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La teoria delle bande delinquenti in America di Cloward e Ohlin, e Cohen, partendo da un introduzione di Merton e con un collegamento alla situazione italiana. Calabrò Francesco Renzopaoli Sara

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La teoria delle bande delinquenti in America di Cloward

e Ohlin, e Cohen, partendo da un introduzione di

Merton e con un collegamento alla situazione italiana.

Calabrò Francesco

Renzopaoli Sara

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Sin dagli inizi di questo secolo la criminologia tenta di spiegare perché i minori si aggreghino in bande per commettere reati, ma è soprattutto negli Stati Uniti, e in particolare tra gli anni '50 e '70, che numerosi autori si sono cimentati con questo

tema. Gli Stati Uniti, infatti, sono tra i paesi che più hanno risentito – e continuano a risentire – dei problemi causati da questa forma di delinquenza

giovanile. Qui, nel corso degli anni, le bande criminali di ragazzi hanno subito molte mutazioni, assumendo forme più o meno pericolose, fino ad arrivare in

alcuni casi recenti, ad organizzazioni ben strutturate che hanno sviluppato contatti con la malavita organizzata e scelto come ambito di azione il traffico di sostanze

stupefacenti.

La difficoltà di accedere alle mete definite dalla società, lo svilupparsi di modelli e culture devianti alternativi rispetto a quelli dominanti, l’instabilità della vita familiare, la scarsa fiducia in sé sono solo alcune delle ragioni che possono

spingere i giovani ad aggregarsi in bande. Le teorie criminologiche classiche sulle bande minorili, pur nelle loro differenze, sono accomunate dal concepire questi

gruppi come organizzazioni capaci di risolvere le contraddizioni dell'adolescenza.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Autori della Teoria delle Subculture:

● A.K. Cohen (1955), che sostiene come la banda sia una sottocultura, cioè uno strumento alternativo attraverso il quale un ragazzo delle classi povere può raggiungere mete sociali altrimenti inaccessibili. Sono le frustrazioni procurate negli adolescenti meno abbienti dalla consapevolezza di non poter conseguire gli obiettivi della classe media a portare alla formazione di gangs di ragazzi caratterizzate da regole e valori in contrasto con quelli dominanti. La stessa scuola inculca nei giovani le mete della società ricca, senza considerare che gli strumenti legittimi per raggiungerli non sono distribuiti equamente.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

● Cloward e L.E. Ohlin (1960), partendo dall'idea che le bande siano gusci protettivi in grado di fornire giustificazione e convalida ad uno stile deviante di vita, arrivano a classificare tre tipi di sottoculture giovanili: le criminali, le conflittuali, le astensioniste. Le sottoculture criminali intraprendono attività illegali solo per conseguire utilità materiali. Emergono in zone della città dove prevale il ceto inferiore, elevato è il grado di stabilità e dove esiste una criminalità adulta sviluppata capace di controllare ed indirizzare la stessa criminalità minorile. Le sottoculture conflittuali fanno della violenza, della lotta e della ribellione una ragione di vita. Nascono in zone povere della città dove la coesione sociale è bassa e la mobilità alta. Le sottoculture astensioniste, infine, si concentrano sull'abuso di droghe e di alcool, commettendo reati con l'unico fine di procurarsi queste sostanze. Si formano nelle aree più povere delle città, totalmente prive di strutture, dove la vita è così difficile che la fuga sembra essere l'unica possibilità. Sono instabili e caratterizzate da un alto tasso di mobilità dei loro membri.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

● G.H. Sykes e D. Matza (1957) sottolineano il fatto che i giovani delle bande devianti non sono portatori di valori opposti a quelli della società. La banda, infatti, nasce allo scopo di insegnare tecniche per neutralizzare l'ansia derivante dal contravvenire alle regole costituite fornendo scuse plausibili per far tacere la coscienza dei suoi membri.

● Un'ottica ancora più psicologica è adottata da studi come quello di P.M. Hall (1966) che, nel valutare come il livello di autostima dei ragazzi influenzi l'accesso ad un gruppo criminale minorile, arriva a dimostrare una maggiore propensione ad entrare in bande per quei soggetti con scarsa sicurezza in sé stessi.

