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La «Mummia di Grottarossa » Author(s): Ugo Scamuzzi Source: Aegyptus, Anno 45, No. 1/2 (GENNAIO-GIUGNO 1965), pp. 74-83 Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore Stable URL: http://www.jstor.org/stable/41216028 . Accessed: 14/06/2014 23:17 Your use of the JSTOR archive indicates your acceptance of the Terms & Conditions of Use, available at . http://www.jstor.org/page/info/about/policies/terms.jsp . JSTOR is a not-for-profit service that helps scholars, researchers, and students discover, use, and build upon a wide range of content in a trusted digital archive. We use information technology and tools to increase productivity and facilitate new forms of scholarship. For more information about JSTOR, please contact [email protected]. . Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro Cuore is collaborating with JSTOR to digitize, preserve and extend access to Aegyptus. http://www.jstor.org This content downloaded from 195.34.79.49 on Sat, 14 Jun 2014 23:17:12 PM All use subject to JSTOR Terms and Conditions

La « Mummia di Grottarossa »

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La «Mummia di Grottarossa »Author(s): Ugo ScamuzziSource: Aegyptus, Anno 45, No. 1/2 (GENNAIO-GIUGNO 1965), pp. 74-83Published by: Vita e Pensiero – Pubblicazioni dell’Università Cattolica del Sacro CuoreStable URL: http://www.jstor.org/stable/41216028 .

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La « Mummia di Grottarossa »

II giorno 5 febbraio 1964, nel corso di alcuni lavori di scavo, effettuati alla periferia di Roma, in località denominata Tomba di Nerone, e, precisamente, lungo la Via Cassia, al bivio con Via di Grottarossa, veniva alla luce un piccolo, ma pregevole sarcofago di marmo (vedi fig. 1), contenente il corpo, imbalsamato e ravvolto in bende, di una bambina, in presumibile età di sette anni (1) ed alta m. 1,20.

I giornali dell'epoca riferirono che il sarcofago di cui trattasi non fu estratto con delicatezza: infatti, durante i lavori di scavo sopra citati, esso fu abbrancato da una ruspa, rovesciato, rotto e gettato in mezzo alla terra di scarico. Fu solamente in seguito che le compe- tenti Autorità, accorse sul luogo, poterono recuperare il sarcofago, la piccola mummia ed i vari oggetti ad essa appartenuti (2): un accurato esame dei singoli reperti permise anche a noi di fissare tra il 160 ed il 180 d. Cr. l'epoca in cui la bambina visse, nonché di pro- spettare l'eventualità che la bambina medesima fosse una discendente della gens Cornelia, essendo stata rinvenuta adorna, al dito mignolo della mano sinistra, di un grosso anello d'oro, recante inciso, sulla testata, il signum della Vittoria alata, sìgnum che si ha ragione di credere fosse esclusivo di quella gens (3).

Precisiamo che la piccola mummia venne generalmente denomi- nata, sui giornali, « Mummia di Grottarossa », per il fatto di essere venuta alla luce al bivio della Via Cassia con Via di Grottarossa.

(1) Vedi le argomentazioni da noi addotte nel precedente articolo, dal titolo : Studio sulla mummia di bambina, cosiddetta « Mummia di Grottarossa », rinvenuta a Roma, sulla Via Cassia, il 5-2-1964, pubblicato nella Rivista di studi classici, Torino, anno XII, 1964, fase. Ili (n. 35 della raccolta), pp. 265-268.

(2) Gli oggetti medesimi consistono in quattro vasetti di ambra, di cui uno a forma di conchiglia bivalve, con chiusura a cerniera, ed in una ligneola mu- lieris figura, in ebano, lunga cm. 17, di egregia fattura, con arti snodati e con volto giovanile di singolare, delicata bellezza. (Vedi, al riguardo, il nostro studio analitico, riportato alle pp. 278-280 dell'articolo citato nella nota 1).

(3) Vedi le pp. 269-274 dell'articolo citato nella nota 1.

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Come era prevedibile, la notizia di un simile sensazionale rinve- nimento suscitò un notevole interesse in tutta la Città, facendo richia- mare sul posto numerosi giornalisti e fotografi. Pertanto, grazie alle fotografie eseguite da alcuni solerti fotocronisti, è stato possibile di conservare documentato, in modo particolare, l'eccezionale aspetto del volto della piccola mummia, quale si presentava subito dopo il fortuito rinvenimento: infatti, la mummia apparve con un volto ben rassodato, di normale colorito chiaro e meraviglioso per i linea- menti di delicata grazia e bellezza (vedi fig. 2).

