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Libreremo Questo libro è il frutto di un percorso di lotta per l’accesso alle conoscenze e alla formazione promosso dal CSOA Terra Terra, CSOA Officina 99, Get Up Kids!, Neapolis Hacklab. Questo libro è solo uno dei tanti messi a disposizione da LIBREREMO, un portale finalizzato alla condivisione e alla libera circolazione di materiali di studio universitario (e non solo!). Pensiamo che in un’università dai costi e dai ritmi sempre più escludenti, sempre più subordinata agli interessi delle aziende, LIBREREMO possa essere uno strumento nelle mani degli studenti per riappropriarsi, attraverso la collaborazione reciproca, del proprio diritto allo studio e per stimolare, attraverso la diffusione di materiale controinformativo, una critica della proprietà intellettuale al fine di smascherarne i reali interessi. I diritti di proprietà intellettuale (che siano brevetti o copyright) sono da sempre – e soprattutto oggi - grosse fonti di profitto per multinazionali e grandi gruppi economici, che pur di tutelare i loro guadagni sono disposti a privatizzare le idee, a impedire l’accesso alla ricerca e a qualsiasi contenuto, tagliando fuori dalla cultura e dallo sviluppo la stragrande maggioranza delle persone. Inoltre impedire l’accesso ai saperi, renderlo possibile solo ad una ristretta minoranza, reprimere i contenuti culturali dal carattere emancipatorio e proporre solo contenuti inoffensivi o di intrattenimento sono da sempre i mezzi del capitale per garantirsi un controllo massiccio sulle classi sociali subalterne. L’ignoranza, la mancanza di un pensiero critico rende succubi e sottomette alle logiche di profitto e di oppressione: per questo riappropriarsi della cultura – che sia un disco, un libro, un film o altro – è un atto cosciente caratterizzato da un preciso significato e peso politico. Condividere e cercare canali alternativi per la circolazione dei saperi significa combattere tale situazione, apportando benefici per tutti. Abbiamo scelto di mettere in condivisione proprio i libri di testo perché i primi ad essere colpiti dall’attuale repressione di qualsiasi tipo di copia privata messa in atto da SIAE, governi e multinazionali, sono la gran parte degli studenti che, considerati gli alti costi che hanno attualmente i libri, non possono affrontare spese eccessive, costretti già a fare i conti con affitti elevati, mancanza di strutture, carenza di servizi e borse di studio etc... Questo va evidentemente a ledere il nostro diritto allo studio: le università dovrebbero fornire libri di testo gratuiti o quanto meno strutture e biblioteche attrezzate, invece di creare di fatto uno sbarramento per chi non ha la possibilità di spendere migliaia di euro fra tasse e libri originali... Proprio per reagire a tale situazione, senza stare ad aspettare nulla dall’alto, invitiamo tutt* a far circolare il più possibile i libri, approfittando delle enormi possibilità che ci offrono al momento attuale internet e le nuove tecnologie, appropriandocene, liberandole e liberandoci dai limiti imposti dal controllo repressivo di tali mezzi da parte del capitale. Facciamo fronte comune davanti ad un problema che coinvolge tutt* noi! Riappropriamoci di ciò che è un nostro inviolabile diritto! csoa TerraaTerra Get Up Kids Neapolis Hacklab csoa Terra Terra csoa Officina 99 www.getupkids.org www.neapolishacklab.org www.csoaterraterra.org www.officina99.org www.libreremo.org

Matthew Phipps Shiel - La Nube Purpurea

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la nube purpurea

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    Questo libro il frutto di un percorso di lotta per laccesso alle conoscenze e alla formazione promosso dal CSOA Terra Terra, CSOA Officina 99, Get Up Kids!, Neapolis Hacklab. Questo libro solo uno dei tanti messi a disposizione da LIBREREMO, un portale finalizzato alla condivisione e alla libera circolazione di materiali di studio universitario (e non solo!).

    Pensiamo che in ununiversit dai costi e dai ritmi sempre pi escludenti, sempre pi subordinata agli interessi delle aziende, LIBREREMO possa essere uno strumento nelle mani degli studenti per riappropriarsi, attraverso la collaborazione reciproca, del proprio diritto allo studio e per stimolare, attraverso la diffusione di materiale controinformativo, una critica della propriet intellettuale al fine di smascherarne i reali interessi.

    I diritti di propriet intellettuale (che siano brevetti o copyright) sono da sempre e soprattutto oggi - grosse fonti di profitto per multinazionali e grandi gruppi economici, che pur di tutelare i loro guadagni sono disposti a privatizzare le idee, a impedire laccesso alla ricerca e a qualsiasi contenuto, tagliando fuori dalla cultura e dallo sviluppo la stragrande maggioranza delle persone. Inoltre impedire laccesso ai saperi, renderlo possibile solo ad una ristretta minoranza, reprimere i contenuti culturali dal carattere emancipatorio e proporre solo contenuti inoffensivi o di intrattenimento sono da sempre i mezzi del capitale per garantirsi un controllo massiccio sulle classi sociali subalterne.

    Lignoranza, la mancanza di un pensiero critico rende succubi e sottomette alle logiche di profitto e di oppressione: per questo riappropriarsi della cultura che sia un disco, un libro, un film o altro un atto cosciente caratterizzato da un preciso significato e peso politico. Condividere e cercare canali alternativi per la circolazione dei saperi significa combattere tale situazione, apportando benefici per tutti.

    Abbiamo scelto di mettere in condivisione proprio i libri di testo perch i primi ad essere colpiti dallattuale repressione di qualsiasi tipo di copia privata messa in atto da SIAE, governi e multinazionali, sono la gran parte degli studenti che, considerati gli alti costi che hanno attualmente i libri, non possono affrontare spese eccessive, costretti gi a fare i conti con affitti elevati, mancanza di strutture, carenza di servizi e borse di studio etc...

    Questo va evidentemente a ledere il nostro diritto allo studio: le universit dovrebbero fornire libri di testo gratuiti o quanto meno strutture e biblioteche attrezzate, invece di creare di fatto uno sbarramento per chi non ha la possibilit di spendere migliaia di euro fra tasse e libri originali... Proprio per reagire a tale situazione, senza stare ad aspettare nulla dallalto, invitiamo tutt* a far circolare il pi possibile i libri, approfittando delle enormi possibilit che ci offrono al momento attuale internet e le nuove tecnologie, appropriandocene, liberandole e liberandoci dai limiti imposti dal controllo repressivo di tali mezzi da parte del capitale.

    Facciamo fronte comune davanti ad un problema che coinvolge tutt* noi! Riappropriamoci di ci che un nostro inviolabile diritto!

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  • Matthew Phipps Shiel.LA NUBE PURPUREA.

    Versione e prefazione di J. Rodolfo Wilcock.Titolo originale: "THE PURPLE CLOUD".Copyright 1967 Adelphi Edizioni S.p.A., Milano.

    PREFAZIONE.

    1. Il romanzo.

    In origine il linguaggio ha per scopo la comunicazione utile; allo stato di interiezione la comunicazione utile ancora totale; a partire da questo stadio ogni perfezionamento del linguaggio tende alla comunicazione inutile; soltanto con un linguaggio altamente perfezionato possibile la comunicazione zero, ossia l'incomunicazione (una pagina intensa di Heidegger, per esempio, o un saggio di critica letteraria concettuale). Se prendiamo come ascisse la perfezione del linguaggio e come ordinata la capacit di comunicazione, la curva dell'informazione orale assume la forma asintotica caratteristica dell'iperbole, per cui a ogni progresso del linguaggio corrisponde un ulteriore calo della comunicazione.La letteratura, bench derivata dal linguaggio, non tuttavia la derivata del linguaggio, n la derivata dell'informazione (d'altronde costantemente negativa, come si vede dalla semplice rappresentazione grafica della precedente curva); l'andamento della sua funzione diverso. In origine il fatto letterario il canto o il racconto rivolti a un pubblico presente; poi diventa canto o racconto rivolti a un pubblico non presente; spinto al limite, diventa canto o racconto rivolti a un pubblico zero. Nella sua rappresentazione grafica non compare la comunicazione, perch la letteratura ha con essa una relazione arbitrariamente variabile. Se invece di rappresentarla in coordinate ortogonali, la rappresentiamo in coordinate polari, con per vettore il "contatto diretto con il pubblico" e per anomalia

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  • l'evoluzione letteraria, la funzione letteratura assume la forma di una normale spirale logaritmica.Da una tale curva, sempre pi avvicinantesi al suo centro di coordinate, si deduce che, cos come l'evoluzione del linguaggio porta alla comunicazione zero, l'evoluzione letteraria porta sempre pi strettamente al contatto dell'autore con se stesso. Cio, al fatto di scrivere per se stesso.Per questo motivo molte tra le opere letterarie pi notevoli dell'Ottocento, e quasi tutte tra quelle del Novecento, sono andate perdute. Esempio: in Italia, nei penultimi decenni, quasi nessun poeta al di sopra del modesto livello detto ermetico-postermetico ha fatto conoscere al pubblico le sue opere.Non si includono tra queste perdite quelle dovute al silenzio; il silenzio totale, come fatto sia linguistico che letterario, occupa nei riguardi della parola detta o scritta il posto che occupa l'infinito nei riguardi della retta: lo si pu pensare a destra, lo si pu pensare a sinistra, ma agli effetti pratici non conteggiabile, e nemmeno passibile, come gli altri punti di ordinamento.Il fenomeno qui considerato non , dunque, l'autore di un niente, bens l'autore di un'opera il quale non comunica adeguatamente al pubblico l'opera creata. E non l'autore che la cela totalmente e irrimediabilmente, perch in tal caso lo si dovrebbe annoverare tra gli emissori di silenzio, gi eliminati; ma l'autore che in previsione di una vita futura lascia i propri prodotti in luoghi pi o meno accessibili, nella speranza che la vita futura sia tale da permettere, non fosse che nel corso di brevi vacanze, il godimento delle proprie opere. Giacch nessuno scrittore con senso artigianale scrive soltanto per questa vita: sarebbe come scrivere soltanto per la televisione.Chi fu Cyril Tourneur? Chi furono il compilatore dell'"Anonymus Nilantianus", i veri poeti italiani tra il 1920 e il 1960, rimasti ignoti? L'impossibilit di rispondere a queste domande retoriche conferisce alle opere di tali sconosciuti una garanzia addizionale, di solito non riscontrabile nelle opere dei moderni grandi famosi. Dallo scrittore, il lettore vuole non solo ricevere indicazioni di un livello di pensiero superiore, ma anche l'insegnamento, se possibile, di come accedere a quel livello.E ovviamente, le opere dei moderni grandi famosi un requisito almeno di questo accedere al livello superiore non lo possono insegnare, e sarebbe questo: come si fa a trattenere l'impulso se non vile puerile di, non appena

