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1 Fabio Iadeluca Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere nel nostro paese: La Mafia Cinese

Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

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Page 1: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

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Fabio Iadeluca

Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere nel nostro paese:

La Mafia Cinese

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Fonte: Li Mes, Come mafia comanda, Milano, l’Espresso, 2-2002.

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Indice Introduzione pag. 4 Cap. I: La criminalità organizzata cinese: triadi, tong e gang 6 Cap. II: Immigrazione cinese in Italia 12 2.1 Rotte dell’immigrazione clandestina 14 Cap. III: Attività delittuose perpetrate dalla mafia cinese 16 Cap. IV: La struttura organizzativa 25 Legislazione antimafia 29 Bibliografia 34

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Introduzione

“Il fenomeno migratorio cinese, già sviluppatosi negli Stati Uniti e in Australia, a partire dalla seconda metà del secolo scorso ha interessato l ’ Europa e l ’ Italia . Caratteristica peculiare della emigrazione cinese, a differenza di altri gruppi stranieri, è la tendenza a stabilizzare la propria presenza nel Paese ospitante in quanto il cittadino cinese programma di ripristinare all’estero non solo il proprio nucleo familiare allargato ma, altresì, un contesto ambientale disciplinato dalle regole proprie della cultura orientale. Lo spiccato senso di appartenenza etnica e la specifica identità culturale, ha portato quindi i cittadini cinesi, nel corso di un secolo di emigrazione nel mondo, a costituire, nei diversi Paesi, delle comunità caratterizzate dalla massima autonomia e amministrate dai principi propri della loro cultura cinese e avulse dalla realtà sociale circostante . Quelle comunità, costituite da persone provenienti dalla stessa regione della Cina, si insediano in ristrette zone del territorio, soprattutto nelle grandi aree urbane, così da favorire attraverso la gestione di attività commerciali e di artigianato , il consolidamento anche economico del gruppo etnico ( il fenomeno può recentemente osservarsi a Roma, nel quartiere Esquilino) Il forte spirito di coesione etnica ha portato altresì i cinesi a sviluppare all’estero forme di associazionismo, talvolta infiltrate dalla criminalità organizzata, a tutela degli interessi degli emigrati nei rapporti con le Istituzioni locali e con la Repubblica Popolare Cinese. Anche in Italia l’evoluzione dell’insediamento cinese ha seguito gli stessi schemi: vi sono circa venti associazioni, a carattere locale o nazionale, una pubblicazione in cinese del tipo Pagine Gialle, scuole per l’apprendimento del cinese mandarino per i figli degli immigrati, mentre aumentano gli abbonamenti ai network televisivi in lingua cinese . I cittadini cinesi presenti sul territorio nazionale al 31/12/1999 erano 51.402 , di cui 27.563 nel settentrione , 19.747 nell’Italia centrale e 4.092 nel meridione”1 .

La relazione approvata in data 30 luglio 2003 da parte della Commissione parlamentare

Antimafia2, fa emergere un quadro altamente inquietante per quanto concerne le

organizzazioni criminali straniere di stampo mafioso operanti nel territorio dello Stato.

Per quanto riguarda la mafia cinese, viene fornito un’importante excursus storico nonché

una particolareggiata descrizione delle caratteristiche strutturali e delle attività poste in

essere, rendendo la stessa una delle organizzazioni malavitose più agguerrite ed

impenetrabili. Nello specifico:

“I primi arrivi di cittadini cinesi in Italia risalgono al periodo della seconda guerra mondiale quando un ristretto numero di esuli, prevalentemente provenienti dalla regione dello Zhejiang, si stabilì 1 Commissione parlamentare d’Inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre organizzazioni similari, XIII Legislatura, relazione conclusiva, relatore On. Lumia, approvata il 6.03.2001, Doc. XXIII. 2 Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3.

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nel centro nord della penisola. Questi gruppi originari si stabilirono prevalentemente nella città di Milano e Roma, dove aprirono i primi ristoranti cinesi. La presenza numerica, ammonterebbe a poche decine in tutta Italia, non mutò fino alla metà degli anni Ottanta. Con l’apertura della Cina verso l’occidente a seguito dei fatti di Piazza Tien’anmen e con le sanatorie degli anni 1987, 1990 e 1996 il numero delle presenze ha subito una crescita esponenziale tanto da rappresentare, oggi, un problema non indifferente. Le organizzazioni criminali cinesi hanno favorito l’ingresso illegale in Italia dei loro concittadini, gestendo l’intero movimento migratorio verso l’Europa. La comunità cinese, sempre più grande, ha occupato interi quartieri, nei quali ha aperto esercizi commerciali e laboratori artigianali di confezioni di abbigliamento e pellame. Il basso costo della manodopera., quasi totalmente di provenienza clandestina, ha permesso di praticare prezzi pari al 10 per cento di quelli richiesti dalle omologhe ditte italiane che, pertanto, non sono riuscite a reggere la concorrenza. La quasi totalità della comunità cinese presente in Italia proviene dalla regione dello Zhejiang che è situata a sud di Shanghai e si affaccia sul Mar Giallo. In questa regione abitano circa quaranta milioni di persone e si individuano due diverse realtà:

una più ricca, costituita dalle popolazioni che vivono lungo la costa; un’altra poverissima, costituita dagli abitanti che vivono nell’entroterra.

E’ dalle province dell’entroterra, e particolarmente dalla città di Yuyu, che proviene la maggior parte degli immigrati destinati alla manovalanza mentre da Wenzhou, città che si trova sul mare, arriva la maggior parte dei soggetti che entrano a far parte dei gruppi criminali. In Italia la maggioranza della comunità cinese è composta da cittadini provenienti dalla Repubblica Popolare Cinese. Venti volte più piccola è la comunità di cittadini provenenti dalla Cina Nazionalista (Taiwain) e quasi inesistenti le comunità provenienti da Hong Kong e da Macao”3.

3 Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 129 e segg.

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Cap. I

La criminalità organizzata cinese: triadi, tong e gang

Nel panorama della criminalità organizzata cinese d’oltremare si possono individuare tre

attori criminali principali: le triadi, i tong e le gang.

Alle triadi appartengono tutte le organizzazioni che si rifanno all’antica tradizione

dell’associazionismo segreto, risalente al ceppo della triade.

Siffatta organizzazione deve la propria denominazione ai colonialisti inglesi

dell’Ottocento che, per primi, scoprirono l’esistenza di queste logge segrete, aventi come

elemento che li contraddistingue un triangolo equilatero raffigurante le tre forze

primordiali dell’Universo: l’Uomo, la Terra e il Cielo. Il termine cinese con cui queste

società erano conosciute è Tiandihui, che significa “Società del Cielo e della Terra”.

La versione più accreditata sull’origine della triade 4(Murray 1994,pag.16), colloca la

costituzione delle prime logge nella Cina meridionale, nelle ragioni del Fujian e del

4 Secondo una versione fino a non molto tempo fa considerata attendibile tra gli studiosi delle società segrete cinesi e della quale peraltro non esiste alcun riscontro significativo, cinque monaci di un monastero buddista presso Saholin, nella provincia del Fujianm, avrebbe dato vita, dopo numerose periperizie, alla società segreta della triade. Secondo tale leggendaria origine, l’imperatore Kangxi della dinastia dei Qing, in grave difficoltà a causa dell’arrivo di orde barbariche sul territorio dell’impero, si appellò a tutti coloro che fossero stati disposti a venire in suo aiuto. I 128 monaci di Saholin, esperti in arti marziali, decisero di soccorrere l’imperatore, marciarono contro i barbari e li sconfissero. Rifiutata poi qualsiasi ricompensa, ritornarono alla solitudine del monastero. Ma un segretario dell’imperatore molto ambizioso, che considerava i monaci come un ostacolo alle sue mire di potere, riuscì a convincere l’imperatore ad attaccare il monastero. Grazie a un traditore, le guardie imperiali penetrarono nel monastero e lo diedero alle fiamme. Solo 5 dei 128 monaci sopravvissero. Costoro strinsero un giuramento, scambiandosi la promessa solenne di vendicare i fratelli uccisi. Dopo molte peregrinazioni, si rifugiarono nella Grotta della cicogna bianca. Qui, mentre erano intenti a iniziare nuove reclute alla società segreta, apparve in cielo un grande bagliore rosso, che venne interpretato come un segno di buon auspicio. Infatti il termine “Hung” – la triade viene chiamata anche Lega di Hung – ha un suono molto simile al termine cinese per “rosso”. Questo racconto, come si può notare, presenta elementi simbolici e “didascalici” di grande effetto (uomini probi e valorosi che subiscono un’ingiustizia senza motivo; la figura del traditore, immancabile in ogni leggenda che si rispetti; la lotta al potere a opera di ambizioni senza scrupoli) serve a giustificare la nascita di organizzazioni non tollerate dall’ordinamento dell’epoca e attribuisce loro una vernice di rispettabilità e di giustizia sociale che spesso esce non sono state in grado di affermare in pratica – Stefano Becucci e Monica Massari, “Mafie nostre, mafie loro”, Criminalità organizzata italiana e straniera nel Centro-Nord, Edizioni di Comunità, Torino, 2001.

