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missioni Qui Uruguay Qui Senegal Lettere dei missionari Prezzo di copertina € 2,20 - marzo 2013 - Poste Italiane S.p.A. – Spedizione in abbonamento postale – D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, C/RM/68/2012 Padre Pino Puglisi verso la beatificazione Intervista esclusiva a mons. Bertolone dossier P. Natoli racconta dell’incontro tra p. Puglisi e gli OMI attualità Intervista a P. Giuseppe Calderone OMI neosacerdote fatti Scegliere la vita. La testimonianza di Chiara Corbella MISSIONI OMI RIVISTA MENSILE DI ATTUALITÀ MISSIONARIA n. 03 MARZO 2013

Missioni OMI marzo 2013 parziale

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Rivista Missioni OMI

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Padre Pino Puglisiverso la beatificazione

Intervista esclusiva a mons. Bertolone

dossierP. Natoli racconta dell’incontro tra p. Puglisi e gli OMI

attualitàIntervista aP. Giuseppe Calderone OMIneosacerdote

fattiScegliere la vita.La testimonianzadi Chiara Corbella

MISSIONIOMI

RIVISTAMENSILEDI ATTUALITÀ MISSIONARIA

n. 03 MARZO 2013

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SOMMARIOUna cartolina dal Vaticano 04di Fabio Ciardi OMI

Vale la vida! 06di Gianluca Rizzaro

Conoscersi per superare 10 i pregiudizidi Giacomo Coluccio

Notizie in diretta 22 dal mondo oblatoa cura di Elio Filardo OMI

Mgc news 25

Chiara è nata e non morirà mai più 30di Angelica Ciccone

Sport paralimpici 34di Michele Palumbo

Lettere al direttore 02

Storia di storie 13

Lettere dai missionari 37

Qui Uruguay, Qui Senegal 39

DOSSIER

14UNA FOTO

PERPENSARE

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attualità

news

fatti

missioni

MISSIONI OMIRivista mensile di attualitàAnno 20 n.3 marzo 2013

La testata fruisce dei contributi statali diretti di cui alla legge 7 agosto 1990, n. 250

EDITOREProvincia d’Italia dei MissionariOblati di Maria ImmacolataVia Egiziaca a Pizzofalcone, 3080132 Napoli

REDAZIONEVia dei Prefetti, 3400186 Romatel. 06 6880 3436fax 06 6880 [email protected]

DIRETTORE RESPONSABILEPasquale Castrilli

REDAZIONESalvo D’Orto, Elio Filardo,Gianluca Rizzaro, Adriano Titone

COLLABORATORINino Bucca, Claudio Carleo, Fabio Ciardi, Gennaro Cicchese, Angelica Ciccone, Luigi Guzzo, Thomas Harris, Sergio Natoli, Luca Polello, Claudia Sarubbo, Giovanni Varuni

PROGETTO GRAFICOE REALIZZAZIONEElisabetta Delfini

STAMPATipolitografia AbilgraphRoma

FOTOGRAFIESi ringrazia Olycomwww.olicom.it

UFFICIO ABBONAMENTIVia dei Prefetti, 34 - 00186 Romatel. 06 6880 3436 - fax 06 6880 [email protected]

Italia (annuale) 17 euroEstero (via aerea) 37 euroDi amicizia 35 euroSostenitore 65 euro

Da versare su cc p n. 777003 Home Banking: IBAN IT49D0760103200000000777003 intestato a:Missioni OMI - Rivistadei Missionari OMIvia Tuscolana, 73 - 00044 Frascati (Roma) Finito di stamparefebbraio 2013Reg. trib. Roma n° 564/93Associata USPI e FESMI

www.missioniomi.itwww.facebook.com/missioniomi

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PadrePino

Puglisiun martire cristiano

del nostro tempo

di Luigi Mariano Guzzo

dossier

Intervista a mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di canonizzazione

Il 28 giugno 2012 Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto sul martirio in odium fidei. In che cosa consiste il martirio di questo sacerdote? Perché

don Pino, oltre ad essere un testimone sociale, come Borsellino, Falco-ne, Dalla Chiesa, è anche e soprattutto un santo dei nostri giorni?La differenza tra la morte di p. Puglisi e quella di altre vittime della mafia è chiara: mentre giudici, poliziotti e altri servitori dello Stato pongono a fondamento delle proprie azioni il dovere, la coerenza, l’obbedienza indi-scussa alla legge, chi ha fatto della missione cristiana il proprio fulgido co-dice deontologico risponde sì alle leggi dello Stato, ma in primis a quella di Cristo: l’amore di Dio e del prossimo. Giuseppe Puglisi è martire cristiano, perché è andato incontro alla morte per essere fedele al suo ministero di prete. Egli è stato un testimone del suo tempo, perché si è fatto carico di tut-te le ingiustizie alle quali gli abitanti di Brancaccio erano da anni sottoposti dalle cosche mafiose, da un lato, e dall’indifferenza totale delle Istituzioni dall’altro. Fu un missionario, e come ogni missionario sapeva che la sua stessa presenza, di per sé sola, era motivo di scandalo. E chi versa il proprio sangue per questo, in nome di Cristo e per il suo Vangelo, è un martire.

