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Fabio De Sanctis De Benedictis LA MUSICA VOCALE DI MASCAGNI (pubblicata originariamente in Civiltà Musicale 46/47, anno XVII, maggio-dicembre 2002) Premessa In questo lavoro presentiamo i risultati di un’analisi musicale condotta su 22 liriche di Pietro Mascagni. Questa indagine, pur non esaurendo i molteplici aspetti osservabili nelle composizioni del maestro livornese, vuole dare un contributo alla definizione di alcuni tratti dello stile del nostro autore. Ci siamo orientati su principi di metodo che fossero il più possibile definiti, in accordo con l’impostazione di chiarezza metodologica esplicitata già da Nattiez 1 . Per delimitare il nostro campo di indagine abbiamo preso in esame i seguenti elementi: la forma, l’apparato melodico e quello armonico. È noto come dalla scelta di opportuni criteri di segmentazione dipendano fondamentalmente i risultati dell’analisi successiva; abbiamo ritenuto in ciò imprescindibile quanto implicito nelle leggi gestaltiche di pregnanza, del ritorno, di buona continuazione, di vicinanza e di raggruppamento, così come espresse da Leonard B. Meyer 2 , nonché presupposti stilistici storico–musicali. L’analisi formale è stata condotta perciò mediante operazioni di segmentazione basate su discontinuità di ordine generale come le corone, i cambi di metro e di agogica, le battute con doppie stanghette, e su discontinuità di ordine particolare come le simmetrie frastiche e armoniche, la struttura sintattica del testo letterario, le legature di frase. Nell’analisi armonica abbiamo utilizzato concetti desunti dalla teoria funzionale dell’armonia, per la quale rimandiamo alla letteratura di riferimento 3 . Ci limitiamo a mostrare sinteticamente in questa sede i rapporti funzionali principali tra i diversi gradi della scala cromatica, esemplificando interpretazioni alternative, attenendoci alla simbologia adottata ordinariamente nell’armonia funzionale. Tono di riferimento: Do; l’iniziale maiuscola indica l’accordo maggiore, quella minuscola l’accordo minore; le funzioni tra parentesi rappresentano le dominanti o le sottodominanti secondarie, maggiori o minori. Do = T; (D)°S; (D)S; (S)°D; (S)D 1 Si veda in proposito Jean–Jacques Nattiez, “Syrinx di Debussy: un’analisi paradigmatica”, in AA. VV., Il senso in musica, a cura di L. Marconi e G. Stefani, Bologna, CLUEB, 1987. 2 Leonard B. Meyer, Emozione e significato nella musica, Bologna, Il Mulino, 1992. 3 Il lettore interessato a questa teoria potrà trovare un valido manuale in Diether de la Motte, Manuale di Armonia, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia Editrice, 1988, quarta ristampa 1992, nonché in AA. VV., La teoria funzionale dell’armonia, a cura di L. Azzaroni, Bologna, CLUEB, 1991, dal quale abbiamo dedotto ed elaborato le relazioni riportate nell’esempio, riferendoci principalmente ai saggi di Hugibert Ries (Hugo Riemann) e Ernst Kirsch. 1

La Musica Vocale Di Mascagni

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Analisi delle Liriche di Pietro Mascagni per voce e pianoforte. Pubblicata in Civiltà Musicale.

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Page 1: La Musica Vocale Di Mascagni

Fabio De Sanctis De Benedictis

LA MUSICA VOCALE DI MASCAGNI

(pubblicata originariamente in Civiltà Musicale 46/47, anno XVII, maggio-dicembre 2002)

Premessa

In questo lavoro presentiamo i risultati di un’analisi musicale condotta su 22 liriche di Pietro Mascagni. Questa indagine, pur non esaurendo i molteplici aspetti osservabili nelle composizioni del maestro livornese, vuole dare un contributo alla definizione di alcuni tratti dello stile del nostro autore. Ci siamo orientati su principi di metodo che fossero il più possibile definiti, in accordo con l’impostazione di chiarezza metodologica esplicitata già da Nattiez1. Per delimitare il nostro campo di indagine abbiamo preso in esame i seguenti elementi: la forma, l’apparato melodico e quello armonico.

È noto come dalla scelta di opportuni criteri di segmentazione dipendano fondamentalmente i risultati dell’analisi successiva; abbiamo ritenuto in ciò imprescindibile quanto implicito nelle leggi gestaltiche di pregnanza, del ritorno, di buona continuazione, di vicinanza e di raggruppamento, così come espresse da Leonard B. Meyer2, nonché presupposti stilistici storico–musicali. L’analisi formale è stata condotta perciò mediante operazioni di segmentazione basate su discontinuità di ordine generale come le corone, i cambi di metro e di agogica, le battute con doppie stanghette, e su discontinuità di ordine particolare come le simmetrie frastiche e armoniche, la struttura sintattica del testo letterario, le legature di frase.

