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Le trasformazioni nucleari: ”La datazione mediante radioisotopi” Differenti tecniche di datazione nucleare permettono di stimare accuratamente l’età di reperti archeologici o la formazione delle rocce sulla Terra. "Seldom has a single discovery in chemistry had such an impact on the thinking of so many fields of human endeavor. Seldom has a single discovery generated such wide public interest." (Award Ceremony Speech - J. W. Libby for the Nobel Prize in Chemistry- 1960) In tutte le discipline scientifiche che si occupano di ricostruire gli avvenimenti del passato, le tecniche di datazione rivestono un aspetto essenziale e di delicata importanza. I metodi utilizzati sono molteplici e ognuno di essi ricopre particolare rilievo in determinati periodi cronologici. Alcuni metodi sono adatti per la datazione di materiali relativamente recenti e quindi possono applicare nel campo della datazione archeologica e paleontologica. Altri si utilizzano per la datazione di oggetti antichissimi, e quindi, ad esempio, trovano applicazione nel campo geologico, nello studio dei materiali lunari o meteoritici. Il problema dell’età della Terra e la formazione delle rocce ha affascinato filosofi e scienziati per secoli. Fino al diciottesimo secolo, la questione era principalmente nelle mani dei teologi, che basavano i loro calcoli sulla cronologia biblica. Per esempio nel 1640, Bishop James Ussher un ecclesiastico irlandese, calcolò che la creazione era avvenuta nel 4004 a.C.. Al tempo in cui Darwin pubblicò “Sull’origine della specie”, l’età della terra era “scientificamente” determinata avere 100 milioni di anni, mentre Lord Kelvin, nel suo “The Age of the Earth” nel 1899, usando una analisi matematica del flusso di calore della terra, calcolò che questa doveva avere un’età di 24 milioni di anni. La scoperta della radioattività permise agli scienziati di sviluppare tecniche sempre maggiormente perfezionate per determinare accuratamente l’età dei fossili, delle rocce e di eventi nella storia della Terra avvenuti nel lontano passato. Nel 1932, l’età della Terra fu valutata in 1,6 miliardi di anni, nel 1947 gli scienziati stabilirono essere 3,4 miliardi di anni e infine nel 1976, si stabilì che la Terra si è formata 4,6 miliardi di anni fa. Il rapporto tra protoni e neutroni all'interno di un nucleo di un elemento e il numero e il tipo di interazioni che si stabiliscono tra essi determina se questo nucleo sia o non sia stabile. I nuclei di alcuni isotopi sono instabili e tendono a trasformarsi spontaneamente nel nucleo di un elemento diverso fino a diventare un nucleo stabile, emettendo particelle ed energia radiante: tale processo è detto disintegrazione o decadimento radioattivo. Un parametro importante di ogni isotopo radioattivo è la sua emivita o tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario perché la metà degli atomi di un campione puro dell’isotopo decada (ossia si trasformi) in un altro elemento. Il tempo di dimezzamento varia da frazioni di secondi a miliardi di anni; ad esempio, il fermio-255 si dimezza in circa 3 ore, il radio-226 in 1600 anni, mentre il potassio-40 ha una emivita di circa 1,25 miliardi di anni.

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Le  trasformazioni  nucleari:  ”La  datazione  mediante  radioisotopi”  

Differenti    tecniche  di  datazione  nucleare  permettono  di  stimare  accuratamente  l’età  di  reperti  archeologici  o  la  formazione  delle  rocce  sulla  Terra.  