Lei ha molte volte sottolineato che don Puglisi più che un sacerdote “con-tro e anti” sia stato un prete che ha vissuto in pienezza il suo ministero sacerdotale. È una santità feriale quella di don Pino, innestata nel suo essere parroco. Che cosa privilegiava nella sua attività di pastore?A Brancaccio don Puglisi non si sente un eroe e la sua azione ha un sa-pore inconfondibilmente evangelico. La quotidianità semplice della pastorale della Chiesa è la cifra del suo ministero: il Vangelo che egli cerca di annunziare e vivere, il Crocifisso che ha scoperto come motivo ispiratore della ortodossia e dell’ortoprassi; il Padre che ama presentare nelle sue conversazioni, scardina e quindi rende improponibile il “pa-drino”, la cui figura più che derisa, ne è annientata. Puglisi è un prete che fa il suo lavoro amministrando i sacramenti, preparando i bambini alla prima comunione, i genitori al battesimo dei figli, le giovani coppie al matrimonio. Si impegna in tutte le opere di misericordia. E col suo esempio ai sacerdoti dice: agite sempre con semplicità, non per affer-mare pur nobili ideali civili, bensì per amore di Cristo ed in nome del Vangelo, perché soltanto dove la croce di Cristo e l’autodonazione sono il criterio della vita, il seme del Vangelo cresce, le coscienze maturano

Si ringrazia il Centro diocesano vocazioni dell’arcidiocesi

di Palermo, per la concessione di alcune foto pubblicate

in questo articolo

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una foto per pensare

L’ora di Dio

Lentamente si fa spazio

nel fluire della vita,

nella ricerca affannosa

di qualcosa che sfugge.

È lo scoccare

di un nuovo richiamo

capace di svelare

il segreto della vita.

foto Alessandro Milella, [email protected] Claudia Sarubbo, [email protected]

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editoriale

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Padre Pino Puglisiverso la beatificazione

Intervista esclusiva a mons. Bertolone

dossierP. Natoli racconta dell’incontro tra p. Puglisi e gli OMI

attualitàIntervista aP. Giuseppe Calderone OMIneosacerdote

fattiScegliere la vita.La testimonianzadi Chiara Corbella

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RIVISTAMENSILEDI ATTUALITÀ MISSIONARIA

n. 03 MARZO 2013

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Onore agli uomini illustri. Ono-re agli uomini di Dio. La storia e il ministero di don Pino Pu-

glisi, il sacerdote palermitano ucciso il 15 settembre 1993 occupano le pagine del dossier di questo numero del nostro mensile. Dell’uomo colpisce la lucidità. In un quartiere difficile del Sud ha sa-puto incontrare le esigenze della gente, tentare un dialogo con personaggi non facili, perseguire un’ideale di giustizia, educare alla gratuità.La Chiesa cattolica lo proclama beato il 25 maggio, esempio per tutta la comu-nità dei fedeli che guarda ai santi con amore, rispetto e devozione. Modelli di virtù, esseri umani con pregi e difetti, essi hanno fatto di Cristo il centro della propria vita. Un santo è modello per tutti, ma ci pia-ce guardare a don Puglisi anche come esempio e amico di quanti sono chia-mati al sacerdozio, a servire il popolo di Dio con dedizione e gratuità. La sem-plicità del tratto umano, faceva di don Pino una persona vicina a tutti, segno di quell’amore di Dio che si mette in cer-ca di ogni uomo, senza distinzioni di sorta. Un uomo che viveva la preghiera come spazio di incontro con il Signo-re della vita. Nella Chiesa ci sono vari modi di vivere il sacerdozio. A noi sem-bra che questo sia uno dei più validi: vi-cini a Dio e alla gente, senza cadere in

trappole formalistiche o legate al ruolo. Un sacerdozio, insomma, missionario, con l’attenzione costante agli ultimi, ai poveri e derelitti della società, coloro che spesso sono dimenticati anche dalle istituzioni.Don Pino ha conosciuto e incontrato in molte circostanze i Missionari Oblati di Maria Immacolata a Palermo dove da vari decenni è presente una comunità oblata. Ne riferisce con particolari ine-diti p. Sergio Natoli, oblato impegnato attualmente nella pastorale dei migranti. Ospitiamo anche un’intervista esclusiva a mons. Vincenzo Bertolone, arcivesco-vo di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di canonizzazione.È significativo notare l’affetto che l’Ita-lia ha per don Puglisi. Lo testimoniano strade e piazze intitolate alla sua me-moria. Da Belmonte Mezzagno (Pa) a Ribera (Ag) e Alcamo (Tp) in Sicilia, da Reggio Emilia a Pontecchio Pole-sine (Ro), a Piossasco (To). Anche le pubblicazioni sono sempre più numero-se. Presentando il volume di Vincenzo Ceruso intitolato A Mani nude (Paoline 2012) Andrea Riccardi scrive: “Le pa-gine di questo volume danno al lettore un ritratto a tutto tondo del parroco di Brancaccio, un uomo pieno di vita, di sogni e di domande, un cristiano vero, un siciliano non autoreferenziale né complessato”. n

La missione di 3P

di Pasquale Castrilli [email protected]

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di Fabio Ciardi [email protected]

attualità

Presentato a Roma il primo catalogo del Museo etnologico nei Musei Vaticani. Il ruolo dei Missionari OMI

Vaticano

“Una cartolina dal Vatica-no?” Sì, le mie cartoline sono tutte da altri Paesi!

Ma sono sempre cartoline missiona-rie… Anche questa! Ve la mando da un luogo particolare del Vaticano, più propriamente dal Museo etnologico che si trova all’interno dei Musei Vati-cani. Prima si chiamava semplicemen-te Museo missionario. “E gli Oblati cosa c’entrano?” C’entrano e come!Poco tempo fa vi è stata la presenta-zione del primo catalogo del Museo etnologico, che illustra tremila delle

Una cartolina dal…

ottantamila opere lì conservate: uno di quei libri straordinari che fanno sem-pre tanta figura nei salotti. L’evento si è tenuto in un ambiente prestigioso, nientemeno che nella grande sala del-la Pinacoteca dei Musei Vaticani, pro-prio dove è esposta la Trasfigurazione di Raffaello, assieme ad altre opere.Valeva la pena andare anche solo per sedersi davanti al capolavoro di Raf-faello e ammirarlo con calma, quasi a lasciarsi trasfigurare con il Signore stesso. La raccolta del museo iniziò con sei doni d’epoca precolombiana, offerti al Papa nel 1692. Da allora la collezione si è arricchita con sempre nuovi tesori. Sono rappresentati tutti i continenti e tutte le culture.Alla presentazione del catalogo nu-merosi ambasciatori e studiosi, richia-mati dall’evento. Apre la serata il card. Lajola, presidente emerito del Go-vernatorato dello stato della Città del Vaticano, quindi la parola passa al di-rettore dei Musei Vaticani, poi al card. Ravasi e infine al direttore del Museo etnologico.Ravasi richiama i grandi temi della cultura, ripercorrendone la terminolo-gia, dall’humanitas dei latini alla pai-deia dei greci, fino alla parola cultura dei tedeschi del 1500, gradualmente trasformata in concetto antropologi-co. Accenna poi al passaggio dell’im-