Ma, purtroppo, fu sufficiente una breve esposizione alla luce ed all'aria, per far rapidamente dissolvere questo originario aspetto, così che la piccola mummia mostrò, alla fine, un volto nero, scarni- ficato, quasi fossilizzato. Ad attestare una simile metamorfosi, stanno le fotografie (vedi, ad es., fig. 3), eseguite nel corso di una conferenza stampa tenutasi a Roma, il giorno 12 febbraio 1964, presso l'Istituto di medicina legale, conferenza che fu presieduta dal Direttore di quell'Istituto, con la partecipazione di numerosi archeologi, per illu- strare l'eccezionale rinvenimento.

La piccola mummia aveva una « maschera » sul viso

II subitaneo processo di dissolvimento sopra descritto, ci induce lecitamente a presumere che il volto della piccola mummia fosse stato, in origine, ricoperto di una « maschera », come era usanza presso gli Egizi. Nulla, purtroppo, è rimasto della « maschera » mede- sima, essendosi completamente decomposta e dissolta all'aria ed alla luce. Pertanto, dobbiamo affidarci unicamente alle nostre cono- scenze archeologiche, per tentare di definire il tipo di « maschera » che fu applicato nel caso in esame.

È possibile così escludere, con sicurezza, che sul viso della piccola mummia sia stata apposta una « maschera » modellata nel cosiddetto cartonnage, ottenuto con l'impiego di più fogli di papiro, compressi ed incollati gli uni sugli altri, a strati, e sui quali un pittore, più o meno alla brava, cercava successivamente di rendere, col colore, i lineamenti di un viso umano : in questo caso - come è ovvio - non si otteneva un'artistica effigie, perché il cartonnage non consentiva un accurato modellato, a rilievo, delle fattezze del volto.

L'esame approfondito della fig. 2 ci permette, invece, di prospet- tare l'unica ipotesi più vicina alla realtà : sul volto della piccola mum- mia fu applicata una « maschera » modellata in materia fittile, « ma-

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schera » che, in seguito, fu dipinta con colore chiaro, quasi roseo, per renderla più conforme al colorito umano: infatti, i testimoni oculari - presenti al recupero della piccola mummia - hanno con- cordemente riferito di essere rimasti impressionati dal colorito del volto, quasi normale, cioè chiaro, che la bambina mummificata presentava.

È comprensibile che, con un simile procedimento, si otteneva un viso di fantasia, anche se artisticamente ben eseguito ; mai il « vero » ritratto del defunto. Comunque, la nostra ipotesi relativa ad una « maschera » posticcia, in materia fittile, è suffragata e documentata dalle fotografie eseguite il giorno stesso del ritrovamento, nelle quali il volto della piccola mummia si presenta con un caratteristico aspetto scabro, nonché con diffuse e profonde fratture, o crepe (vedi fig. 2): particolari questi propri non di una « maschera » in cartonnage, ma di una « maschera » plasmata in materia fittile. Inoltre, l'attaccatura del naso, dopo la fronte, quale ben si vede nella precitata fig. 2, de- nuncia chiaramente la tecnica caratteristica della statuaria greca; come pure il morbido modellato del sub-mento della piccola mummia non può assolutamente attribuirsi a persona defunta da circa 18 se- coli, essendo proprio di « pezzo statuario », o di applicazione in mate- ria fittile, da parte di scultore. Per di più, mai labbra di persona de- funta da tanti secoli possono conservare quella tumidezza e quella sodezza, che si rilevano sul presunto « viso » della piccola « Mummia di Grottarossa », quale appare fissato sulla fotografia di cui alla fig. 2 : quelle labbra, infatti, non sono che il risultato di un modellato po- sticcio, di « maschera » in materia fittile.

La decomposizione ed il dissolvimento dell'involucro - costi- tuente il rivestimento del volto - che noi abbiamo chiamato « ma- schera », con voce denominativa in uso, di gergo archeologico, spiega l'attuale miserevole stato dei capelli della piccola mummia: radi, più o meno spezzettati, proprio come se i capelli avessero fatto presa con l'involucro fittile esterno, che li avrebbe corrosi nel tempo.

