (L’onorevole Scipioni) e quello, più complicato e complesso di ogni altro, de-gli scrittori e degli artisti (L’uomo di lusso).

Sebbene solo I Malavoglia e Mastro don Gesualdo siano stati completati in essi è già riscontrabile una visione negativa del pro-gresso. Nonostante Verga sia appartenuto alla corrente realista del Verismo,corrispondente al Naturalismo francese e rivelante un’im-postazione di tipo positivistico,materialistico e deterministico,finì col negare l’ottimismo evoluzionistico teorizzato dai positivisti.

Lo scrittore dichiarò infatti di interessarsi ai vinti, cioè alle vittime del progresso che da Verga stesso venen paragonato a una fiumana che avanza inesorabilmente. Esso procede at-traverso la lotta per la vita e dunque attraverso una feroce selezione naturale in cui l’egoismo individuale, che ne è alle radici e che spinge avanti ogni individuo, produce l’avanzamen-to del progresso.

Questo, visto da lontano, appare”grandioso” e persino “umanitario” nel suo “risultato” finale; invece,visto da vicino, mostra tutte le contraddizioni, gli orrori e i soprusi che stan-no alla base della selezione naturale e della lotta per la vita.

Risulta così evidente l’idea naturalistica dell’evoluzionismo sociale, quale era stata dif-fusa dal positivismo e in particolare dal darwinismo sociale�.Tuttavia tale ottimismo evo-luzionistico, inizialmente teorizzato da Verga, venne di fatto negato da parte dello scrittore stesso, il quale riservò a se stesso il diritto di mostrare il rovescio negativo del progresso, di rivelarne i costi dolorosi.

Alla fine anche l’osservatore, cioè lo scrittore, finisce con l’essere travolto dalla”fiumana” del progresso e dunque a diventare un vinto. Infatti il progresso da un lato subordina l’ar-tista alle proprie leggi,dall’altro lo disprezza ed emargina,facendone un escluso e un “di-verso”.

Con il ciclo de I Vinti Verga volle dimostrare come coloro che cercano, in una società dominata dal progresso, di ribellarsi alle ingiustizie sociali e di costruirsi un futuro diverso alla fine siano destinati alla sconfitta. Non potendo ribellarsi l’unica cosa che rimane da fare, come dice uno dei protagonisti principali de I Malavoglia ancora legato all’universo patriarcale e arcaico-rurale, cioè padron ‘Ntoni, è di “vivere come siamo nati” ed è “meglio contentarsi che lamentarsi” visto che “bella o no,la vita non l’abbiamo fatta noi”.

In questo modo il progresso assume una connotazione negativa, la stessa che già letterati e filosofi come Leopardi e Schopenhauer avevano colto nella prima metà dell’800. Essi

� Principio elaborato dal filosofo inglese Herbert Spencer in base al quale la biologia costituisce il fon-damento di tutte le scienze. Pertanto anche le vicende storiche sono determinate da fattori umani biolo-gici in base ai quali ruoli e condizioni sociali sono immodificabili

ebbero una visione pessimistica della vita a causa della distruzione di tutti quei valori su-premi della tradizione occidentale,dalla mo-rale alla religione alla logica. Per entrambi la vita era come un pendolo che oscilla tra dolore e noia in cui il piacere è visto in modo negativo in quanto temporaneo sollievo. Tut-tavia, mentre il filosofo tedesco considerò er-rato il materialismo ,in quanto negazione del soggetto ridotto all’oggetto, il poeta italiano ne rimarrà sempre un convinto assertore,pur con una tensione critica che lo porterà a met-tere continuamente in discussione concetti e conclusioni.

Leopardi, partendo da una visione pessimi-stica individuale, giunge al cosiddetto “pessi-mismo storico” secondo cui non solo lui ma anche tutta l’umanità è destinata a soffrire a causa dell’evoluzione storica della coscien-za e della ragione che ha portato gli uomi-ni ad allontanarsi da tutti quei valori e quel-le illusioni che la natura,vista come madre

benigna,donava loro rendendo sopportabile la loro vita. In tal modo anche la Natura non poteva più essere presa in considerazione. Ad essa è

imputata l’infelicità dell’uomo, accusandola di determinare la tendenza umana al piacere e di infondere negli uomini l’amor proprio e il bisogno di felicità,senza poter poi in alcun modo soddisfare quest’ultimo.

