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Bathie Denbele (18 anni), Ada- ma Balde (25), Makhary Diop (20), Ousmane Diene (20), Ab- dourahmane Barry (21), Kalilou Insonnia n° 75 Ottobre 2015 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009 Di questi tempi c’è ben poco da stare allegri: a partire dall’e- conomia che stenta a decollare (ammesso che si sia alzata dal suolo) per continuare con una situazione internazionale che assomiglia a spostamenti bi- blici di persone, da una paese all’altro, in fuga da guerre e ca- restie alla ricerca di terre più o meno promesse; senza dimenti- care i disagi di interi gruppi so- ciali che non sanno quali scelte operare. Tutte queste brutte notizie pro- vocano un ulteriore malessere di gran parte della popolazio- ne, malessere che si concretiz- za nello scarso entusiasmo dei giovani e nel cinismo, rabbia, disillusione dei meno giovani. Forse si salvano i vecchi che godono di ciò che posseggo- no, se non proprio soddisfatti almeno accontentandosi della situazione: “piuttosto che vada peggio è meglio che vada così”. Nei servizi televisivi però sembra che le cose non siano esattamente così; si vedono manifestazioni partecipate con giovani composti che disten- dono stendardi e slogan che li fanno apparire pieni di vitalità e fiduciosi del fatto che la loro partecipazione sia ad un passo dalla vittoria verso obiettivi no- bili che cambieranno il futuro. Poi ci guardiamo intorno, nel- la nostra realtà, e vediamo che qualunque manifestazione di piazza indetta per ricorrenze storiche che vogliono salvare la memoria del passato è as- solutamente disertata dai gio- vani, come lo sono pure tutte le iniziative messe in atto per la salvaguardia dell’ambien- te, la valorizzazione dell’arte e via dicendo. La presenza dei giovani si fa notare quando c’è di mezzo la musica (non tutta), il cibo e soprattutto la bevan- da. La presenza di persone di questa fascia di età aumenta col diminuire dell’impegno richie- sto e quanto più lo scopo per ri- trovarsi diventa fine a se stesso. Sarà questo un nuovo modo di vivere la realtà, più adeguato ai tempi, privo di illusioni. AIKIDO pag. 13 El Salvador pag. 7 Vincenzo Gamna pag. 8 Lezioni di Vita pag. 10 DAL SENEGAL PER SFUGGIRE ALLA MORTE… PER FAME! Sei giovani in cerca di una vita dignitosa di Anna Simonetti TUNINETTI: “SIAMO UN GRUPPO CHE LAVORA TANTISSIMO PER LA VITA CITTADINA” Una opposizione senza se e senza ma, non preconcetta sulle cose da fare a cura di Pino Tebano e Guido Piovano segue pag. 16 segue pag. 11 insonnia mensile di confronto e ironia Tuninetti: «Consentitemi una pre- messa: intanto vi ringrazio per aver- ci accolti in gruppo. Siamo venuti in tre per dare un segnale circa il nostro modo di operare. Noi siamo la Sini- stra Racconigese, siamo un gruppo che sta lavorando tantissimo, che ha ricreato rapporti di affiatamento a si- nistra, un gruppo compatto, proposi- tivo per la vita cittadina, non c’è un uomo solo al comando». Cominciamo con un giudizio sull’operato della maggioranza: quali settori funzionano e quali re- gistrano le maggiori difficoltà? Bathily (37) vengono dal Sene- gal, sono giovani fuggiti da una guerra senza cannoni, la fame! Abbiamo incontrato Tuninetti, Ghiberti e Occelli del gruppo di opposizione “ Trasparenza & Partecipazione Rifiuti, affrontare il futuro di Rodolfo Allasia Il Sindaco ed assessori, in chiusura della conferenza stampa di settem- bre, hanno aperto un breve capitolo su come potrebbe essere affrontata la questione rifiuti in futuro al fine di diminuire ulteriormente i costi della raccolta. Voglio qui prendere in conside- razione alcune di queste possibili iniziative in modo che i lettori pos- sano eventualmente discuterne e suggerire altre soluzioni. Una considerazione iniziale: in qualunque casa, quando non c’è sovrabbondanza di risorse si cerca di fare economie vedendo, dove è possibile, di eliminare delle spese; quando si tratta di spese pubbliche sembra che la cosa non ci riguardi più, salvo poi lamentarci che il Co- mune o la Provincia o la Regione non offre servizi adeguati alle no- stre aspettative. Quanto costa la raccolta e lo smal- timento dell’immondizia racconi- gese sembra non interessare molto parecchi cittadini che invece sono, ovviamente molto interessati a quanto costa la propria TARI. Proviamo invece a pensare a quali potrebbero essere le soluzioni per diminuire la quantità di rifiuti rac- colti, magari alla fine qualcosa in tasca ci torna anche a noi. Facciamo un primo esempio, di cui già si discute negli ambienti del Comune: quanti sacchetti grigi, quelli per la indifferenziata, abbia- mo avanzato da quelli che ci hanno consegnato all’inizio della campa- gna? segue pag. 4 segue pag. 3 Se parliamo di fare il possibile, sono tutti capaci. Il compito della politica è pensare l’impossibile! Pietro Ingrao

INSONNIA Ottobre 2015

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Page 1: INSONNIA Ottobre 2015

Bathie Denbele (18 anni), Ada-ma Balde (25), Makhary Diop (20), Ousmane Diene (20), Ab-dourahmane Barry (21), Kalilou

Insonnia n° 75 Ottobre 2015 - Editore Associazione Culturale Insonnia P.zza Vittorio Emanuele II n° 1 12035 Racconigi Direttore responsabile Spessa Andrea - Aut. Trib. Saluzzo n. 07/09 dell’8.10.2009 - Iscr. al R.O.C. 18858 dell’11.11.2009

Di questi tempi c’è ben poco da stare allegri: a partire dall’e-conomia che stenta a decollare (ammesso che si sia alzata dal suolo) per continuare con una situazione internazionale che assomiglia a spostamenti bi-blici di persone, da una paese all’altro, in fuga da guerre e ca-restie alla ricerca di terre più o meno promesse; senza dimenti-care i disagi di interi gruppi so-ciali che non sanno quali scelte operare. Tutte queste brutte notizie pro-vocano un ulteriore malessere di gran parte della popolazio-ne, malessere che si concretiz-za nello scarso entusiasmo dei giovani e nel cinismo, rabbia, disillusione dei meno giovani. Forse si salvano i vecchi che godono di ciò che posseggo-no, se non proprio soddisfatti almeno accontentandosi della situazione: “piuttosto che vada peggio è meglio che vada così”.Nei servizi televisivi però sembra che le cose non siano esattamente così; si vedono manifestazioni partecipate con giovani composti che disten-dono stendardi e slogan che li fanno apparire pieni di vitalità e fiduciosi del fatto che la loro partecipazione sia ad un passo dalla vittoria verso obiettivi no-bili che cambieranno il futuro.Poi ci guardiamo intorno, nel-la nostra realtà, e vediamo che qualunque manifestazione di piazza indetta per ricorrenze storiche che vogliono salvare la memoria del passato è as-solutamente disertata dai gio-vani, come lo sono pure tutte le iniziative messe in atto per la salvaguardia dell’ambien-te, la valorizzazione dell’arte e via dicendo. La presenza dei giovani si fa notare quando c’è di mezzo la musica (non tutta), il cibo e soprattutto la bevan-da. La presenza di persone di questa fascia di età aumenta col diminuire dell’impegno richie-sto e quanto più lo scopo per ri-trovarsi diventa fine a se stesso. Sarà questo un nuovo modo di vivere la realtà, più adeguato ai tempi, privo di illusioni.

AIKIDOpag. 13

El Salvadorpag. 7

VincenzoGamnapag. 8

Lezionidi Vita

pag. 10

DAL SENEGAL PER SFUGGIRE ALLA MORTE… PER FAME!Sei giovani in cerca di una vita dignitosadi Anna Simonetti

TUNINETTI: “SIAMO UN GRUPPO CHE LAVORA TANTISSIMO PER LA VITA CITTADINA”Una opposizione senza se e senza ma, non preconcetta sulle cose da farea cura di Pino Tebano e Guido Piovano

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insonniamensile di confronto e ironia

Tuninetti: «Consentitemi una pre-messa: intanto vi ringrazio per aver-ci accolti in gruppo. Siamo venuti in tre per dare un segnale circa il nostro modo di operare. Noi siamo la Sini-stra Racconigese, siamo un gruppo che sta lavorando tantissimo, che ha ricreato rapporti di affiatamento a si-nistra, un gruppo compatto, proposi-tivo per la vita cittadina, non c’è un uomo solo al comando».Cominciamo con un giudizio sull’operato della maggioranza: quali settori funzionano e quali re-gistrano le maggiori difficoltà?

Bathily (37) vengono dal Sene-gal, sono giovani fuggiti da una guerra senza cannoni, la fame!

Abbiamo incontrato Tuninetti, Ghiberti e Occelli del gruppo di opposizione “Trasparenza & Partecipazione”

Rifiuti, affrontare il futurodi Rodolfo Allasia

Il Sindaco ed assessori, in chiusura della conferenza stampa di settem-bre, hanno aperto un breve capitolo su come potrebbe essere affrontata la questione rifiuti in futuro al fine di diminuire ulteriormente i costi della raccolta.Voglio qui prendere in conside-razione alcune di queste possibili iniziative in modo che i lettori pos-sano eventualmente discuterne e suggerire altre soluzioni.Una considerazione iniziale: in qualunque casa, quando non c’è sovrabbondanza di risorse si cerca di fare economie vedendo, dove è possibile, di eliminare delle spese; quando si tratta di spese pubbliche sembra che la cosa non ci riguardi più, salvo poi lamentarci che il Co-mune o la Provincia o la Regione non offre servizi adeguati alle no-stre aspettative.Quanto costa la raccolta e lo smal-timento dell’immondizia racconi-gese sembra non interessare molto parecchi cittadini che invece sono, ovviamente molto interessati a quanto costa la propria TARI.Proviamo invece a pensare a quali potrebbero essere le soluzioni per diminuire la quantità di rifiuti rac-colti, magari alla fine qualcosa in tasca ci torna anche a noi.Facciamo un primo esempio, di cui già si discute negli ambienti del Comune: quanti sacchetti grigi, quelli per la indifferenziata, abbia-mo avanzato da quelli che ci hanno consegnato all’inizio della campa-gna?

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Se parliamo di fare il possibile, sono tutti capaci.

Il compito della politica è pensare l’impossibile!

Pietro Ingrao

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insonnia2 Ottobre 2015

Una sigaretta in riva al maredi Luciano Fico

Quel trancio dorato e fragrante di pesce spada, che il cameriere gli ha portato non più di un’ora fa, sta ormai disgregandosi nel suo stomaco, impastato con acidi ed enzimi, per farsi nutrimento al suo corpo non più giovanissimo; il vino così fresco e così profu-mato, scelto con tanta cura dalla lista, già da tempo è diventato alcool etilico, che corre nel san-gue, donando un piacevole senso di leggerezza al suo passo.Il cappello è ben calato in testa, quasi a congiungersi col bavero rialzato del giaccone, la sciarpa, nera come il cappello, si oppo-ne agli spifferi che minacciano di insinuarsi tra i bottoni della camicia, le mani sono nascoste nei profondi tasconi e così solo la faccia può sentire quell’aria fredda ed umida che soffia con arrogante protervia invernale, malgrado il calendario abbia già cominciato a sgranare la seconda decina di Marzo.Il corpo sembra godere del pas-so spedito, che lo sta portando a zonzo per la città smarrita nella propria notte.

UN GRAZIE A TUTTI… PER UN PALABISCOTTO UN PO’ PIU’ “VERDE” ED ECOSOSTENIBILE

Con queste poche righe voglio esprimere il mio più sincero rin-graziamento a tutte le persone che, a vario modo, hanno con-tribuito a rendere l’ultima edi-zione del Palabiscotto un suc-cesso anche dal punto di vista ambientale.In particolare voglio ringraziare la nutrita squadra di Ecovolon-tari, circa una dozzina, che su turni diversi si sono avvicendati nei tre giorni della più impor-tante manifestazione cittadina.La loro presenza, discreta ma determinata, ha contribuito così come l’anno precedente ad otte-

nere un ottimo risultato in termi-ni di raccolta differenziata, aiu-tando i cittadini a differenziare correttamente ed effettuando un’opera di comunicazione, in-formazione e sensibilizzazione straordinaria.Ho visto molte persone fermarsi non solo a buttare i rifiuti ma an-che a chiedere informazioni agli Ecovolontari, a testimonianza di quanto sia sempre necessaria una costante attività di informa-zione sul tema.Una esigenza alla quale tutti gli Ecovolontari hanno risposto con una disponibilità e una compe-tenza al limite della “professio-nalità”, a dimostrazione di un percorso di crescita intrapreso da questo gruppo dal momento della sua formazione. A tutto questo si è aggiunta la parteci-pazione al gruppo “originario” di quattro nuove persone che hanno contribuito con qualità e tanto lavoro al risultato com-plessivo. Ma è doveroso un ringraziamen-to anche agli amici di Racconi-gieventi e in particolare a chi ha collaborato direttamente con me per trovare la soluzione logistica migliore per la disposizione dei bidoni e dei cestini e alle ragaz-ze e alle signore che si sono oc-cupate della raccolta delle stovi-glie e del loro conferimento nei bidoni. Un lavoro come sempre pignolo, certosino, straordina-rio.All’ottimo risultato complessi-vo credo abbia anche contribu-ito una importante novità. Per la prima volta a tutti gli standisti sono state distribuite, gratuita-mente, stoviglie compostabili. Piatti, bicchieri, posate che in modo semplice e senza confu-sione possono, dopo il loro uti-lizzo, essere gettati nei cestini e nei bidoni dell’organico, con un impatto ambientale ed economi-co infinitamente minore rispetto alle “cugine” in plastica. Una soluzione questa resa possibile dalla partecipazione del comu-ne di Racconigi ad un bando del Consorzio SEA, che per l’occa-sione voglio ringraziare, che ci ha consentito di ricevere miglia-ia di stoviglie biodegradabili.Una soluzione sulla quale credo a questo punto non si possa più tornare indietro nelle prossime edizioni e che debba essere este-sa anche alle altre manifestazio-ni cittadine.Ritengo che solo con la colla-borazione delle forze in campo e soprattutto con la disponibilità dei cittadini si possano conse-guire risultati di questo tipo.Un grazie a tutti.