● La teoria di H.A. Block e A. Nierderhoffer (1958) che considera l'organizzazione in gruppi criminali un rituale attraverso cui i giovani compiono il passaggio tra la fase adolescenziale e quella adulta. La banda assolverebbe ad una funzione che la società non è stata in grado di adempiere: quella di rendere meno difficoltosa la transizione verso l’età adulta, alleviando l’ansia, fornendo protezione e senso di sicurezza.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Studi sulle bande giovanili in USA:

Gli studi statunitensi più recenti sulle bande giovanili tentano di spiegare l'atto di adesione deIconsociati come una scelta razionale. Il criminale che partecipa all'organizzazione sarebbe mosso da interessi di tipo utilitaristico ed in grado di calcolare costi e benefici della sua azione illecita. Entrare in un gruppo di giovani delinquenti sarebbe una decisione di tipo lavorativo. Queste analisi lasciano facilmente intuire l'aspetto economico, di lucro, che sta prendendo piede anche in questo genere di criminalità. Nel corso degli anni negli Stati Uniti le bande di teppisti sono diventate sempre più organizzazioni illegali a scopo di profitto ed hanno assunto una portata che è certamente molto diversa dalle baby gangs che negli ultimi mesi hanno affollato le cronache italiane. La differenza tra il caso statunitense e quello italiano è facilmente intuibile ricorrendo alla distinzione che i criminologi nordamericani operano tra "group delinquency" e "gang delinquency".

● La prima può essere definita come criminalità commessa in associazione sulla base di un'alleanza di breve periodo.

● La seconda come delinquenza perpetrata da persone associate in organismi complessi, ben strutturati, con leader ben identificabili, divisione del lavoro, regole chiare e riti condivisi tra i membri.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Negli Stati Uniti i mutamenti della criminalità minorile in banda mostrano chiaramente un'evoluzione verso la ricerca del profitto. nordamericani comincia a farsi sentire seriamente agli inizi degli anni '50. Poi, a metà degli anni i '60, vuoi per il successo delle strategie di controllo, vuoi per una maggiore consapevolezza pubblica, vuoi per un eccessivo uso di droghe da parte dei membri, si ridimensiona. Riemerge però, più violenta e predatoria che mai, negli anni '70, sia nelle città maggiori, come Chicago, dove era sempre esistita, sia in nuove, più piccole.

Dalla fine degli anni '70 e durante gli '80 la leadership viene spesso assunta da adulti e le attività criminali diventano più organizzate. Queste sono essenzialmente legate alla distribuzione al dettaglio di droga, in modo particolare di crack, attività rischiosa nella quale le bande giovanili si sostituiscono alle tradizionali famiglie criminali, e al traffico di armi. Ma anche forme di reati più complesse, come le frodi alle carte di credito, rientrano nel curriculum criminale dei gruppi. Negli anni '90 le gangs infiltrano le scuole statunitensi anche se la percentuale di giovani studenti che si uniscono alla bande non è elevata, tanto che, anche nelle aree più colpite dal problema, non supera mai il 10 per cento. Le scuole assolvono ad una forma di socializzazione, agevolano il reclutamento dei membri e sono un luogo, un punto di ritrovo, dove compiere violenze ed altri reati. Gli studenti che si trovano in istituti con presenza di bande giovanili dichiarano nel doppio dei casi, rispetto ai loro colleghi in scuole pulite, di temere di diventare vittime.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Esistono diverse stime sull'entità delle bande che permettono di valutarne sia la crescita negli anni che l'estensione attuale. Nel 1973 si parla di circa 55.000 affiliati in tutti gli Stati Uniti, nel 1982 il numero passa a 98.000, nel 1992 a più di 249.000 per bande con una popolazione attorno al mezzo milione. Tutti questi gruppi illegali tendono a svilupparsi su base etnica. Ne esistono di afro-americani, ispanici, asiatici, bianchi; questi ultimi la tipologia in più rapido incremento. Spesso si diffondono in tutto il territorio nazionale dando vita a confederazioni formate da più organismi locali. I loro rappresentanti sono per il 90 per cento di sesso maschile, anche se la presenza femminile è in crescita. I membri si distinguono perché indossano vestiti, con colori predefiniti, che permettono di riconoscere facilmente l'appartenenza alla sottocultura di riferimento, perché adottano determinati tagli di capelli, si fanno tatuare in modi simili, dipingono graffiti, si comportano seguendo modelli comuni e mostrano grande lealtà tra loro. Sebbene la stragrande maggioranza dei componenti sia minore, la loro età varia tra gli 8 ed i 55 anni, con un'età media che si assesta intorno ai 17 anni.

Nelle città in cui i problemi di gang sono consolidati, queste stanno perdendo l'aspetto giovanile perché il 74 per cento è composto da adulti. Ma nelle città americane dove il problema è più recente, i minori sono ancora circa il 90 per cento dei membri. Comunque, l'arco di età più rappresentato è molto giovane, assestandosi tra i 12 ed i 25 anni.