Ciò portò Leopardi a dire, all’interno della sua opera Dialogo della Natura e di un islan-dese che: La vita di questo universo è un perpetuo circuito di produzione e di distruzio-ne,….: a chi piace o a chi giova cotesta vita infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono?

Per cui un contesto storico e culturale sempre più incentrato sul progresso e sulla mate-ria anziché sullo spirito non poté che portare a quel mal du siècle e alla nausea esistenziale, evidenti nell’opera dello scrittore naturalista francese Gustave Flaubert, Madame Bovary , la cui protagonista si sente soffocare nella grigia e opaca vita borghese, ma anche a una concezione sempre più materialista della vita, alla considerazione della terra come atomo opaco del Male�.

Tale visione negativa era dovuta al nuovo contesto sociale che si stava venendo a costi-tuire con la perdita dei valori spirituali, ormai sostituiti da beni materiali e terreni.

In una simile società, che non sapeva dare misura e valori e proponeva costantemente la volgarità o la pena, il dolore o il male, l’ unico luogo in cui poter trovare riparo appariva per Pascoli il “nido” familiare, a cui partecipavano, legati dagli affetti e dalle complicità irrazio-nali del sangue, i vivi e i morti della famiglia, costituendo il luogo caldo e accogliente del-l’unico rifugio possibile di fronte a una storia che presentava immagini d’orrore, d’oppres-sione, di morte e in cui la società umana, dominata dal terrore e dall’angoscia onnipresente � così la definì Pascoli in X Agosto, Myricae

A. Ferrazzi,Giacomo Leopardi,18�0, olio su tela

della morte, aveva compreso l’inutilità di ogni ricerca di libertà dell’illusione di ogni gesto umano.

Ormai la società si era avviata in un lungo proces-so di industrializzazione che avrebbe portato,qualche de-cennio dopo, alla Seconda Rivoluzione Industriale.

L’Uomo, all’interno di una simile società industrializzata e materialista, stava diventan-do egli stesso una macchina come prefigurò criticamente lo scrittore inglese Charles Dickens nella sua opera Hard Times (185�).

Charles Dickens was aware of the spiritual and material corruption of present-day reali-ty under the impact of industrialism. Hard Times focuses on the difference, existing in Di-ckens’ s time, between the rich and poor, or factory owners and workers, who were forced to work long hours for low pay in dirty, loud, and dangerous factories. As they lacked edu-cation and job skills, these workers had few options for improving their terrible living and working conditions. This novel uses its characters and stories to denounce the gap between the rich and the poor and to criticize the materialism narrow-mindedness of Utilitarianism which was the basic Victorian attitude to economics. Hard Times suggests that 19th-centu-ry England was turning human beings into machines by avoiding the development of their emotions and imaginations.

Tale industrializzazione portò ad un attaccamento sempre maggiore a elementi terreni che gradualmente arrivarono a sostituire ogni concezione spiritualistica e, conseguente-mente, tutte le tipiche immagini dell’ iconografia cattolica. La fede in Dio era stata so-stituita dalla fiducia nel progresso.L’uomo moderno, forte delle conquiste della tecnica, cominciò a non credere più alle favole della religione e della morale. A poco a poco i valori crollarono, rivelandosi come menzogne e riducendosi a nulla. Si pervenne così a una visione nichilistica. Dove prima c’era Dio, che dava senso al disordine e assicurava il paradiso agli umili (cioè a coloro che si sottomettevano alle norme della sua morale), ora rimaneva il vuoto. Il garante dell’assolutezza dei valori e dell’ordine razionale del mondo non c’era più, era stato ucciso. Con l’ annuncio della “morte di Dio” Nietzsche intendeva dichiarare la distruzione di tutti i valori supremi della tradizione occidentale, dalla morale alla religione alla logica. Questo atto, esposto nel celebre brano dell’”uomo folle” de La gaia scienza (188�), venne ritenuto dal filosofo come “il più grande avvenimento recente”, che non mancherà di gettare le sue prime ombre sull’ Europa. Con Dio, annotò Nietzsche nell’opera Frammenti, cadde anche “quella che è stata finora la morale:le due cose si reg-gevano a vicenda”.

