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STORIA DELL’ORDINE Eco dei Barnabiti 2/2016 19 N ella Grande Guerra ben triste risultava la condizio- ne dei cosiddetti “preti soldati”: termine quest’ultimo entra- to nel linguaggio corrente, ma im- proprio per il fatto che molti eccle- siastici in grigio-verde non erano ancora sacerdoti, ma diaconi, semi- naristi, novizi, chierici professi, con- versi, postulanti. Così il Cappellano militare del Comando Supremo, il barnabita P. Giovanni Semeria, li descriveva: «Sono circa trentamila questi igno- rati uomini di sacrificio, che soffrono umilmente senza protestare e senza essere degnati nemmeno di qualche speciale considerazione al riguardo. È vero che la maggior parte di loro sono stati adibiti a servizi sanitari, ma è anche vero che non si è affatto provveduto a tutelare la dignità di un Carattere, che meritava specialis- simo rispetto, anche per l’onore del- la Nazione. L’Inghilterra, gli Stati Uniti, e persino la Turchia, hanno trattato ben diversamente i sacerdo- ti, e altrettanto sarebbe stato in Fran- cia se la maledetta “separazione” non avesse violato il celebre concor- dato. Ma le recriminazioni sono quasi sempre inutili, e sovente dan- nose, dunque passiamo ad altro. Noi volevamo far notare a chi non lo ha notato affatto, o a chi lo ha nota- to troppo poco, che questa falange di uomini preti merita tanto maggio- re considerazione, quanto minore è per essi la possibilità di essere osser- vati ed apprezzati. Infatti il Cappellano è facilmente “visibile” a tutti – ufficiali e soldati – e le sue virtù e i suoi eroismi possono agevolmente conoscersi e premiarsi come meritano. Ma il povero solda- to, chi lo vede? Lo chiamano “imbo- scato”, lo confondono con i “pappi- ni”; tutti – ufficiali e truppa – preten- dono che ubbidisca sempre e non faccia mai valere le sue ragioni: i pri- mi perché è inferiore, i secondi per- ché è prete e perciò paziente e sotto- messo. E il povero prete soldato lavo- ra, soffre e tace. Una severa e giusta legge canonica gli proibisce di “chie- dere” l’onore del combattimento; una blanda e incongruente legge umana non osa comandarglielo, come non osa comandargli di ascendere al gra- do di ufficiale, mentre ne avrebbe tutti i requisiti, ma intanto lo arruo- la forzatamente come soldato. Il povero prete ha veduto così passargli avanti tutti i commilitoni, più giovani e meno dotti, ed egli ne è diventato “subalterno” rimanendo nell’infimo grado, confu- MISERICORDIAE VULTUS DON ELISEO M. COROLI “IL PRETE SOLDATO” Nell’Anno della Misericordia non si possono dimenticare tanti giovani preti soldati della Congregazione dei Chierici Regolari di San Paolo, Barnabiti, che nella Grande Guerra pagarono a caro prezzo la fedeltà alla veste religiosa e alla divisa militare. Tra di essi, Eliseo Coroli (1900-1982). Le sue lettere dalle retrovie non svelano la mediocrità di uno spirito renitente al servizio della Patria quanto i battiti di un’anima che non si stanca di combattere i propri nemici interiori per conservare le sue “solite” tre virtù: pietà, obbedienza, amore. Oggi Servo di Dio – ricordato come il “Vescovo della gioia” (prelato del Guamá in Brasile, diocesi di Bragança do Pará, e fondatore della Pia Unione delle missionarie di Santa Teresina) –, mons. Coroli, riferendosi alla Vergine Maria, ci ricorda ancora l’anelito del suo cuore: «Un sorriso continuo per un continuo atto d’infinito amore». Nel Volto del Crocifisso si legge il Volto misericordioso di Dio e dei fratelli e dalla ferita del costato si riversa nel calice la Sua divina misericordia Disegno di P. Enrico Sironi ©

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STORIA DELL’ORDINE

Eco dei Barnabiti 2/2016 19

Nella Grande Guerra bentriste risultava la condizio-ne dei cosiddetti “preti

soldati”: termine quest’ultimo entra-to nel linguaggio corrente, ma im-proprio per il fatto che molti eccle-siastici in grigio-verde non eranoancora sacerdoti, ma diaconi, semi-naristi, novizi, chierici professi, con-versi, postulanti. Così il Cappellanomilitare del Comando Supremo, ilbarnabita P. Giovanni Semeria, lidescriveva:

