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1 La costellazione del Cigno riflessa nella svastica della Rosa Camuna A cura di Gaetano Barbella La leggenda della Rosa Camuna L’interpretazione della Rosa Camuna è incerta e non è facile per un segno che appartiene a una cultura passata e ormai perduta, e c’è chi suggerisce che avesse un significato legato al sole, sviluppatosi poi in un simbolo dai molteplici significati esoterici. Questo simbolo è stato finanche adottato, dal 1975, come emblema della Regione Lombardia. Piace riandare col pensiero al tempo dell’antico Camuno, preso ad ammirare nel terso cielo notturno, la magica stella Deneb della costellazione del Cigno Illustrazione 1: La costellazione del Cigno riflessa nella Rosa Camuna.

La costellazione del Cigno riflessa nella svastica della

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La costellazione del Cigno riflessa nella svastica della Rosa Camuna

A cura di Gaetano Barbella

La leggenda della Rosa CamunaL’interpretazione della Rosa Camuna è incerta e non è facile per un segno cheappartiene a una cultura passata e ormai perduta, e c’è chi suggerisce cheavesse un significato legato al sole, sviluppatosi poi in un simbolo daimolteplici significati esoterici. Questo simbolo è stato finanche adottato, dal1975, come emblema della Regione Lombardia. Piace riandare col pensiero al tempo dell’antico Camuno, preso ad ammirarenel terso cielo notturno, la magica stella Deneb della costellazione del Cigno

Illustrazione 1: La costellazione del Cigno riflessanella Rosa Camuna.

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al suo zenit. Molti popoli di quel tempo veneravano questo segno. In Denebquel camuno, intravedeva un personale Sole che si specchiava nella sua animaattraverso il riflesso di un’amabile Luna in lui. Per lui era una dea da veneraree contemplare nella sua intima solitudine. La immaginò simbolicamente comeuna rosa e la disegnò sulla pietra ai suoi piedi. Per lui quel segno divenne unaltare e quando poteva vi si inginocchiava chiudendo gli occhi estasiato. Passòpoi la voce ai suoi compagni sulla sua Luna a forma di rosa e da allora molti diessi disegnarono per terra le loro personali rose dell’anima e la loro Valle, cheoggi è chiamata Valcamonica, divenne un meraviglioso giardino ripieno di rosecamune.

1 Il viaggio a Capo di Ponte vicino BresciaSono trascorsi molti anni da quando visitai, insieme ai miei quattro figli, unapiccola parte dell’immenso parco delle incisioni rupestri della Valcamonica, aCapo di Ponte, partendo da Brescia dove abitavo. Poco più di 70 km di stradache facemmo in pulman, al seguito di una comitiva culturale, in meno diun’ora circa. Quel luogo è al centro della valle degli antichi Camuni,considerata “mitica” al pari di un “santuario”, dove le genti preistoriche estoriche hanno lasciato per millenni i segni della propria religiosità. LaValcamonica può essere considerata come un libro sacro che vale come unarchivio di eccezionale valore, tanto da essere incluso nella Lista delPatrimonio Culturale Mondiale dell’Unesco che raccoglie le testimonianzefondamentali della storia dell’umanità. Quel giorno del viaggio a Capo di Ponte, resta memorabile nella mia mente,tanto che nei giorni successivi non potei fare a meno di cominciare adapprofondire la conoscenza di tutto ciò che avevo visto, essendo rimastonotevolmente suggestionato. Nel rientrare a Brescia portai con me un po’ di opuscoli e libretti comprati alMuseo Camuno di Studi Preistorici di Capo di Ponte e in seguito cercai sulposto, dove abitavo, altro materiale documentale per allargare l’orizzontedelle conoscenze sui graffiti dei Camuni. Non passò che poco tempo e già mi sorsero certe intuizioni in merito alleconcezione dell’arte rupestre della Valcamonica, producendo degli appuntiche si aggiunsero a tanti altri su cose che mi hanno incuriosito nel corso dellavita. Ma non ci fu seguito a quelle idee sui graffiti rupestri, tuttavia non le hodimenticate, proponendomi sempre di svilupparle per scrivere un saggio dapubblicare. È passato intanto il tempo, mesi e poi anni e solo da poco, nelmettere un po’ di ordine in soffitta, dove avevo conservato molte note eappunti di studi del passato, mi è capitato fra le mani lo scritto di quel viaggioa Capo di Ponte con gli appunti rimasti in sospeso. Nel rileggerli mi sonodispiaciuto di averli lasciati lì, quasi a morire, e così di buona lena ho deciso dirimediare per guadagnare il tempo perduto. Ed eccomi qui oggi a scriverequesto piccolo saggio per mostrare, almeno a me stesso, ciò che avevopensato di fare allora, dopo il viaggio con i miei ragazzi, Non l’ho detto, ma fuin occasione di un convegno della Società della “Dante Alighieri” di Brescia eBergamo presso l’Auditorium del Museo Camuno di Studi Preistorici di Capodi Ponte. Era il 30 settembre 2001.

2 La Rosa Camuna

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Comincio così ad affrontare l’argomento dei petroglifi della Valcamonicabresciana, cosa che avrei dovuto fare da quel giorno del 30 settembre 2001, ilgiorno della lettura del III e XIX canto dell’Inferno di Dante Alighieri.Che curiosa coincidenza col III canto, ovvero di un misterioso entrare «NE LACITTÀ DOLENTE»...«NE L’ETERNO DOLORE»...«TRA LA PERDUTA GENTE»!Che strano presagio, cui solo ora sono portato ad esaminare e che sembraaderire al paesaggio della Valcamonica con i numerosissimi segni scalfiti nellaroccia: forse che siano i segni di anime lasciate lì a soffrire in eterno? Ma forseoggi può essere anche “il loro giorno” della redenzione, poiché una stellaarriva in loro soccorso, giusto la stella della loro origine, chissà. Il titolo diquesto scritto infatti lo annuncerebbe: «La costellazione del Cigno riflessanella svastica della Rosa Camuna».

Ma diamo corso alla presentazione di queste presunte “anime” in attesa damillenni della loro “stella”, con un’immagine, forse la più famosa fra le tantestampate per terra a Foppe di Nadro (Ceto) vicino Capo di Ponte, con l’illustr.2! Questa foto mostra un insieme figurativo simbolico in cui compare unsimbolo in forma di quadrifoglio, che è chiamato localmente “Rosa Camuna”(un nome attribuito per la sua forma). Più sotto è raffigurato un guerrierocon doga e scudo, e lo distingue da altri della stessa area, molto ampia, deigraffiti rupestri della Valcamonica, la configurazione della testa con un cascoraggiato. Notare che i nomi attribuiti alle figure dell’illustr. 2 sono stati datiin sede del Centro Camuno di Studi Preistorici di Capo di Ponte, così comeespresso nella didascalia dell’illustr. 2.

Illustrazione 2: Insieme figurativo simbolico della fase diinfluenza etrusca. Due personaggi armati (uno centrale e

l’altro in alto a sinistra), forse danzanti, con casco raggiato,doga e scudo e un simbolo su di lui (la “rosa camuna”); sullato destro un animale. Foppe di Nadro (Ceto), roccia 24,

media età del Ferro (catalogo Museo di Capo di Ponte).