Luca Meinardi

Questa volta Luciano ha ripescato un vecchio racconto che parla di mare e di solitudine. Il personaggio riflette e ci fa riflettere come sempre l’autore di questa rubrica.Questo racconto però non ci stava nel solito spazio a lui dedicato e così lo facciamo seguire a pagina 14 prenden-do lo spazio del Raccontami…Buona lettura.

Voci gridate e risate un po’ for-zate giungono dai tanti locali che illuminano la strada: sono nell’a-ria a testimoniare il diritto a di-vertirsi anche quel Sabato notte.Al nostro uomo tutto quel vocia-re, tutto quello sforzo di essere vivi, arriva come la colonna so-nora di un film che sta guardan-do in solitudine, senza poterlo commentare con altri se non, per assurdo, con l’anonimo vicino di posto, che ora lo sta superando con il cane al guinzaglio.E’ curiosa la fauna umana della notte, in città. Mentre di giorno tutti si sfiora-no senza quasi vedersi, ognuno perso nei propri affanni, impe-gnati ad inseguire il proprio tem-po come fosse un aquilone che esige un’attenzione assoluta, di notte ogni persona cammina per le strade senza più scuse e ben venga il buio a celare quei vol-ti, che altrimenti arrossirebbero nel dover dichiarare quali in-quietudini, quali desideri, quali speranze, quali tristezze li stanno muovendo.

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DAL SENEGAL PER SFUGGIRE ALLA MORTE… PER FAME!Sei giovani in cerca di una vita dignitosaSegue dalla prima

Che strada hanno percorso per arrivare in questa piccola città piemontese di cui fino a sabato a mezzogiorno ignoravano l’esi-stenza?La strada è per tutti uguale, si passa per il Mali, o per il Burkina Faso, si attraversa il deserto del Niger, si arriva in Libia, sempre cercando lavoro per mangiare, per pagarsi “il viaggio” attraverso quel mare che dovrebbe portarli in

un mondo ricco dove tutti hanno di che vivere.Il prezzo da pagare? Non è solo quello che pagano agli scafisti per salire sui gommoni o sulle barche sfondate, è la dignità che perdono lungo il tragitto: lavorano e non sono pagati, minacciati di morte se osano chiedere, catturati, pic-chiati e torturati (i corpi sono se-gnati dalle sevizie), i più fortunati sopravvivono, qualcuno scompa-re, muore senza che nessuno sap-pia dove, come, quando. Quanto dura il viaggio? Dai due ai tre anni! E’ dolore quello che esce dal-la bocca dei ragazzi, lo raccon-tano nella loro lingua gutturale che nessuno capisce, ma tutti noi percepiamo la drammatica sof-ferenza, i volti sono maschere di dolore.Interrompiamo le storie, prendia-mo un caffè, visitiamo l’alloggio, è su due piani, fornito di due ba-gni, lavanderia, una bella cucina di cui hanno preso possesso cuci-nandosi i pasti. Provvedono loro stessi a fare la spesa col denaro fornito dalla cooperativa “Insie-

me a voi” . Gabriele Eandi, che insieme a Sara Odasso e Daniel Aquino sono gli educatori della coopera-tiva, ci dà alcune notizie: “Fac-ciamo parte di Confcooperative, la nostra sede è a Busca e finora ci siamo occupati della disabili-tà dell’infanzia. Solo da qualche settimana abbiamo aderito ad una rete di cooperative che si occupa-no di accoglienza dei richiedenti asilo, “Rifugiati in rete”, cui par-tecipano: Armonia di Saluzzo, Momo e Fiordalisio di Cuneo, Orso, cascina Martello e Alice che fanno parte del consorzio CIS. Come cooperativa abbiamo deciso di entrare in questo nuo-vo settore recentemente vilipeso da tutti i media. Abbiamo cercato appartamenti nella zona di Busca con esito negativo finché due soci hanno reso disponibile questo al-loggio e un altro a Busca per 4 persone. Il badget a disposizione di 35 euro a persona, in cui de-vono rientrare le spese di vitto, al-loggio, gli stipendi del personale, compresi 2.50 euro giornalieri per ciascun migrante, proviene

unicamente da finanziamenti europei. Dobbiamo inoltre forni-re assistenza sanitaria, linguistica e collaborare con le istituzioni per le pratiche burocratiche che i mi-granti dovranno adempiere”.Gli operatori sottolineano la col-laborazione e la disponibilità dell’amministrazione di Racconi-gi che, come sempre è attenta ver-so chi vive situazioni di disagio, cercherà di creare, insieme alle associazioni del territorio, un pro-getto di accoglienza e inserimento dei giovani ospiti.

MOBILITA’ SOSTENIBILERivalta: una città che ha fatto della mobilità soste-nibile una vera e propria bandiera.di Anna Maria Olivero

Rivalta (TO) è stata premia-ta come uno fra i sette migliori “Comuni virtuosi” 2015, per un progetto che ha rappresentato un’ importante raccolta di proposte concrete, da parte di una ammi-nistrazione locale, sul tema della mobilità sostenibile definite attra-verso un percorso partecipato a partire dalle scuole come luoghi sensibili.Sono cinque le iniziative che hanno permesso di sbaragliare la concorrenza:1. Sviluppo e potenziamento del-

la rete ciclabile con la realizza-zione di nuove piste e la riqualifi-cazione delle esistenti.2. Utilizzo del servizio di Pedi-bus e bicibus. Tutti i venerdì del mese i bambini delle elementari raggiungono le scuole a piedi ‘a bordo’ del pedibus, scortati da un accompagnatore. Il sabato, invece, si svolge SabatoInBici: i ragazzi e i genitori della scuola media sono invitati ad utilizza-re per i loro spostamenti mezzi eco-sostenibili.3. Utilizzo del Car Pooling attra-

verso il servizio Moov’up. Il Car-Pooling nasce con l’obiet-tivo di agevolare la circolazione nel proprio comune, il collega-mento con la città e i comuni vicini evitando di far viaggiare auto con un solo passeggero e perché un auto in più in famiglia vuol dire costi in più: capitale per l’acquisto, bollo, assicurazione, manutenzione, carburante. Ogni cittadino maggiorenne può iscri-versi ad una piattaforma dedica-ta come utente e/o come driver ovvero guidatore. Come utente, può chiedere attraverso un app un passaggio per spostarsi da un paese all’altro o tornare a casa. Se lo trova pagherà un contributo (percentuale rimborso km ACI) al guidatore che fa parte di questo circuito.Come guidatore, quando si muove segnala luogo di parten-za e arrivo in modo che si possa-no mettere in contatto le esigenze e se trova qualcuno che condivide il passaggio con lui, incassa la ta-riffa che gli consente di ricevere un contributo per le spese dell’au-to che usa. 4. Utilizzo del Car Sharing attra-verso il servizio CarCityClub. Con il car sharing si acquista solo l’uso di un’auto (anziché l’auto stessa), per il tempo che serve - da una sola ora a uno o più giorni consecutivi - e per andare ovun-

que, in città e fuori. Il car sharing è semplice: inseriti i propri dati su un sito dedicato, si ricevono le semplici istruzioni per ottenere la tessera con cui sarà poi possibile prenotare (24 ore su 24) l’auto del parcheggio più vicino, precisando sempre ora di partenza ed ora di arrivo. Al termine dell’utilizzo l’auto dovrà essere sempre con-segnata al parcheggio indicato in prenotazione. In tutti i comuni dove è presente questo servizio, le auto hanno li-bero accesso alla ZTL, sosta gra-tis nelle zone blu e GTT e possono percorrere corsie e vie riservate.5. Trasporto Pubblico attraverso la promozione della Linea 2R , promossa anche con biglietti gra-tuiti.L’Amministrazione di Rivalta, consapevole di quanto è determi-nante il ruolo che il cittadino può svolgere nel controllo dell’effi-cienza dei servizi, in questo caso dei trasporti, invita tutti i cittadi-ni, ogniqualvolta si rilevano an-ticipi sull’orario previsto, ritardi importanti o che comunque pre-giudicano “coincidenze” con altri mezzi, o altre situazioni critiche, a scrivere poche righe di segnala-zione all’agenzia competente (es. Agenzia Metropolitana e GTT), inserendo l’Amministrazione, per conoscenza.

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Abbiamo incontrato Tuninetti, Ghiberti e Occelli del gruppo di opposizione “Trasparenza & Partecipazione” TUNINETTI: “SIAMO UN GRUPPO CHE LAVO-RA TANTISSIMO PER LA VITA CITTADINA”Una opposizione senza se e senza ma, non preconcetta sulle cose da fareSegue dalla prima

T: «E’ un giudizio nettamente negati-vo e lo dico anche con dispiacere per-ché comunque il Partito Democratico come partito riformatore poteva esse-re una speranza per il centro sinistra. Mi sembra che a Racconigi abbiano ricreato in modo perfetto la Demo-crazia Cristiana. Ma permettetemi un passo indietro per ricordare come è nata questa maggioranza: vi sembra normale che in un gruppo di opposi-zione formato da cinque consiglieri, quando il sindaco di centro-destra Tosello finisce i suoi dieci anni di mandato e sottopone il suo lungo mandato ad un voto simbolico del Consiglio comunale, Brunetti e Ros-so alzano la manina a favore dopo che bene o male per dieci anni aveva-no votato contro salvo che sul Piano Regolatore, Cavallo si astiene mentre gli unici coerenti sono stati il sotto-scritto e il qui presente Pino Tebano. S’è trattato di un semplice cambio di casacca: c’era un centro-destra in parte in disfacimento, se ne imbarca una parte, Beltrando, Mariano, una sorta di voto di scambio per portare avanti quello che era l’operato della amministrazione precedente. Tutti sanno che il geometra Allasia ha fatto una campagna elettorale molto attiva nei loro confronti. Un trasformismo che io giudico vergognoso ed immo-rale». Venendo al merito della doman-da…T: «Il Comune non funziona, i dipen-denti non sono contenti, molti non sono valorizzati come dovrebbero, ed è significativo che sul P. R. si con-tinuino a spendere quattrini per con-sulenze esterne, mentre si potrebbe avere una equipe interna all’Ufficio Tecnico. Un altro elemento: noi rega-liamo soldi a Moretta perché non ab-biamo voluto il SUAP, Sportello per le Attività Produttive e dei Servizi,

sembra che non si voglia dare spazio ai nostri dipendenti.Guardate il paese: trasandato, spor-co… sì, hanno rifatto piazza Castel-lo e il porfido in piazza S. Giovanni, ma come fai ad avere un bel vestito con delle scarpe così trasandate! Il verde pubblico, la scuola… questa maggioranza mi sembra sia una per-fetta operazione di trasformismo per vincere le elezioni e poi lasciare tutto fermo». Occelli: «A me sembra che dagli anni ’60 ad oggi questa sia la peg-giore maggioranza che si è vista, per sciatteria, incapacità… lo dimostra il fatto stesso che abbia perso pezzi per strada».Parliamo di temi specifici: il nuovo Piano RegolatoreT: «Il nostro giudizio sul nuovo Pia-no Regolatore è tassativamente nega-tivo. Invece di fare un nuovo Piano, clamorosamente costoso, siamo sui 450mila euro e non è ancora finito, quando Comuni delle nostre dimen-sioni ne spendono 150mila, come hanno detto molti tecnici esterni, in primis il prof. Guido Montanari di Rivoli, si poteva semplicemente fare una variante di aggiustamento senza sconvolgere il Piano esistente e si po-tevano utilizzare tutte le aree residue per l’edificabilità, atteso che già allo-ra si sapeva che l’edilizia non poteva essere sparata all’infinito come negli anni del boom. Questo Piano consu-ma in modo spropositato il territo-rio, mentre noi ribadiamo che siamo per un “consumo zero” soprattutto nel centro storico che invece è stato completamente abbandonato…».Questo significa anche non essere favorevoli alla tangenziale ovest…T: «Intendevo “edificazione zero”, ma posso dire che personalmente sono contrario alla costruzione del-la tangenziale ovest, anche se come