All’interno de La gaia scienza l’uomo folle è il filosofo-profeta che annuncia la “mor-

Gustave Dore, Over London by Rail ,187�

te di Dio” a uomini superficia-li i quali, ritenendosi saggi, lo scherniscono.

Nella simbologia nietzschea-na sono gli “uomini del merca-to”, che non si rendono conto delle gravi implicazioni con-tenute in tale evento. Essi pra-ticano un ateismo di maniera che, mentre nega Dio, afferma tutta una serie di norme etiche e di ideologie che sono proprio il frutto più maturo della ragione e del cristianesimo: surrogati di Dio quali la giustizia sociale, la fratellanza, la solidarietà. La polemica di Nietzsche, dunque, fu contro il razionalismo ateo degli illuministi.

Come notò il filosofo tede-sco Heidegger, la morte di Dio è la metafora con cui Nietzsche allude all’erosione del mondo sovrasensibile.

Dio è il termine che designa il mondo delle idee e degli idea-li, che, da Platone in poi, e particolarmente nell’ interpretazione cristiana del platonismo, era concepito come il mondo vero, l’autenticamente reale. In opposizione a esso, il mondo sensibile, ridotto a una valle di lacrime, veniva inteso come mondo apparente e irreale.

Scrive, a tal riguardo, l’inglese John Carroll che “la cultura borghese in declino, mano a mano che la fede nel suo Dio vacilla, si reindirizza lungo” la “pretesa liberale che sia pos-sibile vivere secondo la ragione e il libero arbitrio” immaginando che “la casa del chiaro e del destino,della ricchezza e dello status ,permetterà ai suoi inquilini di dormire sicuri e soddisfatti la notte” 5

Se da una parte vi è la morte di Dio dichiarata da Nietzsche, dall’altra è “sotto attacco”, come dice sempre Carroll,”una delle immagini sacre centrali della cultura occidentale: Maria, la Madonna, il simbolo della vocazione materna”.

Ciò è evidente in Madonna, olio su tela realizzato fra il 189� e ‘9� dal pittore norvegese Edvard Munch.

La figura femminile della Madonna dell’iconografia cattolica è ormai sparita. Munch dipinse al suo posto il nudo sensuale di una donna perduta, il cui corpo sembra fluttuare in uno spazio vago e fluido. Qui la Madonna è rappresentata come una donna carnale, nuda, sdraiata sulla schiena, i cui contorni delle braccia piegate (una sotto la testa, l’ altra dietro la schiena), sono sfumati e svaniscono nello sfondo. Il corpo della donna è livido, dipinto 5 Il crollo della cultura occidentale, pag.177

Edvard Munch, Madonna

con colori che fanno pensare quasi a un cadavere. Il ventre della donna è però ritratto in una posa che ri-corda quella di un amplesso. A tale versione ne seguì un’altra litogra-fica del 1895 che John Carroll de-scrisse cosi’: “C’è una donna nuda. I lunghi capelli neri si arricciano selvaggi;un berretto rosso ammicca a un’aureola; le labbra sono rosse. Con gli occhi neri socchiusi, è col-ta in un vortice sognante di impo-tenza e angoscia. Sul volto c’è un’ ombra di pace, di fine dei tormenti ma è la pace di un cadavere, come Munch stesso precisa nel testo che accompagna l’opera. I colori sono quelli” di una “perversa sensualità, e della morte”�.

Da tali parole risulta eviden-te come l’immagine iconografica tradizionale della Madonna abbia perso ogni connotazione religiosa e spirituale, rappresentando invece quegli elementi carnali e terreni di cui la società del tempo non poteva più fare a meno.

Anche il più cristiano degli attributi religiosi, l’aureola, anziché essere dipinto con il colore che simboleggia la manifestazione divina, (il giallo-oro di origine paleocristiana), presenta il più carnale e passionale dei colori, il rosso, unica nota cromatica squillante dell’intero quadro. La figura della Madonna inoltre non è inquadrata da una decorazione di fiori bianchi, simboli di castità e purezza ma da serpeggianti spermatozoi e in basso ap-pare il feto di Gesù che, sebbene non ancora nato, porta già impressa la morte nel volto da teschio, chiara allusione al fatto che vita e morte, piacere e dolore sono indissolubilmente connessi. Inutile la vita e, soprattutto, inutile il sacrificio di Cristo per alleviare i mali del mondo.