Nell’analisi armonica abbiamo utilizzato concetti desunti dalla teoria funzionale dell’armonia, per la quale rimandiamo alla letteratura di riferimento3. Ci limitiamo a mostrare sinteticamente in questa sede i rapporti funzionali principali tra i diversi gradi della scala cromatica, esemplificando interpretazioni alternative, attenendoci alla simbologia adottata ordinariamente nell’armonia funzionale.

Tono di riferimento: Do; l’iniziale maiuscola indica l’accordo maggiore, quella minuscola l’accordo minore; le funzioni tra parentesi rappresentano le dominanti o le sottodominanti secondarie, maggiori o minori.

Do = T; (D)°S; (D)S; (S)°D; (S)D

1Si veda in proposito Jean–Jacques Nattiez, “Syrinx di Debussy: un’analisi paradigmatica”, in AA. VV., Il senso in musica, a cura di L. Marconi e G. Stefani, Bologna, CLUEB, 1987.2Leonard B. Meyer, Emozione e significato nella musica, Bologna, Il Mulino, 1992.3Il lettore interessato a questa teoria potrà trovare un valido manuale in Diether de la Motte, Manuale di Armonia, Scandicci (Firenze), La Nuova Italia Editrice, 1988, quarta ristampa 1992, nonché in AA. VV., La teoria funzionale dell’armonia, a cura di L. Azzaroni, Bologna, CLUEB, 1991, dal quale abbiamo dedotto ed elaborato le relazioni riportate nell’esempio, riferendoci principalmente ai saggi di Hugibert Ries (Hugo Riemann) e Ernst Kirsch.

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do = °T; (°S)D; (°D)S; (°S)°D; (°D)°SRe b = °Sl; (S)°Tl; (S)°Spre b = (°S)°Tl; (°S)°SpRe = DD; D°D; (S)Tp; (S)Slre = Sp; (°D)D; (°D)°D; (°S)Tp; (°S)SlMi b = (D)°Sp; (D)°Tl; (S)°Dp; °Tp; °Dlmi b = (°S)SS; (°S)°Dp; (°D)°Tl; (°D)°SpMi = (D)Tp; (D)Sl; (S)Dl; l<(°S)°Tp>mi = Tl; Dp; (°D)Tp; (°D)Sl; (°S)DlFa = S; (D)°Dpfa = °S; (°D)°DpFa # = (S)°Sl; (D)Dlfa # = (°S)°Sl; (°D)DlSol = D; (S)Spsol = °D; (°S)SpLa b = °Sp; °Tl; (D)°Sl; (S)°Tp; (S)°Dlla b = l<(D)Tp>; (°D)°Sl; (°S)°Tp; (°S)°DlLa = (D)Sp; (S)Tl; (S)Dp; (D)°DDla = Tp; (°S)Tl; (°S)Dp; (°D)SpSi b = (S)S; (D)°Tp; (D)°Dl; (S)°S; °Dpsi b = (°S)S; (°D)°Tp; (°D)°Dl; (°S)°SSi = (D)Tl; (D)Dpsi = Dl; (°D)Tl; (°D)Dp

A seconda che il tono sia maggiore o minore, potranno essere più probabili alcune interpretazioni piuttosto che altre. Se nel corso della dissertazione seguente si troveranno accordi indicati con simbologie diverse da quelle riportate nell’esempio precedente, sarà tuttavia facile ed immediato ricavare l’interpretazione considerata nel caso specifico. Nell’analisi armonica abbiamo inoltre guardato alla modulazione in senso esclusivamente monotonale, riferendo perciò ogni armonia alla tonica, secondo gradi di affinità più o meno immediati4.

Per ciò che riguarda la melodia, abbiamo utilizzato tecniche di riduzione che, sebbene simili a quelle dell’analisi schenkeriana, non intendono assumere tuttavia, in questa sede, esattamente le stesse metodologie o gli stessi princìpi, pur riconoscendone la validità e l’efficacia.