Le bande statunitensi sono tante, hanno nomi diversi e coloriti. Ovviamente non tutte sono specializzate in attività criminali organizzate. Alcune si comportano ancora solo in modo pericoloso e violento scegliendo la via della ribellione. E' vera, però, una cosa. Se il dibattito negli Stati Uniti si incentra sulla opportunità di utilizzare anche per le juvenile gangs un approccio simile a quello adottato per la criminalità organizzata, ciò vuol dire che è forte il collegamento concettuale tra questa forma di criminalità e la delinquenza giovanile in gruppo.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Scuola di Chicago:

La devianza era una questione di importanza cruciale per la prima generazione di sociologi, soprattutto americani e inglesi. Fenomeni come il crimine, la delinquenza e il 'vizio' erano considerati minacce alla moralità dominante e alle concezioni vigenti dell'ordine sociale. La devianza denotava un cattivo funzionamento dei sistemi di socializzazione primari/informali (la famiglia, la scuola, la moralità). Gli scienziati sociali appoggiavano movimenti di riforma miranti a rendere più efficienti, umane e 'progressiste' le istituzioni ufficialmente deputate al controllo sociale (correzionalismo).

La Scuola di Chicago degli anni venti e trenta ereditò parte di questa ideologia, ma cercò di affrontare il tema della devianza in modo più 'scientifico' e meno moralistico. I suoi seguaci usavano dati statistici (riportando la distribuzione dei tassi di devianza su mappe della città), ma furono anche i primi a utilizzare metodi etnografici: l'osservazione diretta, la ricostruzione di storie individuali, lo studio di singoli casi. Le loro descrizioni, molto dettagliate, delle bande giovanili, della criminalità organizzata, della prostituzione, del vagabondaggio, ecc. inaugurarono una tradizione metodologica duratura.

Capitolo I:LE BANDE DELINQUENTI IN SOCIOLOGIA DELLA DEVIANZA

Questi resoconti, apparentemente tesi a suffragare una concezione della devianza come fenomeno semplice e patologico (un sottoprodotto indesiderabile dei rapidi mutamenti sociali, della mobilità sociale, dell'immigrazione, del conflitto fra culture, della crescita urbana), paradossalmente fornirono prove a favore della tesi della diversità e della complessità (v. Matza, 1969). La delinquenza faceva parte del 'crescere nella città'; vizio e criminalità organizzata erano pienamente integrati nell'apparato politico e in quello preposto all'applicazione della legge. La città era il laboratorio dove studiare tutto ciò, ed era la fonte del male.

I bassifondi della città - le 'zone di transizione' contrassegnate dalla precarietà, dalla mobilità, dalla marginalità - erano anche le aree dove risultavano più concentrate le categorie del degrado morale e della patologia sociale, dove si registravano le più alte percentuali di atti criminali, suicidi, divorzi, malattie mentali, casi di prostituzione, vagabondaggio, ecc. Queste correlazioni furono spiegate in tre modi: in termini di 'ecologia' (la crescita urbana crea 'ambienti naturali' favorevoli al costituirsi di rapporti simbiotici fra varie forme di devianza), in termini di 'trasmissione culturale' (le norme devianti vengono trasmesse da una generazione all'altra attraverso un processo di apprendimento), in termini di 'disorganizzazione sociale' (la devianza dipende dalla debolezza - in casi estremi dal crollo - delle forme tradizionali di controllo sociale di fronte ai conflitti fra culture, ai mutamenti sociali dirompenti e all'instabilità sociale).

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

La teoria delle bande delinquenti in America nasce negli anni '50, quando gli Stati Uniti conoscono un periodo di elevato benessere, di un forte incremento dei consumi, di una crescita esponenziale del livello di istruzione. Tutto questo, però, va a vantaggio soprattutto delle classi sociali medie o alte, mentre i ceti inferiori continuano ad essere relegati nelle periferie degradate delle grandi città, ancora in via d'espansione.

Molti criminologi del periodo iniziano a compiere ricerche per verificare la correlazione positiva tra appartenenza alle classi inferiori, residenza nelle periferie urbane più degradate e delinquenza; oppure, da un altro punto di vista, la correlazione tra disagio sociale, disagio psicologico individuale e devianza. Un terzo tipo di analisi mette in rapporto la situazione delle comunità di classe inferiore, specie di quelle che appaiono al loro interno integrate, con l'esistenza di un controllo sociale esercitato su di esse dalla criminalità organizzata e le relazioni che vengono stabilite tra le bande e gli amministratori ed i politici locali.