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Guangdong tra il XVII e il XVIII secolo, in concomitanza del passaggio dalla dinastia

imperiale dei Ming a quella dei Qing5.

Alcuni autori riconducono la nascita delle prime società segrete intorno al 200 a.c.,

ovvero al periodo “oscuro” della Cina arcaica, ed esattamente quando il paese era

governato arbitrariamente da diversi potentati locali ( Chin, 1990, pag.13).

E’ importante sottolinerare, e questo trova riscontro nelle ricerche condotte sulla

tradizione dell’associazionismo segreto cinese (Ownby 1993, pp. 3-33; 1996, pp.1-28;

Murray 1994, pp.5-37), che tali associazioni servivano in primis a garantire protezione

reciproca e mutuo soccorso a coloro che vi aderivano. Ovvero, la società segreta aveva

la funzione di colmare un vuoto, una mancanza di sicurezza che investiva in particolar

modo le classi sociali popolari, nei confronti di un potere di un potere imperiale

autoritario, incapace di mantenere l’ordine su un paese così vasto se non attraverso

sostanziali concessioni ai diversi potentati locali, gli strati più bassi della popolazione -

contadini,battellieri, venditori ambulanti, vagabondi- si organizzarono in società segrete.

Nella storia cinese, l’associazionismo segreto, ebbe a quanto risulta una parte rilevante, e

questo almeno fino alla proclamazione della repubblica Comunista da parte di Mao

Zedong nel 1949. Nella guerra civile cinese, che vide contrapporsi il partito comunista e

il Guomindang, comandato da Chiang Kai-shek, la quasi totalità delle società segrete si

schierò a favore di quest’ultimo. Dopo la sconfitta del Guomindang, anche le società

segrete a esso affiliate lasciarono la Cina, stabilendosi nelle zone limitrofe: Taiwan,

Macao,Hon Kong. Una volta raggiunto lo scopo politico che si erano prefisso -e cioè

spodestare la dinastia mancese, cosa che avvenne nel 1911 con la proclamazione della

Repubblica e opera di Sun Yat-sen- le società segrete della triade, forti dei vincoli

esistenti tra i propri affiliati, si spostarono progressivamente e in modo irreversibile

verso le attività illecite, nelle quali peraltro erano attive già da molto tempo. Basti

pensare, a questo proposito, al ruolo svolto dalle società segrete nel commercio, nel

mercato nero, numerosi prodotti di largo consumo, come il sale, considerati dal governo

imperiale monopolio di Stato. 5 La dinastia Ming regnò dal 1368 al 1644 per essere in seguito soppiantata dalla dinastia straniera Qing, di origine mancese. Tale dinastia, l’ultima della storia cinese, regnò fino al 1911, anno a cui risale la proclamazione della repubblica da parte di Sun Yat-sen.

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Per quanto concerne il panorama internazionale dell’associazionismo segreto si deve

evidenziare la 14K, quest’ultima fortemente coinvolta nel traffico di eroina dal Sud-Est

asiatico verso i paesi occidentali, in primo luogo gli Stati Uniti. Gli affiliati a questa

organizzazione erano in origine una costola militare del Guomindang e da questo

trassero il loro nome6. Altre triadi presenti nella scena dei mercati illeciti internazionali

sono la Sun Yee On, la Fuk Yee

Hing, il gruppo Wo, che significa “pace”, composto da 12 società madri, e infine, la Big

Four e la Big Circe, queste ultime costituitesi di recente nel contesto criminale di Hong

Kong, che fino a poco tempo fa era sotto il controllo della Gran Bretagna e la Chiu

Chao7, quest’ultima consorteria a sua volta distinta in quattro sottogruppi principali Fuk

Yee Hing, Gaig Yee Kun e Sun Yee On (quest’ultima considerata la triade più potente ed

organizzata dell’intera città).

Per quanto riguarda la segretezza che caratterizza le triadi è il naturale riflesso della

complessità della riservatezza dei riti di iniziazione; ben diversa è la situazione per

quanto riguarda l’aspetto organizzativo, in relazione alla struttura attuale della triade che

è molto meno complessa rispetto al passato e si caratterizza per la ricorrente presenza di

un numero “4” nella definizione dei ruoli in onore di un’antica tradizione cinese che

vuole il mondo circondato da quattro mari.

Entrando nello specifico dell’organizzazione, si registra che al vertice della società

segreta è posto un presidente (o generale - 489), dal quale dipende un capo in seconda

(438) e, in posizione di staff rispetto a quest’ultimo, un maestro d’incenso con funzioni

di reclutatore (438).

Dal capo in seconda dipendono le tre figure poste sullo stesso piano ma facenti compiti

diversi: 6 14K: Triade particolarmente pericolosa che risulta essere fondata alla fine degli anni Quaranta da un generale del Kuomintang e che si è insediato ad Hong Kong dopo la sconfitta e l’esodo a Taiwan delle organizzazioni anticomuniste cinesi; nonostante i propositi iniziali del fondatore di astenersi dall’esercizio di attività illecite taluni gruppi della 14K controllano attualmente importanti mercati illeciti e risultano presenti in Giappone, nel Sud Est asiatico, a Taiwan, Macao ed in Europa – N. Pollari, “Tecniche delle inchieste patrimoniali per la lotta alla criminalità organizzata”, Laurus Robuffo, Roma, 2000, Cap. I, pag. 29 e segg. 7 N. Pollari, Tecniche delle inchieste patrimoniali per la lotta alla criminalità organizzata”, Laurus Robuffo, Roma, 2000, Cap. I, pag. 29 e segg.

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il Sandalo di Paglia (432): che svolge i compiti di ufficiale di collegamento con

tutti i membri della triade;

il Polo Rosso(426): incaricato di eseguire le decisioni del Capo;

il Ventaglio di Carta Bianca (415): che riveste la funzione di intermediario,

amministratore e consulente finanziario della setta.

Gli altri membri (49) della triade esercitano liberamente le loro attività imprenditoriali,

sviluppando rapporti d’affari anche con membri di altre società segrete, gangster uomini

comuni e soggetti non affiliati. Questi operano come semplici uomini di affari e

l’associazione si limita a svolgere una funzione di garanzia verso le altre triadi e di

protezione dell’affiliato contro gli interventi delle forze dell’ ordine.

I tong costituiscono il secondo soggetto dell’universo criminale cinese, il cui termine

deriva dal mandarino tang, che significa “associazione” o “luogo d’incontro”.

Nelle chinatown americane, che sono costituire da circa 2 milioni di cinesi, i tong hanno

rappresentato fin dall’Ottocento periodo in cui ebbe inizio il flusso migratorio cinese

verso gli Stati Uniti- le prime forme di autogoverno delle nascenti comunità.

La particolarità della tong che spesso erroneamente vengono fatte coincidere con le triadi,

consiste nel fatto che tali organizzazioni si presentano, almeno ufficialmente, come

associazioni a tutti gli effetti legali. Infatti ciascun tong ha proprie sedi legali, rende

pubblici gli elenchi dei suoi aderenti e fornisce assistenza di tipo legale ed amministrativa

a coloro che vi aderiscono.

L’aspetto distintivo di siffatte associazione è il fatto che al loro interno, come appare in

numerosi procedimenti giudiziari poste in essere dalle autorità americane, si celano

criminali, di solito i capi del tong, che, dietro a questo il paravento di legalità, conducono

la loro attività delittuosa.

Esempio di quanto appena detto è il caso dei tong On Leong e Fujian Merchant

Associatin di New Yoirk, i cui dirigenti sono stai coinvolti in molteplici attività, che

vanno dal traffico di clandestini al gioco d’azzardo, dallo sfruttamento della prostituzione

al taglieggiamento degli esercizi commerciali cinesi.

Le associazioni tong impegnate nei traffici illeciti (sfruttamento della prostituzione,

estorsione, rapine, traffico di stupefacenti, gestione del fenomeno dell’immigrazione

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clandestina e, soprattutto, gioco d’azzardo e riciclaggio) hanno molte caratteristiche in

comune con le triadi e facilmente i loro membri sono affiliate a quest’ultime.

Entrando nello specifico molto interessante è vedere la struttura organizzativa di un

Tong8:

Presidente

Vice Presidente

Rappresentante cinese Rappresentante americano

Tesoriere

Sostituto Tesoriere

Segretario cinese Segretario americano

Sostituto segretario americano

Revisore dei conti cinese Revisore dei conti americano

Responsabile Pubbliche Responsabile Pubbliche Relazioni cinese Relazioni americane

Capo consigliere

Aiuto custode ed esattore

Consiglieri

Dal punto di vista operativo, i membri dei tong hanno dimostrato di operare nel campo

del traffico illecito delle sostanze stupefacenti, con la particolarità di non coinvolgere le

organizzazioni alle quali appartengono, nonché interagire con le altre formazioni

criminali minori, in particolar modo con i gruppi di giovani gangsters ormai presenti da

8 N. Pollari, Tecniche delle inchieste patrimoniali per la lotta alla criminalità organizzata”, Laurus Robuffo, Roma, 2000, Cap. I, pag. 31.

