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Immota harmonìa Collana di Musicologia e Storia della musica

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Direttore

Sergio P

Comitato scientifico

Guido BConservatorio di Musica di Trapani “Antonio Scontrino”Società aquilana dei concerti “B. Barattelli” Ente musicale

Dario D PConservatorio di Musica di L’Aquila “Alfredo Casella”

Alessandro CConservatorio di Musica di Roma “Santa Cecilia”

Stefano RUniversità per stranieri di PerugiaConservatorio di Musica di Perugia “Francesco Morlacchi”

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La collana Immota harmonìa accoglie e prevede nelle sue linee program-matiche e nei suoi intendimenti le tre diramazioni e direttive dellaricerca musicologica: monografie e biografie, trattatistica e analisimusicale. L’argomentazione biografica e monografica spazia natural-mente in tutto l’ambito della millenaria storia della musica, mentre latrattatistica s’indirizza verso le teorizzazioni tipicizzanti e fondamen-tali (teorie generali, acustica, organologia, armonia, contrappunto,studio ed evoluzione delle forme); l’analisi, infine, comprende rilettu-re e tematiche specifiche secondo intendimenti e campi di indaginemolteplici, caratterizzanti e soggettivi.

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Sergio Prodigo

Verdi e Wagner

Analisi armoniche e strutturali a confronto

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Copyright © MMXIIIARACNE editrice S.r.l.

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con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.

Non sono assolutamente consentite le fotocopiesenza il permesso scritto dell’Editore.

I edizione: luglio

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Indice

7 Introduzione 9 Capitolo I Esemplificazioni armoniche in Verdi

53 Capitolo II Esemplificazioni armoniche in Wagner

121 Capitolo III Tratti evolutivi dell’armonia wagneriana e verdiana

135 Capitolo IV Strutture compositive in Verdi

167 Capitolo V Strutture compositive in Wagner

213 Conclusioni

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Introduzione Il confronto in sé tende a generare contrapposizioni e a convertirsi

sul piano dialettico nell’enunciazione di considerazioni antitetiche che tendono a investire una conseguente molteplicità di aspetti, relativa-mente all’iniziale modello del tema prescelto. Se la tematica stessa in oggetto è di natura musicale, le antinomie che ne discendono rischiano di fuorviare un’analisi tesa unicamente a rilevare l’essenzialità di for-me e strutture, aliena da giudizi e pregiudizi, pur se la sua condotta, nel perseguire i principi della logica espositiva, sovente evidenzia e stigmatizza difformità, discordanze, peculiarità, contrasti, analogie e quant’altro possa emergere nel corso della disamina.

Se l’intento di porre a confronto la naturale antinomia “melodram-matica” dell’Ottocento, Verdi-Wagner, trova la motivazione occasio-nale nel lasso temporale (due secoli), che nel corrente 20131 rammenta il medesimo anno di nascita dei due “giganti” (il 1813), la consapevo-lezza di averne inconsapevolmente anticipato una esaustiva trattazione in un altro lavoro2 è alla base di una sorta di estrapolazione e manipo-lazione del materiale già prodotto e di ulteriori approfondimenti di ca-rattere strutturale.

Certamente – come rilevammo in quella sede – il melodramma po-ne delle questioni più ampie sul piano estetico, poiché compendia an-che altre forme di espressione artistica (la drammaticità o la comicità

1 Ci riferiamo ovviamente all’anno in cui questo libro viene pubblicato: naturalmente ne-gli anni a venire ciò costituirà una limitazione motivazionale e un logico disincentivo per gli eventuali lettori, venendo meno la ricorrenza.

2 I primi tre capitoli del libro sono estrapolati dal nostro Trattato di Armonia teorica e di

Analisi armonica (vol. II, cap. XI, par. 3, p. 192-295, par. 5, p. 350-362, Aracne Editrice, Roma, 2013). Per la terminologia tecnica impiegata nel libro, occorre naturalmente far riferi-mento al Trattato medesimo (vedasi, in particolare, il Glossario essenziale del II volume, pag. 761-770)

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8 Introduzione

del testo, la componente poetica e i contenuti dei relativi libretti, l’am-bientazione storica e la rappresentazione scenografica). Conseguente-mente, il linguaggio musicale sovente ne risulta condizionato e lo stesso substrato armonico soggiace agli intenti espressivi, esplicando funzioni di raccordo o di accorta descrizione di eventi, personaggi, si-tuazioni e quant’altro possa essere connesso e ricondotto alle trame rappresentate3.