Tutti questi studi testimoniano una crescente attenzione dei sociologi alle situazioni sociali "diverse", quelle che Merton avrebbe definito come più facilmente coinvolte nell'anomia e nel comportamento deviante, quelle che in sostanza erano studiate dalla Scuola di Chicago fin dagli anni '20 e che erano state definite come "aree di disorganizzazione sociale" in cui più facilmente potevano emergere e stabilizzarsi le "subculture".

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

MERTON

Aderisce al funzionalismo: idea della necessità che il sistema sociale sia integrato, che la carente socializzazione sia

determinante come spinta alla devianza e che il conflitto porti al disordine sociale.

Merton vuole raggiungere questo obiettivo attraverso l'elaborazione di una "teoria di medio raggio", lontana cioè sia

dalla pura generalizzazione teorica (come aveva fatto Parson) quanto dalla semplice raccolta di dati empirici (così come

aveva fatto fino a quel momento molta sociologia USA). Infatti, egli imposta i suoi studi sulla base di ipotesi

conoscitive e di teorie interpretative di taglio strettamente sociologico, verificate poi attraverso ricerche, svolte sul

campo e metodologicamente corrette. I campi in cui Merton verifica la correttezza della sua teoria sono: devianza,

gruppi di riferimento e sociologia della conoscenza. Quello di cui ci interesseremo è soprattutto la devianza.

"Il nostro primo scopo è quello di scoprire come alcune strutture sociali esercitino una pressione definita sopra certe

persone nella società tanto da indurle a comportarsi non conformisticamente, anzichè in maniera conformista. Se

potremmo individuare i gruppi particolarmente soggetti a tali pressioni, troveremo percentuali abbastanza alte di

comportamento deviato non perchè gli esseri umani che li costituiscono abbiano tendenze biologiche speciali, ma

perchè essi rispondono in modo normale alla situazione sociale nella quale si trovano"

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

MERTON

Il concetto di anomia:

Il punto di partenza della riflessione mertoniana sulla devianza è la distinzione tra struttura culturale e struttura sociale esistente nel sistema. La struttura culturale definisce le mete, le intenzioni e gli interessi che vengono indicati come importanti da raggiungere dai membri della società, regola e controlla le norme a cui tutti devono conformarsi per raggiungere tali mete; la struttura sociale, invece, definisce gli status e il ruolo dei soggetti agenti e, di conseguenza, identifica le opportunità ed i mezzi che ciascuno possiede per raggiungere le mete.

Secondo Merton, la devianza è un sintomo della "dissociazione fra le aspirazioni (le mete) culturalmente prescritte e le vie (i mezzi) socialmente strutturate per realizzare queste aspirazioni". In questo caso, man mano che l'allontanamento e la discrepanza tra mete e mezzi si accentuano, la società diventa sempre più instabile e si sviluppa l'anomia, o mancanza di norme.

Secondo Merton, il meccanismo di sviluppo dell'anomia prevede, da un lato, una grande spinta culturale a raggiungere la meta del successo e, dall'altro lato, la diffusione e l'accettazione culturale di tre assiomi:

1. tutti dovrebbero tendere alle stesse mete, dal momento che queste sono aperte a tutti;

2. l'apparente insuccesso del momento non è che una tappa intermedia verso il successo finale;

3. il vero insuccesso consiste nella diminuzione dell'ambizione e nella rinuncia.

L'anomia di Merton non coincide perfettamente con quella di Durkheim, che parlava di una vera e propria mancanza di norme, ma, piuttosto, di un contrasto tra una ipersocializzazione alle prescrizioni culturali, vigenti e stabili, ed il disagio di chi vive la propria situazione personale come caratterizzata da una carenza oggettiva di opportunità adeguate alla loro realizzazione.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

MERTON

La teoria dell'adattamento

Dall'anomia mertoniana emerge la tipologia dei diversi modi in cui l'individuo si adatta al contesto sociale: ciò avviene

in modo eterogeneo, a seconda del livello di adesione di ciascuno alle mete cutlurali ed in rapporto alla percezione di

adeguatezza o meno dei mezzi leggittimi posseduti, in base alla propria collocazione sociale.

Modi di adattamento

Mete culturali Mezzi istituzionalizzati

Conformità Accettate (+) Accettati (+)

Innovazione Accettate (+) Rifiutati (-)

Ritualismo Rifiutate (-) Accettati (+)

Rinuncia Rifiutate (-) Rifiutati (-)

Ribellione Rifiuto valori dominanti e

sostituzione di nuovi valori (+/-)

Rifiuto mezzi dominanti e

sostituzione di nuovi mezzi (+/-)

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

MERTON

Comportamenti di adattamento:

● Conformista: esso è il più comune, il più diffuso e garantisce la stabilità del sistema sociale esistente.