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tempo all’interno della comunità asiatiche insediate negli USA, ai quali affidate

l’esecuzione degli incarichi più pericolosi e violenti.

Per quanto concerne le organizzazioni criminali di origine asiatica (in particolar modo

cinesi e vietnamiti) rappresentano un fenomeno deviante che trova le sue ragioni nel

processo di non facile integrazione nella società e nella cultura USA.

L’ultimo soggetto dell’universo criminale cinese è costituito dalle gang di giovani cinesi.

Le bande giovanili hanno fatto la loro comparsa negli Stati Uniti alla fine degli anni

Sessanta, in seguito all’afflusso sempre più consistente di immigrati cinesi nelle chinatown

americane.

Queste bande criminali, originariamente nate come strumento di difesa nei confronti

degli attacchi di altri gruppi etnici, hanno subito un processo di graduale

consolidamento, grazie ai collegamenti sempre più intensi con i capi delle dei tong. E’

proprio ai rapporti di scambio e di reciproco sostegno tra gli elementi criminali dei tong e

le bande giovanili che queste ultime hanno potuto evolvesi in senso criminale e

irrobustirsi.

I capi dei tong, godendo del rispetto della comunità in cui risiedono, preferiscono

delegare alle bande i lavori “sporchi”, come il controllo delle bische clandestine e le

azioni di commando finalizzate al regolamento di conti in sospeso.

La crescita delle gang cinesi nei paesi occidentali in particolar modo Stati Uniti e

Inghilterra (Ball. 1995, pp. 104-23), è spiegabile per due fattori principali: il primo,

dovuto agli ampi processi di disintegrazione sociale e culturale avvenute nelle chinatown

americane, incapaci quest’ultime di assorbire, senza mettere in discussione l’originaria

omogeneità etnico-linguistica, il recente afflusso di nuovi immigrati; il secondo, alla

crescente integrazione tra elementi adulti-esperti criminali – e capi di prestigiose

associazioni cinesi e giovani sbandati, privi di modelli positivi di riferimento.

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Cap. II

Immigrazione cinese in Italia

Il flusso di immigrati cinesi in Italia incomincia a destare l’attenzione dei mezzi di

informazione e degli studiosi intorno alla metà degli anni Ottanta, in corrispondenza del

più vasto fenomeno immigratorio che interessa il nostro paese quale luogo di

destinazione di popolazioni diverse. Prima, in relazione a quanto si può ricavare dai

censimenti del 1951 e 196l, la presenza di cittadini cinesi sul territorio nazionale era quasi

irrilevante (i dati riferiscono di 271, e 364 casi) (Cortese 1991, pag. 4).

A partire Dagli anni Ottanta si segnala una progressione continua dell’immigrazione

cinese, con tassi di incremento annui.

Negli ultimi decennio vi è stata una crescita imponente delle comunità cinese, che si sono distribuite sul territorio in modo omogeneo in quanto hanno occupato zone dove erano già presenti loro concittadini emigrati dalla stessa provincia. “Le regioni italiane dove è stato riscontrato il maggior numero di permessi di soggiorno rilasciati a cittadini cinesi sono, nell’ordine, la Lombardia – a Milano sono 9.000 le presenze regolari ed è il secondo maggio centro d’Europa la Toscana – Firenze e Prato 1.500 presenze-, il Lazio , con 5.000 presenze a Roma, l’Emilia Romagna, soprattutto a Modena e a Reggio Emilia, il Friuli Venezia Giulia, con Trieste e Udine, il Veneto e il Piemonte. Solo negli ultimi anni è stata registrata una considerevole presenza anche nella provincia di Napoli, dove alla data odierna si registrano oltre 2.000 unità. Quest’ultimo dato deve far riflettere in ragione dei pericolosi legami che potrebbero essere stati stretti tra le organizzazioni criminali cinesi e la Camorra”9. Per avere un quadro generale dell’incidenza della etnia cinese nel nostra Paese,

importanti sono i dati di seguito riferiti:

9 Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 120.

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Tab. 1: tabella suddivisa per anni dei cittadini cinesi soggiornanti nel territorio nazionale con permesso di soggiorno valido10. 31.12.1999 31.12.2000 31.12.2001 31.12.2002 Soggiornanti cinesi regolari

47.108

60.232

56.566

61.532

Tab. 2: tabella suddivisa per anni e tipologia di provvedimento adottato sui cittadini cinesi trovati in posizione irregolare11 Provvedimenti 31.12.1999 31.12.2000 31.12.2001 31.12.2002

Respinti alla frontiera

505 410 556 602

Respinti dai Questori

257 416 123 93

Intimati 1.935 3.922 2.909 2.407

Esplulsi su conforme provvedimento dell’A.G.

2 2 0 1

Esplulsi con accompagnamento Alla frontiera

110 229 367 129

Riammessi nei paesi di provenienza

72 39 115 211

Si può comprendere un gruppo criminale cinese solamente analizzandolo nella sua

complessità e nella sua dimensione territoriale e non omettendo di definire anche quale

sia la zona di provenienza.

Ciascun gruppo criminale, svolge attività che gli consentono di controllare veri e propri

imperi economici e di assicurarsi un ruolo di primo piano all’interno della comunità.

Poiché ogni comunità cinese è organizzata in strutture ed associazioni che hanno lo

scopo di attuare un comune indirizzo politico e socio-economico, nonché di assurgere a

referenti istituzionali nei confronti delle autorità nazionali, sarà opportuno determinare

se effettivamente i gruppi criminali, come affermato negli atti acquisiti, nel mirino a far

ricoprire a propri affiliati cariche di prestigio per acquistare rispettabilità verso le autorità

e distogliere l’attenzione di queste ultime dalle attività criminali del sodalizio. 10Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 120 e segg. 11Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 120 e segg.

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Si deve specificare che le minoranze cinesi costituiscono, per caratteristiche intrinseche e

per l’assoluta impermeabilità ad ogni integrazione con il tessuto sociale, tanti piccoli

“quartieri di Cina” ove le tradizioni millenarie vengono mantenute immutate, le regole di

connivenza sono specifiche e l’autonomia culturale è completa. Si viene a creare così una

situazione auto-isolamento nella quale la spiccata attitudine alla sottomissione, propria

della mentalità del popolo cinese, favorisce e rafforza le organizzazioni criminali , che

assurgono a giudice nei contenziosi quotidiani esercitando un rigido controllo sulla vita

economica, sociale e politica dell’intera comunità.

Il forte senso del dovere e dell’obbedienza nei confronti di chi legittimamente o

illecitamente detiene il potere, specie se questo deriva dalla forza intimidatrice, giustifica

la diffusa ed assoluta omertà che regna tra gli appartenenti alla comunità, terrorizzati

anche dalle punizioni esemplari, ritorsioni che per lo più sono eseguite -dato il carattere

transnazionale delle associazioni criminali- nei confronti dei parenti nelle altre città

occidentali, se non addirittura in madrepatria, di chi si dissocia da questa logica.

I quartieri cinesi presenti in ogni paese, in virtù del loro completo isolamento e della loro

impenetrabilità, vengono utilizzati anche come luogo di sosta temporanea e di passaggio

per gli immigrati clandestini, costoro, di emigrare, affidano ogni loro avere alle

organizzazioni, che pretendono anche una garanzia personale da parte della famiglia di

origine.

Quindi per tali caratteristiche di isolamento, è difficile intervenire. In queste condizioni,

fin dalla partenza, l’emigrante non può che affidarsi al suo corriere, definibile come il

vero dominus della vita dei clandestini, i quali per pur di emigrare, per tentare una vita più

dignitosa, affidano ogni loro avere, ogni loro speranza a tali organizzazioni che, per il

pagamento, pretendono sempre garanzie personali da parte della famiglia di origine.

2.1 Rotte dell’immigrazione clandestina

Da quanto si evince dalla relazione annuale della Commissione parlamentare antimafia i

soggetti “che vogliono emigrare” si rivolgono sempre a un membro della “banda”, facilmente

rintracciabile nei mercati delle maggiori città della regione dello Zhejiang, ed il prezzo

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dell’operazione varia dai 12 ai 15 mila euro, in relazione all’affidabilità della famiglia di

appartenenza, nonché alle modalità di viaggio. Al “viaggiatore” vengono consegnati

documenti originali, rilasciati dalle autorità delle province limitrofe, trattenuti, per l’intera

durata del viaggio, dagli accompagnati.

Solitamente, i clandestini, per giungere in Italia, soggiornano per un certo periodo di

tempo a Mosca o in altre città dell’Est europeo in attesa di essere divisi in sottogruppi e

“smistati” per le varie destinazioni. Da Mosca giungono in Croazia e da qui, quasi sempre

a bordo di autovetture i di motoscafi, raggiungono il confine italiano. L’attraversamento

del confine avviene a piedi e ad attenderli ci sono membri dell’organizzazione che li

accompagnano alla più vicina stazione ferroviaria da dove raggiungono le “basi”

dell’organizzazione, molto spesso situate in città del Veneto; i clandestini rimangono

segretati fino al pagamento del riscatto da parte dei loro parenti che si erano assunti

l’obbligo di onorare il debito. Sempre utilizzando come base Mosca, molti clandestini

muniti di passaporto falsificato, ma con visto d’ingresso “genuino” per l’Egitto,

raggiungono Il Cairo e da qui, con nuovi passaporti, gli aeroporti di Milano e Roma.