«Sono circa trentamila questi igno-rati uomini di sacrificio, che soffronoumilmente senza protestare e senzaessere degnati nemmeno di qualchespeciale considerazione al riguardo.È vero che la maggior parte di lorosono stati adibiti a servizi sanitari,ma è anche vero che non si è affattoprovveduto a tutelare la dignità diun Carattere, che meritava specialis-simo rispetto, anche per l’onore del-la Nazione. L’Inghilterra, gli StatiUniti, e persino la Turchia, hannotrattato ben diversamente i sacerdo-ti, e altrettanto sarebbe stato in Fran-cia se la maledetta “separazione”non avesse violato il celebre concor-dato. Ma le recriminazioni sonoquasi sempre inutili, e sovente dan-nose, dunque passiamo ad altro.Noi volevamo far notare a chi non lo

ha notato affatto, o a chi lo ha nota-to troppo poco, che questa falangedi uomini preti merita tanto maggio-re considerazione, quanto minore èper essi la possibilità di essere osser-vati ed apprezzati.Infatti il Cappellano è facilmente

“visibile” a tutti – ufficiali e soldati –e le sue virtù e i suoi eroismi possonoagevolmente conoscersi e premiarsicome meritano. Ma il povero solda-to, chi lo vede? Lo chiamano “imbo-scato”, lo confondono con i “pappi-ni”; tutti – ufficiali e truppa – preten-dono che ubbidisca sempre e nonfaccia mai valere le sue ragioni: i pri-mi perché è inferiore, i secondi per-ché è prete e perciò paziente e sotto-messo. E il povero prete soldato lavo-ra, soffre e tace. Una severa e giustalegge canonica gli proibisce di “chie-dere” l’onore del combattimento; unablanda e incongruente legge umananon osa comandarglielo, come nonosa comandargli di ascendere al gra-do di ufficiale, mentre ne avrebbetutti i requisiti, ma intanto lo arruo-la forzatamente comesoldato. Il povero preteha veduto così passargliavanti tutti i commilitoni,più giovani e meno dotti,ed egli ne è diventato“subalterno” rimanendonell’infimo grado, confu-

MISERICORDIAE VULTUSDON ELISEO M. COROLI

“IL PRETE SOLDATO”Nell’Anno della Misericordia non si possono dimenticare tanti giovani preti soldati dellaCongregazione dei Chierici Regolari di San Paolo, Barnabiti, che nella Grande Guerra pagaronoa caro prezzo la fedeltà alla veste religiosa e alla divisa militare. Tra di essi, Eliseo Coroli(1900-1982). Le sue lettere dalle retrovie non svelano la mediocrità di uno spirito renitente alservizio della Patria quanto i battiti di un’anima che non si stanca di combattere i propri nemiciinteriori per conservare le sue “solite” tre virtù: pietà, obbedienza, amore. Oggi Servo di Dio– ricordato come il “Vescovo della gioia” (prelato del Guamá in Brasile, diocesi di Bragança doPará, e fondatore della Pia Unione delle missionarie di Santa Teresina) –, mons. Coroli,riferendosi alla Vergine Maria, ci ricorda ancora l’anelito del suo cuore: «Un sorriso continuoper un continuo atto d’infinito amore».

Nel Volto del Crocifisso si legge il Volto misericordioso di Dio edei fratelli e dalla ferita del costatosi riversa nel calice la Sua divinamisericordia

Disegno di P. Enrico Sironi ©

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Page 2: MISERICORDIAE VULTUS DON ELISEO M. COROLI … del Comando Supremo, il barnabita P. Giovanni Semeria, li descriveva: «Sono circa trentamila questi igno-rati uomini di sacrificio, che

so con quei poveri ignoranti di sol-dati – non è un’offesa, ma una ama-ra constatazione – che nella lororozzezza, vedendolo accomunatocon loro, ne disprezzeranno incon-sciamente il Carattere sacerdotale,come talvolta “coscientemente” lodisprezza qualche superiore di “pri-mo… o di antico pelo”. Se non fossela carità di Cristo, questi umili eroidel dovere, non potrebbero reggerea tanto disdoro. Abbiamo visto – equanti li avranno visti!! – dotti e ve-nerandi religiosi, parroci, professori,canonici, e persino vicari generali –esercitare i più umili uffici – nono-stante le inadempiute circolari – nel-le corsie d’ospedale, nelle cucine,nei vagoni ferroviari, nelle “sussi-