● Innovatore: pur di raggiungere la meta utilizza anche mezzi illeciti, ciò può avvenire ad ogni ivello di stratificazione sociale ed è difficile distinguere tra l'utilizzo di mezzi leciti o illeciti e, quindi, tra devianza o comportamenti al limite.

● Ritualista: comporta l'abbandono o l'abbassamento di mete di successo economico e di ascesa finale fino ad un livello di aspirazioni che possano realisticamente essere soddisfatte, è l'atteggiamento tipico di chi rifiuta la competizione per non rischiare eventuali frustrazioni, di chi "non mira in alto" per non restare deluso.

● Rinunciatario: si concretizza nell'abbandono sia delle mete che dei mezzi leciti, questo accade quando mete e norme legali sono interiorizzate da individui che poi sperimentano l'impossibilità di raggiungere il successo attraverso le vie istituzionalizzate per loro accessibili. Da qui un duplice conflitto: tra l'interiore obbligo morale che li spinge alla conformità ma non permette il successo e l'impulso ad assumere comportamenti devianti che permetterebbero loro di avere successo ma che impedisce di essere integrati nel gruppo. Da qui anche il senso di sconfitta, i meccanismi di fuga dalle richieste della società ed il vissuto di estraniazione del gruppo: il soggetto diventa asociale, si chiude nel privato e nell'isolamento.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

MERTON

Comportamenti di adattamento:

● Ribelle: l'opposto del conformista, rappresenta una risposta di transizione che cerca di istituzionalizzare nuove mete e nuovi mezzi che siano condivisi dagli altri membri della società. Si riferisce così ai tentativi di cambiare la struttura culturale e sociale esistente piuttosto che a tentativi di adattamento all'interno di questa struttura. È evidente che, quanto più il gruppo ribelle si consolidi e si diffondano i nuovi valori, tanto più potrebbe ampliarsi la possibilità di un cambiamento culturale e sociale importante; a quel punto, anche un atteggiamento definito deviante o conformista potrebbe modificarsi.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

CLOWARD e OHLIN

Negli anni '60 Cloward e Ohlin iniziano la loro riflessione da una critica alla teoria mertoniana: essi infatti obiettano a Merton che, per raggiungere le mete culturalmente prescritte, non esistono solo i mezzi legittimi ma esistono anche i mezzi illegittimi, che formano rispetto ai primi una sorta di struttura parallela ed alternativa che essi denominano "struttura illegittima delle opportunità"

Applicando questa idea di devianza, in particolare a quella giovanile, i due autori sostengono che nelle aree urbane abitate nelle classi inferiori esistono sia le opportunità legittime per raggiungere le mete sia le opportunità illegittime; anche queste ultime, però, hanno una struttura definita e dei limiti che ne condizionano la possibilità di accesso. Così è la posizione sociale di ogni individuo che determina non solo la capacità di utilizzare i canali legittimi ma anche la possibilità di accedere a quelli illegali.

Una volta legittimato il comportamento deviante, la forma specifica di sottocultura che andrà affermandosi dipenderà dalle occasioni illegittime presenti nello specifico ambiente sociale. In particolare, per quanto riguarda la devianza giovanile, Cloward e Ohlin sostengono che l'accesso alle opportunità illegali è tanto più facile quanto più esiste nell'area urbana una struttura criminale stabile ed organizzata. In caso contrario, il successo della delinquenza sarebbe meno facile da ottenere rispetto alla riuscita nei comportamenti legali.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

CLOWARD e OHLIN

Partendo da questo distinguono tre "tipi di ideali" di subculture delinquenti:

● Criminale: tipica di una comunità ben integrata (buon inserimento dei valori criminali nell'ambito del gruppo sociale di appartenenza). In questo caso le bande giovanili sono una forma di apprendistato per diventare, da adulti, dei veri criminali: le bande, formate per lo più da minorenni, si dedicano a comportamenti illegali a basso grado di violenza, sotto la supervisione della criminalità organizzata. Anche se vengono arrestati per spaccio di droga, ricettazione, furto o estorsione, i giovanissimi sanno di non rischiare pene gravi a causa della loro età, e per questo motivo si prestano ad essere largamente utilizzati dagli adulti, da cui apprendono non solo le tecniche di reato più appropriate ma anche i modelli di identificazione a cui rifarsi.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