Del resto, come acutamente osservava Massimo Mila, «… s’inten-de comunemente per opera drammatica quella in cui la musica (e spe-cialmente il canto) non abusa dei suoi diritti per far violenza alla scena e alla sua verosimiglianza, evita per quanto è possibile ogni ristagno o interruzione nella coerenza dell’azione e tende ad assoggettarsi al ri-goroso sviluppo dell’intreccio e alla delineazione dei caratteri.»4

Tale condizionamento non inficia, tuttavia, il valore di talune solu-zioni, successioni e sovrapposizioni che, pur nella necessaria esiguità delle illustrazioni e dei commenti, ci accingiamo a esporre, indipen-dentemente dai significati delle vicende narrate, descritte e interpretate nelle opere, avendo cura di rilevare unicamente gli aspetti più signifi-cativi delle componenti armoniche, pur non tralasciando a volte di evidenziarne le eventuali connessioni e correlazioni, legate agli stessi accadimenti drammatici o alla psicologia dei personaggi.

Il confronto medesimo, che sarebbe alla base degli intenti pro-grammatici, non tende a esplicitarsi dialetticamente nelle disamine armoniche o strutturali, ma pone implicitamente le problematiche di diversificazioni che l’analisi mostra e dimostra con dovizia di riferi-menti tecnici, sovente pedissequi ma necessari alla comprensione dei passaggi prescelti.

3 Pensiamo, in termini pratici, all’effetto drammatico ed evocativo dell’accordo di settima diminuita (specie se affidato ai tremoli degli archi) e al suo uso e abuso in tutta la storia del melodramma!

4 Massimo Mila, L’arte di Verdi (Introduzione, p. 5, Einaudi, Torino, 1980).

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Capitolo I

Esemplificazioni armoniche in Verdi

La longevità creativa di Giuseppe Verdi5 (1813-1901) pone indub-biamente dei problemi di natura stilistica, nel senso che occorrerebbe

5 S’impone un corposo riferimento biografico. Giuseppe Verdi nacque alle Roncole, frazione di Busseto, nel 1813 da una fami-

glia di umili origini; dopo i primi studi con mediocri insegnanti locali e la non am-missione al Conservatorio di Milano, occupò il posto di organista a Busseto e sposò Margherita Barezzi, figlia del suo benefattore. Nel 1839, insieme alla moglie, si tra-sferì a Milano dove esordì alla Scala con la sua prima opera, Oberto conte di San

Bonifacio, accolta da un buon successo; dopo l’insuccesso del secondo lavoro, Un

giorno di regno, e una serie di sciagure familiari (la morte della moglie e dei due fi-gli), nel 1842 arrivò la sua consacrazione come operista con la rappresentazione del Nabucodonosor. Seguirono i cosiddetti anni di galera, contrassegnati dalla composi-zione di numerose opere, rappresentate in tutti i maggiori teatri italiani ed europei. Nel 1849 acquistò la tenuta di S. Agata, convivendo con Giuseppina Strepponi e de-dicandosi alla stesura dei capolavori della maturità; ormai la sua fama aveva rag-giunto i massimi valori di popolarità a livello internazionale e le sue ultime opere, fino al congedo del Falstaff, furono sempre accompagnate dal favore e dall’entusia-smo del pubblico. Si spense a Milano nel 1901: i suoi funerali furono imponenti per la partecipazione popolare e per il cordoglio di tutta la nazione italiana.

Verdi scrisse 26 opere liriche (6 delle quali con successivi rifacimenti e versioni diverse), tutte di argomento drammatico, a eccezione della seconda e dell’ultima. Le ripartizioni in fasi o periodi non sempre corrispondono ai contenuti, poiché l’evolu-zione della sua drammaturgia fu costante nell’arco di quasi un sessantennio di attivi-tà compositiva. Ci sembra preferibile un’elencazione con criterio cronologico, dal 1839 a 1893: Oberto conte di San Bonifacio, Un giorno di regno, Nabucodonosor (Nabucco), I Lombardi alla prima crociata (Jerusalem, nella versione francese) Er-

nani, I due Foscari, Giovanna d’Arco, Alzira, Attila, Macbeth, I Masnadieri, Il Cor-

saro, La battaglia di Legnano, Luisa Miller, Stiffelio (Aroldo, nel rifacimento), Ri-

goletto, Il Trovatore, La Traviata, I Vespri siciliani, Simon Boccanegra, Un ballo in

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Capitolo I 10

operare delle necessarie distinzioni fra le varie fasi della sua produ-zione operistica, dai primi lavori e dai cosiddetti “anni di galera”, alla “trilogia popolare” fino agli ultimi capolavori: non dovendo seguire tali criteri, adotteremo nell’esposizione un semplice ordine cronologi-co (già rammentato nella nota n. 5), iniziando dalle battute introduttive (1-15) della Cavatina del primo atto, desunta dal suo primo lavoro teatrale, Oberto conte di san Bonifacio.