Il pittore, nel delineare la figura della donna con la testa rivolta a sinistra, lo sguardo sfuggente, il braccio destro portato verso l’alto a ben esporre la grazia di un seno florido, fulcro visivo di uno spettacolare corpo nudo pervaso da un’intima sofferenza, prese certa-mente ispirazione da Ishtar, l’antica dea assiro babilonese dell’amore e della guerra, che diventerà poi la siriana Astarte ed infine costituirà l’archetipo per Afrodite e Venere.

L’artista lega così, eliminando ogni valore religioso, peccato e sessualità, profondamen-te convinto che eros e thanatos, rispettivamente la pulsione di vita e la pulsione di morte siano due facce della stessa medaglia. Non vi poteva essere, secondo Munch, piacere sen-za dolore ed anche l’illusione della felicità portava verso la sofferenza. In questo Madonna � Il crollo della cultura occidentale, pag.177-178

Edvard Munch, Madonna

appare frutto estremo del comune sentire di una cultura tardo romantica e simbolista euro-pea che in modi diversi ed estenuati aveva affrontato ambivalenze, ambiguità e perversioni delle pulsioni umane.

Il riferimento iconografico diretto però va ricercato nell’opera dell’artista tedesco Franz von Stuck, e in particolare ne Il peccato del 189� conservato in una monumentale cornice d’oro a Monaco nella Bayerische Staatsgemaldesammlungen. Qui la donna se-

minuda, identificabile con la Eva biblica, il cui busto dal candore lunare è avvolto da un grande ser-pente, guarda fisso l’osservatore con la bocca aperta ed una smorfia raccapricciante. Il volto misterioso rappresenta, nel confine tra lecito ed illecito, desideri più o meno confessabili e passioni segrete. Malgrado la peccatrice trasmetta un’impavida bellezza ed un fasci-no sensuale decadente, il pensiero va al male, una presenza costante e negativa, ma angosciosamente attraente nella vita umana.

L’ Eva di Stuck, simbolo del peccato originale, e la Madonna di Munch finiscono per identificarsi giungendo a essere interpretazione allegorica della figura femminile che dona amore e morte. Se nel Medioevo il male veniva rappre-sentato da mostri che popolava-no l’inferno col suo folle genio, a partire dalla fine dell’Ottocento il male venne raffigurato in moltepli-ci forme dagli artisti, che materia-lizzano sulla tela le proiezioni di incubi e sogni, ansie ed angosce. Il nuovo secolo poi sarà consapevol-mente frastornato dalle rivoluzio-

narie scoperte di Sigmund Freud, il medico iniziatore della psicanalisi che si occupò dello studio della psiche umana che appare divisa tra un’ istanza pulsionale che emerge nei so-gni, nella nevrosi e nei lapsus (l’ Es), una zona che vede interiorizzati i valori morali della famiglia e della società (il Super-Io) e l’istanza cui si deve l’organizzazione dell’equilibrio e della personalità (l’Io).

Ma tra la fine del 1800 e i primi anni del 1900, si verificarono altri profondi cambiamen-ti che provocarono un’ ulteriore perdita dei valori tradizionali e una crescente angoscia. Le scoperte fisiche ad opera di Einstein (la teoria della relatività) e di Plank (la teoria dei

Franz von Stuck, Il peccato

quanti), insieme ad una riva-lutazione dello slancio vitale, dell’azione e dell’atto e del-l’immediatezza da parte del filosofo francese Bergson, portarono infatti a una nuova concezione del tempo visto per la prima volta in rapporto allo spazio.

In concomitanza con tali scoperte si sviluppa in Occi-dente, tra la seconda metà del 1800 e il primo decennio del 1900, la Seconda Rivoluzio-ne Industriale. Essa accelerò il processo di industrializza-zione del paesaggio, ribaltò il rapporto natura e artificio, modificando radicalmente la per-cezione della realtà.

Punto chiave della nuova concezione spazio-temporale non era più la storia ma il pro-gresso.

