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ANTICO, PERDUTO E RITROVATO CONVENTO DI SANTA CHIARA, PADOVA XIV - XVIII SECOLO LE MEMORIE RITROVATE

Le memorie ritrovate

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Le memorie ritrovate” è una mostra dedicata alle ceramiche e agli oggetti del vivere quotidiano (XIV-XVIII secolo) rinvenuti e recuperati nel perduto Convento di Santa Chiara a Padova ed esposti per la prima volta al CEMA – Centro Espositivo Multimediale dell’Archeologia a Noventa di Piave (VE).

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ANTICO, PERDUTO E RITROVATOCONVENTO DI SANTA CHIARA, PADOVA

XIV - XVIII SECOLO

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fig. 1 – Moneta d’argento di Michele

Antonio conte di Carmagnola e

marchese di Saluzzo (1504-1528)

Nell’anno 2000 l’indagine archeologica condotta nel cortile della Questura di Padova ha portato alla luce una struttura esagonale (fig. 2), residuo dell’impianto originario dell’antico e perduto Convento di Santa Chiara; il convento fiorì tra il XIV e il XVIII secolo, ma negli anni Sessanta del secolo scorso venne demolito per erigere la Questura.

La struttura esagonale ritrovata è costruita interamente con mattoni legati in malta e si conserva in alzato fino all’attacco della volta di copertura che doveva fuoriuscire dal piano di campagna mentre le pareti dell’ambiente rimangono completamente sottoterra; l’ingresso avveniva tramite una gradinata posta sul lato nord.

Per una serie di elementi fisici e di considerazioni si ipotizza che si trattasse di una ghiacciaia con funzioni anche di dispensa, cioè di un luogo adatto alla conservazione di derrate alimentari anche nei periodi estivi (fig. 3). L’utilizzo del ghiaccio e della neve era, assieme alla essiccazione, affumicatura e salatura, uno dei metodi più antichi per la conservazione dei cibi; gli stessi antichi Romani disponevano nella loro capitale di magazzini refrigerati dal ghiaccio invernale proveniente da località montane.

Sulla base dei materiali datanti rinvenuti (fig. 1) e delle notizie d’archivio che narrano le vicissitudini del monastero possiamo ipotizzare che la “struttura esagonale” abbia svolto la funzione di ghiacciaia-dispensa dalla metà del ’300 alla metà del ’400, mentre sia servita da immondezzaio a partire da questo momento e sino al sesto decennio del secolo successivo.

LE MEMORIE SCOMPARSELA STRUTTURA ESAGONALE

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fig. 2 – La struttura esagonale durante lo scavofig. 3 – Ricostruzione tridimensionale della ghiacciaia (elaborazione C. Miele)

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fig. 4 – Brocca con versatore decorata a lustro metallico;

Deruta fine XV – inizi XVI secolo

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Le trentaquattro maioliche selezionate per l’esposizione provengono da importanti ateliers, sia italiani che spagnoli, operanti a Faenza, Deruta, Pesaro, Venezia, Padova e Manises (Spagna); tutti rilevanti centri di produzione di maioliche nel corso della splendida stagione produttiva di ceramiche artistiche rinascimentali.

La produzione faentina è rappresentata da quindici esemplari appartenenti stilisticamente allo stile severo tranne uno che rientra nello stile bello, alcuni di essi sono ciotole del tipo a guscio d’uovo di cui però quattro con le caratteristiche della famiglia gotico-floreale e due con gli stilemi dei motivi gotico-rinascimentali (fig. 5), alla famiglia gotico-floreale appartengono pure quattro boccali; i rimanenti cinque oggetti sono due scodelle alla porcellana e tre piatti con decori geometrici-rinascimentali; tutti questi prodotti sono collocabili cronologicamente tra la fine del XV e i primi decenni del XVI secolo.

