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Un'analisi dei rischi tecnologici deve tener conto sia dei potenziali danni dovuti al normale esercizio degli impianti, sia dei rischi asso- ciati a eventi incidentali. Come è noto, un evento incidentale si è verificato il 10 luglio 1976 nello stabilimento lcmesa di Meda (Seveso). Da tale impianto si sviluppò una fuga di vapore conte- nente significative quantità di 2, 3. 7, 8-tetraclorodibenzo-p-diossi- na (Tcdd) un composto a elevatissima tossicità. Nella fotografia qui sopra è visibile lo stabilimento lcmesa in cui si trova il reattore chimico nel quale si è generata la diossina che ha inquinato l'area di Seveso (al centro). La fotografia in alto mostra il capanno- ne contenente l'impianto di produzione del 2, 4, 5-triclorofenolo (Tcf), da cui si è avuta la fuga di vapori contenenti diossina. L'analisi e la valutazione dei rischi tecnologici Benché la stima di taluni effetti sia tuttora pervasa da una grande incertezza, l'analisi dei rischi può diventare uno strumento utile sia per coloro a cui spettano le decisioni, sia per l'opinione pubblica di Mario C. Cirillo e Paolo F. Ricci Nei lavori di analisi e valutazione dei rischi tecnologici si assiste a una polariz- zazione degli atteggiamenti: da un lato c'è la tendenza all'aggregazione dell'infor- mazione, che si attua sintetizzando la maggiore o minore bontà di una opzione o situazione (rispetto, s'intende, a certi criteri) con un numero; il confronto fra diverse scelte tecnologiche a quel punto diviene scontato, e non è altro che una tautologia, in quanto la scelta è stata ef- fettuata fissando i criteri per unificare l'informazione. Dall'altro lato, invece, c'è la tendenza, proprio per tenersi lontani da pericoli di aggregazione indebita, a limitare l'analisi all'esposizione di una congerie di infor- mazioni, pretendendo che siano altri a trarre le conclusioni sintetiche da cui ci si astiene. In questo secondo caso la «con- trazione» delle informazioni, che nella prima impostazione viene operata in sede di analisi, risulta invece a cura del deciso- re, il quale però spesso si trova comple- N egli anni recenti, molto è stato scritto circa i rischi a cui l'am- biente, la società e gli individui sono esposti. Dalla seconda metà degli anni sessanta, e soprattutto dai primi anni settanta, si assiste a una vera e propria proliferazione di studi sui costi ambientali e sociali associati alla generazione di energia, in connessione con le tendenze emergenti in quegli anni: in particolare il previsto forte sviluppo della domanda energetica (di fatto poi non verificatosi), la sopravvenuta crisi petrolifera e i conse- guenti problemi di diversificazione delle fonti primarie, e una maggiore sensibilità e incisività di una cultura collegata a preoccupazioni di tutela ambientale e di qualità della vita. Elementi, questi, che hanno influito non poco sull'attuale ten- denza a trattare il problema energetico non in maniera isolata, ma inserendolo in un contesto ambientale, sociale e istitu- zionale più ampio. Il riscontro in sede legislativa si ha nel- l'ambito delle politiche ambientali, le quali fanno registrare, a cavallo degli anni sessanta e settanta, le prime leggi generali in materia di tutela dell'ambien- te e della salute dell'uomo. Eventi che hanno grandemente favori- to la produzione degli studi sui costi am- bientali e sociali associati alla tecnologia, in particolare alla produzione di energia, sono stati l'approvazione negli Stati Uni- ti del «National Environmental Policy Act» del 1969, che imponeva che tutti i progetti a finanziamento pubblico fosse- ro giustificati dal punto di vista ambien- tale tramite documenti denominati envi- ronmen tal impact statements, e le contro- versie sull'utilizzo pacifico dell'energia nucleare, con subitanee risonanze in Europa e in Giappone. In questi studi l'enfasi è stata posta sulla produzione di energia elettrica; que- sto per svariati motivi, fra i quali la ten- denza a una espansione rilevante della sua offerta (date le caratteristiche di tra- sportabilità. trasformabilità e controllabi- lità che ne fanno un vettore energetico estremamente valido e diffuso), il previ- sto ricorso a impianti sempre più grandi (di mille o più megawatt elettrici) e la loro prevista concentrazione in luoghi idonei, con il conseguente aumento della forza d'urto dell'impatto e dei potenziali effetti negativi che ne conseguono. Sono i paesi più avanzati, per esempio gli Stati Uniti. a orientarsi per primi verso questi problemi, occupandosi in particola- re della salute della popolazione esposta e degli addetti ai lavori. La salute umana costituisce il punto di riferimento prefe- renziale dei technological risk assessment studies (studi di analisi e valutazione del rischio tecnologico), anche se accanto a questi studi si collocano lavori di più ampio respiro che inseriscono il problema in un contesto ambientale e sociale più vasto. La finalità principale era quella di aiutare i pubblici poteri nel prendere le decisioni. Si era fiduciosi che questi studi rendessero più razionali le dinamiche decisionali. tra- mite la scomposizione della realtà com- plessa in elementi quantificabili e facil- mente comparabili. Molte leggi e regolamentazioni a salva- guardia dell'ambiente e dell'uomo sono state varate nell'ultimo decennio. Spesso però le imprecisioni contenute nella nor- mativa hanno dato origine a controversie legali, sottolineando la necessità di impo- stazioni e strumenti più efficaci. I rischi pervadono la nostra vita e han- no un fattore che li accomuna: l'incertez- za. L'incertezza mina alla base la visione nitida e sicura delle cose: vero o falso; sì o no e così di seguito. Non a caso la prima opera sulle probabilità, la Ars con jectandi di Jakob Bernoulli pubblicata postuma in Olanda nel 1713. fu espressamente finan- ziata dalla Compagnia di assicurazione dei Paesi Bassi: lo scopo era una ricerca sulla incidenza dei rischi. I rischi possono sussistere già molto prima di ventre accertati; in certi casi il ritardare un'azione per il controllo di un rischio caratterizzato da una grande in- certezza può lasciare esposti a una piccola probabilità di grave danno. Oppure una risposta eccessivamente rapida crea inu- tilmente panico e impressioni erronee, o è altrimenti controproducente. Il problema se attendere prove incon- futabili sugli effetti negativi, o adottare una determinata azione che potrebbe tra- sformarsi in una linea di condotta dispen- diosa e superflua. è una questione che va al di là dell'analisi e implica considerazio- ni di carattere politico-decisionale. I due aspetti del dilemma sono antitetici e sti- molano domande del tipo: quale grado di fiducia è reso disponibile dalla scienza relativamente alla certezza e all'informa- zione richieste dall'autorità giudiziaria, da organismi di controllo e dal pubblico? Come è possibile attribuire correttamen- te i rischi alle fonti? Quali risposte posso- no essere trovate che abbiano un solido fondamento scientifico? Che cos'è un li- vello di rischio de minimis, cioè quale ri- schio è «trascurabile» e che cosa si inten- de per trascurabile? Questi e tanti altri quesiti fanno intrav- vedere la necessità di metodi di analisi e valutazione sempre più efficaci. prima di addentrarci nella discussione k del rischio e dei concetti ad esso asso- ciati, sono necessarie alcune chiarifica- zioni sui termini che si incontrano nei la- vori di risk assessment. Il procedimento di assessment comprende una fase di analisi (analysis) e una fase di valutazione (eva- luation). Il risk assessment è stato fre- quentemente caratterizzato dalla sovrap- posizione tra questi due aspetti; è bene invece che ogni analisi si tenga per quanto possibile separata dalla valutazione. Si tratta di un procedimento necessario, per quanto difficile, poiché l'analisi presenta intrinsecamente aspetti valutativi. Tali fattori intrinseci devono essere individua- ti nella misura maggiore possibile. 92 93

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Un'analisi dei rischi tecnologici deve tener conto sia dei potenzialidanni dovuti al normale esercizio degli impianti, sia dei rischi asso-ciati a eventi incidentali. Come è noto, un evento incidentale si èverificato il 10 luglio 1976 nello stabilimento lcmesa di Meda(Seveso). Da tale impianto si sviluppò una fuga di vapore conte-nente significative quantità di 2, 3. 7, 8-tetraclorodibenzo-p-diossi-

na (Tcdd) un composto a elevatissima tossicità. Nella fotografiaqui sopra è visibile lo stabilimento lcmesa in cui si trova il reattorechimico nel quale si è generata la diossina che ha inquinato l'areadi Seveso (al centro). La fotografia in alto mostra il capanno-ne contenente l'impianto di produzione del 2, 4, 5-triclorofenolo(Tcf), da cui si è avuta la fuga di vapori contenenti diossina.

L'analisi e la valutazionedei rischi tecnologici

Benché la stima di taluni effetti sia tuttora pervasa da una grandeincertezza, l'analisi dei rischi può diventare uno strumento utile siaper coloro a cui spettano le decisioni, sia per l'opinione pubblica

di Mario C. Cirillo e Paolo F. Ricci

Nei lavori di analisi e valutazione deirischi tecnologici si assiste a una polariz-zazione degli atteggiamenti: da un lato c'èla tendenza all'aggregazione dell'infor-mazione, che si attua sintetizzando lamaggiore o minore bontà di una opzioneo situazione (rispetto, s'intende, a certicriteri) con un numero; il confronto fradiverse scelte tecnologiche a quel puntodiviene scontato, e non è altro che unatautologia, in quanto la scelta è stata ef-fettuata fissando i criteri per unificarel'informazione.

Dall'altro lato, invece, c'è la tendenza,proprio per tenersi lontani da pericoli diaggregazione indebita, a limitare l'analisiall'esposizione di una congerie di infor-mazioni, pretendendo che siano altri atrarre le conclusioni sintetiche da cui ci siastiene. In questo secondo caso la «con-trazione» delle informazioni, che nellaprima impostazione viene operata in sededi analisi, risulta invece a cura del deciso-re, il quale però spesso si trova comple-

N

egli anni recenti, molto è statoscritto circa i rischi a cui l'am-biente, la società e gli individui

sono esposti. Dalla seconda metà deglianni sessanta, e soprattutto dai primi annisettanta, si assiste a una vera e propriaproliferazione di studi sui costi ambientalie sociali associati alla generazione dienergia, in connessione con le tendenzeemergenti in quegli anni: in particolare ilprevisto forte sviluppo della domandaenergetica (di fatto poi non verificatosi),la sopravvenuta crisi petrolifera e i conse-guenti problemi di diversificazione dellefonti primarie, e una maggiore sensibilitàe incisività di una cultura collegata apreoccupazioni di tutela ambientale e diqualità della vita. Elementi, questi, chehanno influito non poco sull'attuale ten-denza a trattare il problema energeticonon in maniera isolata, ma inserendolo inun contesto ambientale, sociale e istitu-zionale più ampio.