Ammessa una simile eventualità, potrebbe sorgere il sospetto che la piccola mummia non ricevette cure particolarmente diligenti da parte di chi provvide all'esecuzione della « maschera », perché anche i capelli, come il volto, avrebbero dovuto essere ravvolti nel ben- daggio. Ma non si deve dimenticare che la piccola salma non fu recu- perata nello stato in cui era stata deposta nel sarcofago: infatti - come abbiamo già riferito - il sarcofago medesimo fu abbrancato e rotto da una ruspa, che ne disperse e sconvolse il prezioso contenuto.

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II decesso della bambina è imputabile alla tubercolosi

Sulle probabili cause del decesso della « Mummia di Grottarossa » non furono prospettate ipotesi da parte degli studiosi intervenuti alla precitata conferenza stampa : ricordiamo che il Direttore dell'Isti- tuto di medicina legale, di Roma, ebbe a dichiarare di essersi astenuto dal praticare l'autopsia sul corpo della piccola mummia, ma di aver eseguito numerosi accertamenti necroscopici, antropometrici, isto- logici e radiografici, i quali avevano rivelato, in quella bambina, evidenti postumi di rachitismo osseo. Venne, tuttavia, fatto rilevare da parte degli studiosi partecipanti alla ricordata conferenza stampa, che la « Mummia di Grottarossa », pur essendo stata imbalsamata secondo l'uso del popolo egizio (facciamo notare, a questo proposito, di aver constatato che si trattò di imbalsamazione eseguita in con- formità del più costoso dei tre sistemi normalmente in vigore presso gli Egizi) (1), era stata successivamente inumata in un sarcofago tipicamente romano, con il corpo adorno di gioielli in voga a Roma (un anello d'oro, recante inciso, sulla testata, il signum della Vittoria alata; un paio di orecchini d'oro, a forma di sottile cerchietto liscio ed una collanina a maglie d'oro, con zaffiri alternati): questi parti- colari inducevano lecitamente a far supporre che si fosse in presenza di una piccola cittadina Romana, deceduta ed imbalsamata in terra d'Egitto, e da colà trasportata nell'Urbe. Ed anche noi conveniamo che sia assolutamente da escludere un'origine orientale di quella bambina, anche in considerazione del fatto che - come in precedenza abbiamo riferito - la « maschera » che ricopriva il volto della bam- bina medesima era di colore chiaro : la piccola mummia non apparve, cioè, niliaco ore nigra (2).

Circa ai più probabili motivi che potrebbero aver determinato il soggiorno in Egitto della « Mummia di Grottarossa », è stata concor- demente da vari studiosi espressa l'ipotesi che un alto funzionario di Roma, essendo stato comandato a prestare servizio in Egitto, avesse colà seco condotto tutta la propria famiglia, compresa, quindi, la bambina, che ivi, per cause sconosciute, sarebbe in seguito deceduta. Poiché, per volontà dei genitori, l'inumazione avrebbe dovuto effet- tuarsi a Roma, il corpo della piccola fu sottoposto al processo di imbalsamazione in uso presso gli Egizi, al fine di assicurarne la per-

ii) Herod., II, 86-88. (2) Martial., Epigr., X, 12, 12.

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fetta conservazione durante il lungo viaggio per mare. Ad una simile ipotesi, alquanto semplicistica, in verità, e che, fra l'altro, non offre una sola risposta agli interrogativi di noi posteri sulle cause dell'im- matura morte della bambina, ci permettiamo di contrapporre la nostra, con la quale tentiamo di prospettare sia quelli che, a nostro avviso, potrebbero essere stati i motivi per i quali fu scelto proprio l'Egitto quale luogo di soggiorno della bambina medesima, sia le cause dell'immaturo decesso. Noi siamo del parere che la «Mummia di Grottarossa » sia stata affetta da una grave forma di tubercolosi, tanto che, riuscite vane le cure più vigili e costose, ne sia morta in così tenera età. Si può, infatti, supporre che la bambina medesima, di deboluccia costituzione fin dalla nascita, in quanto rachitica - come dimostrato dai sopra riferiti accertamenti radiografici, eseguiti a cura dell'Istituto di medicina legale, di Roma - abbia, in seguito, contratto la tubercolosi. I suoi genitori, dopo aver tentato tutte le cure in voga ai loro tempi, non avranno esitato - ■ anche perché di agiate condizioni economiche (come logicamente può desu- mersi dal valore e dei gioielli di cui adornarono la loro bambina e dell'artistico sarcofago marmoreo che ne raccolse la salma) - ad affrontare la costosa e lunga navigazione da Roma all'Egitto, nella speranza che il viaggio stesso, nonché un periodo di soggiorno colà, notevolmente avrebbero giovato alla salute della loro figliuola.