Il secondo centro produttivo quantitativamente meglio rappresentato con tredici oggetti è quello di Deruta, antico centro di produzione umbro, al quale vanno assegnati una serie di maioliche caratterizzate, sul rovescio, dal motivo decorativo chiamato petal back spesso contenente le lettere A, B e M parafate e HE legate in monogramma, dove la M verosimilmente può rappresentare la sigla della bottega dei Mancini. I temi decorativi principali svolti sui recti dei piatti comprendono la figura umana, gli ornati vegetali e geometrici e poi i decori alla porcellana; è presente inoltre una brocca con versatore impreziosita dal lustro metallico (fig. 4).

Un solo esemplare (v. 2, n. 13), databile tra la fine del XV e gli inizi del XVI secolo, è attribuibile alle officine di Pesaro, esso si conforma a bottiglia ansata dal corpo globoso munito di lungo collo cilindrico desinente con bocca tonda. La sua decorazione si inserisce nello stile severo dai motivi rinascimentali, il principale dei quali assume un carattere simbolico essendovi rappresentato un cuore che viene strappato da due mani.

LE MEMORIE RITROVATEMAIOLICHE

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Alle botteghe operanti a Venezia si attribuiscono due eleganti forme aperte decorate alla porcellana e collocabili nel secondo quarto della prima metà del XVI secolo. La prima (v. 1, n. 18) è una tazza a due prese sulla cui superficie concava le capaci maestranze veneziane hanno saputo trasferire un elegante decoro alla porcellana formato da esili virgulti dipinti in blu, mentre all’esterno corrono dipinte alcune linee concentriche semplificando il motivo a calza.

Il secondo prodotto (fig. 6; v. 1, n. 1) è un ampio piatto sulla cui superficie interna è raffigurato il tema del racconto biblico del Peccato originale all’interno di una fascia vegeto-floreale dipinta in azzurro con canoni del decoro alla porcellana, il cui tralcio fiorito è interrotto da due stemmi a scudo.

L’elevato livello qualitativo delle suppellettili dotali è confermato anche dai due esemplari di maioliche spagnole (v. 2, n. 5, 6) il cui restauro ha ripristinato l’originale aspetto estetico, caratterizzato dalla tecnica del lustro metallico applicato in fase di terza cottura.

in altofig. 5 – Ciotola a guscio d’uovo decorata in stile gotico-rinascimentale con ornato antropomorfo; Faenza fine XV – inizio XVI secolofig. 6 – Piatto decorato alla porcellana con la scena del peccato originale; Venezia prima metà del XVI secolo

pagina a fiancofig. 7 – Micro vasetto di lattimo

smaltato e dorato con ornato principale antropomorfo; Venezia

fine XV – inizi XVI secolofig. 8 – Coppa con decoro a smalto

e foglia d’oro; Venezia fine XV – inizi XVI secolo

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Gli oggetti legati al vivere quotidiano delle clarisse sono stati suddivisi in gruppi in relazione alla materia con la quale sono stati costruiti; si tratta di manufatti metallici (ferro, bronzo e ottone), fittili, osso, legno e cuoio poco frequenti nei rinvenimenti cittadini di epoca coeva.

VETRI

I vetri che qui si presentano si possono suddividere, sul piano della decorazione pittorica, in tre gruppi: con decorazione a smalto e oro, con sola doratura e privi di decorazione. Il primo e secondo gruppo rappresentano una valida testimonianza della produzione rinascimentale veneziana che, da umile attività artigianale del fabbricar vetri, divenne una raffinata arte grazie alla capacità tecnica degli artigiani vetrai e alla fantasia degli artisti decoratori.

Il lattimo, anche se il suo aspetto non lo identifica come tale, è un vetro bianco opaco che ben si presta a essere decorato, come si può ben vedere sul vasetto di forma sferica (fig. 7; v. 3, n. 2) il cui motivo ornamentale principale è rappresentato da una raffigurazione antropomorfa miniaturistica.