Altra via di ingresso verso l’Italia è quella che utilizza il canale d’immigrazione albanese.

Anche la Grecia è una tappa frequente delle organizzazioni dedite a favorire

l’immigrazione clandestina in direzione del nostro Paese, in considerazione della facilità

di ottenere visti “Schengen” per viaggi turistici12. Tab. 3: tabella relativi dei cinesi denunciati per l’inosservanza delle norme sull’immigrazione 13

Anno Numero Variazione per cento2000 261 2001 391 49,81 per cento

2002(nov) 654 67,26 per cento N.B. la tabella indica i reati commessi da cinesi, relativamente agli anni 2000-2002, per inosservanza delle norme sull’immigrazione (dato fornito dal Ministero dell’Interno).

12 Le rotte dell’immigrazione ed i dati indicati nel presente capitolo sono stati acquisiti da Nuove mafie ed economia, pubblicato nel 1999 dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, p.82, dalla relazione del 2° Semestre, volume primo, della D.I.A. 13 Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 122 e segg.

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Cap. III

Attività delittuose perpetrate dalla mafia cinese

Le associazioni criminali che operano nelle varie comunità cinesi d’oltremare sono

coinvolti in una vasta gamma di condotte illecite. Fin dall’Ottocento, all’interno delle

colonie inglesi del Sud-Est asiatico le società segrete erano fortemente implicate nel

traffico di clandestini, del mercato della prostituzione e del gioco d’azzardo.

Oggi, i gruppi che si rifanno più o meno direttamente alle culture delle triadi pongono in

essere tra le proprie attività, il traffico di clandestini, il mercato della prostituzione e del

gioco d’azzardo, la vendita di stupefacenti, l’immigrazione clandestina, produzione di

valuta contraffatta, il traffico di microship e, per finire, oltre il pervasivo taglieggiamento

degli esercizi commerciali.

Per quanto riguarda il coinvolgimento di associazioni segrete cinesi nel traffico

dell’eroina, questo è un dato che é stato accertato in più operazioni internazionali di

polizia.

La cosiddetta china white, proveniente dal sud Est asiatico ha fatto la sua comparsa nel

mercato illecito della vendita degli stupefacenti a New York a partire dagli anni

Ottanta,prendendo il sopravvento sugli altri tipo di eroina, come la brown sugar,

quest’ultima importata dalla Afghanistan e dalla Turchia. Se come tutto lascia supporre,

l’eroina bianca riuscirà a prendere il sopravvento sugli altri tipi di eroina (cosa questa

confermata dai dati relativi alle partite sequestrate), questo porterà ingentissimi introiti

illegali che potranno essere riutilizzati dalla criminalità cinese in attività lecite. I grandi

introiti derivanti dal mercato dell’eroina potrebbero mettere queste organizzazioni

criminali in condizione di compiere il grande salto di qualità potendo disporre di quel

binomino violenza-capitali essenziale per un gruppo criminale organizzato, nonché la

capacità di neutralizzazione delle agenzie di contrasto (Arlacchi 1998, pp. 15-27).

In tale contesto, la vendita di eroina verrebbe a rappresentare, come evidenziano alcuni

autori (Poster 1988, pp. 12-26; Booth 1990, pp. 107 –32), l’attività remunerativa

mediante i quali i gruppi criminali cinesi potrebbero consolidarsi ed espandersi,

Page 17: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

17

intraprendendo un percorso simile a quello intrapreso negli Stati Uniti, durante il

Proibizionismo,m dai gruppi criminali ebrei, italiani e irlandesi che furono in grado di

potenziale in manieri risoluta la loro “presa” sulla società più ampia.

Comunque rimangono alcuni punti molto controversi sul tipo di organizzazione che

attualmente preside e dirige il mercato dell’eroina “bianca” negli Stati Uniti.

Da quello che emerge dalla letteratura sull’argomento è possibile individuare due punti

molto distanti tra loro, in primo luogo l’avvalorata ipotesi che vi sia uno stretto

collegamento tra triadi –con base a Hong Kong, Macao e Taiwan – tong e gang presenti

negli Stati Uniti e mercato dell’eroina; la seconda tende ad eludere un collegamento

diretto, unilineare, gerarchico tra questi tre soggetti: i singoli soggetti di tali

organizzazioni, grazie ai loro contatti, informali e flessibili, sarebbero in grado di attivarsi

e, eventualmente, di associarsi a seconda delle contingenze e delle opportunità al

momento offerto dai mercati illeciti. Quest’ultima considerazione sembra alla luce degli

elementi di fatto raccolti, la più plausibile, come testimoniano alcune operazioni di

polizia internazionale e alcune ricerche. L’operazione di contrasto denominata “White

Mare” e portata a termine dalla DEA (Drug Enforcement Agency) nel 1989 a carico di

44 cinesi evidenziò come questi ultimi appartenessero a gruppi criminali diversi tra loro

e come ciascuno di esso avesse partecipato all’operazione a titolo personale, senza

coinvolgimento delle organizzazioni personali. Le autorità americane, negli Hearing del

1992, constatarono che il traffico di droga veniva gestito da singoli appartenenti alle gang

cinesi, senza che vi fosse un coinvolgimento dell’intero gruppo (U.S. Senate 1992, p.65).

Per quanto riguarda l’espatrio di clandestini, questo rappresenta negli Stati Uniti così

come in altri paesi occidentali, un’attività molto importante nel panorama criminale di

queste organizzazioni cinesi, che permette alle stesse di avere degli introiti illeciti molto

elevati. Per rendersi conto della portata del fenomeno l’Immigration and Naturalization

Service (INS) stima ogni anno circa 100.000 cinesi entrino clandestinamente negli Stati

Uniti (Sheldoin e Gaylord 1996, p.1). Questa attività consento di acquisire profitti

ingentissimi: le previsioni variano da 1 a 3 miliardi di dollari ogni anno, secondo alcune

stime.

Page 18: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

18

Il prezzo che ogni clandestino deve pagare alle organizzazioni criminali si aggira

intorno ai 30.000 dollari.

Gli immigrati clandestini cinesi che entrano nel territorio americano sono per il 90 %

provenienti dalla regione dello Fujian, in particolare dalla capitale Fuzhou e da due

distretti vicini (Sheldon e Gaylord 1996, p.5). Uno dei tong più coinvolti più coinvolti

nel traffico è la Fujian American Association, la cui sede è sita in New York. Per le

autorità americane introiti così elevati derivanti dal traffico di clandestini avrebbe

indotto le gang cinesi ad entrare direttamente nell’organizzazione dell’attività,

diversamente da quanto accadeva in precedenza, quando queste si limitavano a fare la

loro comparsa nella fase finale della riscossione del debito presso i parenti del

clandestino (Chin 1996, pp.137-47).

Il problema principale va individuato nell’accertare quale tipo di organizzazione

sovrintenda al traffico di clandestini.

Secondo una recente ricerca sul campo14 (Sheldon e Gaylord 1996, pp. 1-27), condotta a

Hong Kong, negli Stati Uniti e nel Fujian, “due modalità organizzative caratterizzano il traffico

di clandestini. La prima rimanda a newtwork criminali che operano su larga scala, i cui appartenenti,

precedentemente coinvolti nel mercato degli stupefacenti, si sono in seguito indirizzati verso il traffico di

clandestini, altrettanto redditizio e meno rischioso dal sotto ilo profilo penale, appoggiandosi ai medesimi

canali e alla stessa rete di conoscenze. La seconda fa riferimento a gruppi ristretti di individui che

mettono in campo una capacità organizzativa molto ridotta e la cui caratteristica principale è quella di

operare sia nella sfera lecita che in quella illecita: molti di essi gestiscono, a livello familiare, agenzie di

viaggio o attività di import-export di prodotti cinesi. Questi gruppi minori entrano nel traffico di

clandestini in ragione degli alti profitti, ma tale attività rientra nei più ampi interessi commerciali della

loro impresa e, spesso, non si assiste al passaggio a forme stabili di criminalità. Lo scopo fondamentale

è, piuttosto, quello di accumulare una certa quantità di denaro per poi uscire dal mercato.

In ogni caso il traffico di clandestini si inserisce all’interno del più ampio sistema di transazioni

commerciali utilizzato dai cinesi d’oltremare, contraddistinto dall’utilizzazione di network informali,

organizzati secondo relazioni “face to face” e basati sulla “fiducia etnica”.

14 S. Becucci e M. Massari, Mafie nostre, mafie loro, Criminalità organizzata italiana e straniera nel Centro – Nord.Edizioni di Comunità, Torino, 2001, pag. 68 e segg.