Dagli scritti di Celso (1), di Plinio il Vecchio (2) e di Plinio il

(1) Cels., De med., III, 22, 8: Quod si mali plus est et vera pthisis est, inter initia protinus occurrere necessarium est: neque enim facile is morbus, cum inve- teravit, evincitur. Opus est, si vires patiuntur, longa navigatione, caeli mutatione9 sic ut densius quam id est, ex quo discedit aeger, petatur: ideoque aptissime Ale- xandriam ex Italia itur.

Id., IV, 10, 4: Utilis etiam in omni tussi est peregrinatio, navigatio longa, loca maritima, natationes; ...

(2) Plin., Nat. hist., XXIV, 28: Silvas eas dumtaxat quae picis resinaeque gratia radantur utilissimas esse phtisicis aut qui longa aegritudine non recolligant vires satis constat, et ilium caeli aera plus ita quam navigationem Aegyptiam proficere, plus quam lactis herbidos per montium aestiva potus.

Id., XXVIII, 53: In primis vero prodest ambulatio, gestatio et ea pluribus modis, equitatio stomacho et coxis utilissima, phthisi navigatio, longis morbis locorum mutatio, ...

Id., XXXI, 62: Pr aeterea est alius usus multiplex, principalis vero navigandi phthisi adfectis, ut diximus, aut sanguine egesto, sicut proxime Annaeum Gallio- nem fecisse post consulatum meminimus. Neque enim Aegyptus propter se petitur, sed propter longinquitatem navigandi.

(Per alcuni esempi di viaggi, particolarmente veloci, dall'Italia ad Ales-

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Giovane (1), si apprende che l'Egitto, in genere, ed Alessandria, in particolare, erano in grande rinomanza, come luoghi di cura per le malattie polmonari. Gli scrittori medesimi ci precisano che, non solo per i salutari effetti che si sperava di conseguire da una più o meno lunga permanenza in Egitto, grazie al clima particolarmente favore- vole, veniva scelta quella terra, ma anche perché la lunga navigazione che occorreva compiere per arrivarvi, notevolmente contribuiva al giovamento dello stato generale di salute dei tisici. Anche Erodoto rilevò che in Egitto il clima era diverso da quello di ogni altra parte della terra (2) e che gli Egizi godevano di una eccezionale salute (3); anzi, Marziale aggiunge che in Egitto sbocciavano le rose anche durante la stagione invernale (4), mentre Ammiano Marcellino pre- cisa che ad Alessandria spira un'aria salubre, tranquilla e mite, e che non v'è giorno che non splenda il sole (5). Plinio il Giovane ci assicura che il suo liberto Zosimo, affetto da tisi, tornò dall'Egitto confirmatus (6). Un'analoga guarigione non potè ottenere quella bambina, che ebbe, purtroppo, a soccombere. Si potrà, forse, obiettare

sandria, con l'impiego di imbarcazioni a vela, vedi Plin., Nat. hist., XIX, 3: Quodve miraculum maius, herbam esse [seil, linum] quae admoveat Aegyptum Italiae in tantum ut Galerius a fretti Siciliae Alexandriam séptimo die perve- nerit, Babillus sexto, ...).

(1) Plin., Epist., V, 19, 6: Nam ante aliquot annos, dum intente instanterque pronuntiat [seil, libertus Zosimus~], sanguinem reiecit atque ab hoc in Aegyptum missus a me post longam peregrinationem confirmatus rediit nuper, deinde dum per continuos dies nimis imperai voci, veteris infirmitatis tussicula admonitus rursus sanguinem reddidit.

(2) Herod., II, 35: AíyÚTTTOi ol'lol tco oupaveo tco xaTà ayiaLÇ eóvti

£T£poícO ....

(3) Herod., II, 77: Eial ptèv yàp xal àXXcoç AíyÚTTToi ¡¿exà Atßuac úynqpéaTaToi 7tocvtcov ava>pcÓ7rtuv tcov cbpéoìv z'lo' Soxéeiv sivsxsv, ôti ou {jLSTaXXáacjouat ai copal

' ev yàp zf¡ai fi.£TaßoXyjai tolcti áv^pcÓTüoiai ai voöaoi piáXiCTTa yívovTai, tcov ts àXXcov 7ravTtùV xal 8rj xaì tcov copécov jxáXiaTa.