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piego di questa parola al plurale, le culture, a significare il superamento della convinzione dell’esistenza di una sola cultura, fondamentalmente quella europea, greco romana, verso il rico-noscimento dell’esistenza di una plura-lità di culture, a cominciare da quella ebraica, dilatandosi sempre più su tut-ta intera l’umanità.

La Chiesa incontra le culture Ravasi non poteva non parlare di come la Bibbia, lungo la sua storia millena-ria, abbia assunto la varie culture dei popoli attorno. Anche la Chiesa gra-zie all’Incarnazione si è aperta su tut-ti i popoli. “Cristo è il Logos - diceva Giustino - e tutti quelli che vivono il Logos, come Socrate, Eraclito e tan-ti altri, sono cristiani”. Entriamo così nel significato più profondo del Museo etnologico: il riconoscimento dell’uni-versalità della Chiesa e il suo rispetto per ogni cultura.Quando esso nacque, in pieno periodo colonialista, Pio XI volle che accanto a Raffaello e Michelangelo ci fosse-ro anche gli aborigeni dell’Australia; forse perché papa Ratti, grazie an-che alla sua esperienza come prefet-to dell’Ambrosiana di Milano era un persona dai grandi orizzonti e interes-si. Non per niente è passato alla storia come il “Papa delle missioni”, come il

grande ammiratore degli Oblati, che definì “gli specialisti delle missioni difficili”.Il Papa fondò il Museo missionario etnologico il 12 novembre 1926, alla chiusura dell’Esposizione Universale Missionaria, che lo stesso Pontefice aveva voluto in occasione dell’Anno Santo del 1925. A quella esposizione contribuirono tutte le società missio-narie. Gli Oblati portarono a Roma da tutto il mondo centinaia e centina-ia di casse con i più vari oggetti, che poi entrarono a far parte del museo. La sezione dell’Esposizione Univer-sale Missionaria riguardante libri e documenti fu affidata a un Oblato, p. Roberto Streit. Arrivarono tavole ge-ografiche, grammatiche e vocabolari delle lingue indigene, catechismi, sto-

rie sacre, commenti teologici, e libri riguardanti la storia della religione, la topografia, l’etnografia dei Paesi di attività missionaria; tutto, al termine dell’Anno Santo, fu donato al Papa e costituì l’inizio dell’attuale Pontificia Biblioteca Missionaria. P. Streit di-venne il primo bibliotecario e da allo-ra la Biblioteca è sempre stata diretta da un Oblato.L’attuale direttore del museo, p. Mapel-li del PIME, illustra il catalogo e par-la della sua nuova ristrutturazione, del collegamento con tanti altri musei nel-le più varie parti della terra, dei viaggi compiuti da lui e dai suoi collaboratori per trovare la documentazione, del bat-taglione di donne che lavorano nei vari laboratori, tutte giovani studiose entu-siaste del loro incarico.Infine ecco finalmente l’inaugurazio-ne delle nuova sede, sempre all’interno dei Musei Vaticani. Gli oggetti danno voce ai popoli, i pannelli raccontano le loro esperienze. Il reperto più antico, una pietra lavorata milioni di anni fa, proviene dal Sudafrica. Ventimila gli oggetti preistorici. Tremila le foto.Il museo è la testimonianza dell’in-teresse, dell’amore, del rispetto della Chiesa per tutte le culture, ossia per l’umanità! È proprio vero quello che diceva Paolo VI: “La Chiesa è esperta in umanità”. n

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di Gianluca [email protected]

attualità

A qualche mese dall’ordinazione sacerdotale p. Giuseppe Calderone condivide le sue sensazioni e racconta della sua vocazione

Vale la vida!

Lo scorso 30 settembre, nella cattedrale di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, Giuseppe Calderone

è stato ordinato sacerdote da mons. Francesco Milito, vescovo della diocesi di Oppido-Palmi. Il sacerdozio, per qualcuno, può rappresentare un punto d’arrivo e nel caso di Giuseppe - Pep-pe per tutti quelli che lo conoscono - la conclu-sione di un cammino cominciato nel lontano 14 settembre 2003, al momento del suo ingres-so nella comunità di Marino e che affonda le

“Una storia con Dio che viene da lontano”

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radici in un’esperienza di Dio vissu-ta, a vari livelli, sin da bambino. Se si guarda all’evento dalla prospettiva del-la missione, l’ordinazione sacerdotale è solo un punto di partenza. Peppe è un giovane calabrese di 28 anni. Sta per conseguire la licenza in teologia spirituale, suona la chitarra, è un grande consumatore di libri e di film, ed è un tifoso “doc” della Juven-tus; da un paio d’anni a questa parte, ha anche una grande passione per l’U-ruguay, passione nata con la sua espe-rienza missionaria in America Latina.Da qualche tempo ha abbandonato il mate, (una bevanda tipica dell’America latina, ndr), ma la sciarpa della Cele-ste, la nazionale uruguagia, campeggia sempre sul muro della sua stanza!Lo scorso anno, ero con lui allo stadio Olimpico di Roma in occasione dell’a-michevole Italia-Uruguay (0-1 il ri-

sultato finale) e avrei alcune cose da raccontare, ma questa è un’altra storia...Abbiamo chiesto a Peppe di raccontar-ci dei mesi che hanno preceduto l’or-dinazione sacerdotale, ma anche di parlarci della sua vocazione.