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Altre raffigurazioni di uomini, che prevalgono di gran lunga in numero, nonvengono rappresentati così, in veste chiaramente da sembrare guerrieri, pergiunta in postura danzante. Di loro se ne parlerà in seguito, mentre ora ci sioccuperà della “Rosa Camuna”.La Rosa Camuna è una delle più famose incisioni rupestri della Val Camonica;risale alla civiltà dei Camuni, la popolazione che visse nella valle durante l'etàdel Ferro. È composta da una linea che si sviluppa a mo' di girandola o croceansata a quattro bracci, intercalata da 9 pallini o coppelle allineatiortogonalmente.Questo simbolo è stato ritrovato 92 volte tra le 300.000 incisioni rupestri dellaValcamonica (come già detto all’inizio, primo sito italiano tutelatodall'UNESCO, dal 1979, come patrimonio dell'umanità); è stata raffigurataprincipalmente in tre modi differenti, anche perché ha avuto una evoluzionenel tempo.La Rosa Camuna è spesso associata a guerrieri che sembrano danzare attornoa essa e a difenderla dall'aggressione di nemici armati ma il suo significato ètuttora fonte di dibattito tra gli studiosi. Simboli analoghi sono stati ritrovatiin Mesopotamia e hanno portato gli studiosi a pensare che tale simbolo siastato diffuso da questa terra, attraverso il contatto tra popolazioni, fino adarrivare in Valle Camonica. Ritrovamenti di simili figure incise sono avvenutianche in Portogallo, Svezia e Gran Bretagna (famosa in particolare la SwastikaStone di Ilkley Moore nello Yorkshire, Inghilterra1) e fanno pensare a unsimbolo usato dai guerrieri preistorici.In Val Camonica questo motivo risale all'età delFerro, in particolare dal VII al I secolo a.C.

Illustrazione 3:Distribuzione delle rocceistoriate in Valcamonica

(Bs).

Illustrazione 4: Una Rosa Camuna asvastica sulla roccia 57 di Vite,

Paspardo.

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C'è una sola figura di Rosa Camuna che può essere datata dubitativamentealla fine dell'età del Bronzo, cioè all'inizio del I millennio a.C. Le figure di RosaCamuna sono situate per la maggior parte lungo la Media Valle Camonica(Capo di Ponte, Foppe di Nadro, Sellero, Ceto e Paspardo); se ne trovanoanche nella Bassa Valle (Darfo Boario Terme, Esine) (illutr. 4).

Il motivo della rosa camuna è stato studiato a fondo da Paola Farina2, che hacompilato un corpus di tutte le figure conosciute in Val Camonica: sono statecontate nel suo studio 84 “rose” ‒ 92 con le scoperte successive ‒ incise su 27rocce, classificabili in tre tipi principali:

a svastica: 9 punti, di cui uno centrale, si distribuiscono alternativamentedentro e fuori i quattro bracci della “rosa”, piegati a 90°; ci sono 16 “rose” diquesto tipo (illustr. 3);

a svastica asimmetrica: i 9 punti sono disposti come nel tipo precedente, mail contorno è differente, in quanto solo due bracci sono piegati a 90°, mentregli altri due sono uniti; si contano 12 “rose” di questo tipo;

quadrilobata: i 9 punti sono allineati in 3 colonne e 3 righe; il contorno sisviluppa in quattro bracci ortogonali e simmetrici, ognuno dei quali include unpunto; è il tipo più diffuso ‒ è quello scelto dalla Regione Lombardia come suosimbolo ‒, se ne contano 56 esemplari (illustr. 2).

Per quanto riguarda l'interpretazione, che non è facileper un segno che appartiene a una cultura passata eormai perduta, si suggerisce che la “Rosa Camuna”avesse in origine un significato legato al sole,sviluppatosi poi in un simbolo più ampio diportafortuna3. Ma se parlerà più particolarmente inseguito potendo far capo a mie intuizioni comeperaltro si evince dal titolo di questo scritto, cioè: “Lacostellazione del Cigno riflessa nella svastica dellaRosa Camuna”.

La stilizzazione della Rosa Camuna, dal 1975 èdiventata il simbolo della Regione Lombardia che è depositaria del marchio ene regola l'utilizzo (illustr. 5).

2.3 Gli accostamenti della Rosa Camuna

Importanti conferme della plausibilità dell’ipotesi che la Rosa Camuna fosseun simbolo “spirituale” legato al passaggio da questa all’altra forma diesistenza, risultano evidenti quando si osservano le più frequenti associazionidella rosa con altre icone: nella stragrande maggioranza si tratta diantropomorfi armati o duellanti e, più sporadicamente, di palette, figurezoomorfe (cane, uccello acquatico) e la lettera Z “ad alberello” dell’alfabetonord etrusco o camuno.Le figure armate meritano una riflessione. Nell’età del Ferro (ca. I° millennioa.C.), quando si ebbe la massima incidenza di rose camune in Val Camonica enel resto del continente europeo, il possesso di un’arma “moderna” rendeval’uomo simile a un semidio o quantomeno a un “uomo di potere”, capace didifendere, prendere o togliere la vita per mezzo di quello strumento di

Illustr. 5: La RosaCamuna simbolo dellaRegione Lombardia.

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straordinaria fattura ed efficacia. All’uomo così dotato doveva essere conferitoun alone eroico decisamente superiore a quello che noi affibbiamo ai militidelle guerre moderne.L’uomo armato, immortalato in una effigie rupestre che lo ritraeva nella suapostura di guerriero o duellante, era con tutta probabilità considerato allastessa stregua di un eroe mitico, degno di entrare con tutti i carismi nel regnodell’aldilà. Il trapasso di un tale combattente doveva essere in qualche modoinsignito di uno “status” speciale, il che spiegherebbe le associazioni dellarosa – nell’alta valenza simbolica da me considerata – con alcuni combattenti,particolarmente selezionati, raffigurati nel momento del grande passaggio.A sostegno di questa ipotesi segnaliamo il fatto che i “guerrieri” accanto a unarosa appaiono spesso ritratti in posizioni particolari, quasi fossero danzatori.Questo richiama alla mente l’atto finale della vita sulla Terra, chel’antropologo Carlos Castaneda definiva “l’ultima danza del guerriero”,metafora indicante l’impeccabilità o l’eroismo di guerrieri di una societàprimitiva (gli Yaqui del Messico) nel loro ultimo atto prima di lasciare questolato della realtà. Se l’ultima danza o la caduta finale di un armato dell’età delFerro costituiva la scena culminante di un’esistenza mitico-eroica sulla Terra,ci sembra sin troppo ovvio che dovesse essere relazionata a un simbolo nobilee trascendentale… come la Rosa Camuna.E che cos’altro, oltre alla nostra rosa, poteva degnamente accompagnarel’eroe nel suo viaggio da questo mondo a quello oltre la soglia? Fisicamenteuna paletta che raccogliesse le sue ceneri (talvolta effigiata sulle nostre roccenel mezzo di uomini armati e rose camune); metaforicamente un cane(tradizionale guardiano del regno dei morti) o un uccello acquatico (cosiddettopsicopompo, guida e conducente dell’anima di un defunto); e, Zeus ne siatestimone, la lettera Z, che ai tempi degli antichi camuni rappresentava ladivinità e, considerata quale simbolo archetipo, aveva funzione eternizzante4.

3 I guerrieri danzanti con casco raggiato, daga e scudo

Non sono numerose le figurazioni riscontrate nel comprensorio dei petroglifidella Valcamonica, di guerrieri danzanti con casco raggiato, daga e scudo,dell’illustr. 2, oltre a questa mostrata dall’illustr. 6. Fatto è che, invece

Illustrazione 6: Petroglifi della Valcamonica.Guerrieri danzanti con casco raggiato, daga e

scudo.

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raffigurazioni di uomini senza i particolarismi dei suddetti presunti guerrieri,compaiono in abbondanza nelle raffigurazioni della Valcamonica, spesso comecontadini che arano i campi con buoi. E se alla Rosa Camuna, esaminata inprecedenza, si attribuisce ‒ mettiamo ‒ la valenza di un ipotetico simbolicoastro metafisico, di una certa memoria di coloro che l’hanno disegnata inabbondanza nella mappa dei petroglifi della Valcamonica e di altre limitrofe, ipersonaggi con casco raggiato in questione, potrebbero trovare spiegazione,per esempio, risalendo agli antichi miti greci, di omerica memoria. I mitiantichi, sono pieni di storie di dèi che scendono sulla terra per accoppiarsi congli umani. In molte fonti, compresa la mitologia nordica, la mitologia Greca,riscontriamo la storia di questi figli di dèi, o dèi veri e propri che dall'Olimposcendono sulla terra e restano attratte dalle donne umane. Ecco che da questeunioni nascono personaggi dalle doti eccezionali che si distinguono dal noverodella razza comune umana e che vengono considerati eroi e semidei,concezione già esaminata nel capitolo precedente. Il passo è breve perintravedere nei presunti guerrieri con casco raggiato in discussione, lontanieredi di una razza speciale di esseri umani che si tramandavano da padre infiglio il potere interiore di una regalità derivante dalla lontana eroica razzaguerriera, lontani del loro passato remoto. E il casco raggiato potevaconsiderarsi una sorta di corona regale cui tutti si inchinavano al tempo deicamuni disegnati sulle rocce della Valcamonica. Resta di loro, probabilmente,il segno del loro potere terreno impresso sulle cosiddette statue-menhirpresenti al loro posto qua è là nella Valcamonica, delle quali ne mostro unamolto interessante con l’illustr. 7, con accanto, l’illustr. 8, la stessa oggetto distudio secondo la descrizione che segue. Si tratta di appunti del prof. Cupitòdell’Università degli Studi di Padova5.