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  • fabbricato un alcunch, sedere sull'uscio di casa o del padiglione nella fiera (con l'aiuto talvolta di altoparlanti, volantini, ragazze discinte distribuenti inviti, lancio elicotterico di assegni, spinte non metaforiche di scimmie antropomorfe raccolte in gruppi statali o teologici), sotto la scritta: "Godetevi per la burlesca somma di "x" sesterzi la penetrante soddisfazione del mio alcunch. Se non lo fate siete degli ignoranti. Vi supplico per la memoria di vostra madre e per l'orgoglio della patria: ho moglie e bambini. Aiutate l'industria nazionale: il mio alcunch sorpassa quelli precedenti".Queste scritte ricattatorie possono naturalmente assumere gli aspetti pi diversi, perfino un aspetto estremamente dignitoso (Joyce, Hugo von Hofmannstahl); il fatto rimane che colui che se ne serve pu insegnare tutt'al pi il proprio metodo per renderle meno grottesche (il metodo Henry James, il metodo Mallarm, scarsamente rustici), ma non pu insegnare la maniera di non servirsene: nessuno pu contraddire il proprio passato, non appena l'ha reso pubblico. Tali scritte e richiami sono cos normalmente accettati, d'altra parte, che se un autore colpito di veggenza chiede come Kafka che le sue opere vengano bruciate (cio non crede pi alla possibilit di tornare in qualit di fantasma a godersi la fama futura), lo si considera delirante e gli si nega la facolt di intendere e volere.Non sembra ancora fattibile la creazione di un Istituto per il Ricupero di Buone Azioni perdute, da distribuire tra i settori pi malvagi della popolazione; possibile invece, sia pur con molte limitazioni di carattere pratico, una modesta attivit nel campo del Ricupero di Capolavori Ignorati. Resa inoltre necessaria dal fatto che, a differenza della buona azione, il capolavoro si dimostrato ormai articolo di vasto consumo, e perci, da quando stata abbandonata la produzione artigianale, articolo rapidamente deperibile, da sostituire.Queste considerazioni non sono letteralmente e interamente applicabili al caso Shiel, come verr spiegato dopo: infatti Shiel fece del suo meglio per mantenere il contatto con il pubblico, invent arguzie e terrori che non potevano non colpire il pubblico, scrisse perfino dei "serials", ci che per un romanziere dei suoi tempi costituiva la forma pi diretta di contatto con il pubblico; eppure le sue opere, bench apprezzate dagli scrittori, furono immediatamente dimenticate dai lettori. Per ben tre volte, come si vedr dopo, gli editori dovettero riscoprirle; per quel che riguarda l'Italia, esse rimangono ancora da scoprire. Che "La nube purpurea", pubblicata nel 1901, sia un capolavoro, continuamente pi riuscito e trascendente di un

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  • qualsiasi romanzo di Emile Zola - per nominare a caso un grande famoso sull'orlo del secolo - sembra non solo accertabile in sede di lettura, ma anche dimostrabile in sede critica. Se si paragonano gli argomenti profferii, nel romanzo di Zola troveremo probabilmente una famiglia torbida, un padre ubriaco, una figlia prostituta, la differita constatazione che i poveri sono poveri, che gli avari sono avari e che i parigini abitano a Parigi: se a un tratto apparissero tra i personaggi un egizio, o semplicemente un pesce volante, ho l'impressione che il romanzo barcollerebbe, a dimostrare la fragilit della sua struttura.Nel romanzo di Shiel vengono proposte invece, tra molte altre cose, e senza barcollare: 1. la fine del mondo e relativa morte dell'umanit (con la singolare eccezione della moglie del Sultano di Turchia); 2. la scoperta del Polo Nord, che un lago pieno di occhi con nel centro un'iscrizione che nessuno mai legger; 3. l'incendio e distruzione col tritolo di Londra, Parigi, Bordeaux, Bombay, Pechino, Nagasaki, San Francisco e Costantinopoli; 4. la scomparsa per affondamento dell'intera Italia meridionale (con la singolare eccezione dell'isola di Stromboli e di un frammento della provincia di Enna); 5. la Seconda Consumazione del Peccato Originale nella cabina di una nave al largo di Portsmouth; 6. la lotta ventennale tra i Geni del Bene e del Male che si contendono gli ovvi vantaggi di questa ripetizione della Caduta primigenia... In una pagina qualunque, il lettore trover la stazione di Euston Road piacevolmente piena di una poltiglia internazionale di cadaveri, qua e l schizzata sulle colonne di sostegno; un tempio interamente costruito d'oro, d'argento, d'ambra, di giaietto e pietre preziose, circondato da un lago di vino rosso; l'unica donna sulla terra, carponi, nuda, ventenne, vista da dietro... Ma il libro ha molte pagine e non sembra possibile n conveniente elencarne tutte le sorprese: si voleva soltanto segnalare che i normali romanzi della fine Ottocento racchiudevano in genere eventi pi comuni, e racchiudevano meno eventi.Tuttavia, non sarebbe bastata la sublimit della vicenda a far del film "La Bibbia" uno spettacolo non risibile. Pu darsi che a determinare la qualit di capolavoro del libro di Shiel contribuisca lo stile di Shiel. Ne scelgo un esempio. Si sa che per descrivere la donna amata anche i grandi maestri fanno ricorso all'elenco, di rado informativo, dei suoi capelli, nasi e denti; si veda con quale efficacia si serve Shiel degli stessi elementi nel descrivere la sua donna: "Il balcone era una leggera struttura di ferro, con una pensilina sorretta da tre esili colonnine a volute; e abbracciata alla

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  • colonna centrale c'era una donna, in ginocchio, il viso rivolto all'ins... le curve del busto e dei fianchi della donna erano ancora abbastanza bene preservate dentro il vestito rosso, ormai molto sbiadito; i suoi capelli rossicci volavano al vento come una nube intorno al corpo; ma la sua faccia, cos esposta alle intemperie, appariva rosa dal vento e dalla tempesta, che l'avevano ridotta a un teschio senza naso, la mascella caduta in un sorriso teso da un orecchio all'altro, in atroce contrasto con la grazia del corpo e la cornice dei capelli. Sul marciapiede dirimpetto rimasi a lungo quel mattino a guardarla, riflettendo; il medaglione sotto la tua gola racchiudeva, lo sapevo, il mio ritratto, Clodagh...". Dire che una descrizione degna di Poe una grande lode, e in questo caso una lode meritata.Eppure dev'essere stato lo stile di Shiel una delle ragioni principali per cui la sua opera non riusc gradita ai lettori avventurosi contemporanei; quasi sempre stracarico, a tratti raggiunge i confini, ammesso che esistano, tra la metafora e il delirio: "La luna splendeva serena nel cielo meridionale, a quell'ora, come una vecchia regina morente con tutt'intorno la sua Corte che si affolla ma non osa avvicinarsi a lei, diffidente, pallida, tremula, e tanto pi pallida quanto a lei pi vicina; e osservavo le ombre delle montagne sulla sua faccia piena e chiazzata, e il suo nimbo nebbioso, e i suoi raggi sul mare, come baci striscianti nel regno del sonno, e tra le navi calme, bianchi strascichi e spolverii di luce, strani, agitati, come i corridoi di un palazzo in un abbandonato paese delle fate, popolato da deboli sussurri, scandali, corse di qua e di l, occhiate maligne e ansanti ultimi abbracci, e fuga della principessa, e letto di morte del re...".In Inghilterra, nel 1900, i lettori di romanzi fantastici non apprezzavano uno stile simile. Non perch non fosse contemporaneo, se gli stessi languori concreti affliggevano le figure malate di Beardsley (fu appunto Beardsley a disegnare per Shiel la copertina di "Prince Zaleski", n si vorr negare nel brano sopra citato l'eco di Maeterlinck, la preinfluenza del Citati di: "I riflessi azzurrini, argentei e lattiginosi della luna sulle acque trasparenti del mare..."); bens perch una tale abbondanza doveva sembrare nonfunzionale; il genere (ma soltanto le opere minori appartengono a un genere) richiedeva forse lo stile di Wells, semmai quello di Chesterton.Lo stile di Shiel invece estremamente lavorato (negli ultimi suoi romanzi questo lavoro tendeva non alla complicazione bens alla concisione, e uno ne scrisse, perfino, senza aggettivi); se ci non gli procur fama ieri

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  • potrebbe procurargliela oggi. All'autore importa lo stile pi che al lettore. Al lettore interessano anzitutto le vicissitudini del racconto, che non conosce ancora; ma all'autore, che gi pi o meno le conosce, interessano altre avventure, e in primo luogo quelle della materia verbale di cui si serve: preme, nel gioco letterario vincente, che ogni parola goda di buona salute etimologica, faccia sentire la propria voce, viva indipendentemente dalle sue compagne, si scontri con esse e con esse svolga una vita di relazione senza soggezione.Lavorare lo stile: il resto in molti casi vien dato, quasi ne fosse una conseguenza. Dove lo stile trascurato, il luogo comune non riuscir mai a sollevarsi al di sopra del luogo comune; dove lavorato - come nei critici laureati in lettere - per semplice sovrapposizione e compressione del luogo comune, si ottiene il succo del luogo comune, che ha come il vetro la propriet di essere allo stesso tempo invisibile e impenetrabile. Appunto perch lo stile di Shiel rifiuta il luogo comune, molte delle sue riuscite appaiono involontarie, conseguenza del suo desiderio - non sempre evidente - di concisione: "Feci qualche passo in cerca di un oggetto contundente, trovai un manovale, gli tagliai via un piede...".Le sue non-riuscite sono invece decisamente volontarie; tra cui l'impiego dei vocaboli inglesi nel loro senso elisabettiano, etimologico, arcaico; l'uso abusivo e spesso agghiacciante di vocaboli francesi, turchi, dialettali, tecnici, sostenuto da un coraggioso, ostinato cattivo gusto; la sua puntigliosit scientifica, non sempre giustificata (esatta la sua anticipazione delle teorie di Wegener, oggi saldamente confermate; ma perch mai i vulcani dovrebbero essere pieni di cianogeno?, e come pu una ragazza vivere fino a vent'anni nutrendosi soltanto di datteri e vino bianco?, nel buio poi, che non permette l'assimilazione della vitamina D: sarebbe diventata una nana rachitica; e come fa una donna dalla pelle scura a coprirsi di lentiggini...?). Questi furono difetti, probabilmente non lo sono pi. E' logico che nel pi immenso cimitero mai raccontato - pi totale perfino del Diluvio Universale - ci siano anche tombe storte.Ma nemmeno le meraviglie e i guasti dello stile di Shiel basterebbero a fare della "Nube purpurea" il capolavoro che . Il tema grandioso, lo stile unico, ma quanto pi notevole Shiel stesso, raffigurato nella persona di Adam Jeffson! Shiel travestito da pasci, sovrano e satrapo del mondo, che si sceglie a dimora imperiale Imbro, non gi sede dei Cabiri ma deserta isoletta turca, e vi costruisce il tempio dei templi, il palazzo pi lussuoso del mondo. Caratteristico dell'autore e della sua brillante stramberia il

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  • fatto che questo palazzo sia non soltanto brutto, inabitabile e ridicolo (con una sopraelevazione-glorietta sul tetto), ma piccolo e grande allo stesso tempo. Il cortile interno misura metri 2.40 per 2.75, eppure vi entrano quattro finestre, due porte, una immensa cisterna e otto serbatoi di vino a forma di obelisco; le stanze attorno sono larghe tre metri, lunghe sei all'incirca, eppure vi entrano i ventun dipinti pi notevoli del Louvre e altri tre della National Gallery, ognuno dei quali circondato da un ovale di opali, granati e topazi. Intorno a questo palazzo largo dieci metri e mezzo, si alzano "48 pilastrini d'oro, alti 60 centimetri, quadrati, affusolati a obelisco, con in cima una palla d'oro, e queste palle sono collegate da catene d'argento, dalle quali pendono migliaia di sfere che tintinnano al vento". Tutto ci sopra una piramide azteca di gradini d'oro, con attorno un lago di vino rosso, di 300 metri di diametro, sul quale un giorno Leda sdraiata sui cuscini di una gondola turca suoner la "kittur"...Ammiro comunque il palazzo d'oro nella cui costruzione Adam-Shiel perse sedici anni di noia e tumulti d'animo. Egli stesso lo fa sprofondare nel vino, distrutto da un terremoto; un terremoto degno di lui e della sua megalomania, se riesce a sollevargli la "Speranza" - con cui faceva il giro del mondo quando gli veniva la voglia di bruciare una capitale oppure la Sicilia che per era scomparsa - per lasciargliela incastrata tra due case nella strada principale del villaggio di Castro, "a dodici metri dal suolo". Grazie a lui il pianeta era diventato pi interessante, e come lui strambo: "mi allontanai dalla locomotiva, per quei campi di trifoglio la cui esuberanza celava ogni sentiero, coprendomi quasi fino alle spalle". In Bulgaria, "in tre occasioni diverse, quando la natura del terreno lo permetteva, lasciai quei brandelli di rotaie e feci avanzare la locomotiva direttamente sulla terra, finch non trovavo un altro tratto di binario sano; e in ogni caso riuscivo a rimettere la macchina sulle rotaie", mentre Leda, nella carbonaia arredata alla turca, suonava instancabilmente la stessa melodia, con la cetra. "Vidi la Torre Genovese di Galata ascendere obliquamente, descrivere una curva, come i fantocci che si fanno saltare in aria e i folli razzi, e scoppiare in alto, con grande boato".Per vent'anni Adam-Shiel vive nell'assurdo e nell'orribile; verso la fine del romanzo riappare la Donna, con tutti i suoi attributi: bugiarda, bella, studiosa di chimica, materna, vivace, stupida, forte e astuta, e ogni sua mossa tende a ridurre l'assurdo e l'orribile, fino a cancellarli. Il romanzo, fondato sull'assurdo e sull'orribile, crolla assieme al palazzo d'oro con la sua pergola-osservatorio; il dibattito infinito tra il Bene e il Male viene

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  • risolto all'italiana (con una telefonata) dalla Donna; la quale, forse fin dalla prima sua comparsa, non di un tale dibattito ma di ben altro si interessa.