La Seconda Rivoluzione Industriale fu segnata dall’utilizzo di una nuova forma di ener-gia, l’elettricità ,che consentì la realizzazione di nuove invenzioni quali il telefono (1871) e la lampadina (1880), di nuove fonti energetiche, come il petrolio, da cui si poté ottenere la benzina e sviluppare il motore a scoppio, e di una nuova lega di ferro e carbonio, cioè il ferro, adoperato per il miglioramento degli armamenti e lo sviluppo dell‘edilizia civile. Il capitalismo, in questi anni, entrò in una nuova fase in cui le maggiori industrie e le banche più potenti cominciarono ad acquistare un carattere monopolistico, con la conseguente riduzione o eliminazione della concorrenza. Sorse infatti la tendenza alla concorrenza del-l’attività produttiva, alle coalizioni e fusioni tra diverse società o fabbriche (trust) o agli accordi di mercato tra autonome imprese dello stesso ramo (cartelli).

Alle accresciute dimensioni delle imprese si accompagnò, infine, un nuovo modo di pro-durre. Per venire incontro ai desideri di una larga massa di consumatori nel mondo, c’era bisogno di prodotti standardizzati, con caratteristiche sempre identiche, facilmente ricono-scibili ovunque. Le industrie produttrici di beni di consumo e di servizi si trovarono per la prima volta a soddisfare una domanda che sempre più assumeva dimensioni di massa. La produzione dei beni cominciò a essere in serie dando vita ad una vera e propria produ-zione di massa. Le esigenze della produzione in serie spinsero le imprese ad accelerare i processi meccanizzazione e di razionalizzazione produttiva. Tali processi furono favoriti da un nuovo sistema di organizzazione del lavoro messo a punto dall ‘americano Frederick W.Taylor, denominato appunto taylorismo7.7 Il metodo di Taylor si basava sullo studio sistematico del lavoro in fabbrica, sulla rilevazio-ne dei tempi standard necessari per compiere le singole operazioni e sulla fissazione di regole e rit-mi cui gli operai avrebbero dovuto uniformarsi, eliminando le pause ingiustificate e gli sprechi del tempo. Il principio del taylorismo fu integralmente applicato nella catena di montaggio, che con-sentiva di ridurre i tempi di lavoro, ma frammentando il processo produttivo in una serie di piccole operazioni, ciascuna affidata a un singolo operaio, rendeva il lavoro alienante e spersonalizzato.

Charlie Chaplin nel film Tempi moderni (19��)

Dietro un siffatto contesto apparentemente positivo di cambiamenti e innovazioni in realtà si potevano riscontrare aspetti di angoscia e sofferenza che innumerevoli artisti, let-terati e filosofi avevano già iniziato ad avvertire sin dal momento n cui il progresso aveva cominciato a farsi sentire in modo sempre più imponente e generalizzato.

Ormai l’appiattimento della persona sulle esigenze della produzione, che si compiva sui luoghi di lavoro, si associò nella vita quotidiana al conformismo dei comportamenti, indotto dal fatto che la società finiva per suggerire all’ individuo come agire, come vestir-si, che cosa comperare ecc. La società era ormai costituita da centinaia di individui rico-noscibili solo dall’abbigliamento, rappresentabili come innumerevoli spettri dagli occhi sbarrati,privi di qualsiasi valore spirituale e morale, e riconoscibili solo da attributi esterio-ri, evocativi di opere munchiane come Sera nel corso Karl Johann.

Oltretutto quel progresso, che inizialmente doveva favorire lo sviluppo sociale, finì per essere adoperato in ambito militare. Una volta scoppiata la Prima Guerra Mondiale (191�-1918) la gente comprese, vivendolo in prima persona, l’erroneo utilizzo di tale progresso per la realizzazione di aeroplani, carri armati, sottomarini, mitragliatrici e dinamiti, cioè come mezzo per provocare morte e dolore anziché benessere.

il tutto fu aggravato dal fatto che la gente, a seguito della morte di Dio aveva perso ogni valore, ogni certezza a cui potersi appoggiare. Tutto era ormai relativo.

Si arrivò così a un vero e proprio “male di vivere”.