Il riscontro in sede legislativa si ha nel-l'ambito delle politiche ambientali, lequali fanno registrare, a cavallo deglianni sessanta e settanta, le prime leggigenerali in materia di tutela dell'ambien-te e della salute dell'uomo.

Eventi che hanno grandemente favori-to la produzione degli studi sui costi am-bientali e sociali associati alla tecnologia,in particolare alla produzione di energia,sono stati l'approvazione negli Stati Uni-ti del «National Environmental PolicyAct» del 1969, che imponeva che tutti iprogetti a finanziamento pubblico fosse-ro giustificati dal punto di vista ambien-tale tramite documenti denominati envi-ronmen tal impact statements, e le contro-versie sull'utilizzo pacifico dell'energianucleare, con subitanee risonanze inEuropa e in Giappone.

In questi studi l'enfasi è stata postasulla produzione di energia elettrica; que-sto per svariati motivi, fra i quali la ten-denza a una espansione rilevante dellasua offerta (date le caratteristiche di tra-

sportabilità. trasformabilità e controllabi-lità che ne fanno un vettore energeticoestremamente valido e diffuso), il previ-sto ricorso a impianti sempre più grandi(di mille o più megawatt elettrici) e la loroprevista concentrazione in luoghi idonei,con il conseguente aumento della forzad'urto dell'impatto e dei potenziali effettinegativi che ne conseguono.

Sono i paesi più avanzati, per esempiogli Stati Uniti. a orientarsi per primi versoquesti problemi, occupandosi in particola-re della salute della popolazione esposta edegli addetti ai lavori. La salute umanacostituisce il punto di riferimento prefe-renziale dei technological risk assessmentstudies (studi di analisi e valutazione delrischio tecnologico), anche se accanto aquesti studi si collocano lavori di più ampiorespiro che inseriscono il problema in uncontesto ambientale e sociale più vasto. Lafinalità principale era quella di aiutare ipubblici poteri nel prendere le decisioni. Siera fiduciosi che questi studi rendesseropiù razionali le dinamiche decisionali. tra-mite la scomposizione della realtà com-plessa in elementi quantificabili e facil-mente comparabili.

Molte leggi e regolamentazioni a salva-guardia dell'ambiente e dell'uomo sonostate varate nell'ultimo decennio. Spessoperò le imprecisioni contenute nella nor-mativa hanno dato origine a controversielegali, sottolineando la necessità di impo-stazioni e strumenti più efficaci.

I rischi pervadono la nostra vita e han-no un fattore che li accomuna: l'incertez-za. L'incertezza mina alla base la visionenitida e sicura delle cose: vero o falso; sì ono e così di seguito. Non a caso la primaopera sulle probabilità, la Ars con jectandidi Jakob Bernoulli pubblicata postuma inOlanda nel 1713. fu espressamente finan-ziata dalla Compagnia di assicurazionedei Paesi Bassi: lo scopo era una ricercasulla incidenza dei rischi.

I rischi possono sussistere già moltoprima di ventre accertati; in certi casi il

ritardare un'azione per il controllo di unrischio caratterizzato da una grande in-certezza può lasciare esposti a una piccolaprobabilità di grave danno. Oppure unarisposta eccessivamente rapida crea inu-tilmente panico e impressioni erronee, o èaltrimenti controproducente.

Il problema se attendere prove incon-futabili sugli effetti negativi, o adottareuna determinata azione che potrebbe tra-sformarsi in una linea di condotta dispen-diosa e superflua. è una questione che vaal di là dell'analisi e implica considerazio-ni di carattere politico-decisionale. I dueaspetti del dilemma sono antitetici e sti-molano domande del tipo: quale grado difiducia è reso disponibile dalla scienzarelativamente alla certezza e all'informa-zione richieste dall'autorità giudiziaria,da organismi di controllo e dal pubblico?Come è possibile attribuire correttamen-te i rischi alle fonti? Quali risposte posso-no essere trovate che abbiano un solidofondamento scientifico? Che cos'è un li-vello di rischio de minimis, cioè quale ri-schio è «trascurabile» e che cosa si inten-de per trascurabile?

Questi e tanti altri quesiti fanno intrav-vedere la necessità di metodi di analisi evalutazione sempre più efficaci.

prima di addentrarci nella discussionek del rischio e dei concetti ad esso asso-ciati, sono necessarie alcune chiarifica-zioni sui termini che si incontrano nei la-vori di risk assessment. Il procedimento diassessment comprende una fase di analisi(analysis) e una fase di valutazione (eva-luation). Il risk assessment è stato fre-quentemente caratterizzato dalla sovrap-posizione tra questi due aspetti; è beneinvece che ogni analisi si tenga per quantopossibile separata dalla valutazione. Sitratta di un procedimento necessario, perquanto difficile, poiché l'analisi presentaintrinsecamente aspetti valutativi. Talifattori intrinseci devono essere individua-ti nella misura maggiore possibile.

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STADIO GENERICODEL PROCESSO

(ad esempio estrazionedel combustibile)

MESSA FUORISERVIZIO E

) STOCCAGGIOA LUNGOTERMINE,RIPRISTINO

; DEL SITO

RISCHIOCCUPAZIONALI

RISCHIPUBBLICI

RISCHIOCCUPAZIONALI

RISCHIPUBBLICI

Un possibile schema per l'analisi di processo relativo alla produzione di energia elettrica. Perogni singola attività del processo deve essere eseguita l'analisi esemplificata, relativamente siaalle condizioni di normale esercizio sia a quelle di incidente. Lo schema può essere allargato perincludere attività ed effetti indiretti oppure ristretto solo ad alcune fra le attività illustrate.

tamente sperduto in mezzo a una grandequantità di dati analitici.

Una posizione più equilibrata è chel'intero lavoro di assessment, e quindi dianalisi ma anche di sintesi, va in qualchemodo suddiviso fra l'analista e il decisore.

ciascuno dei quali ha responsabilità nelladecisione e se ne deve fare carico.

A questo punto la distinzione fra analisie valutazione diventa più sottile, ma nonscompare. È errato pensare alla fase dianalisi come alla fase oggettiva e alla valu-

tazione come alla fase soggettiva. Tutte edue le fasi utilizzano fattori oggettivi, checonsistono nell'informazione disponibilee soprattutto nella coerenza e trasparen-za dei ragionamenti. e fattori soggettivi.Questi ultimi, sia chiaro, sussistono anchein fase di analisi. Per esempio, relativa-mente ai processi di stima delle frequenzedi eventi e all'uso delle statistiche per talistime, ci si può chiedere se è giustificatoattribuire nella realtà la stessa probabilitàa tutti gli eventi di un certo tipo. Inoltre,se si vuole utilizzare una frequenza, suquale ci si deve basare? Dato l'evento Eche interessa, si possono infatti sceglierecon grande arbitrarietà classi di eventi giàosservati (in diverso senso più o menostrettamente analoghi ad esso) e ciascunadà una diversa frequenza. E ancora, ègiustificato supporre che la frequenza siconservi? Queste tre domande impongo-no scelte soggettive già in fase di analisi.

Parallelamente in fase valutativa e de-cisionale i fattori soggettivi consistononella determinazione (implicita o esplici-ta) di criteri (per esempio tramite la de-finizione di funzioni di utilità), che per-mettono di valutare i risultati dell'analisie di scegliere fra due o più opzioni.

Sembra dunque lecito affermare cheanalisi e valutazione non si distinguonoper il loro aspetto rispettivamente ogget-tivo e soggettivo: crediamo che una taledistinzione abbia un'altra giustificazione,di tipo operativo, poiché qualsiasi pro-cesso decisionale mette in moto compe-tenze e responsabilità più specificamente«tecniche» (gli analisti), insieme a com-petenze e responsabilità più specifica-mente «politiche» (i decisori e le variecomponenti della società).

T 'analisi e la valutazione dei rischi tecno-logici hanno una precisa giustifica-

zione a monte: è necessario operare sceltein campo tecnologico, ed energetico inparticolare, tenendo conto delle connes-sioni che queste scelte hanno con altrifattori quali quelli economici, sociali,ambientali, istituzionali. In una societàcomplessa e articolata come quella odier-na le scelte razionali, o per lo meno sem-pre più razionali, sono indispensabili: ilavori di analisi e valutazione dei rischi sipropongono di dare un contributo signifi-cativo a una gestione corretta e razionaledelle relazioni che intercorrono tra lescelte tecnologiche ed energetiche da unlato e ambiente, salute, economia e socie-tà dall'altro. Da notare che una scelta puòeffettuarsi sia tra più fonti primarie (pe-trolio, carbone ecc.) sia, all'interno di unastessa fonte, tra varie alternative inerentia diverse soluzioni tecnologiche. Inoltre,l'analisi dei rischi, oltre che come stru-mento di indagine su scenari alternativi disviluppo, viene utilizzata anche per mi-gliorare la gestione di scelte già effettua-te. In realtà, dopo oltre un decennio distudi e ricerche sui rischi tecnologici inAmerica e in Europa. sia gli analisti che idecisori prendono sempre più coscienzadel fatto che l'analisi quantitativa dei ri-schi ha almeno in parte disatteso le spe-ranze ottimistiche degli anni passati.

Le ragioni di queste maggiori cautelenei confronti degli studi sul rischio deri-vano sia da carenze interne di alcuni lavo-ri (di alcune parleremo in seguito), sia daun più approfondito esame dei rapportienergia-ambiente-società, che fa intrav-vedere come il campo di indagine sia piùvasto e complesso di quanto non si fossesupposto. Studiosi che hanno effettuatolavori di comparative assessment a cavallodegli anni settanta, hanno in seguito ab-bandonato l'idea che la disponibilità diinformazione migliore e una sua più cor-retta elaborazione sarebbero bastate dasole a risolvere il problema decisionale,richiamando l'esigenza di un contributodelle scienze sociali al fine di risalire aideterminanti che stanno alla base dei pro-cessi decisionali.

Il problema delle scelte di politica am-bientale, che comunque devono esserefatte (anche il non fare alcunché è unascelta), si configura dunque come un si-stema di complessità estrema, e finoratutti i tentativi fatti per risolverlo «in for-ma chiusa» e di «formalizzarlo» sonoandati incontro a critiche che ne hannomesso in evidenza i punti deboli, o co-munque non hanno incontrato un consen-so universale.