< Il masso «Bagnolo 2», in Valcamonica, ‒ spiegail prof. Cupitò servendosi dell’illustr. 8 ‒ rappresenta in questo senso una

Illustr. 7. Statua-menhirbagnolo 2 (Malegno).

Illustr. 8: statua-menhir Bagnolo 2 (Malegno).Schema per la descrizione interpretativa.

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buona palestra; [...] in questo caso [...] vi sono elementi maschili e femminili efigure umane e animali; la eventuale presenza di più fasi di incisione non è inogni caso perspicua; la parte centrale del masso è occupata dall’insieme deglielementi maschili e femminili di rango; si riconoscono due asce ‒ una conlama in rame, l’altra forse è un’ascia-martello in pietra ‒, due pugnali tipoRemedello, lo scialle pettorale e un pendaglio a doppia spirale;l’antropomorfizzazione ‒ soprattutto del coté maschile ‒ è evidente sia per laposizione in cui sono raffigurate le armi, sia perché il disco solare raggiatocollocato nella parte superiore del masso rappresenta anche il capo/volto delpersonaggio; gli elementi femminili sono quasi «inglobati» dagli elementimaschili, ma, di fatto, contribuiscono a definire il torace e le spalle della figuraumana, che viene quindi a configurarsi come un concentrato inscindibile dielementi maschili+femminili, disarticolati ma, nel contempo,antropomorfizzanti; a destra e sinistra di questo nucleo centrale si dispongonoalcune figure di animali, sia domestici, sia, verosimilmente selvatici; nellaparte inferiore del masso, in una posizione di assoluto rilievo, una scena diaratura; l’aratore, maschio, regge la stegola di un aratro a chiodo trainato dadue buoi dalle grandi corna lunate. Un tentativo di interpretazione del sistema figurativo non può non partire dalnucleo centrale, nel quale si può riconoscere l’allusione alla posizioneemergente e al rango/ruolo del capo guerriero e della sua consorte ‒ la coppiadominante, quindi ‒; il potere della coppia si concretizza nel possesso dellaarmi ‒ che significa contemporaneamente anche gestione delle attivitàbelliche, e possesso del metallo – e di ornamenti di pregio ‒ anch’essi in partein metallo ‒, e si manifesta nella loro ostentazione; la coppia dominantedenota tuttavia anche un ruolo e una funzione che vanno al di là della sferamateriale: essa infatti viene a identificarsi con il sole, di cui, evidentemente, èl’elemento mediatore. Gli animali e la scena di aratura sembrano quindi completamente avulsi daquesta logica iconografica; e, anche in considerazione della loro possibilepertinenza a una fase di incisione posteriore, potrebbero rappresentare«semplici» aggiunte, il cui significato sfugge; però, indipendentemente dalfatto che si tratti di una figurazione coerente sul piano cronologico o di un palinsesto, gli animali domestici e selvatici e la scena di aratura alludono inmaniera trasparente a quelle che sono le basi economiche fondamentali deiceti dominanti ‒ cioè la terra e il bestiame ‒ e, forse, a quello che sono le«sfere» su cui si proietta il potere del capo guerriero, o meglio della coppia, inquanto garante della continuità del lignaggio. L’esplicita identificazione delcapo guerriero ‒ e, di fatto, della stessa coppia ‒ con il sole può avere due interpretazioni, che, tuttavia, non si escludono a vicenda; cioè: a) il capo guerriero ‒ e la sua famiglia ‒ sono proiettati nella sferaoltremondana degli antenati; b) i lignaggi dominanti si sono elevati a garanti e mediatori del rapporto trasfera numinosa celeste e sfera terrena.

I capi guerrieri ‒ e i lignaggi dominanti ‒ sono quindi anche depositari diquello straordinario strumento di autolegittimazione del potere economico edel controllo sociale che è il potere religioso. Una religione che, peraltro, conuna trasformazione drastica rispetto alle fasi neolitiche, non è più quella

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terrena ‒ e anzi infera! ‒ della fertilità della terra, ma quella celeste del sole.>.

Come già accennato, potremmo associare la statue-menhir appena mostrata,agli stemmi araldici, quali noti segni del blasone. Essi sono detti anche armi oscudi, in greco άσπις, àspis, donde il sinonimo aspilogia.

L’illustr. 10 mostra la pagina della Hyghalmen Roll, uno dei più ricchistemmari rinascimentali tedeschi6. Non manca la presenza del gran sacerdote,com’è sempre stato fino ad oggi, per esempio nel mondo del Cristianesimo,con i Papi. Nel caso dei petroglifi della Valcamonica è presente la figurazionedi un presunto sacerdote che al suo tempo poteva considerarsi una sorta disciamano7, nell’illustr. 9 è mostrato uno di essi.

Al posto del casco raggiato ne vediamo unaltro con dei raggi rivolto verso l’alto eche corre anziché danzare, come a farpensare ad un suo attributo, la velocitànel pensiero, naturalmente rivolta allaspiritualità. Anche per questopersonaggio credo di attribuirgli ilrispettivo segno araldico tramite unaparticolare statua-menhir, il cui significatoè stato molto dibattuto tra gli esperti diarcheoastronomia. Si tratta della statua-menhir di Osimo,denominata Ossimo-4, che è statascoperta nell'Anvòia a ovest di Asinina(illustr. 11). La stele “capostipite” del sitosi domandano gli esperti? Monolitotrapezoidale piatto, alto 1 metro,appuntito artificialmente alla base, conalmeno tre fasi di figurazioni incise. Lacomposizione della fase 1 comprende duedischi a croce interna, il fascio capovoltodi linee a U, il pendaglio “a occhiale”, e

Illustrazione 10

Illustrazione 11: Statua-menhirOssimo 4. Rivenuta nel 1988 in unsito con resti di focolare a livello dicalpestio. Età calcolititica, periodo

III a.

Illustrazione 9: Valcamonica.Sacerdote che corre, Naquane di Capo

di Ponte – Roccia 35.

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forse una prima coppia di "pettini" ai lati. Nella fase 2, dopo un temporaneoespianto, furono incisi la “faccia a T” (il motivo semilunato in alto, stilizzazionedella faccia umana) e ai lati i cerchi concentrici e le due stelline; fu inoltrerifatto il fascio a U, o “collare”. L'ultima fase vide l'aggiunta del “pettorale” atriangoli contrapposti, peraltro indecifrabile8. In ambito camuno-valtellinese, l’unico caso nel quale i monumenti istoriatisono stati rinvenuti ancora in situ nel loro contesto originario è quello diAsinino-Anvoia, in Valtellina. Il sito rappresenta quindi un importante modellodi riferimento per tentare di comprendere le caratteristiche dei centricerimoniali di cui le stele e i massi incisi costituivano gli elementi chiave e, intermini dinamici, i complessi rituali che stavano alla base della lorofrequentazione e che coinvolgevano attivamente anche gli stessi monumenti. Il centro cerimoniale si localizza alla sommità di una cresta di interfluvio,modellata dal ghiacciaio Wurmiano. Si staglia in direzione E-O ‒ posizioneimportantissima per il controllo delle direttrici endovallive. Paesaggio moltobello forse anche questo ha avuto peso nella scelta del posto! Gli scavi, iniziati nel 1988, hanno consentito di indagare in manierasistematica ‒ e con un approccio stratigrafico estremamente attento ‒ diversipunti del pianoro; le evidenze principali sono state messe in luce nel settorecentrale9.