Quali erano le tue sensazioni nel pe-riodo che ha preceduto l’ordinazio-ne presbiterale?L’8 dicembre 2011 ho professato i voti perpetui e a gennaio 2012 sono stato ordinato diacono da mons. Raffaello Martinelli nella cappella della nostra casa provinciale. Sono stati due mo-menti molto intensi, particolarmen-te i voti perpetui, con la definitiva incorporazione, dopo un cammino di sei anni di voti temporanei. Mi sono avvicinato al sacerdozio con il cuore pieno della grazia di questi due eventi. Proprio grazie a questi, che possiamo

chiamare “i passi definitivi”, ho riletto tutta la mia vita e la mia vocazione alla luce del progetto d’amore che Dio ha su di me e di cui spesso non mi sen-to degno. So per certo che molti miei amici, ad esempio, hanno capacità più grandi delle mie, ma in tutto questo mi guidano le parole che Paolo stesso dice di aver ricevuto da Gesù: “Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta pienamente nella debolez-za” (2 Cor 12,9).

Come risuona, nel tuo cuore, l’idea di essere un sacerdote missionario?La prima esigenza che sento è vivere personalmente, in maniera sempre più intensa, il rapporto con Gesù. È impor-tante poi, soprattutto per un missiona-rio, portare agli altri Gesù che si lascia incontrare quotidianamente nell’Euca-restia e che viene a dirci il suo Amore

Sopra, p. Giuseppe con unalongeva parrocchiana in posadopo la messa. Nelle foto a fianco, Giuseppe a Marsiglia sulla tombadi S. Eugenio de Mazenode al lavoro nella cappelladi Autodromo in Uruguaycon un gruppo di volontari

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di Giacomo Coluccio

attualità

Tre giorni di animazione missionaria con gli immigrati senegalesi nel soveratese, in provincia di Catanzaro

Conoscersi

Sono le otto di un mattino di metà ot-tobre. Enza, dell’equipe missionaria dell’Associazione Missionaria Maria

Immacolata (AMMI) di Catanzaro, si chiede da dove cominciare per consentire a p. An-dré Ndene OMI e a Marcel Sarr, scolastico oblato, di incontrare la comunità senegalese presente a Davoli, comune a 30 km da Ca-tanzaro. In passato altre volte si era tentato un avvicinamento, ma senza grandi risulta-ti: i senegalesi vivevano con grande dignità, non avevano mai chiesto aiuti economici in parrocchia, a differenza di altri gruppi, ma erano isolati. Stavolta, forse, era il momento giusto: nella vicinissima Soverato era gior-no di mercato, dove i senegalesi espongono le loro bancarelle. Così decide di accompa-gnare p. André e Marcel al mercatino. Una grande gioia ha animato il mercato quando i senegalesi hanno sentito qualcuno che si ri-volgeva loro in lingua wolof. Questa gioia ha

per superarei preguidizi

Dakar

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Conoscersi

riempito il cuore di tutti noi animatori e ci ha accompagnati nei tre giorni di animazione missionaria. Ha fatto ca-dere le nostre ansie e paure.Da giorni cercavamo contatti e strade per avere la possibilità di un incontro. Avevamo riflettuto, avevamo cercato di programmare tante cose anche nei particolari, ma poi, quando era stato necessario cambiare il programma e spostare il primo appuntamento della giornata, Dio aveva indicato la strada da percorrere!

La genesiCome è nata questa tre giorni missio-naria? In una forma un po’ inusuale. Per molti anni l’AMMI aveva animato nell’arcidiocesi di Catanzaro-Squil-lace la veglia in occasione della Gior-nata missionaria mondiale, ma da due

anni non vi era alcuna iniziativa. Non volevamo che anche quest’anno l’ot-tobre missionario fosse ricordato solo con la raccolta durante le messe. Altre motivazioni ci hanno mosso: a ottobre di quest’anno aveva inizio l’Anno della fede, proclamato da Benedetto XVI, si ricordava l’apertura del Concilio Va-ticano II e si svolgeva il Sinodo sulla Nuova evangelizzazione. Erano tutti appuntamenti importanti, che la nostra comunità missionaria voleva ricordare a sè stessa e in diocesi, in modo spe-ciale, per rafforzare la propria fede do-nandola. Se la nuova evangelizzazione ha bisogno soprattutto di testimoni d’amore, noi dovevamo cominciare dal nostro piccolo, dall’ambiente in cui viviamo con le nostre famiglie, in cui lavoriamo. Così, in collaborazione con don Gregorio Montillo, vicario espi-

scopale per la zona pastorale sud della diocesi, è nato questo progetto, che po-tremmo definire di incontro tra cultu-re, persone e religioni, per conoscere e così superare i pregiudizi, per costrui-re una società più giusta, dove noi cri-stiani possiamo essere riconosciuti per come sappiamo stare insieme.

Disponibilità e dialogoNell’invito, scritto in lingua wolof, oltre che in italiano e francese, rivol-to alla comunità senegalese e a quella italiana e distribuito per le strade e nei locali pubblici, si parlava proprio di unirsi in un’occasione di comunione.I momenti da raccontare sarebbero stati tanti. Dai tipici strumenti delle missioni al popolo: visite nelle case dei senegalesi, incontri con gli adulti e con i giovani, incontri nelle scuole. Alla

In apertura un momento della veglia del 21 ottobre, Giornata missionaria mondiale.In alto i giovani con Marcel Sarr OMI, don Gregorio Montillo e p. André Ndene OMI, Sotto, don Gregorio, p. André Ndene OMI, Marcel Sarr OMI e Giacomo Coluccio con i rappresentanti della comunità senegalese

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PadrePino

Puglisiun martire cristiano

del nostro tempo

di Luigi Mariano Guzzo

dossier

Intervista a mons. Vincenzo Bertolone, arcivescovo metropolita di Catanzaro-Squillace, postulatore della causa di canonizzazione