Di tutt’altro aspetto sono le coppe di vetro trasparente che, oltre alla decorazione pittorica, riportano anche quella plastica come costolature, filettature e applicazioni varie (fig. 8; v. 3, n. 3, 4). Diversa risulta la plasticità formale del bicchiere troncoconico (v. 3, n. 6) la cui superficie della parete esterna è suddivisa in due fasce da un filetto applicato a metà altezza:

SUPPELLETTILI DEL VIVERE QUOTIDIANO

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la parte inferiore è decorata da gocce vitree applicate, la superiore conserva tracce della doratura originale.

Tra i vari reperti vitrei recuperati nella struttura esagonale vi sono alcuni bicchieri di vetro di colore blu decorati a smalto e oro, due di essi ci ripropongono la raffigurazione del saluto dell’Angelo alla Vergine, come nel bicchiere più integro (fig. 9; v. 3, n. 1).

Testimoniano l’utilizzo quotidiano una serie di contenitori vitrei privi di decorazione pittorica che pur tuttavia sono interessanti per la forma e per il loro utilizzo funzionale; i vasetti potevano contenere polveri medicamentose, essenze, profumi, liquidi oleosi; tra i generici contenitori troviamo un bicchiere comune da tavola.

Numerosi e multiformi sono infine i micro vasetti che dovevano contenere profumi ed essenze, le cui forme si possono distinguere in quattro gruppi tipologici.

Questo insieme di reperti vitrei si può collocare cronologicamente tra la fine del XV e i primi decenni del XVI secolo.

fig. 9 – Bicchiere in vetro blu smaltato e dorato con la

raffigurazione dell’Annunciazione; Venezia fine XV – inizio XVI secolo

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METALLI

I reperti metallici sono rappresentati da materiali in ferro quali: lame di cesoie, coltelli chiavi, anello con ardiglione, accendi esca, ditale e frammenti di catenelle, nonché di bronzo: chiavi, cucchiai, puntale di cintura, amo da pesca, ditale, spilli e una copiglia.

Ben quattro sono le lame di cesoie (fig. 10; v. 3, n. 1) appartenenti ad esemplari diversi e variamente conformate; una di esse con parte del tratto curvo del manico che funzionava da molla.

Sei sono i coltelli da mensa e da cucina (fig. 11; v. 3, n. 2) di cui due conservano ancora l’impugnatura a doppia guancia; uno si caratterizza per la elaborata sagomatura del manico e per la presenza sulla lama di un minuscolo inserto di rame a forma di pugnale da interpretare come marca del costruttore.

Ovviamente legati all’uso da mensa sono i due cucchiai di bronzo fuso (v. 3, n. 3) caratterizzati da un’ampia conca ovale e da un manico a sezione quadrata con terminazione a pigna; si possono assegnare alla prima metà del XVI secolo.

fig. 10 – Lame di cesoie di ferro, seconda metà del XV secolofig. 11 – Coltelli di ferro, seconda metà del XV – prima metà del XVI secolofig. 12 – Chiavi di ferro; XV – XVI secolo

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Ben sette sono le chiavi recuperate (fig. 12; v. 3, n. 6-10): due di ferro e cinque di bronzo. Del primo gruppo la più piccola e più antica è una chiave femmina da mobile con fattura di tradizione ancora romanica con impugnatura rotonda piatta e foro centrale; la seconda è un bell’esemplare di chiave maschia da porta di tradizione gotica attribuibile alla prima metà del XV secolo.

Al gruppo degli oggetti di bronzo appartengono anche un puntale da cintura e alcune terminazioni di lacci, una copiglia, vari spilli, un ditale e un amo da pesca la cui fattura (punta uncinata e testa a paletta) mostra una sorprendente continuità formale con analoghi arnesi di epoca romana.

Tra gli oggetti di ferro va segnalato, per la sua rarità, quello che doveva essere un accendi esca o acciarino (v. 3, n. 14) la cui particolare forma impugnabile permetteva tramite percussione su una pietra focaia e la conseguente formazione di scintille l’accensione dell’esca e poi, con l’utilizzo di uno stecchino avente un’estremità ricoperta di zolfo, si generava il fuoco; era questo un sistema di lusso alternativo all’utilizzo di due pietre focaie mediante loro percussione.