4 Il parco di Naquane a Capo di Ponte

4.1 La mappa della vita e lo svilupparsi della memoria

Siamo giunti ora al punto in cui, nella mappa di Bendolina dell’illustr. 12 ècome se vedessimo una primordiale mappa della vita cromosomica umana, daparagonarsi a quella mostrata di seguito con l’illustr. 13Nella mappa di Bedolina i tanti quadrati punteggiati possono raffigurare unacerta sequenza del Dna in cui i puntini rappresentano “basi chimiche” che nelDna umano sono circa tre miliardi.

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Di qui l’idea di un continuo “moltiplicarsi” nel tempo di una razza umana cheebbe inizio qui in Valcamonica della provincia di Brescia. In altro modo puòessere interpretata la mappa in esame facendo capo ad un alveare di api in cuila proliferazione è affidata, come si sa, all’ape regina, e per Bedolina essa la sipuò intravedere nel segno che ho evidenziato in verde, in alto a sinistradell’illustr. 12. L’ape regina è naturalmente la nostra Rosa Camuna che sitrova collocata sulla mappa nelle immediate adiacenze ‒ mettiamo ‒dell’abitazione dello sciamano della tribù di Bedolina. O forse, piùprobabilmente, è l’abitazione del capo dei guerrieri, ad esempio quellodell’illustr. 2 con casco raggiato. Gli sciamani, preferiscono un luogoappartato, lontano dal resto dei loro simili, e di solito questo luogo è unagrotta. In stretta relazione della mappa di Bedolina con l’ipotesi di unaprimordiale mappa della vita cromosomica umana, supposto in precedenza,affascina l’idea che si tratta dell’abbozzo del cervello umano. Lo suggerirebbe,secondo me, la simbologia del casco raggiato dei supposti guerrieridell’illustr.ni 2 e 6, interpretati come segno di regalità. Ma è vero pure che ilcervello ha per davvero lo stesso significato che trova poi nel cuore la sua verasede interiore.

La scienza è d’accordo nel credere che la testa dell’uomo, come di qualsiasivivente, nel cominciare a prefigurarsi alla vita terrena, segue un certoitinerario genetico, in netto anticipo sul resto, pur esse in formazione secondogli schemi cromosomici. «I geni che formano la testa cominciano a funzionarequando ancora l’embrione che diventerà “non sa” dove andrà la testa e dove ipiedi. In questa fase, la porzione dell’embrione che diventerà la testa èsmisuratamente grande rispetto al resto, come se la natura si sia volutaconcentrare sulla parte più nobile di un individuo, lasciando perderetemporaneamente il resto».

Illustrazione 12: Mappa di Bedolina (Capo di Ponte). Grandefigurazione topografica lunga circa 5 metri.

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Sono parole di un illustrescienziato contemporaneo dellabiologia molecolare, EdoardoBoncinelli (vedi note sull’illustr.13) che ha compiuto accuratericerche sui geni architettipreposti allo sviluppo delcervello, la cui formazione èregolata in maniera indipendenteda quella di tutto il resto delcorpo. Non solo, aggiunge il prof.Boncinelli, quei geni architetti«probabilmente rappresentanola nostra parte più anticarimasta sostanzialmenteinalterata da quando comparverosulla terra i primi animali dotatidi testa, cioè subito dopo lemeduse nella scala evolutiva». Laconclusione a riguardo, diBoncinelli, è che «la bellezza diquesta ricerca è proprionell’aver mostrato che ilprogetto fondamentale del corpoumano è stato deciso centinaiadi milioni di anni fa e che tutti glianimali oggi esistenti, uomocompreso, non rappresentanoche delle variazioni al tema».

«Un bambino inizia a svilupparsi con l’attivazione di questi geni “preistorici”,quindi, è come se in pochi giorni ripercorresse l’intera storia evolutiva».

Ma c’è di più da ipotizzare sul conto della mappa in questione, perché peressa si associa anche ad un altro teorema della vita atto a concepire nell’uomodi quell’epoca preistorica il formarsi della memoria. I tanti “quadrati” diNaquane (o di Bedolina) potrebbero essere interpretati come una struttura dimemoria analoga a quella dei calcolatori. L’illustr. 14 mostra una superatastruttura di una memoria a nuclei magnetici (a sinistra) e schema di un pianodi memoria (a destra), di facile comprensione. Per il calcolatore ipotetico cui èriferita la discussione, si è assunta una memoria semplificata, a 10 piani (tantiquanti sono i bit per parola) e 64 bit per piano. Il secondo schema mette inevidenza, per ogni piano, la posizione dei nuclei, i fili di attivazione e ilcosiddetto filo di senso o di lettura10.

Illustrazione 13: La mappa della vita.

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3.2 Il magnetismo potrebbe spiegare l’irraggiamento delle teste deiguerrieri e del sacerdote dei Camuni

È possibile una versione diversa, forse più plausibile, daquella fornita dal prof. Cupitò dell’Università di Padova,che ha spiegato i grafemi della statua-menhir di Bagnolo10 delle illustr. 7 e 8 del capitolo 3, in particolare quandodice: «in questo caso [...] vi sono elementi maschili efemminili» e successivamente, «lo scialle pettorale e unpendaglio a doppia spirale» (illustr. 15). Vi sono due fattiche sembrano portare questa concezione in un’altradirezione: uno è quello dell’analogo doppio grafema, ilpresunto «pettorale-pendaglio a doppia spirale», e l’altroè la necessità di dare una spiegazione all’irraggiamentodel sacerdote, che io considero alla strega di sciamano, edei guerrieri con casco raggiato, appunto (illustr. 16).

Secondo me si tratta di un modo di esprimereun presunto potere magnetico posseduto daqueste persone che si distinguevano, a ragionedi ciò, dal resto delle persone delle popolazionicamune. È grazie a questo potere che essipotevano esercitare il loro dominio che poi, diconseguenza, i rispettivi sudditi mantenevanosaldamento con il potere delle armi presenticon pugnali e asce sulle statue-menhir. Di qui ilpasso è breve per legare queste concezioni con

quel pettorale e pendaglio a doppia spirale presente in gran parte delle statue-menhir della Valcamonica e Valtellina.Resta da spiegare il grafema del «pendaglio a doppia spirale» che può averequesta versione:

Illustrazione 14: Struttura di memoria a nucleimagnetici (a sinistra) e schema di un piano di

memoria (a destra).

Illustrazione 15:Statua-menhir Bagnolo

10. Partic.

Illustrazione 16: sacerdote eguerriero con casco

raggiato.

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Il segno cui si riferisce può essere riferibile alle narici di un simbolico naso,cosa che può far riferimento al potere del senso dell’olfatto invi riposto. < Il quinto ed ultimo senso l’olfatto, lo possiamo definire il più antico deisensi, in tempi primitivi quando ancora non esisteva la tecnologia, l’uomoaveva bisogno di una guida sensoriale e l’olfatto essendo legato alla nostraparte primordiale, ha permesso all’uomo di quelle epoche la sopravvivenza.Gli odori che sentiamo, restano impressi nella memoria olfattiva, come quandosentiamo un profumo, che ci riporta al momento vissuto in particolaricircostanze. Immanuel Kant grande filosofo tedesco definiva l’olfatto“contrario alla libertà” perché respirando siamo costretti a percepire conl’olfatto ogni genere di odore.Il senso dell’olfatto è l’unico le cui informazioni arrivano direttamente allacorteccia celebrale, che esercita la funzione da filtro. Fra gli organi di sensol’olfatto, che ha sede nella cavità nasale, è il più antico e il più legato allenostre origini animali è dunque legato all’intuito, la capacità di scegliere. Pergli animali a noi simili l’olfatto è vitale, essendo usato per trovare cibo,sfuggire ai predatori, scegliere un partner. E’ attraverso l’odorato chesentiamo il profumo della pelle degli altri, e ci sentiamo attratti o respingiamo.Il naso è anche un simbolo sessuale: la sua forma allungata e prominente hafatto sì che Sigmund Freud, padre della psicoanalisi, lo collocasse fra iprincipali simboli fallici. Attraverso il naso respiriamo l’aria che ci collega contutti gli esseri, l’aria entra nel naso portando con sé un’infinità di messaggi; diuna persona che ha l’olfatto molto sviluppato si dice che ha fiuto. Il fiutointeriore svela simpatia e antipatia, orienta i desideri e le parole, guida ilcammino della vita. Lo possiamo definire il più sensibile, in quanto puòpercepire gli odori anche di altri piani, infatti si dice che i Santi sono in “odore” di santità per il profumo che emanano e chi ha un olfattospiritualizzato sente profumi a volte sconosciuti. >11