L'analisi e la valutazione dei rischipossono avere un ruolo efficace comediscipline che danno un valido contributonelle scelte di politica energetica e am-bientale, a patto di tener conto di questielementi. Alcune tendenze emergenti siain America che in Europa si muovono inquesta direzione; per l'Italia, nell'ambitodella Direzione centrale studi dell'E-NEA, un tale obiettivo viene perseguitodal Progetto VESE («Valutazione deglieffetti ambientali e socioeconomici deisistemi energetici»), i cui scopi sono l'a-nalisi e la valutazione dell'impatto sul-l'ambiente e sul contesto socioeconomi-co causato da vari sistemi energetici el'individuazione delle possibili tecnichedi intervento tese a minimizzare gli effet-ti non desiderati.

È importante osservare come la delica-tezza delle questioni sottese alla salva-guardia dai rischi tecnologici si riflettasulla normativa, nei paesi in cui si è svi-luppata: molti principi sui quali sonofondati le norme e gli standard ambienta-li sono vaghi e non si prestano a un'in-terpretazione e a un uso univoci. Spessosi susseguono battaglie legali per accerta-re il loro significato. Pur non discutendoin dettaglio questi principi, è importanterilevare che, a parte il precetto del «ri-schio zero», essi sono suscettibili di evo-luzione. I motivi vanno dalla crescita del-le conoscenze in campo scientifico, equindi da un potenziamento dei metodidi analisi, alla evoluzione degli atteggia-menti sociali verso la tollerabilità dei ri-schi. Naturalmente principi in evoluzionesi prestano a molteplici (e talvolta con-trastanti) interpretazioni.

Abiamo visto che premessa di un lavo-ro di analisi e valutazione dei rischi

dovuti alla produzione di energia è chedelle scelte energetiche e tecnologiche

FLUSSO DI COMBUSTIBILE

PREPARA-ZIONE DEI SITIE ATTIVITÀDI COSTRU-ZIONE

CONDIZIONIINCIDENTALI

/devono comunque essere fatte: la sceltaspinge al confronto tra diverse possibilità.L'analisi dei pericoli potenziali, e quindila qualificazione e la quantificazione, ovepossibile, dei rischi è una fase necessariadel processo decisionale. Generalmentel'analisi è preceduta dal fissare uno o piùobiettivi (per esempio minimizzare i ri-schi sanitari per la società). Questi obiet-tivi possono includere la minimizzazionedi decessi, malattie o altre conseguenze.La misura degli effetti è un numero cheindica quantitativamente l'entità di unaconseguenza di una data gravità (peresempio numero di decessi, numero dimalattie, quantità in peso di raccolto dan-neggiato), e che chiamiamo magnitudo.

FLUSSO DI ENERGIA

ESERCIZIONORMALE

La finalità dell'analisi sembrerebbe quin-di chiara: calcolare il numero di decessi odi malattie, eccetera, attribuibili a unacerta causa, per esempio alla produzionedi una data quantità di energia elettrica.

Purtroppo tali singoli valori numericinon sono in realtà univocamente ottenibi-li. Si ha a che fare con insiemi di numeri,per i quali un metodo statistico-probabili-stico è sicuramente il più appropriato.Inoltre i dati sono spesso così poveri che ivantaggi delle informazioni quantitativesono completamente annullati dalla man-canza di significatività: di questo proble-ma, di importanza cruciale, parleremo inseguito più estesamente.

Uno studio analitico dei rischi presup-

160

UDIENZECONGRESSUALI

140

120

100

RAPPORTICONGRESSUALI

80

60

40

LEGGI

20

1961-19621965-1966

1969-1970 1973-1974

o1960

1963-1964

1967-1968 1971-1972

1975-1976

L'andamento delle curve, basate su dati del Clark University Center for Technology, Environmentand Development e della Decision Research, una divisione della Perceptronics Inc., dimostral'aumento di attenzione da parte del Congresso degli Stati Uniti nei confronti dei rischi tecnologici.

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da a

Settore 1,agricolturaSettore 2,industria

Settore IAgricoltura

a11= 0,25

an=0,14

Settore 2Industria

alz= 0,40

a 2 2 = 0,12

Quantità Quantità

Quantità Usototale ceduta ceduta finale

prodotta all'agri- all'indu-

coltura stria mani-fatturiera

X 1 — 0,25x — 0,40x2 =X2 — 0,14 x — 0,12 x2 = Y2

Settore 1,agricol-turaSettore 2,industria

Inquinanteemesso

dal settoreagricoltura

0,50 x;

Inquinanteemesso

dal settoreindustria

Quantitàtotale

di inquinanteemesso

0,20 x2 y3

Diamo uno sguardo più approfondi-to all'uso del metodo input-output nel-l'analisi dei rischi. Ricordiamo comun-que che una limitazione del metodo de-riva dal fatto che tutte le relazioni sonolineari; inoltre il metodo non tiene con-to in maniera immediata della dinami-ca temporale della struttura produttiva.

Modello di base. Supponiamo di con-siderare n settori produttivi di una datastruttura economica. Se con x, indichia-mo la produzione totale di beni del gene-rico settore i (che può essere espressa intonnellate di prodotto, o in lire, o in altromodo), cony, la parte dei beni del settorei destinati ai consumi finali, e con a 1 laquantità di beni che dal settore i vanno alsettore j, per unità di bene prodotto dalsettore], allora si può scrivere la seguenteequazione di bilancio: x i = y, + ai x ++ ai2x2 + + a,,,x„, che ripartisce laproduzione totale x i del settore i tra iconsumi finali y, e i settori di produzio-ne. Possono essere scritte n equazioni dibilancio, tante quanti sono i settori pro-duttivi. Noti i consumi finali y, e i coeffi-cienti tecnici a, è possibile risolvere ilsistema di n equazioni lineari rispettoalle n incognite x„ e quindi sapere qualedeve essere la produzione totale nei varisettori per soddisfare una certa doman-da da parte dei consumatori finali.

Calcolo delle emissioni di sostanzeinquinanti. L'introduzione di coeffi-cienti di emissione b, che danno laquantità, per unità di prodotto, dellasostanza inquinante g emessa durante ilprocesso produttivo dal settore i, per-mette, una volta calcolate le produzionitotali dei beni nei vari settori, di ottene-

Il metodo input-output

re la quantità totale eg di inquinante gscaricata nell'ambiente dagli n settoriproduttivi:

eg = bg g i + +

Rischi occupazionali. Riferiamocialla costruzione e all'esercizio di unimpianto. Considerando come beni de-stinati ai consumi finali i beni utilizzatinella costruzione e nell'esercizio del-l'impianto in questione, è possibile, colmodello di base, calcolare la variazionedi produzione globale di beni nei varisettori. Conoscendo, per ogni settore, laquantità di lavoro (espressa per esem-pio in 10 6 ore-uomo) per unità di beneprodotto, e la magnitudo degli effettiche si vogliono considerare per unità dilavoro (per esempio numero di infortu-ni mortali/10 6 ore-uomo di lavoro), èpossibile ricavare la magnitudo deidanni occupazionali. Per quanto ri-guarda l'esercizio dell'impianto, essen-do una attività distribuita nel tempo, icalcoli vanno discretizzati, per esempiosu base annua.

Rischi pubblici. Suddividendo la re-gione che si sta analizzando in subaree,è possibile, tramite l'uso di modelli, cal-colare la concentrazione di un certoinquinante nella subareaj a causa di unaemissione unitaria nella subarea i. Ripe-tendo lo stesso ragionamento per tuttele possibili coppie di subaree, si costrui-sce una tabella a m righe e m colonne (sela regione è stata suddivisa in m suba-ree) detta matrice di trasferimento. L'e-lemento ci, di questa matrice, che sitrova nella j-esima riga e nella i-esima

colonna, indica l'influenza sulla subareaj, in termini di concentrazione, di unaemissione unitaria nella subarea i.

Se e, è la quantità di inquinante emes-so dalla subarea i, la concentrazionetotale dell'inquinante considerato nellasubarea j è pari a:

ci = ciie + . . . + cii ej + . . . + cime,

Questa informazione può essere quindicombinata con la distribuzione dellapopolazione per stimare l'esposizione.e quindi i danni potenziali. Il metodo èutile quando si considerano regionimolto vaste (per esempio a livellonazionale).

Allo scopo di esemplificare l'applica-zione del metodo input-output, ripor-tiamo un semplice esempio fatto nel1970 da Wassily Leontief. dell'Institutefor Economic Analysis della New YorkUniversity.

Consideriamo una economia costitui-ta da famiglie (utilizzatori finali) e dadue soli settori produttivi: l'agricoltura(che produce frumento, misurato inbushel; 1 bushel = 36,32 litri) e l'indu-stria manifatturiera (che produce stoffa,misurata in iarde). Ciascuno dei due set-tori assorbe una porzione del propriooutput annuale, parte lo fornisce all'al-tro settore e destina il rimanente ai con-sumatori finali (le famiglie).

Questi flussi di beni tra i due settori,agricoltura e industria, possono esserenormalizzati rispetto al bene prodottoda ciascun settore: poiché in questoesempio i settori sono due, si hanno 4coefficienti tecnici che formano una

matrice 2 x 2: l'elemento a 1 esprime laquantità (input) di bene prodotto dalsettore i ceduto al settore j per unità dibene] prodotto:

Fabbisogno di input per unità di output

Se x i e x 2 rappresentano la produzionecomplessiva (output) di frumento estoffa, e y i e y 2 rispettivamente laquantità di frumento e stoffa consegna-ta agli utilizzatori finali (famiglie), leequazioni di bilancio descrivono comeciascun output totale è distribuito tra idue settori e gli usi finali:

Ovvero in forma matriciale:

[ 1-0,25 —0,40 i [xii —_ [y[ —0,14 1-0,12] x2 yz

Il sistema di equazioni lineari di cui so-pra si può scrivere in forma compattacome:

(I—A) X = Y

Nel caso generale di n equazioni (parial numero di settori considerati), I èla matrice unità di dimensioni n x n, A

è la matrice dei coefficienti tecnici,sempre di dimensioni n x n. X è un vet-tore colonna a n componenti i cui ele-menti indicano l'output totale di cia-scun settore, Y è un vettore colonna a ncomponenti i cui elementi indicano iconsumi finali per ciascun vettore. Nelnostro esempio:

= [1 0] A = [0,25 0,40] .[ ' [0,14 0,12

X = [1'2 1

In definitiva, noti i consumi finali (vetto-re Y) e la matrice strutturale A, è possibi-le calcolare la quantità totale (output)prodotta per i vari beni (vettore X):

X=

La matrice (I—A) 1 , di dimensioni n xn,è detta matrice inversa di Leontief; ilgenerico elemento relativo alla riga i ealla colonna] indica quanto deve varia-re la produzione del bene relativo alsettore i per una variazione unitaria nel-la domanda finale del bene relativo alsettore j.