gruppo finora non abbiamo espresso una posizione. Tuttavia, la tangenzia-le ovest non si farà mai per mancanza di fondi».Torniamo al Piano Regolatore…T: «Sì, è un Piano che confligge in modo evidente col Piano Territoria-le Regionale. Loro mi dicono che questo va dimostrato, ma l’ARPA dice che siamo completamente fuori da ogni parametro. Si cementifica in maniera scoordinata e selvaggia, non c’è neanche un discorso di viabilità interna, vedi via Marcellino Roda che è un pericolo, vedi il senso unico alla scuola media fatto al contrario, insomma anche i piccoli problemi non vengono affrontati. A proposito poi del Piano Commerciale che que-sta maggioranza vuole attuare in un luogo dove deturperebbe il paesag-gio, darebbe un colpo mortale alle piccole attività commerciali. E cosa facciamo dei siti dismessi? della Monetti, del Mulino Rattalino, del sito dei trattori Delbosco, di Per-rone Mobili, della Novoplast… as-solutamente nulla. Una maggioranza seria e avveduta doveva creare mo-menti di discussione con i cittadini, come fece a suo tempo Lanzavecchia con un Piano Regolatore che nacque dal basso».A proposito di siti dismessi, voi avete una vostra proposta relativa all’area Neuro e in particolare al Chiarugi?O: «Diciamo questo: il nostro con-vegno ha già determinato una cosa e cioè che il Chiarugi non andrà più giù, però a questo punto ASL, Regio-ne, Comune mettano sul mercato al-meno i 4 o 5 padiglioni che non sono il Chiarugi offrendoli a enti pubblici e privati perché vengano restaurati ed utilizzati».Sul progetto del Comune sul polo scolastico?O: «Di per se stesso, salvo dire prima cosa ne facciamo dei siti dismessi, potrebbe anche andare bene, ma ci devono dire anche dove prendono i soldi, il Comune si deve muove-re…». Ghiberti: «Bisogna anche conside-rare che gli edifici storici sotto tutela non sono compatibili con l’edilizia scolastica attuale. Tu non puoi pensa-re di trasformare in scuola un edificio nel quale non puoi modificare un’a-pertura, non puoi toccare niente… Sarebbe stato logico dare un manda-to ampio alla società Chintana che si è occupata dello studio di fattibilità per il recupero dell’area Neuro con-sentendole di verificate anche altre strade. Sulle aree residue voglio ricordare che il Piano del ’98 prevedeva già un insediamento per 13.500 abitanti, per cui le aree attualmente disponibili classificate edificabili sono più che

sufficienti».Cosa ci dite del progetto ‘erbe of-ficinali’ e della costruenda nuova sala SOMS?T: «Quella della sala polivalente era già un’idea della Società Opera-ia di cui io ero segretario che per la mancanza di denaro non poté essere portato avanti, 4 o 500mila euro che nessuno era in grado di darci per ul-timare l’impiantistica. Quello dell’at-tuale maggioranza è un po’ lo stesso nostro progetto, quindi non possiamo che essere d’accordo. Sull’abban-dono del progetto “erbe officinali”, invece, nessun rimpianto da parte nostra».E della nuova raccolta differenzia-ta?T: «Qui il giudizio è positivo anche perché la nuova raccolta avviene in continuità col lavoro dell’ex giunta Marinetti. Come gruppo abbiamo partecipato attivamente con Aldo Marengo alla Consulta e siamo stati ben impressionati dal lavoro di tutti e di Luca Meinardi. Ecco questa è for-se l’unica Consulta che ha funzionato con risultati positivi, addirittura altre non sono mai state convocate. Se un difetto lo si deve trovare riguarda il sussistere di situazioni e di condizio-ni pesanti per le piccole attività pro-duttive: un piccolo negozietto paga uno sproposito, così pure certi single anziani. Su questo la maggioranza deve intervenire».

E in generale sulla possibilità delle minoranze di partecipare all’atti-vità amministrativa?T: «Io ho partecipato a tutte le occa-sioni di incontro e a tutte le riunioni alle quali sono stato chiamato in-sieme agli altri capigruppo dell’op-posizione e vedo che a parole c’è questo richiamo allo spirito di colla-borazione per il bene della città, poi però sento certe dichiarazioni, come quella di Brunetti al Saviglianese, se-

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condo le quali noi vogliamo che il P. R. fallisca, detto come se volessimo il male di Racconigi. Certo, noi non vogliamo che questo Piano venga portato aventi, ma perché è un Piano che non risponde agli interessi della città. Questo modo di parlare forse serve a fare un po’ di propaganda politica, ma non serve per i rapporti tra i gruppi. Noi abbiamo lavorato tantissimo proprio sul P. R., abbiamo fatto Convegni sul Neuro, sul Teleri-scaldamento su tutti i temi che ritene-vamo importanti per Racconigi. Poi nel rispetto delle regole tra maggio-ranza e minoranza, votiamo contro. Ho anche votato contro i soldi dati a Racconigincentro perché non riten-go che quello sia il modo migliore per gestire né il tempo libero né la cultura a Racconigi; ci vorrebbe un progetto più ampio. Non puoi dire “facciamo il Settembre Racconigese perché lo hanno sempre fatto, faccia-mo venire tre gruppi musicali bravis-simi” poi tutto finisce lì e si sono spe-si tanti soldi. Perché non ci sediamo a parlare della cultura a Racconigi. Quando non siamo d’accordo non lo facciamo per cattiveria, neanche nei confronti di Gianpiero Brunetti, ci mancherebbe! »State già lavorando nella prospet-tiva delle prossime elezioni comu-nali?T: «Sì: per ora ci chiariamo le idee al nostro interno per poi aprirci all’e-sterno. Non andremo a dire “faccia-mo qualcosa di più grande però la Sinistra Racconigese ha un suo pro-

gramma e se vi piace bene, altrimen-ti…”, ma apriremo a tutti coloro che hanno idee positive per Racconigi». Quindi sareste per una Lista Civi-ca di gente di buona volontà …T: «Sì, siamo disposti a lavorare con tutti, ma non dimentichiamo che l’attuale maggioranza ha lavorato molto male. Siamo contro i cambi di casacca. E’ chiaro che discutendo occorrerà trovare una quadra sul pro-gramma, così anche per la scelta del sindaco. Le nostre pregiudiziali sono soltanto: un programma che sia fatti-bile, nessun libro dei sogni, priorità e tempistiche da sottoscrivere “col san-gue”, facendo il conto con i soldi e le problematiche reali. Sul programma potremo cercare convergenze anche con Oderda, Perlo e i CinqueStelle».Riprendiamo il discorso sull’og-gi… ci sono secondo voi dei mar-gini per il recupero di risorse? Ad esempio riducendo il personale…O: «Risorse se ne possono trova-re anche in altri modi… a me piace che si siano rifatte le piazze ma dico che con quanto sarà destinato ai ratei dei mutui si sarebbero garantiti dei servizi in più. Forse si può utilizzare meglio il personale esistente, valoriz-zandone le competenze. Bisognerà poi battersi per salvare le scuole su-periori che da cinque classi prime sono ridotte a due, mentre temo che per inerzia l’Asilo Nido sia destinato a chiudere». Oderda, nella intervista che ci ha lasciato a settembre sostanzial-mente diceva che questa maggio-

ranza non sa tenere buone rela-zioni con quelli da cui possono arrivare finanziamenti…G: «Un semplice esempio: a Cara-magna Mario Riu ha avuto i fondi per rifare gli impianti sportivi, un anno fa Cavallermaggiore ha ricevu-to dalla Regione 600mila euro per le scuole. Qui, come si sente dire, non si oltrepassa la cinta daziaria e alle ri-unioni che contano si va con arrogan-za… Mancano anche buone relazioni con i cittadini che invece devono es-sere coinvolti; come è avvenuto sulla raccolta differenziata, così dovrebbe avvenire ad esempio sul bilancio, spiegando anche le scelte dolorose e impopolari, come non fare il Settem-bre Racconigese, indicando però la destinazione dei fondi risparmiati».Dateci un parere sull’accorpamen-to delle case di riposo proposto dal sindaco.G: «Intanto se ne sa ben poco, biso-gna capire se questo porterebbe dav-vero ad un servizio migliore. Oggi abbiamo un edificio alla Biancotti Levis di oltre quarant’anni cui nessu-no ha mai messo mano. E l’assistenza domiciliare? Altrove si fa. Forse occorre orientarsi in modo diverso, miniappartamenti con ser-vizi centralizzati di infermeria, cu-cina… Da questa amministrazione non viene alcuna sensibilità verso la gente che ne ha più bisogno».O: «Quel che osservo è che i servizi alla persona stanno davvero deca-dendo».Cosa pensate del decreto “Sblocca

Italia” che prevede la possibilità del pagamento in natura delle tas-se? T: «Sarebbe bello, certo, ma diffido di queste cose, come sarebbe bello un fisco umano, purtroppo così non è». Per finire: dove va la sinistra in Italia?T: «In Italia non siamo riusciti ad avere uno Tsipras, neanche un Po-demos, abbiamo una sinistra divisa, ma dovremmo anche sapere cos’è di sinistra oggi». O: «La parola che individua la sini-stra è la parola “uguaglianza”. Ridur-re le disuguaglianze è di sinistra». Grazie per la vostra disponibilità.Grazie a voi.

IL PROGETTO GAIA-BENESSERE GLOBALEUn percorso di educazione alla consapevolezza globale e al benessere psicofisico finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali e sostenuto dall’UNESCOa cura di Alessia Stea

Mercoledì 16 settembre a Brossasco presso Segnavia-Porta di Valle, è sta-to presentato il “Progetto Gaia-Be-nessere Globale”, un programma di educazione alla consapevolez-za globale e alla salute psicofisica sviluppato da un’equipe di medici, psicologi e docenti dell’Istituto di Psicosomatica PNEI dell’aps “Vil-laggio Globale” di Bagni di Lucca. Il progetto è sostenuto dall’UNE-SCO e dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, che ha fi-nanziato la formazione intensiva dei conduttori. Dati nazionali e interna-zionali sullo stato di salute nella po-polazione evidenziano un aumento di stress, ansia e depressione sia ne-gli adulti che nei bambini, uno stato di malessere sociale che l’OMS ha definito “malattia del nostro tem-po”. Finalità del progetto è fornire gli strumenti umani e culturali più adatti per affrontare le sfide della società globalizzata promuovendo una maggior salute psicofisica, una migliore integrazione sociale e una migliore relazione con la Terra e i suoi ecosistemi. In questo momento di transizione è necessaria una visione evolutiva, ecologica e sostenibile che ponga al centro la consapevolezza di sé at-

traverso pratiche di consapevolezza corporea ed emotiva, tecniche di co-municazione, espressione e condivi-sione e informazioni etiche e scien-tifiche avanzate.Il percorso è condotto da medici, psicologi o docenti appositamente formati e integra le quattro dimen-sioni teorico-esperienziali principa-li: scienza, etica, intelligenza emoti-vo-corporea e consapevolezza di sé. Si rivolge sia a bambini e adolescen-ti (progetto Gaia nelle scuole) che ad adulti (progetto Benessere Globale) con particolare attenzione ai soggetti fragili. Per ulteriori informazioni: www.progettogaia.eu e www.benessere-globale.org. Chi fosse interessato al progetto Gaia nelle scuole può contattare: Alessia Stea 3400033108, Chiara Marchetti 3407436239, Emanuela Serra [email protected] o Fran-cesca Galvagno 3334679141. Il primo corso base del progetto Benessere Globale per adulti ha già raggiunto il numero massimo di par-tecipanti, ma chi fosse interessato ai corsi successivi può contattare Benedetta Aimone [email protected] oppure Alberto Raffo 3383271008.

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a cura di Guido Piovano

diverse da quelle per cui è possi-bile annullare un matrimonio solo civile; ad esempio, se uno dei due coniugi, o entrambi, non aveva accettato in pieno la sacramenta-lità del vincolo.In altre parole, in Italia, le norme e i criteri della Chiesa Cattolica prevalgono su quelli dello Stato e a molte persone, non così cer-te di volersi unire “per sempre”, potrebbe convenire un matrimo-nio concordatario invece che solo civile. A quando la riforma del Concor-dato, su questo come su altri pun-ti?

LA GRANDE GUERRA?GIGANTE, KOCCI, TANZARELLA “La Grande menzogna”, Dissensi Edizione pp. 170, E. 13,90.

Nella prima guerra mondiale i cappellani militari benedicevano le armi che servivano a uccidere e intonavano Te Deum di ringrazia-mento dopo le stragi dei nemici mentre suicidi, disturbi mentali e alcolismo erano diffusi in trincea e i fanti che esitavano a lanciar-si all’assalto venivano trucidati dai carabinieri appostati alle loro spalle. Il governo italiano lasciò senza alcun aiuto decine di prigio-nieri italiani, perché considerati il nemico. In questo libro, “tutto quello che non vi hanno mai raccontato sulla prima guerra mondiale”.

ARIA FRITTA“Esoterismo, occultismo, satani-smo: mondi strettamente legati tra loro, interconnessi e molto pericolosi. L’azione del maligno è incessante, rivolta in special modo ai giovani. Una presen-za assidua, che trova un argine nell’altrettanto costante impegno degli esorcisti.Centocinquanta di loro, tutti sa-cerdoti specializzati con delega episcopale al ministero dell’esor-cista, si sono riuniti a convegno in settembre a Sacrofano, vicino Roma. Un appuntamento annuale necessario per confrontarsi, dia-logare, analizzare… e pregare. Tra i temi trattati, le porte d’in-gresso del maligno, il confronto tra rituali, la simbologia. Sono state evidenziate - come ripor-tato nel comunicato ufficiale di fine lavori - le gravi conseguenze dell’azione del demonio attraver-so il vasto mondo delle sette, in aumento, specie tra le giovani ge-nerazioni…” (Fabrizio Gentile, www.interris.it, 15 settembre)Fin qui la notizia: ridere o pian-gere?Malattie, guerre, fame, depriva-zione affettiva, abbandoni, vio-lenze, ossessioni, paure, disturbi... non derivano da alcun diavolo, esse hanno cause umane, spesso facilmente rintracciabili e altre volte più difficili da affrontare.Le pratiche esorciste espongono le persone alla credulità e le man-tengono nel disagio e nella sogge-zione all’autorità del sacerdote. Il diavolo diventa una copertura che impedisce la ricerca e la scoperta delle vere cause e delle responsa-bilità per i mali del mondo.