    2. L'autore.

    Non soltanto nella desiderata accettazione di questa resa, di fronte alle esigenze materiali della Donna, dimostra l'autore-protagonista la bont trasparente, fatta di speranza e di compassione, della sua folle apparente malignit; la dimostra anche, indirettamente, nella corretta struttura del suo romanzo. Questa struttura non si rivela che a una seconda lettura; e fa piacere allora scoprire come quest'uomo che sembrava un pazzo, non ha trascurato quasi un particolare: poste le sue premesse, ne ha tratto un'opera scrupolosamente logica. E a una mente logica si accompagnano sempre, forse perch sottoprodotti dell'intelligenza, la speranza e la compassione.Matthew Phipps Shiel nacque nel 1865 a Montserrat, una delle Isole di Sottovento, nelle Indie Occidentali, poi Federazione dei Caraibi: "una regione di uragani, terremoti, ruscelli bollenti, solfatare e inondazioni". Otto sorelle l'avevano preceduto; ogni volta che nasceva una femmina, Shiel padre radunava la famiglia in salotto, perch pregassero insieme; nel corso della cerimonia, diretta da un pastore Wesleyano, il padre ringraziava Iddio e gli faceva capire discretamente che la prossima volta avrebbe gradito l'arrivo di un maschio. "Finalmente, ultimo sforzo della Natura, arrivai io".Figlio di un predicatore, M. P. Shiel crebbe avvolto in una nube di religione. Tuttavia era sicuro di essere molto pi religioso di suo padre, per il semplice fatto di essere nato dopo; ci rappresentava un singolare vantaggio: "Quella parte della religione che sorge dalla scienza reale, quell'altra che scaturisce dalla speranza (ossia ignoranza) irreale... Per adorare bisogna pure conoscere qualcosa dell'adorato; no?... La vera religione sorge dalla conoscenza di due fatti: 1. che le stelle sono altrettanti soli, cosa che incute terrore e soggezione; 2. che i passeri provengono dalle lucertole, come gli uomini, per opera di un principio di Progresso inerente, il quale, una volta conosciuto, non pu non farsi amare. Come potevano gli antichi essere veramente religiosi? Non sapevano niente (quasi)! Ancora ai tempi di Dante nessuno credeva che il sole e la luna fossero mondi! Per Platone "il sole non era un dio, soltanto una pietra". Dei nostri milioni di

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  • mondi, ne conoscevano soltanto uno, anzi, la met di uno; perci il loro Dio era ancora piccolo, nella sua grandezza".A undici anni, Shiel componeva e pubblicava un giornale, da solo: sette copie al giorno, manoscritte, distribuite tra sette abbonati. Suo padre, irlandese, discendeva da'uno dei molti re di Irlanda; ammirava dunque i re, che il figlio invece fingeva di disprezzare. Per festeggiare il suo quindicesimo compleanno, il genitore lo fece incoronare re di Redonda, per mano del vescovo metodista di Antigua, "circondato da navi - mio padre ne possedeva molte - e da ubriachi". Santa Maria la Redonda era un'isoletta larga un miglio e mezzo, tra Nevis e Montserrat, non reclamata ancora da nessun governo; Cristoforo Colombo l'aveva scoperta nel suo secondo viaggio, nel 1493. Circolare, alta pi di trecento metri, ancor oggi popolata soltanto da topi, uccelli marini, iguane e capre dalla barba lunga fino a terra. E' quasi inabitabile. Contiene giacimenti di un fosfato chiamato redondite, che qualcuno, prima dell'incoronazione di Shiel, tent di sfruttare; ma due uragani si portarono via gli impianti della miniera, forse anche i minatori. I geologi della compagnia, quando volevano raggiungere l'isola, venivano issati direttamente dalla nave, in un cestino, con pulegge. "I miei sudditi erano stormi innumerevoli di uccelli marini che a un tratto decidevano di gettarsi vertiginosamente nel mare come fiumi di meteore, oltre a undici sciagurati che raccoglievano i loro escrementi per farne del guano. E questi intrusi erano Americani! Poco dopo la mia incoronazione, il Governo Britannico, preoccupato da queste invasioni americane, decise di annettersi la mia isola; cio, ci piant sopra una bandierina - nonostante le tremende proteste di mio padre - che il vento si sar ormai portato via".Re Felipe Primo - con questo nome venne consacrato Shiel - difese sempre i suoi diritti di priorit, che il Ministero delle Colonie britannico "tacitamente riconosceva". "Cos mi abituai all'idea di essere in qualche modo un re, un Re dei Re, un Kaiser e un Cesare Imperiale; ma il fatto di credere vere le fantasie provoca la met dei nostri guai, e quello di non credere vera la realt, l'altra met". Ancora nel 1936, dopo una rapida trasfusione di sangue eseguita con il temperino, re Felipe nomin il suo successore nella persona del poeta John Gawsworth, poi re Juan Primo; il quale sal al trono nel 1947, pochi mesi dopo la morte di Shiel. Nel corso di quest'ultima cerimonia re Juan fece duchi di Redonda Dylan Thomas, Eden Phillpotts, Frank Swinnerton e diversi altri scrittori; conferm inoltre i titoli ducali gi concessi a Lawrence Durrell, Henry Miller e Victor

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  • Gollancz; granduca di Redonda era allora il romanziere Carl Van Vechten; arciduca, Arthur Machen.Il giovane re Felipe and in Inghilterra a studiare medicina, ma a un certo punto lasci l'Universit e si mise a scrivere "serials" per i giornali (a dodici anni aveva gi composto un romanzo); i suoi modelli ideali rimanevano pur sempre Poe, Carlyle e Giobbe. Conobbe Pierre Louys, Stevenson, Wilde, Ernest Dowson; dopo di che, decise di non scrivere pi per soddisfare il pubblico, ma per soddisfare se stesso. Nemmeno il suo biografo Morse in grado di dire quanti romanzi produsse Shiel (alcuni in collaborazione, altri sotto pseudonimo); certamente pi di trenta. Dedic gli ultimi quattro anni della sua vita alla stesura di un libro intitolato "Ges"; "Una (pi vera) traduzione del Vangelo di Luca, con le mie critiche, e anche la sua parte di "inchiesta poliziesca" grazie alla quale sono riuscito a dimostrare, per esempio, che l'Apostolo Paolo era in realt il noto Lazzaro, il quale, spinto da quella sua mania anti-sadducea per la risurrezione, rimase quattro giorni nascosto in una tomba". Un riassunto dei giudizi dei contemporanei di Shiel (scrittori) sulla sua opera, potrebbe essere questo:Hugh Walpole: Un genio fiammeggiante... il migliore scrittore romantico inglese di oggi.Arnold Bennett: Un erudito, un filologo, un inventore, uno stilista.L. P. Hartley: Un maestro della parola scritta.H. G. Wells: Colossale... brillante.E. M. Benson: I suoi romanzi sono una felicissima escursione nell'incredibile.Dashiell Hammett: Un mago.Victor Gollancz: Autore di alcuni tra i pi meravigliosi romanzi in lingua inglese, bench ignorato dalla massa dei lettori.Ralph Straus: Splendidamente pazzo... c' della magia nella sua opera.Rebecca West: Uno scrittore dall'immaginazione imperiale, che sa combinare le qualit scientifiche di Wells con il mistero di Poe.M. P. Shiel, come stato detto, venne riscoperto a pi riprese; la prima volta in America, verso il 1928, e in pochi mesi furono ristampati trenta romanzi suoi, quattro dei quali usciti lo stesso giorno; la seconda volta nel 1948; la terza volta ebbe inizio nel 1963, con la ristampa della "Nube purpurea", ma essendo il ciclo a quanto pare ventennale, la completa terza scoperta non avverr prima del 1968.

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  • Egli possedeva in certa misura il dono di prevedere il futuro. Nel suo primo libro, "Prince Zaleski", del 1895 - tre racconti di mistero con un unico protagonista, un principe esteta che abita in un'abbazia abbandonata del Monmouthshire, suona l'organo, ha per servo un gigante etiope e fuma l'erba "cannabis sativa" - appaiono (incredibilmente) i malvagi S.S. - cio i membri della Societ di Sparta - che si radunano in camere sotterranee sotto il Tamigi e si dedicano al compito di assassinare i membri deboli, invalidi e incapaci della societ civile. Tre romanzi di Shiel, pubblicati tra il 1898 e il 1913, hanno per argomento il pericolo cinese: nel terzo romanzo, Edoardo Settimo (allora principe di Galles) invade la Germania in aereo e si porta via il tesoro nazionale tedesco; alcune battaglie si svolgono nell'aria e alla fine l'Inghilterra si salva grazie alla scoperta di un raggio simile al laser.I suoi personaggi, come Adam Jeffson, sono tirannici e tendono naturalmente a diventare Imperatori del Mondo; quello di "The Lord of the Sea" (1901), dopo essersi imbattuto in una meteorite piena di diamanti, si impossessa degli oceani e infine viene nominato Reggente della Gran Bretagna. Altri trovano strane morti; il principe Zaleski conosceva quarantun modi di far morire i suoi nemici, e un altro modo ancora - il quarantaduesimo - che soltanto poteva venir eseguito in un'isola della Polinesia; in "The Weird O'It", un personaggio muore dal gran ridere, un altro muore come Ges Cristo.Nel notevole racconto "Monk Wakes an Echo" (1911), Sir Saul, dopo aver tagliato la lingua a un giovane Pastore evangelista di Cambridge, lo fa impazzire in laboratorio, per poter condurre interessanti esperimenti sul suo cervello: "Come riuscite a fare impazzire le vostre vittime?" gli domanda Monk. Risponde Sir Saul: "Con la paura, la tortura, l'orrore; servono serpenti, un giaguaro, una quaglia con quattro zampe, a volte basta il semplice isolamento". Osserva J. Mac-Laren-Ross che soltanto Shiel era capace di includere nell'elenco una quaglia con quattro zampe.Il protagonista di "The Last Miracle" si occupa invece di provocare false visioni della Crocifissione nelle chiese, e altri miracoli finti, al solo scopo di minare e screditare il cristianesimo. Nella raccolta dei suoi "Migliori racconti", del 1948, non mancano le meraviglie: un lavoratore londinese che viene stuprato, la sera delle sue nozze, dalla cognata morta; un cadavere imbalsamato che si trasforma in un gigantesco gatto coperto di piume rosse; "uno che se ne intende", chiamato a spiegare al lettore quali sono bocconi pi prelibati del cadavere (l'ugola, specialmente); un

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  • giovane dall'udito soprannaturale, che da un rumore di campanelli d'argento, nella cripta dove giace sua madre morta, pu seguire i progressi compiuti dai topi rosicanti nell'interno della bara. Nell'ultimo romanzo, "The Young Men Are Coming" (1937), Shiel fa apparire per la prima volta degli esseri di oltrespazio: evanescenti, immensamente caldi, tutto consumano, col risultato di secernere continuamente delle sbarre di carbonio.Shiel dichiarava che il pi grande genio e massimo poeta dell'umanit era Giobbe; che il migliore prosatore era invece M. P. Shiel: vanit finta, aggiungeva. La sua ultima creazione fu la "Religione della Scienza", destinata a sostituire il decrepito cristianesimo. Pochi mesi prima della sua morte, i testi fondamentali e segreti della nuova religione scomparvero misteriosamente; ma nel 1963 John Gawsworth riusc a ritrovarli, messi all'asta da Sotheby.