Il 28 giugno 2012 Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione per le Cause dei Santi a promulgare il decreto sul martirio in odium fidei. In che cosa consiste il martirio di questo sacerdote? Perché

don Pino, oltre ad essere un testimone sociale, come Borsellino, Falco-ne, Dalla Chiesa, è anche e soprattutto un santo dei nostri giorni?La differenza tra la morte di p. Puglisi e quella di altre vittime della mafia è chiara: mentre giudici, poliziotti e altri servitori dello Stato pongono a fondamento delle proprie azioni il dovere, la coerenza, l’obbedienza indi-scussa alla legge, chi ha fatto della missione cristiana il proprio fulgido co-dice deontologico risponde sì alle leggi dello Stato, ma in primis a quella di Cristo: l’amore di Dio e del prossimo. Giuseppe Puglisi è martire cristiano, perché è andato incontro alla morte per essere fedele al suo ministero di prete. Egli è stato un testimone del suo tempo, perché si è fatto carico di tut-te le ingiustizie alle quali gli abitanti di Brancaccio erano da anni sottoposti dalle cosche mafiose, da un lato, e dall’indifferenza totale delle Istituzioni dall’altro. Fu un missionario, e come ogni missionario sapeva che la sua stessa presenza, di per sé sola, era motivo di scandalo. E chi versa il proprio sangue per questo, in nome di Cristo e per il suo Vangelo, è un martire.

Si ringrazia il Centro diocesano vocazioni dell’arcidiocesi

di Palermo, per la concessione di alcune foto pubblicate

in questo articolo

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Lei ha molte volte sottolineato che don Puglisi più che un sacerdote “con-tro e anti” sia stato un prete che ha vissuto in pienezza il suo ministero sacerdotale. È una santità feriale quella di don Pino, innestata nel suo essere parroco. Che cosa privilegiava nella sua attività di pastore?A Brancaccio don Puglisi non si sente un eroe e la sua azione ha un sa-pore inconfondibilmente evangelico. La quotidianità semplice della pastorale della Chiesa è la cifra del suo ministero: il Vangelo che egli cerca di annunziare e vivere, il Crocifisso che ha scoperto come motivo ispiratore della ortodossia e dell’ortoprassi; il Padre che ama presentare nelle sue conversazioni, scardina e quindi rende improponibile il “pa-drino”, la cui figura più che derisa, ne è annientata. Puglisi è un prete che fa il suo lavoro amministrando i sacramenti, preparando i bambini alla prima comunione, i genitori al battesimo dei figli, le giovani coppie al matrimonio. Si impegna in tutte le opere di misericordia. E col suo esempio ai sacerdoti dice: agite sempre con semplicità, non per affer-mare pur nobili ideali civili, bensì per amore di Cristo ed in nome del Vangelo, perché soltanto dove la croce di Cristo e l’autodonazione sono il criterio della vita, il seme del Vangelo cresce, le coscienze maturano

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Una camminata di otto chilometri, dalla parrocchia di Parcelles Assainies fino ai

giardini di Hann - il parco naturale e zoologico di Dakar - giovani cristiani e musulmani insieme, in

un clima di allegria e amicizia e, una volta giunti a destinazione, una piccola operazione ecologica per ripulire i viali ed offrire un servizio all’intera comunità. Tutto questo si è svolto il 18 novembre scorso: “La mia fede, un cammino di pace”, marcia organizzata dall’Unione delle Associazioni della parrocchia Maria Immacolata Madre di Dio di Parcelles Assainies, alla quale hanno partecipato circa cinquecento persone.Durante il cammino, p. Claudio Carleo OMI, responsabile della pastorale giovanile nella grande parrocchia oblata situata alla periferia nord-ovest della capitale senegalese, ha letto alcuni brani di Africae Munus, l’Esortazione Apostolica Post-sinodale pubblicata nel 2011, sulla Chiesa in Africa al servizio della riconciliazione, della giustizia e della pace.Il sindaco musulmano di Parcelles Assainies, M. Moussa Sy, ha preso la parola al termine della marcia ringraziando l’intera comunità cristiana per il lavoro svolto quotidianamente a

servizio della gente del quartiere, ed ha ribadito l’importanza di camminare insieme, per una convivenza all’insegna della pace e della speranza.

Notizie in diretta dal mondo oblato

news

Marcia ecologicaSenegalmessaggi

e notizie dalle missionia cura di Elio Filardo [email protected]

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Il 7 dicembre a Dhaka, nel corso di una tavola rotonda dal titolo La vita e la politica di aiuto

a favore dei diritti delle popolazioni indigene: Il punto di vista della Comunità Khasi, è stata chiesta

la formazione di una Commissione per risolvere i problemi degli indigeni. All’iniziativa organizzata da

Bangladesh Paribesh Andolon (BAPA) e da Adivasi Poribesh Rokkha Andolon (APRA), ha partecipato anche Flora Bably Talang, leader ed attivista per i diritti umani, che, a nome dell’Ufficio oblato Giustizia, Pace e Integrità del Creato

(GPIC) in Bangladesh, ha detto: «Noi, della comunità Khasi, siamo figli della foresta. Ci prendiamo cura del foresta e la foresta si prende cura di noi. Abbiamo bisogno di essere protetti e riconosciuti dal governo del Bangladesh. Se la terra non ci sarà concessa legalmente saremo

sfrattati. Sappiamo come proteggere e promuovere la biodiversità di colline e foreste. Coltiviamo il betel sull’albero che è parte integrante della nostra vita (…) contribuiamo all’economia del Paese ed allo stesso tempo creiamo lavoro anche per coloro che non appartengono alla comunità Khasi». Nella regione di Sylhet ci sono quasi cento villaggi Khasi. Direttamente o indirettamente,

ogni villaggio Khasi (Punji) fornisce posti di lavoro a cinquecento persone.Nel corso della riunione Flora Bably Talang, insieme ad altri relatori, ha espresso la sua profonda preoccupazione per la violazione dei diritti umani dei popoli indigeni.