"Seldom has a single discovery in chemistry had such an impact on the thinking of so many fields of human endeavor. Seldom has a single discovery generated such wide public interest." (Award Ceremony Speech - J. W. Libby for the Nobel Prize in Chemistry- 1960)

In tutte le discipline scientifiche che si occupano di ricostruire gli avvenimenti del passato, le tecniche di datazione rivestono un aspetto essenziale e di delicata importanza. I metodi utilizzati sono molteplici e ognuno di essi ricopre particolare rilievo in determinati periodi cronologici. Alcuni metodi sono adatti per la datazione di materiali relativamente recenti e quindi possono applicare nel campo della datazione archeologica e paleontologica. Altri si utilizzano per la datazione di oggetti antichissimi, e quindi, ad esempio, trovano applicazione nel campo geologico, nello studio dei materiali lunari o meteoritici. Il problema dell’età della Terra e la formazione delle rocce ha affascinato filosofi e scienziati per secoli. Fino al diciottesimo secolo, la questione era principalmente nelle mani dei teologi, che basavano i loro calcoli sulla cronologia biblica. Per esempio nel 1640, Bishop James Ussher un ecclesiastico irlandese, calcolò che la creazione era avvenuta nel 4004 a.C.. Al tempo in cui Darwin pubblicò “Sull’origine della specie”, l’età della terra era “scientificamente” determinata avere 100 milioni di anni, mentre Lord Kelvin, nel suo “The Age of the Earth” nel 1899, usando una analisi matematica del flusso di calore della terra, calcolò che questa doveva avere un’età di 24 milioni di anni. La scoperta della radioattività permise agli scienziati di sviluppare tecniche sempre maggiormente perfezionate per determinare accuratamente l’età dei fossili, delle rocce e di eventi nella storia della Terra avvenuti nel lontano passato. Nel 1932, l’età della Terra fu valutata in 1,6 miliardi di anni, nel 1947 gli scienziati stabilirono essere 3,4 miliardi di anni e infine nel 1976, si stabilì che la Terra si è formata 4,6 miliardi di anni fa.

Il rapporto tra protoni e neutroni all'interno di un nucleo di un elemento e il numero e il tipo di interazioni che si stabiliscono tra essi determina se questo nucleo sia o non sia stabile. I nuclei di alcuni isotopi sono instabili e tendono a trasformarsi spontaneamente nel nucleo di un elemento diverso fino a diventare un nucleo stabile, emettendo particelle ed energia radiante: tale processo è detto disintegrazione o decadimento radioattivo. Un parametro importante di ogni isotopo radioattivo è la sua emivita o tempo di dimezzamento, cioè il tempo necessario perché la metà degli atomi di un campione puro dell’isotopo decada (ossia si trasformi) in un altro elemento. Il tempo di dimezzamento varia da frazioni di secondi a miliardi di anni; ad esempio, il fermio-255 si dimezza in circa 3 ore, il radio-226 in 1600 anni, mentre il potassio-40 ha una emivita di circa 1,25 miliardi di anni.

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Il decadimento di un isotopo radioattivo avviene a una velocità costante che in genere non è influenzata da calore, pressione, campi elettrici e magnetici. La base di tutti metodi di datazione con radioisotopi è questa costanza nella velocità di decadimento, che può essere esemplificata nel caso della trasformazione dell’uranio-238 (238U) in piombo-206

(206Pb). Supponiamo che una roccia da datare, contenga 100 ppm (parti per milione) di 238U e 10 ppm di 206Pb al momento della sua formazione, diciamo 4,5 miliardi di anni fa. Dato che l’emivita dell’238U è di 4,5 miliardi di anni, esso al momento dovrebbe essere ridotto della metà rispetto alla quantità iniziale. Il 206Pb dovrebbe di conseguenza aumentare (fig. 1).

Le leggi del decadimento radioattivo sono stabilite in termini matematici. Il momento in cui un dato nucleo radioattivo decadrà non può essere previsto. La radioattività è un processo statisticamente casuale, e la probabilità che un nucleo decada in un dato momento è la stessa per tutti i nuclei di ogni nuclide radioattivo. Questa probabilità è espressa in termini della costante di decadimento λ, che è la frazione dei nuclei radioattivi presenti che decadrà in una data unità di tempo. Il numero totale dei decadimenti per unità di tempo sarà quindi λ N, dove N è il numero totale dei nuclei radioattivi al tempo t. La velocità di decadimento della “popolazione” sarà quindi espressa dalla relazione:

! = !!  !!!"      (1)

Benché l’eq. 1 contenga il tempo t, non è, in genere, immediatamente utilizzabile ai fini della datazione, dato che non è possibile determinare il numero iniziale dei nuclei radioattivi (t=0), N0, senza prima conoscere t. Comunque, riferendoci alla fig. 1, si vede che il numero degli atomi figli, D, è uguale al decremento degli atomi genitore N (assumendo che nessun atomo parente o figlio sia perso o aggiunto eccetto quelli dovuti al decadimento). Si può quindi scrivere:

!0 = ! + ! e riscrivendo la (1):

! = ! + !  !!!"