Gli zanzarini sono in-setti molesti. La loro puntura non è mortale e neppure dolorosa, ma è spesso irritante. Se ne scacci uno ne arriva subito un altro. Tanto vale farci l’abitudine.

L’altro giorno gironzolavo nella campagna intorno a Racconi-gi, quando ho sentito nell’aria il suono delle campane e, qua-si all’unisono, quello familiare della sirena. E’ mezzogiorno, ho pensato, è ora di tornare a casa e mettere le zampe sotto il tavolo.Già, a Racconigi siamo abitua-ti così. Al suono delle campane e della sirena i bar si svuotano, Giurassic Park rimane (tempo-

raneamente) deserto, nelle case tintinnano le stoviglie. Non c’è bisogno dell’orologio, a scandire il tempo basta l’urlo della sirena e lo scampanio delle campane. Forse quella sirena riporta alla mente dei più anziani le paure di una guerra tragica e per fortuna lontana, forse per altri è una curio-sa ed inutile usanza, ma a me pia-ce sentirla. E non sono un devoto che possa trarre dalle campane uno stimolo a levare il suo pensie-ro al cielo, ma mi fa piacere sen-tirle. Quei suoni fanno in qualche modo parte del paesaggio, come la torre dell’orologio, i campanili,

la piramide del Monviso e tutto il resto, fanno di Racconigi quello che è. E ne scandiscono il tempo. Mez-zogiorno, ogni giorno. Come l’o-rologio della torre (la stessa della sirena) e quello del Castello. Que-sto soprattutto, che salta agli oc-chi di chi arriva da sud, al fondo del viale monumentale, proprio al centro della mole imponente del castello. E’ lì, bene in vista, acco-glie i viaggiatori e segna il tempo della nostra cittadina. Segna l’o-ra esatta, due volte al giorno. Se passate di lì alle 7.10 del mattino, o della sera, e non sapete l’ora,

MATRIMONIO CONCORDATARIO O CIVILE?Con la riforma del processo di dichiarazione di nullità del ma-trimonio religioso che il Papa ha presentato la scorsa estate è in atto un processo di democratiz-zazione e semplificazione. La eli-minazione della doppia sentenza e l’estensione della facoltà giu-dicante a tutti i vescovi diocesani riducono passaggi, code e tempi d’attesa e rendono più agevole ai fedeli di condizione modesta ac-cedere al giudizio, non dovendo costoro sottoporsi a viaggi costosi o impossibili. Il papa auspica an-che un processo gratuito per tutti, nel qual caso il processo di demo-cratizzazione sarebbe ancora più completo.Tutto questo, senza minimamen-te intaccare il potere della Chiesa di decidere su ragioni e torti e di sancire che un matrimonio «non c’è mai stato», anche in presenza di figli.

Tutto bene, allora? Non proprio.In primo luogo, il ricorso alla di-chiarazione di nullità sarà “van-taggioso” rispetto al divorzio ci-vile anche dopo l’approvazione del divorzio breve che continuerà ad essere un percorso a due fasi: prima la separazione, poi il di-vorzio. La riforma ecclesiastica, infatti, riduce i tempi di attesa a uno-due mesi, a fronte dei sei me-si-un anno richiesti formalmente dal divorzio breve.Un secondo vantaggio, per nulla secondario, sta nel fatto che la dichiarazione di nullità non com-porterà obblighi finanziari di un coniuge rispetto all’altro.E’ allora facile prevedere un au-mento delle richieste di dichiara-zione di nullità con conseguenze paradossali dovute al sussistere delle norme del regime concorda-tario che conferisce effetti civili al matrimonio religioso e dunque anche alla nullità. Sarà infatti pos-sibile annullare un matrimonio concordatario anche civilmente in presenza di motivazioni molto

Il tempo di Racconigi

guardate l’orologio: non sbaglia.Anche nelle altre ore segna le 7.10. Tutto il giorno, tutti i gior-ni, da un bel po’ di tempo. Non so cosa questo significhi. Una metafora del tempo sospeso per la nostra cittadina un po’ sonno-lenta? Un sintomo di lento de-clino del castello? Un invito a comperarsi un orologio?Chissà, forse basterebbe rimet-terlo in moto.P.S. A proposito. Per l’occasione si potrebbe anche riaccendere la luce di una delle due torrette la-terali, da tempo buia.

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Riflessioni dopo due settimane nel paese di Romero e di Marianella García Villas

EL SALVADOR, UN PAESE DI MARTIRI di Anselmo Palini

Ottantamila circa sono state le vittime della guerra civile in Sal-vador, dal 1980 al 1992, anno degli accordi di pace, in un paese che aveva solo quattro milioni di abitanti. Nel parco Cuscatlan a San Salvador è stato creato un “Monumento a la Memoria y la Verdad”: si tratta di un muro lun-go oltre 25 metri con incisi, divi-si per anno, i nomi di migliaia di vittime della repressione. Tutti i giorni vi sono persone che met-tono fiori sotto i nomi di familiari e di amici. Domenica 16 agosto proprio davanti a questo mo-numento si è svolto un festival musicale e teatrale nel ricordo di mons. Romero, di cui ricorreva il 98° compleanno: gruppi di gio-vani di varie parrocchie del pa-ese e di comunità di base hanno messo in scena la vita di Oscar Romero e ne hanno riproposto, in varie forme, il pensiero. Un segnale di vita e di apertura al futuro in un luogo che ricorda la tragedia vissuta dal popolo sal-vadoregno.A chi arriva per la prima volta in Salvador, passando in macchina per le strade della capitale, in un traffico incredibile, la prima cosa che balza all’occhio sono le persone armate presenti dapper-tutto: davanti a qualsiasi negozio minimamente decente, a qualsia-si locale, alle scuole, alle pompe di benzina, alle pizzerie, davan-ti anche agli ingressi di diverse parrocchie, davanti all’Arcive-scovado … uomini armati, vigi-lantes con un fucile ben visibile. E nelle zone bene della città an-cora vigilantes ma con la camicia bianca e, al posto di un ingom-brante fucile, moderne pistole.Il Salvador è un Paese attanaglia-to dalla violenza. Nei mesi scorsi vi è stata una media di 25 morti ammazzati al giorno. Domenica 16 agosto si è raggiunto il record con 40 persone assassinate, e nei giorni successivi si è andati oltre e si è arrivati, martedì 18 agosto, a 43. Da 1° al 25 agosto vi sono stati 700 morti ammazzati. Un record, scrivono i giornali sal-vadoregni; nel mese precedente erano stato 677. E questo in un paese con meno di nove milioni di abitanti. La criminalità orga-nizzata, le pandillas e le maras, controllano intere zone del paese e quartieri della capitale, dove è vivamente consigliato non an-darci. Come pure ti consigliano di non prendere i vecchi bus da trasporto, poiché si rischiano delle rapine e anche per i taxi è bene farsi consigliare poiché non

pochi sono abusivi e in mano alla criminalità.Ma fortunatamente il Salvador che ho incontrato è anche e so-prattutto altro, un paese dove il sangue dei martiri sta fecondan-do la terra. Il nuovo Salvador ha il volto ad esempio degli anziani mons. Gregorio Rosa Chavez e mons. Ricardo Urioste, che furo-no stretti collaboratori di mons. Romero e che continuano ad annunciarne il messaggio. Ha il volto di Maria D’Aubuisson, che collabora con la Fondazione Oscar Romero portando il peso di un cognome che ricorda a tut-ti il mandante dell’assassinio di mons. Romero, suo fratello, il maggiore Roberto D’Aubuisson, che fu uno dei capi degli squa-droni della morte.Ha il volto gioioso di Mirna Perla, già magistrato della Cor-te Suprema e vedova di Herbert Sanabria assassinato dai militari nel 1986; di Guadalupe Mejia, madre Guadalupe come tutti la chiamano, anche lei il marito tor-turato e assassinato dai militari, dal 1981 impegnata nella ricerca della verità per i migliaia di de-saparecidos.Il nuovo Salvador ha il volto dello scalabriniano padre Mauro Verzeletti, coordinatore della pa-storale dei migranti per la dioce-si della capitale, impegnato a di-fendere i diritti dei migranti che a migliaia vengono respinti al confine con Messico e Stati Uni-ti; e molti di questi finiscono nel moderno elenco dei desapareci-dos poiché di loro non si hanno più notizie.Ha il volto della suorina che, all’Hospedalito della Divina Provvidenza, dove Romero è stato assassinato, ci offre i suoi ricordi di quel giorno dramma-tico. Ha il volto di Jon Sobrino, sopravvissuto al massacro dei gesuiti dell’Uca poiché era all’e-stero; e anche il volto di tutti coloro che in questa università continuano con determinazione a formare i cittadini del nuovo Salvador. Il nuovo Salvador lo troviamo anche a La Bermuda, in mezzo a un bosco, dove nel marzo 1983 è avvenuto un mas-sacro con la morte di oltre venti campesinos e l’arresto di Maria-nella Garcia Villas che, portata a San Salvador in una caserma militare, verrà torturata e assassi-nata. Poco distante dal luogo nel massacro, una comunità di una sessantina di famiglie ha scelto come nome “Comunità Maria-nella Garcia Villas” e su un muro

di fronte alla piccola chiesa un grande murales ricorda il sacrifi-cio di Marianella. A pochi chilo-metri di distanza da La Bermuda, i paesi di Aguilares e Al Paisnal, i paesi di Rutilio Grande, il pri-mo assassinato dell’episcopa-to di Oscar Romero. Murales e manifesti ricordano i due amici, periti entrambi perché fedeli al vangelo di pace e di giustizia. Il nuovo Salvador ha il volto di Luis Cotero e Sonia Lara, che ci hanno accolto nella parrocchia di San Roque, dove sono cresciuti alla scuola del milanese don Ce-sare Sommariva e del bresciano don Andrea Marini: Sonia diri-ge la scuola “La Rosa Blanca” e Luis è impegnato nella pastorale; in entrambi notiamo grande pre-parazione e spiccata capacità di analisi.Il nuovo Salvador ha il volto del-le componenti del “Movimiento Salvadoreño de las Mujeres”, impegnato da circa trent’anni in progetti di promozione sociale in tutti i dipartimenti del Paese. Il nuovo Salvador l’abbiamo trovato anche nelle istituzioni incontrate. Come nel segretario di cultura della Presidenza della Repubblica, il dott. Ramon Ri-vas, impegnato in collaborazione con le Università a ricostruire la Memoria Storica del Paese, per non dimenticare ciò che è acca-duto negli anni di guerra. Così pure nella vice ministra degli esteri, Liduvina Magarin, e nei suoi collaboratori, che vorrebbe-ro trovare il modo per far sì che la figura di Marianella Garcia Villas abbia lo spazio che merita nella storia di questo paese. E ha anche il volto dell’ambasciatrice

italiana e del prof. Mario Miche-li, delegato dal rettore dell’u-niversità di Roma3 a seguire i progetti di cooperazione allo svi-luppo.Il nuovo Salvador, continuando, ha il volto di Fidel Nieto e Dago-berto Gutierrez che, dopo essere stati impegnati nella guerriglia contro la dittatura come coman-danti, ora guidano l’Università Luterana e cercano di formare i cittadini di domani. E anche di Vicente Chopin, un dottora-to all’Urbaniana di Roma, ora docente all’Università salesiana don Bosco, che complessiva-mente ha otto mila studenti.Infine il nuovo Salvador l’abbia-mo visto riunito al funerale di pa-dre Pedro De Clercq, sacerdote belga da quarant’anni in Salva-dor, un punto di riferimento per le comunità ecclesiali di base del Paese. Dopo la messa presiedu-ta dall’arcivescovo al Despertar, un lugar de mártires, ci dicono, perché lì venne trucidato padre Octavio Ortiz con quattro suoi ragazzi, tutta una notte di veglia e di omaggi per padre Pedro: canti, balli, testimonianze. Tutto attor-no alla bara e sui muri striscioni delle comunità di base, immagini di padre Pedro, di mons. Rome-ro, di padre Octavio Ortiz. Ecco, questo è il nuovo Salvador che sta nascendo in una terra irrorata dal sangue dei martiri.

(Un resoconto approfondito del-le due settimane in Salvador sul sito www.anselmopalini.it nelle pagine dedicate a El Salvador. Nelle pagine “Eventi” dello stes-so sito una rassegna fotografica del viaggio).