Analisi formale

Per quanto riguarda la forma delle liriche, possiamo notare innanzitutto che globalmente Mascagni non si discosta dalla tradizione, privilegiando la forma binaria in primo luogo, con 10 casi su 22, poi la forma libera (6 esempi su 22), quella ternaria (5 composizioni), ed infine una forma assimilabile a quella di rondò con ritornello pianistico, come nel caso di

4Sulla concezione monotonale dell’armonia rimandiamo tra l’altro alla manualistica di Arnold Schönberg, che stabilisce, attraverso la teoria delle regioni armoniche, diversi gradi di affinità con la tonica di riferimento, senza per questo implicare necessariamente una modulazione, almeno nel senso tradizionale del termine.

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Stornelli marini. Tuttavia i lineamenti formali non sono demarcati nettamente e pedissequamente, in quanto le caratteristiche di una tipologia trascolorano, alcune volte quasi impercettibilmente, in quelle di un’altra. Ad esempio in Ascoltiamo possiamo osservare un accenno di ripresa intermedia e finale, che caratterizzerebbe la forma da libera a ternaria. Ugualmente ne La Stella di Garibaldi la ripresa finale, seppur accennata e breve, potrebbe far propendere per una forma ternaria anziché binaria, anche se preferiamo considerare questa corta ripresa piuttosto come una sorta di Coda. Un caso per certi versi simile troviamo in M’ama non m’ama, dove l’impianto binario viene arricchito dalla lunga Coda finale, pari a circa un quarto della lunghezza complessiva. In La Ballata di Maggio le sezioni della forma ternaria, che presenta la parte centrale a sua volta divisa in tre segmenti, sono separate tutte da ritornelli pianistici, che avvicinano la struttura alla forma del Rondò o della Ballata. Ugualmente accade in componimenti binari come Sera d’ottobre e Ballata, il cui titolo esplicita il procedimento di suddivisione formale attraverso ritornelli pianistici, veri e propri “segnali” strutturali5. Mascagni perciò sembra muoversi sì all’interno della tradizione, ma con la libertà e la disinvoltura proprie di chi conosce e padroneggia le differenti categorie formali.

Per concludere le nostre considerazioni strutturali vogliamo mettere in evidenza alcuni tratti rilevanti. Innanzitutto notiamo come a fronte di liriche che manifestano asimmetria di metro e frequenti cambi di tempo, come in Bimba bionda, troviamo invece composizioni estremamente quadrate come Serenata. Alcune volte abbiamo, oltre all’asimmetria di metro, anche condotta libera, modellata sul verso letterario, per cui le varie parti segmentabili presentano un numero di battute sempre diverso e fluttuante, come in Allora ed ora. In Risveglio invece possiamo notare come l’asimmetria dovuta ai cambi di metro si ricomponga in una simmetria di ordine superiore, attraverso la regolare e costante alternanza di frasi in tempo di due quarti e di tre quarti. In Ave Maria troviamo uno spostamento di numero di battute atto a bilanciare la forma; ovvero i vari frammenti possono essere ricondotti al seguente schema: X (2 misure); AA’B (4+4+2 misure); CC’D (4+4+4 misure); AA’B’ (4+4+4 misure). Notiamo come il frammento X, unito al B successivo, ricomponga la simmetria insita nella successione regolare di frasi di 4 battute. Altrove invece la regolarità nel numero di misure si instaura secondo unità differenti dal numero 4, come in L’addio di Palamidone, dove la cifra 11 rappresenta, con qualche approssimazione, l’elemento strutturante: le diverse unità frastiche, segmentate, si susseguono infatti secondo lo schema di battute 11, 8+3 (= 11), 8+3, 12, 11. In M’ama non m’ama… l’unità sovrastrutturante è data dal 5, essendo lo schema formale: A (5 misure); BC (4+6 misure, quindi 10 in tutto, ovvero il doppio di 5); A (5 misure); B’D (3+2 = 5 misure); C’ (4 misure e mezzo); E (2 misure); F (5 misure); G (2 misure e mezzo). Notiamo come C’ sia riconducibile al 5 per approssimazione, e di nuovo lo siano E+G (in tutto 4 5A titolo di curiosità possiamo ricordare come l’uso di segnali musicali per la suddivisione formale sia un procedimento diffuso. Per citare un esempio radicalmente differente dalla musica presa in esame in questo scritto, rammenteremo come nel Quartetto di Witold Lutoslawski il primo movimento sia chiaramente suddiviso in sezioni da un ritornello di “ottave rimbalzanti” che marcano la fine di un episodio e l’inizio del seguente.

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battute e mezzo). Siamo quindi in presenza di delicate asimmetrie formali che non turbano, nell’insieme, l’equilibrio del tutto.