A questo punto volendo immaginare con degli esempi, come si manifesta ilmagnetismo nello sciamano, ma anche in modo ridotto quello dei guerrieri ‒mettiamo ‒ della tribù di Bedolina, del quale si è parlato in precedenza, si hamodo di spiegare un peculiare significato simbolico della statua-menhirdell’illustr. 11, che ho attribuita a lui o a chi come lui di altri siti dellaValcamonica. Si tratta del discusso «pettorale» molto nutrito di linee parallele, quasi aidentificare una calamita a forma di cavallo che, in modo ridotto di lineeparallele, è presente in altre statue-menhir.Le linee in questione possono essere le linee di flusso magnetiche, appunto.Come paragone serve molto esaminare un papiro egizio attribuito allo scribaAni dell’antico Egitto12, in cui è raffigurato il dio Osiride in tronorappresentato come un ideale magnete (illustr. 17). Nell'insieme ogni cosa èinformata al suo orientamento. In alto all'esterno i 12 serpenti (i mesidell'anno) rappresenterebbero le linee di forza magnetiche come quelle dellaTerra concepita come una geodinamo (e come quelle del pettorale dellosciamano-sacerdote.

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Più da vicino le linee di forza del dio Osiride sono disposte in modo da esseretutte informate ad un solo senso direzionale come è mostrato con l’illustr. 16.Accanto al papiro di Osiride si vede la rappresentazione didattica di magnetielementari in un asta di ferro raffigurati come aghi di bussola. A destra è ilcaso di un asta amagnetica; a destra l'asta è magnetica come il corpo diOsiride o dello stregone della tribù di Bedolina13.

5 La costellazione del Cigno riflessa nella Rosa Camuna5.1 Sul terrazzo nelle sere d’estate.

A cominciare dai mesi estivi, in particolare da luglio, verso sera mi piacegodermi, dopo la cena, le belle serate sul terrazzo di casa. Mi siedo sullasdraio e sono subito attratto dal brillare particolare di tre stelle che, verso le21, 22, si notano molto bene in alto e che ho imparato a conoscerle. È il nototriangolo estivo, un asterismo che, nell'emisfero boreale, appaiono appenadopo il tramonto da giugno ai primi giorni di gennaio. Una di quelle stelle,puntando gli occhi quasi sulla verticale, ossia nel punto del cosiddetto zenitastronomico, è Deneb, l’astro più luminoso della costellazione del Cigno. Lamia abitazione, seppure posta in relativa periferia della città, che è Brescia,risente della foschia presente nell’aria e in più disturba la luce diffusa dalleilluminazioni delle strade, tanto da non permettermi di ammirare lacostellazione del Cigno, anche con un binocolo. Ma mi basta la visione diDeneb e le altre due, Altair della costellazione dell'Aquila e Vega nellacostellazione della Lira, più brillati della prima.Come già appena accennato, Deneb, in virtù della sua declinazioneastronomica (termine che corrisponde alla latitudine terrestre) è+45°16′49,22″ e questo valore si accosta alla latitudine di Brescia che è45°32’23,23”. Come si vede i due valori non si discostano molto, per dire che

Illustr. 17: Partic. del papiro di Ani

Illustrazione 18: Rappresentazionedidattica di magneti elementari in unasta di ferro raffigurati come aghi di

bussola.

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alla giusta ora siderale Deneb è quasi allo zenit qui sul terrazzo di casa mia equesta condizione vale, all’incirca, anche per Capo di Ponte, il luogo delleincisioni rupestri in discussione, posta più a Nord alla latitudine di46°01’54,84”.Ecco a lungo andare, fra le tante meditazioni fatte continuamente su quellasdraio, come sotto la guardia ferrea della magnetica Deneb, mi si è fattastrada la convinzione che questa stella non sia estranea alla storia, quasimitica della civiltà dei Camuni. È un suo messaggio inviatomi più di 1400 aanni luce di un tempo passato? O forse di più fino a 3200 anni luce, lamassima distanza ad essa attribuita, poiché non è stata ancora possibilemisurarla per la poca luminosità: dunque quasi nel tempo del sorgere dellaRosa Camuna. Deneb è in ogni caso fra le stelle di prima magnitudine quellapiù distante dal Sole. Il suo nome deriva dall'espressione araba Dhaneb, chesignifica coda.

Che riflessione fare con la meditazione sulla stella Deneb? Io penso che capitaquasi sempre così con le grandi scoperte, un fatto quasi banale di “passaggio”per far nascere idee rivoluzionarie, come quella della storiella sul grandegenio inglese del Seicento Sir Isaac Newton. Egli, mentre sonnecchiava sottoun albero di mele, venne svegliato dall’improvviso colpo di un frutto maturosulla sua testa. Lo scienziato s’interrogò su quale sia la forza che aveva fattocadere la mela e, dopo un po’, arrivò a formulare la sua famosa legge diattrazione universale.

5.2 La costellazione del Cigno riflessa nella Rosa Camuna

Zenit e Nadir sono anche chiamati poli dell'orizzonte e consideriamo che sial’ora di una certa “resurrezione dai morti”, un antico passato della civiltà deiCamuni, in sede di un certo Nadir che emerge mio tramite per ricongiungersicol suo gemello Zenit, la costellazione del Cigno. Come concepire questa unione, se non con la Rosa Camuna, una delle trenta eforse più disseminate nella Valcamonica, ma anche altre simili in altri luoghieuropei e asiatici? Sulla scorta delle ipotesi legate al segno della Rosa Camuna, notevolmentediffusa nel comprensorio della Valcamonica, nulla ci vieta di immaginare che ilprimo artista-scultore dei graffiti rupestri in questione, nel tracciare la primaRosa Camuna sulla roccia, riusciva a immaginare le stelle del Cigno dellapresunta origine. Cioè che si trattasse anche di una sorta di sciamano capacedi fare viaggi dell’anima verso la sua origine. Probabilmente lo stessosciamano della tribù del parco di Naquane dell’illustr. 13 o altri simili a lui.Questo in premessa, ma affascina l’idea di concepire una teoria in merito, cioèche ci possa essere la stella in questione – mettiamo – attraverso uno deipuntini segnati sul giusto segno della Rosa Camuna da scegliere fra il riccorepertorio in merito. E la scelta non può che cadere sul segno della RosaCamuna a svastica impresso sulla roccia 57 di Vite, Paspardo, la cui foto èquella dell’illustr. 3, la stessa mostrata dall’illustr. 20.

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Ma è interessante il fatto chequesta stessa Rosa Camuna sitrova come replicata inInghilterra, a Ilkley Moorenello Yorkshire. Qui è nota colnome di Swastika Stone [vedinota 1].

E pensare che la stella Denebdel Cigno è stata associata, dalricercatore Andrew Collins, alletre piramidi di Giza, i cui verticicorrisponderebbero alle stelleε, γ e δ Cygni. Questacoincidenza, di conseguenza,

accomunerebbe la civiltà camuna legata ai Celti a quella egizia, un fattodavvero interessante (illustr. 19).