Parco Cuscatlàn: festival di musica e teatro in me-moria di mons. Romero

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insonnia8 Ottobre 2015

BUON COMPLEANNO VINCENZO!Altri 90 anni come questi! di Anna Simonetti

“Abbiamo vissuto grandi emo-zioni come quelle che ci hanno dato le parole forti e spietate di Bobbio. Abbiamo vissuto l’emo-zione di interpretare noi stessi sulla scena creata da Koji, ma ancora, abbiamo vissuto l’emo-zione intensa di aver dato una dimensione sociale ad un pro-blema, quello della vecchiaia, spesso vissuto in silenzio nel pri-vato della propria casa e della propria famiglia.Non ci sono ringraziamenti, ba-sta guardare la gioia dei nostri visi, ma vogliamo esprimere il desiderio di vivere ancora emo-zioni che possano arricchire la nostra vita. ...ed ora, per dirla con Bobbio “… ci saranno di soccorso i ri-cordi” perché “il grande patri-monio del vecchio è nel mondo inesauribile della memoria”.Ancora un applauso, l’ultima luce che si spegne e ... lo spetta-colo è finito!Era il giugno del 2005 e così si concludevano nel parco ex-neu-ro le 5 serate di rappresentazione del De Senectute, con la regia di Vincenzo Gamna, e così ter-minava una grande e bellissima esperienza per tutti, interpreti e spettatori, che in occasione del 90° genetliaco di Vincenzo vorrei rivivere attraverso alcuni “ricordi”.A marzo di quell’anno avevamo iniziato a trovarci in una picco-la palestra con Grazia Isoardi, movimenti del corpo, gestualità, danza, ma tutto molto soft, senza imposizioni o necessità di rag-giungere qualche scopo partico-lare. La compagnia era costituita da 8 donne e 4 uomini, dai 65

anni in su, non si sapeva molto cosa si andava a fare, ma si sa-peva che Vincenzo e Koji sta-vano preparando uno spettacolo sulla vecchiaia, tratto dal “De Senectute” di Norberto Bobbio.Il giorno prima della mia parten-za per un viaggio in Siria, alle 8 del mattino, Vincenzo telefona per dirmi che Koji vuole “ro-mana” per “donna che balla”!.... manca un mese al debutto e io non conosco per niente il testo. Vincenzo mi tranquillizza: “… ci vediamo alle tre e leggiamo il testo insieme”, ma poi le tre sono diventate le otto e mezza di sera.Andiamo a cena a Polonghera, ci sistemiamo in una stanza appar-tata e Vincenzo legge il testo, io lo rileggo, concordiamo che du-rante il viaggio(!) lo imparerò a memoria, imparerò a dirlo nella giusta maniera e do la mia totale disponibilità per quando rientro! Ma al mio rientro scopro che hanno abolito il ballo, hanno ri-toccato il testo e… continueran-no a ritoccarlo fino a 4 ore prima dello spettacolo! Uno spettacolo magico fatto di musica, parole, emozioni. “Fugace è la giovinezza, un sof-fio la maturità, avanza tremenda la vecchiaia e dura un’eterni-tà!”(Bobbio). Con queste parole inizia lo spettacolo, insieme all’acuto suono della tromba cui segue una struggente e delicata musi-ca che accompagna il monologo di Giovanni Moretti: la sua voce profonda e la bellissima musi-ca calano sulle nostre persone come un mantello, avvolgendo-ci in una atmosfera magica in

cui rimaniamo immersi fino alla fine. Al suono del ritmo melan-conico e ossessivo mentre entra-no i vecchi sulle sedie a rotelle, spinte da bianche figure senza volto, rotolano le parole di Bob-bio attraverso le fantastiche sce-ne create da Koji. “Tu sei quello che ricorda, ma i ricordi non affiorano se tu non vai a scovarli negli angoli più remoti della memoria… e af-fiorano nel modo più strano: una musica, alcuni gesti, voci soprattutto dell’infanzia, fram-menti di poesie, motivi di can-zonette, arie di opere, brani di sonate e di concerti, che ricanti dentro di te…” vanno e vengo-no su e giù per la scena i vecchi sulle sedie a rotelle impugnando ombrelli che evocano figure di uomini, donne, giovani e bambi-ni di un mondo che ormai esiste solo nella memoria del vecchio perché: “..ogni volto, ogni gesto, ogni parola, ogni lontano canto, ritrovati, che sembrano perduti per sempre, ti aiutano a soprav-vivere”!Alle parole di Bobbio, Vincen-zo Gamna e Marco Pautasso aggiungono quattro monologhi relativi alla condizione di chi è vecchio: le difficoltà economi-che, la solitudine, la nostalgia (melanconia), la morte.Il vecchio pensionato parla delle difficoltà economiche che non gli permettono neppure la soddi-sfazione di un piccolo desiderio: mangiare le arance troppo care per le sue tasche, ne ruba tre al market (che danno può fare ad un market?), ma il suo gesto vie-ne scoperto alla cassa: da allora non dorme più, vergogna e do-lore sono le compagne della sua giornata: “Rubare non si può, mai, così mi diceva mia nonna tanto, tanto tempo fa! ma prova-te voi ad andare avanti con 500 euro al mese” e getta a terra, lontano da sé, le tre famigerate

arance, sperando di liberarsi an-che della “vergogna”.“Quando la vita finisce, ti accor-gi che della vita sei stato solo un ospite e che prima o poi devi pagare il conto, io non ho più niente da perdere, sono sola!”. La solitudine sarà la compagna di questo scampolo di vita che le resta e forse per questo l’anziana donna rievoca la morte del non-no: circondato dall’amore di tut-ta la famiglia, sul letto di morte, nella sua casa, dopo aver detto addio a tutti con gli occhi, a lei, la più piccola, fa un affettuoso gesto di addio con la mano, quasi volendo lasciare quell’unico sof-fio di vita e il di lui ricordo pro-prio a lei, alla più giovane della famiglia, perché ne tramandi il ricordo: quel gesto rimarrà per sempre nel suo cuore.A me è destinato il terzo mo-nologo, quello della nostalgia o meglio, come a me riesce più congeniale definirla, della “me-lanconia”. Lentezza, stanchezza, ripetitivi-tà, le parole escono a stento come le idee, il tempo diventa sempre più breve, dormono i vecchi sul-le loro sedie a rotelle; una donna si sveglia, sotto uno scialle nero indossa un abito rosso che spicca su tutti i dormienti e in un mo-nologo sconnesso e senza senso, sotto il casco del parrucchiere ci parla della sua salute di un ve-nerdì pomeriggio: “la pressione è normale, non bevo, non fumo, la dieta, beh, sì devo stare un po’ più attenta… ma niente volonta-riato… sono ancora giovane!” e ancora: “ ma domani sera cosa mi metto? quello rosso, quello giallo o quello nero…” ma, no, sceglierà qualcosa di nuovo per andare a ballare al Varadero “...quante gare ho vinto laggiù!” perché “quando ballo mi sento viva, giovane, mi sento rinasce-re!”.Si guarda intorno, dormono tutti

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insonnia 9Ottobre 2015

EXPO 2015…di Anna Maria Olivero

BUONE PRATICHE PER L’AMBIENTE E LA SOCIETA’Contribuisci anche tu ad uno sviluppo sostenibile con piccole grandi azioni che riducono gli sprechi e difendono l’ambiente.

Autoproduzione

AROMA AGLI AGRUMI PER I DOLCINon buttate le bucce degli agrumi bio e non trattati. Vi serviran-no per preparare una polvere utile per aromatizzare torte, biscotti e altri piatti. Lasciate essiccare le bucce di agrumi, magari vicino alla stufa o ai termosifoni. Quando saranno pronte, sminuzzatele con le forbici e poi riducetele in una polvere finissima nel robot da cucina. Le potrete conservare a temperatura ambiente in barat-toli di vetro e aggiungerle alle vostre ricette in sostituzione degli aromi industriali.

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RISPARMIO ACQUAApplicare ad ogni rubinetto e doccia un riduttore di flusso aerato, comporta una riduzione dello spreco di acqua pari al 50% (da 14 litri al minuto a 7-8 litri al minuto). Senza contare il risparmio economico in bolletta.

Provale, se funzionano falle diventare un’abitudine, condividile con gli amici, ...Se utilizzi già delle azioni sostenibili falle conoscere anche a noi! Il mondo che tutti vorremmo è iniziato nel cambiamento dentro di te!

aspettando la fine di tutto e allo-ra affiora il dubbio “… ma, forse anche questo è solo un ricordo!” un ricordo come è un ricordo tut-ta la vita che ha vissuto!“Gesù sulla croce, pietà! Non c’è più speranza, son malato termi-nale!”. Solo e senza più voglia di niente, il malato terminale, stanco di andare da un ospedale all’altro, capisce che morire è l’unica cosa giusta, ”se la vita è un regalo del signore, che se la tenga!” come si può vivere così, basta con le cure, è inutile, è ora di“saré la baraca”.L’umano disagio vissuto dai vec-chi conferma che “la vecchiaia è spietata”, anche se, come ag-giunge Bobbio, può essere con-fortata “dagli affetti che la vita non ha mai consumato”.Una emozione dietro l’altra: il successo di tutto lo spettacolo, il successo personale, l’abbraccio lungo e forte di Nicoletta Bob-

bio alla “prima”; gli applausi del pubblico, commosso e conqui-stato dai nostri personaggi, il faz-zoletto sventolato da Vincenzo nelle repliche alla Cavallerizza per dirci che avevamo raggiunto la perfezione! Ormai consapevo-li di poter raggiungere il meglio di noi stessi, l’ultima replica è stata eccezionale ed io finalmen-te sono riuscita ad allungare le pause, ormai certa di non perde-re il filo delle frasi spezzettate e senza senso logico del monolo-go, pause richieste vivamente da Vincenzo… che però ad ognuna di esse temeva il peggio! E’ stato bello, avevo una carica addosso che mi ha permesso di vivere questa esperienza intensa-mente, dividendomi tra lo spet-tacolo e i parenti che arrivavano da Roma: sorelle e nipoti, tutti a Racconigi e poi a Torino, alla Cavallerizza! Tutta la compagnia in fibrillazione per la loro pre-

senza: “Vengono da lontano per vedere il nostro spettacolo!” e mi guardavano stupite e lusingate da tanta partecipazione.Oggi ripenso a quei giorni, mi commuovo (e non è solo l’età) e sento di dovere a Vincenzo, alla Cantoregi, grandi ricordi, ricor-di che mi danno delle emozioni anche dopo tanti anni; stare sulla scena di un’opera del progetto Cantoregi ti fa sentire interprete del tuo mondo, espressione della tua gente. La città di Carignano ha voluto dedicare all’illustre cittadino per i suoi 90 anni una serata-omaggio attraverso “parole e immagini” da lui create durante una lunga carriera che l’ha visto impegnato nel cinema, in televisione e nel teatro, un teatro un po’ folle, ma che appartiene a tutti, il teatro del popolo. E’ il teatro che ha realiz-zato in piazza, a Carignano, per ‘Na scudela ‘d fioca, con duecen-

to attori impegnati sulla scena e la partecipazione di tutta la città; è il teatro che da “Voci erranti” in poi ogni anno a giugno vede at-tori e spettatori nel parco dell’ex neuro affrontare temi all’insegna dell’impegno sociale e civile con musiche e scene indimenticabili per la loro incisiva bellezza.Nel suo breve intervento Vincen-zo Gamna ha voluto ricordare Racconigi, ringraziando Bep-pe Marinetti per avere aperto le porte del parco ex neuro consen-tendo l’inizio di quella rassegna “La fabbrica delle idee” che per-mette ogni anno di confrontarsi con realtà teatrali il cui obiettivo è l’impegno sociale e che ormai fanno di questa rassegna una meta molto ambita.Grazie Vincenzo per il teatro che ci hai insegnato a fare ed ad ama-re!Buon compleanno!

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insonnia10 Ottobre 2015

LEZIONI DI VITA ALLA SCUOLA DI ARTI MARZIALII lettori di Insonnia già conoscono Federico Bronzin, attraverso l’intervista pubblicata sul precedente numero di Inson-nia. Negli ultimi anni Federico ha molto viaggiato in giro per il mondo, inseguendo i suoi sogni. Racconta di quel viag-gio avventuroso ed emozionante nel libro “Inseguendo un sogno… vi scrivo da un mondo chiamato Vita”. Ne anticipia-mo qualche pagina, i più curiosi potranno scoprire il resto nel libro di prossima pubblicazione.di Federico Bronzin

Questa mattina, quando era ancora buio, i tre rintocchi sordi della cam-pana ci hanno fatti svegliare con il cuore in gola. Quindici minuti il tempo consentito per prepararci, non un secondo di più. Una volta scesi, appena dopo che la campa-na ha ripetuto i tre rintocchi, in una scrupolosa fila per tre, gli allievi, uno ad uno, si sono messi in sequen-za a gridare una parola.Il buio della notte non dava la pos-sibilità di distinguere i volti; l’aria invernale era gelida.Il nostro istruttore si chiama Lee, un ragazzone di qualche anno più grande di noi, dal fisico scolpito, dalla presumibile mano pesante e, dal primo approccio psichico, in-dubbiamente molto pretenzioso, come d’altronde è richiesto dal gran maestro e dallo stesso governo di questa nazione.Appena le prime luci dell’alba han-no iniziato a rischiarare timidamen-te l’orizzonte, siamo partiti e abbia-mo corso nel freddo pungente fino alla base della lunga scalinata che porta al tempio maggiore della città. Da qui abbiamo iniziato un lungo step sugli scalini e ripetuto, sempre sugli scalini, diverse andature a cop-pie, tra cui la durissima discesa sulle mani. Per tornare alla scuola abbia-mo corso per metà percorso con un compagno di peso simile sulle spal-le, con il maestro Lee che spesso e volentieri ci rincorreva e gridava contro per non farci mai perdere ve-locità nella corsa. Una volta giunti nel cortile della scuola abbiamo continuato con gli esercizi aerobici intervallati da dei brevi (e ancora abbastanza pacifici) scambi corpo a corpo.Nel pomeriggio programma più soft, abbiamo provato alla “movio-la” alcune forme e posizioni marzia-li, dopodiché via con la kick box.E’ stato impressionante (nonché un po’ demotivante) vedere come, mentre Betta ed io eravamo prati-camente distrutti, la maggior parte degli allievi non presentasse alcun segno particolare di affaticamento; è evidente la differenza di prepa-razione atletica, comunque siamo determinati a non mollare e cerca-re di raggiungere un livello più alto possibile.Siamo partiti con obiettivi com-pletamente differenti, Betta già da quattro anni è una temibilissima istruttrice di lotta ed è venuta qui per affinare la tecnica e rinforzarsi di competenze e cultura marziali; io sono venuto qui non per particolare

interesse alla lotta (solo affrontata in maniera soft in un corso all’univer-sità, oltre che qualche occasionale rissa da strada, l’avreste mai detto?) ma per farmi le ossa, un battesimo del mio viaggio, un’esperienza che mi segnasse sia dentro che fuori. Dai primi sentori, penso che fuori verrò segnato e parecchio. Di blu e viola.***Oggi è stata un’altra giornata mas-sacrante. La sera, non gioca a nostro

favore la stanchezza e il mal di gam-be: camminando sui marciapiedi è infatti necessario avere prontezza di riflessi ed esplosività nello scat-to per evitare di scontrarci in quella che qui viene considerata un’abitu-dine salutare. Da quando si sente il rumore sordo di accumulo della sa-liva, si hanno pochi istanti per com-piere un rapido spostamento laterale ed evitare di essere centrati in pieno da un bello sputo.Altro aspetto caratteristico del luo-go è l’originale codice della strada; per i pedoni che intendono attra-versare la carreggiata, la probabi-lità di venire spalmati sull’asfalto