Analisi armonica

Passando alla trattazione del parametro armonico, dobbiamo osservare che Mascagni si attiene sostanzialmente all’armonia tonale del suo periodo, ma alcuni particolari evidenziano tratti stilistici del tutto personali. In primo luogo l’alternanza di tono minore e tono omologo maggiore, ad esempio re minore e re maggiore in M’ama non m’ama…, lascia intravedere una sorta di allargamento e arricchimento tonale delle possibilità insite nella funzione di tonica, attraverso l’ampliamento del numero di armonie possibili vicendevolmente nelle due scale. Sempre in questa lirica, l’uso del quarto grado innalzato sembra alludere all’elemento popolare o popolaresco, altrove diffuso nelle opere dell’autore livornese, ispirando un paragone spontaneo con la pittura del Fattori e di altri.

In alcune liriche troviamo inoltre il prevalere statistico di una determinata funzione armonica, oppure l’assenza totale di un’altra, in singole frasi o in particolari zone formali della composizione. Ad esempio in La luna la parte centrale è caratterizzata dalla funzione di Dominante, mentre in Bimba bionda è la funzione di Sottodominante a prevalere nella parte mediana dell’opera. In Alla luna invece le sezioni omologhe, che possiamo osservare alle misure 1–7, 8–14, 30–36, sono caratterizzate dalla completa assenza della funzione di Dominante. Tutti questi esempi mostrano come il musicista distribuisca con oculatezza gli accordi, caratterizzando e differenziando globalmente il “sapore” armonico delle differenti sezioni, talvolta con soluzioni che possiamo definire audaci, come in Sera d’ottobre, dove le battute 21–28 sono percorse da un’unica armonia, corrispondente alla funzione (D)Sp, ovvero Dominante della Sottodominante parallela, con un effetto di sospensione armonica che sfiora quasi i limiti della saturazione percettiva. Del resto la stessa lirica termina in sospensione, proponendo nelle ultime due battute la successione armonica: Dominante, Sottodominante (su pedale di Dominante), Dominante. Da notare inoltre la successione Dominante–Sottodominante, funzionalmente poco ortodossa, se seguiamo le prescrizioni di Riemann, nel saggio citato, secondo le quali la funzione di Dominante possa essere preceduta da quella di Sottodominante, ma non il contrario. Assistiamo perciò in questo caso ad un ampliamento della sintassi armonica verso l’emancipazione della funzione di Sottodominante. Sempre in Sera d’ottobre Mascagni propone addirittura un ostinato armonico basato sulle due funzioni precedenti, per cui alle battute 15–20, battuta per battuta, troviamo la seguente successione: Sottodominante con sesta aggiunta, Dominante, Sottodominante con sesta aggiunta, Dominante, Dominante della Dominante della Sottodominante parallela, Dominante della Sottodominante parallela. L’alternanza di Sottodominante e Dominante viene quindi elevata a sistema. Analogo esempio troviamo in Stornello, con la successione di armonie alle battute 7–12: Sottodominante minore, Dominante minore, Sottodominante minore, Dominante minore con settima, Tonica minore sino alla fine.

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In Alla luna il procedimento dell’ostinato armonico, che sembra essere uno degli stilemi principali del Mascagni delle liriche, viene replicato su differenti piani, per cui abbiamo, sinteticamente:

battute 20–23: (D7)Tp Tp (D7)Tp Tpbattute 24–26: (D7)S S (D7)S S (D7)S S

L’ostinato viene spostato dalla funzione di Tp a quella di S.In Pena d’amore osserviamo invece un procedimento differente, in

quanto frammenti melodicamente diversi implicano invece la stessa armonia, per cui, sotto questo aspetto, la forma viene indirizzata parzialmente verso una strutturazione ternaria invece che binaria. In dettaglio:

alle battute 5b–9a e 13b–17 abbiamo:

(D5<)S S (D5<)S S (D)Sp Sp (D)Sp D7 T

alle misure 29b–33 (fine della lirica):

S Sp7 T (D5<)S S (D)Sp Sp (D)Sp D7 T

È chiaramente osservabile l’identità delle ultime sette funzioni delle due frasi.