stenze”, nelle trincee; li abbiamo vi-sti piangere di amarezza, ed abbia-mo voluto piangere con loro. Un ca-nonico umbro trascinava faticosa-mente per Roma un carrettino dibiancheria sudicia; un professorelucchese “ramazzava” le immondi-zie in una stazione nel Veneto, un al-tro riceveva gli insulti di un ufficialet-to perché nel portare un pesantesacco sulle spalle aveva dovuto fer-marsi un po’ per riposarsi; un grup-po di preti, tutti sudici di calce e difango, stavano ripulendo un trincera-ne, da ogni sorta di detriti; ma sa-rebbe troppo lungo continuare laenumerazione. E gli eroismi, i veri epropri eroismi di guerra, non ci sonostati e non ci sono forse in gran nu-mero anche in questi misconosciutisoldati preti? Basta scorrere l’elencodelle ricompense per constatarlo; esi noti che le ricompense per essi so-no più difficili; perché i loro atti divalore il più delle volte sfuggono,confusi nella massa. Onore dunqueai confratelli preti soldati! Felice chipotrà far loro un po’ di bene solle-vandoli, difendendoli, confortandoli.E specialmente beati voi, o confratel-li Cappellani, che, posti dalla Provvi-denza in una condizione privilegia-ta, avete modo di esercitare le primi-zie della vostra carità fraterna, con icari preti soldati, attuando a loro ri-guardo il sublime “Charitas Christiurget nos”! Sì: consoliamoli, aiutia-moli il più possibile questi poveri di-menticati; il sorriso fraterno rendameno triste la loro amarezza; l’affet-to cristiano renda meno umiliante laloro condizione; e tutti – amici e av-versari – vedano che per noi sacer-doti non vi è distinzione di grado,ma unione di famiglia, perché tuttifratelli in quella schiera cui disse Ge-sù: “Euntes in mundum universum,docete omnes gentes… servare om-nia quaecumque mandavi vobis”»(«Il prete al campo», Anno IV, n° 18,16 settembre 1918, pp. 205-206).

Eliseo Coroli: Signor sì!

Dopo avere terminato l’anno cano-nico di Noviziato al Carrobiolo diMonza sotto la guida dei PP. Alessan-drini e Castelli, Don Eliseo emise laProfessione solenne dei voti il 22 no-vembre 1917 nelle mani del suo Pro-vinciale P. Luigi Manzini. Subito do-po si recò a Lodi per gli studi liceali,

ma ben presto dovette interromperlia causa della guerra.Venne infatti arruolato come sol-

dato semplice il 21 aprile 1918 edassegnato al 23° Reggimento di Fan-teria con sede a Oleggio, CampoGhemme-Lizzano. Il 2 gennaio 1920fu trasferito a Novara nella Ia Compa-gnia di Sanità, con l’incarico di scrit-turale. Congedato nello stesso anno,poté così riprendere gli studi interrot-ti e conseguire il diploma di maturitàclassica presso il R. Liceo “Pietro Ver-ri” di Lodi.

lettere di un imboscatoo colloqui di un’anima?

Di lui, prete soldato, nell’ArchivioStorico Romano dei PP. Barnabiti siconserva un plico di lettere, ancoratutte inedite, indirizzate al suo Supe-riore Generale Pietro Vigorelli. Senon hanno bisogno di molti com-menti, rivelando la sua preoccupa-zione di mantenersi – anche in gri-gio-verde – “vero barnabita”, appaio-no preziose nel far parlare di sé ilgiovane chierico barnabita. Dall’esa-me puntuale della propria coscienza

STORIA DELL’ORDINE

Eco dei Barnabiti 2/201620

Ezio Lorenzini, libro autobiograficopubblicato nel 1929, che rivalutal’opera svolta durante la guerra dalprete soldato

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emergono aspetti di un’anima che sista consolidando sotto gli impulsi del-la divina grazia, tra ingenuità e can-dore, innanzi a un cammino irto diostacoli. Lanciato verso il pieno com-pimento della propria vocazione reli-gioso-sacerdotale, Don Eliseo costan-temente si interroga circa la propriafedeltà all’Eucarestia. Per questo lesue lettere non appaiono mai superfi-ciali, ma frutto di un lavorio interioreprofondo che si stava compiendonell’intimo del suo spirito pronto aisacrifici e alle rinunce di una vita reli-giosa appena iniziata. Un camminogioioso verso la santità, che se lo in-duceva ad esagerare mancanze e di-fetti lo portava però a stringersi sem-pre più ai suoi “Diletti” (i suoi Santi),a Maria Santissima, a Santa Teresa delBambino Gesù, alle Costituzioni delsuo amato Ordine dei Barnabiti.