è abbastanza alta. Un buon 90 per cento delle auto passa con il rosso e, se caso mai tu pedone stai attraver-sando sulle strisce con il semaforo pedonale verde, premono con gran-de grinta il clacson per annunciare il loro imminente arrivo; quindi ti conviene iniziare a correre. Nei casi migliori, in presenza di vigili e le macchine che aspettano ferme diligentemente davanti al semaforo rosso, nell’istante in cui il semaforo pedonale da verde di-

venta giallo, ecco alzarsi il rombo assordante dei motori che dà l’im-pressione di essere nel bel mezzo della pista alla partenza di un Gran Premio di Formula 1. Ragion per cui è meglio allungare decisamente il passo per mettersi in salvo.Tra un po’ crollo quindi auguro a tutti una buona notte.***Oi oi oi (ed ancora oi); eccoci giun-ti al termine di un’altra giornata, la prima di vere e proprie legnate. Sono un livido vivente!Calci, pugni, calci volanti, pum tan pim pum, ero sempre al tappeto.La rabbia, che questi ragazzi tra-

sformano in rapidità e potenza, la-scia senza parole.Ora, nel meritato riposo, siamo qui a gustarci dei deliziosi biscotti che, a dire il vero, non sanno di nulla ma noi, in preda a crisi di panico per l’assenza di zuccheri in corpo, con gli occhi chiusi e la mente vagante gli stiamo dando una marea di at-tributi per descrivere questo gusto inesistente. La scena è quanto mai comica.E’ ormai sera, siamo da poco tor-nati dalla nostra consueta passeg-giata e, un istante prima di entrare in camera, abbiamo assistito ad una di quelle scene che ti spezzano il cuore e che non vorresti mai vede-re. Un bambino in lacrime veniva trascinato a forza nella sua camera da quello che con ogni probabilità è il padre. Il suono di quelle parole a noi incomprensibili era durissimo, inquietante, inappellabile.Andando in giro per la scuola, ho avuto la possibilità di constatare che a noi spetta la “zona comfort”. La parte dell’edificio occupata dagli altri allievi fa infatti venire i brivi-di; tutti dormono in un’unica came-rata sovraffollata su letti a castello senza materassi. Il bagno, esterno alla struttura centrale, è una stanza rettangolare al cui centro corre una spaccatura nel pavimento, dentro la quale gli allievi devono fare i propri bisogni; sotto non vi è alcun canale di scarico ma tutto si deposita sul terreno e, prima di venir assorbito, produce un odore ben poco grade-vole.A parte qualche bambino rimasto orfano, gli altri allievi, a quanto pare, provengono da famiglie abba-stanza agiate. Molti sono arrivati in-fatti su macchinoni con vetri scuri, da questi sono scesi uomini e donne ben vestiti. E’ curioso vedere come da queste parti esistano genitori che pensano che per i loro bambini sia meglio, anziché crescere utilizzando giocat-toli tradizionali, giocare con bastoni e guantoni da boxe.In questi giorni vedo intorno a me bimbi dell’età dei miei nipoti, tira-re pugni e calci con estrema deter-minazione; però, avvicinandomi a loro, scorgo negli occhi una profon-da tristezza, la tristezza di chi non sta inseguendo il proprio sogno, ma il sogno di qualcun altro.Alcuni di loro da grandi divente-ranno poliziotti, guardie del corpo, altro ancora, ma gli altri, che ne sarà degli altri?

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Io metto fuori l’indifferenziato una vol-ta su due o su tre ma non perché me ne dimentico, è proprio perché l’indiffe-renziato è troppo poco per poter riem-pire un sacchetto. Ho anche la fortuna di avere una cantina dove posso lascia-re il sacchetto anche due settimane.Conosco invece situazioni in cui a causa dei pannolini dei bambini o dei pannoloni per gli anziani i sacchetti grigi non sono bastati e queste famiglie hanno dovuto richiedere una nuova fornitura, o altre famiglie che non han-no neppure un balcone dove sistemare l’immondizia fino al giorno della rac-colta e questa cosa rende il deposito temporaneo fastidioso a vedersi.Personalmente sarei per un passaggio di raccolta di indifferenziato una sola volta alla settimana quando non addi-rittura ogni due settimane e proverei a studiare per le situazioni diverse dalla mia (produzione di RSU molto abbon-dante) una soluzione specifica.Ma se si riducesse la raccolta di RSU a metà o addirittura ad una terzo ci pensa-te quale risparmio si potrebbe raggiun-gere? Inoltre, meno RSU si accumula

più raccolta differenziata si fa e meno si spende in conferimento in discarica!Un secondo esempio che rappresenta anch’esso un sicuro risparmio.L’umido è pesante e costa a portarlo nelle stazioni di conferimento, alcuni racconigesi realizzano il compostag-gio, soprattutto gli abitanti delle frazio-ni, a queste famiglie viene scalata una frazione di spesa del tributo poiché non si passa più a casa loro a raccogliere l’umido. Questo tipo di smaltimento dovrebbe essere incentivato con una sorta di compostaggio collettivo ovve-ro mettersi d’accordo tra più famiglie e conferire l’umido tutti ad una vicino di casa che ha l’orto: vantaggi per tut-ti perché il vicino con l’orto avrebbe nella propria compostiera più materia-le per fare l’humus e non pagherebbe la frazione di tributo per la raccolta dell’umido così come tutti i vicini che anziché metterlo sulla porta di casa lo portano a lui.Risparmierebbe il Comune dovendo spendere una bella somma di denaro in meno per la raccolta e il trattamento dell’umido e quindi potrebbero essere

diminuite le tariffe per tutti i cittadini.Andiamo avanti: si potrebbe scegliere di fare acquisti presso i venditori che propongono le merci che hanno meno o addirittura nessuna forma di confe-zione portando così a casa meno rifiuti da differenziare. Se le istituzioni hanno la possibilità di trattare con la Grande Distribuzione Organizzata (GDA= su-permercati, mini market ecc.) perché diventi un costume diffuso quello che privilegia le merci con basso volume di confezionamento, noi consumato-ri possiamo operare in proprio questa scelta di acquisto: avremo meno mate-riale da stoccare in casa aspettando il giorno della raccolta sulla nostra porta.Anche tra famiglie di conoscenti si po-trebbero organizzare in occasione di raduni tra amici, bambini, quartiere at-tività di sensibilizzazione alla riduzione di rifiuti come ECOfeste, ECOsagre, ECOgiochi, Natale ECOsostenibile magari anche con la Scuola e/o i Com-mercianti, mercatini del riuso, tutto ciò, se pensato tra gruppi di persone amiche potrebbe essere realizzato senza neppu-re l’intervento di Istituzioni o Associa-

zioni.Sappiamo anche di ristoranti che usa-no prodotti a basso indice di rifiuto; insomma bisogna pensarci, lavorare in questa direzione e credo che i risulta-ti si potrebbero vedere in tempi anche brevi.Dopo la campagna di sensibilizzazione e l’organizzazione di questa campagna di raccolta in Racconigi è sensibilmen-te è complessivamente calata la quan-tità di immondizia raccolta, qualcosa vorrà pur significare.Credo che la strada sia quella giusta ed è riassumibile in un solo termine: SEN-SIBILIZZAZIONE.Mi aspetto che qualcuno lanci delle proposte nell’interesse di tutti anche at-traverso le nostre pagine, facciamo che quella dell’immondizia sia una sana gara con l’obiettivo di ridurre i rifiuti e conseguentemente anche il prelievo di denaro dalle nostre tasche perché al primo posto di questi obiettivi per il futuro, i nostri Amministratori avevano messo: puntuale applicazione delle tariffe, e per me questo obbiettivo va interpretato nel senso più ampio.

Rifiuti, affrontare il futuroSegue dalla prima

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StoStoriadiRacconigi

Tra voli aerei e guerre coloniali e mondialidi Mario Monasterolo

Dopo lo zar nel 1909, un altro illustre ospite arriva a Racconigi nel 1910: è il ministro degli esteri austriaco conte Alois von Aehrenthal, che porta al re un messaggio autografo dell’impe-ratore Francesco Giuseppe. Ma è un altro il tema che interessa i cittadini: il ventilato progetto di ampliamento del Manicomio, contro il quale i re-sidenti dei borghi di San Rocco e dei Cappuccini organizzano una raccolta di firme. Nel 1911 risultano attivi solo più 8 setifici, per un totale di 964 addetti, perlopiù donne. La Società Bacolo-gica Franzero Imberti è però florida e partecipa alla Esposizione Interna-zionale organizzata a Torino per ce-lebrare il 50° anniversario dell’Unità d’Italia; allestisce un artistico chiosco in cui espone le diverse qualità dei propri bozzoli prodotti con varie qua-lità di seme-baco nazionale, cinese e giapponese. In paese si vive però un’annata dav-vero particolare, segnata da un lato dalle visite che il re riceve in castello: vi arrivano infatti missioni diploma-tiche dall’Abissinia e dalla Persia; vi soggiornano il khedive d’Egitto Ab-bas Ilmi II, il re di Grecia, un grandu-ca russo ed un duca portoghese.Dall’altro lato, dalle imprese dell’a-stro nascente dell’aviazione italiana, Romolo Manissero, che vince pre-stigiosi raid, effettua il primo esperi-mento di posta area e il 9 luglio arriva a Racconigi sul suo Blériot; effettua “ardite” evoluzioni attorno alla Torre Civica, lancia un Tricolore nel Par-

co (regina e principini applaudono dalle finestre) e poi atterra nel Pra-to dei Cornetti tra l’entusiasmo dei concittadini. Manissero è poi uno dei primi cinque aviatori borghesi volontari che aderiscono alla guerra contro la Turchia per la conquista della Tripolitania e della Cirenaica, che scoppia a settembre e nel corso della quale è tra i protagonisti dei primi bombardamenti aerei della storia mondiale.Per discutere della guerra con il re, il Presidente del Consiglio Giovan-ni Giolitti quell’anno è venuto più volte a Racconigi. Ma lo stesso Giolitti (che era tornato al gover-no a fine marzo) a gennaio si è già dovuto confrontare, in quanto Pre-sidente della Provincia di Cuneo, con la questione del Manicomio, nel quale i posti letto sono ormai in-sufficienti, tanto da esigere un am-pliamento. L’opposizione dei resi-denti (che hanno raccolto 300 firme di protesta) consiglia di rinviare la questione. I malati in sovrannumero vengono trasferiti in altre strutture ritenute idonee, tra le quali il Cot-tolengo. La questione sarà risolta poi nel 1914, con la costruzione del nuovo padiglione denominato Tam-burini.Prima la guerra in suolo libico, poi il primo conflitto mondiale tengono i sovrani lontani dalle villeggiature di Racconigi, salvo brevi soggiorni e sporadiche presenze della regina con i principini. La Grande Guerra 1915-18, il cui fronte è lontano, ma chiama cen-tinaia e centinaia di concittadini, viene affrontata in paese cercando di mantenere vive le attività cor-renti, per quanto si può. Il mercato dei bozzoli continua a funzionare, a dicembre si tiene la Fiera di Santa Lucia. Il re ha destinato i locali del filatoio Potaggiere Vecchio (per i residenti: potagé) di via XX Settembre ad uso di caserma di fanteria: la Real Casa aveva acquisito l’edificio come sede di servizi, quali la lavanderia, e residenza di personale addetto alla Corte.Della guerra e della situazione na-zionale risentono ovviamente i fi-latoi, che sospendono l’attività. La disoccupazione è forte: all’inizio del 1916, le operaie di tutti seti-fici danno vita ad un’adunanza al filatoio Sabri, dispersa dalle forze dell’ordine.