Edvard Munch, Sera nel corso Karl Johann,

Scrisse a tal riguardo Eugenio Montale in una delle sue poesie della raccolta Ossi di seppia (19�8):

Spesso il male di vivere ho incontratoera il rivo strozzato che gorgogliaera l’ incartocciarsi della fogliariarsa, era il cavallo stramazzato.Bene non seppi, fuori del prodigioche schiude la divina Indifferenza:era la statua nella sonnolenzadel meriggio, e la nuvola, e il falco alto levato.

In un momento della propria vita Montale riconosce nel rivo strozzato, nella foglia riar-sa, nel cavallo stramazzato, in cui casualmente si imbatte, quella sofferenza che egli stesso provò nel proprio intimo. E’ un proiettare e riconoscere la propria angoscia nel dolore uni-versale, che risolve originalmente e modernamente un sentimento già leopardiano.

Da tale “male di vivere” si passò al rifiuto del dialogo, della parola non appena scoppiò anche la Seconda Guerra mondiale (19�9-19�5), durante la quale per la prima volta venne adoperata la bomba atomica. Di fronte alla constatazione della negatività del reale e della condizione umana il poeta non aveva più certezze da comunicare. La verità del poeta è solo una verità dolorosa e consiste tutta nell’affermazione di questa negatività e dell’assenza di ogni certezza.

E’ questo il significato della poesia Non chiederci la parola, facente parte anch’essa del-la raccolta “Ossi di seppia”:

Non chiederci la parola che squadri da ogni latol’animo nostro informe, e a lettere di fuocolo dichiari e risplenda come un crocoPerduto in mezzo a un polveroso prato.

Ah l’uomo che se ne va sicuro,agli altri ed a se stesso amico,e l’ombra sua non cura che la canicolastampa sopra uno scalcinato muro!

Non domandarci la formula che mondi possa aprirti

sì qualche storta sillaba e secca come un ramo.Codesto solo oggi possiamo dirti,ciò che non siamo, ciò che non vogliamo

Ma questa stessa dichiarazione costituisce, implicitamente ma nettamente, un atto po-lemico nei confronti di quanti credevano, soprattutto in quegli anni, di poter trasmettere attraverso un canto disteso, sonoro ed eloquente, delle dubbie verità “positive”. E’ il rifiuto del poeta-vate, del poeta che si fa depositario delle verità ufficiali, politiche o religiose che siano.

Ormai, con la morte di Dio e la perdita di ogni certezza anche i poeti non hanno più niente da comunicare.

NESSUNA CONCLUSIONE

Alla fine non è stato possibile giungere a nessuna conclusione. La società appare sempre più caotica ed enigmatica generando sempre più dubbi e domande in chi è privo di qualun-que soluzione al proprio dolore interiore. Nessuna soluzione è possibile dare a una simile problematica esistenziale.

Dice Carrol, nelle ultime pagine del suo libro, a conclusione del suo pensiero, che “La nostra storia è stata raccontata. Il suo scopo è semplice urlare al mondo che l’umanesimo è morto, e che così e stato fin dal XIX secolo. E’ tempo di abbandonarlo. Seppelliamolo con i giusti riti, ovvero rendiamo onore a quanto c’ era di buono, e prendiamo atto di che cosa sia andato storto, e perché. Non facciamocene ammaliare una seconda volta.

La nostra è una condizione particolarmente vulnerabile, poiché nel corso di tante gene-razioni esso ha fatto maturare in noi il palato della conoscenza e una debolezza endemica per il suo narcotico, l’ esercizio dell’ intelletto. La sua grande illusione si è ormai radicata dentro di noi: ovvero che la conoscenza ci renderà migliori e più felici, e che siamo liberi, liberi di migliorare noi stessi.

E’ questo il motivo per cui il cadavere continua ad aleggiare su di noi senza ricevere una risposta appropriata. I nostri istinti più salutari sono stati razionalizzati e virtualmente tagliati fuori dall’ esistenza da questa malattia, questa illusione, ormai incapace di reden-zione, che la mente possa riformare l’ essere. Dobbiamo recuperare la nostra capacità di repulsione spontanea e priva di complessi. Dobbiamo riconoscere spontanea e priva di complessi. Dobbiamo riconoscere quanto siamo ormai stufi di questa eredità: stufi al punto di sentirci liberi di andare avanti”1.