Anche una sommaria statistica delle armonie può fornire informazioni utili alla definizione di elementi caratteristici. In ciò che segue considereremo, nel caso di funzioni secondarie, ovvero di Dominanti o Sottodominanti secondarie, la funzione principale. Ossia, ad esempio, in (D)Tp la funzione considerata sarà comunque Tp, quindi T. Abbiamo preso nota delle funzioni presenti a prescindere dalla loro durata, rilevando semplicemente le discontinuità armoniche, ovvero considerando una nuova funzione quando si ha sostanzialmente un cambio di armonia. Dal punto di vista complessivo perciò 10 liriche mostrano una prevalenza globale statistica della funzione di tonica; la funzione di Dominante predomina in 8 componimenti; quella di Sottodominante in 3; in una sola lirica, Stornello, in verità assai breve, le tre funzioni hanno la stessa distribuzione. Le tre liriche in cui predomina la funzione di Sottodominante, indicata da Riemann come tonalmente centrifuga, sono rispettivamente Bimba bionda, Pena d’amore e La Stella di Garibaldi. Percentualmente queste tre composizioni mostrerebbero un’elaborazione armonica, a livello profondo, più emancipata dalla tonica, nonostante un’apparente semplicità di superficie come può mostrarsi ne La Stella di Garibaldi. In altri cinque casi la funzione di Sottodominante appare superiore in presenza statistica a quella della Dominante, ribadendo perciò la sua importanza.

Scendendo maggiormente in dettaglio, ci preme osservare che in Alla luna la funzione di Dominante compare solamente nelle frasi che terminano una sezione formale, quasi a strutturarsi come un segnale di cambio episodio, rafforzando la spinta dinamica dell’armonia verso la conclusione

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della frase. Analogamente in Messaggio d’amore la funzione di Dominante acquista pregnanza alla fine della prima sezione. Ugualmente, in La Ballata di maggio, questa funzione viene concentrata prima della ripresa. In Rosa alle misure 1–7 e 31–37 la funzione di Sottodominante è più presente di quella di Tonica, colorando le rispettive frasi in modo particolare. Ugualmente, in Bimba bionda le frasi alle misure 10–14a e 14b–18a riportano un assoluto predominio della Sottodominante, a ribadire lo spostamento armonico verso questa funzione proprio in prossimità della zona formale centrale. Analogamente in Serenata alle misure 15–18 compare solamente la funzione di Dominante. In Allora ed ora invece assistiamo ad una particolare strutturazione armonico–funzionale. Infatti da misura 16 la funzione di Dominante acquista maggiore rilevanza, proprio in concomitanza col cambio di registro espressivo, ed ogni frase, in base alla distribuzione statistica delle proprie funzioni, appare acquistare un colore armonico ben individuato. In Ave Maria, di impianto più tradizionale, la funzione di Sottodominante non è particolarmente in rilievo, mentre quella di Dominante affiora statisticamente soprattutto in fine frase e al centro della composizione.

Anche il ritmo armonico partecipa alla definizione formale dei brani, essenzialmente in differenti maniere, che per brevità elenchiamo senza entrare nel dettaglio: intensifica il culmine melodico; sottolinea la fine di frase o di periodo, analogamente a quanto svolto a livello armonico dalla cadenza; sottolinea retoricamente il senso del testo letterario; si distende nel passaggio da un tono minore all’omologo maggiore.

Analisi melodica

Passando alla trattazione del parametro melodico, iniziamo preliminarmente dalla distribuzione dei culmini e dei minimi della melodia. Essi sono in genere individuati su parole chiave del testo letterario, in sintonia con la tradizione, anche se sembrano singolarmente più focalizzati i minimi dei culmini, in quanto non troviamo una netta presenza di concentrazione semantica su quest’ultimi. Con le dovute cautele per il fatto che, per identificare una relazione precisa e stabile tra culmini (e/o minimi melodici) e semantica del testo letterario, occorrerebbe un’analisi condotta su un corpus più ampio, possiamo tuttavia fare qualche esempio. In Alla luna il culmine melodico si trova in prossimità del testo “e di due ciglia nere” e “sulle balze del monte”, mentre il minimo melodico si ha su “accovacciato”. In Rosa il culmine può essere trovato sull’esclamazione di dolore “Ahi”, come anche in M’ama non m’ama…, e su “fuggon le splendide (rapide) sere”. In Serenata i minimi melodici si hanno su “così tu adagi”, “stanca” e “riposa”. In Allora ed ora troviamo un fenomeno interessante, in quanto il registro complessivo, compreso tra il fa 3 e il fa 4 (precisando che il do centrale sia il do 3), si esplicita con un salto melodico discendente di ottava, appunto dal culmine al minimo melodico della composizione, sulla parola significativa “baci”. In Messaggio d’amore il minimo melodico è su “sospir” e “martir”. In La tua Stella… è il culmine ad essere focalizzato semanticamente, svolgendosi in prossimità di “s’irraggia del medesimo splendore” e di “che