G.A.Levis- Studio per una fuga dal bombardamento

UNA CUOCA A MIGLIABRUNAdi Anna Simonetti

TreDici a tavola

Allora Irene, finalmente ce l’hai fatta?!«Sì, a tre anni esatti dall’inizio delle pratiche, sono riuscita ad avere tutto in regola per iniziare».Ride e mi invita ad entrare nel-la sua piccola osteria/vineria a Migliabruna, è una giornata dal cielo grigio, quasi un anticipo dell’autunno, niente a che vedere con il caldo dei mesi scorsi. Già, perché Irene ha iniziato la sua at-tività di ostessa e cuoca ai primi di agosto nel pieno della calura.Perché un tempo così lungo per le pratiche?«Permessi, autorizzazioni che viaggiano dal Comune alla Re-gione, alla sovrintendenza… qui anche per il colore delle persiane dobbiamo passare per varie au-torizzazioni, ora tutto è a posto, sono qui che lavoro e questa è la cosa per me più importante». Il locale è piccolo, conto venti po-sti cui posso aggiungere un altro tavolo da quattro. L’arredo che vedo è vecchio, nel senso che ri-utilizza tavoli, sedie, credenze che mi ricordano la mia cucina degli anni ’50 e questo mi fa sentire su-bito a mio agio.Come è andato l’esordio?«Veramente bene, non pensavo che ad agosto avrei avuto così tanti clienti!»Vedo che TreDICI A TAVOLA ha un orario di apertura un po’ particolare…«Sì, siamo aperti Giovedì e Vener-dì dalle 17 alle 22, il sabato dalle 10 alle 24 e la Domenica dalle 10 alle 22, per cui posso dedicare due giorni pieni alla mia bimba».Parliamo un po’ dei menù?«Prima di tutto una “marenda sinoira” con verdure miste, for-maggi… I formaggi vengono dal-la valle Gesso e sono veramente speciali. Poi, se ci si vuole ferma-re per la cena, propongo antipa-sti misti piemontesi; la settimana scorsa, visto il clima più fresco, come primo offrivo crema di pa-tate e porri, oppure cereali misti in insalata. Di secondo, vitello tonnato, roast-beef o arrosto del podere di S. Oddone, (è l’azienda del mio compagno), oppure filetti di trota di un sapore veramente de-licato; si può completare con una selezione di formaggi o di salumi e con uno dei dolci che preparo personalmente. Il menù comun-que cambia ogni settimana e le verdure sono quelle prodotte dal mio orto, quindi solo stagionali».Sei tu la cuoca?«Cucino io e cucino ogni giorno, non congelo niente!»

La cucina è veramente piccola e se si fa eccezione per i frigo, sono quattro, può essere proprio quella di una casa, ma di una casa dei tempi andati in cui Irene, metten-do a frutto le esperienze lavora-tive passate, in modo particolare quelle presso Slow food, usa fari-ne particolari, pane di grano duro con lievito madre, vino bio, birre artigianali, succhi di frutta bio, tutti prodotti per quanto possibile provenienti da aziende del nostro territorio che hanno costruito una sorta di rete di produzione e di-stribuzione.Chi sono i tuoi fornitori?«L’esperienza presso Slow food mi ha permesso di conoscere pro-duttori che hanno fatto proprio il concetto di cibo buono e sano; d’altra parte, avendo avuto tre anni per prepararmi, ho visitato uno per uno gli eventuali forni-tori rendendomi conto di persona come lavorano e quello che usa-no. Per zucchero, caffè, tè uso prodotti del commercio equo e solidale».Arrivando ho letto fuori “Caf-fetteria e bottega”, cosa vuoi dire? «Posso vendere tutti i prodotti che uso per cucinare, vino, birre, suc-chi di frutta, tisane, tè, marmella-te….»Ma della tua passione per la fo-tografia cosa ne hai fatto?«Ecco la tua domanda capita a proposito, qui ci sono le foto dei fornitori e quando sarà completato il sito dell’osteria, pubblicherò un libro con le foto di tutti i fornitori e non solo».Bene, non rimane che assaggia-re i tuoi piatti!

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LA TECNICA AL SERVIZIO DELLA SOLUZIONE NON VIOLENTA DEI CONFLITTIdi Alessia Cerchia

Una delle caratteristiche tipiche dell’aikido, che attrae e colpi-sce anche chi vi si avvicina per la prima volta, è rappresentata dalla possibilità di neutralizzare la forza del proprio avversario e del suo attacco attraverso la pun-tuale applicazione delle tecniche apprese nel corso degli allena-menti. Basandosi essenzialmen-te sull’esecuzione di leve arti-colari e su movimenti circolari che mirano a “rubare” il centro di equilibrio dell’avversario, a favore del proprio, l’aikido per-mette anche alle persone più esi-li di fronteggiare e “sconfiggere” compagni di pratica decisamen-te più forti. Il principio della rotazione sferica, che è la base dell’aikido, fu introdotto proprio in risposta alla necessità di do-minare avversari più forti e com-petenti, secondo il principio per cui “il morbido controlla il duro, il flessibile prevale sul rigido”. Un simile principio è facilmente applicabile anche alle situazio-ni che ci troviamo ad affrontare ogni giorno, nella nostra quoti-dianità, oltreché in mediazione: irrigidirsi sulle proprie posi-zioni non può essere la risposta corretta ad una situazione di incomprensione o contrapposi-zione, perché non ci permette di

valutare adeguatamente tutte le soluzioni percorribili… e spesso ottenere quanto desiderato – a qualunque costo – non ci soddi-sfa come avremmo inizialmente immaginato. Mantenere un at-teggiamento flessibile e aperto a soluzioni non inizialmente im-maginate, essere disponibili ad esplorare percorsi inizialmente non previsti, insieme alla nostra controparte, può permetterci di raggiungere soluzioni più soddi-sfacenti per tutti.Questa prima riflessione ne in-troduce, a catena, almeno altre due, che ci riportano alla con-

nessione che stiamo cercando tra aikido e mediazione. La reazione più naturale, direi istintiva, quando riceviamo un attacco, che sia un pugno o un calcio o un colpo alla testa, si concretizza, normalmente, in due diversi modi: il tentativo di evitare l’attacco, ritraendosi, oppure il contrattacco, con for-za almeno uguale e contraria a quella utilizzata dal nostro av-versario.Nel primo caso, evitare un at-tacco ci espone ad eventuali colpi successivi, rendendoci vulnerabili e – avendo perso il nostro centro – in posizione di inferiorità rispetto a chi attacca. Nel secondo caso, il rischio è di raddoppiare l’energia dell’im-patto tra il nostro corpo e quel-lo dell’avversario, esponendoci entrambi al rischio di lesioni. E questo nella migliore delle ipo-tesi. La risposta più corretta ad un attacco improvviso, dunque, implica la capacità di valutare quanto più realisticamente pos-sibile – nella frazione di secondo che ci è concessa – una pluralità di fattori: la forza fisica nostra e dell’avversario, l’obiettivo dell’attacco, la distanza tra i cor-pi, gli spazi che ci circondano,

ecc. L’applicazione di una tec-nica di aikido richiede che tutti questi elementi vengano valuta-ti, attuati e gestiti con un perfetto automatismo e, al tempo stesso, con la massima naturalezza cor-porea. Un simile controllo, tut-tavia, può essere raggiunto solo attraverso l’estenuante e minu-ziosa ripetizione di ogni singola tecnica, fino a quando la memo-ria corporea abbia avuto il tempo di interiorizzarla, farla propria e trasformarla in un movimento naturale.E’ questo il motivo per cui, chiunque abbia avuto occasione

di assistere ad un allenamento di aikido avrà notato come i prati-canti si sottopongano con ener-gia alla continua realizzazione di cadute e tecniche, fino a che, negli anni, il movimento dei loro corpi arriva ad apparire fluido ed armonioso.Così come, per allenare il nostro corpo a compiere il giusto mo-vimento, in aikido, è richiesto uno studio costante della tecni-ca e la ripetizione continua degli stessi movimenti e delle mede-sime risposte ad un singolo tipo di attacco, allo stesso modo non possiamo lasciare che sia il puro

istinto a guidarci nella gestione delle nostre relazioni, specie se conflittuali. Per spingere un po’ oltre il no-stro parallelismo, potremmo dire che così come la “tecnica” in aikido è lo strumento per me-diare uno scontro fisico, per ri-solvere un attacco senza provo-care danni alle parti coinvolte, allo stesso modo il mediatore e le tecniche della mediazione rappresentano ciò che permette a due soggetti in conflitto di im-parare a comunicare ed a trovare soluzioni condivise alla propria controversia.

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Una sigaretta in riva al mare segue dalla seconda

Raccontami...

Forse è per questo che gli umani, la notte, preferiscono muoversi in branco: cessate le nobili faccende diurne, il gruppo diventa l’alibi notturno che li fa muovere, permet-tendo ad ognuno di celarsi nel folto degli altri, scambiando la paura per allegria. Ma lasciamo i branchi al loro diver-timento e torniamo al nostro uomo, che invece sta vivendo uno di quei momenti benedetti in cui proprio la solitudine viene cercata. Ne sente quasi fisicamente il biso-gno. E’ sgattaiolato via dalla stanza dove si è tenuto il Corso, appena il do-cente ha rimandato tutti alla mattina di domani. E’ quello il momento in cui i corsisti, perfetti estranei seduti accanto per così tante ore, comin-ciano a intrecciare fili di complicità fra di loro; sono tutti soli, lontani da casa e dalle solite vite e c’è una notte a separarli dalle prossime ore che trascorreranno seduti su quelle sedie a prendere appunti; è quello il momento in cui la solitudine, la di-stanza da casa, l’istinto di riprodu-zione, i bisogni e le paure recipro-camente risonanti fanno aggregare gli uni agli altri, con la proposta di una cena condivisa.Lui si è tirato fuori prima che i fili si intrecciassero e fuori è rimasto a consumare il suo cibo da solo, ac-compagnato dal fastidio del risto-ratore che ha dovuto impegnare un tavolo per un solo coperto e dagli sguardi benevolmente compassio-nevoli di alcuni commensali, che pensavano di aver capito chissà quali tristezze in quell’uomo che consumava da solo il suo sabato sera.Neanche i pensieri riescono a fargli compagnia.Come frammenti di luce, che su-bito svaniscono per fare spazio ad altri lampi, i ricordi si mescolano alle sensazioni. Ora è il figlio, or-mai grande e lontano, che gli ap-pare bambino, sporco di sabbia, in riva ad un mare caldissimo; era il tempo della sua vita trascorsa con Roberta, conosciuta all’Università e sposata di slancio; chissà dove vivrà quella donna, son più di due anni che non ne ha più notizia; ora è raggelato dalla coscienza di es-sere un anziano signore, che poco o nulla ha in comune con l’eterno ragazzo che sente vivere in sé; in anni ed anni di psicanalisi tante volte si è scontrato con il pensiero della propria morte, ma ora sa che è un pensiero che non può essere pensato, è una esperienza che ti invade brutalmente dopo essersi infiltrata negli interstizi della vita, quando ne parli stai già parlando di altro; quanto era bella e fascinosa

la collega seduta due file avanti a lui, i suoi soli capelli sapevano pro-mettere quell’incontro, da sempre cercato, con la donna amante com-pagna ed amica, Beatrice in un cor-po profumato e caldo; è orgoglioso di aver resistito a quella sirena, non gli riesce così di frequente.I pensieri si accavallano ad altri pensieri e perdono credibilità ogni istante che passa, ben presto si rive-lano come un’informe impasto di produzioni casuali della rete neu-rale, una specie di “screen saver” della mente, che ha il solo scopo di riempire lo schermo della coscien-za in attesa di nuovi inputs, capaci di riavviare il processo del pensare.Ecco la fregatura dello stare soli! Uno pensa di dare spazio al silen-zio e quindi di meglio capire, di meglio sentire, e si ritrova con la testa piena di inutili frammenti, il cuore avvolto in una malinconia vi-schiosa ed un senso di inutilità che monta a dismisura.Adesso lui sente che deve ritrovare un dialogo, deve incontrare un altro capace di avviare quel processo mi-sterioso che, nella spola continua tra i due, sa creare pensiero.Istintivamente i suoi passi si allon-tanano dal centro ed i suoi occhi si ritrovano ad osservare gli alti pro-fili degli alberghi sul mare. Solo qualche luce accesa da quelle fine-stre e tanti balconi chiusi in questa fredda serata, ma ancora abbelliti dalla promessa suadente di metterti in contatto col mare.Si immagina su uno di quei balconi a fumare una delle sigarette com-prate poco prima, con solo il mare negli occhi ed il vuoto nel cuore.Ora il mare è lì, molto vicino a lui. Lo sente dall’odore nell’aria e dal rumore sommesso che arriva da dietro le insegne dei Bagni Nettu-no. Scopre con gioia che l’acces-so alla spiaggia è libero. Supera il muretto, percorre la passerella tra i giochi per bambini che attendono i primi caldi di Giugno, supera poi

le cabine vuote a strisce bianche e azzurre, un ultimo muretto ed i pie-di sentono di poggiare sulla sabbia bagnata di una spiaggia profondis-sima.L’emozione è simile a quella pro-vata l’estate scorsa quando entrò in un chiesa isolata nella campagna rovente: appena varcata la porta, la frescura, l’odore di incenso e di cera, il silenzio spesso e antico lo accolsero in un altro mondo e, an-cora adesso, ricorda come la mano cercò istintivamente un cappello che non c’era per scoprire il capo di fronte a quella grandezza.Le luci della città si arrestano alle ultime cabine, lasciando la spiaggia immersa in una penombra che si in-fittisce fino al buio del mare, che, assorto, parla là in fondo.Pochi ombrelloni chiusi segnano la distesa di sabbia, come alberi secchi ai bordi di un deserto che fa da proscenio ad una vastità in-commensurabile, dove l’uomo ha la stessa consistenza del pulviscolo nell’aria.Lui cammina fino all’acqua e lì un’altra vertigine lo coglie, perché quel moto incessante gli porta l’e-co di un altrove irrimediabilmente distante: la vastità ora è assoluta e definitivamente incomprensibile.Si siede su un tronco sbiancato dal sale, non prima di avervi disteso sopra un fazzolettino di carta, per-ché non ha un paio di pantaloni di ricambio per domani.Le onde sorgono dal buio, bianchis-sime, quasi luminose, come sorrisi di donne africane che danzano at-torno al fuoco. Si allargano, quasi a cercarsi, e sovente si uniscono le une con le altre. Qualcuna non trova l’unione e corre da sola fino alla fine. Non ci si riesce a perdere in una singola onda: è il continuo ribollire del mare che quasi toglie il fiato per tanta magnifica inutili-tà. E’ un rinascere continuo ed un continuo infrangersi. C’è così tan-to entusiasmo vitale in quel movi-