    J. RODOLFO WILCOCK.

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  • INTRODUZIONE.

    Nel maggio di quest'anno mi arriv per posta il pacco di manoscritti pi straordinario che mi sia mai capitato tra le mani. Il mittente era un amico, il dottor Arthur Lister Browne; il pacco consisteva di quattro quaderni fittamente coperti di quei pazzi segni detti "stenografici", che visti nell'insieme ricordano uno sciame spaurito di insetti svolazzanti; peraltro scritti a matita, e senza vocali: decifrarli non stato compito facile. Assieme ai manoscritti mi arriv una lettera, anch'essa stenografata, anch'essa scritta a matita, che ho deciso di pubblicare qui, come introduzione al terzo quaderno, ossia quello segnato "III".Ecco la lettera di Browne:

    Caro vecchio amico,poco fa ero sdraiato sul letto e pensavo a te; mi sarebbe tanto piaciuto che tu fossi qua, per poterti dare un'ultima stretta di mano, prima di... "andarmene": perch, infatti, me ne vado da questo mondo. Quattro giorni fa mi prese un dolore alla gola; decisi di fare un salto fino allo studio chirurgico del vecchio Johnson, a Selbridge, e gli dissi di darmi una occhiata; quello borbott qualcosa come "laringite membranosa", il che mi fece sorridere; ma di ritorno a casa mi accorsi di essere diventato rauco e ormai non sorridevo pi; verso sera comparvero la dispnea e lo "stridore laringeo". Allora feci venire Morgan da Londra, e tra lui e Johnson si sono presi la fatica di aprirmi la trachea e di verniciarmi internamente con l'acido cromico e col cautere; ma sono un lupo troppo vecchio per non sapere come stanno le cose: i miei bronchi sono lesi... "troppo lesi". Mi pare che Morgan accarezzi ancora l'idea di aggiungere il mio caso alla sua statistica di tracheotomie riuscite; ma la prognosi sempre stata il mio forte, e se una soddisfazione ricaver dalla mia morte, sar soltanto quella di sconfiggere uno specialista nel suo proprio campo. Vedremo.Stamattina stavo mettendo un po' di ordine tra le mie cose, quando a un tratto mi ricordai di questi quaderni: erano mesi che volevo darteli, ma sai l'abitudine che ho di rimandare tutto, e inoltre la signora che me li aveva dettati era ancora in vita; adesso morta, invece, e sono certo che, come scrittore e come uomo, il loro contenuto dovrebbe interessarti, se mai riesci a decifrarli.

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  • In questo momento sono sotto gli effetti della morfina, sdraiato, in un piacevole stato di languore, e poich posso scrivere, ti racconter qualcosa di lei. Si chiamava Mary Wilson; aveva trent'anni quando la conobbi, quarantacinque quando mor; quindici anni, dunque, di Mary Wilson. Sai qualcosa sulla teoria della "trance" ipnotica? Quella fu infatti la nostra relazione: ipnotizzatore e soggetto. Prima di conoscere me, era in cura da un altro: soffriva di un tic al quinto nervo; le avevano gi strappato tutti i denti, e inoltre c'era stato un tentativo di asportarle il nervo stesso, a sinistra, mediante recisione esterna. Ma non era servito a niente: l'orologio dell'inferno continuava a battere nella mascella di quella poverina, e per lei fu una vera fortuna imbattersi in "me": a quanto pare, la mia personalit poteva facilmente controllare la sua, e con pochi suggerimenti mi riusc di espellere la sua legione di diavoli.Bene; sono certo che non avrai mai conosciuto una persona pi straordinaria di questa mia amica, Miss Wilson; stregone come sono, ogni volta che la vedevo provavo tuttavia una specie di "shock": quella donna suggeriva cos intensamente ci che chiamiamo "l'altro mondo", come un odore di corruzione: era pi fantasma che donna! Eppure non saprei spiegarti il perch di questa impressione; soltanto qualche scarno particolare, per esempio la forma della sua fronte alta, delle sue labbra sottili, del mento appuntito, delle guance cenerine. Era lunga e magra, pietosamente emaciata: tranne i femori, tutte le ossa del suo scheletro erano visibili; i suoi occhi avevano il colore bluastro del fumo di sigaretta o di una soluzione di chinino resa fluorescente dai raggi X, e il loro sguardo era il pi strano, fievole, ultraterreno immaginabile; per il resto, a trentacinque anni aveva tutti i capelli bianchi.Era una donna benestante; viveva sola nella sua vecchia villa signorile di Wooding, a cinque miglia da Ash Thomas; e io, che avevo scelto quella zona per "iniziarmi" al mestiere, dopo non molto finii con l'andare a vivere nella villa: voleva assolutamente che mi dedicassi soltanto a lei.Cos scoprii che Miss Wilson, quando era in "trance", possedeva poteri straordinari; non che questi poteri fossero di carattere peculiare, ma straordinaria era la loro sicurezza, la loro precisione, la loro portata. Anche un principiante nel campo della scienza psichica, oggi, sarebbe in grado di tenere un discorso sui poteri di informazione della mente nello stato di "trance"; un fatto che la parapsicologia solo dopo infiniti studi ha deciso di considerare scientifico, ma che nel Medio Evo la pi ignorante delle vecchie comari conosceva perfettamente; tuttavia affermo che i poteri di

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  • Miss Wilson erano "straordinari", perch credo che, "in genere", questi poteri operino specialmente nello spazio, non nel tempo: lo spirito vaga nel presente, viaggia per cos dire sulla pianura; ma il dono di Miss Wilson era speciale appunto per questa sua capacit di viaggiare in ogni direzione, e in tutte con facilit - tranne una - sia a oriente che a occidente, in alto, in basso, nei passato, nel presente, nel futuro.Di questo mi resi conto a poco a poco. A un tratto cominciava a emettere un fiume di suoni - non oserei chiamarlo "discorso" - un mormorio gutturale, mescolato a suoni come scoppi di fiato tra le labbra languide, e il tutto accompagnato da una contrazione intensa delle pupille, scomparsa dei riflessi del ginocchio, rigidit, un'espressione rapita e lontana; io rimanevo a lungo accanto al suo letto, affascinato, cercando di capire il senso di quel linguaggio visionario che usciva gracidante dalla sua gola, alitante e borbottante dalle sue labbra, finch nel corso degli anni il mio orecchio impar a distinguere le parole che diceva; "il velo si era strappato", anche per me, e cos mi fu permesso di seguire, fino a un certo punto, i voli del suo spirito errante e assorto.Un giorno le sentii dire parole che mi erano familiari: "Con tali arti i Romani accrescevano le loro conquiste e raggiungevano la palma della vittoria", dalla "Decadenza e caduta dell'Impero Romano" di Gibbon, un libro che - ne sono quasi certo - lei non aveva mai letto.Le dissi con voce severa: "Dove si trova adesso?".Mi rispose: "Siamo a ottocento miglia di altezza. Un uomo sta scrivendo. Noi si sta leggendo".Debbo dirti due cose: anzitutto, che nello stato di "trance" non si serviva mai del vocabolo "io", bens, non so per quale motivo, adoperava questa forma "oggettiva", "noi": "noi si sta", diceva, "noi si andati", e non certo come lo fanno a volte gli inglesi illetterati, per cattivo uso del linguaggio; in secondo luogo, quando viaggiava nel passato, diceva sempre di essere in alto, "di sopra" (sopra la terra, forse?), e pi in alto saliva, pi retrocedeva nel tempo; quando descriveva eventi presenti diceva di essere "qua", "quaggi", e invece quando si trattava del futuro invariabilmente dichiarava che "noi" si era tante miglia "dentro", o "addentro".Ma, per quel che riguarda i suoi viaggi in quest'ultima direzione, sospetto che ci fossero per lei dei limiti molto definiti; e dico sospetto perch, nonostante tutti i miei sforzi, lei non si allontanava mai di molto in questa direzione. Tremila, quattromila "miglia", erano espressioni abbastanza correnti sulle sue labbra per descrivere la "altezza" alla quale si trovava;

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  • "dentro", invece, non si avventurava mai oltre le sessanta miglia. Di solito diceva venti, venticinque; nei riguardi dell'avvenire si comportava come un sommozzatore, il quale, pi profondamente si immerge, pi risente della pressione, finch a pochi metri di profondit questa resistenza diventa impossibilit, e pi in basso non gli permesso di scendere.Purtroppo non ce la faccio pi a scrivere; eppure potrei raccontarti tante cose di questa donna. Per ben quindici anni, con intervalli pi o meno lunghi, si protrassero queste mie sedute accanto al suo letto semibuio; finch alla fine il mio orecchio esperto riusciva a interpretare il senso della sua pi fievole esalazione. Cos dovetti ascoltare la "Decadenza e caduta" dall'inizio alla fine; e anche se alcune delle sue relazioni riguardavano argomenti incredibilmente futili, altre si facevano ascoltare con inorridito interesse. Davvero posso dire di aver sentito parole e discorsi stupefacenti, da quelle labbra spiritiche di Mary Wilson. A volte, con la sola forza di volont, riuscivo a ricondurla verso una data scena o un dato argomento scelti da me; ma il pi delle volte l'imprevedibile capriccio del suo piede vagabondo mi eludeva: la donna faceva resistenza, mi disubbidiva; altrimenti avrei potuto inviarti non quattro quaderni, ma almeno venti. Erano passati circa cinque anni, dal nostro primo incontro, quando mi venne l'idea di prendere nota di questi suoi discorsi, quelli pi coerenti in ogni caso, poich avevo imparato stenografia; e questo il risultato. Il quaderno "III" corrisponde all'undicesimo anno e ha una sua storia a parte: un pomeriggio la sorpresi a bisbigliare col tono di voce che adoperava quando "leggeva"; le domandai dove era e mi rispose: "Noi si sta dentro, quarantacinque miglia addentro; noi si legge, un altro scrive...".Ma ho gi parlato abbastanza di Mary Wilson: piuttosto sarebbe il caso di pensare adesso al povero A. L. Browne, col suo tubo respiratorio inserito nella trachea, e l'Eternit sotto il guanciale...

    (La lettera del mio amico Browne prosegue trattando altri argomenti che non possono interessare il lettore).

    (Qui presento la mia trascrizione del quaderno stenografato "III"; mi limiter a ricordare al lettore che queste parole costituiscono il testo di un documento che sar scritto, o trover giustificazione - secondo Miss Wilson - in quel Futuro che, n pi n meno del Passato, fondamentalmente esiste gi nel Presente; per quanto noi, come accade col Passato, non lo vediamo. Aggiunger soltanto che il titolo, la

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  • punteggiatura, la distribuzione in paragrafi, eccetera, sono stati introdotti arbitrariamente da me, per agevolare la lettura).