(4) Martial., Epigr., VI, 80, 1-2: Ut nova dona Ubi, Caesar, Nilotica tel- lus/miserat hibernas ambitiosa rosas.

(5) Amm. Marc, XXII, 16, 7-8: Alexandria enim vertex omnium est civi- tatum, quam multa nobilitant et magnifica, ... Inibi aurae salubriter spirant, et aer est tranquillus et clemens atque, ut periculum docuit, per varias collectum aetates, nullo paene die incolentes hanc civitatem soient serenum non vident.

(6) Vedi nota 1.

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che, stando ad Ippocrate (1) ed a Celso (2), la tisi si diagnosti- cava, a quei tempi, solo in soggetti dai 18 ai 35 anni, e che, quindi, la « Mummia di Grottarossa » non ne potesse essere affetta, data la sua giovanissima età; ma non dobbiamo dimenticare che la bambina era di debole costituzione, in quanto rachitica, come in precedenza abbiamo riferito, per cui non è affatto improbabile che, persino a quei tempi, anche soggetti giovanissimi potessero ammalarsi di tisi. Anzi, a questo proposito, avanziamo il sospetto che, anticamente, i casi di tisi nei soggetti più giovani fossero altrimenti diagnosticati, presentandosi dai 18 ai 35 anni - • secondo Ippocrate e Celso - i sintomi morbosi di quella malattia in tutta la loro evidenza e gra- vita. Inoltre, non si può escludere che, in Egitto, si recassero a sog- giornare anche i bambini, di gracile costituzione, che fossero ritenuti suscettibili di miglioramento, per effetto di un lungo viaggio per mare e di un periodo di permanenza proprio in quel territorio, dal clima tanto diverso a confacente ai soggetti deboli ed ai sofferenti di specifiche affezioni polmonari.

A confermare, poi, l'ipotesi che la « Mummia di Grottarossa » possa essere comunque deceduta proprio all'età di sette anni (3), ci soccorre la considerazione che quell'età corrisponde al primo dei cicli settennali della vita umana, cicli che, fin dagli antichi tempi, sono ritenuti critici per la salute (4).

Perché la bambina fu imbalsamata?

Ammesso il decesso della « Mummia di Grottarossa » in Egitto - dato che la salma, come abbiamo già rilevato, risulta imbalsamata

(1) Hippocr., Aphor., V, 9: «Micneç yívovTOLi [¿áXiaToc ̂Xixíyjcti TYJaiv arcò oXTcoxaíSsxa ¿técûv fi.¿XPl ̂pnfaovTa 7T£vts.

(2) Cels., De med.y III, 22, 8: Fereque id posse inter principia corpus pati débet, cum hic morbus aetate firmissima maxime oriatur, id est ab anno XIIX ad annum XXXV.

(3) Vedi nota 1 a pag. 74. (4) Gell., Noct. att., Ili, 10, 9 : Pericula quoque vitae fortunarumque omnium,

quae « climacteras » Chaldaei appellant, gravissimos quosque fieri affirmât sep- tenarios.

Plin., Epist., II, 20, 3: Habes - • inquit - • climactericum tempus, sed evades. Censor., De die nat., XIV, 9: Praeterea multa sunt de his hebdomadibus

quae medici ac philosophi libris mandaverunt, unde apparet, ut in morbis dies septimi suspecti sunt ac crisimoe dicuntur, ita per omnem vitam septimum quem- que annum periculosum et velut crisimon esse et climactericum vocitari.

Cfr. Firmic, Mathes., IV, 20, 3.

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Fig. 1. - Sarcofago di marmo, in cui era inumata la « Mummia di Grottarossa ». (Fotoreportage O. Restaldi - Roma)

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Fig. 2. - Fotografia eseguita il giorno 5-2-1964. Il volto della piccola mummia si presenta, in modo evidente, ricoperto di una « maschera » : si noti il mor- bido modellato della « maschera » medesima, interrotto qua e là da fratture,

o crepe. (Fotoreportage O. Restaldi - Roma).

Fig. 3. - Fotografia eseguita il giorno 12-2-1964, durante la conferenza stampa tenutasi presso l'Istituto di medicina legale, di Roma. Si noti il diverso aspetto del volto della piccola mummia, in confronto con quello fissato sulla fotografia

di cui alla fig. 2. (Publifoto - Roma).