! − !  !!!" = !  !!!"                    

!(1−  !!!") = !  !!!"          

! = !    !!" −  1                        (2)                            

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L’andamento delle due curve è rappresentato in fig. 2.

Dalla (2) è possibile ricavare il tempo t dai valori di D e N, il contenuto attuale degli atomi genitore e figlio, ottendo:

   ! =1! ln

!! +  1               3  

la 3 è detta equazione dell’età (equation age), in essa normalmente l’inverso della costante di decadimento viene indicato con la lettera τ = 1 / λ.

   ! = τ ln !!+  1 (4)

Un altro parametro importante, per la caratterizzazione di un radionuclide, è il tempo di dimezzamento (t1/2). Il legame tra τ e t1/2 è dato da: t1/2 = ln (2) τ ≈ 0,693 τ 1 Esistono due schemi di datazione: nel primo, chiamato “sistema ad accumulo”, il tempo trascorso dall’istante iniziale, cioè dal momento in cui il sistema diventa un sistema chiuso senza scambi con l’esterno è misurato in funzione del rapporto, all’istante della misura, tra la quantità di atomi dell’elemento radiogenico (figlio) e dell’elemento radioattivo (genitore); nel secondo, detto “sistema a decadimento”, il tempo è misurato in base alla diminuzione del numero di atomi dell’elemento radioattivo.

I metodi ad accumulo sono i più importanti metodi usati per datazioni geologiche e si avvalgono dell’utilizzo di alcuni isotopi radioattivi naturali aventi tempi di

dimezzamento molto lunghi e quindi presenti già al momento della formazione della Terra (tab.1). Uno dei più importanti è quello basato sul decadimento dell’isotopo potassio-40 (40K) ad argo-40 (40Ar). I metodi a decadimento utilizzano isotopi naturali con tempi di decadimento più brevi in confronto all’età della Terra, ed esistono in quanto sono formati continuamente dall’azione dei raggi cosmici sulle molecole presenti nell’atmosfera. Pertanto, proprio per il loro tempo di decadimento più breve, vengono utilizzati per le datazioni che

interessano il campo dell’archeologia. Il più importante è quello basato sulla misura

                                                                                                                         1  Si può facilmente vedere la relazione tra la constante λ e il tempo si emivita t½. A t½, metà dei nuclei genitori N si sono trasformati in nuclei figli D. Quindi N=D , e D/N=1 e si ottiene:

 

Tabella 1 – Caratteristiche isotopi utilizzati nelle radiodatazioni

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del carbonio-14 (14C).

Il metodo K/Ar

Il potassio è un metallo alcalino ed è l’ottavo elemento più abbondante e comune in molti minerali e rocce. l’Argo è un gas nobile, che costituisce approssimativamente lo 0,1-5 % dell’atmosfera. Proprio a causa della presenza nell’atmosfera, ogni roccia e minerale possiede una quantità di argo. Questo gas può essere spostato all’interno o all’esterno della roccia attraverso alterazioni e processi termici. In tab. 2 vengono riportati i valori dei vari isotopi del K e dell’Ar.

L’40Ar è il prodotto di decadimento del 40K, e quindi tende ad aumentare nel tempo. La quantità di argo prodotta in una roccia può essere ottenuta sottraendo la quantità conosciuta presente nell’atmosfera. Questo si ottiene usando il valore costante del rapporto 40Ar/36Ar =295,5.