Nel nostro esempio l'ultima equazio-ne scritta si esplicita in:

x; = 1,457 y + 0,662 y2x 2 = 0,232 y; + 1,242 y2

Noti y i e y 2 , è possibile ricavare xl e x2;se, per esempio, y = 55 bushel di fru-mento e y2 = 30 iarde di stoffa, x =100 bushel e x 2 = 50 iarde. Chiaramen-te ogni cambiamento nella struttura del-l'economia (matrice A) ovvero nelladomanda finale (vettore Y), si ripercuo-te in una variazione degli output totali.

Illustriamo ora come il metodo input--output può essere impiegato nell'ambito

di una analisi dei rischi, ed esemplifichia-mo il caso in cui si vogliano calcolare lequantità di sostanze inquinanti emesse.Come è stato detto, l'emissione di agentiinquinanti può essere descritta, in un con-testo input-output, tramite l'introduzio-ne di opportuni coefficienti tecnici. Inpratica occorre sapere, sempre rifacen-doci al nostro esempio, la quantità diinquinante (consideriamone uno solo persemplicità) emessa dal settore agricolo,per bushel di frumento prodotto, e rispet-tivamente la quantità di inquinante emes-sa dall'industria manifatturiera, per iardadi stoffa prodotta. Supponiamo che ven-gano emessi 0,50 grammi di inquinanteper unità di prodotto agricolo (bushel difrumento) e 0,20 grammi di inquinanteper unità di prodotto manifatturiero (iar-da di stoffa); la quantità totale di inqui-nante prodotta è:

si hUsando i valori di x; e x 2 già calcolati,

y 3 = 0,50 x 100 + 0,20 x 50 =

= 60 grammi di sostanza inquinante.

Chiaramente ogni variazione nellaproduzione delle sostanze inquinantipuò essere fatta risalire a variazioni del-la produzione totale nei vari settori;essendo tale produzione a sua volta in-fluenzata dalla variazione di domandafinale o dalla variazione della strutturatecnologica di uno o più settori dell'e-conomia, la quantità totale di inqui-nante emesso dipende da questi fattori.

= [yY221

pone la precisa definizione dell'oggettodell'analisi stessa: l'«unità di analisi», laquale è determinata dall'imposizione diprecise condizioni iniziali e al contorno,che in qualche modo delimitano lo studio;ciò è particolarmente necessario in attivitàcomplesse e strettamente interrelate allarealtà globale tecnico-economica di unpaese, quale la produzione di energia elet-trica, che comprende «stadi» (per esempiotrasporto), «fasi» (per esempio costruzio-ne) e «processi» (per esempio estrazioneda miniera).

La questione della definizione dell'u-nità di analisi è connessa al problema di«fin dove» spingersi con l'analisi stessa.Accanto agli effetti diretti, che si svilup-pano all'interno, dei limiti spazio-tempo-rali che individuano l'unità di analisi, vi èinfatti una gamma di perturbazioni o ef-fetti indiretti che si propagano attraversoil tessuto ambientale, economico e socia-le. Spesso il non tener conto di effettiindiretti apparentemente trascurabili hacausato dispute legali in materia ambien-tale. Il punto è che una qualunque tecno-

logia non è sospesa nel vuoto, ma è partedi una realtà complessa; l'analisi separa ilsistema dal resto dell'«universo», identi-ficando o definendo contorni spesso arti-ficiosi e controversi.

Ni ell'analisi dei rischi sanitari, i rischi possono essere divisi in occupaziona-

li e pubblici. Ai primi sono soggetti i lavo-ratori addetti alle attività prese in consi-derazione. I secondi interessano la collet-tività. È importante notare che i benefici ei costi derivanti dall'uso di una tecnologia,oltre a non essere omogenei, cosicché unbilancio (in senso algebrico) tra effettipositivi ed effetti negativi non è possibile,sono distribuiti su differenti settori delterritorio e quindi della popolazione.

In molti lavori di risk assessment lo sco-po principale è stato quello di stabilireuna graduatoria tra le varie fonti di pro-duzione dell'energia elettrica (petrolio.carbone, energia nucleare. gas, energiasolare ecc.), dalle più rischiose alle piùsicure per quanto concerne la salute dellacollettività e degli addetti ai lavori. In

genere si considera una centrale-tipo perogni fonte energetica, e si stimano quindisulla base dei dati disponibili gli effetti suilavoratori e la popolazione. In questo tipodi studi minor rilievo è stato dato ad altreconseguenze, come gli effetti sui sistemiviventi e sull'ambiente in genere.

I possibili danni al pubblico o ai lavo-ratori addetti o hanno origine da eventiincidentali o possono sussistere (ovvia-mente con modalità e gravità diverse)anche durante il normale funzionamentodegli impianti.

Per quanto riguarda l'analisi degli inci-denti sono state messe a punto metodolo-gie per stimare sia la frequenza che lagravità di eventi dannosi (per una appli-cazione di questi metodi si veda l'articoloLa riduzione dei rischi nelle industrie diprocesso di Antonio Lovati in «Le Scien-ze», n. 141, marzo 1981). E naturale chenegli studi sulla sicurezza di impianti siponga particolare attenzione all'analisi diincidenti caratterizzati da una probabilitàmolto bassa di accadere, ma che per con-tro danno luogo a conseguenze estese, per

esempio il cedimento di una diga, lo scop-pio di un serbatoio, o un evento che portaalla liberazione di una grande quantità dimateriale radioattivo.

Per la stima dei rischi occupazionali ci siavvale, ove possibile, di statistiche di in-fortuni sul lavoro e di malattie professio-nali. I rischi pubblici, oltre a essere causatida eventi quali crolli o deflagrazioni, de-rivano per lo più dalla liberazione nel-

Sono riportate qui curve ipotetiche di rischiorelative alla magnitudo di una stessa conseguen-za (per esempio, numero di decessi accidentali)per la medesima quantità di energia prodotta dadue diverse tecnologie. Nel caso illustrato a sini-stra la tecnologia caratterizzata da R2 (doveR(x) è la probabilità che la magnitudo sia mag-giore o uguale a x) è migliore della tecnologiacaratterizzata da R i. Per ogni x, infatti, la pro-babilità di avere un numero di decessi accidenta-li superiore o uguale ax è più alta per la tecnolo-gia R 1 che per la R 2. Nel caso illustrato a destra,invece, la scelta fra le due tecnologie è piùproblematica, se si tiene conto solo dell'infor-mazione contenuta nelle due curve di rischio.

l'ambiente di sostanze inquinanti, duran-te il normale esercizio degli impianti o incondizioni di incidente. In questi casi, unprocedimento «ideale» per valutare i ri-schi sulla popolazione potrebbe consiste-re nei cinque passi seguenti. In primo luo-go, si determinano le quantità e il tipo diinquinanti emessi, noti i processi che ca-ratterizzano la tecnologia che si sta esa-minando. Secondariamente si studia

come le sostanze inquinanti diffondono inaria, nell'acqua e nel suolo. In questo pas-so i modelli di dispersione atmosfericahanno un ruolo fondamentale, insiemecon modelli che studiano il cammino degliinquinanti nell'acqua e nel suolo. In terzoluogo, si calcola l'esposizione, combinan-do la concentrazione di una sostanza in-quinante con la popolazione esposta in uncerto periodo di tempo (numero di perso-

96 97

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A P(x)TECNOLOGIA 1

15

TECNOLOGIA 2

20 x

Sviluppi analitici

Vogliamo dare un esempio di possibi-li sviluppi analitici, una volta stimate ledistribuzioni di probabilità dei dannidovuti a una certa sorgente di rischio.

Siamop (x) e p (y ) le densità di proba-bilità di due variabili aleatorie: p(x) Axdà la probabilità che la prima variabilealeatoria abbia un valore compreso traxe x + Ax, e parimenti p (y )Ay dà la pro-babilità che la seconda variabile aleato-ria abbia un valore compreso fra y e y+tv. Se le due variabili sono stocastica-mente indipendenti, cioè se il fatto cheuna abbia assunto certi valori non haalcuna influenza sui valori che assumel'altra, allora la probabilità che contem-poraneamente la prima variabile siacompresa tra x e x + Ax e la seconda tray e y+ Ay è data da: p(x)p(y)•Ax•Ay.

Se queste probabilità elementari sisommano per tutti i possibili valori dix ey tali che x y, si ottiene la probabilitàche x sia maggiore o uguale a y, che noidenotiamo con P(x y).

Per fare un esempio ipotetico, suppo-niamo di aver analizzato due tecnologie.1 e 2, che forniscono lo stesso tipo diprodotto. Poniamo di aver ottenuto leseguenti densità di probabilità relativa-mente al rateo (magnitudo del danno/unità di energia):

Per le distribuzioni uniformi in uncerto intervallo, si ha:

caso (a) x: AC D

P(x y) = (B—(D + C) I 2)/(B—A)

caso (b) x: A y: C D

P(x ..?-y)=1—'12(D—A)21((B—A)(D—C))

La probabilità che gli infortuni mor-tali della tecnologia 2 siano maggiori ouguali a quelli della tecnologia 1, perunità di prodotto, è data da:

P (x 2 ..?-x i ) = (20—(15+1)/2)/(20-0) = 0,6

La tecnologia 2, in questo esempio ipo-tetico, è «più rischiosa» della I perquanto riguarda gli infortuni mortali.

CRITERIO DESCRIZIONE NOTE

Rischio zero

De minimis

Nei limiti del possibile(to the extent feasible)

Rischio significativo

Rischio non ragionevole

Adeguato margine di sicurezza

Ampio margine di sicurezza

Nei minori limiti ragionevol-mente possibili (ALARA, As LowAs Reasonably Achievable)

Rischio residuo

Controllo assoluto, attraverso un divieto, di sostanzerivelatesi cancerogene, sulla base di un singolo test oaccertamento.

Livello di rischio che può essere ignorato «con sicu-rezza » ,

Per tale principio, il bilanciamento tra costi e benefici èinadeguato. Si attribuisce una grande importanza allavita umana e alla tutela della salute,

Nessuna considerazione di costi o benefici. La signifi-catività (sulla base delle decisioni della Corte Supremadegli Stati Uniti) va determinata caso per caso.

Considera i costi e i benefici dell'azione proposta perridurre i rischi. Il bilanciamento tra costi e benefici puòcomprendere: il costo degli oneri imposti dalla norma-tiva, la probabilità del danno e la gravità del danno.