Ormai la società ha peso ogni valore morale o religioso. L’ affermazione del progresso e di sempre nuove scoperte ha ormai portato l’uomo a distaccarsi da essi e a giungere ad uno stato di estremo caos e dispersione, un crollo interiore che rispecchia quello del mondo a lui esterno. In un simile quadro storico dominato dall’ angoscia esistenziale di uomini nel cui animo non possono che provare un forte senso di solitudine dovuto al distacco di ogni valore a cui fare riferimento, non è più possibile pensare a una riconciliazione tra Io e Dio. Dio è morto e l’Io ora è solo e privo di qualsiasi certezza se non quella di un futuro caratterizzato da un vero e proprio male di vivere.

1 Carrol, cit, pag 29�

Note alle opere illustrate:Edvard Munch, Sera nel corso Karl Johann, 189�. Olio su tela, 8�,5x1�1 cm. Bergen, Comune Rasmus Franz von Stuck, Il peccato, 189�, olio su tela, 95x59 cm, Monaco, Neue Pinakotech.Gustave Dore, Over London by Rail,engraving, London, England, 187�.Charlie Chaplin nel film Tempi moderni , 19��.

Bibliografia: -John Carroll, Il crollo della cultura occidentale, Fazi ,collana Le terre, �009. -Giovanni Verga, I Malavoglia, Mondadori, �00�. -Alessandro Zaccuri, Il tramonto dell’umanesimo, Avvenire, �� settembre �009 . -Giovanni Pascoli, Myricae, Rusconi Libri, �005. -Giovanni Verga, Mastro don Gesualdo Autore , Einaudi, �005. -Di Stefano, Eva, Munch, Giunti (Art dossier), 199�. -Montale, Ossi di seppia, Mondadori, collana Oscar poesia del Novecento, �00�. -Sgarbi Vittorio, DVD video, I grandi capolavori della pittura .L’arte moderna vol.II, Munch, �00�, De Agostini, Novara.-Di Stefano Eva (a cura di ), Munch, Art Dossier n.9� dicembre 199�, Giunti Gruppo editoriale, Firenze.-Thomas Hardy, A mirror of the times, Morano editore, 199�.-Charles Dickens, Now and Then, Zanichelli, �00�.- Nietzsche Friedrich, La gaia scienza e idilli di Messina, traduzione ad opera di Masini F, Adelphi, Piccola biblioteca Adelphi, 1977

Sitografia: -http://www.ctonia.com/pagine/Scritti/sinestesie/non_pi%F9_di_quanto_esista_la_cer-tezza_del_male.htm -http://www.fazieditore.it/scheda_Libro.aspx?l=1��5#- effepi70.wordpress.com/�009/0�/0�/la-storia-siamo-noi-video-e-testo-di-francesco-de-gregori-e-una-poesia-di-montale/- scrofanilettere.blog.excite.it/permalink/��1��7- tuttoiltempo.altervista.org/blog/�009/0�/tempi-moderni-e-la-voce-di-charlot -www.rodoni.ch/busoni/bibliotechina/anonimoberlinese/anonimo�.html - picasaweb.google.com/lh/photo/lsFHJSXyYKCcsaAbCTCQbg -en.wikipedia.org/wiki/File:Dore_London.jpg -www.planetariumpythagoras.com/default.asp?sez=notizie&db=1�5

Ringraziamenti:Nell’ elaborazione della tesina sono stato seguito dal professore di lettere, Gia-nandrea Ghirri, e dalle professoresse Paola Andreotti, Carla Bertozzi e Sandra Baccalini, insegnanti rispettivamente Storia dell’arte, Inglese e Filosofia, che mi hanno via via consigliato varie letture e siti internet attraverso cui poter ap-profondire il tema centrale da me trattato.

Scrive l’inglese John Carroll che “la cultura borghese in declino, mano a mano che la fede

nel suo Dio vacilla, si reindirizza lungo” la “pretesa liberale che sia possibile vivere secondo la ragione e il libero arbitrio” immaginando che “la casa del chiaro e del destino, della ricchezza e dello status, permetterà ai suoi inquilini di dormire sicuri e sod-disfatti la notte”