Comunque ritornando alla Rosa Camuna, l’idea di intravedervi lo schema dellacostellazione del Cigno sembra calzante, perché ce lo fa supporre il fatto che ilsuo autore ha posto in evidenza la disposizione dei pallini che qui formano unachiara croce. Questa cosa lo ha indotto poi ad adattare in modo artificioso icontorni del segno della Rosa Camuna. Di qui l’idea che a questi pallinipossono corrispondere le stelle di una certa costellazione presente in cielo, darintracciare presumibilmente ‒ mettiamo ‒ sulla linea zenitale del meridianoceleste. E facendo capo a Capo di Ponte sappiamo che il meridiano zenitale èintorno ai 45°, riferito al Nord naturalmente. Si capisce che non si tratta diuna condizione riferibile al passato, quando fu disegnata sulla roccia dellaValcamonica la prima Rosa Camuna, ma solo in relazione alla mia meditazioneesposta nel capitolo precedente (analoga al fatto della “mela” di Newton), aguisa di un messaggio casuale, apparentemente slegato ai fatti in esame ‒chiamiamolo intuizione. A questo punto non è stato difficile costatare che la

Illustrazione 20: A sinistra: Rosa Camuna a svasticasulla roccia 57 di Vite, Paspardo; a destra:

Costellazione del Cigno riflessa nella Rosa camuna.

Illustrazione 19: Correlazione delle piramididi Giza con la cosstellazione del Cigno.

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costellazione boreale che meglio di tante altre si adatta alla ricercata crocestellare della Rosa Camuna, è quella del Cigno, nota come la Croce del Nord,in contrapposizione della Croce del Sud, come si vede nell’illustr. 17.

6 La via polare dei cigni“Si vede che io, in fatto di divinazione, vi sembro molto meno dei cigni, i quali,quando sentono che devono morire, pur cantando anche prima, in quelmomento tuttavia cantano i loro canti più lunghi e più belli, pieni di gioia,perché stanno per andarsene presso quel dio del quale sono ministri(Apollon). Invece gli uomini, per la paura che hanno della morte, diconomenzogne perfino sui cigni, e sostengono che essi, cantando il loro canto dimorte, cantano per dolore. E non riflettono sul fatto che nessun altro uccellocanta quando abbia fame e freddo e lo affligga qualche altro dolore, nemmenolo stesso usignolo né la rondine né l’upupa, i quali si dice che cantino persfogare il loro dolore. Ma a me pare che né questi uccelli, né i cigni cantinoper sfogare il loro dolore. Anzi, credo che i cigni, poiché sono sacri ad Apollo,sono indovini; e avendo la visione dei beni dell’Ade, nel giorno della loromorte cantano e si rallegrano più che nel tempo passato. Ora, anch’io miritengo compagno dei cigni nel loro servizio, e sacro al medesimo dio, eritengo di aver avuto dal dio il dono della divinazione non meno di essi, equindi non dover andarmene da questa vita più tristemente di loro”.

(Platone: Il canto dei cigni (Fedone 84 e, 85 b)

Platone esalta il canto dei cigni più lunghi e più belli, pieni di gioia, perchéstanno per andarsene presso quel dio del quale sono ministri (Apollon), manon sono diversi i guerrieri con casco raggiato, doga e scudo che sembranodanzare, effigiati sulla roccia della Valcamonica. Infatti così ho detto alcapitolo 7.3, e poi ho soggiunto: Questo richiama alla mente l’atto finale dellavita sulla Terra, che l’antropologo Carlos Castaneda definiva “l’ultima danzadel guerriero”, metafora indicante l’impeccabilità o l’eroismo di guerrieri diuna società primitiva (gli Yaqui del Messico) nel loro ultimo atto prima dilasciare questo lato della realtà. Se l’ultima danza o la caduta finale di unarmato dell’età del Ferro costituiva la scena culminante di un’esistenza mitico-eroica sulla Terra, ci sembra sin troppo ovvio che dovesse essere relazionata aun simbolo nobile e trascendentale… come la Rosa Camuna. Non erano parole mie, in verità, ma di uno scrittore citato nell’occasione… Edora un altro scrittore, Antonio Bonifacio, mi suggerisce con un suo articolo, iltema esatto sul Cigno che tanto si associa, come ho posto in evidenza, ai“guerrieri” danzanti della Valcamonica. A proposito della migrazione a Nord dei cigni, dice Antonio Bonifacio, citato inprecedenza, nel suo articolo “La via polare dei cigni. I destrieri di Apollo trapreistoria e Roma augustea” (1° parte)14 <non possono dimenticarsi le paroledi Socrate ricordate all’esordio (l’introduzione di questo capitolo tratto daPlatone, Il canto dei cigni… Ndr): “in quel momento tuttavia cantano i lorocanti più lunghi e più belli, pieni di gioia, perché stanno per andarsene pressoquel dio del quale sono ministri (Apollon)”.La favola dei Cigni selvatici di Andersen, esprime “poeticamente” questopassaggio senza perdere alcunché dell’allusività simbolica del tema. Inparticolare una frase messa in bocca alle creature-cigno, appare quasi unviatico per comunicare nel migliore dei modi i contenuti del passaggio tra

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questi due mondi: “…Voliamo come cigni, mentre il sole splende alto nel cielo(…) Noi non abitiamo qui, una terra bella come questa si stende dall’altraparte del mare”.Questi cigni migratori, emblemi del collegamento tra uno sconosciuto aldilà,identificato nel paese degli Iperborei, e il mondo degli uomini, intessonoprofondamente il sentire dei popoli del nord, al punto che la tradizione ediliziadella Frisia (la regione geografica che dall’Olanda fino Danimarca si affacciasul mare del Nord) annovera, nel suo patrimonio architettonico, magnifichecase di legno, ove le travi portanti del tetto della facciata d’ingressocompongono la sagoma stilizzata del volatile e per ciò questo lembo terra èconsiderata (una delle) la patria d’origine dell’Apollo-sciamano.E’ questo un deciso richiamo alla natura trasfigurante della creatura alata ealla sua origine, immaginata in una remota terra polare allora abitabile,identificata dagli antichi con Thule, nome che ha un’evidente assonanza conaltre consimili terre poste all’estremo nord di altre tradizioni e altresì con laTula celeste (vocabolo sanscrito), ovvero la Bilancia, l’asterismo polare in cuigli antichi riunivano in un’unica immagine le due costellazioni circumpolaridell’Orsa.L’isola di Helioxoia/Helgoland (in realtà un minuscolo arcipelago) toponimo,quest’ultimo, che significa “isola sacra”, è stata considerata dallo scienziato eteologo Osvald Spanuth come il lembo superstite dell’antica terra atlantidea,che egli propone di identificare con una propaggine della remota Thule.In questo luogo simbolico, immaginario e reale insieme, considerato comel’ingresso al mondo dei morti, sarebbe stato collocato un tempio circo larededicato ad Apollo. Difatti questa isola piccolissima avrebbe costituito il nodosacrale del culto dell’Apollo iperboreo e da questo luogo sembrerebbeprovenire l’ambra, il celestiale prodotto resinoso degli alberi delle terrenordiche, circonfuso dell’arcano potere risanatore e ristoratore, proprio dellasua meta geografica collocazione. Questo frammento polverizzato di terraferma è riconoscibile, sia pureindirettamente, nella narrazione di Andersen (ma non solo, anche i fratelliGrimm e il poeta irlandese Yeats citano l’evento migratorio dei volatili nelleloro raccolte di racconti e la loro sosta sullo scoglio) ed effettivamente essorappresenta il punto di riposo degli immensi stormi di cigni migratori inviaggio verso il più remoto nord.Da queste lontane terre, secondo Spanuth, sarebbero sciamati quei popoli delmare immortalati dalle istoriazioni del sito egizio di Medineth Habu, in queipannelli dove si celebra la vittoria di Ramsete III su questi invasori. Proprio ilconfronto comparativo tra questo materiale documentario e reperti dell’etàdel bronzo rinvenuti in Europa settentrionale avrebbe evidenziato dellesimilitudini significative. Tra gli altri spiccano le navi con la prua e poppa aforma di “ testa di cigno”, inequivocabile richiamo all’avita patria iperborea diquesti combattenti. >

7 Lo sciamano del mondo arcaico in relazione con losciamano camuno

Desta interesse l’articolo di Antonio Bonifacio in parte ripreso in precedenza,ma relativo ad una seconda parte15, ai fini di poter tratteggiare intimamente lafigura dello sciamano preistorico della Valcamonica, rappresentato dall’illustr.

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9 del capitolo 3 e da me supposto in stretto legame con la statua-menhirOssimo 15 dell’illustr. 11, ancora del capitolo 3.