mento incalzante, che la mente del nostro uomo si vergogna della sua ostinata ricerca di un senso e tace di fronte alla prova vivente dell’e-terno ritorno. Il mare permette, in quel dialogo silenzioso, di coglie-re con lo sguardo l’eterna vicenda del nascere e del morire: l’uomo ora è davvero solo e sente a tratti l’angoscia dell’onda che muore per poi, subito dopo, sentirsi sollevato dall’energia potente del mare infi-nito ed uno con lui.Ogni onda cerca risposte nel suo cammino, ma, inesorabilmente e rapidamente, procede verso la terra dove si infrange quella sua fragile speranza.La sabbia conserva, a pochi pas-si dalla riva, i segni tracciati dalle onde passate quando la marea era un poco più alta. Quelle onde incise nella terra, immobile testimonianza di una ricerca continua, appaiono al nostro uomo come lapidi lasciate alla memoria e tutta la spiaggia si va trasformando, ai suoi occhi, in un cimitero monumentale, un sacro memoriale alla vita che scorre ed al mare che resta.Gli viene in mente l’immagine del-la moglie di Lot, che viene trasfor-mata in statua di sale perché si vol-ta indietro dopo la fuga da Sodoma: forse quei segni sulla sabbia sono onde curiose che si voltarono titu-banti a cercare il mare, alle spalle lasciato e forse perduto. Si accende ora una sigaretta per ac-compagnare quel momento perfet-to; ad ogni boccata si sente svanire un po’ di più in quella notte umida, dove parla solo il Mondo per boc-ca del mare e dove lui risponde col cuore commosso.Nessuno vede quella lacrima inat-tesa, forse neppure lui la nota: si perde tra i solchi della sua pelle, che, come la sabbia con le onde, conserva il segno della gioia e del dolore che si sono infranti inces-santemente su quel volto.La sigaretta è finita. Soffia via l’ultimo fumo. Spegne del tutto il mozzicone sul tronco, no, nella sabbia lo spegne. Un ul-timo sguardo a quelle creste bian-che ed altere, che continuano a rincorrersi senza mai il bisogno di fermarsi un momento, loro.Poi si alza, lento, raccoglie il faz-zoletto di carta e vi avvolge con cura il mozzicone spento.Ora si sta avviando all’uscita e non si volta più indietro: di nuovo gli viene in mente l’incauta mo-glie di Lot. Comunque non ha bisogno di voltarsi per sapere che su quella sabbia compatta il suo esile peso non ha lasciato la benché minima impronta.

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insonnia 15Ottobre 2015

CinCinema

LibLibri

AMY - THE GIRL BEHIND THE NAMEdi Cecilia Siccardi

Simona Sparaco “Nessuno sa di noi”

2013, pp. 256, € 12,00Giunti Ed.

Stavolta per raccontare la storia di una cantante iconica, morta a 27 anni come Janis Joplin e Jimi Hendrix, come loro piena di talento quanto di fragilità. Il materiale raccolto comprende vi-deo girati da amici e parenti, in cui una Amy adolescente sorride alla te-lecamera, ma anche foto in cui appare devastata dall’abuso di droga e alcol. Nulla viene risparmiato. Uno dei pun-ti centrali è la turbolenta storia d’a-more, che ha ispirato Back to black, fra la cantante e Blake Fielder-Civil, l’uomo che Amy amava con tale os-sessività da provare ogni tipo di droga solo per sentire quello che sentiva lui, per poter capire e condividere con lui ogni percezione. Ma ancora più im-portante è il rapporto che Amy aveva con la musica: quasi fisico, come se la musica fosse una persona. “Sarebbe morta per lei”, dicono nel documen-

tario. Era considerata da Tony Bennet una vera cantante jazz, dello stes-so calibro di Ella Fitzgerald e Billie Holiday; non le piaceva fare concerti davanti a migliaia di persone, né es-sere una diva continuamente seguita dai paparazzi. Dopo vari tentativi di disintossicazione, proprio quando sembrava aver superato la dipenden-za dalle droghe, Amy morì nella sua casa di Londra per arresto cardiaco, con una quantità d’alcol nel sangue quattro/cinque volte superiore al mas-simo consentito per legge. Il ritratto di Amy Winehouse che emerge dal film è molto intimo. In un’atmosfera quasi di malinconica tenerezza, il film (a tratti un po’ trop-po retorico) mostra le debolezze e le fragilità di una grandissima artista, e la sua inesorabile caduta.

Leggo nel risvolto di copertina:“Nessuno sa di noi è la storia della nostra fragilità. Di un mondo che si lacera come carta velina e di un grande amore che tenta ogni gior-no di ricomporlo. Un’esperienza di dolore e rinascita raccontata da una voce così potente e umana da rima-

nere impressa per molto tempo. Un romanzo che scuote l’anima.”Luce, giornalista free lance, e Pie-tro, affermato industriale, sono in attesa della nascita del loro pri-mo figlio, un bel maschietto che si chiamerà Lorenzo, un bimbo tanto cercato. Il destino però non è dalla loro parte perché Lorenzo, a seguito dell’ecografia alla ventiquattresima settimana, risulta affetto da una gra-ve malattia per la quale i medici non assicurano la sopravvivenza dopo il parto.Pietro sa quale scelta fare, Luce in-vece non sa quale sia il modo mi-gliore per proteggere Lorenzo, darlo alla luce e assisterlo nella sua ma-lattia oppure non farlo mai nascere?Il libro scorre nel tormento di questo dilemma: la prima parte, quella in cui Luce deve fare una scelta, pesa come un mattone sul nostro cuore, la

a cura di Sara Racca

seconda parte, dove affronta le con-seguenze della scelta fatta, risulta ancora più drammatica.La strada che Luce decide di percor-rere può non trovare tutti d’accordo, poteva anche scegliere diversamen-te, tuttavia qualunque strada avesse scelto inevitabilmente avrebbe in-contrato dolore e senso di colpa. Ho amato questo romanzo e allo stesso tempo l’ho detestato perché fa capire che la speranza che puoi velocemente afferrare tra le mani, con la stessa velocità può scivolare via. Buona lettura.

Asif Kapadia, già conosciuto per Sen-na, film sulla carriera del celebre pi-lota, torna al genere documentaristico con Amy - The girl behind the name.

OMAGGIO A VINCENZOdi Mario Rossetti

Mi sono ritrovato tra le mani una fotografia di Vincen-zo Gamna, a cui la città di Carignano dedica, in questi giorni, una serata per ricordare il suo impegno civile e sociale tra cinema, tv e teatro.In questa immagine fotografica Vincenzo si manifesta pienamente per quello che è: un attento osservatore della vita munito di un cervello finissimo a cui due occhietti - spillo, che sbucano pungenti sotto l’ala del cappello, trasmettono in continuazione immagini e sensazioni.Vincenzo è da tanti anni impegnato nel campo della cultura e del sociale anche a Racconigi. Ha lavorato, con passione, con anziani e con giovani in teatro e nell’allestimento di mostre e spettacoli; ormai è uno di noi.

CHE BEL GESTO SAREBBE IL CONFERIMENTO DELLA CITTADINANZA ONORARIA!

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insonnia16

Insonnia Mensile di confronto e ironia Aut. Trib. Saluzzo n.07/09 del 08.10.2009Direttore responsabile Spessa AndreaRedazione e collaboratori Rodolfo Allasia, Umberto Allemani, Carla Burzio, Gabriele Caradonna, Giacomo Castagnotto, Giuseppe Cavaglieri, Marco Ferrara, Giancarlo Meinardi Mario Monasterolo Anna Maria Olivero, Bruna Paschetta, Guido Piovano, Dominikka Raso, Cecilia Siccardi, Anna Simonetti, Pino Tebano, Luciano Fico, Pier Paolo DelboscoSede P.zza Vittorio Emanuele II, n° 1 Contatti [email protected] Conto corrente postale n° 000003828255Stampa Tipolitografia BOSTON di Oitana Vittorio & C. s.n.c. - Racconigi Tiratura 2000 copie

Ottobre 2015

MusMusica

Fortunatamente non sono tutti così, anche a Racconigi ci sono giovani che per la loro sensi-bilità per i loro interessi ed i loro slanci vengono addirittu-ra additati dai coetanei come “strani”, a questi diciamo: re-sisti! Una frase scritta qualche settimana fa su un muro e poi riportata su Facebook recitava così “fotti il sistema: studia!” Non è fantastica?Quando invece soffermiamo l’attenzione alle fasce più vec-chie della popolazione si assi-ste ad un diffuso malcontento per tutto ciò che ci circonda. Si critica per criticare quasi come se questo fosse diventato uno sport nazionale; chi non criti-ca, chi non si lamenta, non è in linea. Si fa dell’ironia su tutto ciò che altri tentano di miglio-rare, finanche sui termini con i quali si definisce l’azione, quasi che farsi carico di una azione positiva significasse instupidire; è stato coniato un brutto termine, buonismo, adatto a rappresentare non persone giuste, valide, positi-ve ma quei cretini che passano il tempo ad ostentare i buoni sentimenti.Tutto viene dissacrato, bana-lizzato, ridicolizzato: è il risul-tato del cinismo, della rabbia della disillusione come se non

SLOW SNOW di Giuseppe Cavaglieri

Su base pro-capite, nessun al-tro paese al mondo genera più musicisti jazz di alto livello della Norvegia. Jan Garbarek è la stella polare, ma fu anche la seconda generazione, nata negli anni ‘60, a contribuire a dare notorietà globale al “jazz nordico”: Nils Petter Molvær, Bugge Wesseltoft, Geir Lysne, Eivind Aarset e il sassofonista

Tore Brunborg. Anche se molto rispettato nella scena jazz nor-vegese, fino ad oggi Brunborg è stato conosciuto a livello interna-zionale soltanto come sideman, ma quest’anno debutta con “Slow Snow”.Il fatto che, fino ad ora, non si sia esposto alle luci della ribalta, può essere dovuto al carattere mode-sto di Brunborg; è cresciuto nella tranquilla e introspettiva cittadina di Voss, 7000 abitanti sulle rive del lago di Vangsvatnet appena a nord della città di Bergen, cir-condato da montagne, boschi e cascate. Brunborg ha scoperto la sua passione per la musica, il sassofono e il jazz in giovane età. A 19 anni è entrato nel Knut Kristiansen / Per Jorgensen Quin-tet a Bergen e un anno dopo è stato accettato al Conservatorio Trondheim, già considerato la controparte europea dell’ameri-cana Berklee College of Music di Boston, e, insieme a Oslo, la fucina di talenti del jazz norvege-se. Dal 1982 in poi, Brunborg ha

suonato nei suoi progetti in trio e quartetto, ma soprattutto ha fatto da spalla a quasi tutti i più impor-tanti musicisti jazz del paese, da Arild Andersen e Jon Christensen a Jon Balke e Nils Petter Molvær, Geir Lysne’s Listening Ensemble e Tord Gustavsen, e a star interna-zionali come Billy Cobham, Pat Metheny e Manu Katché.Brunborg dimostra ancora una volta il suo valore con il suo nuo-vo “Slow Snow”, un album in cui presenta esclusivamente le sue composizioni. Brunborg ha selezionato con attenzione i suoi colleghi musicisti per questa re-gistrazione: alla batteria il 46enne Per Oddvar Johansen, cinque vol-te vincitore del “Spellemannpri-sen” (il Grammy norvegese), che ha anche dimostrato il suo talento con Trygve Seim, The Source e Solveig Slettahjell; al basso Stei-nar Raknes, uno dei giovani più talentuosi in circolazione, che ha già suonato con star statunitensi del calibro di Chick Corea, Mi-chael Brecker e Bobby McFerrin;

e ultimo, ma non meno impor-tante, Eivind Aarset, uno dei più rinomati chitarristi norve-gesi, che contribuisce a “Slow Snow” con una moltitudine di sonorità affascinanti, alcune delle quali elettroniche.

ci fosse nessuna possibili-tà di salvezza ed allora tanto vale che tutto crolli. Anche in questa parte di popolazione ci sono delle eccezioni, addi-rittura a Racconigi dove ogni entusiasmo sembra spegnersi.Noi, per esempio, vogliamo ancora credere in un futuro possibile dove si possa mirare ad obiettivi realizzabili, sani, vogliamo che i progetti siano presi in esame in modo ogget-tivo e non criticati per partito preso, vogliamo pensare che i valori positivi quando si in-contrano possono portare a traguardi belli.Non vogliamo perdere la spe-ranza. Forse solo per questo stampia-mo un giornale.Questi editoriali spesso sono riflessioni che partono da un piccolo particolare e ci ruota-no attorno per arrivare ad una conclusione che ha la pretesa di far riflettere i lettori su come gira il mondo ed ogni volta ag-giungono un piccolo tassello alla linea del nostro mensile. I contenuti di insonnia, con la scelta degli articoli che pubblichiamo, sono riassumi-bili in questi piccoli scritti su fondo nero; purtroppo qualche volta questo è proprio il colore del nostro stato d’animo.

entro dicembre 2015

2015

GIOVEDI’ 8 OTTOBRE h 20:45 via Teatro n.2 SAVIGLIANO.

Parole fra donneL’associazione Mai+Sole organizza un ciclo di incontri rivolti a tutte le donne dal titolo “Parole fra donne” con lo scopo di creare uno spazio in cui potersi conoscere e confronta-re, sapendo di trovare un ambiente sereno e libero da pregiudizi: uno spazio dove poter chiacchierare, sorridere e riflettere.

La partecipazione è gratuita. Per info: 335/17.01.008