Page 19: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

19

Per quanto riguarda le estorsioni -attività in cui sono coinvolti gruppi criminali cinesi-

sembra avere assunto nelle chinatown americane un carattere permanente e stabile, in

quanto secondo quanto affermato dalle autorità americane ben il 90% degli esercizi

commerciali gestiti da cinesi a New York sarebbe soggetto a taglieggiamento. Ad

avvalorare questa tesi i risultati di una recente ricerca (Chin 1995, pp.59-100) i quali

hanno confermato l’esistenza del fenomeno estorsivo: “il 70% degli esercenti intervistati, pari

a 433 su 580 cinesi avevano risposto al questionario, ha confermato di aver subito richieste estorsive e

di averle soddisfatte. Stando a quanto emerge dalla ricerca, le modalità prevalente attraverso cui si

svolgono le estorsioni consiste nell’obbligare il negoziante ad acquisiate prodotti ad un prezzo superiore

al valore di mercato.

Una seconda forma estorsiva si esercita esigendo una certa somma di denaro, definita lucky money

“offerta augurale” in occasione delle festività cinesi, come il Capodanno o la Festa della Luna. Al terzo

posto i commerciato intervistati collocano le estorsioni in cambio di “protezione”. L’estrema diversità

delle somme richieste -da pochi dollari a diverse migliaia- dimostra comune quanto capillare sia l’attività

della gang e come esse pongano in primo piano il controllo del territorio, rivelandosi interessate a che la

vittima continui la sua attività15”.

Per quanto riguarda le dinamiche organizzative e il modus operandi dei gruppi criminali

attivavi nelle comunità cinesi, è utile guardare ancora una volta alle chinatown

americane. E’ stato evidenziato lo stretto collegamento esistente tra i capi dei tong e gang:

tutti i tong di New York hanno alle loro dipendenze una gang.

I capi dei tong proteggono le gang dalla legge e le ospitano nei loro alberghi e ristoranti.

Quindi, grazie al patrocinio di capi anziani e rispettati dalla comunità che io giovani

criminali possono condurre impuniti le proprie attività nel quartiere. Molto spesso

accade, che questo tipo di alleanze reciprocamente vantaggiosa venga messa in crisi,

perché il capo della gang –che normalmente è il solo che ha la facoltà di trattare

direttamente con i tong- diviene troppo esigente e chiede ad esempio un compenso

maggiore per le sue prestazioni e questo da luogo a conflitti, che vengono talvolta risolti

15 S. Becucci e M. Massari, Mafie nostre, mafie loro, Criminalità organizzata italiana e straniera nel Centro – Nord.Edizioni di Comunità, Torino, 2001, pag. 83 e segg.

Page 20: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

20

con una delazione alla polizia da parte dell’esponente del tong o con l’arruolamento di

una gang rivale.

Alla fine il rapporto esistente tra capi dei tong e le gang, rimane di tipo strumentale e

opportunistico, e per tali caratteristiche questo può sfociare facilmente in drastici

ribaltoni di fronte.

Nel nostro paese, anche le consorterie criminali cinesi hanno rafforzato la loro

operatività nel nostro paese. Al momento, in esito i riscontri delle attività investigative,

si ritiene che non operi un’unica organizzazione criminale cinese, bensì un certo numero

di gruppi delinquenziali cinesi composte da persone riunite in base alla provenienza

dalle città d’origine della Cina Popolare. Il numero degli esponenti di ogni singola

formazione varia tra le dieci e le cinquanta unità e sovente si raggruppano soggetti

appartenenti alla stessa famiglia per commettere delitti a danno di altri connazionali.

Ogni consorteria prevede un capo e provvede ad effettuare cerimonie di iniziazione in

occasione dell’affiliazione di altri componenti; da questo ne discende un gruppo molto

unito con un vincolo molto forte della vendetta. I criminali cinesi considerano lo Stato

come una realtà molto lontana, dato che i suoi rappresentanti risultano essere spesso

corrotti, o comunque facilmente corruttibili.

L’attività principale, risulta essere il traffico dei clandestini al fine di inserire illegalmente

manodopera a bassissimo prezzo in attività commerciali e produttive.

Un altro illecito penale frequentemente compiuto dove le organizzazioni criminali cinesi

risultano primeggiare è quello della falsificazione dei documenti, che deve essere

considerato il tipico reato strumentale all’ingresso clandestino di stranieri.

Dai dati forniti dal C.E.D. del Ministero dell’Interno emerge un notevole aumento dei

cittadini cinesi denunciati all’Autorità Giudiziaria: si passa dalle 150 denunce del 1986

alle 2423 del 1998.

Giova far presente che la criminalità cinese cerca di evitare di compiere azioni delittuose

eclatanti per non suscitare allarme sociale e di conseguenza attirare verso di sé

Page 21: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

21

l’attenzione degli organi investigativi; non opera un’unica organizzazione criminale, ma

numerosi gruppi delinquenziali16.

L’azione criminale è circoscritta, per lo più, all’interno delle comunità ed è ristretta,

quindi, a particolari zone urbane che, unitamente all’elevata omertà, rendono

estremamente problematici il con strato ed ogni attività di penetrazione informativa ed

investigativa17.

Da come rilevato nella relazione annuale della Commissione parlamentare antimafia, si è in presenza di

organizzazioni impermeabili, essenzialmente segrete, capaci di18:

diversificare le attività illegali;

godere del sostegno della comunità autoctona;

disporre di ingenti ricchezze così da finanziare affari impegnativi e transnazionali;

defilarsi all’attenzione pubblica e degli organi di polizia;

accreditarsi sia nel mondo legale sia in quello criminale;

Risulta, peraltro, che i gruppi cinesi:

utilizzano sistemi alternativi di transazioni finanziarie e monetarie, privilegiando

circuiti extrabancari e pagamenti in contante che rendono difficile l’individuazione

dei flussi;

concentrano competenze e funzioni, anche di tipo economico, nelle aree di

origine;

investono in aree di volta in volta più remunerativa, sia sotto l’aspetto fiscale, sia

sotto quello funzionale. L’area vesuviana, ad esempio, consente di assicurare un

florido mercato del tessile di medio/basso livello, controllato dalla Camorra e

caratterizzato da una solida e crescente domanda.

16 Ogni gruppo è composto da soggetti provenienti dalla stessa città e varia dai dieci ai cinquanta associati. 17 La famiglia cinese si differenzia in: elementare (marito, moglie e figli), allargata (comprendete i genitori del capo famiglia), estesa (l’unione dei vari gruppi familiari). Vi è poi la famiglia economica –detta “chia”- composta da un nucleo familiare che, oltre ad avere proprietà in comune, divide i ricavi lavorativi tra i suoi membri. 18 Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 125.

Page 22: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

22

Nondimeno, si rende necessario accertare in che misura i gruppi criminali cinesi, al pari delle mafie

tradizionali, ricorrano alla intimidazione o alla violenza, pratichino la regola dell’omertà e tendano al

domino del territorio dove operano.

Le attività delinquenziali tipiche, poste in essere in Italia, sono:

il traffico di clandestini ed i connessi reati di falsificazione di documenti. Non

esistono dati certi che quantifichino il numero degli immigrati clandestini, ma il

giro d’affari è enorme. L’organizzazione mondiale per le migrazioni ha stimato

che il profitto annuo si aggiri sui sette miliardi di dollari;

ai sequestri di persona a scopo di estorsione in danno di connazionali, legati

solitamente alla riscossione del prezzo da pagare per l’espatrio di dollari;

le estorsioni in danno di ristoratori e di titolari di laboratori manifatturieri;

le rapine in danno di famiglie cinesi;

il recupero crediti con metodi intimidatori violenti;

l’organizzazione del gioco d’azzardo;

lo sfruttamento della prostituzione anche sotto la copertura di sale massaggi: il

fenomeno è in aumento principalmente nelle città di Torino e di Milano19;

illegale detenzione e porto di armi;

l’omicidio di appartenenti a gruppi criminali avversi;

l’evasione fiscale in attività commerciali.

In Piemonte, Lombardia e Toscana ci sono stati dei casi di coinvolgimento di cinesi nel

traffico di stupefacenti, ma il fenomeno è ancora molto ridotto e limitato allo spaccio

all’interno della comunità.

Degno di nota è il progressivo aumento di denunce per il delitto di cui all’art. 416 bis del

c.p.. Dal 1987 al 1998 si registrano complessivamente 97 denuncie per associazione per

delinquere di tipo mafioso: si passa dalle 8 segnalazioni del 1994 alle 33 del 199820.

19 A Torino è stata individuata una organizzazione che faceva giungere in Italia cittadine cinesi per avviarle alla prostituzione in case di appuntamento spesso pubblicizzate come centri massaggi. Il 24 gennaio 2002, la Questura di Torino individuava alla periferia della città due appartamenti, frequentati da italiani, nei quali si prostituivano giovani donne cinesi sprovviste di permesso di soggiorno. Episodi di sfruttamento sessuale di minori e di giovani donne avviate alla prostituzione, al mercato della pedofilia ed anche a quello della pornografia, sono stati accertati bel 2001 in due distinte operazioni, svolte in Valle d’Aosta ed a Roma, ed a Milano nel 2002.