A parte la normalità dei due ritardi iniziali, di un certo interesse ap-pare la breve progressione di terze minori ascendenti, in quanto la congiunzione con le antecedenti intervallazioni di seconde diverse (maggiori la prima e la terza; minori la seconda e la quarta) determi-na la successione simmetrica di tetradi diminuite in primo rivolto e seste tedesche, sem-pre risolte con ritardo al bas-

maschera, La forza del destino, Don Carlos, Aida, Otello e Falstaff. Oltre le opere, vanno citate altre significative composizioni sinfonico-corali e cameristiche: la Messa da Requiem, l’Inno delle Nazioni, i Quattro Pezzi sacri (Ave Maria, Stabat Mater, Te Deum e Laudi alla Vergine), il Quartetto in mi minore e numerose liriche per canto e pianoforte.

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Esemplificazioni armoniche in Verdi

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so (della fondamentale) sulle triadi maggiori (ovviamente allo stato fondamentale) di mi, fa diesis, sol e la, conferendo transitorietà modu-lante alla progressione medesima; il prosieguo tende a confermare il tono d’impianto di re maggiore, anche grazie inizialmente alla tetrade diminuita sulla sensibile, pur transitando nei toni vicini di si minore e sol maggiore (sempre con l’ausilio di tetradi diminuite sulle rispettivi sensibili); finalmente, è nuovamente la sesta tedesca sul VI grado ab-bassato a risolvere sulla dominante, ma avvalendosi anche di una si-gnificativa pentade primaria minore (pur priva della terza, implicita in quanto espressa di seguito come ritardo).

Se l’Oberto rappresentò l’esordio, l’opera che diede inizio, invece, all’ininterrotta sequenza di successi verdiani, imponendone progressi-vamente lo stile e il carisma nel contesto del melodramma italiano, fu indubbiamente il Nabucco, composto nel 1842; riportiamo le prime sedici battute della Sinfonia introduttiva.

Notiamo la costante alternanza fra il tono d’impianto (la maggiore) e il suo relativo minore (fa diesis minore), affidata a successioni tria-diche e regolata dal semplice legame armonico. Sempre tale legame

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Capitolo I 12

consente, dopo l’esposizione tematica, la modulazione dalla dominan-te di la maggiore (che si rafforza to-nalmente collegandosi alla sua sotto-dominante minore) alla tonalità lon-tana (ma succedanea) di do maggio-re; similmente il ritorno a la maggio-re, per una parziale ripetizione tema-tica, che ripropone anche il rapporto con il tono relativo.

Sempre dal Nabucco, mostriamo le battute iniziali (1-13) del Coro

d’introduzione del primo atto, per evidenziare non solo l’uso delle tre tetradi diminuite, marcate in tutto il loro vigore drammatico e accentuate nella loro potenzialità espressiva, ma anche l’adozione consequenziale del principio della trasposizione segmentale.

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Esemplificazioni armoniche in Verdi

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I due ambiti tonali, mi minore e fa diesis minore, si avvalgono, in-fatti, della tetrade diminuita in terzo rivolto sul VI grado e risolta sul polo delle loro dominanti; la terza tetrade diminuita è avulsa dal con-testo tonale, ma tende a generare una progressione cromatica discen-dente, irregolarmente armonizzata da primi rivolti triadici (maggiori e diminuiti), che infine converge sulla tonicità dell’iniziale mi minore.

Nel Preludio di un’altra opera patriottica6 di Verdi, I Lombardi al-

la prima Crociata, possiamo invece rilevare un’importante commi-stione fra due tonalità lontane, legate dalla comunanza fra il V grado del relativo minore della prima e la dominante della seconda; ne ripor-tiamo le prime diciotto battute.

Osserviamo, infatti, come inizialmente si affermi la tonalità di sol bemolle maggiore (legata anche dal rapporto di terza minore con il presunto tono d’impianto, ossia mi bemolle maggiore) e, di seguito, la dominante del suo relativo minore (in virtù del IV grado, mutato in VI

6 L’attribuzione si riferisce naturalmente al particolare periodo storico: sia il Nabucco sia

altre opere coeve, come I Lombardi, l’Ernani e la Giovanna d’Arco, contengono le tematiche tipiche del Risorgimento letterario italiano.

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Capitolo I 14

dalla sesta tedesca); dopo la sua conferma, nuovamente si ripropone il sol bemolle maggiore, la cui tonica si avvale anche del terzo rivolto della tetrade di terza specie (appartenente al polo della sottodominante minore), prima di risolvere sulla sensibile, armonizzata dal primo ri-volto della tetrade primaria. La susseguente acquisizione del tono d’impianto avviene, invece, per semplice legame armonico fra gli stati fondamentali delle triadi maggiori delle rispettive dominanti.