    (Qui comincia il quaderno segnato "III").

    LA NUBE PURPUREA.

    A quanto sembra sto perdendo la memoria. Come si chiamava, per esempio, quel Pastore che poco prima della partenza del "Boreal" fece quelle prediche sull'immoralit di ogni altro tentativo di raggiungere il Polo Nord? Dimenticato! Eppure non pi di quattr'anni fa quel nome mi era familiare, quasi quanto il mio.S, si direbbe che gli eventi accaduti prima del nostro viaggio comincino a confondersi nella mia memoria; mi sono sistemato qui, nella veranda di questa villa in Cornovaglia, per stendere una specie di relazione di ci che successo - con quale scopo, davvero non lo so, dal momento che nessun occhio umano potr mai leggerla - e ancor prima di scrivere una riga mi accorgo di non ricordare pi come si chiamava quel Pastore.Era un individuo senz'altro strano, uno scozzese dell'Ayrshire, alto, magro, dai capelli rossicci; spesso girava per le strade di Londra vestito alla scozzese, con quella stoffa ruvida tessuta a mano, il "plaid" piegato sulla spalla: una volta lo vidi passare per Holborn, con le sue gambe lunghe, con quel suo portamento piuttosto stravagante; aggrottava le ciglia e mormorava da solo. Non appena arrivato a Londra aveva aperto una cappella (mi pare fosse in Fetter Lane); presto il localetto cominci a riempirsi di gente; qualche anno dopo, quando si trasfer in un locale pi ampio, a Kensington, una folla di gente di ogni sorta, alcuni venuti perfino dall'America e dall'Australia, si accalcava per ascoltare i tuoni delle sue prediche, per quanto la nostra non fosse un'epoca molto propensa a impazzire dall'entusiasmo di fronte a quel genere di profeti e di profezie da pulpito. Ma non si pu dubitare che quest'uomo sapesse svegliare i sentimenti forti e oscuri che sonnecchiano in ogni cuore: i suoi occhi erano molto strani e potenti; la sua voce, all'inizio un bisbiglio, poi cresceva come una palla di neve e finalmente scoppiava, direi quasi come i banchi

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  • di ghiaccio polare quando si frantumano; e i suoi gesti erano rozzi e goffi come quelli di un selvaggio dei tempi primitivi.Bene; quest'uomo... "come" si chiamava? Macintosh? Mackay? Mi sembra... s, proprio cos! "Mackay". Dunque questo Mackay era giunto alla conclusione che questo nuovo tentativo di raggiungere il Polo con il "Boreal" era un'impresa abominevole; e cos per tre domeniche di seguito, mentre i preparativi volgevano alla fine, aveva scagliato i suoi fulmini, dalla sua cappella di Kensington, contro la spedizione.L'entusiasmo popolare per quel che riguardava il Polo aveva in quei giorni raggiunto un livello che potrei soltanto chiamare "febbrile", se la parola riuscisse a esprimere l'estasi e l'impazienza insolite che predominavano dappertutto; perch l'interesse scientifico che agli uomini dapprima ispirava questa regione sconosciuta, appariva adesso, improvvisamente, mille volte intensificato da una nuova attrattiva: un tremendo interesse di "denaro".E alla base di questo nuovo zelo non c'era pi, come prima, un movente sano: perch adesso il meschino demone Mammona si era intrufolato nella questione.Nel corso dei dieci anni precedenti la spedizione del "Boreal", non meno di ventisette altre spedizioni erano state organizzate, e tutte erano fallite...Il segreto di questo nuovo furore esploratorio si celava nel testamento di Mister Charles P. Stickney, da Chicago, quello sci degli eccentrici, di cui si diceva fosse l'uomo pi ricco sulla terra; il quale era morto dieci anni prima dell'impresa del "Boreal", lasciando un premio di 175 milioni di dollari, da assegnarsi al primo uomo, di qualsiasi nazionalit, che riuscisse a raggiungere il Polo.Cos diceva letteralmente il testamento: "...il primo uomo che raggiunger...", e l'imprecisione con cui veniva definito il beneficiario aveva immediatamente dato origine, sia in Europa che in America, a una lunga e accanita controversia su questo particolare fondamentale: si riferiva o no il testatore al "capo" della prima spedizione fortunata? Finch i magistrati non decisero che la definizione era da considerarsi valida nel suo senso letterale, ossia che il "malloppo" spettava alla prima persona che avrebbe messo piede sui 90 gradi di latitudine, qualunque fosse il suo grado o la sua carica nella spedizione.In ogni modo, l'entusiasmo aveva raggiunto, come ho gi detto, il carattere di una febbre; per quel che riguarda poi in particolare il "Boreal", ogni aspetto dei preparativi veniva scrupolosamente registrato sui giornali,

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  • ognuno la sapeva pi lunga degli altri sul corredo della nave, che ormai sulle labbra di tutti era diventata una scommessa, una speranza, uno scherzo o una beffa; perch questa volta, finalmente, intuivano che il successo non era lontano. E cos questo Mackay poteva contare su un pubblico davvero interessato, anche se leggermente allarmato, leggermente cinico.Tutto sommato doveva essere un uomo dal cuore di leone, per osare di proclamare un'opinione cos contrastante con lo stato d'animo generale! Uno contro quattrocento milioni; tutti tiravano da una parte, lui dall'altra, affermando che sbagliavano, che "tutti" sbagliavano! Molti lo definivano un Giovanni Battista redivivo; e non c' dubbio che facesse venire in mente qualcosa del genere. Un uomo che aveva il coraggio di condannare pubblicamente la spedizione del "Boreal", nel momento in cui perfino un sovrano sul suo trono sarebbe stato lieto di accettare - ammesso che potesse farlo senza scapito della sua dignit - un posto di semplice marinaio a bordo della nave.Una di queste serate domenicali di scomunica, la terza della serie, andai anch'io nella cappella di Kensington, ad ascoltare il predicatore. Le cose folli che diceva! Sembrava in preda a un delirio ispirato.Noi si rimaneva seduti in silenzio, mentre la voce profetica dell'uomo percorreva, in alto e in basso, tutte le modulazioni del tuono, dal borbottio affrettato fino al boato e allo scoppio risonante: e anche quelli che erano venuti a deriderlo rimanevano stupefatti.Secondo lui c'era una specie di destino o di maledizione che vietava il Polo alla razza umana; i ripetuti insuccessi, nonostante tutti gli sforzi fatti per raggiungerlo, ne erano la conferma; quegli insuccessi rappresentavano una lezione - "e un monito" - e trascurarli un grande rischio per l'umanit.Il Polo Nord, diceva, non era tanto lontano, n la strada per raggiungerlo, tutto sommato, insormontabile: l'ingegno umano aveva portato a termine imprese mille volte pi difficili; eppure, nonostante le sei, sette attrezzatissime spedizioni dell' '800, e le trentuno gi tentate nel '900, l'uomo non vi era mai arrivato, per quanto alcuni affermassero il contrario; eravamo sempre stati frustrati, frustrati, apparentemente da qualche particolare imprevisto... ma forse da una Mano che ce lo impediva; e questa appunto era la lezione, "questo il monito". Straordinariamente simile all'"Albero della Conoscenza" nell'Eden, diceva, era quel Polo: tutto il resto della terra era aperto e concesso all'uomo... ma "quello" invece rimaneva velato e "vietato"; come quando un padre posa la mano sulla

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  • testa del figlio, e gli dice: "Non qui, figlio mio; dove ti pare, puoi andare, ma non qui".Ma gli uomini, aggiungeva, erano liberi di turarsi le orecchie, e di far sorda la propria coscienza ai bisbigli e ai suggerimenti del Cielo; ed egli era convinto, diceva, che fosse vicino il momento in cui l'uomo sarebbe stato infine in grado di raggiungere quella latitudine 90, e di calcare col suo empio piede il capo di questo pianeta... cos come era stato concesso a "Adamo" di tendere l'empia mano verso l'"Albero della Conoscenza"; tuttavia, aggiungeva - e la sua voce si gonfiava risonante in un prolungato annuncio di atroce augurio - cos come l'abuso di quel potere era stato una volta seguito dal disastro immediato e illimitato, cos questa volta egli avvertiva l'intero equipaggio dell'umanit che d'ora in poi non si aspettasse altro da Dio che un cielo irritato, tuoni e tempeste.La frenetica sincerit, la voce autorevole, i gesti selvaggi di quell'uomo non potevano lasciare indifferente nessuno; per quel che mi riguarda, lo confesso, era come se un messaggero del Cielo mi stesse rivolgendo direttamente la parola. Eppure, non avevo varcato la soglia di casa mia che gi tutta l'impressione del suo discorso era svanita, scivolata via come l'acqua sulle penne di un'anitra. No, nel ventesimo secolo i profeti erano un fallimento: Giovanni Battista in persona, con la sua pelle di cammello e tutti i suoi attributi, sarebbe stato accolto con una condiscendente alzata di spalle. Cancellai il ricordo di Mackay con questo pensiero: "Dovrebbe essere nato Secoli fa".Ma come mi sono dovuto pentire, dopo, del mio atteggiamento, santo cielo...!

    ***

    Circa tre settimane prima di quella predica domenicale, era venuto a trovarmi Clark, il capo della spedizione; una visita amichevole. Da un anno avevo aperto il mio studio in Harley Street 24, e a ventisei anni d'et, pochi medici in Europa potevano vantarsi di una clientela elegante come la mia.Elegante... ma ridotta: quel che mi bastava per mantenere la mia posizione sociale, e continuare a muovermi nella cerchia delle persone che contano; ma ogni tanto mi capitava di trovarmi in difficolt, e proprio in quei giorni ero riuscito a sfuggire a una di queste situazioni imbarazzanti soltanto grazie al successo del mio libro, "Applicazioni della scienza nelle arti".

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  • Quel pomeriggio, mentre si parlava di questo e di quello, Clark mi disse, "en passant"!"Sai che ieri notte ti ho sognato, Adam Jeffson? Ho sognato che eri con noi nella spedizione".Immagino che mi avr visto trasalire: quella stessa notte avevo sognato la stessa cosa; ma non glielo dissi. Risposi con voce leggermente balbettante:"Chi? Io? Nella spedizione? Non ci verrei, nemmeno se me lo chiedessero"."Oh s, verresti!" fece Clark."No. Dimentichi che sto per sposarmi"."Va bene, non il caso di mettersi a discutere, dal momento che Peters gode di eccellente salute. Tuttavia, se qualcosa dovesse capitargli, ti avverto che mi rivolgerei a te per primo, Adam Jeffson"."Stai scherzando, Clark" gli dissi. "Non so quasi niente di astronomia, n di meteorologia. Inoltre, sto per sposarmi..."."Ma, caro amico, e le tue conoscenze di botanica? Proprio in quel campo ci saresti utile; quanto all'astronomia nautica, sciocchezze, un uomo con la tua preparazione scientifica pu impararne tutto quel che serve in due minuti"."Parli come se fosse una cosa seria, Clark" gli dissi sorridendo. "Un'idea simile non mi passerebbe mai... Anzi tutto, c' la mia fidanzata..."."Ah, l'importantissima contessa! Ma lei, per quel che so di questa nobildonna, sarebbe la prima a costringerti ad accettare. La possibilit di metter piede sul Polo non cosa che si presenti tutti i giorni, figlio mio"."Sar meglio cambiare discorso!" dissi. "C' Peters..."."S, naturalmente, c' Peters. Ma credimi, quel sogno che ho fatto..."."Oh, i tuoi sogni!" risposi ridendo.S, lo ricordo: fingevo di ridere, ma nel fondo del cuore sapevo, in quello stesso momento, che in me si preannunciava gi una di quelle crisi che hanno fatto della mia vita, fin dall'infanzia, la pi straordinaria che abbia mai vissuta un essere umano su questa terra; e lo sapevo, anzi tutto per via dei due sogni, e poi perch mentre mi infilavo i guanti, dopo la partenza di Clark, per andare a casa della mia fidanzata, udii chiaramente le due note voci di sempre; e una mi diceva: "Non andare da lei adesso!", e l'altra: "S, va', vacci!".Le due voci della mia vita! Se qualcuno leggesse questo, potrebbe pensare che parlo semplicemente di due impulsi opposti... oppure che sto delirando; perch nessun uomo di questo secolo sarebbe in grado di capire