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secondo uno dei tipici sistemi in uso presso gli Egizi - ci chiediamo quali siano stati i motivi che possano aver determinato, nella fatti- specie, la pratica dell'imbalsamazione, anziché quella della cremazione, per consentire il trasporto delle sole ceneri nell'Urbe.

Per quanto riguarda l'imbalsamazione, essa dovette, a nostro avviso, essere effettuata perche si volle provvedere all'inumazione, in patria, della bambina; e solamente una accurata imbalsamazione avrebbe potuto garantire, in questo caso, la perfetta conservazione della piccola salma, durante tutto il lungo viaggio di ritorno dal- l'Egitto a Roma. Sul fatto, poi, che la « Mummia di Grottarossa » non sia stata cremata direttamente in Egitto, esprimiamo una nostra personale ipotesi. È opportuno, anzitutto, tenere presente che la cremazione, in uso normalmente presso i Romani, dalla fine della Repubblica al II secolo d. Cr., tanto da essere considerata Romanus mos (1), era necessariamente eseguita per le salme di coloro che venivano a mancare in terre lontane, quando se ne volevano traspor- tare i resti in patria. Ad esempio, di un giovane, Rufo Camonio, deceduto in Cappadocia nel I secolo d. Cr., sappiamo da Marziale che le ceneri furono recate al mesto padre, a Bologna, raccolte pie- tosamente in un'urna (2). Ma se nel caso della « Mummia di Grotta- rossa » non fu effettuata la cremazione, non può non essere ricordato, a nostro avviso, che proprio la gens Cornelia - per effermazione di Cicerone (3) e di Plinio il Vecchio (4) - ■ il raro privilegio ebbe di non cremare i suoi morti, ma di seppellirli in tombe, secondo l'antico rito dell'inumazione. Se si tiene in debito conto un simile particolare storico, si viene a suffragare, con un ulteriore importante elemento

(1) Tac, Ann., XVI, 6. 2. (2) Martial., Epigr., VI, 85, 3-4: impia Cappadocum tellus et numine

laevo/visa Ubi ciñeres reddit et ossa patri. Id., IX, 76, 8: absentemque patri rettulit urna rogum. (3) Cic, Leg., II, 56: At mihi quidem antiquissimum sepulturae genus illud

fuisse videtur, quo apud Xenophontem Cyrus utitur; redditur enim terrae corpus et ita locatum ac situm quasi operimento matris obducitur. Eodemque ritu in eo sepulchro, quod haud procul a Fontis ara est, regem nostrum Numam conditum accepimus gentemque Gorneliam usque ad memoriam nostram hac sepultura scimus esse usam.

(4) Flin., Nat. hist., VII, 187: Ipsum cremare apud Romanos non fuit veteris istituti; terra condebantur. At postquam longinquis bellis obrutos erui cognovere, tune institutum. Et tarnen multae familiae priscos servavere ritus, sicut in Cornelia nemo ante Sullam dictatorem traditur crematus, idque voluisse veritum talionem eruto C. Mari cadavere.

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- ■ oltre quello, già riferito, dell'anello recante il Signum della Vittoria alata (1) - l'ipotesi che la «Mummia di Grottarossa » fosse una discendente della gens Cornelia. Infatti, il rispetto della secolare tradizione dell'inumazione, vigente per i membri di quella gens, spiega e giustifica il motivo per cui quella bambina non sia stata cremata, ma ne sia stato, invece, imbalsamato il corpo, affinchè potesse essere trasportato, dall'Egitto a Roma, quasi integro, per la definitiva sepoltura. Talmente integro è, infatti, rimasto il corpo, in ossequio al più scrupoloso e rigido rispetto del rito dell'inumazione, che, in deroga al normale processo di imbalsamazione, che compor- tava l'estrazione degli organi interni, nella « Mummia di Grottarossa » sono presenti, mirabilmente conservati, i due emisferi cerebrali, il cuore ed i visceri, come radiologicamente è stato possibile di accertare.