“Eccomi qua…”

«Rev.mo Padre, anch’io eccomi quaa servire il Signore lontano dal nostrocaro Studentato. Oh!, certo, anch’ioripeto: il Signore e la mia caraMamma sono sempre bene-detti e cerco di compiere il sa-crificio con gioia e con amore.Ho detto al mio buon Gesùche la vita militare la devecompiere lui in me. A me solol’amore, la confidenza, la gio-ia. Oh! Si Padre, ho posto perbase della mia vita militare lesolite tre virtù: pietà, obbe-dienza, amore. Prima di parti-re ho rinnovate con infinitagioia le mie promesse ed imiei voti di piccola anima.Quanto alla pietà, se volessiascoltare il mio povero cuorevorrei fare le pratiche ordina-rie delle nostre Costituzioni.Benché non sia possibile fareuna meditazione raccolta, pu-re vorrei avere fisse duemezz’ore in cui raccogliermipiù del solito. Rosario, quellos’intende; tenterò di dire an-che l’Ufficio della mia Mam-ma, se non sarà possibile tut-to, certo in parte. E giacché hoil Crocifisso con le indulgenzedella Via Crucis, me ne giove-rò se mai la farò in vece dimeditazione. Certo la mentespesso l’innalzerò a Dio. E misono proposto anche 50 atti di

obbedienza e d’amore. In Studentatosono giunto a farne un’ottantina. Sitratta di fare esplicitamente per obbe-dienza e per amore dei piccoli atti. Intutto vorrei obbedire non solo a Leied agli altri miei Superiori, ma ancheai nuovi Superiori. Avrei voluto porta-re le Regole e Costituzioni, ma il Pa-dre Maestro mi consigliò di no; purecolla grazia del Signore non dimenti-cherò d’esser barnabita, e cercherò diseguire le Costituzioni più che mi saràpossibile, e di non perdere tempo. Pa-dre mi sono proposto troppo? … Hoincominciato questa nuova vita colproposito di mantenermi vero Barna-bita, di non venir meno alla mia pro-fessione, ed alle altre solenni promes-se…» (Novara, 24 aprile 1918).

“perché ti ostini a star digiuno ogni giorno fino a quest’ora?”

«Rev.mo Padre, ho ricevuto oggi lasua del 15 corrente. Grazie, Padre, deiconsigli a cui cercherò sinceramente diattenermi, e della cara benedizione.Padre, sono in ritardo a scriverle: la

causa, Padre, si è che vorrei dare ilmaggior tempo possibile agli studi, incui sono molto indietro. Però non di-

mentico la corrispondenza.Giovedì 12 corrente ho cercatodi festeggiare il SS. Nome dellamia cara Mamma. A momentiGesù non voleva venire nel miopovero cuore: veramente, uma-namente parlando, ne avrebbegran ragione; ma quella suabontà tanto grande, tanto infini-ta gli fa chiudere gli occhi sopratanti miei difetti, a tante incorri-spondenze alle sue grazie. Sonoandato dai RR. Padri Giuseppinie non ho trovato a casa nessu-no: vado dall’Arciprete e mi di-ce: “Perché ti ostini a star digiu-no ogni giorno fino a que-st’ora?” Però dopo me l’ha datoil mio Gesù… Vorrei che la San-ta Comunione avesse un frutto,un ringraziamento pratico du-rante la giornata; ma fino ades-so è stato poco o nullo. EppureGesù continua a venire in me, atrattenersi con me, a darmi,benché non la senta molto, unagran sete del suo amore di Lui.Oh, sì che li vorrei amare tanto,proprio tanto i miei Diletti, ilmio Dio!, e glielo ripeto sempreche non voglio vivere che nelsuo Cuore e per il loro Cuore…ma poi! Però Padre sono sem-pre contento, e le sue parole

STORIA DELL’ORDINE

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il giovane chierico Don Eliseo (a sinistra) poco prima della guerra

foto ricordo del seminarista diciottenne EliseoCoroli al momento del suo arruolamento (1918)