Decadimento radioattivo dell’isotopo genitore a isotopo figlio

I nuclei del 40K sono instabili e decadono a velocità costante (tempo di emivita = 1,25 X 109 anni). Lo schema di decadimento del 40K è riportato in fig.3.

Tabella 2 – Abbondanza isotopica potassio e argo

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Quando un atomo di 40K decade in una roccia, l’40Ar rimane intrappolato e può fuoriuscire solo se la roccia è fusa, ricristallizzata o fortemente riscaldata. Se consideriamo la formazione della roccia, questa non manterrà l’40Ar fino a che non sarà solidificata e sufficientemente fredda.

La formazione dell’argo dovuta al decadimento del 40K si può esprimere con la (5): dove 40Ar* è l’Ar prodotto dal decadimento del 40K (corretto per la presenza dell’40Ar atmosferico intrappolato), λe/λ rappresenta la frazione di 40K che decade in 40Ar.2

L’equazione del tempo (4) può essere riscritta come (6):

Questa equazione necessita di alcune condizioni per essere applicata: (a) la velocità di decadimento del 40K è costante; (b) il rapporto 40K/Ktotale è lo stesso in tutti i materiali che devono essere datati; (c) tutto l’ 40Ar del campione deriva dal decadimento o è atmosferico; (d) non ci sono perdite o aumenti di 40K o 40Ar eccetto quelli dovuti al decadimento di 40K; 5) il tempo di formazione della roccia è breve se comparato con l’età del campione. Tutte queste assunzioni, sono in genere vere.

Il metodo K/Ar viene utilizzato per la determinazione di campioni di età compresa tra i 4000 e i 3,5 miliardi di anni, ed è applicabile soprattutto su minerali e rocce, mentre non è adatto per datare reperti di origine biologica. Questo perché l’argo è un gas nobile che non si lega chimicamente ad altri elementi. Esso rimane intrappolato nelle strutture cristalline preesistenti, con un’energia di legame, estremamente piccola. Nei reperti fossili di origine organica, che sono privi di un forte reticolo cristallino, la perdita dell’argo prodotto dal decadimento del 40K o dovuto all’assorbimento del 40Ar atmosferico rende quindi difficile la datazione. Datazione al radiocarbonio 14

                                                                                                                         2  Il  valore  di  40Ar*  può  essere  determinato  considerando  che  il  rapporto  nell’atmosfera  tra  gli  isotopo  40  e  36  è  costante  e  vale  295,5.    Quindi:  40Artotale  =  

40Aratm  +  40Ar*     pertanto:      40Ar*  =  40Artotale  –  

40Aratm  =  40Artotale  –  295,5  

36Aratm    

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Il primo ad elaborare questo metodo fu il chimico statunitense Willard Frank Libby nel 1946, e per questi studi ricevette il Premio Nobel per la Chimica nel 1960. Questo tipo di datazione è la principale tecnica utilizzata per campioni di origine organica risalente al massimo a 50000 anni.

Il carbonio esiste in natura in tre isotopi, di cui due stabili 12C e 13C e una radioattivo 14C,

presenti in concentrazioni diverse (tab.3). Il metodo si basa sul fatto che l’isotopo dell’atomo di carbonio a massa 14 è radioattivo e decade con un tempo di dimezzamento di 5730 anni, liberando elettroni veloci e trasformandosi col tempo in azoto-14 (14N) (decadimento β−):

!  !"  →   !  !" +  ! +  ! Per quanto il Carbonio-14 decada in continuazione, altro se ne forma nell’atmosfera dalla cattura dei neutroni della radiazione cosmica da parte dell’14N), secondo la seguente reazione:    