Protegge la salute delle fasce meno resistenti dellapopolazione. Senza analisi costi-benefici.

Controllo delle sostanze che causano malattie gravi oinvalidanti, o la morte. Senza analisi costi-benefici pergiustificare gli standard ambientali. Le sostanze cance-rogene rivestono particolarmente importanza.

Vengono considerati i rischi sia individuali che sociali. Iprimi su una ridotta probabilità annuale. Per i secondi,si considera un «costo sociale equivalente» degli eventiincidentali misurato in «decessi precoci», calcolati sul-la base della magnitudo delle conseguenze e delle fre-quenze associate, tenendo in qualche modo contoanche del diverso peso che hanno le conseguenzeestese.

E collegato a «ampio margine di sicurezza». Un control-io tecnologico dell'inquinamento eccedente la miglioretecnologia disponibile (BAT, Best Available Technolo-gy) può essere necessario per ridurre il rischio derivan-te dall'applicazione della migliore tecnologia disponibi-le.

Sezione 409(c)(3)(a), Delaney Clause relativa al FederalFood, Drug and Cosmetic Act, USA, 1958 (approvazionedi additivi alimentari).

De minimis non curat lex (nel nostro contesto, i rischiinsignificanti non interessano la legge). La questionecruciale è cosa si intende per insignificante: il fatto che cisia una probabilità di danno su un milione non escludeche qualcuno di fatto sarà esposto al danno.

L'Occupational Safety and Health Act (USA), sezione655(b)(5), prevede che siano imposti standard che «assi-curino nel modo più adeguato, nei limiti del possibile,sulla base delle più idonee prove a disposizione, chenessun lavoratore dipendente soffra danni alla salute...».Alcune decisioni della Corte Suprema degli Stati Unitihanno precisato ulteriormente questo concetto.

Occupational Safety and Health Act e decisioni della Cor-te Suprema degli Stati Uniti.

Clean Air Act, Federal Hazardous Substances Act, Fede-ral lnsecticide, Fungicide and Rodenticide Act, Consu-mer Product Safety Act (legislazione USA).

Clean Air Act, sezione (109)(b)(1), sugli standard qualita-tivi nazionali per tipici inquinanti atmosferici quali ossididi zolfo e di azoto e particelle sospese.

Clean Air Act, sezione 112(a), principalmente applicataagli inquinanti sospesi nell'aria non disciplinati dalla se-zione 109 (vedi sopra).

Il criterio deriva dall'esperienza USA nell'uso pacificodell'energia nucleare. Per approfondimento, si veda ilrapporto della US Nuclear Regulatory Commission,NUREG-0739, Washington, D.C., 1980.

Clean Air Act, sezione 109, basata principalmente su con-siderazioni in materia di sanità pubblica.

In questa tabella sono presentati e discussi sinteticamente alcuni prin-cipi generali per la regolazione del rischio di carattere sanitario. L'elen-co non esaurisce la totalità dei principi a cui si fa riferimento nellalegislazione. Per quanto questi criteri, a eccezione del secondo, sianoricavati dalla pratica legislativa degli Stati Uniti, il loro interesse è

pressoché generale. È importante osservare che il criterio del rischiozero solleva il problema di quali prove sia necessario adottare perstabilire se una determinata sostanza sia nociva o meno. Gli altri criteri,come molti altri contenuti nella legislazione ambientale, sono di carat-tere qualitativo, e ciò provoca una certa «flessibilità» di interpretazione.

ne che si trovano in un ambiente con unadeterminata concentrazione di un datoinquinante per un certo tempo). Il quartopasso è la determinazione della dose, ef-fettuata tenendo conto, per l'inquinanteche si sta studiando, di quanta sostanzanociva è stata incamerata nell'organismosia direttamente tramite respirazione eassorbimento transcutaneo, sia indiret-tamente attraverso l'ingestione (catenealimentari ecc.). Nel quinto passo si ana-lizza un certo numero di effetti negativi,quantificandoli in relazione ai dati sull'e-sposizione e sulla dose.

Si è detto «ideale» questo procedimen-to in quanto, pur costituendo un costantepunto di riferimento, attualmente non èpossibile applicarlo con completezza e inmodo soddisfacente per l'imperfetta co-noscenza di alcuni anelli della catena.

I risultati ottenuti nei lavori di assess-ment di cui stiamo parlando sono estre-mamente dipendenti dai dati e dai model-li utilizzati. Inoltre, nella realtà non esi-stono centrali-tipo, ma esistono «questa»o «quella» centrale, collocate o da collo-carsi in siti specifici, con determinate ca-ratteristiche tecniche e di produzione.Questi studi, che in definitiva avevano loscopo di stabilire una scala di preferenzefra le varie fonti energetiche, hanno datoorigine a numerose e accese controversie.

In tempi più recenti ci si è resi contodell'impossibilità di stabilire una gradua-toria e, soprattutto, del fatto che in unaanalisi e valutazione dei rischi non si puòprescindere dal riferimento a situazioniconcrete: in certi contesti territoriali eambientali alcune soluzioni sono accetta-bili, in altri no. Si pensi, per esempio, allecaratteristiche diffusive dell'atmosferanei diversi siti: in zone ventose e aperte

una liberazione anche notevole di inqui-nanti in aria può avere conseguenze mi-nime, perché la dispersione ne è facilitata;viceversa in zone in cui predominano lacalma o la bassa velocità del vento, sipossono avere alte concentrazioni di in-quinanti nelle vicinanze dei punti di libe-razione, con conseguenze negative.

Attualmente i lavori di analisi dei ri-schi, sulla scorta dell'esperienza fatta neldecennio precedente, tendono a fare rife-rimento a situazioni specifiche, su scalalocale o nazionale. I risultati dei lavorihanno una validità limitata al contestostudiato, e in genere ci si astiene da gene-ralizzazioni indebite.

Relativamente alla fase di valutazione,che più da vicino investe i problemi

decisionali, abbiamo già detto come unapiù approfondita considerazione delleinterrelazioni energia-ambiente-societàabbia portato a un atteggiamento più cau-to nei confronti delle conclusioni di moltistudi di risk assessment. In particolare,sono state sollevate obiezioni sulla validi-tà dei modelli decisionali proposti da variautori, in quanto le schematizzazioni edesemplificazioni introdotte (per esempio,quella di trattare la società come un'entitàomogenea e indifferenziata al suo inter-no) rendono inadeguati i risultati deimodelli. Le opinioni degli analisti e diquanti in genere sono interessati alle pro-blematiche del rischio tecnologico nonsono però omogenee, il che è comprensi-bile se si pensa ai numerosi, diversi aspettidella questione e alle differenti estrazioniculturali di quanti vi sono coinvolti.

Emerge comunque una maggiorepreoccupazione verso un elemento fon-damentale che caratterizza sia le tecnolo-

gie che originano i rischi sia i contestisociali e territoriali in cui quelle tecnolo-gie si integrano: la complessità, che diffi-cilmente si lascia dominare, controllare,governare. La complessità caratterizza lesoluzioni tecnologiche delle centrali perla produzione di energia elettrica e degliimpianti industriali in genere. Inoltre isofisticati sistemi di controllo e di sicurez-za, se da un lato incrementano l'efficienzadei processi e li rendono meno pericolosi,dall'altro accrescono questa complessità,rendendo più ardua l'analisi dei possibiliguasti e malfunzionamenti e, quindi, degliincidenti potenziali. La complessità con-traddistingue anche il substrato ambien-tale e sociale che ospita o che è destinato aospitare impianti industriali, e questorende non facile l'analisi delle interazionitra tecnologia e contesto ambientale esociale e lo studio delle perturbazioni chene scaturiscono.

Accanto a una più corretta posizionedel problema, che dovrebbe favorire unuso proficuo dei lavori sul rischio tecno-logico da parte dei decisori e della collet-tività, si assiste a un approfondimento cri-tico e a un affinamento degli strumenti dianalisi. Attualmente nei lavori di analisidei rischi vengono utilizzati essenzial-mente due metodi, denominati rispetti-vamente «analisi di processo» e «analisiinput-output».

Nella sua forma più semplice, l'analisidi processo, come la sua denomina-

zione implica, include i maggiori «com-ponenti» (attività, processi ecc.) dellatecnologia che si sta esaminando. Questaimpostazione collega quegli elementi che,presi globalmente, mostrano l'estensionedi una tecnologia «dalla culla alla tomba»

e fornisce una struttura per l'analisi deicicli di energia, di combustibile, di mate-riali, e delle attività che, contribuendoalla produzione di beni, sono altresì causadi rischi. L'analisi di processo costituiscesenz'altro una fase fondamentale nell'a-nalisi dei rischi tecnologici.

Tuttavia la necessità di «inseguire» i ri-schi nei diversi settori dell'economia harivelato che il metodo «dalla culla alla tom-ba» in questo caso diventa difficile da appli-care. Per esempio, per stimare il rischioassociato all'approvvigionamento di ac-ciaio per una centrale elettrica e per lestrutture collegate a essa, relative al ciclodel combustibile, si devono valutare i rischidell'industria siderurgica e in qualche mo-do questi rischi debbono essere assegnati,tutti o in parte, al sistema energetico. Sidevono altresì prendere in considerazione imutamenti nella base dell'occupazione ealtri fattori ancora. Tutte queste difficoltàrelative all'analisi di processo hanno por-

tato all'impiego del metodo input-output.Questo metodo è stato originariamente

sviluppato per descrivere le interdipen-denze dei vari settori dell'economia, e diquesti con i consumi finali (se ne può ve-dere un'applicazione, per esempio, nel-l'articolo L'economia mondiale del 2000di Wassily W. Leontief, in «Le Scienze»,n. 147, novembre 1980). La conoscenzadi coefficienti tecnici, che dicono quantoprodotto i è necessario per produrre unacerta quantità di prodotto j, permette diimpostare un sistema di equazioni lineariche, risolto, fornisce la quantità di beniche devono essere prodotti per soddisfareuna certa domanda. Recentemente lostesso schema logico è stato utilizzato perl'analisi dei rischi occupazionali e pubbli-ci: accanto ai coefficienti tecnici tradizio-nali compaiono altre grandezze, come icoefficienti di emissione che esprimono laquantità d'inquinante emesso per unità diprodotto, e i coefficienti di danno, che

esprimono la magnitudo di una certa con-seguenza normalizzata rispetto a un certonumero di ore lavorative (per esempio,numero di decessi per 10 6 ore-persona dilavoro in un certo settore produttivo).