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m’incoraggiano. Sì, Padre, buona partedella mia croce, la parte più pesante, èil poco amore a Dio, la poca corri-spondenza alle sue grazie. Padre, lovoglio sopportare con pazienza, conamore, con la gioia delle piccole ani-me. Precisamente in questa settimanami sono proposto di trattenermi nellameditazione della mattina e lungo lagiornata sui pensieri di Suor Teresa cheriguardano il suo spirito d’infanzia. Ten-tazioni contro la confidenza non nemancano; la mia miseria e il demonio

vorrebbero persuadermi che per menon è vero che quanto più spererò tan-to più il Signore sarà contento e tantopiù mi darà; soprattutto è impossibiledati i grandi ed innumerevoli miei difet-ti, che i miei Diletti mi facciano vittimad’olocausto, dal loro Amore mi faccia-no raggiungere quel grado di santitàper me stabilito, mi facciano piccoloapostolo della loro gloria e del loroamore; insomma è inutile sperare tantegrazie che domando. Io mi ricordo chesono l’anima più piccolissima, che

quindi ha più diritto di carezze di Gesùe di Maria; che meriti non ne ho e tut-to aspetto unicamente dal loro infinitoamore, per il quale solo voglio vivere:mi stringo più a loro e vivo contento,cercando di allontanare ogni turba-mento di coscienza, scoraggiamento econfidenza. Carissimo Gesù, siate sem-pre benedetto. Alle volte vi piace man-dare un po’ di nuvole di temporale, dipioggia; tutto voglio prendere con gio-ia dalle vostre mani, dal vostro amore:quando mi bagnerò, anch’io verrò adasciugarmi al fuoco del vostro Amore.Sabato siamo andati ancora con lo zai-no in spalla allo stesso paese dell’altrosabato. Abbiamo avuto una mezz’oradi libertà e naturalmente sono andato afar la Santa Comunione. Dopo un cin-que o sei minuti il parroco mi viene adinvitare a bere una tazza di latte in sa-crestia: ho accettato e sono andato su-bito, poiché mancavano pochi minutiall’adunata. Mi ha dato anche un pez-zo di pane. E la povera gola andava di-cendomi che veramente non bastava(mi perdoni, Padre, se le ricordo sem-pre di questi brutti pensieri), e per casoho avuto altri due piccoli pezzetti dacompagni. Anche la preparazione allafesta di Maria Addolorata è riuscita pie-na di aridità (speriamo che non siafreddezza colpevole). Così pure nellafesta stessa; spero però che la buonaMamma, che ha sofferto tanto appun-to per amore mio, mi abbia pagataegualmente la festa, Alla sera abbiamoavuto quattro ore di libera uscita peressere il compleanno del Principe Um-berto: un’ora coi compagni chierici edil resto a studiare ed in Chiesa. Neigiorni di questa settimana non ho finitodi recitare l’Ufficio della Madonna, pernon avere saputo approfittare bene deltempo. Soprattutto alla sera, dovendoandare a letto alle otto rimango sveglioper forse un’ora, ed invece di trattener-mi col Signore, mi vengono in menteun mucchio di pensieri inutili. Padre,forse sabato partiamo per un nuovocampo, forse di nuovo a Lizzano; mase mi mandasse il Bollettino della Divi-na Provvidenza, voglia indirizzarmeloalla “Casa del Soldato – Oleggio”: lafureria non me lo darebbe» (Oleggio,19 settembre 1918).

“…gran passo indietro fattoin ogni virtù in questi ultimi mesi”

«Amatissimo Padre, anch’io voglioincominciare le lettere con questo

STORIA DELL’ORDINE

Eco dei Barnabiti 2/201622

1a e 4a di copertina del libretto di preghiere che esprime la comunanza traCappellani militari italiani e quelli cattolici statunitensi, anch’essi combattentisul fronte italiano a partire dal 1917

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caro aggettivo, che pure esprime laverità. Vado cercando, Padre, qual-che cosa di nuovo da dirle, o alme-no differente da quanto le dico sem-pre nelle lettere, per non ripeteresempre la medesima storia; ma, Pa-dre, non so dove trovarlo. Amato,Padre, in questi giorni mi sono ac-corto del passo indietro, gran passoindietro fatto in ogni virtù in questiultimi mesi. Non parlo amato Padredel fervore sensibile, parlo di virtùun po’ pratica. Padre, non facciopiù gran calcolo di ogni minuziadell’obbedienza; nella povertà cer-co ancora che tutto sia secondo ilsuo spirito, ma Le confesso che allevolte più che la povertà vorrebbefarsi sentire la taccagneria e spilor-ceria, e mi vengono dei pensieri co-me questi: la costa troppo questacosa che mi dice di comprare il Pa-dre [per esempio quella di farmimettere il dente, comprarmi di nuo-vo le mulattiere]. Se spendi molto i“posteri” non diranno più che faimolta economia!!!!!!!!! Padre, insie-me vedi gli accenni alla brutta su-perbia che un po’ e forse un po’tanto, si mantiene pure in mezzo atante umiliazioni. Mi trovo moltotrascurato, Padre, nell’occupare unpo’ bene il tempo, nella carità fred-do. Giorni fa a momenti avevo il co-raggio di inquietarmi coi soldati chevogliono la licenza, dico male diqualcuno o specie di mormorazionio con altre parole che stanno malein bocca a un religioso, Qualchevolta ho dei tratti ben poco garbati;mi scuso facilmente; lettura spiritua-le poco, il soggetto della meditazio-ne vago. Padre, sento ritrosia allamortificazione, specialmente dellagola. Ci crederebbe, Padre? Due otre volte, per brevi istanti però, mi sisono presentate alla fantasia conqualche attraenza le seduzioni dellacarne. Padre, con questo non vogliodire che i miei Diletti abbiamo ce-duto il campo al Diavolo; oh! No,sono certo che non lo permetteran-no mai. Benché anche la confiden-za sia un po’ scossa, per grazia loro.Confido sempre nel Signore e neiDiletti, e li ringrazio di quanto per-mettono, tutto a loro dono perchéne traggano grande gloria per sestessi e salute per le anime e rinno-vo il sincero proposito di emendar-mi. La sera dell’ultimo dell’anno so-no scappato a Milano, a Sant’Ales-