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sale al cielo”. In Ave Maria i culmini melodici si hanno su “madre eletta”, “Dio” e “prega”, mentre, in modo significativo, il minimo melodico si ha sulla parola “morte”. In Stornelli marini abbiamo la nota più grave della melodia vocale sulla parola “mare profondo”. Non sono questi gli unici casi che abbiamo rilevato nella nostra analisi, ma già da questi pochi esempi le connessioni tra l’uso degli estremi della tessitura vocale e il significato del testo letterario appaiono abbastanza evidenti6. Rimandiamo ad altra sede la verifica su un corpus maggiore. Altro elemento da mettere in evidenza, relativamente al registro vocale, è il fatto che Mascagni operi con cura nei confronti delle possibilità tecniche della voce, in quanto il registro viene mantenuto nell’ambito totale di un intervallo di ottava in cinque liriche, così come per l’intervallo di nona, anch’esso riservato a cinque composizioni. L’intervallo di decima è presente in quattro brani, e altrettanto quello di dodicesima. In due casi troviamo l’intervallo di undicesima diminuita, e in uno solo l’intervallo di quattordicesima. Stornello rappresenta un esempio eccezionale e atipico, data l’estrema brevità della parte vocale, racchiusa globalmente in un intervallo di terza.

La struttura della melodia vocale, applicando un primo livello di riduzione, appare caratterizzare la forma attraverso procedimenti distinti, ovvero fondati su intervallistica differenziata, che talora vengono riassunti sinteticamente. Ad esempio in M’ama non m’ama… la struttura melodica di fondo è chiaramente imperniata sull’intervallo di terza, e la frase F riprende alcune condotte, variandole, della frase B (esempio 1). Infatti come questa è composta dal dispiegamento melodico di una serie di terze armoniche parallele discendenti, ossia re–fa, do diesis–mi, si bemolle–re, così in F abbiamo il medesimo fenomeno con le terze fa diesis–la, mi–sol, re–fa diesis, do diesis–mi, si–re, ma invertendo in alcuni casi la direzione melodica. Si noterà poi come, a proposito della strutturazione differenziata attraverso le intervallistiche a livello profondo, nella frase E invece le note più acute si muovano per grado congiunto, e non più per terza, intervallo tra l’altro assente anche a livello superficiale. In Allora ed ora (esempio 2) la differenziazione formale è data dall’utilizzo di strutture per salto e strutture per grado. Le frasi A e B si configurano sull’intervallo di terza, mentre le successive ruotano principalmente intorno all’intervallo di seconda. In particolare nelle frase D possiamo osservare una tipica struttura ad arco (la–sol–fa–sol). In Risveglio assistiamo ad un procedimento di sintesi (esempio 3) tra strutture per grado e per salto. Nella frase B abbiamo infatti un esempio di condotta complessivamente scalare, articolata in una figura ad arco seguita da una successione di gradi congiunti discendenti; In C è il salto di terza a strutturare profondamente la melodia; in D’ invece troviamo presenti entrambi i procedimenti. Ciò appare ancora più evidente confrontando il frammento D’ col precedente e analogo D (si vedano le misure 23–28 della lirica), dove invece la successione finale di gradi congiunti viene evitata in favore di una condotta per salto.

6Su altre possibili relazioni tra testo letterario e melodia si veda Luca Marconi, Intonazioni cantate e evocate nella «Cavalleria Rusticana» di P. Mascagni, in Secondo convegno europeo di analisi musicale, a cura di R. Dalmonte e M. Baroni, Trento, Università degli Studi di Trento, 1992.

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Conclusioni

Per tracciare una sintesi di questo breve excursus, possiamo dire che l’autore livornese, pur muovendosi globalmente all’interno dello stile tonale della propria epoca, sembra rinnovarsi attraverso alcuni elementi:

1. l’emancipazione della funzione di Sottodominante che, come specifica Riemann, appare funzione antitetica a quella di Tonica, quindi centrifuga rispetto al sistema di attrazioni armoniche della tonalità; proprio nel lessico armonico ravvisiamo una delle principali chiavi di lettura relative alla novità e alla personalità dello stile di Mascagni.

2. l’utilizzo dell’elemento popolare e/o popolaresco.

3. una sensibilità attenta nei confronti degli elementi formali coesivi, sia ad un primo livello di lettura che ad un livello più profondo di riduzione.

Appare opportuno specificare che le ipotesi formulate a questo punto della nostra indagine vadano verificate attraverso l’estensione del corpus analizzato, come già detto, sottoponendo a disamina anche altre opere del nostro autore. Non entreremo infine nel merito di valutazioni estetiche, non ritenendo questo, dal nostro punto di vista, compito dell’analisi musicale.