CLOWARD e OHLIN● Conflittuale: in cui la comunità non ha una struttura criminale organizzata, e non

possiede nemmeno la capacità di esercitare sui giovani un controllo sociale adeguato ed efficace perchè in essa esiste un alto tasso di precarietà e di instabilità in tutte le componenti della vita sociale, in modo particolare quelle più significative per i giovani come la famiglia e la scuola. I comportamenti devianti che compiono i più giovani hanno caratteristiche principali quelle della violenza gratuita e della imprevedibilità e come obiettivo quello di ottenere l'attenzione ed il "rispetto" degli adulti, sia conformisti che criminali. Le relazioni interpersonali precarie ed instabili che sono tipiche di questo tipo di comunità locale si riflettono anche nelle interazioni tra i giovani e tra essi e le generazioni adulte: i modelli adulti di identificazione che vengono proposti ai ragazzi sono infatti sempre quelli di persone fallite, sia che si tratti di adulti che rispettano le norme (ma che restano di ceto inferiore) o che non le rispettino (ma che non hanno successo neppure come devianti).

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

CLOWARD e OHLIN● Astensionista: in questo tipo di subcultura prevalgono i giovani che non hanno accesso

nè alle opportunità legali per raggiungere una meta prestigiosa (per queste cause legate all'appartenenza svantaggiata di classe o di etnia, etc.) nè alle opportunità di tipo illegale perchè psicologicamente incapaci di accettafre e di far violenza. Si tratta, per questi giovani, di un doppio fallimento nella loro ricerca di status; la consapevolezza di essere doppiamente sconfitti socialmente provoca, secondo Cloward e Ohlin, una conseguenza abbastanza frequente: la fuga (o il rifugio) nell'assunzione di quelle droghe che più facilmente portano all'oblio e che, per le loro caratteristiche, giustificano, agli occhi degli stessi assuntori, il doppio fallimento. Questo comportamento reattivo sarebbe sostenuto e guidato dai tossicodipendenti cronici presenti nella subcultura astensionista, che insegnano ai nuovi "falliti" come ottenere e usare al meglio gli stupefacenti più adatti.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

CLOWARD e OHLIN

Critiche:

● La più generale rileva come oggi la società sia sempre meno omogenea e sempre più differenziata e complessa.

● Cohen obietta che non ci sono certe cose che rappresentano le opportunità legittime e altre che rappresentano quelle illegittime, ma le stesse cose rappresentano di solito entrambe le possibilità.

● I sociologi del conflitto affermano che è difficile applicare il concetto di subcultura a gruppi devianti la cui radice conflittuale sia identificabile non in elementi precisi e ristretti ma nella stessa appartenenza di classe, verso cui il senso d'identità e di appartenenza è, di solito, molto meno preciso; ciò vale, soprattutto, nel caso delle forme di devianza individuale, che sono diffuse in molte classi e in tutti gli ambienti sociali.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

COHEN

Gli anni 50 sono caratterizzati da una fase di prosperità e di crescita dei consumi. I valori della classe media avevano dimostrato la loro superiorità durante lo sforzo bellico; di conseguenza risultava difficile a molti concepire come normale qualunque cosa si differenziasse da questi valori. La forte urbanizzazione degli Stati Uniti portava ad un deterioramento delle aree centrali delle città. Si svilupparono cosi i sobborghi delle classi medie e la prima lottizzazione residenziale fu costruita a Philadelphia. Con una netta separazione le classi americane medie si consideravano superiori rispetto a quelle meno abbienti. Secondo Murray (1984) il concetto di povertà più diffuso delle politiche degli anni 50 era quello che metteva in relazione disagio e comportamento individuale. Secondo il senso comune dell’epoca, gli individui erano responsabili della loro situazione, e probabilmente erano poveri perché non si erano dati troppo da fare.

Uno degli autori più attenti alle diverse cause della devianza ed in particolare della delinquenza giovanile è stato Choen.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

COHEN

La sua riflessione parte da una critica alla teoria mertoniana. Choen sostiene infatti che essa non considera a sufficienza il fatto che ogni individuo, nel decidere le mete a cui tendere e nel considerare i mezzi necessari per ottenere la ricompensa desiderata, prende in considerazione, come esempio, i comportamenti di chi gli sta intorno. Questo spiega per Choen il fatto che esista più di un modo per individuare e raggiungere la propria ricompensa e che la medesima situazione possa portare un soggetto alla delinquenza ed un altro al conformismo e al ritualismo.

Choen deduce da tutte queste osservazioni che la situazione di anomia può determinare una generica propensione al comportamento deviante ma che la specifica forma di violazione delle regole che il singolo assumerà dipende soprattutto dall’ambiente in cui vive e dalle esperienze che sperimenta nel gruppo sociale di appartenenza.

Da qui dunque l’importanza dell’esperienza personale e dell’appartenenza a gruppi svantaggiati: negli ambienti e nei ceti inferiori, infatti, Choen vede lo sviluppo della delinquenza come uno dei modi di compensare la stima di se, distrutta dalla cultura dominante, tipica delle classi medie.