< In questa seconda parte ‒ dice Antonio Bonifacio ‒ la nostra esposizioneprende i binari di una trattazione vera e propria e principia con una riflessioneche scaturisce dalla meditazione su reperti che si collocano al fondo di unabisso temporale, provenendo da un mondo davvero ormai lontanissimo dalnostro.Di questo mondo radicalmente “religioso” il riconosciuto protagonista è losciamano. Questa è una figura particolarmente longeva nel contesto delpanorama storico religioso universale e oggi ne scorgiamo pienamente i trattianche in epoche davvero immerse nelle nebbie del tempo, dove, fino a pochidecenni fa, non ci saremmo certo attesi di trovarlo.Infatti, se già la tradizione etnologica ed etnografica ce ne offrivatestimonianza in ere comunque lontane, un ulteriore salto nel passato è statooggi compiuto collocando la sua figura direttamente nel paleolitico superiore,come dimostrano gli studi e le scoperte più recenti che continuano aretrodatare la sua presenza nel mondo. (cfr. sul tema complessivodell’arcaicità dello shamano il fondamentale volume di Jean Clottes e DavidLewisWilliams, Les chamans dans la préistoire).Com’è noto il tratto distintivo del suo operare si concreta nell’estasi, in cuil’anima (comunque la si voglia intendere) distaccata dal corpo, si reca inprossimità dell’albero del mondo e li sale e/o discende nelle regioni celesti o inquelle infere, a seconda dei compiti (sempre pericolosi) che questo viaggiatoreanimico si è assunto presso la comunità in cui agisce. Questo albero traduce simbolicamente la Via Lattea, ovvero la Galassia.Percorrendo, estaticamente, le “stazioni” dell’uno (l’albero), per analogiasimbolica è come se si percorresse l’Altro (la via della Galassia fino al poloceleste).Di uno dei suoi compiti prioritari ci offre testimonianza esemplificativa Eliadeche ne scrive: “I Goldi, i Dolgan e i Tungusi affermano che, prima dellanascita, le anime dei bambini sostano come piccoli uccellini sui ramidell’Albero Cosmico e gli sciamani salgono a prenderle. Questo aneddotomitologico non è riportato soltanto in Asia centrale settentrionale: è narrato,ad esempio, in Africa e Indonesia” (M. Eliade: 1974, 509-510).

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8 L’azione sciamanica in relazione al potere arcaico delsegno del Cigno

Facendo seguito al capitolo precedente,Antonio Bonifacio poi si dedicaall’esaltazione della costellazione delCigno della quale oggi si è svuotata deisuoi contenuti arcaici eccetto il nome. Ladescrizione che ne fa è davveroattrattiva, piena di fascino poetico.

< Si tratta di un peculiare asterismo benvisibile alle nostre latitudini volgendo losguardo verso lo zenit del cielo nelleserate estive. Qui, insieme ad altresignificative stelle, brilla il Cigno, unacaratteristica costellazione a forma dicroce. Questo gruppo di astri eraindicato nell’Ellade arcaica con il nomedi Ornis, “uccello”, ciò fino a quanto

Eratostene qualificò più precisamente questo asterismo attribuendogli il nomespecifico di Cigno (illustr. 21). Una costellazione che contiene bellissimi astri eche ha la sua stella di più forte magnitudine in Deneb (22° stella più luminosadel cielo). Essa, come si vedrà, è stata oggetto di una prolungata attenzionemitologica e sarà in qualche modo protagonista delle successive riflessioni.Il Cigno, com’è noto dalla densità delle sue presenze mitologiche, è un volatiledi ragguardevole complessità simbolica, diffusamente presente nellasimbologia delle religioni arcaiche, ma anche in quelle storiche. E’ noto il suocarattere di volatile migratore che percorre annualmente le rottecongiungenti il nord e il sud del mondo. A questi uccelli si associavano altrevarie specie e più specificamente oche e anatre selvatiche che, proprio per illoro identico comportamento migratorio, ricevettero anch’esse in tempiarcaici identica attenzione mitologica. Questi stormi, una volta composti da unnumero sterminato di esemplari, formavano vere e proprie scie bianche nelcielo a volte di tale uniforme spessore da velarlo quasi completamente.All’uomo di allora, questo meraviglioso e ininterrotto corteo celeste chepercorreva i cieli come un candido fiume, congiungendo, con precisaperiodicità, l’ineffabile Nord iperboreo con il Sud, accompagnato da una coltrefittissima di piume, abbondante come neve, apparve evidentemente comel’omologia più pregnante del fiume uranico che fungeva da mediatore dimondi.Si parla, nella circostanza, dell’arco luminoso della Galassia che abbracciava idue emisferi congiungendo, senza soluzione di continuità, la grande Croce delSud, con quella del Nord e che, intersecando l’eclittica in precisi momentisolari dell’anno, realizzava quel peculiare implesso armillare, che gli studi delduo de Santillana-von Dechend, hanno mostrato come un mitologemacostante, incastonato nelle mitologie conosciute e fonte di una retrostanterituaria salvifica di stupefacente complessità. Le vie dei cieli erano tutt’altro che perennemente disponibili e perché le sipotesse percorrere era necessario che varie “porte” fossero aperte. >

Illustrazione 21: Costellazione delCigno.

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E qui Antonio Bonifacio si lega all’opera esoterica dello sciamano che ne devetenere conto nelle sue estasi al riparo nella sua grotta in cui era durante lavita di allora. < Lo sciamano, per conseguenza delle sue capacità di conduzione dell’anima,era in grado di porsi in interiore omologia con le geometrie spaziali suggeritedall’osservazione del cielo, sperimentando l’esistenza “di quel cielo interioreche ci portiamo dentro”, che è la fonte di ogni omologia.Possiamo immaginare che egli, come già detto, si appoggiasse visionariamentea un albero specifico, considerato l’albero del mondo, trasposizione dell’alberodella galassia, e ne percorresse il tronco contrassegnato da 7 o 9 tacche, comese queste rappresentassero le porte dei cieli di un mondo spiritualeessenzialmente geocentrico.Ma 17.000 anni fa accadeva qualcosa di estremamente significativo, di cui trapoco si dirà. All’epoca, infatti [...], un astro contrassegnava, con un certomargine di approssimazione il punto polare del cielo, il perno della macina delmondo. Si tratta appunto della già citata Deneb (coda di gallina secondo lalingua araba) che rappresenta l’occhio del Cigno in alcune mappe, e la codadel Cigno in altre. Essa, con lo scorrere delle ere, pur rimanendo circumpolarealle alte latitudini, perse il suo ruolo e altre stelle (a volte) la sostituirono, maper ciò che c’interessa evidenziare essa all’epoca rappresentava la metaultima di ogni viaggio celeste: da qui la sua assoluta importanza nei secoli.Per effetto del lento vorticare della ruota celeste su sé stessa, l’asse terrestre,proiettato idealmente in cielo, forma, in un arco di tempo ben conosciuto giàdall’antichità, un caratteristico cono spazio-temporale, rappresentante quelfenomeno astronomico denominato precessione degli equinozi. Precessioneperché il movimento apparente delle stelle e quindi delle costellazioni ècontro-solare.In periodi di tempo assai vasti, questa ideale matita cosmica, che tracciaun’ideale circonferenza ondulata nei cieli (per effetto del moto di nutazione)incontra una stella visibile dalla terra. Questa diverrà la polare di un’epoca, ilsegno identificativo del polo celeste. Odiernamente il polo poco si discostadall’ultimo astro della coda dell’Orsa minore, che è la più luminosadell’asterismo.Questo astro, rimarcherà la posizione polare ancora per centinaia di anni e,naturalmente, dopo il periodo di ulteriore ravvicinamento odierno, se nediscosterà poi progressivamente nei millenni a venire.Deneb e il Cigno non smisero però, alle alte latitudini, di partecipare allaqualità spirituale delle Imperiture, continuando comunque a esercitare in ognicaso la loro attrazione nella mentalità dei popoli. La costellazione era, infatti,collocata in un punto altrettanto significativo dell’immaginario simbolico, vistoche era posta nella prossimità del suo grembo oscuro, il punto denominatodall’astronomia moderna Grande Fenditura del Cigno, la dove, come due fiumicelesti si dipartono due divaricazioni luminose, che si ricongiungono inprossimità della costellazione dello Scorpione.Nelle religioni storiche traspare in diverse occasioni la circostanza che ilraggiungere la stella polare rappresenti il compiuto decondizionamento persfuggire agli effetti della “ruota degli inganni”, […] [detto in precedenza che]si è tentato di evidenziare. >