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  • fino a che punto sembravano reali quelle voci; come erano forti, e quante volte le avevo udite contendere dentro di me, "pi prossime del respiro", "pi delle mani e dei piedi vicine".Avevo all'incirca sette anni, quando mi capit di udirle per la prima volta: una sera d'estate, stavo giocando in un bosco di mio padre; a mezzo miglio di distanza si apriva una cava a precipizio; e mi parve che qualcuno, dentro di me, mi dicesse: "Va' a fare un giro fino alla cava", e che un'altra voce dicesse: "Non andare da quella parte, non andare!". Erano ancora bisbigli, che pi avanti negli anni sarebbero diventati urli di collerica disputa. Quella volta andai verso la cava, e ci cascai dentro. Qualche settimana dopo, quando fui di nuovo in grado di parlare, dissi a mia madre stupefatta che qualcuno "mi aveva spinto" sull'orlo, e che un altro "mi aveva raccolto" in fondo!Una notte, poco prima del mio tredicesimo compleanno, ero sdraiato su un divano, quando a un tratto mi venne in mente l'idea che la mia vita doveva essere enormemente importante per un essere, o cosa, o cose, che non potevo vedere; che due Poteri, i quali si odiavano a vicenda, dovevano starmi continuamente dietro: uno voleva uccidermi, l'altro salvarmi la vita; uno voleva che facessi questo e quello, l'altro che facessi proprio il contrario; che non ero un ragazzo come gli altri, bens un essere a parte, speciale, segnato ed eletto per... qualcosa. Gi a quell'epoca accertavo in me idee, umori passeggeri, istinti fuggevoli, non meno occulti e primitivi, ne sono certissimo, di quelli che avr provati il primo uomo su questa terra; al punto che espressioni come: "Il Signore parl a Tizio e gli disse..." non sollevavano mai in me il problema di come aveva fatto Tizio a "udire" la voce; non mi riusciva difficile capire che, in origine, gli uomini avevano pi di due orecchi, come le bestie e le "medium"; n mi sarei stupito se mi avessero detto che io, per quanto abitante di questo secolo, somigliavo fino a un certo punto a quegli esseri primigeni.Ma nessuna persona, tranne forse mia madre, si mai sognata di vedere in me quello che, adesso lo confesso, ero certo di essere: sembravo in tutto e per tutto un normale ragazzo dei miei tempi, primo canottiere della mia squadra universitaria, occupato a preparare esami, membro dei sodalizi universitari. Quando fui costretto a scegliermi una carriera, nessuno avrebbe sospettato la battaglia che si svolgeva nel mio petto, senza intervento alcuno del mio cervello... quel conflitto tra due voci litigiose che mi urlavano, la prima: "Studia medicina", l'altra: "Studia legge, belle arti... "qualunque cosa" fuorch medicina!".

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  • Cos diventai medico; feci i miei studi in quella che era diventata la pi importante scuola di medicina, Cambridge; e l a Cambridge dovevo imbattermi in un tale chiamato Scotland, il quale aveva una strana concezione del mondo, e parlava sempre di certi Poteri "Neri" e "Bianchi", finch la cosa divenne assurda, e gli altri cominciarono a chiamarlo "Il misterioso Bianco-e-Nero", perch un giorno qualcuno aveva parlato del "nero mistero dell'universo", e Scotland gli aveva osservato che bisognava dire "il bianco e nero mistero dell'universo".Questo Scotland, lo ricordo benissimo - alloggiava nella New Court del Trinity College, dove era pi facile trovare me e il gruppo dei miei amici - era la persona pi gentile di animo che si possa immaginare; adorava i gatti, Saffo, e l'"Antologia"; piccolino, dal naso romano, teso nel continuo sforzo di reggere il collo dritto e la pancia contratta. Giurava che due Poteri si contendono furiosamente l'universo; che quello Bianco il pi forte, ma che le condizioni di questo nostro pianeta sono tali da non favorire la sua vittoria; fino all'Et di Mezzo era riuscito a mantenere in Europa il sopravvento, ma in seguito, lentamente, ostinatamente, era stato costretto a cedere sempre pi terreno al Potere Nero; e che alla fine questo avrebbe vinto - non dappertutto, forse, ma "qui" di certo - e si sarebbe impossessato, se non degli altri pianeti, per lo meno di "questo".Questa era la dottrina di Scotland, e non si stancava di ribadirla; gli altri lo ascoltavano, semmai, con una buona dose di tolleranza, e non potevano certo indovinare con quale ardente, con quale intimo interesse io, nonostante il sorriso cinico delle mie labbra, assorbivo le sue parole. Parole che mi facevano una profonda, un'enorme impressione.

    ***

    Dicevo dunque che, subito dopo la partenza di Clark, mentre infilavo i guanti per andare a trovare la mia fidanzata, la contessa Clodagh, mi capit di udire molto chiaramente le due voci; non di rado l'urgenza di uno dei due impulsi in me cos irresistibile, che non c' modo di non ubbidire, e questa volta vinse quello che mi ordinava di andare.Per strada, da Harley Street a Hanover Square, udivo continuamente la voce che mi sussurrava all'orecchio: "Non dire una parola della visita di Clark!", e l'altra che ribadiva: "Diglielo, devi raccontarle tutto!".La lite mi sembr fosse durata un mese; eppure pochi minuti dopo ero arrivato a Hanover Square e Clodagh era tra le mie braccia.

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  • Per me era la creatura pi stupenda del mondo, Clodagh... quella gola orgogliosa, che si sarebbe detta continuamente intenta a disprezzare qualcosa che si trovava proprio dietro alla spalla sinistra... Superba! Eppure - adesso lo so - era una donna empia, Clodagh, un cuore amaro.Una volta mi confess che il suo personaggio storico favorito era Lucrezia Borgia; quando si accorse del mio sgomento, soggiunse immediatamente: "Ma no, era uno scherzo!". Tale era la sua duplicit; perch adesso capisco che si sforzava di nascondermi il suo cuore abominevole. Eppure, pensandoci bene, fino a che punto era riuscita a fare di me il suo schiavo!Al nostro progetto di matrimonio si opponevano sia la mia famiglia che la sua. La mia, perch suo padre e suo nonno erano morti in manicomio; e la sua, perch, certamente, non ero un partito n ricco n nobile. Una sua sorella, molto pi anziana di lei, aveva sposato un semplice medico condotto, Peters, di Taunton, e questa cosiddetta "msalliance" rendeva doppiamente detestabile, agli occhi dei suoi parenti, l'idea della cosiddetta "msalliance" con me. Ma n le loro minacce n le loro preghiere potevano spegnere la passione di Clodagh. Che fiamma, tutto sommato, era Clodagh! A volte mi faceva paura.Non era pi tanto giovane: aveva cinque anni pi di me, e cinque anni pi di suo nipote, nato dal matrimonio di sua sorella con quel Peters di Taunton. Questo nipote era Peter Peters, gi prescelto per partecipare alla spedizione del "Boreal" nelle vesti di medico, botanico e aiuto meteorologo.Quel giorno, non erano passati nemmeno cinque minuti dal mio arrivo a casa di Clodagh, che gi gliel'avevo detto:"Il dottor Clark... ahi ah!... venuto a casa e mi ha parlato della spedizione... dice che se qualcosa dovesse capitare a Peters, sceglierebbe subito me al suo posto... ha fatto un sogno assurdo...".Mentre dicevo queste parole, mi sentivo sempre pi consapevole della mia "malvagit", la mia subdola malvagit. Ma sarebbe stato per me pi facile volare che trattenerla.Clodagh, in piedi presso la finestra, con una rosa accanto alla faccia, rimase un minuto senza rispondere; vedevo di profilo il suo viso florido, immobile e leggermente chino a odorare il fiore; infine disse, con uno di quei suoi scatti freddi e rapidi:"All'uomo che metter per primo il piede sul Polo verr certamente conferito un titolo di nobilt. Non parlo dei molti milioni... Vorrei soltanto essere un uomo!".

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  • "Non direi che la mia ambizione punti particolarmente in quella direzione" dissi io. "Sono gi abbastanza felice nel mio caldo Eden, con la mia Clodagh"."Non farmi pensare che sei un vile!" rispose lei stizzita."Perch dovresti, Clodagh? Non scritto ch'io debba desiderare di raggiungere il Polo Nord!"."Ma lo "faresti", immagino, se potessi?"."Forse... ma... non ne sono sicuro. Dobbiamo sposarci..."."Sposarci, certo! Sarebbe il solo modo di trasformare queste nozze, per i miei quasi un'avventura biasimevole, in un evento dieci volte trionfante"."Nel caso che fossi "io" a raggiungere per primo il Polo; ma ce ne sono tanti, in una..."."Per "me" lo farai, Adam...".""Lo far", Clodagh?" esclamai. "Dici: "lo farai"? Ma se non c' nemmeno l'ombra di una possibilit...!"."Perch mai? Mancano ancora tre settimane alla partenza. Ho sentito dire...".Rimase un attimo in silenzio."Hai sentito dire che cosa?".Soggiunse a voce bassa:"Che Peter prende l'atropina".Ah! Mi alzai di scatto; lei si mosse dalla finestra e si sedette in una poltrona a dondolo, a sfogliare un libro, senza leggerlo; cos rimanemmo zitti, lei e io. Ero in piedi, la guardavo, e lei sfogliava col pollice l'orlo delle pagine; poi ricominciava, pensosa, e infine lasci scappare una risatina secca, folle."Perch hai fatto quel salto quando ti ho parlato dell'atropina?" mi domand, leggendo distrattamente."Io! Io non ho fatto nessun salto, Clodagh! Da dove ti viene quest'idea? Non ho fatto nessun salto! Clodagh, chi ti ha detto che Peters prende l'atropina?"."E' mio nipote: se non lo so io. Ma non fare quella faccia sgomenta, assurdo; non ho alcuna intenzione di avvelenarlo per vederti diventare multimilionario, e pari del regno..."."Ma, mia cara Clodagh!"."Non mi costerebbe mica tanto, per. Verr tra poco... con Mister Wilson, questa sera".Wilson era l'elettrotecnico della spedizione.