Si potrebbe, tuttavia, ipotizzare che il decesso della bambina sia avvenuto a Roma e che quivi sia stata effettuata l'imbalsamazione : a questo proposito, facciamo osservare che non risultano documentati casi di imbalsamazioni eseguite a Roma, secondo i procedimenti propri e caratteristici del popolo egizio, quali, invece, furono adottati nei riguardi della « Mummia di Grottarossa ». Sappiamo, tuttavia, che la moglie di Nerone, Poppea Sabina, fu inumata con il corpo differtum odoribus, regum externorum consuetudine (Plinio il Vecchio riferisce che Nerone fece bruciare, in quell'occasione, una quantità di sostanze odorose superiore al raccolto di un anno di tutta l'Ara- bia) (2), in deroga al Bomanus mos della cremazione (3), forse perché quell'imperiale consorte dimostrò sempre vivo interesse al giudai- smo (4) : infatti, consta che i Giudei non usavano di cremare i loro morti, ma li inumavano secondo i sistemi in vigore presso gli Egizi (5). È noto, inoltre, che Abascanto, libertus ab epistulis di Domiziano, non fece bruciare sul rogo il corpo della propria moglie Priscilla, ma lo fece racchiudere - tra una profusione di svariate sostanze odorose

(1) Vedi nota 3 a pag. 74.

(2) Plin., Nat. hist. , XII, 83: Periti veruni adseverant non ferre tantum annuo fétu quantum Nero princeps novissimo Poppaeae suae die concremaverìt.

(3) Tac, Ann., XVI, 6, 2: Corpus non igni abolitum, ut Romanus mos, sed regum externorum consuetudine differtum odoribus conditur tumuloque Iulio- rum in fer tur.

(4) Tac, Hist., V, 5, 7: Corpora condere quam cremare e more Aegyptio... (5) Ioseph., Ant. iud., XX, 8, 11; Vita, 16.

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Page 13: La « Mummia di Grottarossa »

LA « MUMMIA DI GROTTAROSSA » 83

e ravvolto in stoffe tinte del colore della porpora di Sidone - in un grande monumento sepolcrale, eretto all'inizio della Via Appia (1).

* * *

Nel presente scritto abbiamo cercato di risolvere alcune delle numerose incognite che, nel campo degli studi egittologici, il rinve- nimento della « Mummia di Grottarossa » ha aperto alla scienza, a causa, tra l'altro, del fatto che non è stata trovata alcuna iscrizione, che della bambina sepolta nel sarcofago avrebbe potuto farci cono- scere almeno il nome, la famiglia e l'età. Di altri argomenti e pro- blemi, di carattere medico, nonché storico-archeologico, abbiamo avuto occasione di occuparci in un precedente studio (2).

Precisiamo, infine, che il sarcofago, nonché la « Mummia di Grot- tarossa », con i soli oggetti descritti a pag. 74. nota 2 - in quanto i gioielli di cui la bambina fu trovata adorna sono stati affidati alle cure di un restauratore - trovansi attualmente esposti al pubblico, presso il Museo nazionale romano. Facciamo rilevare che trattasi di sistemazione provvisoria, essendo stato disposto che, entro il cor- rente anno 1966, la piccola mummia, con tutti i suoi gioielli, sia collocata nell'apposito settore, del precitato Museo, riservato ai sarcofaghi (3).

Ugo Scamuzzi

(1) Stat., Silv., V, 1, 222-231: Est locus, ante urbani qua primum nascitur ingens / Appia quaque Italo gemitus Almone Cybebe / ponit et Idaeos iam non reminiscitur amnis. / Hic te Sidonio velatam molliter ostro / eximius coniunx - nec enim fumantia busta / clamoremque rogi potuit perferre • - beato / composuit, Priscilla, toro. Nil longior aetas / carpere, nil aevi poterunt vitiare labores: / sic cautum membris, tantas venerabile marmor / spirai opes. (Le cronache del tempo riferiscono che, nel 1471, sotto Sisto IV, fu reperto sulla via Appia un sarco- fago, che si attribuì a Priscilla, perché conteneva un corpo muliebre, comple- tamente scarnificato, coperto da una grande quantità di sostanze odorose. Secondo il Tomassetti, Campagna Romana, 2, 89, il rinvenimento del sar- cofago di Priscilla sarebbe, invece, avvenuto nell'anno 1485).

(2) Ugo Scamuzzi, Studio sulla mummia di bambina, cosiddetta « Mummia di Grottarossa », rinvenuta a Roma, sulla Via Cassia, il 5-2-1964, in Rivista di studi classici, Torino, anno XII, 1964, fase. Ili (n. 35 della raccolta), pp. 264-280.

(3) Vedi La « Mummia di Grottarossa », in Settecolli, Roma, anno XI, n. 12, dicembre 1965, p. 5.

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