Questo secondo metodo, tenendo con-to di tutti i settori produttivi dell'econo-mia, è adatto soprattutto per lo studiodegli effetti indiretti, cioè quegli effettiche non sono direttamente causati dallaproduzione di energia o dalla costruzionedi una centrale, ma che a queste attivitàsono comunque collegati. Il suo livello didettaglio è comunque molto minore del-l'analisi di processo. È necessario notareancora che il modello input-output ipo-tizza la linearità e la invarianza temporaledella struttura produttiva. Ambedue que-ste ipotesi non sono realistiche. Infineun'analisi dei rischi col metodo input--output è strettamente dipendente dacome_sono aggregati i settori produttivinelle classificazioni industriali disponibili,

98 99

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UNITA DI ANALISI

RAFFINERIACENTRALE

TERMOELETTRICA

PRODOTTIPETROLIFERI

CASO a

- AD ALTRIUTILIZZATORI

PRODOTTIPETROLIFERI

RAFFINERIA

TERMINE DESCRIZIONE

Origine del rischio(in inglese, hazard)

Contesto o scenario

Conseguenza

Tipo di conseguenza (per alcuni,«severità» della conseguenza)

Magnitudo

Incertezza

È la fonte o l'origine delle conseguenze negative. Per esem-pio, la produzione di Q megawatt-anno di elettricità, l'estra-zione di T tonnellate di carbone, il riscaldamento di ambientisono tutte cause potenziali di effetti dannosi.

Comprende tutte le informazioni disponibili per definire cor-rettamente come si presenta l'origine dei potenziali effettidannosi. Il contesto o scenario tiene conto sia delle diversesoluzioni tecniche adottate (differenti modi di produrre elet-tricità, differenti modi di riscaldare una casa ecc.), sia dellespecifiche caratteristiche ambientali e socioeconomiche del-l'area che si sta analizzando. Un contesto può riferirsi a situa-zioni reali, già in atto, oppure a possibili situazioni future.

È l'effetto negativo che si sta esaminando, caratterizzabilecome un insieme di eventi che ai fini dell'analisi si considera-no omogenei. Per esempio, l'insieme costituito da tutte lepossibili quantità di sostanza inquinante che può essere libe-rata, o l'insieme costituito da tutti i possibili numeri che indi-cano la quantità di morti a causa di un certo incidente, ol'insieme dei possibili effetti psicologici sulla popolazioneche vive nelle vicinanze di un impianto in cui si sono verificatecerte sequenze incidentali, sono tutte conseguenze; in unaanalisi di tipo probabilistico, a ciascun evento si associa laprobabilità che l'evento stesso si verifichi in un certo interval-lo di tempo.

Corrisponde a una classificazione delle conseguenze (morta-lità, morbilità ecc.) più o meno fine a seconda degli scopidell'analisi. Talvolta ci si riferisce a una graduatoria delleconseguenze in relazione a un livello massimo di danno. Il‹divello massimo di danno» può essere la morte.

È un valore numerico che descrive l'entità di una conseguen-za di un dato tipo. Cosi il numero di decessi, le tonnellate diraccolto danneggiato ecc., sono magnitudo relative a certitipi di conseguenze.

Impone, in maniera irrinunciabile, di lavorare in un ambitoprobabilistico.

La tabella riporta la descrizione, 'n forma sintetica, di alcuni concetti e termini specifici, fre-quentemente utilizzati nell'ambito degli studi di analisi e valutazione dei rischi tecnologici.

le quali di solito sono concepite con finali-tà diverse da quelle relative a un'analisidel rischio.

Oltre che per tenere conto in manieraorganica degli effetti indiretti, l'analisiinput-output viene utilizzata per valuta-zioni a livello nazionale, dove l'applica-zione dell'analisi di processo sarebbetroppo onerosa.

T n molti lavori di risk assessment, le ri-sposte quantitative sono spesso date

come un singolo valore numerico che in-dica la magnitudo di una certa conse-guenza (numero di decessi, numero dimalattie ecc.): il suo valore atteso. Comeè stato giustamente rilevato, tale sceltasolleva però diversi problemi, nel senso

UNITA DI ANALISI

CENTRALECASO b

TERMOELETTRICA

AD ALTRI- UTILIZZATORI

che il suo uso può non essere appropriatoper tutte le situazioni. Per esempio, se laprobabilità di danno è di 10-6 eventi/annoe la conseguenza è 106 persone uccise, ilvalore atteso è l'unità. L'uso del valoreatteso (in questo esempio) può masche-rare il fatto che 10 6 persone possonorimanere uccise, per quanto con unaprobabilità molto bassa. Il modo più cor-retto di affrontare il problema è quello distimare l'intera distribuzione, e non ilsolo valor medio.

In altre parole, una volta individuatel'unità di analisi, le eventuali sorgenti dirischio all'interno del sistema consideratoe le conseguenze che si vogliono analizza-re, l'obiettivo dell'analista è calcolare, perciascuna conseguenza (per esempio, ma-

lattie dell'apparato respiratorio), la pro-babilità di avere una magnitudox a causadi una determinata sorgente di rischio(per esempio produzione di Q megawattelettrici-anno di energia elettrica) in unadata regione spaziale e in un certo perio-do di tempo. Ciò significa calcolare laP(xIQ,T), cioè la probabilità di avere, peresempio, un numero x di malattie dell'ap-parato respiratorio, condizionata allaproduzione di Q megawatt elettrici-annodi energia da un certo impianto nell'inter-vallo di tempo T (o più correttamente tragli istanti to e tø+ T, se to è l'istante a parti-re dal quale il sistema viene analizzato).Ovviamente la stima della probabilità èancora subordinata al sito considerato, epiù in generale ai dati e ai modelli utilizza-ti, e dunque al grado di conoscenza del-l'analista. Per semplicità d'ora in poi ladenotiamo con P(x), tenendo bene pre-sente che in realtà è una probabilità su-bordinata.

Molto spesso la magnitudo del danno sinormalizza rispetto alla quantità di ener-gia prodotta. Ciò significa per esempiocalcolare la probabilità di avere un certonumero di eventi incidentali mortali perunità di energia. Il «rateo di rischio»,(magnitudo del danno/unità di energia), èstato introdotto per superare, almeno inparte, il problema di comparare due im-pianti che producono diverse quantità dienergia nello stesso intervallo di tempo.Facciamo un esempio, riferendoci persemplicità a ipotetici valori medi: l'im-pianto A produce 100 megawatt elettrici--anno e l'impianto B 1000 megawatt elet-trici-anno. Se l'impianto A è caratterizza-to in media da 1 x 10- 2 decessi accidentalioccupazionali per anno e l'impianto B da6 x 10-2 , è evidente che l'impianto B è«migliore» dell'impianto A, per quantoriguarda i decessi accidentali occupazio-nali. Questo si può vedere considerando10 impianti A della stessa capacità, che,producendo in tutto 1000 megawatt elet-trici-anno, provocano globalmente inmedia 1 x 10 -1 decessi accidentali.

Oltre al danno per unità di energiaprodotta, vengono di frequente utilizzatialtri ratei di rischio, in dipendenza degliobiettivi dell'analisi. Nell'analisi dei ri-schi occupazionali, accanto al danno perunità di energia prodotta, si trova di fre-quente anche il rateo (magnitudo perdanno/unità di forza lavoro), dove la for-za lavoro può esprimersi per esempio inore-uomo oppure in giorni-uomo: que-sto rateo è utile per rendere massima lasicurezza dei lavoratori.

Il rateo di rischio è per definizione ilrapporto di due grandezze. Come tale ilsuo valore numerico è influenzato dal pe-riodo di tempo relativamente al qualevengono calcolate le grandezze del nume-ratore e del denominatore; dalla correla-zione tra numeratore e denominatore;dalla più o meno alta aggregazione deidati. Commentiamo brevemente i trepunti: per quanto riguarda il primo. visono serie storiche che hanno una dina-mica piuttosto accentuata (per esempiogli infortuni mortali nelle miniere di car-bone, il cui rateo «numero di infortuni

mortali per tonnellata di carbone estrat-to» si è ridotto in Gran Bretagna di oltre il90 per cento dall'inizio del secolo a oggi).In questi casi la media temporale, la va-rianza ecc, dipendono sensibilmente siadall'intervallo di tempo che si considerasia dall'istante sul quale il periodo di tem-po è centrato. Per quanto riguarda il se-condo punto, è chiaro che una correlazio-ne significativa tra numeratore e denomi-natore altera la stima di alcune grandezze(per esempio la media del rapporto di duevariabili aleatorie correlate non è ugualeal rapporto delle rispettive medie). Rela-tivamente all'ultimo punto, non bisognadimenticare che le statistiche sono conce-pite per scopi che non sempre coincidonocon quelli di una analisi dei rischi; spessosuccede che attività più pericolose, equindi caratterizzate da un maggior nu-mero di eventi dannosi, vengano aggrega-te con attività più sicure, mettendo in dif-ficoltà chi effettua l'analisi.

Inoltre il rateo di rischio dipende dallascala e dall'efficienza dell'impianto, dallacombinazione dei fattori di produzione(per esempio forza lavoro, energia, capi-tale) e dal livello di produzione risultanteda tale impianto.

Tornando alla stima delle probabilità,una volta ottenuta la funzione P(x), è pos-sibile ricavare da questa una serie di in-formazioni utili, come il già citato valoreatteso della magnitudo di una certa con-seguenza (numero medio di decessi, dimalattie ecc.) o la «curva di rischio».Questa curva viene presentata per lo piùin forma cumulativa, cioè mostra la pro-babilità in un opportuno intervallo ditempo, per esempio un anno, che la ma-gnitudo di una certa conseguenza siamaggiore o uguale a un certo numerox. Inpratica la curva di rischio descrive le pro-babilità assegnate, in una opportuna scalatemporale, alle varie magnitudo di unaconseguenza dannosa (quantità di sostan-za dannosa liberata, numero di decessi,numero di feriti ecc.).

L'uso di tenere conto contemporanea-mente della magnitudo di un evento edella relativa frequenza è stato introdottonel 1967 da F. R. Farmer della UnitedKingdom Atomic Energy Authority, conriferimento alla liberazione di iodio 131radioattivo da centrali nucleari: la curvaproposta da Farmer divideva il piano in-dividuato dalle coordinate «frequenzadell'evento» e «curie di iodio 131 libera-to» in due zone, una superiore caratteriz-zata da liberazione di grandi quantità e/oalte frequenze, e una inferiore caratteriz-zata da coppie liberazione-frequenzaaccettabili.