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  • "Clodagh," dissi "credimi, questi scherzi non mi piacciono"."Davvero?" rispose, con quel suo gesto orgoglioso, torcendo la gola. "Allora cercher di essere pi squisita. Ma certo, non era che uno scherzo. Oggid nessuno trova ammirevoli le donne che fanno queste cose"."Ah! ah! ah!... oggid nessuno trova ammirevoli... Clodagh! Insomma, meglio cambiare argomento...".Ma ormai Clodagh non riusciva a parlare d'altro. Quel pomeriggio volle che le raccontassi la storia delle molte spedizioni polari degli ultimi anni, fin dove erano arrivate, con quali mezzi, perch erano fallite; i suoi occhi brillavano, mi ascoltava avidamente. E' vero che gi prima si era interessata del "Boreal", del suo corredo e delle sue forniture, conosceva diversi membri della spedizione; ma adesso, improvvisamente, il suo interesse sembrava divampare, come se la notizia della visita di Clark le avesse acceso in corpo la febbre artica.Ricordo ancora l'ardore del suo bacio, quando poco prima di sera riuscii a liberarmi dalle sue braccia. Tornai a casa con un peso nel cuore.Bene; verso mezzanotte, da casa del dottor Peter Peters, che abitava nella mia strada quasi dirimpetto a me, venne il cameriere a chiamarmi, perch il dottore stava molto male; andai di corsa e non appena vidi il suo allegro delirio e le sue pupille dilatate capii che era in preda a un avvelenamento da atropina.Wilson, l'elettrotecnico, che aveva trascorso la serata con lui in casa di Clodagh a Hanover Square, ed era rimasto accanto a lui, mi domand:"Ma che diavolo ha?"."E' avvelenato" risposi."Dio! Atropina, non vero?"."Calmati: credo che se la caver"."Ne sei proprio sicuro?"."S, Wilson... purch smetta di prendere quella droga"."Come! Lui stesso si avvelenato?".Dopo un attimo di esitazione, gli dissi:"Ha il vizio dell'atropina".Rimasi l per tre ore, e Dio sa se non feci di tutto per salvarlo; quando me ne andai, nel buio, poco prima dell'alba, avevo la coscienza a posto.Dormii fino alle undici, e poi ritornai subito al suo capezzale; c'erano nella stanza una delle mie due infermiere e Clodagh, la quale, quando mi vide arrivare, si port un dito sulle labbra e mi sussurr: "Zitto! Sta dormendo...".

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  • Poi mi si avvicin all'orecchio e soggiunse:"Ho saputo la notizia stamattina presto... sono venuta per stargli accanto, fino... fino alla fine...".Ci guardammo a lungo, negli occhi, fissamente, lei e io; ma io abbassai lo sguardo prima di lei. Avevo una parola sulla punta della lingua, ma non la dissi.Insomma, la guarigione di Peters non fil cos liscia come avevo previsto. Dopo una settimana di cure, era ancora molto gi; allora dissi a Clodagh:"Senti, la tua presenza accanto al suo capezzale, non so perch, mi da fastidio, alle volte... mi sembra cos superflua"."Superflua, certamente" rispose lei. "Ma mi sempre piaciuto fare l'infermiera, e mi appassiona assistere alle lotte dell'organismo. Perch ti opponi?"."Oh, non so... E' un caso che non mi piace per niente: spesso mi vien voglia di lasciarlo perdere"."E allora, lascialo perdere"."E tu pure... torna a casa, torna a casa, Clodagh!"."Ma "perch"! Non so che male faccio. In questi tempi di "corruzione delle classi alte", e di decadenza romana in ogni cosa, voi giusti che lottate contro corrente non dovete appunto incoraggiare ogni forma di capriccio innocente? Mi procura un piacere sensuale, scherzare con le droghe; come Elena, d'altronde, e Medea, e Calipso, e le grandi donne dell'antichit, che tutte si interessavano di chimica. Studiare la nave umana scossa dalla tempesta, il lento dramma del suo naufragio... E vorrei che tu ti abituassi a concedermi i miei piccoli capricci...".Mi carezz i capelli, con un gesto cos altezzosamente scherzoso che riusc a placarmi; ma in quello stesso momento lanciai uno sguardo sul letto disfatto, e vidi che il malato stava veramente molto male.Ancora oggi, mi viene la nausea a parlarne! Lucrezia Borgia, ai suoi tempi, forse sar sembrata eroica; ma Lucrezia in questo secolo! Viene da vomitare, perfino il cuore...Quell'uomo peggiorava sotto i nostri occhi, veramente. Cos pass un'altra settimana. Una sera, quando mancavano soltanto dieci giorni alla partenza della spedizione, Wilson, l'elettrotecnico, era seduto accanto al letto di Peters, e io arrivai, proprio mentre Clodagh si accingeva a somministrare una dose di medicina al malato; ma quando mi vide entrare lasci il bicchiere con la pozione sul tavolino da notte, e mi si fece incontro. In quel momento osservai qualcosa che fu per me come una coltellata: Wilson

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  • prese il bicchiere che Clodagh aveva lasciato, lo alz alla luce, lo guard, lo annus; e tutto questo di soppiatto, con una specie di subdola prestidigitazione, e uno sguardo di sbieco, e un'espressione meschina che soltanto volevano dire, cos mi parve, sospetto...Clark veniva tutti i giorni. Anche lui aveva la laurea in medicina, e fu in quei giorni che tenemmo un consulto, con Alleyne di Cavendish Square, sul caso di Peters, il quale ormai giaceva in uno stato semicomatoso, interrotto soltanto da violentissimi vomiti; non sapevamo che cosa pensarne. Io attestai formalmente che il malato prendeva atropina, e che il suo primo avvelenamento era stato provocato da questa droga; ma i sintomi che presentava adesso difficilmente potevano far pensare all'atropina; piuttosto a qualche altro veleno vegetale, o a un insieme di veleni, non chiaramente identificabili."Che cosa misteriosa" mi disse Clark quando Alleyne se ne and.""Io" non ci capisco niente" risposi."Chi sono le due infermiere?"."Oh, persone che conosco, altamente qualificate!"."In ogni caso, Jeffson, quello che ho sognato di te si avverato. Mi sembra ovvio che Peters ormai non pu venire".Mi strinsi nelle spalle."Perci ti invito ufficialmente a prendere parte alla spedizione" disse Clark. "Accetti?".Di nuovo mi strinsi nelle spalle."Bene, se questo vuol dire che accetti," disse lui "ti ricordo che mancano solo otto giorni, e che in questi otto giorni dovrai fare un mucchio di cose".Questo dialogo si svolgeva nella sala da pranzo, in casa di Peters; uscendo, vidi Clodagh che si allontanava, come scivolando, rapidamente, per il corridoio.Io non le dissi una parola dell'invito di Clark; eppure mi domandavo spesso: lo sapeva? Non aveva forse "ascoltato", e udito?Comunque fosse, verso mezzanotte, inaspettatamente, Peters apr gli occhi, sorrise; il giorno dopo, a mezzogiorno, la sua grande vitalit, la stessa vitalit che lo faceva specialmente adatto a una spedizione artica, aveva preso il sopravvento; lo trovai appoggiato su un gomito, occupato a chiacchierare con Wilson; a parte la pallidezza del viso e certi dolori forti allo stomaco, non si sarebbe detto che era stato cos vicino alla morte. Per i dolori gli prescrissi compresse di un centigrammo e mezzo di solfato di morfina, e me ne andai.

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  • Orbene, David Wilson e io non ci eravamo mai voluti molto bene, e fu appunto lui, quello stesso giorno, a provocare una situazione piuttosto imbarazzante tra Peters e me: gli raccont cio che io avrei preso il suo posto nella spedizione.Peters era molto permaloso, e subito fece scrivere una lettera di protesta indirizzata a Clark; Clark mi sped la lettera di Peters, con accanto un grosso punto interrogativo tracciato con una matita rossa.Dal momento che Peters aveva gi fatto tutti i preparativi per il viaggio, ed io no, e inoltre gli rimanevano cinque giorni di tempo per rimettersi in salute, scrissi a mia volta a Clark per dirgli che, naturalmente, il fatto che la situazione si fosse capovolta annullava la mia accettazione della sua proposta, per quanto fossi gi incorso nell'imbarazzante disagio di dover negoziare con un "locum tenens".Cos era deciso: Peters sarebbe andato, e io sarei rimasto. Il quinto giorno prima della partenza era un venerd, il 15 giugno; al mattino trovai Peters seduto nella poltrona, in eccellente disposizione d'animo, ma col polso ancora leggermente febbrile, e gli stessi dolori allo stomaco; ora gli somministravo tre compresse di morfina al giorno. Quella sera stessa, verso le undici, tornai a casa sua: stava fumando un sigaro e conversando con Clodagh.Clodagh mi disse:"Ti aspettavamo, Adam: non sapevo se fargli o no un'iniezione stasera. Che ne dici: s o no?"."Lei che ne dice, Peters?" domandai."Non so, forse mi converrebbe un altro centigrammo o due" rispose. "Ogni tanto continua a venirmi questo dolore allo stomaco"."Allora, un centigrammo e mezzo, Clodagh" ordinai.Mentre apriva la scatoletta della siringa, lei disse come imbronciata:"Il nostro malato fa il cattivo! Ha preso un'altra volta l'atropina".Mi arrabbiai molto."Peters!" gli gridai. "Lei sa bene che non ha il diritto di fare una cosa simile senza consultarmi! Lo rifaccia ancora una volta, e non mi occupo pi di lei, lo giuro!"."Sciocchezze!" disse Peters. "Perch se la prende cos? Un pizzichino da nulla... ne sentivo il bisogno"."Se l' iniettata da s" soggiunse Clodagh...La scatoletta foderata di velluto stava sul tavolino; Clodagh l'aveva aperta, aveva preso la siringa e la fiala con le pasticche di morfina, ed era andata

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  • verso la mensola del camino per sciogliere una pasticca nell'acqua distillata; ci voltava le spalle, e cos rimase a lungo. Io ero in piedi; Peters nella sua poltrona, fumava; Clodagh chiacchierava di un "bazaar" o asta di beneficenza che aveva visitato quel pomeriggio...Rimase a lungo, s, e nel frattempo, in un angolo della mia mente, sorgeva la folle domanda: "Perch "tanto" tempo?"."Ahi che fitta!" disse Peters. "Lascia perdere la festa di beneficenza, zia, e sbrigati con la morfina".A un tratto mi prese l'impulso irresistibile di balzare su di lei e toglierle dalle mani siringa, compresse, fiala e tutto. "Avrei dovuto" farlo... ero gi pronto a farlo, il mio corpo cominciava gi a muoversi, quando in quel momento, dalla porta che era aperta dietro di me, una voce disse:"Allora, come va?".Era Wilson, l'elettrotecnico; con la velocit del lampo ricordai la sfumatura di sospetto che una volta avevo scorta nei suoi occhi... Oh, insomma, non volevo, non potevo! Io la amavo... Rimasi impietrito.Clodagh and verso Wilson tendendogli sinceramente la destra, mentre con la sinistra reggeva la fragile fiala dell'iniezione; i miei occhi, fissi sulla sua faccia, la vedevano cos rassicurante, cos piena di libera innocenza, che alla fine pensai: "Devo essere impazzito!".Poi segu una conversazione delle pi normali, mentre Clodagh rimboccava la manica di Peters, si inginocchiava e gli faceva la puntura nel braccio; quando si rialz, ridendo di qualcosa che aveva detto Wilson, la fiala con la droga le cadde dalle mani, e per un caso, a quanto sembrava, and a finire sotto il tacco della sua scarpa, frantumandosi. Mentre rimetteva la siringa tra molte altre simili sulla mensola, osserv di nuovo, con lo stesso broncio di prima:"Il malato ha fatto il cattivo, Mister Wilson... ha preso atropina, un'altra volta"."Impossibile! Davvero?" disse Wilson."Oh lasciatemi in pace, voi tutti" rispose Peters. "Non sono un bambino".Queste furono le ultime parole intelligibili che pronunci: mor poco prima dell'una del mattino, per avvelenamento da atropina, nonostante tutta la morfina - antidoto dell'atropina - che aveva in corpo.Da quell'ora fino al momento in cui il "Boreal" si mosse, con me a bordo, verso la foce del Tamigi, tutto fu per me un sogno disordinato, del quale non mi rimane quasi alcun ricordo. Rammento soltanto che nel corso dell'inchiesta mi fecero testimoniare che Peters si era iniettato lui stesso

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  • l'atropina; siccome la mia dichiarazione venne confermata da Wilson e da Clodagh, il verdetto era prevedibile.E mescolate a tutto quel caotico trambusto di preparativi, ricordo due sole altre cose, ma molto chiaramente.La prima - e la pi importante - la valanga di parole che udii dalle labbra sonore di Mackay quella domenica sera, a Kensington. Che cosa mi avr spinto quella domenica, con tutto quel che avevo da fare, in quel locale? Chiss, forse lo so.Ero l seduto ad ascoltare, ed molto strano come mi si stamp nella mente un brano del suo discorso quando, trascinato dal furore profetico, proclam:"E cos come la prima volta all'abuso di potere fece seguito il disastro immediato e illimitato, cos questa volta avverto l'intero equipaggio dell'umanit di non aspettarsi altro da Dio, d'ora in poi, che un cielo irritato, tuoni e tempeste".E l'altra cosa che ricordo di quel tumulto di dubbi e di corse: che proprio quando il "Boreal" cominci a muoversi con la marea del pomeriggio, mi misero nelle mani un telegramma: un ultimo messaggio di Clodagh, con queste sole parole: "Sii il primo - per Me"; e io mi dissi: "La donna mi diede il frutto dell'albero, e io lo mangiai".