Appendice

In conclusione vogliamo aggiungere l’analisi di due liriche, a scopo dimostrativo del modo attraverso il quale abbiamo condotto la ricerca.

Analisi di Bimba bionda.

In base ai criteri già esposti, la forma risulta configurata come nello schema seguente. In particolare questa lirica è stata segmentata attraverso l’ausilio delle legature di frase. Gli accordi sono indicati a prescindere dalla loro posizione nella battuta, ricavabile facilmente dalla lettura dello spartito.

batt. 1a: X (solo pianoforte)

batt. 1b–5a: A:(T) Sp7 | … | D9 Tl7 | (D)SP D D7 | T

batt. 5b–9: B:Sp | D °D Sp D9> |(D)S (D9)D (D9)°Tp | °T D | °T |

batt. 10–14a: C:(°S)S | °Sp 9 S7/5> | (S7)S (S9)°Sl | °Sp (°D)°Sl | (S7)S

batt. 14b–18a: D

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(S)°Sl | (D7)°Sp (S9)°Sl | (D7)°Sp (D)Tp (S9)°Sl | °Sp9> (D)Sp |(D)°Sp

batt. 18b–22a: A(T) Sp7 | … | D9 Tl7 | (D)SP D D7< | T

batt. 22b–27: ES | Sp D7 | T (D7)S | S D7D | T Sp | T5/6 ||

La forma quindi è riassumibile nello schema AB CD AE, una tipica forma ternaria (ABA’), coerentemente con i cambi di agogica. Come prime osservazioni da fare occorre dire che abbiamo asimmetria metrica e la funzione di Sottodominante prevale nella parte centrale, caratterizzandola armonicamente in maniera differente dalle sezioni estreme.

Dal punto di vista della statistica delle funzioni presenti, premesso quello che abbiamo detto in precedenza, il tutto è riassumibile nel prospetto seguente:

X: T = 1 volta, S = 0, D = 0

A: T = 3, S = 2, D = 3B: T = 3, S = 3, D = 5

C: T = 0, S = 8, D = 0D: T = 1, S = 8, D = 0

A: T = 3, S = 2, D = 3E: T = 3, S = 5, D = 2

Ci sembra rimarchevole il fatto che, come già osservato, la parte centrale sia affidata totalmente alla funzione di Sottodominante, mentre in B affiori statisticamente la Dominante, rafforzando dinamicamente il senso di chiusura armonica della prima sezione.

Il ritmo armonico appare strutturato secondo quanto segue:

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X: A: B: C: D: A: E:

Si noti come il culmine ritmico si abbia in prossimità della frase B, in chiusura della prima parte, dove abbiamo già osservato un incremento statistico della funzione della Dominante, sulle parole “nel notturno mistico languore”, semanticamente pregnanti.

Dal punto di vista melodico questa lirica presenta come culmine della melodia il la 4 di misura 25, sulla parola significativa “amor”, mentre il minimo si ha a battuta 13, su “incerto e lento”, quindi con chiare corrispondenze col senso letterale. Ad una prima riduzione (vedi esempio 4) le frasi vocali della lirica presentano dei fenomeni interessanti: la frase A mostra il quarto grado alterato (re diesis), forse di provenienza popolare/popolaresca, e si configura con intervalli per salto (intervallo di 3ª) e per grado, con la discesa dal fa diesis 4 al do diesis 4. La frase B, pur anticipando una condotta di tipo semicromatico, con l’alternanza di do diesis–si e do naturale–si, sostanzialmente chiude e completa la discesa di A, arrivando sino al la 3, tonica. Le frasi C e D si strutturano, differenziandosi in parte dalle precedenti, attraverso una discesa semicromatica, che in D viene in particolare ampliata e confermata all’interno dell’intervallo di ottava, autoreferenziale per definizione, sol 4–sol 3. La frase E, con le sue condotte per salto, e in parte per grado, riprende parzialmente la morfologia di A, in particolare nelle sue ultime tre altezze, corrispondenti alle prime tre di A.

Per riassumere le caratteristiche messe in evidenza dall’analisi, diremo che questa lirica presenta una tipica forma ternaria, con la sezione centrale “colorata” armonicamente dalla funzione di Sottodominante, mentre la funzione di Dominante rafforza la chiusura della prima parte, coadiuvata in ciò dal ritmo armonico. Quest’ultimo inoltre sottolinea alcuni aspetti semantici, unitamente alla dislocazione dei culmini e dei minimi melodici. Le melodie delle frasi sono da un lato distinte, ma dall’altro messe in relazione attraverso l’intervallistica di fondo. Tutti gli elementi, quindi, concorrono alla definizione della forma in molteplici aspetti.