Infine presentiamo altri due manufatti di ferro di uso personale: una semplice fibbia da cintura conformata ad anello con ardiglione e varie maglie di catenella (v. 3, n. 15-16), formate da segmenti di filo di ferro attorcigliato e agganciate l’una all’altra tramite piccole asole distali, che servivano per tenere appesi oggetti come i coltelli o le chiavi; è interessante notare la persistenza di questa tipologia di maglie in catenelle di orologi della prima metà del XX secolo.

fig. 13 – Pettine di osso a doppia dentatura; seconda metà del XV – prima metà del XVI secolo

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OSSO I reperti in osso recuperati possono assumere, per questo contesto ambientale, due significati particolari: il primo quello di testimonianza di cultura materiale relativamente agli oggetti in uso e l’altro di conoscenza delle attività di lavoro svolte in tale ambito. Gli esemplari di pettine (fig. 13; v. 3, n. 17), a doppia dentatura bipartita e differenziata, confermano che ancora nel ‘500 persiste l’impiego, per la pettinatura dei capelli, di questa tipologia a due file di denti diversificati.

Il pendaglio a forma di crocetta (fig. 14; v. 3, n. 18) dal contorno sagomato e facce decorate dal motivo a occhi di dado, muniti di forellino passante, ci documenta un particolare pendente devozionale che trova somiglianza, a distanza di secoli, con i pendaglietti porta reliquie ancora in uso nel secolo scorso.

Il secondo significato lo esprimono quei manufatti d’osso che risultano incompiuti e quindi mai utilizzati; è il caso del piccolo dado da gioco che presenta una sola faccia decorata con la numerazione a sei punti (v. 3, n. 22), ed anche delle due diverse guance di immanicatura solo irregolarmente sfaccettate e prive dei necessari fori per il fissaggio al supporto metallico (v. 3, n. 23). Dunque all’interno del monastero si può ipotizzare che oltre alle attività strettamente legate alla vita quotidiana, fosse attiva anche una lavorazione artigianale con produzione di piccoli oggetti d’osso.

fig. 14 – a) crocetta di osso traforata; seconda metà del XV – prima metà del XVI secolo; b, c) crocette devozionali XX secolo

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CERAMICHE

Un altro gruppo di manufatti è costituito da una serie di frammenti di terrecotte figurate distinguibili per il loro uso come bambole, statuine da presepio e forme appartenenti a composizioni plastiche (fig. 15; v. 3, n. 24-33).

LEGNO-CUOIO

Anche l’insieme di oggetti d’uso ricavati dal legno è legato alle attività manuali, previste dalla regola francescana, svolte dalle monache e dalle figliole secolari in educazione che trovavano ospitalità nel monastero per apprendere i tipici lavori femminili, quali il cucito con particolare riguardo al ricamo, il fare i pizzi e la tessitura.

Tra gli arnesi recuperati troviamo coperchi di scatole rotonde, rocchetti, vari fusi e una spatola (fig. 16a-e; 17a-d). Infine si presenta un raro esempio di tomaia di cuoio (fig. 18a, b) quale testimonianza di calzatura utilizzata dalle monache clarisse nel periodo rinascimentale.

fig. 15 – Frammenti di terrecotte figurate: a) figura femminile; b, c) testine; d, e) teste di prelati con mitria; f) testa di satiro; g) frammento di corpo di Cristo crocefisso; h, i) frammenti di statuine da presepio; l) avambraccio benedicente; prima metà del XVI secolo

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dall’altofig. 16 – Manufatti di legno: a, b) coperchi di scatole; c, d) rocchetti; e) spatola; prima metà del XVI secolofig. 17 – Manufatti di legno: a-d) fusi per la filatura a mano; prima metà del XVI secolofig. 18 – Manufatti di cuoio: a) tomaia di calzatura; b) frammenti di cuoio lavorato; prima metà del XVI secolo

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Appartengono alla famiglia della cosiddetta ceramica graffita tutti quei prodotti il cui corpo ceramico è decorato con ornati ottenuti mediante incisione dell’ingobbio di rivestimento per mezzo di un arnese appuntito.