(fonte: omiusajpic.org)

Nata nel 1993 per iniziativa delle Pontificie Opere Missionarie italiane,

scegliendo come data il 24 marzo, anniversario dell’assassinio di mons. Oscar A. Romero, arcivescovo di San Salvador (24 marzo 1980), la Giornata di preghiera e digiuno in memoria dei missionari martiri raggiunge quest’anno il suo ventunesimo traguardo. L’iniziativa intende ricordare con la preghiera e il digiuno i missionari e gli operatori pastorali che sono stati uccisi nel mondo.Tra le indicazioni per la celebrazione della Giornata, le comunità parrocchiali e di vita consacrata, i seminari, i noviziati, sono

invitati ad utilizzare le tracce della veglia, della via crucis, e delle altre celebrazione preparate per questa circostanza; a creare in chiesa “l’angolo del martirio” utilizzando una croce, un drappo rosso e scrivendo i nomi delle missionarie e dei missionari uccisi nell’anno 2012; a informarsi se nella propria diocesi ci sono stati missionari uccisi, e a far conoscere la loro testimonianza; a compiere un gesto di riconciliazione.I sussidi e il materiale per la celebrazione della Giornata sono rintracciabili sul sito: www.missioitalia.it/download.php?id=109&sito=Missio

Il diritto fondiario degli indigeni

Bangladesh

GIORNATA DI PREGHIERA E DIGIUNOPER I MISSIONARI MARTIRI

bangladesh

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ParaguayViolenza contro gli indigeni

In occasione della novena per la festa della Virgen de Caacupé, la principale

devozione mariana del Paraguay che si celebra l’8 dicembre nella Basilica di Caacupé, dove i fedeli si recano in pellegrinaggio da tutto il Paese, domenica 2 dicembre è stato aperto l’Anno della Fede.La celebrazione è stata presieduta dal

vicario apostolico di Pilcomayo, mons. Lucio Alfert OMI che si è soffermato in particolare sulla grave situazione delle famiglie indigene di cui è pastore. A nome loro ha denunciato la

difficile realtà in cui vivono, la violenza degli speculatori che gli sottraggono la terra e che spingono

sempre di più alla deforestazione. Molte di queste zone sono ormai contaminate da agro-tossine e sono state dichiarate come terreno non abitabile. Mons. Alfert ha denunciato che questa situazione impedisce la vita normale di ciascuna famiglia indigena, costringendo alla fuga ed alla ricerca di altre terre.Purtroppo molti indigeni finiscono per vivere nelle tende lungo le strade provinciali, chiedendo l’elemosina per sopravvivere. Alla celebrazione del 2 dicembre hano partecipato indigeni delle etnie Nivaclé, Guarani Ñandéva, Tobas Qom y Makâ.

(fonte: fides.org)

news

SpagnaFesta interculturale

Agasajo Navideño è la festa natalizia del Gruppo

socio-culturale e cristiano che si è tenuta domenica 23 dicembre nella parrocchia Virgen Peregrina di Madrid. Gli Oblati di Diego de León hanno accolto con grande gioia i partecipanti a questa iniziativa interculturale che coinvolge gente proveniente da Bolivia, Equador, Perú, Cile e Paraguay. Dopo la celebrazione Eucaristica p. Antón Pacho ha dato il benvenuto a tutti i partecipanti e p. Otilio Largo ha rivolto un breve messaggio di Natale. Durante la festa, la consegna di alcuni premi da parte della Caritas, una rappresentazione natalizia, l’esibizione con danze tradizionali da parte del gruppo del Perù e gli assaggi di alcuni piatti tipici.Il Gruppo socio-culturale e cristiano, fondato da p. Ignacio Escanciano, si incontra ogni domenica in parrocchia dedicando del tempo al confronto su questioni legate alla vita quotidiana. Ultimamente sono stati organizzati un laboratorio di pittura ed uno di preghiera.

(fonte: nosotrosomi.org)

SudafricaMons. Verstraete finisce il suo mandato

Diciassette Oblati il 27 novembre hanno partecipato alla celebrazione eucaristica al

‘Good Shepherd Retreat Centre’ di Hartbeespoort, per salutare mons. Daniel Verstraete OMI in occasione del suo rientro in Belgio.Giunto in Sudafrica nel 1950, ha svolto la sua missione in diverse parrocchie a Soweto,

nell’arcidiocesi Johannesburg. Il 9 novembre 1965 è stato nominato prefetto apostolico del Transvaal Occidentale e il 27 febbraio 1978, al momento dell’erezione a diocesi della Klerksdorp, è stato designato come primo vescovo. Nel 1994 si è ritirato per motivi di salute ed ha fondato il “Good Shepherd Retreat Centre”, un luogo di preghiera e di riposo per persone di tutte le fedi.

(fonte: omiworld.org)

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mgc news

Un’esperienza fortemente voluta questa mini-convivenza svoltasi dal 18 al

20 dicembre. Abbiamo inaugurato, per la convivenza, alcuni locali della casa oblata di S. Maria a Vico (Ce) e - a dispetto della conoscenza del posto - tutto, era per noi, una novità. La prima cosa che abbiamo percepito è il grande calore della comunità oblata che, nonostante sia formata da tanti oblati anziani, ci ha accolto con grandissimo entusiasmo. Condividendo gli stessi luoghi, abbiamo sperimentato la bellezza e la semplicità della vita giornaliera e abbiamo sentito la presenza di un “Dio vivo” tra noi che si manifesta attraverso le debolezze e i talenti.Alla fine della convivenza eravamo cariche di tante esperienze, ma soprattutto ognuna portava dentro di sé parte della vita e della quotidianità dell’altra. Questa convivenza è stata una vera scuola dell’Amore, una scuola di relazioni, di condivisione e di accoglienza, dove l’unico maestro era Lui, che ci ha dato la grazia e il calore del suo amore per vivere questa esperienza di cui ognuna ha fatto tesoro.