sandro per le solenni funzioni not-turne. La sera dopo sono tornatosenza avere osservazione alcuna.Queste feste, riguardo allo spirito,non le ho passate troppo bene, an-zi… Pazienza e il Signore sia sem-pre benedetto. Da giorni sono a so-stituire lo scritturale del Maggiore,in licenza fino al giorno otto. Alla

sera non posso sentire la benedizio-ne. Tutto per il Signore. Ho ricevutola sua cartolina del 30 che mi dice-va di altro suo scritto in data delgiorno precedente, invano cercato(non l’ho ricevuta perché nell’indi-rizzo mancava “Collegio Medico”).Spero avrà ricevuto la mia da Lodiper mezzo del R.P. Bonini. Tanti au-guri, Padre, per il nuovo anno nelSacro Cuore di Gesù e di Maria. Vo-glia benedirmi. Suo affezionatissimofigliolo Eliseo Maria Iesu B» (Nova-ra, Collegio Medico Ospedale mili-tare, 4 gennaio 1919).

schegge di spirito

«Martedì, il giorno della Festa, imiei Diletti mi hanno fatto due gra-zie particolari, una alla mattina, l’al-tra alla sera. Alla mattina siamo an-dati in un paese vicino dove ci han-

no dato due ore di libertà. Quindiho potuto ascoltare la Santa Messa,fare con calma la Santa Comunione,e trattenermi un po’ a lungo con Ge-sù e Maria. Alla sera siamo andati albagno. Il Tenente che ci accompa-gnava mi ha tolto ogni permesso al-tra volta datomi, anzi mi ha dato unordine particolare. I miei Diletti sia-

no sempre benedetti. Inoltre alla se-ra non sono mancati liberi motteggi,tanto più che è venuto ordine asso-luto di togliere, quando si va a letto,anche le mutande; per di più il Ca-po plotone s’é permesso scherzitroppo liberi. Contro tutti gli ordini acui ho accennato la mia miseria misuggerisce pensieri di censura e direazione. In fondo al cuore però cer-co di mantenere sempre la mia carapace e gioia. Sono troppo feliced’immolare con amore, che il demo-nio o la mia miseria tenta rubarmi ipiù grandi sacrifici. Quanto aglischerzi vorrei respingerli con la piùgrande amabilità; invece sembra dalmodo e dalla voce che io sia arrab-biato in massimo grado. Pazienza. IlSignore sia benedetto: mi studierò didivenire amabile. Ai motteggi nonbado e prego per chi li dice. Alla se-ra di quella festa ho passato, come il

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lettera del chierico Eliseo Coroli - Oleggio, 19 settembre 1918

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solito, la libera uscita davanti a GesùSacramentato. La libera uscita è dal-le 7 alle 9; ebbene durante quasitutto quel tempo è venuto ad occu-parmi la fantasia e la mente la licen-za. Mercoledì sera sono stato asse-gnato piantone alla latrina. Mi han-no detto di montare dalle 8 alle 10.Dunque dovevo perdere un’ora di li-bera uscita. Allora ho detto al miocompagno di star su lui per me inquel tempo; durante la notte sareimontato io per lui. Così ho potutopassare ancora due ore con Gesù…»(Oleggio, 20 luglio 1918).«Rev.mo Padre, non ricordo se già