! +   !  !"  →   !  !" +  ! Attualmente la concentrazione nell’atmosfera del 14C rispetto a quella del 12C è data dal rapporto: 14C/12C = 1,2x10-12. L’effetto combinato della perdita per decadimento radioattivo e della produzione stratosferica determina una concentrazione costante all’equilibrio di 14C nella biosfera (fig. 4). Una volta che un organismo ha completato il suo ciclo d vita, non può più

rimpiazzare il carbonio 14 e quindi questo comincia a diminuire per effetto del decadimento. Se i resti dell’organismo non sono contaminati da composti di carbonio 14 più recenti, una misurazione del rapporto 14C/12C è sufficiente per stabilire la data in cui l’organismo ha cessato di vivere. Si riesce

così a datare manufatti in tessuto organico quali cotone, lana, ecc. Il metodo di datazione con il radiocarbonio non permette l’utilizzo dell’equazione dell’età (7) vista in precedenza. Nel processo di decadimento del 14C, il nucleo figlio è l’azoto che non può essere utilizzato per risalire alla concentrazione iniziale del radioisotopo nel reperto. L’azoto è, infatti, abbondante nell’atmosfera e quindi facilmente presente come sostanza inquinante. Inoltre, essendo gassoso, esso può facilmente sfuggire dal materiale in cui è stato prodotto. L’età del campione contenente 14C dovrà essere determinata mediante la seguente formula ricavabile dalla (1):

Tabella 3 – Abbondanza isotopica del carbonio

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! =  ! ln !( !,!)  !"

!( !,!  !" ) (7)

Il valore del numero di nuclei di 14C al tempo t indicato come N(14C,t) è deducibile sperimentalmente, mentre il valore al tempo zero N(14C ,0) non è né misurabile né noto a priori. E’ possibile però farne una stima sufficientemente precisa usando alcune ipotesi: la prima è che la quantità di 14C nell’atmosfera sia rimasta costante nel tempo, cioè che esista equilibrio tra la formazione di 14C e il suo decadimento; la seconda che il rapporto tra le quantità di 14C e di 12C nell’atmosfera sia rimasto costante nel tempo. Con queste ipotesi si può riscrivere la (7) come:

! =  ! ln !( !,!)  !"

!( !,!  !" )!( !,!)  

!"

!( !,!  !" )=  ! ln !( !,!)  

!"

!( !,!  !" )!( !,!)  

!"

!( !,!  !" )= ! ln !   !( !,!)  

!"

!( !,!  !" )

(8) che fornisce l’età del campione in base al rapporto fra le quantità di 12C e di 14C in esso presenti al tempo t. Le ipotesi che sono alla base del metodo di radiodatazione sono vere solo in prima approssimazione. Ad esempio, il  flusso di raggi cosmici sulla terra non è costante, non è possibile escludere che nel passato, fenomeni di origine naturale (come eruzioni vulcaniche) o legati ad attività umane (utilizzo dei combustibili fossili, test nucleari), abbiano indotto variazioni della concentrazione di 14C in atmosfera. Inoltre anche il carbonio risente del frazionamento isotopico; infatti, nei processi di fotosintesi clorofilliana, viene preferibilmente scambiato l’isotopo 12C. Perciò il metodo del radiocarbonio va calibrato utilizzando la dendrocronologia (l’analisi di tronchi fossili), o mediante misure su reperti datati storicamente, o comunque in modo indipendente. La misura del 14C si effettua con due metodi: il primo, si affida alla radioattività residua dovuta al 14C; il secondo, ricava il rapporto 14C/12C mediante spettrometria di

massa con acceleratore (AMS) fig.5. Nel primo metodo, per accumulare un conteggio statisticamente accettabile, occorre avere a disposizione un sufficiente numero di atomi di 14C e un lungo tempo di misurazione. Nel secondo metodo, utilizzando uno spettrometro di massa si

misura direttamente la concentrazione di 14C presente nel campione con un aumento della sensibilità di circa 1.000-10.000 volte. Rispetto al metodo del contatore proporzionale, il metodo AMS presenta quindi il vantaggio di poter lavorare con

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campioni più piccoli (anche di pochi milligrammi) e di fornire un risultato in un tempo molto più breve3.

                                                                                                                         3 Video: La spettrometria di massa con acceleratore https://www.youtube.com/watch?v=eBMMXOkdurI https://www.youtube.com/watch?v=q-bVoR6q3aU