Carmen e Tonia

Convivenza delle ragazzeSanta Maria a Vico

Quelli del venerdìMessinaCon gli organismi

diocesani con cui stiamo collaborando dall’anno scorso per realizzare momenti di animazione missionaria in città, quest’anno abbiamo sentito l’esigenza di un posto in cui stare insieme, non per fare incontri, pregare e parlare di missione, ma un posto che potesse servire anche per coinvolgere nostri amici che in chiesa e agli incontri non verrebbero mai anche solo per partito preso. E così, grazie alle suore del Divino Zelo che ci hanno messo a disposizione i loro locali, il secondo venerdì di dicembre ci siamo incontrati la

prima volta per una tombolata. L’esperienza che abbiamo è poca, ma l’importante è che a collaborare all’organizzazione di queste serate, che avranno cadenza bisettimanale, siano ragazzi provenienti da gruppi diversi. Finora siamo noi dell’MGC, il missio giovani e il gruppo portato dalle suore del Divino Zelo. La bellezza dell’iniziativa è che è completamente giovanile ed è una sfida grande per noi, visto che dipende da quanto noi ragazzi ci metteremo in gioco per portarla avanti e lavorare insieme.

Giovanni

GMG, Brasile 2013Mancano meno di duecento giorni alla Giornata mondiale della Gioventù che si svolgerà in Brasile dal 23 al 28 luglio. Nei giorni che precedono il programma a Rio de Janeiro, e precisamente dal 18 al 22 luglio, i giovani di tutto il mondo che condividono il carisma oblato si incontreranno al Santuario nazionale di Aparecida.Per avere informazioni e conoscere notizie sul programma oblato si può cliccare su www.jomibrasil.com/itIl sito di riferimento per i giovani italiani che parteciperanno alla GMG brasiliana èwww.gmgrio2013.it

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una foto per pensare

L’ora di Dio

Lentamente si fa spazio

nel fluire della vita,

nella ricerca affannosa

di qualcosa che sfugge.

È lo scoccare

di un nuovo richiamo

capace di svelare

il segreto della vita.

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L’ora di Dio foto Alessandro Milella, [email protected] Claudia Sarubbo, [email protected]

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di Angelica [email protected]

fatti

La storia di una giovane donna, testimone autentica di vita cristiana. La regola dei“piccoli passi possibili”

Chiara è nata

Chiara Corbella aveva ventotto anni, era una donna, una moglie e una mamma. Era una ragazza della mia età, apparte-

nente a questa generazione che soffre il proble-ma della disoccupazione, del mettere su famiglia, della precarietà della vita in tutti i suoi aspetti. Eppure Chiara ha saputo rispondere a questa so-cietà “in crisi” facendo della sua vita un progetto divino. Le persone che in questi mesi hanno se-guito la sua storia e quella di Enrico Petrillo, suo marito, si sono commosse, arrabbiate, scandaliz-zate, convertite. Ma cosa può dire a noi cristiani questa ragazza di Roma che ha vissuto un’esisten-za così felice ed è salita in cielo con una felicità ancora più grande?

e non morirà mai più

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Una storia che interrogaChiara nasce il 9 gennaio 1984. Cresce frequentando la parrocchia e, durante un viaggio a Medjugorje, conosce En-rico, con il quale si fidanza. Pochi anni e, dopo aver fatto ad Assisi un cammi-no di formazione per fidanzati, Chia-ra ed Enrico si sposano nel settembre 2008. Ha ventiquattro anni Chiara. Pochissime ragazze ormai si sposano a quell’età, perché non si hanno cer-tezze, perché ci si vuole godere la vita, perché non si è preparati ad abbraccia-re un progetto di vita per sempre. Lei ed Enrico, invece, si fidano di Dio e della Provvidenza e si lanciano in que-sta “volontà di Dio”.Chiara rimane subito incinta di una bambina, ma già dalle prime ecografie alla bimba viene diagnosticata un’a-nencefalia: incompatibile con la vita, dicono i medici, morirà appena nata. Chiara ed Enrico accolgono la noti-zia e si rifiutano di abortire. Voglio-no dare alla bambina la possibilità di vivere quanto Dio vorrà. Chiara porta avanti una gravidanza difficile fino al

giorno in cui nasce Maria Grazia Leti-zia, che viene battezzata e sale al cie-lo dopo trenta minuti. Chiara racconta questa esperienza durante un incontro ad Assisi, una testimonianza che si può vedere e ascoltare in un video su You-tube, nella quale afferma quanta gioia loro abbiano sperimentato davanti a questo avvenimento. Chiara ed Enrico non si rassegnano e pochi mesi dopo arriva un’altra gravidanza. Anche sta-volta il bambino è incompatibile con la vita per alcune gravi malformazioni, di nuovo la gravidanza viene portata a termine e nasce Davide, che vive poco più della sorellina.

Arriva per Chiara anche la terza gra-vidanza. Il bambino è sano e nascerà senza problemi. Al quinto mese, però, a Chiara viene diagnosticato un tumo-re alla lingua. Provano ad intervenire, ma non funziona; c’è bisogno di cure più serie e specifiche. Chiara, però, ri-fiuta di farsi curare, perché mettereb-be a rischio la vita di suo figlio. Il 30 maggio 2011 nasce Francesco e subito iniziano le cure contro il tumore. Ma ormai è troppo tardi e nessuna cura funziona. Ad aprile 2012 i medici le di-cono che non ha nessuna speranza di vita e il 13 giugno 2012 sale in cielo. Dice Enrico: “Questa Croce - se la vivi con Cristo - non è brutta come sembra. Se ti fidi di lui, scopri che in questo fuoco non bruci e che nel dolore c’è la

Sì Enrico,la croce

è dolce come dice il Signore

In questa pagina un’immagine del funeraledi Chiara, che dimostra quanto amoreabbia dato e ricevuto e la copertina di una pubblicazione che racconta la sua scelta.In apertura Chiara Corbella consuo marito, Enrico Petrillo.