Le abbia detto che anche con ilnuovo Comandante di Compagnia e di Plotone posso fare ogni giornola Santa Comunione. Il Signore siasempre benedetto. Venerdì sera, Pa-dre, mi sono deciso a comprare unpo’ di pane. È stato un colpo per lamia superbia, che si vantava comedi un gran merito tutto suo il noncomprare nulla in cibo. Ed ecco in-vece compro del pane proprio invenerdì! Padre, può immaginarequanto sia grande la mia superbia?Spero però di non avervi mai accon-sentito, con la grazia del Signore…Le dico la verità, Padre, mi sonoconvinto ancora una volta della miastragrande piccolinezza, ed ho vistomeglio la mia superbia. Purtroppoc’è ancora molta in me di quella su-

perbia che vorrebbe convincermiche sono santo, che tale sono stima-to da chi mi conosce intimamente,che da questi da tale mi si tratta emi si scrive. Così ieri sera mi sonosorpreso in questo calcolo: calcola-vo quante righe era lunga la letterascritta al M.R. P. Maestro e quanto

sarebbe riuscita lunga in stampa!!!...Deh! Mentre scrivo questo mi vienequest’altro: quando si leggerà que-sta lettera in stampa, i lettori diran-no: oh! Com’era umile e since-ro!!!!!! Cari Diletti, siate pur semprebenedetti! Sono certo che approfit-tate di questa superbia e di tutta lamia miseria per la vostra gloria e peril vostro amore. Dilettissimi, per lasuperbia non voglio cessare di avereuna gran sete di santità, di quellasantità che Voi volete da me. Voi losapete: i Santi straordinari, fiammeardentissime d’amore, le quali simanifestano in modi straordinari, miumiliano, mi fanno aumentare la fi-ducia nella loro protezione, mi infer-vorano, ma insieme, voi lo sapete,mi confondono un po’: quasi mifanno disperare di raggiungere la ci-ma sospirata… Padre tutte le volteche penso alla santità, ricordo d’es-ser fatto anch’io per essa; ma unosguardo alla mia vita, mi dice: dopotale vita e in tanta miseria speri an-cora d’esser santo? E per non sco-raggiarmi bisogna che ricordi la te-nerezza di Gesù per i piccoli, che iosono piccolissimo, incapace di tut-to; parlo a Gesù ed a Maria comeun bambino colla mamma, ed allorarinasce il fervore e la speranza»(Oleggio, 9 settembre 1918).

STORIA DELL’ORDINE

Eco dei Barnabiti 2/201624

Udine, 17 aprile 1917: il Superiore Generale Vigorelli (al centro) con alcunicappellani militari e preti soldati barnabiti

una tenda e una baracca nel giardino dell’Ospedale da Campo 103

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Page 7: MISERICORDIAE VULTUS DON ELISEO M. COROLI … del Comando Supremo, il barnabita P. Giovanni Semeria, li descriveva: «Sono circa trentamila questi igno-rati uomini di sacrificio, che

«In questo momento si sta distri-buendo la roba a coloro che domanio domani l’altro patiranno per la zo-na di guerra. Io non sono ancora sta-to compreso. Ma presto partiremoanche noi, giacché hanno già presonota di tutto ciò che ci manca; è ar-rivato tutto il necessario da Novara,hanno improvvisamente richiamatitutti coloro che erano fuori a lavora-re, e la spedizione di oggi ci lasciasenza graduati. Io ne ringrazio Gesùed il mio cuore è ripieno di gioia.Ciò che mi turba è questo: in questimomenti invece di attendere come ilsolito alle mie cose ed alle preghiere,mi lascio distrarre da pensieriinutili, dalla curiosità di sape-re quello che è, quello che sa-rà, di intendere ogni voce chesia in giro; quindi più fred-dezza, più miseria in tutto.Povero Gesù! Così passa quelpreziosissimo tempo consa-crato a Lui. Pazienza: tuttoper i miei Diletti! Se non altrovoglio loro dare con gioia,amore e confidenza il sacrifi-cio di non dar Loro niente epeggio: voglio essere una pic-cola anima secondo la Ven.Suor Teresa» (Oleggio, 27 ot-tobre 1918).«Ritornati da Novara siamo

stati aggregati alla CompagniaProvvisoria dove subito mi so-no interessato del permessoper la Santa Comunione, cheun buon maresciallo mi con-cede ogni giorno dalle 5 alle 7.Qui non c’è da far nientetutto il giorno: l’istruzione èpochissima, eppure i libri discuola non li guardo, le miedevozioni sempre le finisco enon ho scritto quasi niente.Quanta svogliatezza!!... ed i proposi-ti rinnovati ogni giorno rimangonoquasi senza frutto. Caro Gesù e miacara Maria ad ogni modo voglio con-fidare in Voi, e confidare tanto tanto,tanto che la confidenza mia, se èpossibile, non abbia limiti…. Padre,finalmente il M.R. P. Castelli mi hamandata la sua parola d’obbedienzadi farmi santa vittima dei miei Diletti;nascosto nei loro ardentissimi cuori.La prego di voler unire la sua partico-lare benedizione ed ottenermi di cor-rispondere realmente e generosa-mente alla Grazia» (Novara, 11 no-vembre 1918).