    ***

    Il "Boreal" lasci il molo di Saint Katherine, con un tempo splendido, il pomeriggio del 19 giugno, carico di speranze, diretto al Polo.Su tutti i moli attorno una folla di teste si stendeva fino a perdersi nella lontananza innumerevole, e lungo il fiume, gi fino a Woolwich, un continuo vociare e mormorare di api ronzava sulle due rive come a incoraggiare il nostro viaggio.La spedizione era in parte un'impresa di Stato, sovvenzionata dal governo; e non avrebbero potuto trovare una nave pi adatta del "Boreal", solida pi di qualsiasi nave da guerra, capace di speronare dieci metri di borgognoni di ghiaccio, con provviste di carne disseccata, baccal, pesce affumicato e roba del genere sufficienti a mantenerci per sei anni almeno.C'erano diciassette uomini a bordo; i cinque direttori (per cos dire) dell'impresa eravamo: Clark (il nostro capo), John Mew (comandante), Aubrey Maitland (meteorologo), Wilson (elettrotecnico), e io (medico, botanico e aiuto meteorologo).

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  • Avevamo l'intenzione di navigare verso est fino a raggiungere una longitudine tra i 100 gradi e i 120 gradi; immetterci poi nella corrente nordica; avanzare e allo stesso tempo lasciarci trascinare verso nord; e una volta giunti alla banchisa, lasciare la nave (tre di noi, forse quattro, con gli sci), e con l'aiuto di slitte trainate da cani e da renne puntare verso il Polo.Era lo stesso piano dell'ultima spedizione - quella del "Nix" - e anche delle altre; la sola differenza stava nel fatto che, nei confronti del "Nix", il "Boreal" era una nave pi svelta e pi squisitamente disegnata.Il viaggio si svolse senza incidenti fino alla fine di luglio, quando ci imbattemmo in una quantit di massi di ghiaccio portati dalla corrente. Il primo agosto arrivammo a Kabarova, dove incontrammo la nostra nave carboniera, e caricammo una certa quantit di carbone, in caso di emergenza: il nostro propellente vero e proprio era l'aria liquida; oltre al carbone, prendemmo a bordo quarantatr cani, quattro renne, e il mangime per le renne. Due giorni dopo volgemmo finalmente la prora verso nord, o piuttosto verso nordest; sotto un vento frizzante attraversammo a vela e aria liquida una distesa di borgognoni "sciolti" ma fitti, e infine il 27 agosto ormeggiammo accanto a un grosso lastrone di ghiaccio di fronte all'isola desolata di Tajmyr.La prima cosa che vedemmo fu un orso, sulla costa, intento a pescare pesciolini; subito dopo, Clark, Mew e Lamburn (meccanico) scesero a riva con la scialuppa. Io e Maitland li seguimmo con la prania; ciascun gruppo portava tre cani.Mentre ci arrampicavamo sui fianchi dell'isola, Maitland mi disse:"Quando Clark lascer la nave per raggiungere il Polo, porter con s tre di noi, non due, a quanto pare; cos, saranno in quattro".Io: "Davvero? Ma chi l'ha detto?".Maitland: "Wilson ne sicuro. Sembra che gliel'abbia detto Clark".Io: "Bene, meglio in quattro che in tre. E chi hanno scelto?".Maitland: "Wilson quasi certamente, ed probabile che il terzo sia Mew. Quanto al quarto, scommetto che non sceglieranno me".Io: "Meno probabile ancora che scelgano me".Maitland: "Comunque, la gara tra noi quattro: Wilson, Mew, tu e io. Bisogna calcolare la resistenza fisica dell'individuo, e inoltre la sua preparazione scientifica. Tu sei un tipo troppo fortunato in tutto, Jeffson, perch ti lascino fuori".Io: "Insomma, che importanza ha, purch la spedizione abbia successo! Questo quel che conta".

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  • Maitland: "Oh, tutti bei discorsi! Ma non ti sembra piuttosto un eccesso di affettazione, fingere di disprezzare 175 milioni di dollari? Io "voglio" essere presente, nel momento culminante, e ci sar, se mi lasciano"."Guarda!" sussurrai "un orso".Era una femmina, con il suo orsacchiotto; con passo pesante e ostinato si avvicinava, dondolando la testa bassa: indubbiamente aveva sentito l'odore dei cani. Ci separammo immediatamente e ci andammo a nascondere dietro ai macigni di ghiaccio, aspettando che l'animale si avvicinasse alla costa, prima di ucciderlo; ma proprio mentre le passavo vicino, l'orsa mi vide, avanz verso di me al trotto, e io le ficcai una pallottola nel collo; immediatamente, ruggendo, si rivolt e si mise a correre in direzione di Maitland. Lo vidi uscire dal suo nascondiglio, a quasi cento metri di distanza, e puntare col fucile; ma non udii sparo alcuno; mezzo minuto dopo lo scorsi sotto la bestia, che con rapide zampate teneva a bada i cani; questi abbaiavano, ma non osavano avvicinarsi. Maitland urlava chiedendo aiuto; e in quel momento io, povero disgraziato, angosciato pi di lui, mi misi a tremare come un malato: perch in quello stesso istante era scoppiata nel mio petto la solita disputa tra le due voci del mio destino, e una mi ordinava di correre in aiuto di Maitland, e l'altra mi comandava appassionatamente di non muovermi. Penso che la lotta sar durata qualche secondo soltanto; poi mi precipitai, e colpii l'orsa di nuovo, questa volta alla testa; Maitland si alz di un balzo, con la faccia sfregiata.Sorte singolare, per! Qualunque cosa facessi - bene, male - il risultato era sempre lo stesso: scura e sinistra tragedia! Il povero Maitland era gi condannato, in quel viaggio, e il fatto di averlo salvato non ebbe altra conseguenza che quella di portarlo pi sicuramente alla morte.Credo di aver gi parlato di un tale chiamato Scotland, che avevo conosciuto a Cambridge, il quale stava sempre a discorrere di certi esseri "Neri" e "Bianchi", e di come si contendevano la terra; orbene, a questo riguardo, ho un'idea, quasi un capriccio della fantasia, che vorrei riportare qui; in poche parole, sia i "Bianchi" sia i "Neri", sapevano benissimo che - come nel caso di "Adamo" e dell'"albero" - se l'umanit riusciva in qualche modo ad aprirsi la strada fino al Polo, infrangendo l'antico misterioso divieto, certamente una grande disgrazia avrebbe colpito l'intera razza umana; perci i "Bianchi", per proteggere gli uomini, non volevano che questo avvenisse, e per il bene della razza umana erano decisi a distruggere tutti i membri della spedizione prima che essi raggiungessero la meta; ma i "Neri", consapevoli di questa decisione dei "Bianchi", e

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  • anche dei mezzi che intendevano impiegare, si servirono di me - di "me" - per sventare questo piano; e in primo luogo facendo in modo ch'io fossi uno dei quattro designati.Ma il puerile tentativo, santo cielo, di leggere...! Il Nero-e-Bianco di Scotland roba da ridere! La cosa non cos semplice.Dunque, quel giorno stesso lasciammo l'isola di Tajmyr, e dicemmo addio sia alla terra che al mare aperto. Fino all'altezza del Capo Celjuskin (che non riuscimmo ad avvistare), non fu che un succedersi di cinture di ghiacci; Mew stava tutto il giorno nella coffa di vedetta, a torturare il campanello elettrico della sala macchine - l'ancora era sempre pronta - mentre Clark scandagliava il mare. Avanzavamo molto lentamente, e lentamente ci avvolgeva la notte polare, a mano a mano che ci aprivamo una strada sempre pi difficile attraverso quel mondo azzurro e scintillante di ghiacci; ormai avevamo rinunciato alle coperte di pelle di renna e dormivamo nei sacchi a pelo; verso il 25 settembre otto cani erano gi morti, e la temperatura era bassissima. Nella zona pi buia della nostra notte, l'aurora polare stendeva su di noi il suo solenne gonfalone, facendo tremare sul firmamento il suo milione di mutevoli vistose frange.Nel frattempo, le relazioni tra i membri del nostro piccolo equipaggio continuavano a essere eccellenti; con una sola eccezione: David Wilson e io non ci volevamo bene.C'era stato qualcosa - il tono della voce - nella sua dichiarazione durante l'inchiesta su Peters, che mi faceva infuriare, ogni volta che ci pensavo. Lui sapeva benissimo che Peters aveva ammesso di aver preso atropina di nascosto, ed era stato costretto a dichiararlo alle autorit; ma l'aveva detto con tanta reticenza, che a un certo punto l'istruttore gli aveva chiesto: "Mister Wilson, lei non mi nasconde qualcosa?". Da quel giorno, credo, non ci eravamo detti pi di dieci parole, nonostante la nostra forzata intimit sulla nave. Una volta che ero solo sopra un lastrone di ghiaccio, mi udii che fischiavo tra i denti: "Se quello l osasse sospettare che Clodagh ha avvelenato Peters, potrei perfino "ucciderlo"...".Fino a 78 gradi di latitudine il tempo si era mantenuto splendido, ma la notte del 7 ottobre - me ne ricordo fin troppo bene - si scaten una tremenda tempesta. La nostra nave rollava come un'altalena, gli alti marosi ricadevano sui cani piagnucolanti, ormai inzuppati, e sbattevano da tutte le parti gli attrezzi sopra coperta; la scialuppa venne strappata via, e a un certo punto la temperatura si abbass fino a 40 gradi sotto zero, mentre nel cielo il vento scapigliava l'aurora boreale, in un ammasso di colori che

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  • faceva pensare alla tavolozza di un Raffaello furioso o a una confusa mischia di serafini dai manti variopinti, e sembrava il simbolo stesso della tribolazione, della tempesta, del naufragio e della pazzia. Io, per la prima volta, soffrii di mal di mare.Avevo perci la mente veramente annebbiata, quando finii il mio turno di guardia e mi gettai sulla mia cuccetta. Mi addormentai presto; ma il rollio e le scosse della nave, aggiunti al pesante "anorak" groenlandese che avevo indosso, e al mio deplorevole stato fisico, contribuirono a provocarmi un incubo terribile, nel quale ero consapevole degli sforzi vani che facevo per muovermi, e anche per respirare, perch il sacco a pelo era diventato un "iceberg" sul mio petto. In sogno vedevo Clodagh, che versava gocce di un liquido rosso come i semi del melograno in un bicchiere di pappa di cereali, eppoi offriva il bicchiere a Peters. La bevanda, lo sapevo, era velenosa come la morte; e nello sforzo per spezzare i lacci del mio buio torpore, mi sentivo gridare