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Il Natale, celebrazione dell’incarnazione di Dio nella storia, non è il dolce e romantico ricordo di un bel Bambino, riccioluto e pasciuto che è venuto con gioia e spensieratezza a far festa in mezzo a noi, ma è la risposta d’amore di un Signore compassionevole e misericordioso che ha ascoltato il nostro grido di dolore.Sento suonare alla porta e vado ad aprire. Davanti a me c’è un signore dai lineamenti ben curati che porta sul fianco della cintura una forbice da potatura e un seghino. Mi chiede di poter tagliare e sistemare gli alberi del nostro giardino. A me sembra che non ce ne sia bisogno e quindi rifiuto la sua richiesta. Lui

replicando mi dice: “Ho bisogno di guadagnarmi la giornata. Mi dia questa opportunità”. A quelle parole lo lascio entrare e comincia il suo lavoro. In un momento di pausa gli offro un caffè e ci mettiamo a parlare. Mi racconta la sua penosa esperienza: “Ero un dirigente di una grande industria. Vivevo agiatamente ed avevo una bella casa con un piccolo giardino proprio come questo. Per hobby il fine settimana lo passavo curando il mio prato ed i fiori. Così, a poco a poco, ho imparato questa arte. Quando la fabbrica è fallita mi hanno licenziato in tronco. All’improvviso mi sono trovato senza lavoro e con tre figli giovani da mantenere. Ho provato a

fare tante domande qui e là ma nessuno, vista la mia età non più giovane, mi ha accettato. Dovendo sostenere la mia famiglia mi sono messo a fare questo lavoro. Alcune volte riesco a guadagnarmi la giornata altre volte invece trovo solo porte chiuse. Quelle sere non vorrei tornare a casa…mi vergogno di non poter offrire niente ai miei amati”.Ogni mattina uscendo di casa incontro immancabilmente la signora che consegna il latte porta a porta nel nostro quartiere. È da anni che ci conosciamo e per questo ci salutiamo sempre con cordialità. Una volta ha iniziato a raccontarmi la sua pietosa storia: “Mio marito lavorava e guadagnava uno stipendio che ci faceva

vivere dignitosamente. Ma una mattina all’improvviso egli venne colpito da una paralisi. Mesi e mesi di dolore e di costose cure soltanto per recuperare, in parte, l’abilità motoria. Nel frattempo ho cercato un impiego, ma accudire mio marito e lavorare erano due realtà che non si conciliavano. Così ho trovato questa occupazione precaria che però mi permette di vivere e sostenere la mi a famiglia”.Quante realtà di afflizioni intorno a noi e noi nemmeno ce ne accorgiamo! L’occasione giusta, per noi, che ci diciamo seguaci di Gesù, per aprire il cuore. Vedere e ascoltare il grido dei mali di tanti uomini e donne che patiscono intorno a noi. Incarnarci nel loro dolore, farci compartecipi in qualche modo della loro sofferenza. Condividere con loro quello che possediamo: tempo, denaro, interesse, preghiera e la vita stessa impegnandoci nel volontariato.

Vincenzo Bordo OMICorea

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P. Vincenzo Bordo OMI in Corea

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professi, novizi e postulanti sono 41 - seguono la regola benedettina. Preparano liquori e marmellate, rilegano libri, accudiscono gli animali e costruiscono le kora, strumenti musicali tipici di questa parte d’Africa. L’abate ci accompagna per un po’, poi ci presenta il decano dell’abbazia, ultimo rimasto tra i nove fondatori. Dopo la messa, due monaci si fermano a pranzo con noi. Jean Louis Marie è l’unica vocazione della Guinea-Conakry. Primo di ventiquattro figli, è riuscito ad entrare in abbazia solo nel 2001, a quarantotto

lettere dai missionari

Qui Uruguaydi Luca Polello OMI [email protected]

Condividere, base della missioneA novembre si è tenuto l’incontro di delegazione degli OMI dell’Uruguay. È stata un’occasione per conoscere la realtà oblata, per comprendere meglio la storia di questa delegazione che vede presenti in questo momento tredici missionari OMI sul territorio, distribuiti in quattro case.Sono stati giorni di valutazione della nostra vita comunitaria e del lavoro pastorale, uno spazio per dialogare, per interrogarci sul futuro della delegazione, di ricerca

Qui Senegaldi Gianluca Rizzaro [email protected]

Sentire Dio nel cuoreFondata nel 1963, situata 50 km a nord di Dakar, Keur Moussa è la prima abbazia contemplativa nella storia dell’Africa. I monaci - tra

molto attivamente nella vita della parrocchia oblata. Venticinque anni, comincia il quarto anno di noviziato e ha le idee molto chiare. Nella vita cristiana, mi dice, contano due cose: la qualità - più della quantità - e sentire Dio nel cuore. Come dargli torto?

delle priorità nell’azione di evangelizzazione. È stata presentata la valutazione del lavoro svolto nei Centri educativi (la Scuola San José e il Centro Talitakum) grazie agli interventi di Rosario e Veronica, quest’ultima una COMI impegnata nell’attività di recupero degli adolescenti che abbandonano il percorso scolastico ordinario.Giorni di lavoro, di confronto trasparente, ma anche di distensione: le pause tra una sessione e l’altra, bevendo un mate, sono stati i momenti migliori per conoscere meglio le persone con cui sto condividendo un pezzo della mia vita e della mia formazione oblata.

anni. Ora è un monaco felice e ringrazia Dio per quella clarissa grazie alla quale ha seguito la sua vocazione. Insieme a lui, c’è Pierre Nicolas Natalino (il terzo nome è in onore di un oblato): nativo della Casamance, è cresciuto a Parcelles, impegnato

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LE NOSTRE COMUNITÀ,

SPAGNA

MISSIONARI OMIParroquia de San LeandroCalle Escalona 5928024 Madrid (Spagna)www.parroquiasanleandro.es

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