Page 23: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

23

Numerose sono state le indagini, condotte ta il 1997 ed il 2002 nelle città di Firenze,

Milano, Torino, Trieste, Roma, Varese, Saronno, Bari e Napoli, attraverso le quali è stato

possibile accertare collegamenti tra gruppi criminali cinesi operanti in Italia e all’estero

(Francia, Stati Uniti, Turchia). Tra il 2000 ed il 2002 sono stati denunciati all’ A.G. circa

1.700 cittadini cinesi di cui oltre 600 in stato d’arresto.

Inoltre, da quanto evidenziato nella relazione della Commissione parlamentare antimafia

è emerso da recenti operazioni di polizia che i gruppi cinesi risultano direttamente

coinvolti nello sfruttamento della manodopera di immigrati di altre etnie, cittadini del

Bangladesh, ucraini, rumeni, albanesi e polacchi21.

Nel nostro paese si registrano insediamenti cinesi in particolar modo:

Lombardia, particolarmente nell’area milanese. In questa zona si registra la

presenza dei gruppi più pericolosi che, unitamente a quelli dell’area laziale, hanno

le caratteristiche delle associazioni criminali di tipo mafioso. In special modo le

organizzazioni hanno avviato attività finanziarie, call-center, take away, video

noleggi;

Liguria: la frontiera di Ventimiglia viene utilizzata come porta di accesso di

immigrati clandestini22;

Toscana: la criminalità cinese, qui caratterizzata da strutture solide ed articolate, è

ormai una realtà con radicati collegamenti in campo internazionale;

Lazio: a Roma dove la comunità cinese è molto consistente;

Puglia: con l’operazione denominata “Asia Trading” è stata delineata la struttura di

una organizzazione criminale cinese, di tipo mafioso, ramificata su un territorio

nazionale;

20 Dato acquisito da Nuove mafie ed economia, pubblicato nel 1999 dalla Direzione Centrale della Polizia Criminale, p.101. 21 Riscontri di tali attività si sono avuti in provincia di Napoli, nelle province di Bari ed Avellino nonché in quelle di Roma e Lecce. 22 Una recente indagine della DDA di Genova ha portato alla condanna di alcuni cittadini cinesi, legati ad organizzazioni criminali, responsabili di sequestro di persona e violenze in genere ai danni di connazionali- Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 127.;

Page 24: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

24

Campania: esiste una nutrita comunità stanziata a Napoli d nel suo hinterland, che

si dedica ad attività commerciali ed ultimamente si sta evolvendo verso forme

organizzate più invasive, contraddistinte da un alto livello di pericolosità23.

23 Al riguardo si precisa che:

- nel porto di Napoli sono state sequestrate 50 mila scatole di farmaci illegali per la comunità cinese introdotti in Italia senza la prevista autorizzazione del Ministero della Sanità. Dietro il traffico si intravede l’ombra della mafia cinese. La vendita di quei prodotti come omeopatici avrebbe fruttato all’organizzazione 500 mila euro;

- due negozi di biancheria, gestiti da cinesi, sono stati incendiati nella zona della Duchessa e della Maddalena. Questo potrebbe essere sintomo di un conflitto tra la malavita organizzata napoletana e ambulanti e commercianti cinesi forse perché i vecchi accordi stipulati con i boss della camorra, oggi in difficoltà, sono saltati. La quasi totalità dei negozi della zona di Forcella è stata occupata da parte di cinesi e ciò non avrebbe potuto accadere senza precisi accordi con la malavita locale;

- a Terzino (NA) il 29 novembre 2002, si è verificato l’omicidio di Wang Ding Qiu nato a Zhejiang il 24 ottobre 1962. Questo è il primo omicidio di un cittadino cinese in Campania, e, considerate le modalità di esecutive tipicamente mafiose, non si esclude che il fatto possa inquadrarsi in una guerra tra opposte fazioni per gestire il traffico di clandestini. L’omicidio è stato commesso, probabilmente, da due italiani che hanno affiancato l’autovettura sulla quale viaggiava Lin Xiao Fang e la vittima, e, dopo aver fatto scendere quest’ultima. Hanno esploso nei suoi confronti un colpo di pistola.- Senato della Repubblica – Camera dei Deputati, XIV Legislatura, Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare, approvata in data 30.07.2003, Doc. XXIII, n.3, pag. 127.

Page 25: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

25

Cap. IV

La struttura organizzativa

In generale la criminalità cinese associa ad ogni organizzazione un nome di animale con

l’aggiunta di un aggettivo ( es. drago verde); in Italia, invece, è diffuso il costume di

individuare i gruppi con il nome del loro capo. La figura del capo è emblematica è

costituisce l’unica autorità in grado di impartire ordini, che vengono comunicati a dei

vice-capi che li fanno eseguire dai singoli membri: la struttura organizzativa è di tipo

gerarchica e vede riservata al capo la direzione strategica ed ai vice-capi

Le funzioni ai singoli membri. Un gruppo può avere anche delle piccole articolazioni,

composto da 2/3 persone, che sono conosciute solo dal capo il quale ne fa uso solo per

lavori riservati (es. azioni contro un appartenete dello stesso gruppo).

Nell’organizzazione cinese è facile trovare la figura del “consigliere del capo”, una sorta di

consigliere tecnico che esamina le tattiche di azioni.

Caratteristica peculiare della emigrazione cinese, a differenza di altri gruppi stranieri, è la

tendenza a stabilizzare la propria presenza nel Paese ospitante - e così accade anche in

Italia - perché il cittadino cinese programma di non rientrare più nel Paese di origine e di

ripristinare all'estero non solo il proprio nucleo familiare allargato ma, altresì, un

contesto ambientale disciplinato dalle regole proprie della cultura orientale (anche se

questo non significa interruzione dei rapporti con la madrepatria). Lo spiccato senso di

appartenenza etnica e la specifica identità culturale, ha portato quindi i cittadini cinesi,

nel corso di un secolo di emigrazione nel mondo, a costituire, nei diversi Paesi, delle

comunità caratterizzate dalla massima autonomia e amministrate dai principi propri della

loro cultura cinese e avulse dalla realtà sociale circostante.

Quelle comunità, costituite da persone provenienti dalla stessa regione della Cina, si

insediano in ristrette zone del territorio, soprattutto nelle grandi aree urbane, così da

favorire attraverso la gestione di attività commerciali e di artigianato, il consolidamento

anche economico del gruppo etnico (il fenomeno può recentemente osservarsi anche a

Roma, nel quartiere Esquilino).

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26

Il forte spirito di coesione etnica ha portato altresì i cinesi a sviluppare all'estero forme di

associazionismo - talvolta permeate dalla criminalità organizzata - a tutela degli interessi

degli emigrati nei rapporti con le Istituzioni locali e con la Repubblica Popolare Cinese.

Anche in Italia l'evoluzione dell'insediamento cinese ha seguito gli stessi schemi: vi sono

circa venti associazioni, a carattere locale o nazionale, una pubblicazione in cinese del

tipo Pagine Gialle, scuole per l'apprendimento del cinese mandarino per i figli degli

immigrati, mentre aumentano gli abbonamenti ai network televisivi in lingua cinese.

I cittadini cinesi presenti sul territori nazionale al 31 dicembre 1999 sono 51.402, di cui

27.563 nel settentrione, 19.747 nell'Italia centrale e 4.092 nel meridione.

Nel territorio nazionale le aree in cui maggiore è la presenza legale di cittadini

cinopopolari sono la Lombardia (12.000), la Toscana (12.000), il Lazio (oltre 5000),

l'Emilia Romagna, il Piemonte ed il Veneto. Marginale, benché in aumento, è il

fenomeno nelle regioni meridionali ed insulari.

L'immigrazione cinese ha come caratteristica l'assoluta illegalità degli ingressi e la

concentrazione in aree ristrette: secondo le forze dell'ordine la comunità cinese si è

stabilita in poche città del centro-nord e, solo negli ultimi anni, si è insediata nella

provincia di Napoli (da 448 del 1995 ai 2.212 del 31 dicembre 1999).

I settori economici nei quali è impegnata la comunità cinese sono quelli della

ristorazione, dell'abbigliamento, dell'import-export di prodotti artigianali, alberghiero,

turistico e pubblicitario.

Le informazioni di cui sopra appaiono indispensabili per comprendere le caratteristiche

della criminalità cinese in Italia. Va subito detto che le attività criminali sono quasi tutte

interne alla comunità: sono commesse da cinesi in danno di cinesi.

Nei Paesi di immigrazione, la criminalità cinese tende a strutturarsi sui modelli esistenti

nel paese di origine: o nella forma complessa delle cosiddette Triadi, associazioni segrete

di forte tradizione, caratterizzate da rigidi rituali o in forme più moderne, svincolate dal

controllo delle Triadi.

La criminalità cinese in Italia non ha struttura gerarchica; i numerosi gruppi, costituiti da

un numero di persone tra le dieci e le cinquanta unità, sono caratterizzati dal vincolo

dell'omertà interna, ricorrono alla intimidazione e alla violenza per raggiungere i loro

Page 27: Le Organizzazioni criminali di stampo mafioso straniere

27

scopi e tendono al controllo del territorio in cui operano. Non si esclude che abbiano

rapporti di affari con le Triadi pur non essendosi manifestati espliciti collegamenti.