L'utilizzare in uno studio di analisi deirischi strumenti quali le curve di rischio èsicuramente un passo avanti rispetto al-l'uso del valore atteso o anche rispetto almostrare i limiti inferiore e superiore del-le stime del danno; in ogni caso, comun-que, sorge il problema di come determi-nare le probabilità che portano alla co-struzione delle curve di rischio; conun'impostazione un po' schematica pos-siamo pensare a due situazioni comple-tamente diverse: nella prima, ci si trova in

presenza di una certa quantità di dati che,se vagliati attentamente e analizzati cor-rettamente, costituiscono una statisticasufficientemente attendibile; nella se-conda, si hanno a disposizione dati moltopoveri, o addirittura pochissimi dati onessun dato. In tal caso le distribuzioni diprobabilità si costruiscono affidandosi algrado di fiducia di «esperti», a volte conmetodi sofisticati per tener conto con-temporaneamente e coerentemente delparere di più persone.

Nella pratica si presenta ovviamenteuna serie di situazioni intermedie più omeno complesse, e in letteratura (in studisulla sicurezza sia di impianti nucleari checonvenzionali) è stata sviluppata, comeabbiamo già detto, una varietà di metodisu cui non ci soffermiamo. In ogni caso sevogliamo confrontare (in senso stretto) irischi, è necessario usare sempre lo stessometodo per determinare P. Infine, il pro-blema del «grado di fiducia» in P (e cioèla confidenza nei valori di P) si modificain relazione ai mezzi attraverso i quali Pviene determinata.

'n'd ragionevole chiedersi, dopo questeI considerazioni, quali siano i limiti diincertezza generale nelle stime del rischiotecnologico. Tipicamente, questa incer-tezza è influenzata dal grado di conoscen-za disponibile. Purtroppo alcuni ratei dirischio (per esempio quelli relativi allamortalità e morbilità pubblica) dipendo-

no dai modelli «dose-risposta», fonti digrande incertezza. Queste stime possonovariare di diversi ordini di grandezza. Perquel che riguarda i rischi alla salute deilavoratori addetti, vi sono danni (peresempio gli infortuni mortali) che sonochiaramente individuabili e si possono«contare» con facilità: caratteristica diquesti rischi è che il tipo di danno e lapopolazione esposta sono ben definiti. Diimportanza cruciale è il modo in cui sipresentano i risultati dell'analisi, ovveroquali ratei di rischio si adottano: vi è diffe-renza tra il calcolare il numero di incidentimortali per unità di prodotto o per perso-na esposta. Quest'ultima considerazioneha validità generale, ed è chiaro che l'a-dozione del rateo di rischio più idoneodipende dalle finalità dell'analisi.

Molta maggiore incertezza permanenella stima delle malattie occupazionali;sicuramente accanto ai casi accertati visono situazioni non identificate. I motivipossono essere tanti: ignoranza, trascura-tezza, difficoltà nelle diagnosi (si pensi amalattie che si manifestano molti annidopo l'esposizione). In definitiva possia-mo dire che non tutte le sorgenti dei rischiper i lavoratori sono conosciute e, perquelle che lo sono, non si è ancora ingrado di enumerare tutti i casi di dannoche si verificano nella realtà.

A. V. Cohen e D. K. Pritchard, delloHealth and Safety Executive del RegnoUnito, nel loro esame critico dei lavori

In una analisi dei rischi, il punto di partenza è costituito dalla definizione del sistema sottoposto adanalisi, detto anche «unità di analisi», e dei legami di questa con il restante universo. I sistemitecnologici scambiano energia, materiali, attività e interagiscono in altri modi con l'esterno.L'analisi separa artificialmente il sistema dal resto dell'universo con la selezione di limiti spaziali.temporali e concettuali. Così la scelta della regione entro la quale calcolare la concentrazione diinquinanti e il conseguente impatto ambientale esemplifica un limite spaziale. Un limite tempora-le è costituito dalla scelta del periodo di tempo a cui riferire l'analisi. Un limite concettuale,relativamente per esempio al ciclo del petrolio, consiste nel distinguere. alla raffineria, tra l'oliocombustibile destinato a un dato impianto di produzione di energia elettrica e gli altri prodottipetroliferi destinati ad altro. Le attività, i processi, gli effetti che stanno all'interno dei limiti(spaziali, temporali, concettuali) sono, per definizione, «diretti». Le attività, i processi, gli effettial di fuori di tali limiti sono «indiretti». Un'analisi dei rischi può volere tener conto sia dei rischidiretti che di quelli indiretti. È interessante notare che spesso l'omissione di effetti apparentemen-te trascurabili ha originato controversie. Inoltre, gli effetti indiretti costituiscono generalmenteuna frazione significativa degli effetti totali. Si capisce quindi la delicatezza della questionerelativa a «fin dove» estendere l'analisi (solo effetti diretti, o anche effetti indiretti, e fino a chepunto?). Per vedere come la definizione dell'unità di analisi influenza alcune considerazioni fattein sede di analisi dei rischi, prendiamo il caso di una raffineria che fornisce olio combustibile a unacentrale termoelettrica. Consideriamo due eventualità, la prima (a) in cui la raffineria è inclusanell'unità di analisi, la seconda (b) in cui la raffineria è esclusa dal sistema che si sta analizzando. Ina i rischi relativi al processo di raffinazione associati all'olio combustibile che dalla raffineria vaalla centrale termoelettrica sono rischi diretti, in quanto la raffineria è inclusa nell'unità di analisi.Questioni delicate sorgono nel processo di attribuzione che in qualche modo si fa. associando aiprodotti petroliferi che vanno alla centrale una parte dei rischi totali dovuti alla raffinazione. In b irischi relativi al processo di raffinazione associati all'olio combustibile che dalla raffineria va allacentrale termoelettrica sono indiretti, in quanto l'impianto di raffinazione è al di fuori dell'unità dianalisi. In questo caso, nel delicato procedimento di attribuzione dei rischi di cui si è già detto,bisognerebbe tenere conto del fatto che una eventuale diminuzione di richiesta da parte dellacentrale non significa necessariamente una diminuzione nella produzione di olio combustibile daparte della raffineria; l'olio combustibile potrebbe infatti essere convogliato ad altri consumatori.

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Page 6: L'analisi e la valutazione dei rischi tecnologicidownload.kataweb.it/mediaweb/pdf/espresso/scienze/1984_191_7.pdf · L'analisi e la valutazione dei rischi tecnologici Benché la stima

La centrale nucleare di Haddam Neck (Stati Uniti). Molti studi di analisi e valutazione dei rischitecnologici si sono concentrati sui costi ambientali e sociali associati alla produzione di elettricità.

ATTIVITÀDECESSI ACCIDENTALI OCCUPAZIONALI

CARBONE OLIOCOMBUSTIBILE NUCLEARE

Estrazione, trattamento, fabbricazionecombustibile 0,33-2,13 0,1-1,28 0,05-0,43

Trasporto combustibile 0,055-3,75 0,03-0,34 0-0,011Esercizio impianto 0.01-0,15 0,01-0.038 0,01-0.2

Stime dei decessi accidentali occupazionali dovuti all'estrazione, trattamento e fabbricazione decombustibile, al trasporto del combustibile e all'esercizio di un impianto (potenza 1000 me-gawatt elettrici, fattore di carico 75 per cento, intervallo di tempo considerato un anno). I datisono tratti da un lavoro del 1980 di A. V. Cohen e D. K. Pritchard, dell'Health and SafetyExecutiv e del Regno Unito, i quali hanno fatto una rassegna critica dei lavori sui rischi associati aisistemi per la produzione di energia elettrica. Nella tabella vengono riportati i valori inferiori esuperiori delle stime contenute in questi lavori, I dati sull'estrazione, trattamento e fabbricazionedel combustibile, come pure i dati sul trasporto del combustibile, sono desunti dall'esame di 12pubblicazioni. I dati sull'esercizio degli impianti sono desunti dall'esame di 10 pubblicazioni. Glistudi esaminati sono stati tutti pubblicati negli anni tra il 1970 e il 1980. Questi lavori non sonoomogenei: all'interno di una stessa fonte energetica si fa riferimento a diverse modalità diestrazione (a cielo aperto o sottoterra), e di trasporto (ferrovia, strada, acqua), nonché a diverserealtà tecnologiche e produttive. Inoltre questi lavori non sono sempre indipendenti tra loro, nelsenso che spesso i più recenti hanno attinto a dati e hanno aggregato informazioni desunti dalavori precedenti. Tutto questo rende in pratica estremamente problematico qualsiasi confronto.

comparativi sui rischi dei diversi sistemi diproduzione di energia elettrica, riportanotra l'altro dati su alcuni rischi occupazio-nali, relativi ad attività connesse con laproduzione di energia elettrica tramiteolio combustibile, carbone e fissione nu-cleare. La varietà e non omogeneità disituazioni e di dati a cui hanno fatto rife-rimento gli analisti nei vari lavori, nonchéle diverse finalità dei lavori stessi, nonpermettono di trarre alcuna conclusioneda una simile aggregazione di dati.

Se per ciascun tipo di conseguenza sidisponesse della distribuzione di probabi-lità all'interno di un'analisi condotta concriteri omogenei, sarebbe possibile calco-lare la probabilità che, per ciascuna attivi-tà (estrazione combustibile, trasportocombustibile, esercizio centrale), la ma-gnitudo di una certa conseguenza relativaalla tecnologia i sia maggiore o al piùuguale alla magnitudo della stessa conse-guenza nella tecnologia j; si otterrebbecosì, relativamente a ciascuna attività delciclo di produzione dell'energia elettrica,la probabilità che la tecnologia i sia piùrischiosa della tecnologia j per quantoriguarda la conseguenza esaminata.

Nel caso dei rischi alla collettività iproblemi aumentano a causa dell'e-

norme incertezza sottesa alle stime dimortalità e di morbilità.

I calcoli sono basati su studi che colle-gano l'esposizione degli individui agliinquinanti con l'effetto nocivo che inte-ressa; questi legami vengono spesso espli-citati in relazioni quantitative, i parametrio coefficienti delle quali vengono calcola-ti statisticamente. I dati con i quali vengo-no stimate queste correlazioni sono nor-malmente rilevati o da studi ad hoc o dastatistiche regionali o nazionali. È oppor-tuno a questo punto precisare che alcuniautori si limitano a una semplice compa-razione dei dati, senza addentrarsi in cor-relazioni strettamente statistiche. Altriinvece effettuano tali correlazioni, deno-minate comunemente funzioni o modellidose-risposta.