Applicando la sua idea alla devianza giovanile, Choen sostiene che i ragazzi vivono in una situazione di disagio, perché, fin da piccoli, sono stati socializzati in modo incoerente, dai genitori cioè che, contemporaneamente, hanno trasmesso loro sia i valori dominanti e le aspirazioni da raggiungere sia le frustrazioni e le delusioni subite.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

COHEN

Al momento di inserirsi nel gruppo sociale, in particolare attraverso la scuola, i bambini di classe inferiore avvertono non solo di essere in svantaggio ( rispetto ai coetanei di classe media ) nella competizione per ottenere ricompense, ma anche per essere valutati dagli adulti perché tale valutazione avviene, sulla base di criteri che sono estranei alla loro esperienza di vita, quella fatta nel proprio gruppo svantaggiato ( che non sperimenta come positivi valori come la condivisione, la posticipazione delle gratificazioni, il porsi obiettivi a lungo termine, il rispetto della proprietà altrui.

Nella continua lotta, comune a tutti i membri della società, per inserirsi in uno status prestigioso, i ragazzi di ceti inferiori si riconoscono dunque perdenti. Essi devono reagire, in qualche modo, ed adattarsi alla realtà: quanto più è accettato il metro di misura della classe superiore, tanto più l’autoconsiderazione dei giovani di classe inferiore sarà bassa e più facile un adattamento di depressione o di rinuncia; quando invece l’adattamento è collettivo e maturato nel gruppo dei coetanei di classe inferiore esso ha bisogno di nuove norme, nuovi criteri per definire gli status,legittimare le caratteristiche possedute e i comportamenti che si è capaci di perseguire : è cosi che si forma la subcultura inferiore, che non sempre e non necessariamente diventa deviante.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

COHEN

Choen, in base alle indagini sociali compiute, rileva come le subculture dei corner boy, prevalentemente di sesso maschile presentano di solito atteggiamenti provocatori, talvolta teppistici ma non utilitaristici e spesso siano prive di motivazioni razionali. I comportamenti, cioè, sono fini a se stessi, edonistici a breve termine, solidali a livello di piccolo gruppo e genericamente ostili nei confronti degli estranei : sono di solito, in aperto e provocatorio contrasto con le regole generalmente condivise, ma almeno in partenza più anticonvenzionali che devianti.

Se però un ragazzo (di un quartiere periferico, di classe inferiore e insoddisfatto dell’ambiente in cui vive) si trova ad interagire con una vera e propria subcultura delinquenziale organizzata, allora la probabilità che il suo comportamento assuma le caratteristiche vere e proprie del deviante salirà enormemente.

Choen dunque sostiene che :

● Le tensioni prodotte dalla disgregazione sociale ( e dall’organizzazione differenziale della società ) creano un disagio psicologico a molti giovani dei ceti subalterni.

● Questo disagio stimola i ragazzi a elaborare propri valori al cui interno essi ricreano una competizione di status accessibile a tutti

● Le interazioni frequenti e significative con una subcultura deviante vere e proprie fanno crescere la probabilità del passaggio dalla subcultura giovanile di classe inferiore alla delinquenziale.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

COHEN

Il libro di Cohen “Delinquent Boys” (1955) rappresentò il primo tentativo di risolvere la questione di come prende avvio una subcultura delinquenziale.

Cohen riscontrò che il comportamento delinquente si verifica più spesso tra i maschi delle classi inferiori. Stabilì inoltre che le subculture giovani si caratterizzano per atteggiamenti di tipo “non utilitario, prevaricatore e negativo”, Cohen non ravvisò nella delinquenza sub culturale alcuna motivazione razionale per i furti. I giovani devianti provavano soddisfazione nel causare il disagio altrui e tentavano ovviamente di oltraggiare i valori delle classi medie. La ricerca fa emergere come le bande fossero versatili edoniste e autonomiste. Cohen affermò che tutti i giovani sono alla ricerca di uno status sociale.

Non tutti possono competere per raggiungerlo avendo pari opportunità. I primi problemi di status emergono sin da bambini dove i ragazzi competono con i compagni e con gli insegnati. Quelli che avvertono maggiormente la perdita soffrono di frustrazione da status.