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Analisi di Serenata

Formalmente possiamo distinguere le seguenti parti:

batt. 1–2: X:| °T °S5/6 | °T °S5/6 |

batt. 3–6: A:| °T °S5/6 | °T °S5/6 | °T | … |

batt. 7–10: B:| °T °S5/6 | °T °S5/6 | °T | … |

batt. 11–14: A (vedi sopra)

batt. 15–18: B’:| °D D7°D | °D D7°D | °D | … |

batt. 19–22: C:|T | D9/T | T D | °D |

batt. 23–26: D:| °D°D | Tp (D)DTp | (D)Tp | (D7) Tp |

batt. 27–30: E:| (D5<)S | S | (D5<)S | S |

batt. 31–35: F:| (D7(Sp | Sp D | T | … | D9/T |

Il tutto viene letteralmente ripetuto. La forma risulta quindi binaria, secondo lo schema: (X) ABAB’ CDEF ABAB’ CDEF, quindi sostanzialmente AB AB. Assistiamo a fenomeni di un certo rilievo, in quanto, a differenza che nella lirica precedentemente presa in esame, ci troviamo davanti ad una estrema quadratura, cui corrisponde la ripetizione di alcuni procedimenti armonici. Specificamente troviamo numerosi ostinati armonici, con le ripetizioni di °T °S5/6 in A e B, processo spostato sulla °D in B’ e sulla S in E. Infine abbiamo che ogni 18 misure si verifica un cambio di modo, oscillante tra re minore e Re Maggiore, per cui sembra quasi che Mascagni in questo caso tenda ad un allargamento della sfera tonale dell’originario re minore attraverso l’inclusione appunto del tono omologo maggiore, la tonalità in cui termina la lirica.

Dal punto di vista statistico la distribuzione delle funzioni in ogni frase appare significativa:

X: T = 2; S = 2; D = 0

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A: T = 3; S = 2; D = 0B: T = 3; S = 2; D = 0A: T = 3; S = 2; D = 0B’: T = 0; S = 0; D = 5

C: T = 2; S = 0; D = 3D: T = 4; S = 0; D = 1E: T = 0; S = 4; D = 0F: T = 3; S = 2; D = 3

Occorre osservare che in B’, frammento finale della prima parte, assistiamo ad un incremento della funzione di Dominante, analogamente a quanto rilevato nella lirica precedente, in concomitanza con la fine della sezione, sebbene adesso, in ossequio all’oscillazione modale rilevata, siamo in presenza della funzione della Dominante minore, invece che maggiore. Inoltre in E abbiamo chiara predominanza della funzione di Sottodominante, in corrispondenza del culmine melodico che troviamo appunto in tale frase.

Sul ritmo armonico non rileviamo niente di particolare, tranne un complessivo rallentamento nelle sezioni in maggiore.

Melodicamente, come già detto, sembrano essere semanticamente più focalizzati i minimi che i culmini.

La riduzione melodica (esempio 5) porta a fare alcune considerazioni. In A osserviamo una strutturazione per intervalli di terza che dà luogo contemporaneamente ad una doppia figura ad arco, evidenziata dalla direzione delle gambette delle note. Fa da contrappeso la frase B dove l’intervallo di terza ruota intorno al la 3, in un assetto complessivamente più statico. Viceversa B’, pur conservando la staticità propria della sua omologa B, riprende alcune movenze ad arco proprie di A, sintetizzando quindi i contorni melodici profondi delle due strutture precedenti. Ugualmente possiamo rilevare in C, con una figura ad arco di direzione opposta, che stabilisce così la continuità con quanto già ascoltato. In D l’arcata si espande dal grado congiunto all’intervallo di terza. E ed F appaiono anch’essi strutturati sull’intervallo di terza, il primo statico e il secondo volto verso il registro grave, a chiusura dell’episodio.

In sintesi questa lirica appare caratterizzata da una forma binaria estremamente regolare dal punto di vista metrico, che presenta armonicamente l’uso piuttosto diffuso dell’ostinato armonico. La sfera tonale viene ampliata dall’accostamento dei toni di re minore e re maggiore. Le melodie a livello profondo si strutturano spesso in forme ad arco che danno senso compiuto ad ogni frase, richiamando la semplicità formale, già altrove evidente, insita nel titolo della lirica, Serenata, che rimanda ad un clima popolare, semplice e non artificioso.

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