«Di nuovo l’11 corrente sono ritor-nato ai lavori agricoli; ma quanti ti-mori per la Santa Comunione! Peròmi sono raccomandato al buon donLivio, ed ho potuto ricevere il mioGesù ogni giorno, benché con sco-modo del parroco. Anche questavolta non ho avuto molto raccogli-mento nel lavoro. Pazienza e confi-do nei miei Diletti… Padre, vedoche per fare la Santa Comunione bi-sogna che io corra il rischio di pren-dere qualche giorno di prigione di ri-gore… ma non importa, arrischio lostesso eh! Padre?» (Novara, 27 no-vembre 1918).

«Soprattutto lascio molto a desi-derare la carità e l’obbedienza: pro-prio quelle virtù che più mi stanno acuore. Ora sono ritornato al mio po-sto: cioè non ho ufficio particolare;aiuto un po’ uno e un po’ l’altro. Làscrivendo dal Maggiore ho dovutosacrificare un po’ la bella virtù. Pa-zienza, anche questo per il Signore.Mi sono fissato un orario che il M.R.P. Castelli ha già approvato, ma selo osservo sempre come in questigiorni sarebbe stato meglio non far-lo. In gran parte però fui legittima-mente impedito» (Novara, 16 gen-naio 1919).

«Ieri sera mi sono trovato insiemecon un chierico passionista. Raccon-tandomi egli alcuni disagi del fronte,mi sono sentito rabbrividire, ed ho pro-vato una grande avversione alla mortifi-cazione…. Il Signore sia sempre bene-detto e lodato. Egli il solo autore diogni virtù» (Novara, 17 gennaio 1919).«Rev.mo Padre, una nuova bella gra-

zia mi hanno voluto fare i miei Diletti:venire in questa Compagnia! Che bel-lezza, Padre! a pochi passi abbiamo laCappella dove sta Gesù Sacramentato,sempre aperta. Sono in quest’ufficiodove il Sergente è un sacerdote, ed ilCapitano comandante del distacca-

mento è un suddiacono. C’è ilcappellano, altri sacerdoti echierici! Che il Signore sia sem-pre benedetto» (Novara, Vigiliadell’Immacolata, 1a CompagniaSanità, Ufficio Fureria, Ospeda-le Principale).

conclusione

Una storia troppo “piccola”quella del soldato Coroli?, co-munque capace di fare rifletteresui mille volti di una GrandeGuerra – “inutile strage” a dettadi Benedetto XV –, al punto darichiamare riflessi mai sopiti dalsapore mitologico di Argo, gi-gante che mai dormiva. Ma nonsolo questo: forse anche “pic-colissima” cerniera tra l’inter-ventismo democratico – da donSturzo al padre Gemelli, daigiovani della lega democraticadi Cacciaguerra e Donati a donMazzolari – e quell’equivoconel quale tanti giovani preti era-no caduti. Nella Pieve sull’argi-ne, a p. 66 proprio Don Primoscriverà con il senno di poi: «Se

invece di dirci che ci sono guerre giu-ste e guerre ingiuste, i nostri teologi ciavessero insegnato che non si deveammazzare per nessuna ragione, chela strage è inutile sempre, e ci avesseroformati ad un’opposizione cristianachiara, precisa ed audace, invece dipartire per il fronte saremmo discesisulle piazze». Il soldato semplice Coro-li sarebbe invece entrato con un sorri-so nelle chiese. «Pazienza e il Signoresia sempre benedetto» ripeterebbe og-gi annunciando senza tregua il Vange-lo della gioia e della misericordia.

Filippo Lovison

STORIA DELL’ORDINE

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Bragança, Museo dell’Istituto di Santa Teresinadelle Suore di Santa Teresina, ostensorio muraledi monsignor Coroli posto tra il suo ufficio e lacappella. Per saperne di più si veda il sitohttp://domeliseu.org.br/

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