Capitolo II:LA TEORIA DELLE BANDE DELINQUENTI IN AMERICA

COHEN

Dunque si viene a creare una nuova forma culturale una subcultura delinquente. Più frequentemente poi un ragazzo frustato di un quartiere periferico interagisce con la subcultura delinquenziali, maggiori sono le possibilità che ne assuma le definizioni e i comportamenti. Cohen formulò anche teorie sulla delinquenza femminile e su quella degli appartenenti alle classi medie di sesso maschile. Le donne sarebbero frustate dal doppio standard sessuale a cui reagirebbero assumendo comportamenti devianti di natura sessuale, gli uomini delle classi medie proverebbero l’impulso di esprimere la loro mascolinità per reagire alla crescente responsabilità che le donne si assumono nel crescere i figli.

La teoria della subcultura di Cohen è stata anche definita come della “tensione o strutturale” se da un lato la tensione è la fonte della subcultura delinquenziale, dall’altro la teoria mette in luce il processo attraverso cui viene creata la subcultura. È più appropriato considerarla come Teoria-ponte: Cohen utilizza la spiegazione della struttura sociale formulata dalla teoria della tensione per poi delineare il processo di formazione della subcultura delinquente.

La teoria di Choen è stata sottoposta a numerose critiche: le più significative evidenziano la sottovalutazione dell’influenza familiare, la mancata considerazione della diversità e della pluralità di sottoculture esistenti e la scarsa attenzione ai meccanismi psicologici per cui i giovani devianti, pur violando volutamente le regole, cercano comunque di evitare le conseguenze dei loro comportamenti. A molte di queste critiche risponde lui stesso.

Capitolo III:ENTITA' ED EVOLUZIONE DELLA DELINQUENZA

GIOVANILE IN ITALIA

L'analisi delle statistiche giudiziarie relative alle denunce, ai processi, alle condanne di soggetti minorenni, fornisce informazioni interessanti sulla delinquenza giovanile, ma tali informazioni vanno vagliate criticamente, in quanto soggette a notevoli limiti e possibili distorsioni.

A partire dal 1987 si è verificato un progressivo aumento dei minorenni denunciati, questo può anche essere attribuito alla crisi dei servizi sociali degli enti locali, che potrebbero essere meno incisivi nella gestione di casi di minori problematici al di fuori del circuito giudiziario. Si è passati da 20000-25000 denuncie negli anni precedenti il 1989, a 40000-45000 negli anni immediatamenti seguenti. Questo incremento riflette anche una particolare situazione che si è andata configurando in Italia in questi ultimi anni, ed è legata al fenomeno dell'immigrazione.

Capitolo III:ENTITA' ED EVOLUZIONE DELLA DELINQUENZA

GIOVANILE IN ITALIA

Per quanto riguarda la distribuzione dei diversi tipi di reato per i quali i minorenni sono denunciati, si può osservare che i reati contro il patrimonio sono di gran lunga i più frequenti, mentre i reati violenti sono piuttosto rari.

Furto

Ricettazione

Danneggiamenti

Spaccio

Rapina

Violenza, resistenza

Violenza privata, minaccia

Lesioni volontarie

Omicidio vol. e tent.omicidio

Altro

0 2000 4000 6000 8000 10000 12000 14000 16000

CONCLUSIONE

Il concetto originario di devianza come status attribuito piuttosto che conseguito conserva la sua importanza nello studio di varie categorie socialmente svalutate - i vecchi, i disabili, i ritardati, le minoranze etniche -, ma questi soggetti tendono ora ad avere i loro 'propri' sociologi piuttosto che essere studiati nell'ambito della sociologia della devianza. Gli sviluppi teorici più promettenti potrebbero venire da quattro concezioni affini:

1) la teoria critica del controllo sociale;

2) il costruzionismo sociale;

3) il femminismo;

4) il pensiero di Foucault.

Quale che sia la linea di ricerca seguita, lo studio della devianza resta uno dei più creativi delle scienze sociali. Il tema della devianza - perché la gente si allontana dalle norme sociali nei modi più strani, più molesti, più offensivi e più dannosi, e i modi, straordinariamente diversi, di reagire a tutto ciò - sarà sempre un argomento affascinante.

CONCLUSIONE

Il successo delle scienze sociali nell'affrontare questi argomenti può essere misurato in base a due criteri differenti.

● Il primo criterio, il più ovvio, consiste nella nostra capacità di comprendere le caratteristiche intrinseche dei vari modelli di devianza e di controllo e (se è questo che ci interessa) di ideare le opportune politiche umane e, appunto, sociali.

● Il secondo criterio consiste nel confermare la convinzione di Durkheim, di Freud e ora di Foucault secondo cui proprio l'osservazione dell'anormale, del deviante e del patologico ci porta a comprendere il funzionamento 'normale' della società. Siamo ancora lontani dalla possibilità di applicare con successo entrambi questi criteri.

 

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