Le connotazioni di tipo mafioso che possono assumere talune organizzazioni criminali

cinesi sono state riconosciute nell'ambito dei numerosi processi penali, in particolare a

Firenze e Roma.

Nel nostro Paese le manifestazioni di quella criminalità non riguardano in via primaria i

delitti tipici dei gruppi organizzati, quali ad esempio i traffici di stupefacenti (per quanto

vi siano taluni segnali di inserimento di cinesi). I dati statistici relativi ai reati contro la

persona e contro il patrimonio confermano che quella cinese non è una criminalità

violenta; lo sfruttamento della prostituzione è in fase embrionale, mentre è rilevante

quello del gioco d'azzardo, attesa la grande passione per esso dei cinesi. Si segnalano poi

i delitti di estorsioni, rapine e usura in parte espressione del "canone" di protezione

preteso dai titolari dei ristoranti e dei laboratori ma, soprattutto, quei delitti, sono subiti

dalle vittime cinesi, come conseguenza dei debiti derivanti dal viaggio di emigrazione.

L'aspetto principale della criminalità cinese, infatti, è rappresentato dalla organizzazione

e dallo sfruttamento della immigrazione clandestina.

A questa attività vanno riferiti i delitti gravi quali sequestri di persona, estorsioni, rapine,

falsificazione di documenti, corruzione. Anche sul piano quantitativo, il delitto più

diffuso tra i cinesi, il falso, è conseguenza della immigrazione clandestina.

La pericolosità del fenomeno è amplificata dal fatto che l'organizzazione su scala

mondiale della immigrazione, dalle più sperdute regioni della Cina all'Europa, determina

momenti di saldatura tra i diversi gruppi criminali, tanto con le organizzazioni stanziate

in Cina, quanto con le altre (dall'Albania, alla Slovenia, all'Italia) cui è chiesta

collaborazione per il passaggio delle frontiere terrestri o/e marittime.

È nota, infine, l'alta redditività del traffico: giunti a destinazione, i clandestini sono tenuti

a pagare una somma tra i venti e i trenta milioni di lire. Per saldare il debito essi entrano

dunque in un tunnel di anni e anni di lavoro nero, quando non di prostituzione.

Le rotte per l'Italia attraversano la Slovenia, l'Austria o la Francia, utilizzando passeurs

locali. Spesso la città di Belgrado (dove vi sarebbero ben diciottomila cittadini cinesi)

costituisce il terminale del ponte aereo clandestino da cui si dipartono i flussi per

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l'Europa occidentale. Ma ancora più spesso "il viaggio" porta i clandestini, con vari

mezzi di trasporto, dalla Cina in Russia e da qui nei Paesi dell'Europa dell'Est - in

particolare nella ex Yugoslavia - prima del definitivo passaggio a Ovest.

La massa di mano d'opera a basso costo - e con grande capacità di lavoro - entra in Italia

in condizioni di sudditanza morale ed economica, quando non fisica, e costituisce così

un pericoloso serbatoio utilizzato, nel migliore dei casi, per il lavoro nero e, a volte,

direttamente nelle attività criminali della "famiglia" creditrice che ha favorito (finanziato)

la immigrazione.

Infine, si ipotizza, che i canali della immigrazione clandestina cinese, oltreché per il

trasporto di droga, cui vengono costretti i migranti, possano essere sfruttati dalle Triadi

della madrepatria, per la conquista di quote del mercato degli stupefacenti, in accordo

con i gruppi residenti in Italia.

L'allarme sociale sul fenomeno della criminalità cinese non ha raggiunto livelli rilevanti

proprio perché esso è poco visibile, svolgendosi all'interno della comunità straniera.

Ma ciò può consentire il proliferare di attività illegali, sicchè l'attenzione e le iniziative

assicurate al fenomeno dalla Polizia e dalla Magistratura debbono permanere ed

intensificarsi per i pericoli di infiltrazione e/o raccordo della criminalità cinese con le

nostre organizzazioni mafiose.

E d'altro canto appare indispensabile distinguere tra le varie forme della criminalità

cinese per adeguare il tipo di risposta necessariamente diversa a seconda che si tratti di

criminalità individuale o di tipo organizzato.

Si consideri infatti che il totale dei cittadini cinesi denunciati in stato di libertà nel 2000

sono stati 4.563; nel 1999 sono stati 5.034; l'anno prima 3.022 mentre dal 1994 al 1997 il

numero si è attestato attorno ai 1.500-1.660. Quelli denunciati in stato di libertà per

associazione di tipo mafioso sono stati: 8 nel 1994, 21 nel 1995, 27 nel 1996, 34 nel 1998,

1 nel 1999 e nessuno nell'anno 2000. Alla data del 31.12.2000, infine, risultavano

detenuti complessivamente 202 cittadini cinesi.

Sono dati che danno conto di un'azione di contrasto adeguata, svolta efficacemente in

forza di un'analisi continuamente aggiornata del fenomeno.

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29

Legislazione antimafia

• L. 27 dicembre 1956, n. 1423. Misure di prevenzione nei confronti delle persone pericolose per la sicurezza e per la pubblica moralità.

• L.31 maggio 1965, n. 575. Disposizioni contro la mafia. • D.L. 6 settembre 1982, n. 629, convertito, con modificazioni in l. 12 ottobre

1982, n. 726. Misure urgenti per il coordinamento della lotta contro la delinquenza mafiosa.

• L. 13 settembre 1982, n. 646. Disposizioni in materia di misure di prevenzione di carattere patrimoniale ed integrazioni alle leggi 27 dicembre 1956, n.1423, 10 febbraio 1962, n. 57, e 31 maggio 1965, n. 575. Istituzione di una commissione parlamentare sul fenomeno mafia.

• L. 18 febbraio 1987, n.34. Misure a favore di chi si dissocia dal terrorismo. • L. 3 agosto 1988, n.327. Norme in materia di misure di prevenzione personale. • D.L. 14 agosto 1989 , n. 230, convertito, con modificazioni, in l. 4 agosto 1989,

n. 282. Disposizione urgenti per l’amministrazione e la destinazione dei beni confiscati ai sensi della legge 31 maggio 1965, n. 575.

• L. 19 marzo 1990, n.55, .Nuove disposizioni per la prevenzione della delinquenza di tipo mafioso e di altre gravi forme di manifestazioni di pericolosità sociale.

• D.L. 15 gennaio 1991, n. 8 convertito , con modificazioni in l. 15 marzo 1991, n.82. Nuove misure in materia di sequestri di persona a scopo di estorsione e per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

• D.L. 3 maggio 1991, n.143, convertito, con modificazioni , in l. 5 luglio 1991, n. 197. Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transazioni e prevenire l’utilizzazione del sistema finanziario a scopo di riciclaggio.

• D.L. 13 maggio 1991, n. 152, convertito , con modificazioni, in l. 12 luglio 1991, n. 203. Provvedimenti urgenti in tema di lotta alla criminalità organizzata e di trasparenza e buon andamento delle attività amministrative.

• D.L. 29 ottobre 1991, n. 345, convertito con modificazioni, in l. 30 dicembre 1991, n. 410. Disposizioni urgenti per il coordinamento delle attività informative e investigative nella lotta contro la criminalità organizzata.

• D.L. 20 novembre 1991, n. 367, convertito con modificazioni dalla legge 20 gennaio 1992, n. 8, Coordinamento delle indagini nei procedimenti per i reati di criminalità organizzati.

• D.L. 31 dicembre 1991, n. 419, convertito in legge 18 febbraio 1992, n. 172, Istituzione del Fondo dio sostegno per le vittime di richieste eversive.

• D.L. 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, in l. 7 agosto 1992, n. 356. Modifiche urgenti al nuovo codice di procedura penale e provvedimenti di controsto alla criminalità mafiosa.

• D.L. 25 luglio 1992, n. 349, convertito, con modificazioni, in l. 23 settembre 1992, n.386. Misure urgenti per contrastare la criminalità organizzata in Sicilia.

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• D.L. 17 settembre 1993, n. 369, Disposizioni urgenti in tema di possesso ingiustificato di valori e delitti contro la pubblica amministrazione.

• D.L. 27 settembre 1993, n. 382, Misure urgenti a sostegno delle vittime di richieste estorsive.

• D.Lgs 29 marzo 1993, n.119. Disciplina del cambiamento delle generalità per la protezione di coloro che collaborano con la giustizia.

• L. 24 luglio 1993, 256. Modifiche dell’istituto del soggiorno obbligato e dell’art. 2 ter della legge 31 maggio 1965, n.575.

• Legge 9 agosto 1993, n. 328, Ratifica ed esecuzione della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei rpoventi di reato, fatta a Strasburbo l’8 novembre 1990.

• Legge 12 agosto 1993, n. 310, Norme per la trasparenza nella cessione di partecipazioni e nella composizione della base sociale di capitali, nonché nella cessione di esercizi commerciali e nei trasferimenti di proprietà dei suoli.

• D.L. 20 dicembre 1993, n. 529, convertito in legge 11 febbraio 1994, n. 108, Disposizioni urgenti in materia dis scioglimento dei consigli comunali e provinciali e degli organi degli enti locali, conseguente a fenomeni di infiltrazioni e condizionamenti di tipo mafioso.