Le funzioni dose-risposta correlano itassi di mortalità o di morbilità con l'espo-sizione all'inquinamento atmosferico econ altre variabili. Non vi è però coerenzafra i vari modelli utilizzati, nella sceltadelle variabili: le abitudini nel fumo, nelladieta alimentare, nello sport spesso nonsono prese in considerazione. Altre va-riabili, per esempio le socioeconomiche,le demografiche e le climatiche, sono in-cluse in maniera non omogenea. Usual-mente nei lavori sul rischio tecnologico siconsidera una sola delle funzioni dose-ri-sposta disponibili.

M. Granger Morgan, della Carnegie--Mellon University in Pennsylvania,Samuel C. Morris, del Brookhaven Na-tional Laboratory di New York, Alan K.Meior, dell'Università della California aBerkeley e Debra L. Shenk, della IowaState University, in uno studio del 1978usano quattro correlazioni già disponibilie sulla base delle quali viene sviluppatauna distribuzione di probabilità soggetti-va per quel che riguarda il legame fraesposizione ai solfati in aria e mortalità.In alcuni casi, esperimenti su animali conesposizioni a lungo termine, studi su sog-getti volontari umani, test di tossicità suanimali e altri metodi che evidenziano unlegame tra esposizione agli inquinanti edeffetti negativi sulla salute umana, ven-gono utilizzati come ausilio nella deter-minazione dei coefficienti delle correla-zioni esposizione-danno. Comunque, idati di mortalità e morbilità sulla popola-zione rimangono lo strumento principaleper la determinazione quantitativa dellefunzioni di danno alla salute umana. I datidisponibili si riferiscono per lo più a even-ti circoscritti nel tempo, allorché in certearee urbane si è verificata un'alta concen-trazione di inquinanti; i dati registrano unincremento nei decessi e nei ricoveriospedalieri (episodi acuti). Il problema ècome estrapolare questi effetti alle basseconcentrazioni a cui generalmente le per-sone sono esposte a lungo termine (effetticronici).

Il punto fondamentale rimane l'accer-

tamento di un legame causa-effetto tral'esposizione a bassi livelli di concentra-zione di inquinanti e gli effetti negativisulla salute. A questo proposito i parericontinuano a essere discordi e contraddit-tori: mentre alcuni sostengono esservi unlegame, se non causale, almeno statisticotra la concentrazione in aria di certi in-quinanti e il peggioramento delle condi-zioni di salute delle popolazioni esposte,altri ritengono, per quanto riguarda leesposizioni a lungo termine, che non vi èalcuna evidenza scientifica accettabileche possa implicare un particolare livellodi concentrazione, nell'ambito delle con-centrazioni medie annue usualmente rile-vate, al di sopra del quale si possa identifi-care un incremento delle morti.

In ogni caso i modelli dose-rispostasono stati, e continuano a essere usati neilavori di assessment. Per esempio, nel1976, C. L. Comar e L. A. Sagan, dell'E-lectric Power Research Institute, negliStati Uniti, facendo riferimento a un im-pianto a carbone da 1000 megawatt elet-trici, stimavano tra 0,067 e 100 i «decessiprematuri» per anno (rischio pubblico).Nel 1981, R.A.D. Ferguson, dell'UnitedKingdom Atomic Energy Authority, a unimpianto della stessa capacità associavada zero a 4 x 10-5 decessi per bronchite.Altri autori hanno integrato i rischi dimortalità sull'intera produzione di ener-gia negli Stati Uniti, e quindi sull'interapopolazione. Per esempio, nel 1979,S. C.Morris, K. N. Novak e L. D. Hamilton,del Brookhaven National Laboratory,calcolavano gli effetti sulla salute associa-ti alla combustione del carbone e alleemissioni industriali per l'US NationalEnergy Plan nelle annate 1975, 1985,1990. Per il 1975 i «decessi in eccesso»sono stati calcolati tra 7500 e 120 000(intervallo di confidenza del 60 per cen-to). Nel 1979, William Ramsey, del Cen-ter for Energy Policy Research di Re-sources for the Future, ha ottenuto perl'elettricità generata «in tutti i modi» ne-gli Stati Uniti una stima che va da zero a7000 decessi per anno.

Queste stime sono così differenti prin-cipalmente perché sono basate su diffe-renti funzioni dose-risposta. Ovviamenteassunzioni diverse per quel che riguarda iltipo di impianto, le caratteristiche opera-tive, le previsioni di domanda di energia,aggiungono incertezze ai calcoli effettua-ti, ma in grado minore. Notiamo esplici-tamente che queste stime non sono stret-tamente comparabili e che sono statemostrate al solo scopo di evidenziare l'in-certezza che pervade queste analisi e conla quale i decisori devono fare i conti.

Data la grande diversità dei risultati,vogliamo spendere qualche parola sull'u-tilità dei lavori di assessment. L'incertezzache pervade soprattutto la stima degli ef-fetti sulla salute pubblica costituisce unelemento di disturbo per quanti poi devo-no utilizzare i risultati degli studi.

P. W. Hause, J. A. Coleman, R. D.Shull, R. W. Matheny e J. C. Hock. delloU. S. Department of Energy, in un rap-porto del 1981 sostengono addiritturache l'alto livello di incertezze relativa-

mente alle stime degli effetti sulla saluteaggiunge una dimensione di confusioneall'informazione sull'inquinamento o lasicurezza. In effetti, la stima quantitativadegli effetti sulla salute pubblica derivatidall'uso di combustibili fossili non ha rag-giunto uno stadio di affidabilità tale daessere utilizzata per valutazioni senzagrosse cautele. In realtà i risultati numeri-ci spesso avallano questa o quella scelta dipolitica energetica.

per concludere questa breve discussione

sul rischio tecnologico, alcuni com-menti: è assodato che la produzione dienergia, e più in generale qualsiasi attivitàindustriale, ha conseguenze per la saluteumana e per l'ambiente. L'analisi dei rischivorrebbe configurarsi come lo studio si-stematico di queste conseguenze. Il pro-blema maggiore in cui ci si imbatte in unostudio di analisi dei rischi è quello dell'in-certezza: incertezza nei dati, incertezzanelle catene causali e quindi nei modelli.Abbiamo discusso a questo proposito i ri-schi pubblici, in cui la difficoltà maggiore(ma non l'unica) risiede nella determina-zione delle relazioni dose-effetto alle bassedosi a cui gli individui sono normalmenteesposti. A questo si deve aggiungere lapresenza di effetti che si manifestano mol-to tempo dopo l'esposizione o effetti cheinteressano intervalli di tempo molto lun-ghi, per esempio le mutazioni genetichecausate da radiazioni, le cui conseguenzeinteressano più generazioni. Parimenti, visono sorgenti di rischio che permangonoper lunghissimi periodi di tempo: si pensial combustibile nucleare esaurito, i cuiprodotti di fissione richiedono tempi di iso-lamento che vanno da qualche secolo amolti millenni, in dipendenza del tempo didimezzamento. Analoghe sorgenti di ri-schio possono sussistere per i combustibilifossili, per quanto finora il problema siastato poco studiato: alcuni elementi tossicicontenuti in tracce nei combustibili si con-centrano sensibilmente nelle ceneri; que-ste ultime possono contenere agenti muta-geni e cancerogeni, per quanto ciò è menoprobabile in presenza di un'alta efficienzadi combustione.

Accenniamo ancora ai possibili effetticlimatici dovuti alla liberazione di notevo-li quantità di anidride carbonica prodottadall'uso di combustibili fossili. Un au-mento del tenore di anidride carbonicanell'atmosfera avrebbe come effetto unaumento della temperatura, con conse-guenze potenziali disastrose (scioglimen-to del ghiaccio delle calotte polari). An-che qui l'incertezza è altissima, in quantovi sono sistemi (vegetazione, oceani) cheesercitano un complesso meccanismo dicontrollo sul ciclo del carbonio.

Tutte queste considerazioni inducono apensare che la quantificazione dei rischi vafatta con grande cautela e sempre esplici-tando l'incertezza sottesa a tali stime. Biso-gna poi ricordare che le informazioni svi-luppate in questi studi sono rivolte non soloa tecnici, ma a un ambito ben più vasto dipersone (opinione pubblica, decisori), perle quali spesso un'informazione numerica,proprio in quanto tale, sembra rivestire

caratteri di oggettività e razionalità, anchequando di fatto il numero o i numeri cherispecchiano l'informazione non hannoquesti requisiti. Si pone quindi la questionedi come trasferire un'informazione, quali-tativa o quantitativa, in modo che essa ven-ga correttamente intesa.

Altro punto fondamentale è come il ri-schio viene percepito e accettato. Peresempio, è noto che 1000 decessi distribuitipiù o meno uniformemente in 50 anni e unevento catastrofico che causa la morte di500 persone e che avviene in media unavolta nell'arco di 25 anni sono due cosedifferenti e vengono percepite diversamen-te dagli individui, i quali in genere accettanomaggiormente i rischi distribuiti nel tempoe nello spazio che non quelli concentrati,anche se i primi, considerati globalmente,sono maggiori dei secondi.

Inoltre, come viene percepita una pro-babilità di danno di 10-8 rispetto a unaprobabilità, per lo stesso danno, di 10-8?Quando si considerano eventi estrema-mente rari, al di là della difficoltà di deter-minarne la frequenza di occorrenza già insede di analisi, è difficile visualizzare leprobabilità, estremamente basse, che nederivano.

E ancora, come vanno gestite quelleclassi di rischi per i quali è indispensabile,

nell'analisi, tener conto di fattori sociali epolitici presenti e futuri? Possibili azioniterroristiche, uso indiscriminato di so-stanze pericolose (plutonio, agenti tossi-ci), atteggiamento delle future genera-zioni di fronte a sorgenti di rischio a lungotermine costituiscono alcuni esempi.

Come si vede, i problemi sono tanti, eil loro nocciolo risiede tra l'altro nel fat-to che il processo decisionale globaletravalica tutti quegli aspetti puramentetecnico-scientifici.

Ciononostante, siamo convinti che sel'informazione viene elaborata in manie-ra rigorosa e coerente, facendo riferimen-to a situazioni specifiche per quanto ri-guarda il paese, il sito e il tipo di impianto,e viene trasmessa in modo trasparente echiaro sia ai responsabili delle scelte dipolitica energetica e ambientale sia all'o-pinione pubblica, sicuramente l'analisidei rischi ha un suo ruolo nell'aiutare aeffettuare scelte in una società complessacome quella moderna.

Se, in concomitanza con i progressiscientifici, l'analisi del rischio verrà svi-luppata ulteriormente, essa procureràinformazioni affidabili e darà un innega-bile contributo per rafforzare e renderepiù chiaro il dialogo tra le varie compo-nenti della società.

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