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9 La profezia dell’inevitabile< Se a un certo punto non avesse incrociato sulla sua rotta l’America,certamente avrebbe portato il suo equipaggio alla morte. Invece, alle due delmattino del 12 ottobre 1492, Rodrigo de Tiana, l’uomo in vedetta della Pinta,una delle tre caravelle che facevano parte della spedizione, aguzzando gliocchi verso occidente, cioè verso il punto ove stava per scendere sottol’orizzonte la luminosa stella Deneb, intravide nel fioco chiarore lunare unaremota lingua di terra, gridò a voce altissima «Tierra! Tierra!» e chiese laricompensa che era stata promessa a chi per primo avesse avvistato l’India.Gli indigeni che alle prime luci dell’alba scorsero le tre navi di Colombo simisero a correre da una capanna all’altra, gridando a loro volta: « venite,venite a vedere gli uomini che arrivano dal cielo”». «Non portano armi e ne ignorano l’esistenza», osservò poi Colombo, «perché,quando ho mostrato loro delle spade, le hanno afferrate per la lama e si sonoferiti per ignoranza». Il grande capitano insistette perché gli indigeni fosserotrattati «amorosamente», ma gli affari erano affari, e ben presto molti di lorosi ritrovarono in catene a bordo delle tre navi che facevano ritorno nel VecchioMondo. >

(Timothy Ferris. Da: L'avventura dell'universo. Da Aristotele alla teoria deiquanti e oltre: una storia senza fine . Editore: Castelvecchi. 30 ottobre 2013)

Colombo e il suo equipaggio, non erano degli extraterrestri, quandosbarcarono sulla riva che credevano del continente asiatico, ma agli indigenilocali, per certi versi, sembrò che lo fossero, intravedendo in loro dei diviniscesi dal cielo. Scandalizza pensarlo traslando il concetto a tante ipotesi inmerito, specie nell’epoca attuale?

Forse per quegli indigeni fu il segno dasempre cercato dagli scribi e fariseiattorno alla figura di un Maestro, GesùNazareno, il quale mostrò loro invece il“segno di Giona”. Quegli indigeni eranosimili ai semplici innocenti additati comeesempio dal Maestro, non conoscendo ilmale causato dalla lama della spada diColombo. E così, ahimé, furono proprioloro a pagarne il prezzo di un riscatto deimali dell’animo di Colombo e i suoimarinai, con la deportazione. E le navispagnole, e poi di altre nazioni europee, sipotrebbero paragonare alla balena cheospitò, per tre giorni e tre notti, il profetaGiona dell’evangelico “segno”. E tuttoquesto più in generale, nel segno deinaviganti attraverso le stelle, che fu perColombo la stella Deneb, ma “al suotramonto”. Che presagire attraverso isegni allora, sull’altra “America” della

costellazione del Cigno, nota come la Nebulosa del Nord America (illustr. 22)molto prossima alla stella Deneb? Una certa “nuvolaglia” che si può legare a

Illustrazione 22: La NebulosaNord America (anche nota con lesigle NGC 7000 e C 20) situatanella costellazione del Cigno.

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due realtà, quella degli astronomi e l’altra degli alchimisti, entrambicontinuamente presi a “esplorare” appunto “nebulose” appena “accessibili”con i loro telescopi e mentali. Ma se così fosse, quale il prezzo della “profeziadell’inevitabile” legata al segno del “tramonto della stella Deneb”, come fu perla scoperta dell’America… dello “sbaglio” di Cristoforo Colombo della storia?Ma ironia della sorte c’è contesa fra i due, poiché uno ignora l’altrosenza tregua, come a immaginare un’impresa impossibile da attuare acausa del disaccordo. Non è questo un ostacolo da superare, almenosecondo le concezioni alchemiche?16 Ma forse un segno ce lo mostra laNebulosa del Nord America, la sua forma molto somigliante all’omonimo NordAmerica terrestre da cui prese il nome, come a indicare una certa “Tierra” da“avvistare”…

“…Voliamo come cigni, mentre il sole splende alto nel cielo (…) Noi nonabitiamo qui, una terra bella come questa si stende dall’altra parte del mare”,riecheggia la frase messa in bocca alle creature-cigno di Andersen, citata nelcapitolo 6.

Brescia, 20 giugno 2018

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1 Il design è unico nelle isole britanniche, quindi la sua stretta somiglianza con i disegnidelle rose camuni in Italia ha portato alcuni a teorizzare che i due sono collegati. In effetti,le truppe di stanza a Ilkley durante l'occupazione romana furono reclutate dai LingoniCeltici. Questa tribù era originaria della Gallia, ma nel 400 a.C. circa, alcuni migrarono

2 Vedi: The “Camunnian Rose”, Valcamonica Rock Art. Fonte: http://www.rupestre.net/tracce/?p=1366

3 Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Rosa_camuna4 Fonte: http://www.acam.it/mistero-rosa-camuna-simboli/5 Fonte: https://www.studocu.com/it/document/universita-degli-studi-di-

padova/paletnologia/appunti/le-statue-stele-e-massi-incisi/974081/view6 Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Araldica7 Nella società arcaica, erano gli spiriti ultraterreni a determinare la sorte e gli avvenimenti

terreni; ogni problema poteva perciò essere risolto solo da qualcuno che avesse la capacitàed i mezzi per entrare in contatto con tali spiriti, affrontando un “viaggio” ultraterreno nel loro mondo, trovando lì la soluzione ai problemi. Questo è lo sciamano, un “ponte” tra il mondo terreno e quello ultraterreno. Secondo la cultura sciamanica, non si può diventare sciamani per scelta o per semplice iniziazione, ma si deve ricevere una “chiamata” da parte degli “spiriti” e a questa chiamata non si può rispondere negativamente. Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Sciamanesimo

8 Fonte: http://siti.voli.bs.it/itinera/02/senza_itinerario/ossimo/default.htm9 Ibidem cfr. 5.10 Tratto dalla «Enciclopedia della Scienza e della Tecnica», vol. II – Ediz. Mondadori11 Fonte: https://www.yogavitaesalute.it/yoga-per-tutti/lolfatto/12 Papiro della XVIII dinastia dei faraoni dell’antico Egitto rinvenuto nella tomba dello scriba

Ani e conservato nel British Museum di Londra.13Tratto da «Corso di Elettronica», Istituto Svizzero di Tecnica di Luino14 Fonte: http://www.immagineperduta.it/la-via-polare-dei-cigni-destrieri-apollo-preistoria-

roma-augustea-1-parte/15 Fonte: http://www.immagineperduta.it/la-via-polare-dei-cigni-destrieri-apollo-preistoria-

roma-augustea-2-parte/16 L’alchimista deve riuscire ad amalgamare e fondere insieme Spirito e Corpo, realizzando laconciliatio oppositorum, non potendo rinunciare né all’uno né all’altro. Gli opposti devonoprima lottare, divorarsi ed uccidersi a vicenda, perché la loro unione possa realizzarsi. Questaoperazione ha due aspetti, quello del costringere la terra corporea e pesante (degli astronomi– mettiamo) ad elevarsi verso le regioni dello Spirito e quello consistente nell’obbligare loSpirito (degli alchimisti) ad abbandonare i “cieli filosofici”, ove può spaziare liberamente,costringendolo a discendere nelle regioni più pesanti e condizionate dai vincoli terrestriperché possa vivificare rivitalizzare e “rendere consapevole” il corpo.

Nota:

Parti delle immagini delle incisioni rupestri della Valcamonica sono state tratte dal libroCapo di Ponte e le incisioni rupestri camune. Edizione Guide Grafo/11 - Brescia