• D.M. 24 novembre 1994, n. 687. Regolamento recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione del programma di protezione di coloro che collaborano con la giustizia e lke relative modalità di attuazione.

• Legge 17 gennaio 1994, n. 47, Delega al Governo per l’emanazione di nuove disposizioni in materia di comunicazioni e certificazioni di cui alla legge 31 aggio 1965, n. 575.

• D.L. 20 giugno 1994, n. 399, convertito in legge 8 agosto 1994, n. 501, Disposizioni urgenti in materia di confisca di valori ingiustificati.

• D.L. 8 agosto 1994, n. 490, Disposizioni attuative della legge 17 gennaio 1994, n. 47, in materia di comunicazioni e certificazioni previste dalla normativa antimafia.

• D.P.R. 28 luglio 1995, n. 314, Abrogazione, a seguito di referendum popolare, dell’art, 25 –quater del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356, e successive modificazioni, in materia di soggiorno cautelare.

• Legge 8 agosto 1995, n. 332, Modifiche al codice di procedura penale in tema di semplificazione dei procedimenti di misure cautelari e di diritto di difesa.

• D.L. 7 settembre 1995, n. 375, Disposizioni per la graduale sostituzione del personale delle Forze armate impiegato in attivitàdi controllo del territorio nazionale, nonché adeguamento di strutture e funzioni connesse alla lotta contro la criminalità organizzata.

• Legge 6 febbraio 1996, n. 52, Disposizione per l’adempimento di obblighi derivanti dall’apparteneza dell’Italia alle Comunità Europee-legge comunitaria 1994.

• Legge 7 marzo 1996, n.108, Disposizioni in materia di usura.

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• Legge 7 marzo 1996, n. 109, Disposizione in materia di gestone e destinazione di beni sequestrati o confiscati. Modifiche alla leggi 31 maggio 1965, n. 575, e all’articolo 3 della legge 23 luglio 1991, n.223. Abrogazione dell’articolo 4 del decreto-legge 14 giugno 1989, n. 230, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 1989, n. 282.

• Legge 1 ottobre 1996, n. 509, Istituzione di una Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno della mafia e delle altre cosche associazioni criminali similari.

• D.L. 23 ottobre 1996, n. 554, convertito in legge 23 dicembre 1996, n. 653, Disposizioni per la graduale sostituzione del personale delle Forze armate impiegato in attività di controllo del territorio della regione siciliana.

• D. Lgs 26 maggio 1997, n. 153. Integrazione dell’attuazione della direttiva 91/308/CEE in materia diu riciclaggio dei capitali di provenienza illecita.

• D.L. 14 luglio 1997, n. 215, Impiego di contingenti delle Forze armate in attività di controllo del territorio in provincia di Napoli.

• Legge 7 gennaio 1998, n.11, Disciplina della partecipazione al procedimento penale a distanza e dell’esame in dibattimento dei collaboratori di giustizia, nonché modificha della competenza sui reclami in tema di articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario.

• Legge 13 marzo 1998, n. 50, Disposizioni per la sostituzione del personale delle Forze armate impiegato in servizio di controllo del territorio in Sicilia e nella provincia di Napoli e proroga di termini in materia di gestioni fuori bilancio della Difesa.

• D. Lgs. 25 settembre 1999, n. 374. Estensione delle disposizioni in materia di ricilclaggio dei capitali di provenienza illecita ed attività finanziarie particolarmente suscettibili di utilizzazione ai fini di riciclaggio, a norma dell’art. 15 della legge 6 febbraio 1996, n.52.

• Legge 13.02.2001, n.45, Modifica della disciplina della protezione e del trattamento sanzionatorio di coloro che collaborano con la giustizia nonché disposizioni a favore delle persone che prestano testimonianza.

Decreti e circolari.

• Decreto 5 luglio 1983 del Presidente del Consiglio dei Ministri, Elenco degli enti e delle amministrazioni di cui al primo comma dell’art. 10-bis della legge 31 maggio 1965, n. 575, introdotto dall’ art. 20 della legge 13 settembre 1982, n. 646, recante disposizioni in materia di misure di prevenzione per la lotta alla delinquenza mafiosa.

• Decreto 27 marzo 1990 del Ministro del Tesoro, Disposizioni per la gestione dei beni confiscati.

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• Decreto 1 febbraio 1991, n. 293 del Ministro di Graziia e Giustizia, Regolamento recante le modalità da osservarsi per la documentazione delle operazioni effettuate e per il rendimento del conto d aprte dell’amministratore dei beni sequestrati.

• Decreto 11 maggio 1991, n. 187 del Presidente del Consiglio dei Ministri, Regolamento per il controllo delle composizioni azionarie dei soggetti aggiudicatari di opere pubbliche e per il divieto delle intestazioni fiduciarie, previsto dall’art. 17, comma 3, della legge 19 marzo 1990, n. 55, sulla prevenzione della delinquenza di tipo mafioso.

• Decreto 19 dicembre 1991 del Ministro del Tesoro, Modalità di attuazione delle disposizioni di cui all’art. 2 de decreto-legge 3 maggio 1991, n. 143, convertito, con modificazioni ed integrazioni , dalla legge 5 luglio 1991, n.197, recante “Provvedimenti urgenti per limitare l’uso del contante e dei titoli al portatore nelle transizioni e prevenire l’utilizzazione dsle sistema finanziario a scopo di riciclaggio”.

• Decreto 7 luglio 1992 del Ministero del Tesoro, Modalità di acquisizione e archiviazione dei dati, nonché standars e compatibilità informatiche da rispettare, ai sensi dellart. 13, quinto comma, del D.L. 15 febbraio 1979, n. 625, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 febbraio 1980, n.15, come sostituito dalla’art. 30, primo comma, della legge 19 marzo 1990, n., 55 e, da ultimo, dall’art. 2, primo comma, del D.L. 3 maggio 1991, n.143, convertito con modificazioni, dalla legge 5 luglio 1991, n. 197.

• Decreto 7 agosto 1992 del Mistro del Tesoro, Modalità con le quali l’Ufficio italiano dei cambi effettua analisi statistiche dei dati aggregati, concernenti complessivamente l’operatività di ciascun intermediario abilitato, allo scopo di far emergere eventuali fenomeni di riciclaggio nell’ambito di determinate zone territoriali.

• Decreto 12 agosto 1992, n. 396 del Ministro dell’industria, del Commercio e dell’Artigianato, Regolamento recante le modalità per la gestione del Fondo di solidarietà per le vittime dell’estorsione e per la concessione e la liquidazione delle relative elargizioni.

• Circolare 18 novembre 1994 del Ministro dell’Industria, Nuove disposizioni in materia di certificazioni antimafia ai fini delle agevolazioni previste dagli artt. 6-8-10 e 12 della legge n. 317/1991.

• Decreto 24 novembre 1994, n. 687 del Ministro dell’Interno, Regolamento recante norme dirette ad individuare i criteri di formulazione del programma di protezione di coloro che collaborano con la giustizia e le relative modalità di attuazione.

• Circolare 16 febbraio 1995, n. 39, del Ministro del Tesoro, Archivio unico informatico di cui alla legge 5 luglio 1991, n. 197, Chiarimenti in ordine all’obbligo di istituzione.

• Decreto 28 luglio 1995, n. 459 del Ministro dell’Interno, Regolamento recante norme sull’organizzaizone e sul funzionamento del Comitato di sostegno e di monitoraggio dell’azione delle commissioni straordinarie di cui a comma 4 dell’art.

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15 bis della legge 19 marzo 1990, n. 55, nonché dei comuni riportati a gestione ordinaria.

• D.P.R. 29 gennaio 1997, n. 51, Regolamento di attuazione dell’articolo 14 della legge 7 marzo 1996, n. 108 concernente il Fondo di solidarietà per le vittime dell’usura.

• Decreto 24 febbraio 1997, n. 73 del Ministro di Grazia e Giustizia, Regolamento recante disciplina della raccolta dei dati relativi ai beni sequestrati o confiscati.

• D.P.R. 30 maggio 1997, Regolamento di attuazione dell’articolo 15 della legge 7 marzo 1996, n.108, recante disposizioni in materia di usura.

• Decreto 9 giugno 1997, n. 248 del Ministro dell’Interno, Regolamento recante norme sulle modalità di gestione del fondo istituito presso le prefetture per l’erogazione dei contributi destinati al finanziamento di progetti alla gestione a fini istituzionali, sociali o di interesse pubblico degli immobili confiscati, nonché relativi alle attività di risanamento quartieri urbani degradati, di prevenzione e recupero di condizioni di disagio e di emarginazione, di intervento nelle scuole per corsi di educazione alla legalità e di promozione di cultura imprenditoriale e di attività imprenditoriale per giovani disoccupati.

• Decreto 16 dicembre 1997, n. 486 del Ministro dell’Interno, Regolamento recante norme per lo snellimento delle procedure in materia di comunicazione antimafia.

• Decreto 27 maggio 1998 del Ministro dell’Industria, Definizione dei certificati del registro delle imprese recanti la dicitura antimafia rilasciati dalle camere di commercio.

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