Sempre da I Lombardi estrapo-liamo un altro breve passaggio, tratto dal Coro di Ambasciatori (che canta nell’insieme con Acciano) del secon-

do atto (batt. 63-69): tale passaggio ci è sembrato particolarmente interes-sante per l’uso della sesta napoletana.

Notiamo al riguardo come, dopo la conferma della tonalità di si bemol-le maggiore, il successivo segmento tematico inizi nella tonica di sol mi-nore, che si collega alla tetrade pri-maria del V grado transitando per la dominante della dominante.

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Esemplificazioni armoniche in Verdi

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Rileviamo, di seguito, come proprio tale tonica tenda ad avvalersi del VI grado, armonizzato dall’accordo di sesta napoletana ma nello stato di secondo rivolto (alla stregua di una dominante di sostituzio-ne), risolto però cromaticamente ancora sulla dominante della domi-nante, la quale definitivamente converge sulla dominante reale.

Riscontriamo un similare rapporto con il polo del II grado abbassa-to anche nelle battute iniziali (1-9) del Preludio dell’Ernani.

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Capitolo I 16

Osserviamo come la reiterata alternanza dei due modi di do finisca col confluire proprio sulla sesta napoletana del IV grado, ma è la tonica di re bemolle maggiore che decisamente si concreta: la sua dominante successivamente trasla direttamente sulla dominante della dominante del tono d’impianto, in virtù del particolare legame costi-tuito dall’intervallazione tritonica fra le rispettive triadi maggiori, prima che il tematismo conse-guente possa svolgersi radiosa-mente sulla tonica dello stesso do maggiore.

Sovente ciò che all’analisi può apparire indeterminato o indefini-to per l’attribuzione di un ambito o riferimento tonale, o anche par-zialmente estraneo alla logica delle sequenze accordali, è riconducibi-le, invece, al senso della teatralità verdiana, intesa quasi a livello de-scrittivo come un’interpretazione scenica dell’espressione musicale. Non altrimenti potremmo interpretare tale passaggio, tratto dalle pri-me ventotto battute del Coro d’introduzione nella parte iniziale del primo atto dell’opera I due Foscari.

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Esemplificazioni armoniche in Verdi

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La tortuosità dell’inciso tematico cromatico, l’enigmaticità della te-trade diminuita e il susseguente accordo di sesta: il tutto su una possi-bile tonica di mi bemolle minore; e poi una doppia appoggiatura di quarta giusta e di nona minore sulla sen-sibile non alterata e la trasposizione del-l’intera segmentazione alla terza minore superiore: il tutto sempre su una possibi-le tonica ma con dicotomia e ambiguità enarmonica fra il sol bemolle minore e il fa diesis minore, compresa la doppia ap-poggiatura sul VII grado non alterato. Come non pensare a quel che tale guaz-zabuglio armonico tende a rappresentare, se non l’ipocrisia e gli atteggiamenti subdoli del Consiglio dei Dieci che s’appresta a riunirsi?

L’armonia così soggiace agl’intenti espressivi, ma la manipolazione non ne esclude un uso consapevole che, pur adattandosi alla descrizione o all’interpretazione scenica, compie avanzati percorsi e traccia anche nuove vie. Del resto, nelle quattro battute finali dell’esemplificazione proposta7 in che altro modo potrebbe considerarsi l’impiego reiterato della sesta tedesca e della tetrade diminuita, le quali alternandosi af-fermano toni solo transitori, prima di convolare sulla dominante della (supposta) tonalità d’impianto (mi bemolle maggiore)?

L’intenzionalità espressiva, cui ci siamo riferiti, costituisce anche il fondamento sul quale può basarsi l’interpretazione del passaggio suc-cessivo, che riporta le prime sedici battute del Preludio dell’Attila.

7 Rileviamo, comunque, prima delle ultime quattro battute, anche la reiterazione del-

l’inciso, inteso cromaticamente e modificato in senso ascendente.

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Capitolo I 18

Notiamo come nella prima frase si tenda a pedalizzare la tonica, che accoglie una transitoria modula-zione al tono della sottodominante e il conseguente ritorno al do minore d’impianto; di seguito, la trasposizio-ne interessa unicamente l’inciso, espresso alla seconda minore superio-re (in pratica, nel polo del II grado ab-bassato): si tratta, comunque, di un netto processo modulativo, poiché la tonalità di re bemolle minore viene poi confermata dalla sua sensibile, armonizzata dallo stato fondamentale della tetrade diminuita e dal primo ri-volto della triade maggiore. Il ritorno al tono iniziale s’inquadra nel contesto di una successione VI-V, pur se nel prosieguo si verifica una transi-zione al tono della sottodominante, favorito dal ritorno del polo del II grado abbassato, utilizzato per tale finalità, sottintendendo una ulterio-re transizione al tono del VI grado.