Tra le ceramiche graffite rinvenute nella struttura esagonale troviamo sia prodotti di botteghe locali, sia oggetti di importazione, tra i quali sono particolarmente interessanti per l’elevata qualità i prodotti delle botteghe ferraresi, che si identificano per la presenza del giallo antimonio, il quale rende il decoro graffito più appariscente ed elegante.

Per una migliore comprensione degli ornati che i nostri vasellami riportano incisi sulle loro superfici prendiamo in considerazione innanzitutto l’ornato principale fissando per esso i seguenti tipi: antropomorfo (fig. 20; v. 4, n. 1), araldico, geometrico, mitologico (fig. 19; v. 5, n. 2), religioso , vegeto-floreale, zoomorfo (fig. 21) e di varia espressione, quest’ultimo comprende anche composizioni articolate. Alcuni di questi temi ornamentali danno, tramite i loro contenuti figurativi, un valore aggiunto alle suppellettili domestiche che diventano così dei mezzi di trasmissione di immagini pregne di simbolismi. I vasellami fittili decorati a graffito qui presentati si datano all’arco cronologico compreso tra la metà del ‘400 e la metà del ‘500.

fig. 19 – Piatto decorato a punta e stecca con la raffigurazione di un

centauro cavalcato da un putto alato; Padova prima metà del XVI

secolofig. 20 – Catino decorato a punta e stecca con busto di paggio; Padova

metà del XV secolofig. 21 – Scodellone decorato a punta

con pantera entro cornice lobata; Padova ultimo quarto del XV secolo

CERAMICHE GRAFFITE

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Comitato scientifico Vincenzo TinéAlessandro AstaFrancesco CozzaSara EmanueleElena PettenòFederica Rinadi

Curatore Francesco Cozza

Progetto espositivo e allestimento Francesco CozzaSara EmanueleMirame s.a.s.Diego Malvestio & C. s.n.c.Roberta SacchettoRoberta Zennaro - Cultour Active s.r.l.

Restauriceramiche Chiara Baracco - P.ET.R.A. s.c.r.l.Chiara BertolasoAntonio CornacchioneValentina FamariMichela FerroMarzia GaglianSilvia GirlandaClaudia Padovanferri Sara Emanuele - SBAVAnnalisa Gasparetto - SBALlegni e cuoio Antonella Di Giovanni - lab. Restauro“F3 materiale organici” ISCR - Romavetri Silvia Ferucci - Kriterion s.n.c.

Progettazione grafica e comunicazione Mirame s.a.s.

Progetto multimediale Alessandro CarreraCultour Active s.r.l.

Video restauro Antonio Cornacchione

Musiche e canti gregorianiParva Schola Gregoriana – Treviso

Stampa e supporti espositivi Gielle s.n.c.Imoco s.p.a.Kora Comunicazione

Assicurazione Padova Assicuratrice Risk ManagementAzienda s.a.s.

LE MEMORIE RITROVATE

InIzIatIva promossa da

Con la parteCIpazIone e Il ContrIbuto dI

Ministeroper i Beni e le

Attività Culturali

Soprintendenzaper i

Beni Archeologicidel Veneto

Direzione Regionale per i

Beni Culturali e Paesaggistici del Veneto

Diego Malvestio & C. sncScavi e restauri archeologici

Concordia Sagittaria VE

con la partecipazione diiniziativa promossa da

Centro Espositivo Multimediale dell’ArcheologiaVeneto Designer OutletPiazzetta della Gondola Via Marco Polo 1Noventa di Piave (VE)

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